Intervista alla dott.ssa Marianna Faraldi di Tecnoalimenti a capo del team di ricerca sul progetto europeo Biobarr focalizzato sulla applicazione di bioplastiche per il packaging. L'intervista è apparsa sulla rivista Macchine Alimentari a dicembre 2018.
Applicazioni avanzate con la bioplastica del futuro
1. Macchine Alimentari dicembre 201830
RICERCA |
Biobarr
Applicazioni avanzate
con la bioplastica del futuro
I PHA (poliidrossialcanoati) sono una famiglia di bioplastiche ancora poco diffusa ma con
tutte le caratteristiche per diventare in futuro il punto di riferimento tra i materiali biobased. In
previsione di una significativa crescita della capacità produttiva per questo materiale, un team
europeo di ricercatori ne sta testando alcune applicazioni avanzate in ambito agroalimentare
P Simone Montonati
A
pparentemente rappresenta il massimo grado
della chimica sostenibile: una plastica completa-
mente biodegradabile sia in acqua che nel suolo,
realizzabile a partire dai rifiuti, utilizzando processi
a basso impatto ed esclusivamente con batteri
non patogeni e senza nessun agente chimico. Inoltre produ-
ce scarti di lavorazione riutilizzabili nello stesso processo di
sintesi e può essere lavorata con impianti tradizionali. Si tratta
dei poliidrossialcanoati (PHA), una famiglia di bioplastiche sin-
tetizzate da batteri di vario genere che, a seconda della com-
posizione, possono assumere proprietà e funzioni molto dif-
ferenti. Nonostante le promettenti caratteristiche, però, i PHA
sono ancora poco utilizzati dall’industria. Il motivo, spiegano
gli esperti, non risiederebbe tanto nelle carenze dei manufatti
finali quanto nella ridotta capacità produttiva dell’in-
dustria. “La motivazione, a nostro avviso”, spiega
Marianna Faraldi, project manager presso Tec-
noalimenti S.C.p.A, “è in parte legata alle perfor-
mance di tali materiali ma è soprattutto dovuta
al fatto che la capacità produttiva attuale non
sarebbe in grado di coprire le reali richieste
del mercato. Ma è solo questione di tempo:
le aziende produttrici stanno sostenendo in-
vestimenti importanti per incrementare tale
disponibilità, in quanto il mercato è partico-
larmente recettivo e promettente e mostra una
crescita stabile nel tempo. Secondo le stime,
la capacità di produzione per il solo PHA è de-
stinata a triplicarsi nei prossimi cinque anni
ed è inesorabile la sua entrata sul mercato su scala commer-
ciale anche in ambito food”. In attesa che queste previsioni si
avverino, il team di Faraldi, nel 2017, ha riunito un partenaria-
to ad hoc per testare alcune possibili applicazioni dei PHA in
campo agroalimentare. Il progetto si chiama Biobarr e i ricer-
catori confidano che possa portare risultati importanti, come
ci spiega la project manager in questa intervista.
◗ Dott.ssa Faraldi, perché il progetto
si è orientato verso il PHA?
L’incontro nel 2016 con l’azienda Bio-On durante un evento B2B
sull’innovazione ha sicuramente contribuito a questa scelta ma,
in ogni caso, la famiglia dei PHA ci è parsa subito molto inno-
vativa e tutt’oggi ancora poco conosciuta a livello industriale.
◗ Quali sono i punti di forza dei PHA
in particolare per il settore Food?
Di fatto, i poliidrossialcanoati hanno molti van-
taggi che li rendono idonei ad una applicazio-
ne alimentare sostenibile. Innanzitutto rappre-
sentano gli unici materiali interamente deriva-
ti da risorse rinnovabili e prodotti secondari
dell’agroindustria o rifiuti che non concorrono
alla produzione alimentare destinata al consu-
mo umano (diversamente, ad esempio, dall’ami-
do di mais) ma anzi contribuiscono alla circular
Marianna Faraldi
2. dicembre 2018 Macchine Alimentari 31
economy.Inoltrela loro sintesi macromole-
colare avviene completamente ad opera
di batteri non patogeni, senza necessità
di approccio chimico o ulteriori modifiche
per rendere le plastiche PHA idonee alle
applicazioni industriali. Viene applicato un
processo industriale sostenibile dal punto
di vista economico ed ambientale, senza
modifiche genetiche del ceppo e senza
l’utilizzo di solventi organici. I flussi di rifiuti
derivanti dalla fase di produzione possono
essere reintrodotti nel processo di produ-
zione stesso.
◗ Per cosa vengono impiegate
ora queste bioplastiche?
Il PHA è applicato principalmente nei set-
tori biomedico, automobilistico, cosmetico, farmaceutico e del
design. Solo alcune limitate applicazioni sono state identificate
in ambito Food. Esistono brevetti internazionali e marchi com-
merciali sui sistemi di imballaggio alimentare PHA, ma il reale
impiego è ancora limitato.
◗ Quanto manca alla sua applicazione
nel settore agroalimentare?
Attraverso l’ottimizzazione dei processi di produzione e della fase
di scale-up, il traguardo è molto vicino. La stessa Bio-On ha in-
augurato il 20 giugno 2018 il primo impianto produttivo a Castel
San Pietro Terme (BO). Ovviamente non possiamo aspettarci
che le bioplastiche sostituiscano completamente i polimeri di
origine fossile, e il processo sarà comunque lento e dettato da
fattori di natura economica ed industriale, ma un grosso passo
avanti verso scelte maggiormente ‘bio’ da parte dei produttori
di imballaggi alimentari si può già intravedere e sarà inevitabile.
◗ Sono necessari impianti speciali per la
realizzazione di queste bioplastiche?
È previsto l’utilizzo degli stessi impianti tradizionalmente impiegati
per altri materiali plastici, senza nuovi investimenti: i polimeri PHA
possono essere lavorati negli impianti industriali standard utiliz-
zati nella lavorazione delle materie petrolchimiche (stampaggio
a iniezione, estrusione, soffiaggio) senza richiedere modifiche
strutturali o alterazioni; Inoltre sono biobased, biodegradabili
e compostabili. Ciò significa che i materiali generati possono
essere raccolti ed elaborati come parte della frazione organi-
ca umida dei rifiuti urbani e possono essere, quindi, riciclati in
compostaggio secondo la norma UNI EN 13432.
◗ Perché non avete scelto di lavorare
sull’acido polilattico, una delle principali
bioplastiche presenti sul mercato?
Comparando i poliidrossialcanoati al PLA (acido polilattico),
emergono diversi vantaggi. Innanzitutto i PLA sono ‘natural-
mente’ biodegradabili al 100% sia in acqua che nel suolo, ri-
spetto ad un PLA che è biodegradabile ma solo nella stazione
0
500
1,000
1,500
2,000
2,500
2017 2018 2019 2020 2021 2022
in1,000tonnellate
■ Biodegradabili ■ Bio-based/non biodegradabili ■ ■ Previsioni
■ Capacità totale
2,054 2,093 2,138 2,189 2,248 2,440
1,174 1,182 1,192 1,202 1,215 1,354
880 911 946 987 1,033 1,086
Source: European Bioplastics, nova-Institute (2017)
3. Macchine Alimentari dicembre 201832
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di compostaggio industriale e non biodegrada nell’ambiente.
Inoltre, vengono sintetizzati naturalmente da organismi viven-
ti (ad esempio batteri) direttamente nella forma in cui posso-
no essere usati, mentre il PLA richiede conversione chimica
per diventare plastica. Nelle nostre attività di R&D, volevamo
orientarci ad una soluzione realmente ‘green’ e, alla luce di
queste riflessioni, il PHA ci è parsa la soluzione che meglio
rispondesse alle esigenze dell’industria alimentare, legate a
loro volta a vincoli normativi, nuove tendenze e alle richieste
dei consumatori sempre più eco-consapevoli (attenti all’am-
biente e alla sostenibilità).
◗ Di cosa si occupa nello specifico
il vostro progetto?
Il progetto BioBarr è estremamente ambizioso: si intende te-
stare da un lato la possibilità di creare un multi-layer che ac-
coppi al film di PHA un altro materiale biobased, e dall’altro
di funzionalizzare il film di PHA attraverso coating treatments
a base inorganica (deposizioni di un rivestimento sottile di
pochi micrometri ottenuto attraverso un processo innovativo
N.d.R.). Questo per incrementare le proprietà meccaniche,
la resistenza, la protezione contro l’ossidazione e le carat-
teristiche di barriera (a ossigeno e vapore d’acqua) del ma-
teriale stesso. Il rivestimento, impercettibile, è volto a offrire
un’eccellente resistenza sia chimica che organica agli agenti
atmosferici. Il trattamento rende le superfici trattate anche idro-
repellenti, mantenendo nel tempo le caratteristiche chimiche e
fisiche anche se sottoposti ad atmosfere umide e aggressive.
In entrambi i casi, tali trattamenti su una matrice PHA non sono
ancora stati testati ad oggi.
◗ Quali risultati volete vi siete prefissi?
Sono molte le sfide che il progetto si prefigge di affrontare e i
risultati a cui intende pervenire. In particolare vogliamo man-
tenere resistenza e affidabilità dei biomateriali ottenuti lungo il
ciclo di produzione e durante i tempi di stoccaggio e distribu-
zione (buona macchinabilità, saldabilità, resistenza, stampabi-
lità); conferire la capacità di ritardare il decadimento cinetico
dei prodotti alimentari lungo il ciclo di produzione e durante i
tempi di conservazione e distribuzione, preservando la qualità
organolettica, il gusto, la praticità e la sicurezza dei prodotti ali-
mentari; raggiungere la totale biodegradabilità e compostabilità
secondo la normativa EN13432 dell’imballaggio dopo il suo uti-
lizzo (supportato anche da metodi come LCA) e, infine, voglia-
mo ottenere la compatibilità con gli impianti già presenti presso
i converter e/o i processi produttivi dell’industria alimentare e la
conformità/idoneità al contatto con gli alimenti.
◗ A che livello di maturità tecnologica
(TRL) si pone BioBarr?
Il TRL atteso rimane comunque intermedio: TRL5. Questo per-
ché siamo comunque ancora in una fase di Ricerca & Sviluppo.
Ma qualora i risultati fossero promettenti - come auspichiamo
- il passo successivo verso l’industrializzazione sarà accelera-
to. Di fatto a crederci e ad investire c’è già un core di piccole
e grandi aziende innovative, quali appunto Bio-On, Icimendue,
Kao Chimigraf.
◗ Pensate di poter coprire anche il gap
verso la commercializzazione?
Il punto di forza del progetto è l’interesse industriale che muove
l’intera value chain (due piccole imprese italiane ed una grande
impresa spagnola stanno investendo tempo e risorse in questa
iniziativa), nonché la presenza dell’end user lungo tutto il progetto.
L’end user è infatti rappresentato da un lato da Tecnoalimenti, che
in qualità di consorzio di 30 imprese agroalimentari gioca il ruolo
di portatore di interesse, ma anche dal proprio socio industriale
Corsini Bakery Dolci e Biscotti S.r.l. che nel progetto si occuperà
come terza parte di testare e valutare l’applicabilità del nuovo
sistema di packaging in un contesto produttivo reale. Ulteriore
aspetto positivo è che il nuovo imballaggio non richiederà mo-
difiche nel processo, bensì verrà testato utilizzando gli impianti
già presenti nello stabilimento, questo anche per rendere eco-
nomicamente sostenibile l’intero processo. •