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Corso di formazione
“EDUCATORE, CONTESTO SCUOLA E FAMIGLIE –
NORMATIVE, RELAZIONI E ATTIVITA’ ”
Modulo 3. C
“Allievi in situazione di svantaggio socio-economico,
linguistico, culturale e psicologico”
“Gli alunni stranieri”
Docente Prof.ssa Silvia Rosati
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Allievi in situazione di svantaggio socio-economico,
linguistico, culturale e psicologico
Normativa di riferimento
- Direttiva MIUR del 27 Dicembre 2012 “Strumenti di intervento per
alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale
per l‟inclusione scolastica”
- C.M. n.8 del 6 marzo 2013 “Indicazioni operative per la Direttiva”
del 27 Dicembre 2012 sui Bisogni educativi speciali.
- Legge 107/2015 all‟ art. 1, c. 93
- Il D Lgs 66/2017 “Norme in materia di valutazione e certificazione
delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato”, a norma
dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera i), della legge 13 luglio
2015, n. 107
Premessa
La scuola “aperta a tutti” è tenuta ad affrontare le situazioni di svantaggio
socio-economico e culturale considerate nella misura in cui costituiscono
un ostacolo per lo sviluppo cognitivo, affettivo, relazionale, sociale
dell‟alunno e generano scarso funzionamento adattivo, con conseguente
peggioramento della sua immagine.
L‟alunno coinvolto in una situazione di svantaggio socio-economico,
linguistico, culturale o psicologico, infatti, vive un‟esperienza personale di
fragilità emotiva e psicologica che condiziona le sue relazioni con
l‟ambiente, i contesti e le persone e che può manifestarsi in un disagio
scolastico.
Per questi tipi di bisogni non esiste una certificazione psicologica e/o
medica ufficiale. Senza una certificazione ufficiale non possono essere
seguiti dagli insegnanti di sostegno e vivono quindi il “ tempo scuola” con
molte difficoltà reali e quasi nulle possibilità di riscatto. La scuola è
chiamata all‟individuazione dello svantaggio sulla base di elementi
oggettivi (ad esempio: una segnalazione dei Servizi Sociali) oppure di
considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico, scaturite da attenta
osservazione effettuata dal Consiglio di Classe che può tener conto anche
3
di valutazioni negative reiterate sia nella sfera didattica che relazionale. La
scuola, pertanto, è chiamata a rispondere in modo puntuale e non
approssimativo ai bisogni peculiari di questi alunni.
Le situazioni di svantaggio
Lo svantaggio si connota etiologicamente come svantaggio socio-
economico, linguistico e culturale o come svantaggio comportamentale, a
seconda del prevalere di uno degli aspetti problematici all‟origine del
Bisogno educativo speciale.
La situazione “di svantaggio e deprivazione socio economico e culturale”
riguarda gli alunni che sono cresciuti in situazioni familiari e sociali
povere, marginali, in contesti degradati, alunni stranieri neo arrivati in Italia
o che non hanno ancora acquisito le adeguate competenze linguistiche.
La loro vita non è stata ricca di occasioni informali di apprendimento,
ancor meno di apprendimenti scolastici e così, questi alunni, partono
svantaggiati; il loro bagaglio di competenze cognitive, metacognitive,
linguistiche, sociali, ecc. è assai più ridotto, anche se non presentano deficit
intellettivi o disturbi dell'apprendimento.
La situazione di “disagio comportamentale e/o relazionale” riguarda alunni
che vivono in una famiglia difficile e questo può voler dire
multiproblematica e produttrice di patologie psichiatriche anche gravi,
condotte antisociali così via; altre famiglie possono essere senza regole,
4
disorganizzate, possono indurre a valori e comportamenti divergenti
rispetto all'istruzione e all'apprendimento. Altri alunni invece portano in sé
alcune difficoltà psicologiche che però non sono ancora di gravità tali da
giustificare pienamente una certificazione psicopatologica. Alcuni alunni
presentano spesso comportamenti problematici, ad esempio aggressivi o
distruttivi, non sopportano limiti, o usano l'aggressione per prevaricare i più
deboli; non occorre qui ricordare il crescente fenomeno e la gravità sociale
del “fenomeno bullismo” nelle scuole.
I contesti problematici
Le situazioni di svantaggio sono quindi riconducibili
ad una condizione personale dell‟alunno:
 Caratteristiche psicologiche generali del soggetto: bassa autostima,
scarsa motivazione, inibizione affettiva; scarso controllo emotivo;
ansia di separazione, bassa tolleranza della frustrazione
 Scarso livello di conoscenza come povertà di contenuti cognitivi,
carenti strutture cognitive inadeguati processi cognitivi stile di
apprendimento poco funzionale ;
al contesto familiare :
 non tanto la condizione economica familiare, quanto invece fattori
come il livello di istruzione dei genitori, la zona e le condizioni di
residenza, la eventuale appartenenza a minoranze
culturali/linguistiche, assenza di una valida rete di supporto alla
famiglia
 il clima, carenze affettive;
 i valori proposti, l‟attenzione e interesse dei genitori verso le attività
scolastiche del figli, atteggiamenti educativi inadeguati
al contesto sociale :
 la provenienza da aree economicamente povere;
 l‟inadempienze territoriali e istituzionali;
 emarginazione economica, geografica, politica;
 cultura dell'indifferenza;
 modelli socio-culturali violenti
5
Il disagio scolastico
Le cause di disagio possono essere sfuggenti, intrecciate a fattori
contestuali etnici, familiari o sociali vissuti come immodificabili e per
questo è più difficile prendersene cura.
Le complesse variabili psicologiche e socio-culturali all‟origine del disagio
e il loro soggettivo intersecarsi con la storia personale del ragazzo rendono
difficile arrivare ad una definizione univoca e statica del disagio in
generale, tanto che sarebbe più opportuno parlare di disagi. Imprevedibili,
inoltre, sono le modalità con cui ciascun soggetto manifesterà il suo
disagio, in una vasta gamma di situazioni che vanno dal malessere tutto
interiore e silenzioso al comportamento eclatante, disturbato e disturbante.
Il disagio scolastico è un aspetto del disagio giovanile e si manifesta con
varie modalità, dalle difficoltà di apprendimento, basso rendimento rispetto
alle reali capacità del soggetto, assenteismo, disaffezione, abbandono
scolastico fino a problematiche comportamentali quali difficoltà di
attenzione e concentrazione, l‟iperattività motoria, la scarsa tolleranza
delle frustrazioni, i fenomeni di prepotenza e bullismo.
In tutti questi casi abbiamo alunni con normali capacità di apprendimento
che però sono ostacolati da una scarsa dotazione di mezzi di apprendimento
e il loro percorso scolastico è destinato al fallimento: dall‟insuccesso
scolastico, all‟abbandono o dispersione scolastica, all‟evasione scolastica.
Per evasione scolastica si intende l‟inadempienza perseguibile delle
famiglie a garantire l‟obbligo di istruzione per almeno 10 anni ( Legge
finanziaria 2007 del 21/12/2006, Decreto Legislativo 139/07
sull‟innalzamento dell‟obbligo scolastico) .
Con il termine evasione primaria si fa riferimento ai minori mai iscritti o
mai frequentanti la scuola dell‟obbligo mentre l‟evasione secondaria
riguarda l‟interruzione degli studi prima del 16esimo anno. E si distingue
dall‟ abbandono scolastico che è l‟ interruzione degli studi senza ritiro
formalizzato e senza conseguimento del titolo in soggetti non più in
obbligo scolastico (maggiori di 16 anni di età).
6
Per abbandono scolastico o “dispersione scolastica” si intende quindi
l‟anomalia dei processi di formazione che è determinata dall‟effetto dei
soggetti che abbandonano il percorso scolastico e dall‟insufficiente
capacità del sistema scolastico di rispondere con un‟adeguata offerta ai
bisogni della popolazione in formazione. Il fenomeno dell‟abbandono
scolastico precoce ,comunque coinvolge ampie fasce della popolazione e
comporta una grave carenza delle competenze di base e delle qualifiche
essenziali per una piena partecipazione nella società.
L‟abbandono scolastico è presente nella nostra scuola in forme differenti
sul piano dell‟osservabilità: da forme più esplicite ed evidenti a forme più
sommerse. Nel primo gruppo rientrano tutte le manifestazioni che
comportano una interruzione degli studi come risultato dell‟impossibilità di
proseguire, dei ripetuti fallimenti sul piano del rendimento, di un rifiuto nei
confronti di una realtà fonte di emozioni negative e frustranti, oppure frutto
di una scelta più o meno razionale e più o meno condivisa tra genitori e
figli
C‟è poi la realtà dell‟abbandono non accompagnato dall‟atto manifesto di
lasciare la scuola ma caratterizzata da un disimpegno e disinvestimento. Si
tratta di una realtà che ingloba altre forme di non frequenza scolastica:
evasione, assenteismo, rendimento inferiore alle reali capacità di
apprendimento, disaffezione, insuccesso e dispersione, fino a legarsi a
aspetti più specifici della vita sociale quali le condotte a rischio
In questi ultimi casi si parla piuttosto di insuccesso scolastico fenomeno
multiforme, sotteso spesso a quello di dispersione scolastica cui in parte si
sovrappone
Le misure da mettere in campo
Il disagio scolastico sia che si traduca in abbandono che nel semplice
insuccesso è una problematica multiforme e multi - dimensionale, avendo
come fattori in gioco il singolo, il singolo nel gruppo dei pari e nel mondo
del lavoro e le Istituzioni, che agiscono tenendo o meno conto di variabili
di tipo economico, giuridico, sociale e culturale.
… non solo scuola, ma lavoro e partecipazione attiva
7
La mortalità scolastica in Italia ha dimensioni rilevanti se paragonata ai
Paesi membri della Comunità Europea e dell‟area OCSE. Si aggiunga che
la chiave di lettura nazionale solitamente circoscrive il fenomeno agli anni
di età scolare, mentre l‟indicatore europeo, essendo riferito ai 18-24enni,
quantifica l‟interruzione precoce degli studi sia di tipo scolastico sia
formativo della popolazione ormai fuori dal sistema. Ciò mette in evidenza
che non sono sufficienti politiche tese ad assicurare la possibilità ad ogni
minore di intraprendere e compiere con successo un percorso di
formazione, ma la certezza che questi cammini termineranno con successo
al fine di ottenere competenze e attestazioni spendibili sul mercato del
lavoro che permetta all‟individuo la propria realizzazione personale.
La maggiore permanenza degli alunni nella formazione di base significa
quindi anche progettare e realizzare adeguate attività di orientamento e di
consolidamento delle scelte, personalizzare gli interventi educativi, porre le
basi per realizzare un più equilibrato rapporto tra scuola, formazione e
lavoro. Si aggiunga che attraverso la riforma attuata dalla legge n. 144 del
1999 prima, e in seguito dalla Legge 53 del 2003, è stato possibile costruire
percorsi alternativi per gli studenti in età di obbligo formativo dove, oltre
all‟istruzione vi è la possibilità di una formazione professionale e di un
apprendistato in azienda.
Fatte queste premesse non stupisce quindi quanto il fenomeno della
dispersione scolastica sia da diversi anni al centro dell‟attenzione sia della
ricerca scolastica, che degli operatori impegnati sul campo.
La prima mira ad individuarne tassi di crescita e possibili cause, i secondi
sono impegnati a limitarne l‟aumento o quantomeno a mantenere i livelli
entro limiti accettabili.
Come si è detto il disagio giovanile e quello scolastico strettamente
connesso dipendono da alcuni fattori di rischio sui quali è necessario
andare ad agire a vari livelli.
 Il primo passo deve essere una attenta osservazione: saper
riconoscere il disagio e saper riconoscere le situazioni a rischio di
disagio.
La dispersione scolastica è un processo complesso che si struttura
nel tempo attraverso il ripetersi e/o il sommarsi di diversi fenomeni
8
che vanno letti come indicatori di rischio sui quali attivare attenzione
ed ascolto. Tra questi vanno ricordati:
- i frequenti trasferimenti e cambiamenti di sede;
- i ritardi, le assenze ripetute e la frequenza irregolare ;
- le difficoltà di adattamento alle regole, alle richieste e agli orari
dell‟istituzione scolastica ;
- le difficoltà di relazione dei ragazzi con i pari e con gli insegnanti ;
- le difficoltà di collaborazione con le famiglie ;
- la scarsa partecipazione, il disinteresse, la bassa motivazione dei
ragazzi in classe ;
- le difficoltà d‟apprendimento, il basso rendimento, l‟accumulo di
insuccessi ; le bocciature e le ripetenze ;
- la disomogeneità anagrafica coi pari
 Il secondo passo è intervenire sui fattori di contesto che risultano
incidere negativamente sul disagio.
- La continuità educativa è un aspetto fondamentale per un‟ azione
preventiva che voglia essere realmente efficace. Il momento del
passaggio da un ciclo di sudi all‟altro comporta un certo grado di
problematicità, soprattutto in un momento particolare quale la
preadolescenza/adolescenza, in quanto un tale passaggio si
configura come esperienza di ristrutturazione del proprio ruolo, delle
proprie competenze e abilità.
Statisticamente le difficoltà che i ragazzi incontrano in questo
passaggio sono in primo luogo legate alla relazione con gli
insegnanti, poi al metodo di studio, al cambiamento del gruppo
classe, dell‟ambiente e delle regole della nuova organizzazione
scolastica. La transizione fra cicli scolastici costituisce quindi una
prova importante per il ragazzo, che può trarne rassicurazioni e
buona autostima così come il contrario. La continuità educativa e
scolastica ci permette inoltre di gestire in maniera coordinata e
coerente eventuali situazioni di disagio emergenti.
- L’assetto organizzativo dell’istituzione scolastica. Variazioni
repentine nell‟organizzazione o viceversa incapacità di rispondere
al cambiamento dei bisogni dell‟utenza; ambienti di apprendimento,
clima di classe caratterizzato da scarsa comunicazione, curricoli
9
inadeguati, attività complementari e progettualità inefficaci incidono
fortemente.
- Una didattica non adeguata alla nostra epoca in un contesto
comunicativo e relazionale in cui l‟IS gode di poca credibilità nel
mondo esterno è destinato a non fare breccia negli studenti. Le scarse
attese nei confronti dell‟insegnamento, che possono avere una
ragione nelle aree illustrate poco sopra, innescano nel giovane
comportamenti che mirano ad evitare la partecipazione ad attività
scolastiche non predisponendo ad un rendimento adeguato alle
proprie capacità. Quello che molti insegnanti definiscono con
“svogliatezza”, in realtà è il sintomo più evidente di una
problematica ben più profonda che si definisce come “sofferenza
scolastica”. La scuola e le sue attività vengono viste come inutili,
non in sintonia con i “saperi” che il giovane vorrebbe possedere e
con le competenze che possono dare un risultato anche nella vita
quotidiana.
Un miglioramento delle cosiddette “life skills” o abilità di gestire gli
eventi che faranno parte della vita del giovane con un‟educazione
alla gestione e risoluzione dei problemi stimolando le competenze
relazionali, la critica obiettiva e la progettualita‟ individuale,
dovranno far parte delle “materie in classe” sin dai primi anni
scolastici.
- Lo stesso discorso vale per un clima di classe inadeguato. Rispetto ai
coetanei non a rischio, è stata evidenziata nei soggetti a rischio, una
bassa stima della propria capacità di controllo sugli eventi che
avvengono all‟interno della scuola (compiti in classe, interrogazioni,
ricerche, attività sportive e ricreative in genere) e quelli che
avvengono al di fuori (amicizie, sport, attività ricreative).
- Attenzione ad una progettualità inefficace . Peculiare dei ragazzi con
bassa autostima ed alta presenza di comportamenti a rischio, è la
quasi totale assenza di progettualità: il tempo libero viene dedicato
ad attività dispersive, realizzate tassativamente al di fuori dalle mura
domestiche eludendo consciamente qualsiasi controllo genitoriale.
Uscire con gli amici, l‟uso di internet fuori casa e la sala giochi sono
i passatempi preferiti. Questa sofferenza rappresenta un parametro
che dovrebbe essere preso in considerazione per riconoscere i
soggetti più a rischio di abbandono scolastico, ma soprattutto che
10
hanno a che vedere con una ricerca di altri spazi rispetto la scuola
dove “imparare”. Talvolta questi spazi possono essere rappresentati
da attività extrascolastiche. Appare evidente la necessità per gli
operatori di offrire alternative valide e condivisibili dai giovani alla
possibilità di abbandonare il “sistema scuola” prima del tempo. La
parola chiave in merito a questa problematica dovrebbe essere
“inclusione”. Non è solo il “rimanere a scuola” ad essere vitale, ma
lo sviluppo di inclusione nel gruppo scuola e nel gruppo classe, con
azioni sinergiche sia nella scuola che a livello extrascolastico atte a
stimolare comportamenti di prosocialità in un clima stabile di
qualitativi rapporti interpersonali. Il ragazzo che percepisce una
esclusione sia dal mondo scolastico che da quello dei pari in
formazione, attuerà condotte “di compenso”, e non tutte potrebbero
rivelarsi salutari o valide.
- Una politica integrata scuola- famiglia - agenzie formative ed enti
istituzionali - mondo del lavoro. Altri momenti fondamentali per una
efficace strategia preventiva sono lo sviluppo di un sistema di rete tra
famiglia, scuola servizi e territorio per un coerente e integrato
intervento rispetto alle problematiche giovanili generali e specifiche
e lo sviluppo di un servizio psicopedagogico presente nella scuola.
La dispersione, che abbiamo si configura non solo in rapporto
all‟obbligo scolastico , ma a quello formativo e quindi coinvolge
allora diversi enti formativi, dalla scuola alla formazione
professionale fino al lavoro. Appare quindi necessario non solo
valorizzare e potenziare i cosiddetti „fattori protettivi‟ all‟interno
della comunità scolastica, ma creare sinergie d‟intervento fra
operatori scolastici e giuridici aumentando la consapevolezza delle
correlazioni del fenomeno.
- Un sistema di monitoraggio efficace. A livello di scuola sarebbe
auspicabile potersi servire di parametri atti a valutare il particolare
“disagio scolastico”: indicatori, qualitativi e quantitativi comuni per
una lettura rapida e precisa di essi. Sarebbe importante, inoltre che
tali informazioni venissero diffuse prontamente alle Istituzioni
scolastiche interessate al fine di sviluppare politiche di prevenzione
di recupero degli alunni dispersi.
11
Le modalità operative
La Circolare n. 8 del 6 marzo 2013 ha indicato le modalità operative di
intervento.
I Consigli di Classe dovranno segnalare gli alunni con Bisogni Educativi
Speciali. Sono i Consigli di classe a decidere, anche in assenza di
certificazione, dove è opportuna e necessaria l‟adozione della
personalizzazione della didattica ed eventualmente di misure compensative
o dispensative.
Il percorso ipotizzato va esplicitato in un Piano Didattico Personalizzato,
che è deliberato dal Consiglio di classe e sottoscritto da DS, docenti e
famiglia. Il PDP deve tener conto dei bisogni specifici di ciascuno,
prevedere misure, criteri e strategie di intervento, idonei al superamento
delle difficoltà (con l‟adozione, se necessario, di strumenti compensativi e
misure dispensative). Le misure dispensative dovranno avere carattere
transitorio e si privilegeranno le strategie educative e didattiche aventi
come obiettivo il successo formativo. I Consigli di classe (o i team docenti)
devono monitorare l‟efficacia degli interventi.
12
In sede di Esami, devono essere fornite dal Consiglio di Classe utili e
opportune indicazioni per consentire a tali alunni di sostenere
adeguatamente l‟esame di Stato. La Commissione d‟esame, esaminati gli
elementi forniti dal Consiglio di classe, tienefiin debita considerazione le
specifiche situazioni soggettive, relative ai candidati con Bisogni Educativi
Speciali (BES), per i quali sia stato redatto apposito Piano Didattico
Personalizzato, in particolare, le modalità didattiche e le forme di
valutazione individuate nell‟ambito dei percorsi didattici individualizzati e
personalizzati. A tal fine il Consiglio di classe trasmette alla Commissione
d‟esame il Piano Didattico Personalizzato. In ogni caso, per siffatte
tipologie, non è prevista alcuna misura dispensativa in sede di esame,
mentre è possibile concedere strumenti compensativi, in analogia a quanto
previsto per alunni e studenti con DSA.
Alcune notazioni
Il Consiglio di Classe verbalizza la presa in carico di casi difficili, che
possano essere riconosciuti come BES e formula un‟ipotesi di intervento
coordinato inizialmente a breve termine (due mesi?) . Negli istituti
13
secondari, magari nomina un docente tutor, che si relaziona in particolare
con la famiglia. Solo al termine del primo periodo formalizza, ove sia
necessario, il riconoscimento di BES, ricordando che si deve trattare di una
grave difficoltà di apprendimento, sia pure temporanea, che la famiglia
deve a sua volta riconoscere e che ciò implica un piano di intervento su cui
si impegna l‟intero gruppo docenti e che la famiglia accetta,
sottoscrivendolo.
I docenti devono collaborare all'individuazione dei percorsi didattici adatti
ad ogni singolo caso; concordare ed attuare una linea educativa comune
che concorra al recupero della motivazione allo studio; attuare strategie
comuni per rendere proficuo e non discriminante l'intervento di aiuto.
La motivazione ad apprendere degli alunni può essere stimolata in ambienti
psicologicamente sicuri, protetti e di supporto, caratterizzati da rapporti
umani positivi, di fiducia reciproca e rispetto, con adulti che dimostrino un
interessamento profondamente sincero e in grado di cogliere le potenzialità
personali di ogni alunno.
Si procederà ad una migliore conoscenza diretta dell'alunno anche tramite
i suoi genitori; all‟ individuazione dei suoi bisogni educativi essenziali e
alla ricerca delle cause del suo disagio; a favorire l'empatia e promuovere la
relazione emotivo/affettiva; sviluppare percorsi didattici individuali;
intervenire nel processo di apprendimento, favorire e promuovere la
motivazione allo studio; promuovere l'interiorizzazione delle regole (norme
di comportamento e di convivenza civile); favorire la capacità di relazione
con i pari e con gli adulti.
I punti di forza del progetto dovrebbero essere :
la buona collaborazione e l'unità di intenti con i Docenti ;
la conoscenza multidisciplinare di percorsi didattici integrati ;
la cura e l'attenzione rivolta ad ogni alunno nella sua totalità;
la scoperta di competenze diverse da quelle esplicitamente richieste dalla
scuola l'individuazione di problematiche di apprendimento non ancora
riconosciute;
l'opportunità di nascita di un sentimento di fiducia e positività nei confronti
della Scuola e delle persone che ne fanno parte.
Punti di criticità potrebbero essere:
l'eventuale mancata collaborazione o l'opposizione da parte di alcuni
docenti ;
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il mancato riconoscimento, da parte della famiglia della validità
dell'intervento educativo/didattico; la proposta e la promozione, da parte
della famiglia stessa, di percorsi lavorativi precoci .
15
Gli alunni stranieri
Normativa di riferimento
- CM 301 del 1989 sull‟ “Inserimento degli stranieri nella scuola
dell‟obbligo” (stranieri)
- CM 205 del 1990 “La scuola dell‟obbligo e gli alunni stranieri”
- CM n. 73 del 1994 sul “Dialogo interculturale e sulla convivenza
democratica”
- Legge 40 /98 "Disciplina dell'immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero."
- DLgs 286/1998 Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell‟immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
- DPR 394/99 Regolamento recante norme di attuazione del DLgs
286/1998 che fornisce ad esempio specifici criteri e indicazioni per
l‟istruzione e l‟inserimento degli alunni con cittadinanza straniera.
- Legge 189/2002 Legge Bossi – Fini sull‟immigrazione di fatto ha
confermato le procedure di accoglienza degli alunni stranieri
(stranieri).
- CM 24 del 2006 “Linee guida per l‟accoglienza e l‟integrazione
degli alunni stranieri”
- Documento di indirizzo del 2007 da parte del Miur a firma Fioroni
“La via italiana per la scuola interculturale e l‟integrazione degli
alunni stranieri Osservatorio nazionale per l‟integrazione degli alunni
stranieri e per l‟educazione interculturale”
- Circolare Ministeriale n.2 del 2010 “Indicazioni e raccomandazioni
per l‟integrazione di alunni con cittadinanza non italiana”
- Circolare Ministeriale 4233 del 2014 “Linee guida per l‟accoglienza
e l‟integrazione degli alunni stranieri”
… valutazione degli alunni stranieri
- Circolare Ministeriale 28/2007 Esame di Stato conclusivo del I ciclo
. Si suggerisce di “tener conto del percorso di studi dell‟alunno
straniero, della scarsa conoscenza della lingua italiana e della
complessiva maturazione raggiunta”.
16
- Circolare Ministeriale 32/2009 Esame di Stato conclusivo del I
ciclo. “Le prove di italiano sono calibrate in modo da consentire alla
valutazione degli allievi di lingua madre non italiana requisiti di
affidabilità e comparabilità della valutazione.
- DPR 122/2009 Regolamento recante coordinamento delle norme
vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori modalita'
applicative in materia, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto-legge
1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge
30 ottobre 2008, n. 169. Art.1 comma 9 “ I minori con cittadinanza
non italiana sono valutati nelle forme e nei modi previsti per i
cittadini italiani” , dunque la normativa si è evoluta nel senso di una
maggiore severità nei confronti della valutazione degli stranieri al
fine di garantire degli standard di valutazione.
Il contesto
A partire dalla fine degli anni ‟80 la scuola italiana ha perseguito la strada
dell‟integrazione degli alunni stranieri e dell‟educazione interculturale con
la piena affermazione del loro diritto allo studio e l‟indicazione di percorsi
personalizzati.
La presenza di cittadini stranieri in numero sempre maggiore è ormai
fattore caratterizzante tanto della società europea che di quella italiana e la
presenza di studenti stranieri nelle scuole italiane è uno dei fenomeni più
rilevanti degli ultimi anni, anche se il tasso di incremento è leggermente
diminuito in coincidenza con la crisi economica degli ultimi anni, che ha
ridotto l‟offerta di lavoro agli immigrati nel nostro Paese.
La presenza di alunni stranieri è comprensibilmente maggiore nel primo
ciclo, mentre risulta pressoché dimezzata in termini percentuali nelle scuole
secondarie superiori. Nella secondaria superiore gli studenti stranieri si
concentrano maggiormente negli istituti professionali, evidentemente
nell‟intento di assicurarsi una rapida collocazione nel mondo del lavoro.
Anche se il trend degli ultimi anni va invertendosi: aumentano i cosiddetti
immigrati di seconda generazione, cioè coloro che pur avendo entrambi i
genitori stranieri sono tuttavia nati in Italia e quindi si presume abbiano
minori problemi di integrazione soprattutto sul piano linguistico
17
All‟opposto, è minima la percentuale di alunni stranieri di recente
immigrazione, cioè entrati per la prima volta nel nostro sistema scolastico:
siamo mediamente sotto il 10%.
La distribuzione degli studenti stranieri è molto varia anche in relazione al
territorio. Dove le occasioni di lavoro sono maggiori si registra una
maggiore presenza di immigrati (e quindi di alunni stranieri nelle scuole).
Di conseguenza, abbiamo oggi una dinamica demografica molto diversa da
quella di appena dieci anni fa, con le aree del Nord, in cui la popolazione
cresce grazie proprio alla presenza di immigrati e le regioni meridionali
dove si è ormai invertito il trend demografico positivo degli anni scorsi e la
popolazione va diminuendo. Gli effetti sono evidenti anche sulla scuola e
sugli organici degli insegnanti.
La distribuzione territoriale degli stranieri è molto varia anche in relazione
ai Paesi di provenienza: le statistiche ci dicono che le maggiori percentuali
di immigrati sono di origine rumena, albanese e marocchina, ma
ovviamente ogni territorio presenta un quadro diverso.
Il numero elevato di alunni stranieri rappresenta, dunque, per la scuola una
forte sfida pedagogica, culturale ed organizzativa stimolante, ma
impegnativa per la complessità dei fattori che entrano in gioco.
Il Libro Verde - Migrazione e mobilità: le sfide e le opportunità per i
sistemi d‟istruzione europei del 2008 mette in evidenza una serie di
situazioni – vissute dai migranti e dalle loro famiglie - e le loro possibili
ripercussioni sul piano educativo: la perdita di valore delle conoscenze
pregresse, riguardanti soprattutto la loro lingua madre, ma anche il
funzionamento delle istituzioni e dei sistemi educativi e scolastici; la
difficoltà di padroneggiare la lingua d'insegnamento, condizione
imprescindibile del successo scolastico; il livello di istruzione e di potere
decisionale delle donne, spesso figlie di sistemi culturali che rivestono
poche aspettative nei loro riguardi; la precaria situazione socioeconomica
della comunità migrante; la forte tendenza alla segregazione presente in
alcuni contesti: “gli allievi figli di migranti sono spesso concentrati in
scuole che sono di fatto isolate e la richiesta di scuole differenziate da
parte delle famiglie”; i non rari “sistemi di raggruppamento o di
orientamento (tracking) degli alunni secondo le loro attitudini”, che
18
orientano quote elevate di figli d'immigrati verso corsi di studio meno
impegnativi.
Da questi fattori derivano alcune conseguenze-sintesi sul piano scolastico:
molti figli di migranti soffrono di handicap scolastico; gli alunni migranti
risultano spesso meno scolarizzati; riguardo alla scuola secondaria, gli
alunni migranti sono sovra rappresentati negli istituti professionali;
l'abbandono scolastico è più frequente tra gli alunni migranti; le differenze
di risultati si aggravano dagli alunni immigrati di prima generazione a
quelli di seconda generazione; la bassa qualità del livello d'istruzione
rischia di incrementare l‟esclusione sociale.
Alcuni dei rischi sono più strettamente legati ad un modo di fare scuola che
non si basi su attente riflessioni nella costruzione di un curricolo che sia
effettivamente interculturale: una “concezione culturalista” che irrigidisce
l‟appartenenza etnica, stigmatizzando comportamenti e scelte;
l‟oggettivizzazione, la decontestualizzazione, la folklorizzazione delle
culture; la creazione di “gabbie etnico/etno culturali” attraverso forme di
segregazione; i pregiudizi e gli stereotipi, che rappresentano gli altri nella
forma di cliché ripetitivi; le forme di etnocentrismo – in sintesi, la
costruzione dell‟altro come nemico – che possono provocare xenofobia e
razzismo, specialmente nelle forme dell‟ antisemitismo, dell‟islamofobia,
dell‟antiziganismo.
La strada dell’ Educazione Interculturale
La scuola deve, dunque, essere consapevole del suo ruolo essenziale di
accoglienza, di incontro inteso come confronto e scambio tra culture con la
duplice funzione di accogliere e di integrare gli alunni stranieri
valorizzandone la lingua e la cultura di origine e nello stesso tempo di
promuovere una cultura del dialogo e della reciprocità.
In tal senso l’Educazione Interculturale si presenta, appunto, come
elemento trasversale ad ogni sapere. L‟educazione interculturale si basa su
una logica differente dall‟assimilazione, presentandosi piuttosto come un
processo biunivoco e come cultura del dialogo e della reciprocità
trasversale ad ogni sapere.
La pedagogia interculturale parte dalla convinzione, suffragata dalle
riflessioni sociologiche e antropologiche, che l'interazione tra le culture è
un dato di fatto entro il quale la ragione deve prevalere sul caso. Ragione
che, in linguaggio pedagogico, significa mediazione e fiducia nelle
19
possibilità che ciascuno possa imparare a conoscere il mondo dell'altro, a
comprenderne punti di vista e modi di essere differenti. La pedagogia è
sempre, in generale, una forma di mediazione: lo è ancora di più quando si
fa interculturale. Esiste, dunque, una distanza tra la pedagogia
compensativa (dalla quale comunque quella interculturale si origina) e la
pedagogia interculturale ; non per questo, l'una deve dissociarsi dall'altra.
Nelle politiche educative e scolastiche di molti paesi europei si è proceduto
infatti mantenendo un'articolazione tra i due indirizzi pedagogici, perché
l'alunno immigrato che non viene aiutato nei suoi bisogni specifici - di
accoglienza, attenzioni didattiche e linguistiche - non sarà in grado di
stabilire relazioni, comunicare la sua storia, capire e essere capito. Le
culture possono incontrarsi in classe e altrove, se i soggetti sono messi nella
condizione di poter disporre di capacità comunicative adeguate; il cui
apprendimento richiede la messa in atto di dispositivi in grado di ridurre il
più rapidamente possibile le distanze e i disequilibri. In secondo luogo, la
pedagogia compensativa è però insufficiente a realizzare quell'obiettivo che
i più recenti programmi di pedagogia interculturale auspicano. Esso
consiste nella promozione scolastica ed extra-scolastica di iniziative e di
azioni diffuse di formazione interculturale. Prospettiva che mira alla
costruzione di nuovi modi di essere e di pensare rivolti a tutti, e non più
soltanto, come nella versione compensativa, a chi è straniero. La pedagogia
interculturale - che negli anni passati ha oscillato tra il polo della difesa
delle differenze e delle specificità culturali e il polo dell'adattamento e
dell'integrazione - trova qui una sintesi importante che si esprime
soprattutto in due constatazioni.
La C.M. 205/1990 tratta per la prima volta congiuntamente i temi
dell'inserimento degli alunni stranieri nella scuola e dell'educazione
interculturale e nello stesso tempo poneva il tema dell'educazione
interculturale per tutti: “La realtà della presenza di stranieri, così come
delineata, rende di particolare attualità una nuova e mirata attenzione della
scuola alle tematiche connesse all'educazione interculturale quale
condizione strutturale della società multiculturale. Il compito educativo, in
questo tipo di società, assume il carattere specifico di mediazione fra le
diverse culture di cui sono portatori gli alunni: mediazione non riduttiva
degli apporti culturali diversi, bensì animatrice di un continuo, produttivo
confronto fra differenti modelli.” Ed ancora “L'educazione interculturale -
si osserva - avvalora il significato di democrazia, considerato che la
"diversità culturale" va pensata quale risorsa positiva per i complessi
20
processi di crescita della società e delle persone. Pertanto l'obiettivo
primario dell'educazione interculturale si delinea come promozione delle
capacità di convivenza costruttiva in un tessuto culturale e sociale
multiforme. Essa comporta non solo l'accettazione ed il rispetto del diverso,
ma anche il riconoscimento della sua identità culturale, nella quotidiana
ricerca di dialogo, di comprensione e di collaborazione, in una prospettiva
di reciproco arricchimento. E' qui da sottolineare che l'educazione
interculturale, pur attivando un processo di acculturazione, valorizza le
diverse culture di appartenenza. Compito assai impegnativo, perché la pur
necessaria acculturazione non può essere ancorata a pregiudizi etnocentrici.
I modelli della "cultura occidentale", ad esempio, non possono essere
ritenuti come valori paradigmatici e perciò non debbono essere proposti
agli alunni come fattori di conformizzazione. Ogni intervento che si colloca
su questo piano tende così, anche in assenza di alunni stranieri e nella
trattazione delle varie discipline, a prevenire il formarsi di stereotipi e
pregiudizi nei confronti di persone e culture ed a superare ogni forma di
visione etnocentrica, realizzando un'azione educativa che sostanzia i diritti
umani attraverso la comprensione e la cooperazione fra i popoli nella
comune aspirazione allo sviluppo e alla pace. Può essere opportuno
ricordare che nei documenti programmatici dei diversi ordini scolastici
sono presenti numerose indicazioni in materia”.
La C.M. 73/1994 delinea un quadro di ampio respiro dove si ragiona in
termini di società multiculturale, di prevenzione del razzismo e
dell'antisemitismo, dell'Europa e del pianeta. Si introducono concetti quali
il "clima relazionale" e la promozione del dialogo, si forniscono indicazioni
sulla valenza interculturale di tutte le discipline e delle attività
interdisciplinari. E proprio in rapporto al tema della convivenza
democratica, l'educazione interculturale si esplica nell'attività quotidiana
dei docenti, sulla base di una rinnovata professionalità e si sviluppa in un
impegno progettuale e organizzativo fondato sulla collaborazione e sulla
partecipazione.
Collegamenti utili anche in funzione interculturale possono essere
sviluppati tra gli insegnamenti relativi a tutto l‟asse dei linguaggi.
L'elaborazione di progetti interdisciplinari consente un ampliamento di
prospettive e una convalida del discorso interculturale con un approccio a
più voci, coinvolgente per gli alunni.
Ciò' vuol dire non solo scambiare informazioni, ma vivere e far vivere
esperienze, attivare un continuo confronto non solo tra gli operatori della
scuola, ma anche tra i soggetti impegnati nei servizi di territorio o investiti
di responsabilità sociali. La collaborazione con l'extra-scuola si può'
utilmente indirizzare, oltre che agli enti locali, agli organismi non
governativi, alle associazioni di volontariato e alle comunità straniere. I
21
soggetti e le modalità di collaborazione variano in funzione degli ambiti di
intervento e assumono particolare rilievo per le attività di integrazione
degli alunni stranieri.
Il Documento di indirizzo del 2007 da parte del Miur a firma Fioroni “La
via italiana per la scuola interculturale e l‟integrazione degli alunni stranieri
Osservatorio nazionale per l‟integrazione degli alunni stranieri e per
l‟educazione interculturale” Ritiene come ineludibile l‟educazione
interculturale suggerendo l‟introduzione di uno spazio curricolare
specifico, concepito nella forma di una nuova educazione alla cittadinanza;
è infatti in un ambito di questo tipo che potranno essere integrati gli aspetti
più propriamente interculturali. Come direzione più valida viene indicata,
in sintesi, un‟educazione alla cittadinanza che comprenda la dimensione
interculturale e si dia come obiettivi l‟apertura, l‟uguaglianza e la coesione
sociale.” Istanza quest‟ultima che è stata recepita dalla sia dalle Indicazioni
nazionali per il primo ciclo di istruzione che dalle Linee Guida per i
percorsi liceali e per i percorsi di istruzione tecnica e professionale.
La legge n. 92 del 20 agosto 2019 ha introdotto l‟Educazione Civica
obbligatoria in tutti gli ordini di scuola a partire dall‟anno scolastico
2020/2021 : un curricolo di almeno 33 ore annue valutato come una
disciplina a parte anche se svolto in forma trasversale attraverso una scelta
didattico/educativa o didattico/disciplinare, con l‟introduzione di una nuova
materia insegnata a più voci e valutata con meccanismi anche complessi e
di tipo misurativo/docimologico da più docenti. Le Indicazione per il
Curricolo e Le Linee Guida costituiscono il testo di riferimento per i
contenuti dell‟educazione civica come individuati dalla legge, essendo
strumenti aperti che le istituzioni scolastiche sono chiamate a declinare
all‟interno del proprio curricolo.
Integrazione, inclusione e successo formativo degli alunni stranieri
In senso più ampio la presenza di stranieri è una sfida per la scuola nel suo
complesso e per le singole scuole in autonomia, ad elaborare un curricolo
orientato ad assimilare nella maniera più ampia possibile la qualità e
l‟equità dell‟istruzione e della formazione secondo le sollecitazioni che ci
vengono in tal senso anche dall‟Europa.
22
Non sembra inopportuno partire ancora una volta dal dettato
Costituzionale, in particolare dall‟Art. 10 “L‟ordinamento giuridico italiano
si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in
conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale
sia impedito nel suo Paese l‟effettivo esercizio delle libertà democratiche
garantite dalla Costituzione Italiana, ha il diritto d‟asilo nel territorio della
Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
Dal dettato costituzionale deriva il riconoscimento di diritti e doveri per gli
stranieri e in particolare la Legge 40/1998 sancisce all‟art. 36
- il diritto dei minori all’istruzione addirittura come “obbligo
scolastico” cioè vincolante per regolari e non. Ad essi si applicano
tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all‟istruzione.
- che l'effettivita' del diritto allo studio e' garantita dallo Stato, dalle
Regioni e dagli enti locali e dalle Istituzioni Scolastiche, anche
mediante l'attivazione di appositi corsi ed iniziative per
l'apprendimento della lingua italiana.
- che le istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione
territoriale degli interventi, anche sulla base di convenzioni con le
Regioni e gli enti locali, promuovono:
a) l'accoglienza degli stranieri adulti regolarmente soggiornanti
mediante l'attivazione di corsi di alfabetizzazione nelle scuole
elementari e medie;
b) la realizzazione di un'offerta culturale valida per gli stranieri adulti
regolarmente soggiornanti che intendano conseguire il titolo di
studio della scuola dell'obbligo;
c) la predisposizione di percorsi integrativi degli studi sostenuti nel
Paese di provenienza al fine del conseguimento del titolo
dell'obbligo o del diploma di scuola secondaria superiore;
d) la realizzazione ed attuazione di corsi di lingua italiana;
e) la realizzazione di corsi di formazione, anche nel quadro di
accordi di collaborazione internazionale in vigore per l'Italia.
Il DPR 394/1999, Regolamento di attuazione della Legge 40 /1998
disciplina l‟iscrizione degli alunni stranieri:
23
- I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto
all'istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in
ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i
cittadini italiani. Essi sono soggetti all'obbligo scolastico secondo le
disposizioni vigenti in materia. L'iscrizione dei minori stranieri nelle
scuole italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle
condizioni previsti per i minori italiani.
- Essa puo' essere richiesta in qualunque periodo dell'anno scolastico. I
minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in
possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con
riserva. L'iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei
titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordine e
grado.
- I minori stranieri soggetti all'obbligo scolastico vengono iscritti alla
classe corrispondente all'età anagrafica, salvo che il collegio dei
docenti deliberi l'iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto: a)
dell'ordinamento degli studi del Paese di provenienza dell'alunno,
che puo' determinare l'iscrizione ad una classe, immediatamente
inferiore o superiore rispetto a quella corrispondente all'eta'
anagrafica; b) dell'accertamento di competenze, abilita' e livelli di
preparazione dell'alunno: c) del corso di studi eventualmente seguito
dall'alunno nel Paese di provenienza: d) del titolo di studio
eventualmente posseduto dall'alunno.
Regolamenta, inoltre, la costruzione di specifici percorsi di insegnamento:
Il collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei
singoli alunni stranieri il necessario adattamento dei programmi di
insegnamento, allo scopo possono essere adottati:
- specifici interventi individualizzati - ad esempio attraverso la
redazione di un PDP piano di studio personalizzato - o per gruppi di
alunni per facilitare l'apprendimento della lingua italiana,
utilizzando, ove possibile, le risorse professionali della scuola.
- Il consolidamento della conoscenza e della pratica della lingua
italiana puo' essere realizzata altresi' mediante l'attivazione di corsi
intensivi di lingua italiana sulla base di specifici progetti, anche
nell'ambito delle attivita' aggiuntive di insegnamento per
l'arricchimento dell'offerta formativa.
24
Sottolinea l’obbligo da parte dell’Istituzione scolastica di un piano di
comunicazione con le famiglie degli alunni stranieri:
- Il collegio dei docenti formula proposte in ordine ai criteri e alle
modalità per la comunicazione tra la scuola e le famiglie degli alunni
stranieri. Ove necessario, anche attraverso intese con l'ente locale,
l'istituzione scolastica si avvale dell'opera di mediatori culturali
qualificati.
IL MEDIATORE LINGUISTICO E CULTURALE
La legge n. 40 del 6 marzo 1998 e la L. 189 del 30 luglio 2002 fanno
esplicitamente riferimento a questa figura professionale: “lo Stato, le
Regioni, le Province e i Comuni nell‟ambito delle proprie competenze
favoriscono la realizzazione di convenzioni con associazioni per l‟impiego,
all‟interno delle proprie strutture, di stranieri titolari di carta di soggiorno o
di permesso di soggiorno di durata non inferiore a due anni, in qualità di
mediatori interculturali, al fine di agevolare i rapporti tra le singole
amministrazioni e gli stranieri appartenenti ai diversi gruppi etnici,
nazionali, linguistici e religiosi” (Legge n. 40/98, art. 40, comma 1)
Il mediatore culturale:
 accompagna l‟allievo straniero nel suo nuovo percorso scolastico,
agevolandolo ed aiutandolo ad orientarsi all‟interno della
complessità del nuovo sistema culturale;
 svolge inoltre un‟azione di collegamento tra le componenti scuola -
famiglia, facilitando il dialogo ed i rapporti da un punto di vista
linguistico – culturale fra le famiglie degli studenti immigrati e i
docenti;
 facilita l‟integrazione socio – culturale dell‟alunno in classe,
collaborando ai progetti di educazione interculturale.
I “quattro ambiti di intervento” (tratti dalle “Linee Guida per
l‟accoglienza e l‟integrazione degli alunni stranieri”- C.M. n. 24 del
1/3/2006), in cui il mediatore linguistico – culturale può collaborare con
la scuola sono:
 accoglienza, con attività di tutoraggio e facilitazione della
comunicazione tra la scuola e gli allievi neo arrivati e le rispettive
famiglie;
 mediazione nei confronti degli insegnanti, fornendo loro
informazioni sulla scuola nei paesi di origine, sulle competenze, la
25
storia scolastica e personale del singolo alunno;
 interpretariato e traduzione di avvisi, messaggi, documenti orali e
scritti rivolti alle famiglie e di assistenza e mediazione negli incontri
dei docenti con i genitori, soprattutto nei casi di particolare
problematicità;
 percorsi didattici di educazione interculturale, condotti nelle diverse
classi, che prevedano momenti di conoscenza e valorizzazione dei
Paesi, delle culture e delle lingue d‟origine.
Naturalmente la funzione di mediazione, nel suo insieme, è compito
generale e prioritario della scuola stessa, quale istituzione preposta alla
formazione culturale della totalità degli allievi nel contesto di territorio.
Successivamente con la CM n. 24 del 2006 “Linee guida per l‟accoglienza
e l‟integrazione degli alunni stranieri” e la Circolare n. 2 del 2010 il Miur
ha fornito indicazioni di carattere organizzativo e didattico al fine di
favorire l‟integrazione e la riuscita scolastica e formativa, ferma restando
l‟autonomia delle singole istituzioni scolastiche e la loro responsabilità.
Le Circolari si collocano in una fase in cui il nostro paese è passato
dall‟emergenza relativa all‟accoglienza alla fase di valutazione delle
esperienze realizzate e a quella di programmazione di interventi che
consentano di affrontare l‟integrazione degli stranieri in maniera strutturata.
La scuola della piena integrazione e di cui l‟educazione interculturale
rappresenta l‟orizzonte culturale curerà in particolare i seguenti aspetti:
1. L‟accoglienza. Il momento dell'accoglienza rappresenta il primo
contatto dell'alunno e della famiglia straniera con la comunità scolastica.
L'organizzazione dell'accoglienza deve tener presente molteplici aspetti:
amministrativo, educativo didattico, comunicativo - relazionale.
L‟area amministrativa è relativa all‟iscrizione (Le iscrizioni possono essere
richieste in qualsiasi momento dell‟anno scolastico. Gli alunni privi di
documentazione anagrafica o in posizione di irregolarità, vengono iscritti
con riserva in attesa della regolarizzazione. L'iscrizione con riserva non
pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle
scuole di ogni ordine e grado. L´iscrizione scolastica con riserva non
costituisce un requisito per la regolarizzazione della presenza sul territorio
italiano, né per il minore, né per i genitori) ; alla documentazione (All‟atto
dell‟iscrizione, deve essere compilata la domanda di iscrizione predisposta
dall‟istituto e devono essere richiesti i documenti appresso elencati:
26
permesso di soggiorno e documenti anagrafici, documenti sanitari,
documenti scolastici
L‟area comunicativa - relazionale è relativa all’ individuazione di figure
che si occupino del contatto con le famiglie quali ad esempio i mediatori
culturali e della messa a punto di strumenti quali opuscoli , ecc che
facilitino la comunicazione e l‟orientamento.
L‟area educativa - didattica è relativa all‟accertamento delle competenze e
delle abilità dell’alunno per un sereno e proficuo ingresso dell‟alunno a
scuola e per definire l‟assegnazione alla classe.
2. L‟integrazione linguistica. Uno degli obiettivi prioritari nell‟integrazione
degli alunni stranieri è quello di promuovere l‟acquisizione di una buona
competenza nell‟italiano scritto e parlato, nelle forme ricettive e produttive,
per assicurare uno dei principali fattori di successo scolastico e di
inclusione sociale. Gli alunni stranieri, al momento del loro arrivo, si
devono confrontare con due diverse strumentalità linguistiche: la lingua
italiana del contesto concreto, indispensabile per comunicare nella vita
quotidiana (la lingua per comunicare); la lingua italiana specifica,
necessaria per comprendere ed esprimere concetti, sviluppare
l‟apprendimento delle diverse discipline e una riflessione sulla lingua stessa
(la lingua dello studio). L‟apprendimento e lo sviluppo della lingua italiana
come seconda lingua deve essere al centro dell‟azione didattica.
Nella fase iniziale ci si può valere di strumenti e figure di facilitazione
linguistica (cartelloni, alfabetieri, carte geografiche, testi semplificati,
strumenti audiovisivi o multimediali, ecc.) promuovendo la capacità
dell‟alunno di sviluppare la lingua per comunicare. Una volta superata
questa fase, va prestata particolare attenzione all‟apprendimento della
lingua per lo studio perché rappresenta il principale ostacolo per
l‟apprendimento delle varie discipline: in questa fase la scuola attiverà una
specifica progettazione prevedendo: moduli intensivi, laboratori linguistici,
percorsi personalizzati.
3. L‟assetto organizzativo. L‟istituzione scolastica tutta partecipa al
processo di integrazione:
- i Docenti curano la formazione sia sulla specifica normativa, che su
alcuni temi come ad esempio l‟apprendimento dell‟italiano come L2
anche al fine di promuovere approcci didattici interdisciplinari e
27
prassi didattiche che accolgano la diversità e che siano considerate
didattiche di qualità per tutti gli alunni, piuttosto che per specifici
gruppi di alunni;
- il Referente per l’Inclusione e la Commissione Intercultura o
Accoglienza curano l‟elaborazione e l‟attuazione di un Protocollo di
accoglienza e di un Piano di attività annuale per l‟accoglienza e
l‟inserimento degli alunni stranieri;
- i Consigli di classe elaborano il Piano Educativo Personalizzato per
il singolo alunno;
- Il Gruppo di lavoro per l’inclusione cura: la rilevazione dei BES
presenti nella scuola; la raccolta e documentazione degli interventi
didattico-educativi posti in essere anche in funzione di azioni di
apprendimento organizzativo in rete tra scuole e/o in rapporto con
azioni strategiche dell‟Amministrazione; focus/confronto sui casi,
consulenza e supporto ai colleghi sulle strategie/metodologie di
gestione delle classi; la rilevazione, il monitoraggio e la valutazione
del livello di inclusività della scuola; la raccolta e il coordinamento
delle proposte formulate dai singoli GLH Operativi sulla base delle
effettive esigenze; l‟ elaborazione di una proposta di Piano Annuale
per l‟Inclusività riferita a tutti gli alunni con BES, da redigere al
termine di ogni anno scolastico (entro il mese di Giugno); costituisce
l‟interfaccia della rete dei CTS e dei servizi sociali e sanitari
territoriali per l‟implementazione di azioni di sistema (formazione,
tutoraggio, progetti di prevenzione, monitoraggio, ecc.).
- Il Dirigente Scolastico cura il raccordo con gli enti, le istituzioni,
le associazioni operanti sul territorio per la promozione del
processo di integrazione ; attiva specifiche azioni di raccordo con
scuole e enti per promuovere l’orientamento e la continuità;
attiva reti di scuola per il coordinamento delle attività volte a
promuovere l’inclusione; promuove le necessarie azioni di
monitoraggio, verifica e valutazione dei processi attivati.
4. Le metodologie e gli strumenti. A partire dai livelli di competenza del
singolo alunno straniero viene redatto il Piano educativo Personalizzato -
PEP che può prevedere una didattica personalizzata con interventi
individualizzati o per gruppi di alunni, con l‟indicazione delle risorse
economiche (fondo di istituto, fondi ministeriali, finanziamenti europei,
28
ecc), degli spazi di autonomia organizzativa e degli strumenti specifici
quali libri di testo e materiali multilingue e multiculturali.

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Modulo 3. c lo svantaggio gli alunni stranieri

  • 1. 1 Corso di formazione “EDUCATORE, CONTESTO SCUOLA E FAMIGLIE – NORMATIVE, RELAZIONI E ATTIVITA’ ” Modulo 3. C “Allievi in situazione di svantaggio socio-economico, linguistico, culturale e psicologico” “Gli alunni stranieri” Docente Prof.ssa Silvia Rosati
  • 2. 2 Allievi in situazione di svantaggio socio-economico, linguistico, culturale e psicologico Normativa di riferimento - Direttiva MIUR del 27 Dicembre 2012 “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l‟inclusione scolastica” - C.M. n.8 del 6 marzo 2013 “Indicazioni operative per la Direttiva” del 27 Dicembre 2012 sui Bisogni educativi speciali. - Legge 107/2015 all‟ art. 1, c. 93 - Il D Lgs 66/2017 “Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato”, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera i), della legge 13 luglio 2015, n. 107 Premessa La scuola “aperta a tutti” è tenuta ad affrontare le situazioni di svantaggio socio-economico e culturale considerate nella misura in cui costituiscono un ostacolo per lo sviluppo cognitivo, affettivo, relazionale, sociale dell‟alunno e generano scarso funzionamento adattivo, con conseguente peggioramento della sua immagine. L‟alunno coinvolto in una situazione di svantaggio socio-economico, linguistico, culturale o psicologico, infatti, vive un‟esperienza personale di fragilità emotiva e psicologica che condiziona le sue relazioni con l‟ambiente, i contesti e le persone e che può manifestarsi in un disagio scolastico. Per questi tipi di bisogni non esiste una certificazione psicologica e/o medica ufficiale. Senza una certificazione ufficiale non possono essere seguiti dagli insegnanti di sostegno e vivono quindi il “ tempo scuola” con molte difficoltà reali e quasi nulle possibilità di riscatto. La scuola è chiamata all‟individuazione dello svantaggio sulla base di elementi oggettivi (ad esempio: una segnalazione dei Servizi Sociali) oppure di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico, scaturite da attenta osservazione effettuata dal Consiglio di Classe che può tener conto anche
  • 3. 3 di valutazioni negative reiterate sia nella sfera didattica che relazionale. La scuola, pertanto, è chiamata a rispondere in modo puntuale e non approssimativo ai bisogni peculiari di questi alunni. Le situazioni di svantaggio Lo svantaggio si connota etiologicamente come svantaggio socio- economico, linguistico e culturale o come svantaggio comportamentale, a seconda del prevalere di uno degli aspetti problematici all‟origine del Bisogno educativo speciale. La situazione “di svantaggio e deprivazione socio economico e culturale” riguarda gli alunni che sono cresciuti in situazioni familiari e sociali povere, marginali, in contesti degradati, alunni stranieri neo arrivati in Italia o che non hanno ancora acquisito le adeguate competenze linguistiche. La loro vita non è stata ricca di occasioni informali di apprendimento, ancor meno di apprendimenti scolastici e così, questi alunni, partono svantaggiati; il loro bagaglio di competenze cognitive, metacognitive, linguistiche, sociali, ecc. è assai più ridotto, anche se non presentano deficit intellettivi o disturbi dell'apprendimento. La situazione di “disagio comportamentale e/o relazionale” riguarda alunni che vivono in una famiglia difficile e questo può voler dire multiproblematica e produttrice di patologie psichiatriche anche gravi, condotte antisociali così via; altre famiglie possono essere senza regole,
  • 4. 4 disorganizzate, possono indurre a valori e comportamenti divergenti rispetto all'istruzione e all'apprendimento. Altri alunni invece portano in sé alcune difficoltà psicologiche che però non sono ancora di gravità tali da giustificare pienamente una certificazione psicopatologica. Alcuni alunni presentano spesso comportamenti problematici, ad esempio aggressivi o distruttivi, non sopportano limiti, o usano l'aggressione per prevaricare i più deboli; non occorre qui ricordare il crescente fenomeno e la gravità sociale del “fenomeno bullismo” nelle scuole. I contesti problematici Le situazioni di svantaggio sono quindi riconducibili ad una condizione personale dell‟alunno:  Caratteristiche psicologiche generali del soggetto: bassa autostima, scarsa motivazione, inibizione affettiva; scarso controllo emotivo; ansia di separazione, bassa tolleranza della frustrazione  Scarso livello di conoscenza come povertà di contenuti cognitivi, carenti strutture cognitive inadeguati processi cognitivi stile di apprendimento poco funzionale ; al contesto familiare :  non tanto la condizione economica familiare, quanto invece fattori come il livello di istruzione dei genitori, la zona e le condizioni di residenza, la eventuale appartenenza a minoranze culturali/linguistiche, assenza di una valida rete di supporto alla famiglia  il clima, carenze affettive;  i valori proposti, l‟attenzione e interesse dei genitori verso le attività scolastiche del figli, atteggiamenti educativi inadeguati al contesto sociale :  la provenienza da aree economicamente povere;  l‟inadempienze territoriali e istituzionali;  emarginazione economica, geografica, politica;  cultura dell'indifferenza;  modelli socio-culturali violenti
  • 5. 5 Il disagio scolastico Le cause di disagio possono essere sfuggenti, intrecciate a fattori contestuali etnici, familiari o sociali vissuti come immodificabili e per questo è più difficile prendersene cura. Le complesse variabili psicologiche e socio-culturali all‟origine del disagio e il loro soggettivo intersecarsi con la storia personale del ragazzo rendono difficile arrivare ad una definizione univoca e statica del disagio in generale, tanto che sarebbe più opportuno parlare di disagi. Imprevedibili, inoltre, sono le modalità con cui ciascun soggetto manifesterà il suo disagio, in una vasta gamma di situazioni che vanno dal malessere tutto interiore e silenzioso al comportamento eclatante, disturbato e disturbante. Il disagio scolastico è un aspetto del disagio giovanile e si manifesta con varie modalità, dalle difficoltà di apprendimento, basso rendimento rispetto alle reali capacità del soggetto, assenteismo, disaffezione, abbandono scolastico fino a problematiche comportamentali quali difficoltà di attenzione e concentrazione, l‟iperattività motoria, la scarsa tolleranza delle frustrazioni, i fenomeni di prepotenza e bullismo. In tutti questi casi abbiamo alunni con normali capacità di apprendimento che però sono ostacolati da una scarsa dotazione di mezzi di apprendimento e il loro percorso scolastico è destinato al fallimento: dall‟insuccesso scolastico, all‟abbandono o dispersione scolastica, all‟evasione scolastica. Per evasione scolastica si intende l‟inadempienza perseguibile delle famiglie a garantire l‟obbligo di istruzione per almeno 10 anni ( Legge finanziaria 2007 del 21/12/2006, Decreto Legislativo 139/07 sull‟innalzamento dell‟obbligo scolastico) . Con il termine evasione primaria si fa riferimento ai minori mai iscritti o mai frequentanti la scuola dell‟obbligo mentre l‟evasione secondaria riguarda l‟interruzione degli studi prima del 16esimo anno. E si distingue dall‟ abbandono scolastico che è l‟ interruzione degli studi senza ritiro formalizzato e senza conseguimento del titolo in soggetti non più in obbligo scolastico (maggiori di 16 anni di età).
  • 6. 6 Per abbandono scolastico o “dispersione scolastica” si intende quindi l‟anomalia dei processi di formazione che è determinata dall‟effetto dei soggetti che abbandonano il percorso scolastico e dall‟insufficiente capacità del sistema scolastico di rispondere con un‟adeguata offerta ai bisogni della popolazione in formazione. Il fenomeno dell‟abbandono scolastico precoce ,comunque coinvolge ampie fasce della popolazione e comporta una grave carenza delle competenze di base e delle qualifiche essenziali per una piena partecipazione nella società. L‟abbandono scolastico è presente nella nostra scuola in forme differenti sul piano dell‟osservabilità: da forme più esplicite ed evidenti a forme più sommerse. Nel primo gruppo rientrano tutte le manifestazioni che comportano una interruzione degli studi come risultato dell‟impossibilità di proseguire, dei ripetuti fallimenti sul piano del rendimento, di un rifiuto nei confronti di una realtà fonte di emozioni negative e frustranti, oppure frutto di una scelta più o meno razionale e più o meno condivisa tra genitori e figli C‟è poi la realtà dell‟abbandono non accompagnato dall‟atto manifesto di lasciare la scuola ma caratterizzata da un disimpegno e disinvestimento. Si tratta di una realtà che ingloba altre forme di non frequenza scolastica: evasione, assenteismo, rendimento inferiore alle reali capacità di apprendimento, disaffezione, insuccesso e dispersione, fino a legarsi a aspetti più specifici della vita sociale quali le condotte a rischio In questi ultimi casi si parla piuttosto di insuccesso scolastico fenomeno multiforme, sotteso spesso a quello di dispersione scolastica cui in parte si sovrappone Le misure da mettere in campo Il disagio scolastico sia che si traduca in abbandono che nel semplice insuccesso è una problematica multiforme e multi - dimensionale, avendo come fattori in gioco il singolo, il singolo nel gruppo dei pari e nel mondo del lavoro e le Istituzioni, che agiscono tenendo o meno conto di variabili di tipo economico, giuridico, sociale e culturale. … non solo scuola, ma lavoro e partecipazione attiva
  • 7. 7 La mortalità scolastica in Italia ha dimensioni rilevanti se paragonata ai Paesi membri della Comunità Europea e dell‟area OCSE. Si aggiunga che la chiave di lettura nazionale solitamente circoscrive il fenomeno agli anni di età scolare, mentre l‟indicatore europeo, essendo riferito ai 18-24enni, quantifica l‟interruzione precoce degli studi sia di tipo scolastico sia formativo della popolazione ormai fuori dal sistema. Ciò mette in evidenza che non sono sufficienti politiche tese ad assicurare la possibilità ad ogni minore di intraprendere e compiere con successo un percorso di formazione, ma la certezza che questi cammini termineranno con successo al fine di ottenere competenze e attestazioni spendibili sul mercato del lavoro che permetta all‟individuo la propria realizzazione personale. La maggiore permanenza degli alunni nella formazione di base significa quindi anche progettare e realizzare adeguate attività di orientamento e di consolidamento delle scelte, personalizzare gli interventi educativi, porre le basi per realizzare un più equilibrato rapporto tra scuola, formazione e lavoro. Si aggiunga che attraverso la riforma attuata dalla legge n. 144 del 1999 prima, e in seguito dalla Legge 53 del 2003, è stato possibile costruire percorsi alternativi per gli studenti in età di obbligo formativo dove, oltre all‟istruzione vi è la possibilità di una formazione professionale e di un apprendistato in azienda. Fatte queste premesse non stupisce quindi quanto il fenomeno della dispersione scolastica sia da diversi anni al centro dell‟attenzione sia della ricerca scolastica, che degli operatori impegnati sul campo. La prima mira ad individuarne tassi di crescita e possibili cause, i secondi sono impegnati a limitarne l‟aumento o quantomeno a mantenere i livelli entro limiti accettabili. Come si è detto il disagio giovanile e quello scolastico strettamente connesso dipendono da alcuni fattori di rischio sui quali è necessario andare ad agire a vari livelli.  Il primo passo deve essere una attenta osservazione: saper riconoscere il disagio e saper riconoscere le situazioni a rischio di disagio. La dispersione scolastica è un processo complesso che si struttura nel tempo attraverso il ripetersi e/o il sommarsi di diversi fenomeni
  • 8. 8 che vanno letti come indicatori di rischio sui quali attivare attenzione ed ascolto. Tra questi vanno ricordati: - i frequenti trasferimenti e cambiamenti di sede; - i ritardi, le assenze ripetute e la frequenza irregolare ; - le difficoltà di adattamento alle regole, alle richieste e agli orari dell‟istituzione scolastica ; - le difficoltà di relazione dei ragazzi con i pari e con gli insegnanti ; - le difficoltà di collaborazione con le famiglie ; - la scarsa partecipazione, il disinteresse, la bassa motivazione dei ragazzi in classe ; - le difficoltà d‟apprendimento, il basso rendimento, l‟accumulo di insuccessi ; le bocciature e le ripetenze ; - la disomogeneità anagrafica coi pari  Il secondo passo è intervenire sui fattori di contesto che risultano incidere negativamente sul disagio. - La continuità educativa è un aspetto fondamentale per un‟ azione preventiva che voglia essere realmente efficace. Il momento del passaggio da un ciclo di sudi all‟altro comporta un certo grado di problematicità, soprattutto in un momento particolare quale la preadolescenza/adolescenza, in quanto un tale passaggio si configura come esperienza di ristrutturazione del proprio ruolo, delle proprie competenze e abilità. Statisticamente le difficoltà che i ragazzi incontrano in questo passaggio sono in primo luogo legate alla relazione con gli insegnanti, poi al metodo di studio, al cambiamento del gruppo classe, dell‟ambiente e delle regole della nuova organizzazione scolastica. La transizione fra cicli scolastici costituisce quindi una prova importante per il ragazzo, che può trarne rassicurazioni e buona autostima così come il contrario. La continuità educativa e scolastica ci permette inoltre di gestire in maniera coordinata e coerente eventuali situazioni di disagio emergenti. - L’assetto organizzativo dell’istituzione scolastica. Variazioni repentine nell‟organizzazione o viceversa incapacità di rispondere al cambiamento dei bisogni dell‟utenza; ambienti di apprendimento, clima di classe caratterizzato da scarsa comunicazione, curricoli
  • 9. 9 inadeguati, attività complementari e progettualità inefficaci incidono fortemente. - Una didattica non adeguata alla nostra epoca in un contesto comunicativo e relazionale in cui l‟IS gode di poca credibilità nel mondo esterno è destinato a non fare breccia negli studenti. Le scarse attese nei confronti dell‟insegnamento, che possono avere una ragione nelle aree illustrate poco sopra, innescano nel giovane comportamenti che mirano ad evitare la partecipazione ad attività scolastiche non predisponendo ad un rendimento adeguato alle proprie capacità. Quello che molti insegnanti definiscono con “svogliatezza”, in realtà è il sintomo più evidente di una problematica ben più profonda che si definisce come “sofferenza scolastica”. La scuola e le sue attività vengono viste come inutili, non in sintonia con i “saperi” che il giovane vorrebbe possedere e con le competenze che possono dare un risultato anche nella vita quotidiana. Un miglioramento delle cosiddette “life skills” o abilità di gestire gli eventi che faranno parte della vita del giovane con un‟educazione alla gestione e risoluzione dei problemi stimolando le competenze relazionali, la critica obiettiva e la progettualita‟ individuale, dovranno far parte delle “materie in classe” sin dai primi anni scolastici. - Lo stesso discorso vale per un clima di classe inadeguato. Rispetto ai coetanei non a rischio, è stata evidenziata nei soggetti a rischio, una bassa stima della propria capacità di controllo sugli eventi che avvengono all‟interno della scuola (compiti in classe, interrogazioni, ricerche, attività sportive e ricreative in genere) e quelli che avvengono al di fuori (amicizie, sport, attività ricreative). - Attenzione ad una progettualità inefficace . Peculiare dei ragazzi con bassa autostima ed alta presenza di comportamenti a rischio, è la quasi totale assenza di progettualità: il tempo libero viene dedicato ad attività dispersive, realizzate tassativamente al di fuori dalle mura domestiche eludendo consciamente qualsiasi controllo genitoriale. Uscire con gli amici, l‟uso di internet fuori casa e la sala giochi sono i passatempi preferiti. Questa sofferenza rappresenta un parametro che dovrebbe essere preso in considerazione per riconoscere i soggetti più a rischio di abbandono scolastico, ma soprattutto che
  • 10. 10 hanno a che vedere con una ricerca di altri spazi rispetto la scuola dove “imparare”. Talvolta questi spazi possono essere rappresentati da attività extrascolastiche. Appare evidente la necessità per gli operatori di offrire alternative valide e condivisibili dai giovani alla possibilità di abbandonare il “sistema scuola” prima del tempo. La parola chiave in merito a questa problematica dovrebbe essere “inclusione”. Non è solo il “rimanere a scuola” ad essere vitale, ma lo sviluppo di inclusione nel gruppo scuola e nel gruppo classe, con azioni sinergiche sia nella scuola che a livello extrascolastico atte a stimolare comportamenti di prosocialità in un clima stabile di qualitativi rapporti interpersonali. Il ragazzo che percepisce una esclusione sia dal mondo scolastico che da quello dei pari in formazione, attuerà condotte “di compenso”, e non tutte potrebbero rivelarsi salutari o valide. - Una politica integrata scuola- famiglia - agenzie formative ed enti istituzionali - mondo del lavoro. Altri momenti fondamentali per una efficace strategia preventiva sono lo sviluppo di un sistema di rete tra famiglia, scuola servizi e territorio per un coerente e integrato intervento rispetto alle problematiche giovanili generali e specifiche e lo sviluppo di un servizio psicopedagogico presente nella scuola. La dispersione, che abbiamo si configura non solo in rapporto all‟obbligo scolastico , ma a quello formativo e quindi coinvolge allora diversi enti formativi, dalla scuola alla formazione professionale fino al lavoro. Appare quindi necessario non solo valorizzare e potenziare i cosiddetti „fattori protettivi‟ all‟interno della comunità scolastica, ma creare sinergie d‟intervento fra operatori scolastici e giuridici aumentando la consapevolezza delle correlazioni del fenomeno. - Un sistema di monitoraggio efficace. A livello di scuola sarebbe auspicabile potersi servire di parametri atti a valutare il particolare “disagio scolastico”: indicatori, qualitativi e quantitativi comuni per una lettura rapida e precisa di essi. Sarebbe importante, inoltre che tali informazioni venissero diffuse prontamente alle Istituzioni scolastiche interessate al fine di sviluppare politiche di prevenzione di recupero degli alunni dispersi.
  • 11. 11 Le modalità operative La Circolare n. 8 del 6 marzo 2013 ha indicato le modalità operative di intervento. I Consigli di Classe dovranno segnalare gli alunni con Bisogni Educativi Speciali. Sono i Consigli di classe a decidere, anche in assenza di certificazione, dove è opportuna e necessaria l‟adozione della personalizzazione della didattica ed eventualmente di misure compensative o dispensative. Il percorso ipotizzato va esplicitato in un Piano Didattico Personalizzato, che è deliberato dal Consiglio di classe e sottoscritto da DS, docenti e famiglia. Il PDP deve tener conto dei bisogni specifici di ciascuno, prevedere misure, criteri e strategie di intervento, idonei al superamento delle difficoltà (con l‟adozione, se necessario, di strumenti compensativi e misure dispensative). Le misure dispensative dovranno avere carattere transitorio e si privilegeranno le strategie educative e didattiche aventi come obiettivo il successo formativo. I Consigli di classe (o i team docenti) devono monitorare l‟efficacia degli interventi.
  • 12. 12 In sede di Esami, devono essere fornite dal Consiglio di Classe utili e opportune indicazioni per consentire a tali alunni di sostenere adeguatamente l‟esame di Stato. La Commissione d‟esame, esaminati gli elementi forniti dal Consiglio di classe, tienefiin debita considerazione le specifiche situazioni soggettive, relative ai candidati con Bisogni Educativi Speciali (BES), per i quali sia stato redatto apposito Piano Didattico Personalizzato, in particolare, le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nell‟ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati. A tal fine il Consiglio di classe trasmette alla Commissione d‟esame il Piano Didattico Personalizzato. In ogni caso, per siffatte tipologie, non è prevista alcuna misura dispensativa in sede di esame, mentre è possibile concedere strumenti compensativi, in analogia a quanto previsto per alunni e studenti con DSA. Alcune notazioni Il Consiglio di Classe verbalizza la presa in carico di casi difficili, che possano essere riconosciuti come BES e formula un‟ipotesi di intervento coordinato inizialmente a breve termine (due mesi?) . Negli istituti
  • 13. 13 secondari, magari nomina un docente tutor, che si relaziona in particolare con la famiglia. Solo al termine del primo periodo formalizza, ove sia necessario, il riconoscimento di BES, ricordando che si deve trattare di una grave difficoltà di apprendimento, sia pure temporanea, che la famiglia deve a sua volta riconoscere e che ciò implica un piano di intervento su cui si impegna l‟intero gruppo docenti e che la famiglia accetta, sottoscrivendolo. I docenti devono collaborare all'individuazione dei percorsi didattici adatti ad ogni singolo caso; concordare ed attuare una linea educativa comune che concorra al recupero della motivazione allo studio; attuare strategie comuni per rendere proficuo e non discriminante l'intervento di aiuto. La motivazione ad apprendere degli alunni può essere stimolata in ambienti psicologicamente sicuri, protetti e di supporto, caratterizzati da rapporti umani positivi, di fiducia reciproca e rispetto, con adulti che dimostrino un interessamento profondamente sincero e in grado di cogliere le potenzialità personali di ogni alunno. Si procederà ad una migliore conoscenza diretta dell'alunno anche tramite i suoi genitori; all‟ individuazione dei suoi bisogni educativi essenziali e alla ricerca delle cause del suo disagio; a favorire l'empatia e promuovere la relazione emotivo/affettiva; sviluppare percorsi didattici individuali; intervenire nel processo di apprendimento, favorire e promuovere la motivazione allo studio; promuovere l'interiorizzazione delle regole (norme di comportamento e di convivenza civile); favorire la capacità di relazione con i pari e con gli adulti. I punti di forza del progetto dovrebbero essere : la buona collaborazione e l'unità di intenti con i Docenti ; la conoscenza multidisciplinare di percorsi didattici integrati ; la cura e l'attenzione rivolta ad ogni alunno nella sua totalità; la scoperta di competenze diverse da quelle esplicitamente richieste dalla scuola l'individuazione di problematiche di apprendimento non ancora riconosciute; l'opportunità di nascita di un sentimento di fiducia e positività nei confronti della Scuola e delle persone che ne fanno parte. Punti di criticità potrebbero essere: l'eventuale mancata collaborazione o l'opposizione da parte di alcuni docenti ;
  • 14. 14 il mancato riconoscimento, da parte della famiglia della validità dell'intervento educativo/didattico; la proposta e la promozione, da parte della famiglia stessa, di percorsi lavorativi precoci .
  • 15. 15 Gli alunni stranieri Normativa di riferimento - CM 301 del 1989 sull‟ “Inserimento degli stranieri nella scuola dell‟obbligo” (stranieri) - CM 205 del 1990 “La scuola dell‟obbligo e gli alunni stranieri” - CM n. 73 del 1994 sul “Dialogo interculturale e sulla convivenza democratica” - Legge 40 /98 "Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero." - DLgs 286/1998 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell‟immigrazione e norme sulla condizione dello straniero - DPR 394/99 Regolamento recante norme di attuazione del DLgs 286/1998 che fornisce ad esempio specifici criteri e indicazioni per l‟istruzione e l‟inserimento degli alunni con cittadinanza straniera. - Legge 189/2002 Legge Bossi – Fini sull‟immigrazione di fatto ha confermato le procedure di accoglienza degli alunni stranieri (stranieri). - CM 24 del 2006 “Linee guida per l‟accoglienza e l‟integrazione degli alunni stranieri” - Documento di indirizzo del 2007 da parte del Miur a firma Fioroni “La via italiana per la scuola interculturale e l‟integrazione degli alunni stranieri Osservatorio nazionale per l‟integrazione degli alunni stranieri e per l‟educazione interculturale” - Circolare Ministeriale n.2 del 2010 “Indicazioni e raccomandazioni per l‟integrazione di alunni con cittadinanza non italiana” - Circolare Ministeriale 4233 del 2014 “Linee guida per l‟accoglienza e l‟integrazione degli alunni stranieri” … valutazione degli alunni stranieri - Circolare Ministeriale 28/2007 Esame di Stato conclusivo del I ciclo . Si suggerisce di “tener conto del percorso di studi dell‟alunno straniero, della scarsa conoscenza della lingua italiana e della complessiva maturazione raggiunta”.
  • 16. 16 - Circolare Ministeriale 32/2009 Esame di Stato conclusivo del I ciclo. “Le prove di italiano sono calibrate in modo da consentire alla valutazione degli allievi di lingua madre non italiana requisiti di affidabilità e comparabilità della valutazione. - DPR 122/2009 Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori modalita' applicative in materia, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169. Art.1 comma 9 “ I minori con cittadinanza non italiana sono valutati nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani” , dunque la normativa si è evoluta nel senso di una maggiore severità nei confronti della valutazione degli stranieri al fine di garantire degli standard di valutazione. Il contesto A partire dalla fine degli anni ‟80 la scuola italiana ha perseguito la strada dell‟integrazione degli alunni stranieri e dell‟educazione interculturale con la piena affermazione del loro diritto allo studio e l‟indicazione di percorsi personalizzati. La presenza di cittadini stranieri in numero sempre maggiore è ormai fattore caratterizzante tanto della società europea che di quella italiana e la presenza di studenti stranieri nelle scuole italiane è uno dei fenomeni più rilevanti degli ultimi anni, anche se il tasso di incremento è leggermente diminuito in coincidenza con la crisi economica degli ultimi anni, che ha ridotto l‟offerta di lavoro agli immigrati nel nostro Paese. La presenza di alunni stranieri è comprensibilmente maggiore nel primo ciclo, mentre risulta pressoché dimezzata in termini percentuali nelle scuole secondarie superiori. Nella secondaria superiore gli studenti stranieri si concentrano maggiormente negli istituti professionali, evidentemente nell‟intento di assicurarsi una rapida collocazione nel mondo del lavoro. Anche se il trend degli ultimi anni va invertendosi: aumentano i cosiddetti immigrati di seconda generazione, cioè coloro che pur avendo entrambi i genitori stranieri sono tuttavia nati in Italia e quindi si presume abbiano minori problemi di integrazione soprattutto sul piano linguistico
  • 17. 17 All‟opposto, è minima la percentuale di alunni stranieri di recente immigrazione, cioè entrati per la prima volta nel nostro sistema scolastico: siamo mediamente sotto il 10%. La distribuzione degli studenti stranieri è molto varia anche in relazione al territorio. Dove le occasioni di lavoro sono maggiori si registra una maggiore presenza di immigrati (e quindi di alunni stranieri nelle scuole). Di conseguenza, abbiamo oggi una dinamica demografica molto diversa da quella di appena dieci anni fa, con le aree del Nord, in cui la popolazione cresce grazie proprio alla presenza di immigrati e le regioni meridionali dove si è ormai invertito il trend demografico positivo degli anni scorsi e la popolazione va diminuendo. Gli effetti sono evidenti anche sulla scuola e sugli organici degli insegnanti. La distribuzione territoriale degli stranieri è molto varia anche in relazione ai Paesi di provenienza: le statistiche ci dicono che le maggiori percentuali di immigrati sono di origine rumena, albanese e marocchina, ma ovviamente ogni territorio presenta un quadro diverso. Il numero elevato di alunni stranieri rappresenta, dunque, per la scuola una forte sfida pedagogica, culturale ed organizzativa stimolante, ma impegnativa per la complessità dei fattori che entrano in gioco. Il Libro Verde - Migrazione e mobilità: le sfide e le opportunità per i sistemi d‟istruzione europei del 2008 mette in evidenza una serie di situazioni – vissute dai migranti e dalle loro famiglie - e le loro possibili ripercussioni sul piano educativo: la perdita di valore delle conoscenze pregresse, riguardanti soprattutto la loro lingua madre, ma anche il funzionamento delle istituzioni e dei sistemi educativi e scolastici; la difficoltà di padroneggiare la lingua d'insegnamento, condizione imprescindibile del successo scolastico; il livello di istruzione e di potere decisionale delle donne, spesso figlie di sistemi culturali che rivestono poche aspettative nei loro riguardi; la precaria situazione socioeconomica della comunità migrante; la forte tendenza alla segregazione presente in alcuni contesti: “gli allievi figli di migranti sono spesso concentrati in scuole che sono di fatto isolate e la richiesta di scuole differenziate da parte delle famiglie”; i non rari “sistemi di raggruppamento o di orientamento (tracking) degli alunni secondo le loro attitudini”, che
  • 18. 18 orientano quote elevate di figli d'immigrati verso corsi di studio meno impegnativi. Da questi fattori derivano alcune conseguenze-sintesi sul piano scolastico: molti figli di migranti soffrono di handicap scolastico; gli alunni migranti risultano spesso meno scolarizzati; riguardo alla scuola secondaria, gli alunni migranti sono sovra rappresentati negli istituti professionali; l'abbandono scolastico è più frequente tra gli alunni migranti; le differenze di risultati si aggravano dagli alunni immigrati di prima generazione a quelli di seconda generazione; la bassa qualità del livello d'istruzione rischia di incrementare l‟esclusione sociale. Alcuni dei rischi sono più strettamente legati ad un modo di fare scuola che non si basi su attente riflessioni nella costruzione di un curricolo che sia effettivamente interculturale: una “concezione culturalista” che irrigidisce l‟appartenenza etnica, stigmatizzando comportamenti e scelte; l‟oggettivizzazione, la decontestualizzazione, la folklorizzazione delle culture; la creazione di “gabbie etnico/etno culturali” attraverso forme di segregazione; i pregiudizi e gli stereotipi, che rappresentano gli altri nella forma di cliché ripetitivi; le forme di etnocentrismo – in sintesi, la costruzione dell‟altro come nemico – che possono provocare xenofobia e razzismo, specialmente nelle forme dell‟ antisemitismo, dell‟islamofobia, dell‟antiziganismo. La strada dell’ Educazione Interculturale La scuola deve, dunque, essere consapevole del suo ruolo essenziale di accoglienza, di incontro inteso come confronto e scambio tra culture con la duplice funzione di accogliere e di integrare gli alunni stranieri valorizzandone la lingua e la cultura di origine e nello stesso tempo di promuovere una cultura del dialogo e della reciprocità. In tal senso l’Educazione Interculturale si presenta, appunto, come elemento trasversale ad ogni sapere. L‟educazione interculturale si basa su una logica differente dall‟assimilazione, presentandosi piuttosto come un processo biunivoco e come cultura del dialogo e della reciprocità trasversale ad ogni sapere. La pedagogia interculturale parte dalla convinzione, suffragata dalle riflessioni sociologiche e antropologiche, che l'interazione tra le culture è un dato di fatto entro il quale la ragione deve prevalere sul caso. Ragione che, in linguaggio pedagogico, significa mediazione e fiducia nelle
  • 19. 19 possibilità che ciascuno possa imparare a conoscere il mondo dell'altro, a comprenderne punti di vista e modi di essere differenti. La pedagogia è sempre, in generale, una forma di mediazione: lo è ancora di più quando si fa interculturale. Esiste, dunque, una distanza tra la pedagogia compensativa (dalla quale comunque quella interculturale si origina) e la pedagogia interculturale ; non per questo, l'una deve dissociarsi dall'altra. Nelle politiche educative e scolastiche di molti paesi europei si è proceduto infatti mantenendo un'articolazione tra i due indirizzi pedagogici, perché l'alunno immigrato che non viene aiutato nei suoi bisogni specifici - di accoglienza, attenzioni didattiche e linguistiche - non sarà in grado di stabilire relazioni, comunicare la sua storia, capire e essere capito. Le culture possono incontrarsi in classe e altrove, se i soggetti sono messi nella condizione di poter disporre di capacità comunicative adeguate; il cui apprendimento richiede la messa in atto di dispositivi in grado di ridurre il più rapidamente possibile le distanze e i disequilibri. In secondo luogo, la pedagogia compensativa è però insufficiente a realizzare quell'obiettivo che i più recenti programmi di pedagogia interculturale auspicano. Esso consiste nella promozione scolastica ed extra-scolastica di iniziative e di azioni diffuse di formazione interculturale. Prospettiva che mira alla costruzione di nuovi modi di essere e di pensare rivolti a tutti, e non più soltanto, come nella versione compensativa, a chi è straniero. La pedagogia interculturale - che negli anni passati ha oscillato tra il polo della difesa delle differenze e delle specificità culturali e il polo dell'adattamento e dell'integrazione - trova qui una sintesi importante che si esprime soprattutto in due constatazioni. La C.M. 205/1990 tratta per la prima volta congiuntamente i temi dell'inserimento degli alunni stranieri nella scuola e dell'educazione interculturale e nello stesso tempo poneva il tema dell'educazione interculturale per tutti: “La realtà della presenza di stranieri, così come delineata, rende di particolare attualità una nuova e mirata attenzione della scuola alle tematiche connesse all'educazione interculturale quale condizione strutturale della società multiculturale. Il compito educativo, in questo tipo di società, assume il carattere specifico di mediazione fra le diverse culture di cui sono portatori gli alunni: mediazione non riduttiva degli apporti culturali diversi, bensì animatrice di un continuo, produttivo confronto fra differenti modelli.” Ed ancora “L'educazione interculturale - si osserva - avvalora il significato di democrazia, considerato che la "diversità culturale" va pensata quale risorsa positiva per i complessi
  • 20. 20 processi di crescita della società e delle persone. Pertanto l'obiettivo primario dell'educazione interculturale si delinea come promozione delle capacità di convivenza costruttiva in un tessuto culturale e sociale multiforme. Essa comporta non solo l'accettazione ed il rispetto del diverso, ma anche il riconoscimento della sua identità culturale, nella quotidiana ricerca di dialogo, di comprensione e di collaborazione, in una prospettiva di reciproco arricchimento. E' qui da sottolineare che l'educazione interculturale, pur attivando un processo di acculturazione, valorizza le diverse culture di appartenenza. Compito assai impegnativo, perché la pur necessaria acculturazione non può essere ancorata a pregiudizi etnocentrici. I modelli della "cultura occidentale", ad esempio, non possono essere ritenuti come valori paradigmatici e perciò non debbono essere proposti agli alunni come fattori di conformizzazione. Ogni intervento che si colloca su questo piano tende così, anche in assenza di alunni stranieri e nella trattazione delle varie discipline, a prevenire il formarsi di stereotipi e pregiudizi nei confronti di persone e culture ed a superare ogni forma di visione etnocentrica, realizzando un'azione educativa che sostanzia i diritti umani attraverso la comprensione e la cooperazione fra i popoli nella comune aspirazione allo sviluppo e alla pace. Può essere opportuno ricordare che nei documenti programmatici dei diversi ordini scolastici sono presenti numerose indicazioni in materia”. La C.M. 73/1994 delinea un quadro di ampio respiro dove si ragiona in termini di società multiculturale, di prevenzione del razzismo e dell'antisemitismo, dell'Europa e del pianeta. Si introducono concetti quali il "clima relazionale" e la promozione del dialogo, si forniscono indicazioni sulla valenza interculturale di tutte le discipline e delle attività interdisciplinari. E proprio in rapporto al tema della convivenza democratica, l'educazione interculturale si esplica nell'attività quotidiana dei docenti, sulla base di una rinnovata professionalità e si sviluppa in un impegno progettuale e organizzativo fondato sulla collaborazione e sulla partecipazione. Collegamenti utili anche in funzione interculturale possono essere sviluppati tra gli insegnamenti relativi a tutto l‟asse dei linguaggi. L'elaborazione di progetti interdisciplinari consente un ampliamento di prospettive e una convalida del discorso interculturale con un approccio a più voci, coinvolgente per gli alunni. Ciò' vuol dire non solo scambiare informazioni, ma vivere e far vivere esperienze, attivare un continuo confronto non solo tra gli operatori della scuola, ma anche tra i soggetti impegnati nei servizi di territorio o investiti di responsabilità sociali. La collaborazione con l'extra-scuola si può' utilmente indirizzare, oltre che agli enti locali, agli organismi non governativi, alle associazioni di volontariato e alle comunità straniere. I
  • 21. 21 soggetti e le modalità di collaborazione variano in funzione degli ambiti di intervento e assumono particolare rilievo per le attività di integrazione degli alunni stranieri. Il Documento di indirizzo del 2007 da parte del Miur a firma Fioroni “La via italiana per la scuola interculturale e l‟integrazione degli alunni stranieri Osservatorio nazionale per l‟integrazione degli alunni stranieri e per l‟educazione interculturale” Ritiene come ineludibile l‟educazione interculturale suggerendo l‟introduzione di uno spazio curricolare specifico, concepito nella forma di una nuova educazione alla cittadinanza; è infatti in un ambito di questo tipo che potranno essere integrati gli aspetti più propriamente interculturali. Come direzione più valida viene indicata, in sintesi, un‟educazione alla cittadinanza che comprenda la dimensione interculturale e si dia come obiettivi l‟apertura, l‟uguaglianza e la coesione sociale.” Istanza quest‟ultima che è stata recepita dalla sia dalle Indicazioni nazionali per il primo ciclo di istruzione che dalle Linee Guida per i percorsi liceali e per i percorsi di istruzione tecnica e professionale. La legge n. 92 del 20 agosto 2019 ha introdotto l‟Educazione Civica obbligatoria in tutti gli ordini di scuola a partire dall‟anno scolastico 2020/2021 : un curricolo di almeno 33 ore annue valutato come una disciplina a parte anche se svolto in forma trasversale attraverso una scelta didattico/educativa o didattico/disciplinare, con l‟introduzione di una nuova materia insegnata a più voci e valutata con meccanismi anche complessi e di tipo misurativo/docimologico da più docenti. Le Indicazione per il Curricolo e Le Linee Guida costituiscono il testo di riferimento per i contenuti dell‟educazione civica come individuati dalla legge, essendo strumenti aperti che le istituzioni scolastiche sono chiamate a declinare all‟interno del proprio curricolo. Integrazione, inclusione e successo formativo degli alunni stranieri In senso più ampio la presenza di stranieri è una sfida per la scuola nel suo complesso e per le singole scuole in autonomia, ad elaborare un curricolo orientato ad assimilare nella maniera più ampia possibile la qualità e l‟equità dell‟istruzione e della formazione secondo le sollecitazioni che ci vengono in tal senso anche dall‟Europa.
  • 22. 22 Non sembra inopportuno partire ancora una volta dal dettato Costituzionale, in particolare dall‟Art. 10 “L‟ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l‟effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana, ha il diritto d‟asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Dal dettato costituzionale deriva il riconoscimento di diritti e doveri per gli stranieri e in particolare la Legge 40/1998 sancisce all‟art. 36 - il diritto dei minori all’istruzione addirittura come “obbligo scolastico” cioè vincolante per regolari e non. Ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all‟istruzione. - che l'effettivita' del diritto allo studio e' garantita dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali e dalle Istituzioni Scolastiche, anche mediante l'attivazione di appositi corsi ed iniziative per l'apprendimento della lingua italiana. - che le istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione territoriale degli interventi, anche sulla base di convenzioni con le Regioni e gli enti locali, promuovono: a) l'accoglienza degli stranieri adulti regolarmente soggiornanti mediante l'attivazione di corsi di alfabetizzazione nelle scuole elementari e medie; b) la realizzazione di un'offerta culturale valida per gli stranieri adulti regolarmente soggiornanti che intendano conseguire il titolo di studio della scuola dell'obbligo; c) la predisposizione di percorsi integrativi degli studi sostenuti nel Paese di provenienza al fine del conseguimento del titolo dell'obbligo o del diploma di scuola secondaria superiore; d) la realizzazione ed attuazione di corsi di lingua italiana; e) la realizzazione di corsi di formazione, anche nel quadro di accordi di collaborazione internazionale in vigore per l'Italia. Il DPR 394/1999, Regolamento di attuazione della Legge 40 /1998 disciplina l‟iscrizione degli alunni stranieri:
  • 23. 23 - I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all'istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. Essi sono soggetti all'obbligo scolastico secondo le disposizioni vigenti in materia. L'iscrizione dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani. - Essa puo' essere richiesta in qualunque periodo dell'anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva. L'iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordine e grado. - I minori stranieri soggetti all'obbligo scolastico vengono iscritti alla classe corrispondente all'età anagrafica, salvo che il collegio dei docenti deliberi l'iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto: a) dell'ordinamento degli studi del Paese di provenienza dell'alunno, che puo' determinare l'iscrizione ad una classe, immediatamente inferiore o superiore rispetto a quella corrispondente all'eta' anagrafica; b) dell'accertamento di competenze, abilita' e livelli di preparazione dell'alunno: c) del corso di studi eventualmente seguito dall'alunno nel Paese di provenienza: d) del titolo di studio eventualmente posseduto dall'alunno. Regolamenta, inoltre, la costruzione di specifici percorsi di insegnamento: Il collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri il necessario adattamento dei programmi di insegnamento, allo scopo possono essere adottati: - specifici interventi individualizzati - ad esempio attraverso la redazione di un PDP piano di studio personalizzato - o per gruppi di alunni per facilitare l'apprendimento della lingua italiana, utilizzando, ove possibile, le risorse professionali della scuola. - Il consolidamento della conoscenza e della pratica della lingua italiana puo' essere realizzata altresi' mediante l'attivazione di corsi intensivi di lingua italiana sulla base di specifici progetti, anche nell'ambito delle attivita' aggiuntive di insegnamento per l'arricchimento dell'offerta formativa.
  • 24. 24 Sottolinea l’obbligo da parte dell’Istituzione scolastica di un piano di comunicazione con le famiglie degli alunni stranieri: - Il collegio dei docenti formula proposte in ordine ai criteri e alle modalità per la comunicazione tra la scuola e le famiglie degli alunni stranieri. Ove necessario, anche attraverso intese con l'ente locale, l'istituzione scolastica si avvale dell'opera di mediatori culturali qualificati. IL MEDIATORE LINGUISTICO E CULTURALE La legge n. 40 del 6 marzo 1998 e la L. 189 del 30 luglio 2002 fanno esplicitamente riferimento a questa figura professionale: “lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni nell‟ambito delle proprie competenze favoriscono la realizzazione di convenzioni con associazioni per l‟impiego, all‟interno delle proprie strutture, di stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a due anni, in qualità di mediatori interculturali, al fine di agevolare i rapporti tra le singole amministrazioni e gli stranieri appartenenti ai diversi gruppi etnici, nazionali, linguistici e religiosi” (Legge n. 40/98, art. 40, comma 1) Il mediatore culturale:  accompagna l‟allievo straniero nel suo nuovo percorso scolastico, agevolandolo ed aiutandolo ad orientarsi all‟interno della complessità del nuovo sistema culturale;  svolge inoltre un‟azione di collegamento tra le componenti scuola - famiglia, facilitando il dialogo ed i rapporti da un punto di vista linguistico – culturale fra le famiglie degli studenti immigrati e i docenti;  facilita l‟integrazione socio – culturale dell‟alunno in classe, collaborando ai progetti di educazione interculturale. I “quattro ambiti di intervento” (tratti dalle “Linee Guida per l‟accoglienza e l‟integrazione degli alunni stranieri”- C.M. n. 24 del 1/3/2006), in cui il mediatore linguistico – culturale può collaborare con la scuola sono:  accoglienza, con attività di tutoraggio e facilitazione della comunicazione tra la scuola e gli allievi neo arrivati e le rispettive famiglie;  mediazione nei confronti degli insegnanti, fornendo loro informazioni sulla scuola nei paesi di origine, sulle competenze, la
  • 25. 25 storia scolastica e personale del singolo alunno;  interpretariato e traduzione di avvisi, messaggi, documenti orali e scritti rivolti alle famiglie e di assistenza e mediazione negli incontri dei docenti con i genitori, soprattutto nei casi di particolare problematicità;  percorsi didattici di educazione interculturale, condotti nelle diverse classi, che prevedano momenti di conoscenza e valorizzazione dei Paesi, delle culture e delle lingue d‟origine. Naturalmente la funzione di mediazione, nel suo insieme, è compito generale e prioritario della scuola stessa, quale istituzione preposta alla formazione culturale della totalità degli allievi nel contesto di territorio. Successivamente con la CM n. 24 del 2006 “Linee guida per l‟accoglienza e l‟integrazione degli alunni stranieri” e la Circolare n. 2 del 2010 il Miur ha fornito indicazioni di carattere organizzativo e didattico al fine di favorire l‟integrazione e la riuscita scolastica e formativa, ferma restando l‟autonomia delle singole istituzioni scolastiche e la loro responsabilità. Le Circolari si collocano in una fase in cui il nostro paese è passato dall‟emergenza relativa all‟accoglienza alla fase di valutazione delle esperienze realizzate e a quella di programmazione di interventi che consentano di affrontare l‟integrazione degli stranieri in maniera strutturata. La scuola della piena integrazione e di cui l‟educazione interculturale rappresenta l‟orizzonte culturale curerà in particolare i seguenti aspetti: 1. L‟accoglienza. Il momento dell'accoglienza rappresenta il primo contatto dell'alunno e della famiglia straniera con la comunità scolastica. L'organizzazione dell'accoglienza deve tener presente molteplici aspetti: amministrativo, educativo didattico, comunicativo - relazionale. L‟area amministrativa è relativa all‟iscrizione (Le iscrizioni possono essere richieste in qualsiasi momento dell‟anno scolastico. Gli alunni privi di documentazione anagrafica o in posizione di irregolarità, vengono iscritti con riserva in attesa della regolarizzazione. L'iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordine e grado. L´iscrizione scolastica con riserva non costituisce un requisito per la regolarizzazione della presenza sul territorio italiano, né per il minore, né per i genitori) ; alla documentazione (All‟atto dell‟iscrizione, deve essere compilata la domanda di iscrizione predisposta dall‟istituto e devono essere richiesti i documenti appresso elencati:
  • 26. 26 permesso di soggiorno e documenti anagrafici, documenti sanitari, documenti scolastici L‟area comunicativa - relazionale è relativa all’ individuazione di figure che si occupino del contatto con le famiglie quali ad esempio i mediatori culturali e della messa a punto di strumenti quali opuscoli , ecc che facilitino la comunicazione e l‟orientamento. L‟area educativa - didattica è relativa all‟accertamento delle competenze e delle abilità dell’alunno per un sereno e proficuo ingresso dell‟alunno a scuola e per definire l‟assegnazione alla classe. 2. L‟integrazione linguistica. Uno degli obiettivi prioritari nell‟integrazione degli alunni stranieri è quello di promuovere l‟acquisizione di una buona competenza nell‟italiano scritto e parlato, nelle forme ricettive e produttive, per assicurare uno dei principali fattori di successo scolastico e di inclusione sociale. Gli alunni stranieri, al momento del loro arrivo, si devono confrontare con due diverse strumentalità linguistiche: la lingua italiana del contesto concreto, indispensabile per comunicare nella vita quotidiana (la lingua per comunicare); la lingua italiana specifica, necessaria per comprendere ed esprimere concetti, sviluppare l‟apprendimento delle diverse discipline e una riflessione sulla lingua stessa (la lingua dello studio). L‟apprendimento e lo sviluppo della lingua italiana come seconda lingua deve essere al centro dell‟azione didattica. Nella fase iniziale ci si può valere di strumenti e figure di facilitazione linguistica (cartelloni, alfabetieri, carte geografiche, testi semplificati, strumenti audiovisivi o multimediali, ecc.) promuovendo la capacità dell‟alunno di sviluppare la lingua per comunicare. Una volta superata questa fase, va prestata particolare attenzione all‟apprendimento della lingua per lo studio perché rappresenta il principale ostacolo per l‟apprendimento delle varie discipline: in questa fase la scuola attiverà una specifica progettazione prevedendo: moduli intensivi, laboratori linguistici, percorsi personalizzati. 3. L‟assetto organizzativo. L‟istituzione scolastica tutta partecipa al processo di integrazione: - i Docenti curano la formazione sia sulla specifica normativa, che su alcuni temi come ad esempio l‟apprendimento dell‟italiano come L2 anche al fine di promuovere approcci didattici interdisciplinari e
  • 27. 27 prassi didattiche che accolgano la diversità e che siano considerate didattiche di qualità per tutti gli alunni, piuttosto che per specifici gruppi di alunni; - il Referente per l’Inclusione e la Commissione Intercultura o Accoglienza curano l‟elaborazione e l‟attuazione di un Protocollo di accoglienza e di un Piano di attività annuale per l‟accoglienza e l‟inserimento degli alunni stranieri; - i Consigli di classe elaborano il Piano Educativo Personalizzato per il singolo alunno; - Il Gruppo di lavoro per l’inclusione cura: la rilevazione dei BES presenti nella scuola; la raccolta e documentazione degli interventi didattico-educativi posti in essere anche in funzione di azioni di apprendimento organizzativo in rete tra scuole e/o in rapporto con azioni strategiche dell‟Amministrazione; focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai colleghi sulle strategie/metodologie di gestione delle classi; la rilevazione, il monitoraggio e la valutazione del livello di inclusività della scuola; la raccolta e il coordinamento delle proposte formulate dai singoli GLH Operativi sulla base delle effettive esigenze; l‟ elaborazione di una proposta di Piano Annuale per l‟Inclusività riferita a tutti gli alunni con BES, da redigere al termine di ogni anno scolastico (entro il mese di Giugno); costituisce l‟interfaccia della rete dei CTS e dei servizi sociali e sanitari territoriali per l‟implementazione di azioni di sistema (formazione, tutoraggio, progetti di prevenzione, monitoraggio, ecc.). - Il Dirigente Scolastico cura il raccordo con gli enti, le istituzioni, le associazioni operanti sul territorio per la promozione del processo di integrazione ; attiva specifiche azioni di raccordo con scuole e enti per promuovere l’orientamento e la continuità; attiva reti di scuola per il coordinamento delle attività volte a promuovere l’inclusione; promuove le necessarie azioni di monitoraggio, verifica e valutazione dei processi attivati. 4. Le metodologie e gli strumenti. A partire dai livelli di competenza del singolo alunno straniero viene redatto il Piano educativo Personalizzato - PEP che può prevedere una didattica personalizzata con interventi individualizzati o per gruppi di alunni, con l‟indicazione delle risorse economiche (fondo di istituto, fondi ministeriali, finanziamenti europei,
  • 28. 28 ecc), degli spazi di autonomia organizzativa e degli strumenti specifici quali libri di testo e materiali multilingue e multiculturali.