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News 23/SA/2014 
Lunedì,13 ottobre 2014 
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi 
Non si arrestano le allerte per l’eccesso di mercurio nel pesce spagnolo 
Tra le 52 segnalazioni diffuse dal sistema europeo di allerta rapido per alimenti e 
mangimi (Rasff) durante la scorsa settimana sono 8 quelle inviate dal Ministero della 
salute italiano. L’elenco italiano comprende 3 segnalazioni di allarme, 2 notifiche di 
respingimenti alle frontiere e 3 informative che non implicano un intervento urgente. 
Sembrano non arrestarsi le allerte riguardanti l’eccesso di mercurio nel pesce 
importato dalla Spagna: anche questa settimana un livello troppo alto di mercurio è 
stato rilevato in un lotto di pesce spada (Xiphias gladius) e in un lotto di fette di 
verdesca (Prionace glauca)surgelati. Dall’inizio dell’anno la Spagna ha subito 52 
notifiche riguardanti l’eccesso di mercurio nel pesce e ben 48 sono state effettuate 
dall’Italia. La terza segnalazione di allarme riguarda un lotto di olive in scatola nel 
quale sono stati riscontrati dei rigonfiamenti sospetti. 
Due i respingimenti alle frontiere effettuati dalle autorità italiane: noccioli di 
albicocche provenienti dall’Uzbekistan via Afghanistan contaminati da aflatossine e 
un lotto di preparati a base di carne equina proveniente dall’Argentina infestato da 
insetti. 
Le notifiche di informazione, che non implicano un intervento urgente, riguardano 
invece la presenza di cadmio in molluschi (Murex brandaris) italiani, l’eccesso di
mercurio nel pesce spada spagnolo e salmonella spp. nella farina di pollame 
destinata alla produzione di mangime proveniente dalla Francia 
Fonte: www.sicurezzaalimentare.it 
Divieto nazionale OGM, posizione del Consiglio 
E’ stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la posizione del Consiglio, in prima lettura, 
circa uno degli atti normativi più attesi da anni a questa parte. Adottata a luglio 
2014, è stata ora pubblicata. La motivazione di fondo, invariata, si può riassumere 
così:“L'esperienza ha dimostrato che la coltivazione degli OGM è una questione 
trattata in modo più approfondito a livello di Stati membri. Le questioni relative 
all'immissione in commercio e all'importazione degli OGM dovrebbero continuare 
ad essere disciplinate a livello di Unione al fine di conservare il mercato interno. 
Tuttavia la coltivazione può richiedere maggiore flessibilità in certi casi essendo una 
questione con forte dimensione nazionale, regionale e locale dato il suo legame 
con l'uso del suolo…è opportuno garantire agli Stati membri, conformemente al 
principio di sussidiarietà, maggiore flessibilità nel decidere se desiderino oppure no 
coltivare colture GM nel loro territorio, senza conseguenze per la valutazione del 
rischio prevista dal sistema UE di autorizzazione degli OGM..” 
Fonte:sicurezzaalimentare.it 
Dopo le mele anche per le pere stop all’Etossichina sospetti di tossicità. In UE le 
deroghe della Spahna creano difficoltà commerciali. 
Il primo divieto di usare etossichina risale al 2011, ma escludeva le pere, ora 
inglobate nella nuova disposizione 
I ministeri della Salute e dell’Ambiente sulla base del parere espresso dall’Istituto 
superiore di sanità, hanno deciso di non autorizzare l’utilizzo in via eccezionale 
dell’etossichina. Stiamo parlando di una molecola già usata come antiriscaldo nella 
conservazione dimele e pere vietata dall’Unione europea nel marzo 2011 e in Italia 
l’anno successivo.
I due ministeri hanno escluso la possibilità di autorizzare l’uso dell’etossichina in 
deroga al divieto, anche in via temporanea, dato che «sono state sollevate rilevanti 
criticità relative al valore degli attuali residui, rispetto al rischio per la salute degli 
utilizzatori e dei consumatori». 
Che cos’è l’etossichina, e perché è stata bandita? «L’etossichina è un conservante 
cosiddetto anti-riscaldo, cioè una sostanza che rallenta la produzione di calore 
tipica della frutta fresca, allungando i tempi di conservazione, soprattutto durante il 
trasporto». È stata utilizzata per molto tempo e per questo motivo, come accade 
per tutti i fitofarmaci, ogni dieci anni a livello comunitario viene sottoposta a una 
revisione del profilo di sicurezza, sulla base di nuovi dati eventualmente disponibili e 
delle nuove tecnologie. Durante l’ultima revisione, è emerso che non è possibile 
escludere una sua pericolosità. Si pensa a una potenziale genotossicità (cioè danno 
al genoma del feto e non solo) sia dell’etossichina sia dei suoi metaboliti e di 
eventuali impurezze, in particolare di quella identificata con il numero 7. 
Fonte: ilfattoalimentare.it 
In Francia Carrefour propone un’etichetta intelligente che indica quante volte 
consumare il prodotto. Uno spunto molto interessante. 
Dalla Francia una nuova etichetta che indica anche la frequenza di consumo di un 
prodotto 
La catena di supermercati Carrefour in Francia dal prossimo dicembre, inizierà a 
utizzare una nuova etichetta sui prodotti alimentari col proprio marchio adottando 
un sistema informativo inedito ma molto interessante. Si tratta di frecce colorate che 
indicano la frequenza di consumo del prodotto, all’interno di una dieta equilibrata e 
varia. Ci sono alimenti consigliati da mangiare tre volte al giorno, altri due e altri 
ancora una sola volta. L’ultima etichetta indica un consumo “occasionale”. Queste 
indicazioni colorate verranno collocate sulla parte frontale delle confezioni. Il 
gruppo di appartenza dei vari alimenti è stato stabilito da un gruppo di esperti in 
base alla composizione nutrizionale, e prendendo come rifermento i criteri definiti 
da Ofcom, un’organizzazione europea che si occupa di profili nutrizionali.Le quattro 
frecce che appariranno sui prodotti Carrefour in Francia dal prossimo annoSecondo 
Carrefour, questo sistema informativo consente di variare facilmente 
l’alimentazione, sostituendo, all’interno della stessa categoria un prodotto con un 
altro che ha il medesimo colore e la stessa frequenza di consumo. Il sistema di 
etichettatura nutrizionale si chiama aquellefrequence e non sarà applicato ai 
prodotti per l’infanzia, che riportano già consigli alimentari dettagliati. 
Fonte: ilfattoalimentare.it
Sacchetti ecologici finti: indagine di Guariniello e dei NAS. Il 60% delle buste in 
circolazione non rispetta i parametri di legge 
Sacchetti ecologici finti sono circa il 60% di quelli attualmente in circolazione In Italia 
circola una quantità enorme di sacchetti presentati come biodegradabili, che in 
realtà non lo sono. È questa la denuncia di Assobioplastiche, raccolta a Torino dal 
pubblico ministero Raffaele Guariniello. 
I primi risultati dell’indagine giudiziaria, svolta di concerto con i carabinieri del Nas, 
hanno confermato i sospetti dell’associazione ed è stato così aperto un fascicolo 
per frode in commercio. Si tratterebbe di una truffa perpetrata ai danni dei cittadini 
e dei commercianti onesti che il pm sta affrontando identificando i responsabili delle 
aziende produttrici e i distributori che propongono false buste ecologiche. 
L’attenzione delle autorità è focalizzata soprattutto sui sacchetti dati ai clienti dai 
negozianti o dai piccoli market e solo in qualche caso dai supermercati (vedi 
tabella sotto). 
Si tratta di una truffa milionaria se si considerano i numeri in gioco: in Italia ogni anno 
si usano ancora qualche miliardo di buste non ecologiche, pagate in media circa 
10 centesimi l’una. Eppure da parte dei consumatori la tendenza è di utilizzare meno 
sacchetti monouso e più borse riutilizzabili, grazie a una consapevolezza sempre 
maggiore del problema ambientale. Ma è anche vero che i sacchetti bio non 
soddisfano i cittadini per via della resistenza e del riutilizzo limitato (come evidenzia 
un’indagine di Assobioplastiche condotta lo scorso anno: leggi l’articolo). 
A essere fuorilegge sono soprattutto i sacchetti dati ai clienti dai negozianti o dai 
piccoli market 
Secondo l’associazione di categoria, oltre il 60% dei sacchetti attualmente in 
circolazione non rispetterebbe i parametri di legge e i primi risultati delle analisi e 
consulenze disposte dal magistrato torinese, coinvolgendo il ministero dell’Ambiente 
e l’Istituto Superiore di Sanità, confermerebbero questi dati. Si tratterebbe di 
sacchetti in plastica tradizionale, di sacchetti parzialmente biodegradabili che non 
rispettano i parametri di legge (norma UNI EN 13432:2002). Ci sono addirittura le 
shopper di finta plastica ecologica, i cosiddetti oxodegradabili ovvero quelli che 
una volta nell’ambiente grazie ad additivi particolari si sminuzzano in microparticelle 
altamente inquinanti.Eppure la normativa è chiara, c’è la legge di conversione (n. 
116/2014) del Decreto Legge Competitività (n. 91/2014), che ribadisce il divieto di 
commercializzazione delle shopper monouso non biodegradabili e compostabili e il 
Decreto Legge Competitività del 21 agosto 2014 che ha fatto scattare le sanzioni 
pecuniarie previste per la commercializzazione di sacchetti non a norma (da 2.500 a 
25 mila euro, aumentata fino a 100 mila euro se la violazione riguarda quantità 
ingenti di sacchetti, oppure un valore della merce superiore al 20 per cento del 
fatturato del trasgressore).
I sacchetti oxodegradabili una volta nell’ambiente grazie ad additivi particolari si 
sminuzzano in microparticelle altamente inquinanti 
Si tratta di un problema che, oltre a rappresentare una beffa per gli ignari cittadini, 
ha anche un consistente impatto ambientale: i sacchetti di polietilene hanno una 
vita nell’ambiente di 400 anni, contro i 6 mesi delle buste compostabili. 
Come possono i consumatori riconoscere i veri sacchetti biodegradabili ed evitare 
di essere truffati? Per non essere presi in giro bisogna fare riferimento alla dicitura di 
conformità della norma EN 13432:2002 e cercare sul sacchetto la frase “Prodotto 
biodegradabile conforme alle normative comunitarie EN 13432” . Una seconda 
possibilità è cercare i marchi che attestano la certificazione della biodegradabilità 
come “OK Compost” e “ Compostable” (vedi sotto). Questi marchi sono anche 
dotati di un codice seguito da un numero (Sxxx o 7wxx) che permette di identificare 
il produttore e di assicurare la tracciabilità. 
Fonte: ilfattoalimentare.it 
Kebab: nei negozi take away c’è l’obbligo di mostrare l’elenco degli ingredienti? 
Bisogna distinguere: 
- l’informazione relativa a ingredienti e altre notizie essenziali è obbligatoria solo se il 
prodotto viene esposto in vetrina, per la vendita tal quale (come ad esempio, i 
panini in vendita da Autogrill, primo gruppo di “food service” ad aver fedelmente 
applicato tali prescrizioni) 
- quando invece l’alimento non è venduto bensì “somministrato” (come è, per 
riprendere l’esempio di Autogrill, il caso dei piatti offerti a servizio nello spazio ristoro – 
self service), non sono prescritte informazioni di sorta. 
Il reg. UE 1169/11 ha finalmente esteso il campo applicativo dell’informazione al 
consumatore anche ai prodotti somministrati dalle collettività (ristoranti, mense, 
pubblici esercizi, catering), delegando la Commissione ad adottare le misure 
applicative, vale a dire contenuti e modalità di comunicazione da prescriversi. È 
dunque attesa nei prossimi anni l’introduzione dell’obbligo di esporre il “librone” 
degli ingredienti di ogni piatto. 
O quantomeno, l’informazione obbligatoria su allergeni presenti. Vale in ogni caso la 
pena evidenziare che, per un locale pubblico, introdurre informazioni complete e 
veritiere sulla composizione dei cibi serviti è un messaggio di trasparenza e 
attenzione verso i consumatori che lo sapranno ben apprezzare.
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
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News SA 23 2014

  • 1. News 23/SA/2014 Lunedì,13 ottobre 2014 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Non si arrestano le allerte per l’eccesso di mercurio nel pesce spagnolo Tra le 52 segnalazioni diffuse dal sistema europeo di allerta rapido per alimenti e mangimi (Rasff) durante la scorsa settimana sono 8 quelle inviate dal Ministero della salute italiano. L’elenco italiano comprende 3 segnalazioni di allarme, 2 notifiche di respingimenti alle frontiere e 3 informative che non implicano un intervento urgente. Sembrano non arrestarsi le allerte riguardanti l’eccesso di mercurio nel pesce importato dalla Spagna: anche questa settimana un livello troppo alto di mercurio è stato rilevato in un lotto di pesce spada (Xiphias gladius) e in un lotto di fette di verdesca (Prionace glauca)surgelati. Dall’inizio dell’anno la Spagna ha subito 52 notifiche riguardanti l’eccesso di mercurio nel pesce e ben 48 sono state effettuate dall’Italia. La terza segnalazione di allarme riguarda un lotto di olive in scatola nel quale sono stati riscontrati dei rigonfiamenti sospetti. Due i respingimenti alle frontiere effettuati dalle autorità italiane: noccioli di albicocche provenienti dall’Uzbekistan via Afghanistan contaminati da aflatossine e un lotto di preparati a base di carne equina proveniente dall’Argentina infestato da insetti. Le notifiche di informazione, che non implicano un intervento urgente, riguardano invece la presenza di cadmio in molluschi (Murex brandaris) italiani, l’eccesso di
  • 2. mercurio nel pesce spada spagnolo e salmonella spp. nella farina di pollame destinata alla produzione di mangime proveniente dalla Francia Fonte: www.sicurezzaalimentare.it Divieto nazionale OGM, posizione del Consiglio E’ stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la posizione del Consiglio, in prima lettura, circa uno degli atti normativi più attesi da anni a questa parte. Adottata a luglio 2014, è stata ora pubblicata. La motivazione di fondo, invariata, si può riassumere così:“L'esperienza ha dimostrato che la coltivazione degli OGM è una questione trattata in modo più approfondito a livello di Stati membri. Le questioni relative all'immissione in commercio e all'importazione degli OGM dovrebbero continuare ad essere disciplinate a livello di Unione al fine di conservare il mercato interno. Tuttavia la coltivazione può richiedere maggiore flessibilità in certi casi essendo una questione con forte dimensione nazionale, regionale e locale dato il suo legame con l'uso del suolo…è opportuno garantire agli Stati membri, conformemente al principio di sussidiarietà, maggiore flessibilità nel decidere se desiderino oppure no coltivare colture GM nel loro territorio, senza conseguenze per la valutazione del rischio prevista dal sistema UE di autorizzazione degli OGM..” Fonte:sicurezzaalimentare.it Dopo le mele anche per le pere stop all’Etossichina sospetti di tossicità. In UE le deroghe della Spahna creano difficoltà commerciali. Il primo divieto di usare etossichina risale al 2011, ma escludeva le pere, ora inglobate nella nuova disposizione I ministeri della Salute e dell’Ambiente sulla base del parere espresso dall’Istituto superiore di sanità, hanno deciso di non autorizzare l’utilizzo in via eccezionale dell’etossichina. Stiamo parlando di una molecola già usata come antiriscaldo nella conservazione dimele e pere vietata dall’Unione europea nel marzo 2011 e in Italia l’anno successivo.
  • 3. I due ministeri hanno escluso la possibilità di autorizzare l’uso dell’etossichina in deroga al divieto, anche in via temporanea, dato che «sono state sollevate rilevanti criticità relative al valore degli attuali residui, rispetto al rischio per la salute degli utilizzatori e dei consumatori». Che cos’è l’etossichina, e perché è stata bandita? «L’etossichina è un conservante cosiddetto anti-riscaldo, cioè una sostanza che rallenta la produzione di calore tipica della frutta fresca, allungando i tempi di conservazione, soprattutto durante il trasporto». È stata utilizzata per molto tempo e per questo motivo, come accade per tutti i fitofarmaci, ogni dieci anni a livello comunitario viene sottoposta a una revisione del profilo di sicurezza, sulla base di nuovi dati eventualmente disponibili e delle nuove tecnologie. Durante l’ultima revisione, è emerso che non è possibile escludere una sua pericolosità. Si pensa a una potenziale genotossicità (cioè danno al genoma del feto e non solo) sia dell’etossichina sia dei suoi metaboliti e di eventuali impurezze, in particolare di quella identificata con il numero 7. Fonte: ilfattoalimentare.it In Francia Carrefour propone un’etichetta intelligente che indica quante volte consumare il prodotto. Uno spunto molto interessante. Dalla Francia una nuova etichetta che indica anche la frequenza di consumo di un prodotto La catena di supermercati Carrefour in Francia dal prossimo dicembre, inizierà a utizzare una nuova etichetta sui prodotti alimentari col proprio marchio adottando un sistema informativo inedito ma molto interessante. Si tratta di frecce colorate che indicano la frequenza di consumo del prodotto, all’interno di una dieta equilibrata e varia. Ci sono alimenti consigliati da mangiare tre volte al giorno, altri due e altri ancora una sola volta. L’ultima etichetta indica un consumo “occasionale”. Queste indicazioni colorate verranno collocate sulla parte frontale delle confezioni. Il gruppo di appartenza dei vari alimenti è stato stabilito da un gruppo di esperti in base alla composizione nutrizionale, e prendendo come rifermento i criteri definiti da Ofcom, un’organizzazione europea che si occupa di profili nutrizionali.Le quattro frecce che appariranno sui prodotti Carrefour in Francia dal prossimo annoSecondo Carrefour, questo sistema informativo consente di variare facilmente l’alimentazione, sostituendo, all’interno della stessa categoria un prodotto con un altro che ha il medesimo colore e la stessa frequenza di consumo. Il sistema di etichettatura nutrizionale si chiama aquellefrequence e non sarà applicato ai prodotti per l’infanzia, che riportano già consigli alimentari dettagliati. Fonte: ilfattoalimentare.it
  • 4. Sacchetti ecologici finti: indagine di Guariniello e dei NAS. Il 60% delle buste in circolazione non rispetta i parametri di legge Sacchetti ecologici finti sono circa il 60% di quelli attualmente in circolazione In Italia circola una quantità enorme di sacchetti presentati come biodegradabili, che in realtà non lo sono. È questa la denuncia di Assobioplastiche, raccolta a Torino dal pubblico ministero Raffaele Guariniello. I primi risultati dell’indagine giudiziaria, svolta di concerto con i carabinieri del Nas, hanno confermato i sospetti dell’associazione ed è stato così aperto un fascicolo per frode in commercio. Si tratterebbe di una truffa perpetrata ai danni dei cittadini e dei commercianti onesti che il pm sta affrontando identificando i responsabili delle aziende produttrici e i distributori che propongono false buste ecologiche. L’attenzione delle autorità è focalizzata soprattutto sui sacchetti dati ai clienti dai negozianti o dai piccoli market e solo in qualche caso dai supermercati (vedi tabella sotto). Si tratta di una truffa milionaria se si considerano i numeri in gioco: in Italia ogni anno si usano ancora qualche miliardo di buste non ecologiche, pagate in media circa 10 centesimi l’una. Eppure da parte dei consumatori la tendenza è di utilizzare meno sacchetti monouso e più borse riutilizzabili, grazie a una consapevolezza sempre maggiore del problema ambientale. Ma è anche vero che i sacchetti bio non soddisfano i cittadini per via della resistenza e del riutilizzo limitato (come evidenzia un’indagine di Assobioplastiche condotta lo scorso anno: leggi l’articolo). A essere fuorilegge sono soprattutto i sacchetti dati ai clienti dai negozianti o dai piccoli market Secondo l’associazione di categoria, oltre il 60% dei sacchetti attualmente in circolazione non rispetterebbe i parametri di legge e i primi risultati delle analisi e consulenze disposte dal magistrato torinese, coinvolgendo il ministero dell’Ambiente e l’Istituto Superiore di Sanità, confermerebbero questi dati. Si tratterebbe di sacchetti in plastica tradizionale, di sacchetti parzialmente biodegradabili che non rispettano i parametri di legge (norma UNI EN 13432:2002). Ci sono addirittura le shopper di finta plastica ecologica, i cosiddetti oxodegradabili ovvero quelli che una volta nell’ambiente grazie ad additivi particolari si sminuzzano in microparticelle altamente inquinanti.Eppure la normativa è chiara, c’è la legge di conversione (n. 116/2014) del Decreto Legge Competitività (n. 91/2014), che ribadisce il divieto di commercializzazione delle shopper monouso non biodegradabili e compostabili e il Decreto Legge Competitività del 21 agosto 2014 che ha fatto scattare le sanzioni pecuniarie previste per la commercializzazione di sacchetti non a norma (da 2.500 a 25 mila euro, aumentata fino a 100 mila euro se la violazione riguarda quantità ingenti di sacchetti, oppure un valore della merce superiore al 20 per cento del fatturato del trasgressore).
  • 5. I sacchetti oxodegradabili una volta nell’ambiente grazie ad additivi particolari si sminuzzano in microparticelle altamente inquinanti Si tratta di un problema che, oltre a rappresentare una beffa per gli ignari cittadini, ha anche un consistente impatto ambientale: i sacchetti di polietilene hanno una vita nell’ambiente di 400 anni, contro i 6 mesi delle buste compostabili. Come possono i consumatori riconoscere i veri sacchetti biodegradabili ed evitare di essere truffati? Per non essere presi in giro bisogna fare riferimento alla dicitura di conformità della norma EN 13432:2002 e cercare sul sacchetto la frase “Prodotto biodegradabile conforme alle normative comunitarie EN 13432” . Una seconda possibilità è cercare i marchi che attestano la certificazione della biodegradabilità come “OK Compost” e “ Compostable” (vedi sotto). Questi marchi sono anche dotati di un codice seguito da un numero (Sxxx o 7wxx) che permette di identificare il produttore e di assicurare la tracciabilità. Fonte: ilfattoalimentare.it Kebab: nei negozi take away c’è l’obbligo di mostrare l’elenco degli ingredienti? Bisogna distinguere: - l’informazione relativa a ingredienti e altre notizie essenziali è obbligatoria solo se il prodotto viene esposto in vetrina, per la vendita tal quale (come ad esempio, i panini in vendita da Autogrill, primo gruppo di “food service” ad aver fedelmente applicato tali prescrizioni) - quando invece l’alimento non è venduto bensì “somministrato” (come è, per riprendere l’esempio di Autogrill, il caso dei piatti offerti a servizio nello spazio ristoro – self service), non sono prescritte informazioni di sorta. Il reg. UE 1169/11 ha finalmente esteso il campo applicativo dell’informazione al consumatore anche ai prodotti somministrati dalle collettività (ristoranti, mense, pubblici esercizi, catering), delegando la Commissione ad adottare le misure applicative, vale a dire contenuti e modalità di comunicazione da prescriversi. È dunque attesa nei prossimi anni l’introduzione dell’obbligo di esporre il “librone” degli ingredienti di ogni piatto. O quantomeno, l’informazione obbligatoria su allergeni presenti. Vale in ogni caso la pena evidenziare che, per un locale pubblico, introdurre informazioni complete e veritiere sulla composizione dei cibi serviti è un messaggio di trasparenza e attenzione verso i consumatori che lo sapranno ben apprezzare.