La presentazione è una libera rielaborazione dei capitoli su Hegel dei testi di Brandolini,
Debernardi, Leggero, Simposio vol 2, Laterza e di Sacchetto, Desideri, Petterlini,
L'esperienza del pensiero vol 4, Loescher.
Presentazione della "Fenomenologia dello Spirito" (1807) di Georg W. F. HEGEL.
Nell'approntare tale presentazione si è fatto in parte uso anche di materiale già disponibile sulla rete.
schematizzazione riassuntiva:
- principi fondamentali della Filosofia di Hegel
- la Fenomenologia dello spirito
- L'enciclopedia delle scienze profonde
- La filosofia della storia
by Spano
La presentazione è stata realizzata da Marco Gambetti,
Marta Giannotti, Flavia Rosati e Lorenzo Serra nell’ambito di un’attività di webquest coordinata dal Prof. Pietro Volpones
La presentazione è una libera rielaborazione dei capitoli su Hegel dei testi di Brandolini,
Debernardi, Leggero, Simposio vol 2, Laterza e di Sacchetto, Desideri, Petterlini,
L'esperienza del pensiero vol 4, Loescher.
Presentazione della "Fenomenologia dello Spirito" (1807) di Georg W. F. HEGEL.
Nell'approntare tale presentazione si è fatto in parte uso anche di materiale già disponibile sulla rete.
schematizzazione riassuntiva:
- principi fondamentali della Filosofia di Hegel
- la Fenomenologia dello spirito
- L'enciclopedia delle scienze profonde
- La filosofia della storia
by Spano
La presentazione è stata realizzata da Marco Gambetti,
Marta Giannotti, Flavia Rosati e Lorenzo Serra nell’ambito di un’attività di webquest coordinata dal Prof. Pietro Volpones
Citazioni sull'approccio costruttivista: George Kelly, Ernst Von Glasersfeld, Tom Ravenette, Federica Chiadò-Viret, Don Bannister, Fay Fransella, Massimo Giliberto, Elena Bordin.
La prospettiva costruttivista parte dall’idea che ognuno di noi abbia il proprio modo di dare senso alle esperienze e alle relazioni che intesse con gli altri.
Secondo la prospettiva costruttivista il disagio psicologico emerge quando il modo con cui la persona affronta i problemi non “funziona” più e qualsiasi alternativa è impraticabile: l’unica chiave che si ha a disposizione per stare bene non risulta più efficace.
L’essenza dell’approccio costruttivista in psicoterapia? Un esercizio di profondo rispetto, di costante accettazione e comprensione della visione del mondo altrui alla ricerca di nuove vie per ricominciare a vivere. (Massimo Giliberto)
La geografia dell’esperienza umana che la PCP suggerisce non è fatta di luoghi, ma di vie, di percorsi. Questi percorsi li chiama costrutti. (Massimo Giliberto)
Ho sempre amato la Psicologia dei Costrutti Personali per la sua profonda eticità, per il suo rispetto delle persone. Il rispetto sta nel non sovrapporre la propria teoria a quella dell’altro per soffocarla, ma nell’usarla per comprendere la sua visione del mondo. (Massimo Giliberto)
I costrutti non sono semplici risposte, enti cognitivi o qualcosa che qualcuno possiede; i costrutti sono le vie per l’azione, l’azione in cui siamo immersi, le domande che facciamo al mondo (Massimo Giliberto)
Nella misura in cui la persona riesce a interpretare i processi interpretativi di un'altra, può svolgere un ruolo in un processo sociale che coinvolge l'altra persona. (George Kelly)
Forse è proprio nel gioco tra il duraturo e l'effimero che diventa possibile individuare le modalità attraverso le quali l'uomo può ristrutturare la propria vita. (George Kelly)
Noi conosciamo un fatto attraverso la nostra azione di avvicinarsi ad esso. Ci poniamo delle domande su di esso, non in maniera puramente accademica, ma sperimentalmente. Interveniamo e si verificano dei risultati. Inventiamo e si materializzano nuove qualità. Attraversiamo lo spazio e nuovi strani oggetti si ergono di fronte al nostro sguardo. (George Kelly)
Nella nostra storia delle idee, l’epistemologia è sempre stata legata al concetto che la conoscenza deve essere una rappresentazione di un mondo esterno ontologico. Il costruttivismo cerca di procedere senza quella condizione e dice invece che la conoscenza deve essere operativa per poter essere adattata ai nostri scopi. (Ernst Von Glasersfeld)
Approcciandoci ai bambini e ai loro mondi non viene meno l'utilità della metafora dell'uomo scienziato (Kelly, 1955), alle prese con le proprie domande, risposte, teorie su se stesso, sugli altri e sul proprio mondo. Anche i bambini sono scienziati. (Tom Ravenette)
2. Lo spirito con cui la teologia
affronta il dibattito
• Negli ultimi decenni la teologia si è confrontata con diverse
problematiche essenziali:
• Ermeneutica (Gadamer)
• Sociologica ((Habermas)
• Epistemologica (Popper)
Presentandosi come scienza della fede, la teologia si è trovata - in questi dibattiti - a
dover fondare la propria identità e motivare il proprio statuto di sapere critico della
fede;
ne è venuto un ampio sforzo teso a garantire alla teologia una fondazione teoretica,
una metodologia di ricerca ed un apparato concettuale coerenti da una parte con il
carattere storico della rivelazione cristiana e dall'altra con il dibattito critico delle
scienze.
3. Lo spirito … 2
• Anche se non ha che pochi decenni, questo cammino aperto e costruttivo
ha inevitabilmente portato la teologia ad affrontare temi inconsueti.
• Il dibattito con le diverse teorie di neurofisiologia della mente si colloca su
questo sfondo; per il teologo si tratta di misurarsi con i profondi
cambiamenti in atto nella immagine del mondo e dell'uomo:
ovviamente, non si tratta solo di recepire quanto le scienze affermano ma di
aprire con loro un proficuo confronto.
• Per il teologo, infatti, la legittimazione di una conclusione dovrà sempre
essere una legittimazione teologica e non una resa sotto la spada di
Damocle della espulsione dall’arengo della modernità.
4. I. Teologia e mente
• La teologia non ha un suo discorso sul cervello e sul suo
funzionamento
• La teologia ha invece una sua prospettiva circa la persona e la
sua coscienza intelligente e libera
• Esistono diversi modelli interpretativi della persona umana,
che convergono su due elementi essenziali:
5. I. 1. L’anima
• Il primo elemento tradizionalmente indicato nell'anima è
ereditato dal mondo greco ed è la convinzione che la persona
umana ha un centro che regola i nessi strutturali delle parti
con l'intero;
• è l'unità dell'intero a dare senso alle parti ed a costituire
l'insieme multiforme della persona come un unico
organismo e, solo in rapporto a questa unità strutturante, le
singole parti trovano il loro senso.
6. L’anima e il cristianesimo
• Nonostante il suo legame con l'anima interiore e spirituale, il
cristianesimo - con l'incarnazione di Cristo - porrà le basi per
un superamento di questo spiritualismo assoluto
• e per una concezione dello spirituale come realtà umana che
opera nel corpo e si esprime attraverso la realtà materiale.
Saranno le scelte dell'epoca moderna.
7. MORTE DELL’ANIMA?
• Questa posizione greco - cristiana viene oggi contestata, fino a
parlare di morte dell’anima.
• Con la conseguente riduzione delle funzioni spirituali a
qualcosa di fisico o di chimico (BARRETT 1987;
GALIMBERTI 1987).
• Tale riduzione è inaccettabile sia nel contenuto sia nel
metodo:
• Nel contenuto perché è incapace di comprendere il significato
della spiritualità umana
• Nel metodo perché si assolutizza il cervello dimenticando che
esso è parte di una realtà più ampia e unitaria che è l’uomo.
8. I. 2. La relazione con il Dio vivente
• Il secondo elemento dell’antropologia cristiana viene dalla Bibbia
ed è indicato con leb – cuore o ruah – spirito. Si tratta della
relazione con Dio. Perciò la tradizione cristiana ha concepito la
ratio in termini processuali: essa si costituisce in rapporto a quella
Verità al cui servizio sta.
• In poche parole, la mente non è una realtà completa in se stessa e
quasi isolabile da tutto il resto ma - per usare questo linguaggio – è
una "facoltà", una facoltà dell'anima rivolta a Dio, somma Verità e
sommo bene.
• Una simile prospettiva processuale non permette di considerare
la mente e, men che meno, il cervello come realtà irrelate: essi
rimandano oltre se stessi, ad una totalità di senso, alla Verità.
9. La definizione di Tommaso
• Tommaso definisce l’uomo come sostanza intelligente o
anima razionale, ma non cade nello spiritualismo che
concepisce l’intelligenza come superiore o staccata da ogni
altro aspetto dell’uomo.
• Egli afferma che la materia corporea è come co-principio
metafisico in grado di permettere l'autodispiegamento
della intelligenza.
In tal modo afferma una profonda relazione tra l'intelletto e la
realtà materiale che, pur fuori dell'uomo, appartiene al
processo del comprendere.
10. Le indicazioni della teologia 1
• Quindi la teologia ha sempre
• valorizzato l'intelligenza come garanzia e baluardo di un umano colto in
chiave di autotrascendenza
• e, da Tommaso in poi, ha integrato anche la corporeità materiale
all'interno del suo progetto.
• Il suo problema è stato ed è la relazione tra la dimensione universale di una intelligenza alla ricerca di senso e la concretezza della figura storica di
Gesù, nel quale riconosce l'anticipazione di questo senso ultimo; di conseguenza, il suo compito è quello di dar vita ad una circolarità di fede e
ragione tale da fondare un sapere critico e scientifico.
11. Le indicazioni della teologia 2
• In questo senso, il cervello non è pensabile - teologicamente - come una
realtà definita e conchiusa, come lo strumento di una ragione
totalizzante, indipendente da Dio e padrona del senso della vita e delle
cose;
• non è nemmeno pensabile come una realtà materiale, indagabile nelle
sue componenti neurochimiche e frammentabile a piacere sotto la spinta
delle scoperte scientifiche:
• in quanto "organismo" unitario, la persona non rimanda ad un hardware
cerebrale ma ad un senso comprensivo di tutti gli aspetti della vita che
nella coscienza trova il luogo del suo concreto darsi.
12. Le indicazioni della teologia 3
• La persona è più del suo cervello e questo, pur importante anche per le
dinamiche spirituali, non è sufficiente a spiegarne tutti gli aspetti.
• Nello stesso senso, l'evidenza della verità non può essere ridotta ad una
"evidenza sperimentale," di stampo positivista, incapace di un rimando
umano ad una ulteriorità che la sorpassi.
• La persona, insomma, comprende una pluralità di dimensioni che non
possono essere dimenticate od emarginate, senza esserne impoverita.
• In una parola, la pluralità dei livelli di conoscenza intenzionale e conscia
e la loro articolazione nei diversi ambiti di significato mette in evidenza
come in tutte le operazioni sia insito un movimento di
autotrascendimento che conduce logicamente, anche se non
necessariamente, ad un bisogno di assoluto. È quanto B. Lonergan ha
provato a mostrare nelle sue opere (1961, 1975, 1993).
13. Le indicazione della teologia 4
• È Eddington (EDDINGTON 1935, 9-11 ) nella sua descrizione dei due
tavoliquanto, in fondo, richiama anche : uno solido e rotondo, con una
superficie liscia, e l'altro come un ammasso di elettroni. Solo una
consapevolezza dei diversi livelli della realtà permette di arrivare a
conclusioni riportabili ad un autentico sapere.
• Al di là delle differenze tra i diversi autori, la teologia insiste su una
concezione aperta e processuale della mente che rappresenta il criterio
ultimo della dignità e della identità personale; una simile visione approda
ad una concezione dell'intelligenza come attività aperta, da verificare
continuamente nelle sue dinamiche e nei suoi esiti.
14. Le indicazioni della teologia 5
• Questa veloce presentazione permette di capire l'atteggiamento proprio della
teologia:
• essa guarda al cervello come all'ambito di processi neurofisiologici nei quali
prende corpo una determinata forma di appropriazione della realtà, nei quali
prendono forma dinamiche esistenziali ed autotrascendenti che permettono una
costruzione dell'umano e gli danno volto come ricerca di senso, quel senso che la
fede indica in Cristo. Quindi per il teologo - l'attività intelligente della "mente" è
una attività aperta coinvolta nella costruzione dell'umano perché ne fa
strutturalmente parte; ridurla ad una semplice sommatoria dei processi neuronali
sarebbe un interpretarla riduttivamente.
• Quello che questo dibattito ripropone è una ripresa della questione epistemologica dal punto di vista della neurofisiologia della mente.
15. II. Teologia e dibattiti moderni
• Che cosa ha imparato la teologia?
• 1. che l'elaborazione di un processo conoscitivo non è mai una fotografia della realtà: un
metodo insegna sempre a selezionare ciò che è importante ed a tralasciare ciò che è
irrilevante, insegna a distinguere tra fatti significativi e realtà trascurabili. Ciò che diciamo
essere essenziale è tale, cioè essenziale, per la costruzione di una determinata teoria
interpretativa; non è detto che lo sia sempre in realtà.
• Un processo conoscitivo ha una struttura euristica che procede per ipotesi e verifiche e che,
per il suo carattere probabilistico, rappresenta un progressivo e significativo avvicinamento
alla struttura del reale. In altre parole, ogni scienza è portatrice di dati, di indicazioni, di
risultati che anticipano una comprensione completa; con questi dati, e con le teorie che li
interpretano, tutte le altre branchie del sapere dovranno bene o male fare i conti. Ma le
teorie non sono mai assolute, e restano sempre discutibili.
16. Confronto filosofia teologia
• Confronti storici precedenti della teologia: filosofia, psicologia e
psicanalisi.
• In filosofia ci si è confrontati con Cartesio e la su proposta di risolvere la
mente in una rappresentazione del mondo che comprende il soggetto e
nella quale non ha posto la realtà materiale.
• La teologia non ha mai accolto questa rappresentazione, in quanto la
coscienza intelligente è strutturalmente aperta al mondo e a Dio.
17. Confronto con la psicologia
• Mettendo a fuoco il concreto divenire della persona, queste scienze hanno chiarito
vuoi la storicità del soggetto intelligente vuoi il carattere secondo e non originario
della autocoscienza. Intesa come risultato di una interazione con i dati della vita e
della storia, la coscienza si costituisce in base ai suoi processi e, per non dissolversi
in un puro divenire, dovrà comporre la sua storicità con la sua stabilità.
• Vi provvederanno le nozioni del «sé» e dell'«io». Questa autocoscienza, plasmata
dalla storia e dalla vita, è al tempo stesso portatrice di una intenzionalità che si
autocostruisce; la teologia vi ha colto la base di una responsabilità che qualifica la
persona di fronte a sé ed agli altri e, soprattutto, di fronte a Dio.
•
18. Confronto con la psicanalisi
• Con Freud, la psicanalisi ha visto l'autocoscienza non come dato
originario ma come il risultato di un conflitto tra le potenze
istintuali della persona e la pressione condizionante della società:
ne è venuta una grande attenzione alla dialettica di conscio e
inconscio, di intenzionale e non-intenzionale.
• La teologia ha rifiutato di risolvere la coscienza intelligente e libera
in questo solo conflitto e, pur riconoscendone la serietà, ha provato
ad inserire queste dinamiche in un contesto più vasto che
mantenesse ragione alla intenzionalità dell'agire umano ed alla
libertà della persona.
19. E con la neurofisiologia? 1
• il confronto con i dati della neurofisiologia cerebrale ha una sua specificità.
• Bisogna prendere atto, al riguardo, che la neurofisiologia mette sul
tappeto un insieme di dati, di osservazioni, di indicazioni che non possono
venir disattesi e che non ho la preparazione per dibattere e verificare.
Come osservavo prima, però, ritengo che questi dati – per formulare una
teoria completa ed organica - vengano necessariamente uniti ad altri
concetti;
• in questo modo lo studio del cervello in un quadro di funzionamento
neuronale giunge a porre interrogativi basilari circa la vita, la coscienza,
l'intenzionalità e la libertà.
20. E con la neurofisiologia? 2
• Disattendere questi interrogativi sarebbe disonesto e nessun
uomo di scienza può accettarlo;
• assumerli senza distinguere tra dati e concezioni generali che
danno loro una inquadratura plausibile sarebbe ingenuo.
• La gravita della sfida è evidente ma questo non è una buona
ragione per evitarla;
• la consapevolezza che, una volta che queste interpretazioni fossero
accolte, l'enfasi sulla libertà e sulla responsabilità non avrebbe più
alcun senso e questi stessi valori dovrebbero venir lasciati alla
immediatezza popolare del linguaggio comune, esige dagli scienziati
grande attenzione e impegno critico ma non deve condurre ad
abbandonare il proprio particolare e limitato percorso di ricerca
della verità.
21. Le prospettive 1
• La teologia non discute i dati ma vuole interrogarli a fondo.
• Se collochiamo questo problema su uno fondo storico più ampio, possiamo dire
che la teologia vi ha colto il nodo dell'intreccio tra spirito e materia, due concetti
spesso utilizzati nel linguaggio cristiano e del magistero ma che questo ultimo non
ha mai definito nel loro specifico contenuto.
• La stessa teologia, che nella spiegazione della persona ha abbandonato il primato
di uno spirito ed ha provato ad integrare il valore della corporeità, non può non
avvertire questa sfida come una occasione opportuna per precisare il suo quadro
di pensiero e la sua più generale concezione della vita e della libertà.
• Ogni comprensione della vita umana portata avanti a scapito della sua concretezza
materiale non renderebbe ragione né alla tradizione cristiana né a quella
integrazione di livelli diversi che, sola, permette di avvicinarsi meglio alla realtà.
22. Prospettive 2
• A questo scopo, appartengono al patrimonio teologico alcune prime
puntualizzazioni sulla unità e differenza tra spirito e materia; sorte per
chiarire il senso dell'unità dell'anima umana - tradizionalmente creata da
Dio - non solo con il corpo ma con la totalità personale di una vita che
nasce dai genitori, possono essere di qualche utilità per pensare
globalmente anche i dati riguardanti il cervello (RAHNER 1984a, 29-84;
1984b, 119-137; 1984c, 139-150; 1969).
• La prima cosa è mantenere una basilare distinzione tra la spiritualità di
Dio e quella dell'uomo; mentre quella divina è fondamento di tutto
quanto esiste ed in questo senso è presente al mondo intero quella umana
comporta una insopprimibile relazione alla corporeità.
• Se questo è vero, si dovrà riconoscere che l'unità umana di spirito e
materia, di intenzionalità e corporeità, di mente e cervello esige una
intima rapportabilità di queste realtà: pensate come due realtà del tutto
disparate, non sarebbero in grado di costituire una vera realtà (RAHNER
1989).
23. Prospettive 3
• Per questo la mente umana va pensata come quella realtà
spirituale che si comprende come relativa al corpo mentre,
viceversa, il cervello umano va pensato come quella realtà
corporea che si comprende come relativa alla dimensione
spirituale del soggetto.
• La singolarità del composto umano non permette di interpretare il
senso personale del corpo umano attraverso una identificazione
funzionale con le dinamiche similari degli animali o la composizione
chimica di altri esseri viventi;
• per rispettare la singolarità umana, l'analogia andrà sempre
composta con la differenza.
• La teologia come la filosofia e come la scienza dovranno tenerne conto. Cogliere la loro differenza senza cogliere insieme la loro
profonda relazione, significa trascurare un aspetto decisivo sia dell'antropologia sia di quel conoscere che parte sempre dalla realtà
materiale e sensibile.
24. Prospettive 4
• La realtà materiale e le dinamiche cerebrali appaiono coefficienti
diversi ma indispensabili dell'attuarsi dello stesso soggetto
spirituale.
• Per questo l'unità della conoscenza ci porta a ritenere che ogni
enunciato sulle sue parti e sulla loro attuazione comprenda, in una
certa misura, l'essenza stessa della conoscenza così che,
• se da una parte è legittimo risalire dalle dinamiche cerebrali alla
natura del conoscere, dall'altra è altrettanto legittimo retrocedere
dal tutto al significato dei singoli aspetti.
25. • In una simile prospettiva, il cervello non può essere analizzato e
compreso come indipendente ed a se stante ma solo all'interno della
globalità della vita personale.
• Infine, la teologia introduce l'incontro tra la ricerca umana di senso e la
pienezza di senso anticipata dalla fede come un incontro che non può mai
lasciare indifferente la ragione.
• È proprio della teologia collegare questa dimensione cognitiva della
pienezza del senso non solo alla intelligenza ma anche alla decisione, ad
un impegno cioè di libertà.
• Là dove la Verità è una persona e non una categoria generale del
pensiero, la verità non può essere accolta che nella libertà di una positiva
scelta.
• Si intuisce così meglio il carattere di scandalo e di follia che la fede possiede sempre e che la teologa non può che ribadire; l'evidenza
simbolica della fede si fonda su dei "segni" più che su delle "prove" e questi segni, palesi agli occhi di tutti, risultano suscettibili di
diverse interpretazioni.
26. Conclusioni
• Provando ad applicare questi criteri, si può dire che l'unità della
conoscenza comporta insieme una interpretazione "corporea" del
pensiero ed una "intenzionale" del cervello:
• nella misura in cui ogni elemento è considerato nella sua totalità, il tutto
rappresenta un fattore di compiutezza per ciascuna delle sue parti.
• Come la distinzione non deve impedire la totalità così la permanenza
dell'io cosciente non deve impedire il mutamento.
• Si arriva a questo risultato non già identificando stato fisico e stato
mentale ma integrando entrambi in una dimensione più alta in cui il lavoro
cerebrale si apre a quella intenzionalità conoscitiva che rappresenta un
perfezionamento della persona.
27. Conclusioni
• In questo senso una nuova organizzazione cerebrale non
rappresenta solo un punto di equilibrio della rete neurale
ma, come base di una ulteriore funzione intenzionale,
rimanda ad un perfezionamento dello spirito e non a
qualcosa che avviene a fianco ed indipendentemente da esso
(BASTI 1991).
• È un poco quanto l'antica scolastica, sia pure in una forma
ontologicamente costringente, indicava con il processo di
eductio e potentia materiae.
28. Conclusioni
• Ne viene una concezione duale del processo conoscitivo e della identità personale che, rifacendosi all'anima e al corpo, allo spirito e alla
materia, alla libertà, al soggetto ed alle sue dinamiche, offre le basi per integrare in modo più ampio ma più vero mente e cervello.
• La materia, il corpo e, quindi, il cervello - indispensabili per pensare la
vita - sono il dato di base di un insieme superiore.
• Un teologo fatica a comprendere la mancanza di attenzione a questi
diversi livelli di conoscenza e di realtà, fatica a comprendere come la
riconduzione di forme di vita complessa a basi neurofisiologiche comuni
spieghi effettivamente unità e diversità, stabilità e cambiamento intesi in
quella forma ricca e multiforme che si da nell'ambito della vita.
• Al riguardo il triplice schema di Popper sui tre mondi di oggetti risulta del
tutto formale e, per questo, largamente inadeguato per comprendere
veramente la realtà del mondo.
• Mondo 1 o degli oggetti e delle relazioni di tipo fisico; mondo 2 o dei processi di pensiero e delle relazioni di tipo psicologico; mondo 3 o
dei prodotti del pensiero e delle relazioni di tipo logico. Si vedano POPPER- ECCLES (1987); POPPER (1987, 1974).
•
29. Conclusioni
• Mi sembra che solo la convinzione che in tutte le operazioni è insito un
movimento di autotrascendenza che fa avanzare la coscienza verso livelli
più alti, sviluppando così il dato materiale in un modo intenzionale,
renda davvero ragione alla realtà.
• Spero che queste riflessioni, presentate dall'interno del sapere teologico,
possano favorire uno base di scambio fruttuoso. Il conoscere va
considerato come un processo materiale e spirituale nel quale il cervello e
la mente interagiscono in un quadro antropologico che fa della rete
neurale la base per una intenzionalità e, perciò, per una responsabilità e
per un'etica.
• Perché considerare questa molteplicità di livelli come affermazioni spurie
invece che come un contributo per una migliore comprensione della
persona e per un più efficace dialogo tra scienza e teologia?