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News 25/A/2015
Lunedì, 29 Giugno 2015
Danno ambientale. Soggetti legittimati a richiedere il risarcimento
Cass. Sez. III n.24677 del 11 giugno 2015 (Ud 9 lug 2014)
Alla luce della normativa attualmente in vigore, spetta soltanto allo Stato, e per esso
al Ministro dell'Ambiente, la legittimazione alla costituzione di parte civile nel
procedimento per reati ambientali, al fine di ottenere il risarcimento del danno
ambientale di natura pubblica, in sé considerato come lesione dell'interesse
pubblico e generale all'ambiente (la Corte ha, peraltro, precisato che tutti gli altri
soggetti, singoli o associati, ivi comprese le Regioni e gli Enti pubblici territoriali minori,
possono agire ai sensi dell'art. 2043 c.c., per ottenere il risarcimento di qualsiasi
danno patrimoniale, ulteriore e concreto, da essi subito, diverso da quello
ambientale).
Fonte: lexambiente.it
Gestione rifiuti, confisca mezzo di trasporto per ogni attività illecita
Scatta, ai sensi del Codice ambientale, la confisca obbligatoria dei mezzi utilizzati
per il trasporto di rifiuti anche in caso di attività illecita di raccolta, smaltimento,
commercio degli stessi.
La Suprema Corte ha con sentenza 10 Giugno 2015 n. 24603 affermato che quando
si procede per il resato di cui all'articolo 256, comma 1 del d.lgs 152/2006 trova
applicazione il disposto di cui all'articolo 260-ter del codice dell'ambiente: da
interpretarsi alla lettera nel senso di disporre la confisca obbligatoria del mezzo per
tutte le condotte integranti la gestione illecita di rifiuti, non solo nel caso di trasporto
abusivo.
Nel caso in esame ahce il precedente sequestro dei beni strumentali all'esecuzione
degli illeciti è lecito, essendo questo finalizzato alla confisca degli stessi ex articolo
260-ter d.lgs 152/2006. (Articolo di Costanza Kenda)
Fonte: reteambiente.it
La plastica tradizionale sarà presto sostituita dalla bioplastica, un materiale
reperibile in grandi quantità e con numerosi vantaggi per l’ambiente.
L’attenzione alla sostenibilità porta aziende e consumatori all’abbandono delle
plastiche tradizionali.
Quasi quotidianamente sentiamo parlare di bioplastica e di ricerche per la
realizzazione di questo materiale più ecologico, e del suoi possibili impieghi per l’uso
nell’alimentazione e non solo. Capsule per il caffè, shopping bag, stoviglie monouso;
ormai sono molteplici i settori alimentari interessati a questo cambiamento e i
polimeri a base bio stanno cominciando a sfidare concretamente le plastiche
tradizionali. Diversi studi dimostrano che c’è una maggiore attenzione alla
sostenibilità degli imballaggi da parte sia delle aziende sia dei consumatori e questo
alimenta la domanda di mercato.
Ci sono bioplastiche realizzate da noccioli di avocado, da rifiuti di carne e da scarti
dell’industria del legno o della produzione del biodiesel. Sembra che le vie per
ottenere la nuova generazione di sostanze siano innumerevoli e forse si sta
presentando l’opportunità di muoversi verso la soluzione dei grandi problemi di
carattere ambientale. Ma di cosa si tratta realmente? È veramente un’opzione che,
in un prossimo futuro, permetterà di sostituire la plastica tradizionale derivata dal
petrolio? Esistono sfide che devono essere affrontate?
Certo il riconoscimento del valore e delle implicazioni delle nuove soluzioni
tecnologiche richiede soprattutto la consapevolezza da parte dei consumatori. È
necessario quindi investire perché si adeguino le conoscenze generali ai progressi
della tecnologia.
La diffusione della bioplastica richiede la consapevolezza da parte dei consumatori
Innanzitutto, cos’è una bioplastica? Secondo la definizione data dalla European
Bioplastics, si tratta di un tipo di plastica che deriva da materie prime rinnovabili,
oppure è biodegradabile, o ha entrambe le proprietà. Vanno anche distinte le fonti
di partenza utilizzate per la realizzazione di questo tipo di materiale, che possono
essere rinnovabili (mais, alghe, scarti vegetali) o fossili.
Un terzo gruppo che sta diventando sempre più popolare è quello delle plastiche
tradizionali non biodegradabili, prodotte a partire da risorse rinnovabili anziché da
combustibili fossili. Un esempio in questo senso il “polietilene verde” realizzato a
partire dall’etanolo, che attraversa un processo di fermentazione da materiale
organico e poi viene convertito in etilene polimerizzato. Il polietilene verde ottenuto
da risorse rinnovabili è identico a quello ottenuto dal petrolio, possiede le stesse
proprietà e può avere le stesse applicazioni.
Questo materiale può essere una soluzione a tanti problemi ambientali.
Quali sono i reali vantaggi dell’impiego di bioplastiche? Consentono di ottimizzare la
raccolta e la gestione dei rifiuti e di ridurre l’impatto ambientale, apportando
vantaggi significativi al ciclo produzione-consumo-smaltimento. Con la giusta
comunicazione si potrebbe ottenere anche una maggiore accettazione da parte
del consumatore, un aumento della vita utile dei prodotti confezionati e il
compostaggio dove possibile.
Per esempio, le stoviglie usa e getta e i contenitori monouso come gli imballaggi,
hanno un enorme effetto sull’ambiente: sono difficili da riciclare se contaminati dal
cibo e spesso non sono gestiti correttamente dal consumatore. Invece, se realizzati
in plastica compostabile, possono essere smaltiti con i rifiuti organici e convertiti in
compost. Su questa onda si stanno muovendo quasi tutti i produttori di capsule
domestiche per il caffè.
Quali sfide ci aspettano? Secondo recenti studi esistono dei passaggi che devono
essere affrontati affinché si possa godere dei vantaggi delle bioplastiche in
sostituzione di quelle tradizionali; il loro successo sul mercato sarà determinato
proprio dai risultati che ne deriveranno. Si parla di:
1. Competitività del costo delle bioplastiche nei confronti di quelle tradizionali. Il
successo di un prodotto lanciato sul mercato è determinato dal costo di adozione di
un nuovo materiale rispetto alle opzioni già in commercio. L’elevato prezzo rispetto
ai petrolchimici termoplastici rimane una delle cause della lenta adozione di
imballaggi in bioplastica. Questa sfida è diventata particolarmente evidente nel
2014, quando il prezzo del petrolio greggio è crollato di circa il 55%.
La Commissione Europea ha finanziato un progetto per la realizzazione di
bioplastiche da rifiuti e fanghi di depurazione.
Si tratta di una delle principali motivazioni che spinge le aziende a cercare di
impiegare risorse presenti in abbondanza e a basso costo, come i rifiuti o i
sottoprodotti derivanti da altri processi industriali. Vi sono studi e tentativi in corso per
la realizzazione di materie prime per bioplastiche con siero di latte, scarti di di
lavorazione vegetale o rifiuti di carne. Ci sono anche progetti più ambiziosi finanziati
dalla Commissione europea, come Synpol, che si concluderà nel 2016. Lo scopo
è di utilizzare rifiuti solidi urbani e fanghi di depurazione provenienti da impianti di
trattamento.
2. Disponibilità delle materie prime. Secondo le previsioni l’Asia diventerà il
principale centro di produzione di bioplastica nei prossimi anni, grazie anche a
progetti di grande portata in Thailandia, India e Cina da cui proverranno, entro il
2020, oltre tre quarti di questi materiali. L’Europa, pur essendo in prima linea nella
ricerca e nello sviluppo di tecniche produttive, non sembra possedere una forte
capacità di fabbricazione, forse per mancanza di materia prima da impiegare. Sarà
necessario evitare il conflitto, in alcuni casi evidente, tra risorse alimentari e materie
prime necessarie alla produzione di bioplastiche. In secondo luogo dovranno essere
individuate risorse sufficientemente abbondanti per rifornire le aziende produttrici. In
Inghilterra una delle strade percorribili sembra quella che prevede l’utilizzo di lignina
(un polimero componente del legno ricavabile da scarti di lavorazione dello stesso)
o da rifiuti dell’industria cartaria.
3. Prestazioni e qualità rispetto a quelle tradizionali. Nella produzione della plastica
tradizionale vengono usati additivi per conferire caratteristiche quasi uniche ai
materiali; questa tecnica potrebbe essere utilizzata anche nell’ambito delle
bioplastiche. Tuttavia, il mercato degli additivi per i polimeri a base biologica è
ancora molto piccolo. I progressi più notevoli si notano nell’ambito del PLA (polimero
a base biologica) che è ormai dimostrato di resistere a temperature di 100-140° e
che lo rende un sostituto valido ad altre sostanze in più applicazioni.
Altro punto per la realizzazione di una buona bioplastica riguarda la necessità di
generare un prodotto con caratteristiche costanti: la grande varietà di materie
prime non sembra portare all’uniformità chimica. La scelta, la selezione e lo
stoccaggio delle suddette devono essere stabiliti con criteri precisi e adeguati alla
destinazione di utilizzo finale.
4. Grado di diffusione sul mercato. Negli ultimi anni il mercato delle bioplastiche,
nonostante i numerosi ostacoli sopra evidenziati, è diventato sempre più
competitivo in termini di costi ed è stato supportato sul piano legislativo
dall’introduzione di standard e schemi di certificazione. In alcuni Paesi si è arrivati
fino al divieto di utilizzo delle plastiche tradizionali per talune applicazioni, come i
sacchetti per la spesa usa e getta (Italia in primis).
Non solo plastiche tradizionali: il mercato si sta diversificando.
Diverse multinazionali hanno introdotto l’opzione green nei loro piani di crescita a
lungo termine e nelle loro strategie innovative. Gli avanzamenti tecnici e di
impiego possono interessare sia i produttori di materiali, sia chi si occupa di prodotti
finiti. C’è un grande potenziale di innovazione e diversificazione dell’offerta, che
prima si basava solo sulle plastiche tradizionali.
Tutti questi sono segnali che portano a pensare che una svolta concreta sia vicina e
lo sarà ancor di più se i consumatori saranno informati sui reali vantaggi e le
opportunità che questo settore sta proponendo. I produttori a loro volta potranno
trarre vantaggio dal costante incremento della coscienza ambientale nella
popolazione.
Le bioplastiche sono materiali innovativi che possono sostituire le plastiche in una
vasta gamma di prodotti, perché, a parità di applicazione, offrono prestazioni del
tutto analoghe a quelle delle loro controparti tradizionali. Attualmente i materiali
“eco” si posizionano con successo in nicchie di mercato come quelle degli alimenti
biologici o dei beni di lusso, spesso in forma di packaging dedicato. Un esempio ci
viene da diverse industrie leader nella produzione di bevande hanno espresso
l’intenzione di sostituire le bottiglie tradizionali in PET con il loro equivalente in
materiale bioplastico (BIO-PET e PEF).Di seguito alcuni esempi di applicazione in
ambito alimentare, in fase di studio o già realizzati e che rendono l’idea delle forti
potenzialità del mercato delle bioplastiche.
Film e sacchetti
I fogli in bioplastica possono essere usati per produrre sacchetti per rifiuti organici,
buste per la spesa, pellicole per alimenti, pellicole termoretraibili per contenitori di
bevande
Imballi per alimenti
Gli imballi per alimenti in bioplastica possono essere usati per confezionare diversi tipi
di cibo, dai prodotti da forno all’ortofrutta, dalle caramelle alle spezie e bevande
analcoliche. Sul mercato sono disponibili diversi tipi di imballi bioplastici
compostabili.
Bicchieri, piatti e posate usa e getta
Gli oggetti usa e getta sono spesso impiegati per picnic, eventi all’aria aperta,
contenitori di cibo monouso, nei catering e sugli aerei. Essi generano una grande
quantità di rifiuti difficili da riciclare perché contaminati dal cibo. Se realizzati in
plastica compostabile, possono invece essere smaltiti con i rifiuti organici e convertiti
in compost. (Articolo di Luca Foltran)
Fonte: ilfattoalimentare.it

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News A 25 2015

  • 1. News 25/A/2015 Lunedì, 29 Giugno 2015 Danno ambientale. Soggetti legittimati a richiedere il risarcimento Cass. Sez. III n.24677 del 11 giugno 2015 (Ud 9 lug 2014) Alla luce della normativa attualmente in vigore, spetta soltanto allo Stato, e per esso al Ministro dell'Ambiente, la legittimazione alla costituzione di parte civile nel procedimento per reati ambientali, al fine di ottenere il risarcimento del danno ambientale di natura pubblica, in sé considerato come lesione dell'interesse pubblico e generale all'ambiente (la Corte ha, peraltro, precisato che tutti gli altri soggetti, singoli o associati, ivi comprese le Regioni e gli Enti pubblici territoriali minori, possono agire ai sensi dell'art. 2043 c.c., per ottenere il risarcimento di qualsiasi danno patrimoniale, ulteriore e concreto, da essi subito, diverso da quello ambientale). Fonte: lexambiente.it Gestione rifiuti, confisca mezzo di trasporto per ogni attività illecita Scatta, ai sensi del Codice ambientale, la confisca obbligatoria dei mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti anche in caso di attività illecita di raccolta, smaltimento, commercio degli stessi. La Suprema Corte ha con sentenza 10 Giugno 2015 n. 24603 affermato che quando si procede per il resato di cui all'articolo 256, comma 1 del d.lgs 152/2006 trova applicazione il disposto di cui all'articolo 260-ter del codice dell'ambiente: da interpretarsi alla lettera nel senso di disporre la confisca obbligatoria del mezzo per tutte le condotte integranti la gestione illecita di rifiuti, non solo nel caso di trasporto abusivo. Nel caso in esame ahce il precedente sequestro dei beni strumentali all'esecuzione degli illeciti è lecito, essendo questo finalizzato alla confisca degli stessi ex articolo 260-ter d.lgs 152/2006. (Articolo di Costanza Kenda) Fonte: reteambiente.it La plastica tradizionale sarà presto sostituita dalla bioplastica, un materiale reperibile in grandi quantità e con numerosi vantaggi per l’ambiente.
  • 2. L’attenzione alla sostenibilità porta aziende e consumatori all’abbandono delle plastiche tradizionali. Quasi quotidianamente sentiamo parlare di bioplastica e di ricerche per la realizzazione di questo materiale più ecologico, e del suoi possibili impieghi per l’uso nell’alimentazione e non solo. Capsule per il caffè, shopping bag, stoviglie monouso; ormai sono molteplici i settori alimentari interessati a questo cambiamento e i polimeri a base bio stanno cominciando a sfidare concretamente le plastiche tradizionali. Diversi studi dimostrano che c’è una maggiore attenzione alla sostenibilità degli imballaggi da parte sia delle aziende sia dei consumatori e questo alimenta la domanda di mercato. Ci sono bioplastiche realizzate da noccioli di avocado, da rifiuti di carne e da scarti dell’industria del legno o della produzione del biodiesel. Sembra che le vie per ottenere la nuova generazione di sostanze siano innumerevoli e forse si sta presentando l’opportunità di muoversi verso la soluzione dei grandi problemi di carattere ambientale. Ma di cosa si tratta realmente? È veramente un’opzione che, in un prossimo futuro, permetterà di sostituire la plastica tradizionale derivata dal petrolio? Esistono sfide che devono essere affrontate? Certo il riconoscimento del valore e delle implicazioni delle nuove soluzioni tecnologiche richiede soprattutto la consapevolezza da parte dei consumatori. È necessario quindi investire perché si adeguino le conoscenze generali ai progressi della tecnologia. La diffusione della bioplastica richiede la consapevolezza da parte dei consumatori Innanzitutto, cos’è una bioplastica? Secondo la definizione data dalla European Bioplastics, si tratta di un tipo di plastica che deriva da materie prime rinnovabili, oppure è biodegradabile, o ha entrambe le proprietà. Vanno anche distinte le fonti di partenza utilizzate per la realizzazione di questo tipo di materiale, che possono essere rinnovabili (mais, alghe, scarti vegetali) o fossili. Un terzo gruppo che sta diventando sempre più popolare è quello delle plastiche tradizionali non biodegradabili, prodotte a partire da risorse rinnovabili anziché da combustibili fossili. Un esempio in questo senso il “polietilene verde” realizzato a partire dall’etanolo, che attraversa un processo di fermentazione da materiale organico e poi viene convertito in etilene polimerizzato. Il polietilene verde ottenuto da risorse rinnovabili è identico a quello ottenuto dal petrolio, possiede le stesse proprietà e può avere le stesse applicazioni.
  • 3. Questo materiale può essere una soluzione a tanti problemi ambientali. Quali sono i reali vantaggi dell’impiego di bioplastiche? Consentono di ottimizzare la raccolta e la gestione dei rifiuti e di ridurre l’impatto ambientale, apportando vantaggi significativi al ciclo produzione-consumo-smaltimento. Con la giusta comunicazione si potrebbe ottenere anche una maggiore accettazione da parte del consumatore, un aumento della vita utile dei prodotti confezionati e il compostaggio dove possibile. Per esempio, le stoviglie usa e getta e i contenitori monouso come gli imballaggi, hanno un enorme effetto sull’ambiente: sono difficili da riciclare se contaminati dal cibo e spesso non sono gestiti correttamente dal consumatore. Invece, se realizzati in plastica compostabile, possono essere smaltiti con i rifiuti organici e convertiti in compost. Su questa onda si stanno muovendo quasi tutti i produttori di capsule domestiche per il caffè. Quali sfide ci aspettano? Secondo recenti studi esistono dei passaggi che devono essere affrontati affinché si possa godere dei vantaggi delle bioplastiche in sostituzione di quelle tradizionali; il loro successo sul mercato sarà determinato proprio dai risultati che ne deriveranno. Si parla di: 1. Competitività del costo delle bioplastiche nei confronti di quelle tradizionali. Il successo di un prodotto lanciato sul mercato è determinato dal costo di adozione di un nuovo materiale rispetto alle opzioni già in commercio. L’elevato prezzo rispetto ai petrolchimici termoplastici rimane una delle cause della lenta adozione di imballaggi in bioplastica. Questa sfida è diventata particolarmente evidente nel 2014, quando il prezzo del petrolio greggio è crollato di circa il 55%. La Commissione Europea ha finanziato un progetto per la realizzazione di bioplastiche da rifiuti e fanghi di depurazione. Si tratta di una delle principali motivazioni che spinge le aziende a cercare di impiegare risorse presenti in abbondanza e a basso costo, come i rifiuti o i sottoprodotti derivanti da altri processi industriali. Vi sono studi e tentativi in corso per la realizzazione di materie prime per bioplastiche con siero di latte, scarti di di lavorazione vegetale o rifiuti di carne. Ci sono anche progetti più ambiziosi finanziati dalla Commissione europea, come Synpol, che si concluderà nel 2016. Lo scopo è di utilizzare rifiuti solidi urbani e fanghi di depurazione provenienti da impianti di trattamento.
  • 4. 2. Disponibilità delle materie prime. Secondo le previsioni l’Asia diventerà il principale centro di produzione di bioplastica nei prossimi anni, grazie anche a progetti di grande portata in Thailandia, India e Cina da cui proverranno, entro il 2020, oltre tre quarti di questi materiali. L’Europa, pur essendo in prima linea nella ricerca e nello sviluppo di tecniche produttive, non sembra possedere una forte capacità di fabbricazione, forse per mancanza di materia prima da impiegare. Sarà necessario evitare il conflitto, in alcuni casi evidente, tra risorse alimentari e materie prime necessarie alla produzione di bioplastiche. In secondo luogo dovranno essere individuate risorse sufficientemente abbondanti per rifornire le aziende produttrici. In Inghilterra una delle strade percorribili sembra quella che prevede l’utilizzo di lignina (un polimero componente del legno ricavabile da scarti di lavorazione dello stesso) o da rifiuti dell’industria cartaria. 3. Prestazioni e qualità rispetto a quelle tradizionali. Nella produzione della plastica tradizionale vengono usati additivi per conferire caratteristiche quasi uniche ai materiali; questa tecnica potrebbe essere utilizzata anche nell’ambito delle bioplastiche. Tuttavia, il mercato degli additivi per i polimeri a base biologica è ancora molto piccolo. I progressi più notevoli si notano nell’ambito del PLA (polimero a base biologica) che è ormai dimostrato di resistere a temperature di 100-140° e che lo rende un sostituto valido ad altre sostanze in più applicazioni. Altro punto per la realizzazione di una buona bioplastica riguarda la necessità di generare un prodotto con caratteristiche costanti: la grande varietà di materie prime non sembra portare all’uniformità chimica. La scelta, la selezione e lo stoccaggio delle suddette devono essere stabiliti con criteri precisi e adeguati alla destinazione di utilizzo finale. 4. Grado di diffusione sul mercato. Negli ultimi anni il mercato delle bioplastiche, nonostante i numerosi ostacoli sopra evidenziati, è diventato sempre più competitivo in termini di costi ed è stato supportato sul piano legislativo dall’introduzione di standard e schemi di certificazione. In alcuni Paesi si è arrivati fino al divieto di utilizzo delle plastiche tradizionali per talune applicazioni, come i sacchetti per la spesa usa e getta (Italia in primis). Non solo plastiche tradizionali: il mercato si sta diversificando. Diverse multinazionali hanno introdotto l’opzione green nei loro piani di crescita a lungo termine e nelle loro strategie innovative. Gli avanzamenti tecnici e di impiego possono interessare sia i produttori di materiali, sia chi si occupa di prodotti
  • 5. finiti. C’è un grande potenziale di innovazione e diversificazione dell’offerta, che prima si basava solo sulle plastiche tradizionali. Tutti questi sono segnali che portano a pensare che una svolta concreta sia vicina e lo sarà ancor di più se i consumatori saranno informati sui reali vantaggi e le opportunità che questo settore sta proponendo. I produttori a loro volta potranno trarre vantaggio dal costante incremento della coscienza ambientale nella popolazione. Le bioplastiche sono materiali innovativi che possono sostituire le plastiche in una vasta gamma di prodotti, perché, a parità di applicazione, offrono prestazioni del tutto analoghe a quelle delle loro controparti tradizionali. Attualmente i materiali “eco” si posizionano con successo in nicchie di mercato come quelle degli alimenti biologici o dei beni di lusso, spesso in forma di packaging dedicato. Un esempio ci viene da diverse industrie leader nella produzione di bevande hanno espresso l’intenzione di sostituire le bottiglie tradizionali in PET con il loro equivalente in materiale bioplastico (BIO-PET e PEF).Di seguito alcuni esempi di applicazione in ambito alimentare, in fase di studio o già realizzati e che rendono l’idea delle forti potenzialità del mercato delle bioplastiche. Film e sacchetti I fogli in bioplastica possono essere usati per produrre sacchetti per rifiuti organici, buste per la spesa, pellicole per alimenti, pellicole termoretraibili per contenitori di bevande
  • 6. Imballi per alimenti Gli imballi per alimenti in bioplastica possono essere usati per confezionare diversi tipi di cibo, dai prodotti da forno all’ortofrutta, dalle caramelle alle spezie e bevande analcoliche. Sul mercato sono disponibili diversi tipi di imballi bioplastici compostabili.
  • 7. Bicchieri, piatti e posate usa e getta Gli oggetti usa e getta sono spesso impiegati per picnic, eventi all’aria aperta, contenitori di cibo monouso, nei catering e sugli aerei. Essi generano una grande quantità di rifiuti difficili da riciclare perché contaminati dal cibo. Se realizzati in plastica compostabile, possono invece essere smaltiti con i rifiuti organici e convertiti in compost. (Articolo di Luca Foltran) Fonte: ilfattoalimentare.it