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VINCENZO FALASCA
MEMORIE GRUMENTINE SAPONARIENSI
MANOSCRITTO INEDITO DEL 1736 DI NICCOLO’ RAMAGLIA
I. R. S. A. B.
Istituto Ricerche Storiche Archeologiche basilicata
Edizioni Pisani
Con il Patrocinio di
REGIONE BASILICATA
PROVINCIA DI POTENZA
C. M. “ALTO AGRI”
COMUNE DI SARCONI
TUTTI I DIRITTI RISERVATI ALL‟AUTORE
Edizioni Pisani, Avigliano (Pz), finito di stampare
in Luglio 2005
Ai miei figli Josè e Carmen
affinchè non dimentichino le loro radici.
IN PRIMA DI COPERTINA
Bassorilievo marmoreo di “Suovetaurila” (Sacrificio di maiali,
montoni e tori) rinvenuto dall‟Arciprete Carlo Danio nel sito
della Chiesa Madre. Già proprietà dell‟On.le Fr. Perrone.
(Museo Archeologico di Reggio Calabria-Concessione Ministero Beni Culturali-Foto G. Pontani)
V
PREFAZIONE
La vicenda del manoscritto del Ramaglia e delle copie da esso redatte crea sconcerto nello studioso ed
impedisce una serena e sicura valutazione dei contenuti e della stessa impostazione narrativa.
Di certo il lavoro della ricerca è reso parziale dal mancato confronto con le altre copie redatte e, soprattutto, viene
privato dall'analisi di quello che potrebbe essere considerato il testo stilato direttamente dall'autore.
Racioppi, riferendosi all' esemplare di proprietà dell'aw. Vincenzo Ramagli, lo considera "I'originale" e ne trae, o
ne fa trarre, la copia moliternese nell'agosto del 1879 mentre considera, anteriore alla sua, quella in possesso del
canonico Francescopaolo Caputi tirata, a suo parere, alla fine del secolo precedente e non certo di mano del Caputi.
Due anni dopo, darà un giudizio astioso, acre e malevolo ed arrogante su "Memorie grumentine saponariensi ", e
sul suo autore, ritenendolo uno che "raccatta tutte le fiabe che la grama erudizione indigena ebbe inventate nei
secoli XVI e XVII”.
Giudizio che egli ha corretto tardivamente ed addolcito perché rimeditato, con riflessione più serena e meno
impulsiva, e modificato in "raccoglie copia di documenti e di notizie che alla storia della sua patria riescono di
prezioso interesse" espresso per owie ragioni di opportunità o forse anche per giustificare, tra l'altro, anche il suo
morboso interesse per la copia voluta e trascritta.
Ramaglia nella stesura del suo piano dell'opera espone chiaramente I'impostazione e l'ordine dei temi e degli
argomenti che si accinge a trattare e cioè:
"La edificazione, la fede e la distruzione della celebre città di Grumento colonia militare de' Romani”:.
"La edificazione della nuova città della Saponara, gli Prelati o siano Arcipreti mitrati che hanno governata la di lei
insigne Collegiata Chiesa sotto il titolo di S. Antonino Martire e le fierissime liti agitate con i Vescovi Marsicani per
causa della giurisdizione":
(Con) i memorandi fatti e vita del dottissimo D. Luigi Sanseverino, Principe di Bisignano.
"Storia della Reliquia del Prezioso Sangue di Cristo con quella del Prezioso Santuario, sotto il titolo di S. Maria
della Salute, detta di Grumentino:
"Vita di Sant'Antonino, volgare, di S. Laviere, latina e volgare; (Con) altre cose notabili raccolte con somma dilige
nza e fatica”.
Questo l'itinerario del lavoro e ad esso si attiene il dottor Ramaglia in un percorso di studio che dura otto anni dal
1736, data segnata sul frontespizio, a tutto il 1744 per il riscontro al riferimento della morte del vescovo Alessandro
Puoti awenuta per "apoplesia" ad Arienzo il giorno 8 agosto 1744 come descrive al Cap. LI ed è sostenuto, nel
percorso di studio, dall'assiduità, dal consiglio, dalla cultura e dalle scoperte, di vario tipo documentario, condotte
dall'arciprete Carlo Danio Ceramelli.
Il testo narrativo è arricchito e movimentato dalla descrizione minuta delle controversie che attraversano, nel
tempo, la sede vescovile grumentina, nata con il decreto di istituzione di Papa Damaso del 370, e fino alla sua
sostituzione con quella di Marsico, nuova sede del vescovo di Grumento, per giungere al puncturn dolens
dell'accusa di "usurpata giurisdizione" da parte del vescovo diventato definitivamente marsicano, contro I'arcipretura
grumentina.
VI
Trasformata cocciutamente in un vero e proprio "fronte", "la scintilla di-fuoco che pareva estinta, covava e doveva
sbucciar fuora in un grande incendio. .. per giammai spegnersi più", come scrive Ramaglia.
La "vexata quaestio” diventa secolare e permane fino alla soppressione del vescovato di Marsico e vede, nel
tempo coinvolta una lunga serie di protagonisti diversi dai vescovi marsicani ( Giovanni, De Martiis, Parisi, ed Anzani
per finire con Garzilli nel 1818, anno della unione "aeque principaliter"con la diocesi di Potenza), agli arcipreti
grumentini (Giliberti, Ferrara, Cotino, Danio, fino a Perrone).
L'autore facendosi scudo di una pelosa umiltà si scusa e si accusa di "bassissima intelligenza " però assicura che
"quanto leggerassi nella presente opera registrato o è stato fedelmente trascritto da loro originali documenti e
memorie antiche; conservate o raccolte forse da chi aveva il pensiero di registrarle, ho ricavato da fedeli tradizioni
porgiutemi dal riferito Signor d. Carlo (Danio), o da altre persone provette e degne di fede”.
Che la tradizione orale giuochi il suo ruolo, nel lavoro del Ramaglia, è palese ma il riferimentoagli
"originalidocumenti e memorie antiche" richiama, in prima persona, i'arciprete Danio come interlocutore ideale,
attento e competente insieme con la documentazione e i reperti che questi gli mette a disposizione compresi i suoi
scritti inediti delle “Note agli atti della Vita di San Laverio"e il "Trattato sulle antichità grumentine" oltre che gli atti in
originale.
Ramaglia ha, altresì, avuto modo di esaminare la raccolta contenuta nell'"Historia de la Vita di Sant'Antonino e di
San Laverio, gloriosissimi martiri e padroni dell'alma Città di Saponara tradotta dal Dott. Giovanni Flavio Bruno in
volgare da due antichissimi libri latini scritti a penna i quali insieme con altre scritture ecclesiastiche si trovano oggidì
in potere del Rev. D. Camillo Cotino Arciprete della Saponara di Sant'Antonino” edita a Napoli per i tipi di Giovanni
Giacomo Corsino e di Antonio Pace nel 1597, e rilegge la "Lettera al Signor Matteo Egizio intorno all'antica colonia
di Grumento oggidì detta la Saponarai” di Giacomo Antonio del Monaco, pubblicata a Napoli nel 1713 e l'edizione
successiva del 1722 eseguita a cura di Angelo Calogerà inserita in "Raccolta di opuscoli scientifin e filosofici".
Consulta, controlla e memorizza ed annota, lasciando tracce nel manoscritto moliternese, le "Memorie della città
di Saponara”'di Bonifacio Petrone, abate di Santa Maria di Loreto, licenziate a Napoli dalla Stamperia di Angelo
Vocola nel 1729 e I'"Itergrumentinum"di padre Sebastiano Paoli, precettore di casa Sanseverino, compilato a
Grumento fra il 1715 e il 1720, ancora inedito, che sarà molto apprezzato ed illustrato dal Racioppi in "Iscrizioni
grumentine inedite- Dalle schede di padre Sebastiano Paoli" e che vedrà I'edizione nel IV fascicolo dell'anno IX dell'
Archivio Storico, a Napoli, e riesamina le partizioni grumentine contenute nell'opera di Giovanni Battista Pacichelli "Il
regno di Napoli in prospettiva diviso in dodiciprovincie" licenziato da Muzio, a Napoli, nel 1703.
La fonte principale di riferimento è costituita, soprattutto, da "Italia Sacra" di Ferdinando Ughelli edita a Venezia
per i tipi di Sebastiano Coleti nel 1721 relativa al vescovato grumentino e marsicano ed alle "Gesta Laverii descripsit
Robertus de Romana diaconus Saponariae anno Dom. 1162" descritte nel tomo VII alle col. 488-496.
Il Ramaglia ha modo di scorrere e di analizzare le articolazioni della "Lucania sconosciuta", il manoscritto di Luca
Mandelli (o Mannelli), monaco di Sant'Agostino, "Theologus atque antiqitatum indagator celeberrimus "secondo la
Bibliotheca Augustiniana di J. F. Ossinger, e di studiare e riflettere, in particolare, sulla composizione e sui contenuti
del Libro III" e dei capitoli 7, 8, 9, 10.
VII
Del lavoro stilato alla metà del secolo XVII, in dote alla Biblioteca Nazionare di Napoli (ms. XVIII - 24), circolava
allora più di una copia ma egli fa leva, soprattutto, sia sulle ricerche "conservate" come quelle fatte e classificate
dall'arciprete Danio, ma anche su quelle "raccolte forse da chi aveva il pensiero diregistrarle"alla maniera di
Costantino Gatta il quale aveva studiato e stralciato il Mandelli e, insieme con il chierico Domenico Maria di
Torchiara, permaneva a Grumento per analizzare e studiare sul posto le opere, i documenti e le collezioni del
museo realizzato dal Danio.
Le ricerche grumentine saranno ordinate, dopo la morte del Gatta awenuta nel 1741, e pubblicate dal figlio
Giuseppe nel 1743, a Napoli, di nuovo per i tipi della stamperia muziana a corredo quelle edite in "Memorie
topografico - Storiche della Provincia di Lucania comprese nella Provincia di Basilicafa e del Principato di Citra" con
prefazione dell'altro figlio Gherardo Saverio, stampate, nel 1732, dallo stesso Muzio ma, questa volta, con il titolo di
"Aggiunte di molte erudite annotazioni e colle notizie dell'antico e venerabile tempio dedicato alla SS. Vergine nel
territorio della Città di Saponara e di un sepolcreto dei Gentili presso l'antica Città di Consilina in detta Provincia “.
La storia religiosa e devozionale si combina con quella della municipalità e, Ramaglia, ne segue il reciproco
sviluppo e la comune decadenza ma riesce a comporre un mosaico dei fatti, degli awenimenti che evidenziano, nei
secoli, la grandezza ed il martirio di quella che è la "grumentinità ", che lacerano il suo prestigio, poi dolorosamente
perduto, ma palesemente riscontrabile ed analizzabile, nell'opera di Ramaglia, sia nei fatti che nei documenti che
richiamano al ruolo di una identità mai dimenticata, mai spenta e cancellata ma vivente ancora nella "facie" delle
diverse componenti delle fonti che assumono, nel percorso dell'iter della sua ricomposizione, i tratti variegati delle
categorie più diverse perché diversa è la tipicità sia dello spazio geografico di studio (Grumento e Saponara) sia
l'evolversi del tempo storico delle vicende e della Collegiata.
La ricostruzione delle partizioni in un tutto organico per la ricomposizione delle tessere del mosaico delle vicende
grumentine e saponariensi nella compiuta tessitura deli'arazzo della storia, i fili frantumati del tessuto della memoria,
offrono al Ramaglia, l'analisi del tempo e degli uomini e la soluzione narrativa si conduce attraverso il sentiero
strettamente euristico.
La sicurezza documentaria rinvenibile nella esposizione della varietà "actuaria" le cui certezze sono riscontrabili
nell'esarne comparato delle fonti di studio e dall'analisi dei reperti, delle scoperte e dalla copiosa documentazione
ordinata, ricomposta e predisposta da Mons. Danio, assicurano al Ramaglia un materiale pronto e composito che
egli utilizza a piene mani ma che egli arricchisce, a suo modo, anche con la registrazione di fonti derivate che, in
qualche caso, vengono appaiate a quelle della documentabilità ecclesiastica e municipale.
Sono quelle della "intellighenzia" e della saggezza, sia tradizionale che intuitiva, della cultura locale
contemporanea della quale si può riconoscere lo spessore certo, favorito e sostenuto dalla corte dei Sanseverino,
ma non tutte le certezze trasmlbse dalla tradizione e dalla consuetudine perché soggette ed intrise della volubile e
personale oralità che egli usa in connessione con il supporto documentario e ne conserva, anche, il tratto
dell'ordinario parlato: omninamente, andorno, squittinando, porgiuto.
La copia moliternese del manoscritto del Ramaglia resa mutila, dal Racioppi, della "Vita" e delle "Gesta" di San
Laverio, non trascritta perchè ritenuta graficamente imprecisa e scorretta da fargli preferire quella pubblicata
dall‟Ughelli, non manca di aggiunte e di interpolazioni di prima mano dello stesso Racioppi, stilate più per sua
VIII
memoria e valutazione che per modifica all'impianto del testo da far emergere la considerazione e la certezza
che la copia era stata eseguita per l'uso e lo studio strettamente personale e privato.
L'opera del Ramaglia, nell'esemplare moliternese, è stata costretta al sonno dei secoli forse perchè ritenuta
inadeguata, ma di certo, molestata e condizionata dal perdurare del giudizio impulsivo e superficiale del Racioppi o,
forse, anche perchè impone e richiede allo studioso, un lavoro complesso, articolato e pluridisciplinare sia critico che
storico, sia religioso che letterario.
Vincenzo Falasca, con questa edizione, ha ridato non solo la voce e lo spessore dovuto al Ramaglia,
ingiustamente dimenticato, ma ha restituito, alla Città di Grumento, i tratti di una ritrovata identità fatta di dignità
storica e culturale, sociale e religiosa che il tempo e gli uomini hanno fermato e coperto di silenzio colpevole.
GIUSEPPE GIOVANNI MONACO
IX
NOTA DELL‟AUTORE
Le “Memorie Grumentine Saponariensi” di Niccolò Ramaglia, vissuto in Saponara (oggi Grumento
Nova) agli inizi del 1700, è uno dei pochissimi manoscritti, riguardanti la Storia della Basilicata, rimasto
inedito.
L‟Autore, In un passaggio fugace del suo lavoro (cap. 52°, § 1°) esprime la recondita speranza che esso
che esso, in un futuro più o meno prossimo, venisse pubblicato.
Purtroppo, per circa tre secoli, (il manoscritto è del 1736) questa aspirazione è rimasta disillusa, vuoi per la
ponderosità dell‟opera e vuoi per le intrinseche difficoltà di trascrizione che presentava la copia del
Manoscritto Originale (andato perduto) malamente trascritto da copisti non all‟altezza del compito.
Abbiamo voluto portare a compimento questa fatica, ritenendo che non fosse giusto che un pezzo di
storia di una Comunità, una volta importante, come quella di Saponara, venisse conosciuta solo di riflesso
attraverso le numerosissime citazioni che gli Storici ne facevano.
L‟opera del Ramaglia è uno spaccato significativo delle condizioni di un Istituto religioso, quello della
“Collegiata” che in Saponara, come altrove, costituì per lunghi secoli l‟asse portante dell‟ economia locale
e di molti Comuni della Basilicata.
Il gruppo di studiosi, raccolti intorno allo Storico Gabriele De Rosa, ha dimostrato “ad abundantiam”
l‟importanza delle Collegiate e delle Chiese ricettizie nel contesto dei rapporti socio-economico-religiosi fra
il Clero e la popolazione meridionale.
Tale importanza assunse un particolare significato proprio in Basilicata ove il patrimonio di queste
Istituzioni divenne così ragguardevole che, dopo le leggi post-unitarie del 1866 e 1867 (liquidazione
dell‟asse ecclesiastico), gli introiti per i lotti venduti nella nostra Regione, ammontanti a oltre 20 milioni di
lire, la collocarono davanti a molte regioni del Nord e anche del Sud.
La stratificazione della proprietà terriera ed immobiliare nelle mani degli Enti Religiosi, raggiunse in
Saponara, come altrove, una enorme concentrazione tanto che, come è dato rilevare nel Catasto Onciario
di inizi 1700, superava di gran lunga quella dei Signori Feudali.
Il Ramaglia nella sua opera racconta la secolare lite per la Giurisdizione tra la Collegiata Insigne di
Saponara e la Diocesi di Marsico Nuovo, supportando l‟illustrazione del lunghissimo conflitto con
documenti assolutamente originali che solo per merito suo si sono salvati.
Può darsi che l‟accanita contrapposizione abbia portato, da una parte e dall‟altra, ad “inquinare ogni
cantone di Archivio” (come ebbe a scrivere Giacomo Racioppi) pur di prevalere nelle Sedi di giudizio
romane.
“Questioni di principio” ma anche e soprattutto “motivi economici” spinsero i contendenti ad adoperare
tutti i mezzi a disposizione, leciti ed illegiti.
La lunghissima narrazione del Ramaglia, però, oltre a trattare gli aspetti specifici della lotta ingaggiata
con la Diocesi di Marsico getta luce su tutti gli aspetti della realtà locale: usi e costumi feudali, l‟Istituto
X
della Contea, monumenti religiosi e civili, importanti personaggi locali e leggende del posto, agiografie di
Santi autoctoni.
La realizzazione della presente pubblicazione è stata possibile grazie anche ad alcune persone che
sono state di validio ausilio: primi fra tutti il Bibliotecario municipale di Moliterno Rocco Rubino, mia moglie
Benedetta Mileo (per le ricerche effettuate sui libri parrocchiali relativamente agli atti della famiglia
Ramaglia), i Parroci pro-tempore Don Marcello Cozzi, Don Domenico Lorusso e Don Antonio Curcio.
S‟intende qui ringraziare calorosamente anche il Prof. Giuseppe Giovanni Monaco per aver accolto
l‟invito a premettere la sua pregevole presentazione all‟opera e la Signora Adriana Ramagli in Draetta,
discendente dell‟Autore delle “Memorie” e figlia del dotto genitore Prof. Niccolò Ramagli (omonimo del suo
trisavolo autore delle “Memorie”) per avermi fornito materiale relativo al padre.
Ringraziamo infine la Regione Basilicata (il Presidente Vito De Filippo e l‟Assessore alla Cultura Carlo
Chiurazzi), l‟Amministrazione Provinciale di Potenza (il Presidente Sabino Altobello), la Comunità Montana
“Alto Agri” (il Presidente Rino Ponzio) e il Comune di Sarconi (il Sindaco Cesare Marte) per il Patrocinio
concesso alla presente pubblicazione*
.
VINCENZO FALASCA
XI
INTRODUZIONE AL MANOSCRITTO
1. Il manoscritto: caratteristiche del volume.
L‟unica copia oggi esistente del manoscritto del Dottore in Legge saponariense Niccolò Ramaglia, vissuto agli
inizi del 1700, trovasi nella Biblioteca municipale di Moliterno. Essa è inventariata ma non catalogata.
Fa parte del fondo librario che lo Storico moliternese Giacomo Racioppi, alla sua morte, lasciò in eredità al
Comune.
Presenta le seguenti caratteristiche: larghezza pagina cm. 20; lunghezza cm. 27, spessore del ms. cm. 7,5. I fogli
sono in n° di 686. La numerazione è in genere organizzata per foglio: recto e verso. Qualche volta è per pagina. La
carta di tipo pergamenata presenta una grammatura di 150 gr. circa. Di recente il volume è stato restaurato e la
coperta è di cartone abbastanza spesso, ricoperto in pelle. Sul dorso è stata incollata l‟antica etichetta rosso-scura,
a lettere d‟oro, riportante il titolo e l‟autore.
I copisti furono almeno 4-5, alcuni di basso livello culturale. Qualcuno non conoscendo il Latino trascriveva
meccanicamente i documenti scritti in tale lingua, risultandone quindi una trascrizione per nulla attendibile, anzi in
alcuni punti addirittura incompresibile. In moltissimi punti ci sono errori grossolani e molti documenti sono trascritti
parzialmente per l‟incapacità del copista di interpretare il testo latino.
Ad esempio al foglio 38/verso, rigo 5°, il copista anziché trascrivere “Ferdinando Ughellio nel tomo 7°” egli scrive
“Ferdinando V. quell’io nel tomo 7”.
2. Breve storia del manoscritto.
Il manoscritto, di cui si propone, dopo circa tre secoli, l‟edizione critica, è uno dei pochi documenti riguardanti la
storia civile e religiosa di una Comunità della Basilicata, rimasto inedito.
Esso s‟intitola “Memorie Grumentine Saponariensi” e riporta un lunghissimo sottotitolo che è quasi una sintesi
della materia trattata con l‟annotazione dell‟Autore: Dottor Niccolò Ramaglia e dell‟anno: 1736.
Occorre avvertire il lettore che l‟inedito della Biblioteca di Moliterno, di proprietà di G. Racioppi, è una copia
dell‟originale, andato smarrito per cause non del tutto chiare.
A tal proposito il Racioppi (in un‟annotazione vergata di suo pugno, nella pagina che precede il frontespizio)
scrive: “La presente copia manoscritta è stata fatta sul manoscritto che io credo originale, del Nicolò Ramaglia,
autore, il quale manoscritto, oggi, 1878, si trova in potere del sig. Vincenzo Ramaglia, avvocato in Sarconi. Un'altra
antica copia del manoscritto originale del Ramaglia è in potere dell'egregio Francescopaolo canonico Caputi di
Saponara. Io la credo eseguita nel secolo passato. In essa, però, manca la vita di S. Laviero. Avverto che la
presente copia non è stata collazionata con l'originale. Le carte in bianco, che nel presente volume vengono dopo
l'indice e prima dell'introduzione, sono state messe ivi per isbaglio del rilegatore. Agosto 1879”
L‟oggetto della presente pubblicazione, quindi, è una copia che noi riteniamo addirittura di terza mano, tante sono
le omissioni e gli errori che lo caratterizzano. Il manoscritto di Niccolò Ramaglia, doveva essere senz‟altro di migliore
qualità. Iniziato dall‟Autore nel 1736 fu terminato nel 1742, come si arguisce da alcuni argomenti trattati negli ultimi
capitoli del lavoro, che riguardano proprio quest‟ultimo anno.
Niccolò Ramaglia, anche se non lo dice esplicitamente, nutriva l‟ambizione che qualcuno si premurasse in futuro
di provvedere alla sua pubblicazione.
XII
Nel Cap. 52°, § 1, rigo 2, parlando della Chiesa Matrice di S. Antonino, Niccolò Ramaglia sommessamente e
quasi distrattamente scrive: “Qualora questi scritti si avessero a pubblicare”, ed è l‟unica volta che si lascia sfuggire
questo fugace pensiero, segno questo che indica come il lavoro, ormai quasi portato a termine, dovesse servire non
per ricordare il suo nome ma a gloria e ricordo di tutte le azioni portate avanti dai rappresentanti della Insigne
Collegiata Chiesa di Saponara. Egli aveva iniziato il lavoro su incoraggiamento e sprone dell‟erudito Arciprete Carlo
Danio Ceramelli, il primo archeologo delle antichità romane della sottostante Grumentum.
Lavoro intrapreso dopo essere stato nominato dal Capitolo dei Canonici della Chiesa Collegiata di S. Antonino,
Martire, Procuratore Generale e Legale degli affari della stessa nel 1731.1
In tale veste, aveva avuto la possibilità di attingere a piene mani ai documenti originali conservati nel ricchissimo
Archivio della Collegiata.
Al di là dei panegirici e della difesa d‟ufficio riguardanti la storia e i diritti dell‟Ente religioso Saponariense, il merito
maggiore di Niccolò Ramaglia è quello di averci trasmesso atti, sicuramente integri ed originali, di capitale
importanza per capire la storia di un Comune, Saponara, che nel Medioevo ed oltre ha avuto un ruolo di primo piano
nel contesto dell‟area e della Regione. Documenti che altrimenti (come è accaduto per tutti quelli della storia civile
del Comune), si sarebbero perduti.
Giacomo Racioppi, sotto questo aspetto, non rende granchè merito al Ramaglia quando nella sua “Agiografia di
S. Laverio”2
afferma: “Il dottor Niccolò Ramaglia di Saponara scrisse nel 1736 le “Memorie Grumentine
Saponariensi”, ove intorno alle origini di Grumento e di Saponara raccatta tutte le fiabe che la grama erudizione
indigena ebbe inventate nei secoli XVI e XVII”.
Poi, quasi a scusarsi dell‟ingeneroso giudizio espresso prima, soggiunge: “e con miglior consiglio, raccoglie copia
di documenti e di notizie che alla storia della sua patria riescono di prezioso interesse”.
L‟esame dei numerosissimi documenti riportati dal Ramaglia (anche se molti, come detto in precedenza,
assolutamente incomprensibili per colpa dei copisti) da noi confrontati con il testo di alcune pergamene della Chiesa
Collegiata di Saponara, che sono residuate e conservate presso l‟Archivio di Stato di Potenza3
, dimostra senza
ombra di dubbio che l‟Autore delle Memorie attingeva dagli originali senza inventare nulla.
Che poi indulga al racconto di leggende, letterarie o popolari, (basta leggere la lunghissima introduzione al Cap. I
che inizia il racconto addirittura da Noè e da Sem), per capire che egli non crede affatto a quanto racconta, ma che
registra quanto era nella cultura del suo tempo. Anche I fatti di poco conto narrati nelle Memorie (ad esempio i danni
provocati da un fulmine caduto sul campanile della Chiesa Madre, nel Cap. 57°) indicano la voglia dell‟estensore di
lasciare traccia di uno spaccato del sentimento religioso della comunità di Saponara.
Ma quale è stata la sorte toccata al manoscritto autografo redatto da Niccolò Ramaglia? Nessuno può dirlo con
certezza. Pietro Borraro in “Studi Lucani e Meridionali”4
affermava che l‟omonimo bis-bis nipote Prof. Nicolò Ramagli
(nato nel 1903) gli aveva confidato che agli inizi del 1800 era ancora in possesso del nonno Avv. Vincenzo Ramagli
di Sarconi. Questi lo diede in visione a tale Antonio Frabasile, religioso poliglotta che, emigrato prima in Grecia e poi
negli Stati Uniti, non lo restituì più al proprietario.
1
Cfr. Cap. 45°, § 2.
2
:Cfr. “Fonti della storia basilicatese al Medio Evo” (Roma 1881, Ed. Barbera), pag. 5
3
Pregevole il lavoro della Vice Direttrice dell‟Archivio Valeria Verrastro che ha transuntato tutte le pergamene nella sua
pubblicazione “Le pergamene della Chiesa Collegiata di S. Antonino Martire di Saponara”, in Boll. St. Basilicata, n° 6, 1990.
4
Galatina, Congedo Ed., 1978, pag.301
XIII
La copia di prima mano in possesso dell‟Arciprete Francesco Paolo Caputi,5
andò anch‟essa smarrita. Riteniamo
che, come è stato da noi dimostrato per il codice della Platea dei beni del Monastero di S.Croce del 1654 (Oggi alla
Philadelfia Free University e di cui disponiamo del microfilm), dopo la morte del Caputi, qualche suo parente,
facendo piazza pulita dei documenti conservati nel suo archivio personale, l‟abbia portato a Milano e lì venduta al
libraio Renzo Rizzi6
, che poi la rivendette non sappiamo a chi.
Vane sono state le nostre ricerche fatte nel tentativo di rintracciare l‟originale o la sua prima copia. Si è chiesto ad
Episcopia, Comune del Frabasile, si è cercato a Milano per quella del Caputi.
Il Racioppi, come detto in precedenza, affermava nel 1878 che il manoscritto in suo possesso era stato copiato
dall‟originale in possesso di Vincenzo Ramagli, senza fornire però spiegazioni. Non dice nemmeno come e da chi gli
era pervenuto. E‟ stata comunque una fortuna che esso sia venuto in possesso dello Storico moliternese che ne ha
preservato l‟esistenza.
3. L’Autore delle “Memorie”: famiglia e discendenti.
I Ramaglia erano un‟antica famiglia di Saponara. La ritroviamo nei Libri parrocchiali, esistenti nell‟archivio della
Chiesa di S. Antonino, sin dal primo volume dei Libri baptizatorum. Essa è riportata anche con la variante
“Ramaglio”. Pur non facendo parte delle famiglie cui spettava un posto nel “Seggio dei Nobili”, dalle qualifiche e alle
professioni dei suoi componenti ricavate dai Libri matrimoniorum e dai Libri collegiali dei Defonti, si arguisce che
ebbe un ruolo di rilievo nella comunità saponariense: annoverava Sacerdoti, Dottori in legge, ostetriche, etc.
Per quante ricerche abbiamo fatto, spulciando le carte parrocchiali dell‟epoca, non siamo riusciti a rinvenire
alcuna indicazione che riguardasse la nascita di Niccolò Ramaglia.
Riferimento certo è l‟annotazione della sua morte avvenuta il 5 Settembre 1750 all‟età di circa 55 anni per un
“moto apopletico” nel V Libro Collegiale dei Difonti, anni 1734-1779, Fol. 142/verso, 3a
annotazione:
“Nell’istesso giorno (5 Settembre) 1750, Il Dr. Nicolò Ramaglio figlio del q.(uonda) m (ndr: defunto) Dr. Giuseppe
Ramaglio di questa Città in età d’anni 55 in circa nella sua casa nel grembo di S. Chiesa privo delli Sacramenti della
Confess.e e della comunione per un moto apopletico sopragiuntoli, ha solamente ricevuto il Sagramento
dell’estrema unzione e raccomandata la sua anima dal Sacerdote D. Nicolò Roselli eddomadario, e nel giorno
seguente fu sepelito nell’Insigne Collegiata. Giliberti Arciprete”
5
Autore dell‟opera “Tenue contributo alla storia di Grumento e di Saponara”, Ed. Pesole, Napoli 1902
6
Cfr.David Anderson “Ricerche di Storia sociale e religiosa”, n° 31-32, Ed. Storia e Letteratura, 1987
XIV
Quindi la sua presumibile data di nascita dovrebbe aggirarsi intorno all‟anno 1695.
I suoi genitori erano il dott. Giuseppe Ramaglia (non sappiamo se dottore in legge o dottore fisico) ed Isabella
Colombo o Columba. La indicazione relativa al padre la ricaviamo dal predetto atto di morte (il padre defunto è detto
“quondam”7
) mentre quella per entrambi i genitori, dalla “Dichiarazione di stato libero”, redatto dal Canonico
Sebastiano Roselli ed affisso nella Collegiata nei giorni 2-9-16 Febbraio 17218
prima di sposarsi a Sanza.
La madre Isabella, di cui in nessun atto è citato il Comune di provenienza, morì a 55 anni il 5 Giugno 1717, quindi
nata nel 16629
. Se si conosceva il suo paese d‟origine si sarebbe potuto ricavare il luogo dove il nostro Niccolò
Ramaglia era nato, perché probabilmente essa era partorita nella casa dei propri genitori. Avendo ricavato dal
manoscritto che l‟Autore delle Memorie, come egli rivela al Cap. 53°, era stato nominato Governatore della Terra di
Carbone, è presumibile che egli fosse nato proprio in questo Comune della Basilicata.
Si sposò, come detto, a Sanza, con Carmina Veglia che viene menzionata al Cap. 55°, § 6 (“dilettissima mia
consorte”) e al Cap. 56°, § 4 (“mia consorte”) del manoscritto. Nata nel 1695, morì all‟età di 47 anni il 29 Agosto
1742. Nel suo atto di morte il suo cognome compare come La Veglia (forse il prete sbagliò l‟annotazione) ed è detta
“della Terra di Sanza e “ figlia di Giovanni Tommaso”10
Da essa Niccolò ebbe 2 figli e 3 figlie.
Dei due figli l‟Autore delle Memorie ci da una indicazione generica al Cap. 57, §1, ove accenna ai suoi “due
figlioli” che, dopo la caduta del fulmine sul campanile della Chiesa Madre (anno 1742), erano fuggiti uscendo dalla
“portella” (ossia la seconda porta della chiesa).
7
Il dott. Giuseppe Ramaglia risulta già deceduto prima del 1715 come si ricava da un atto del Notaio Celso del 17/11/1715 con
il quale si stipulano i Capitoli matrimoniali di Anna Maria Ramaglia, vedi nota successiva n° 19.
8
Cfr. “Liber matrimoniorum”, anni 1652-1732, 2 Febb. 1721.
9
Cfr. Atto di morte in “Liber defunctorum”, anni 1640-1733, Fol. 89/verso. In esso il cognome figura “Colombo”.
10
Cfr. Atto di morte in “Libro collegiale dei defunti”, 1734-1780, Fol. 84/verso.
XV
Approfondite ricerche sui Libri Parrocchiali ci hanno consentito di sapere qualcosa in più sulla prole di Niccolò
Ramaglia.
Il primo figlio, nato il 10 Luglio 1722, si chiamava Ioseph, Vitalis, Franciscus, Thomas, Gerardus, Bernardus11
Questi divenne Sacerdote come si ricava dalle annotazioni nei libri dei battesimi da lui celebrati.12
Del secondo, trasferitosi a Sarconi verso la metà del 1700, da cui discesero i Ramagli giunti ai nostri
giorni, non siamo riusciti ad individuare la data di nascita perché il Libro dei Battezzati degli anni 1660-1733,
presenta la sottrazione di due gruppi di fogli: il primo da Fol. 242 a Fol. 258 (corrispondente al periodo Settembre
1722-Luglio 1725), il secondo da Fol. 261 a Fol. 275 (Maggio 1726-Maggio 1728).
E‟ molto probabile che nei fogli mancanti era stata annotata la nascita del secondogenito. Siamo riusciti
comunque a recuperare la identità del secondogenito di Niccolò consultando il Libro dei matrimoni degli anni 1734-
1782, ove al Fol. 119/Recto, vi è l‟annotazione degli Avvisi di matrimoni pubblicati il 2-9 e 16 Novembre del 1749
con i quali si annunciava il matrimonio da celebrarsi da parte del “Magnifico Pasquale Ramaglia, figlio del Dott.
Nicolò di questa Città, …nella Terra di Sarconi colla magnifica Angela Scarano”.
Riportiamo di seguito il predetto documento con la relativa trascrizione:
Avviso di matrimonio di Pasquale Ramaglia, secondogenito di Niccolò.
11
Cfr Atto di nascita in “Libro dei battezzati”, anni 1660-1733, Fol. 242/recto. In esso vi è l‟indicazione della madre Magnifica
Carmina Veglia.
12
Vedasi successiva nota n° 15.
XVI
Trascrizione Avviso di matrimonio di Pasquale Ramaglia
“Il Magnifico Pasquale Ramaglia figlio del Dott. Nicolò di questa Città, dinunciato al Popolo presente tra
le solennità delle Messe in tre giorni festivi di Domenica occorsi a di 2; 9; e 16 del mese di Novembre del
cadente Anno 1749 non fu egli da verun ostacolo impedito, perché non avesse contratto matrimonio per
verba de presenti nella Terra di Sarconi colla magnifica Angela Scarano. = Canonico Bianculli Economo”
La moglie di Pasquale, apparteneva alla nobile famiglia sarconese degli Scarano, alcuni rappresentanti della
quale si distensero durante la “Rivoluzione Napoletana” del 1799 contro i Borbone: Scarano Alfonso, galantuomo,
Scarano Domenico, proprietario, Scarano Donato Antonio, Cancelliere comunale.13
Quest‟ultimo fu anche
successivamente capo della Setta carbonara di Sarconi e venne delegato dalla “Vendita” del suo paese a
rappresentarlo alla “Grande Assemblea del popolo carbonaro” tenutasi a Potenza l‟11 Agosto del 1820.14
Non avendo rinvenuto nei documenti consultati, successivi al 1749, alcuna annotazione relativa a nessuno dei
figli di Pasquale Ramaglia, riteniamo che egli si sia spostato a Sarconi appena dopo il matrimonio.
Uno dei suoi figli si chiamò sicuramente “Niccolò,” che generando il Vincenzo Ramagli Avvocato, di cui parleremo
appresso, fu l‟anello di congiunzione fra i “Ramaglia” di Saponara e i “Ramagli” di Sarconi.
Ritornando al nostro Autore delle Memorie, e alle sue figlie, diciamo che la prima si chiamava Maria Isabella di
cui viene fatto un cenno nel § 1 del Cap. 57° allorquando nel trambusto succeduto alla caduta del fulmine l‟Autore
dice: “…già vidi la mia figliola Maria Isabella…”. Essa risulta sposata con Francesco Romaso da cui ebbe il 29
Giugno 1763 un figlio di nome Nicolò, Giuseppe, Antonio, Donato, Laviero15
.
La seconda, di nome Maria Teresa Geronima, nata il 16 Agosto 173416
, morì bambina il 23 Settembre 173617
.
La terza si chiamava Rachele, nata il 9 Maggio 1736 dopo un parto travagliato, cui accenna l‟Autore al Cap. 55°,
§ 6. Afferma che la moglie fu salvata ed aiutata in tale circostanza dalla Sacra Reliquia del Sangue di Cristo, in
quanto custodiva nelle sue vesti una delle tre chiavi del ripostiglio e dice “col dare alla luce una bella bambina quale
si chiama Rachele”.
L‟Autore delle Memorie aveva un fratello e tre sorelle.
Il fratello Giovan Battista, Sacerdote della Collegiata, era probabilmente più anziano di lui e viene menzionato nel
manoscritto tre volte: al Cap. 42°, § 2, ove si dice che il Vescovo gli conferì l‟onorificenza dell’Ordine della
13
Cfr. Vincenzo Falasca “La Rivoluzione Napoletana del 1799 nei Comuni della Valle dell’Agri e in Basilicata”, Ed. Ermes, Potenza
1999, pag.135.
14
Cfr. G. Mallamaci “Sarconi-immagini storiche di un paese della Val d’Agri”, Tip. Waltergrafkart, Moliterno 2000, pag. 54.
15
Cfr. Libro dei battezzati (sotto l’Arciprete Andrea Giliberti), anni 1756-1781, Fol. 46/recto, 3a
annotazione, 29 Giugno 1763. In
tale atto risulta che il battesimo fu celebrato dal “ Rev. Sacerdote Giuseppe Vitale Ramaglia”, 1° figlio di Niccolò Ramaglia.
16
Cfr. Libro dei battezzati, anni 1734-1756, Fol. n° 9/Verso
17
Cfr. Liber mortuorum, anni 1734-1780, Fol. n° 35/Recto
XVII
Cattedrale, al Cap. 55°, § 4 e al Cap. 56, § 3°. Non abbiamo su di lui documenti ufficiali, salvo le annotazioni nei
Libri Parrocchiali ove lo si ritrova celebrante di numerosi battesimi e matrimoni.
La prima sorella di Niccolò Ramaglia si chiamava Anna Maria Antonia e risulta nata il 16 Gennaio 1692.18
La seconda si chiamava Anna Maria ed era nata il 27 Aprile 169319
. Sposò il 23 Febbraio del 1716 il Dott. Fisico
di Montemurro Giovanni Appella.20
In un atto notarile del Notaio Celso di Saponara del 17 Novembre del 1715,
vennero stipulati i Capitoli matrimoniali alla presenza dello sposo e della madre vedova Isabella Colombo (o
Columba) e dei fratelli, Sacerdote Giovan Battista e Dott. Niccolò Ramaglia.21
La terza si chiamava Teresa Antonia ed era nata il 5 Dicembre 1696.22
Dalla sequela documentata delle date di nascita delle sorelle di Niccolò si ricava che il suo anno di nascita non
può essere che il 1695.
Documentata è altresì, in vari atti parrocchiali dal 1654 in poi, l‟esistenza del Sacerdote Carolus Ramaglia, fratello
del padre di Niccolò, autore delle Memorie.
Come abbiamo accennato in precedenza, da un figlio di Pasquale
Ramaglia, trasferitosi a Sarconi alla metà del 1700, nacque nel 1834
Vincenzo Ramagli, Avvocato, morto il 1918, dopo una lunga carriera
professionale espletata prevalentemente in Val d‟Agri.23
Aveva un fratello
di nome Niccolò Antonio che partecipò, quando Garibaldi venne in
Lucania, alla spedizione del 18 Agosto 1860 a Potenza24
. Vincenzo fu
l‟ultimo possessore della famiglia del manoscritto autografo delle
Memorie.
Vincenzo generò nel 1858 a Sarconi Giuseppe Ramagli25
. Questi
abbracciò la carriera burocratico-amministrativa di Segretario comunale,
attività che espletò nei Comuni di Sarconi, San Costantino Albanese,
Casalbuono, Tolve, Viggiano e Moliterno. Elaborò, nella sua qualità di
tecnico, il Regolamento delle acque del Comune di Sarconi. Suo fratello
Vincenzo Ramagli (Sarconi 1834-1918)
(Foto n° 2/a)
Avv. Vincenzo agli inizi del 1900 partecipò attivamente alla vita amministrativa del suo paese26
. Verso la fine della
sua vita, anche per i contrasti politico-amministrativi locali, emigrò a Napoli ove morì nel 1922.
18
Cfr. Atto di nascita in Libro dei battezzati, anni 1660-1733, Fol. 128/Recto
19
Cfr. Atto di nascita in Libro dei battezzati, anni 1660-1733, Fol. 134/Verso
20
Cfr. Atto di matrimonio in Liber matrimoniorum, anni 1652-1732, 176/Recto
21
Cfr. Arch. St. Pz., Protocolli Notarili, Notaio Celso, Vol. 1591, Fol. 94/Verso, anno 1715
22
Cfr. Atto di nascita in Libro dei battezzati, anni 1660-1733, Fol.146/Verso.
23
Cfr. “Nel cuore del Sud” di Niccolò Ramagli (bis-bis nipote dell’Autore del Manoscritto), Ed.RCE 2001, 2
a
Edizione, pag.30.
Vedasi di Vincenzo Ramagli la foto n° 2/a.
24
Cfr. Giorgio Mallamaci “Sarconi-immagini storiche di un paese della Val d’Agri”, Tip. Waltergrafkart, Moliterno 2000, pag. 58.
25
Vedasi la foto n° 2/b, con firma autografa.
26
Cfr. G. Mallamaci, op. cit., pag. 72.
XVIII
Da lui nacque in Sarconi il 24 Marzo del 1903 il pro-pronipote dell‟Autore delle Memorie l‟omonimo Prof. Niccolò
Ramagli27
. Egli seguì il girovagare del padre nei vari Comuni ove fu Segretario. Intorno al 1920 si trasferì a Napoli
ove conseguì la Laurea in Filosofia ed ivi insegnò presso il Liceo Umberto I°. Collaborò con molti saggi storici,
filosofici e filologici al quotidiano partenopeo Il Mattino. Narratore e poeta, di lui ricordiamo la raccolta di poesie “Il
fiore e la morte” e il lavoro storico-antropologico “Nel cuore del Sud…in Lucaniae dulces recessus”. Collaborò alla
fondazione dell‟Associazione Giustino Fortunato, in Napoli, diventandone anche Vice Presidente. Collaborò
attivamente anche con Pietro Borraro nella sua Rivista di “Studi lucani e meridionali”. Fu più volte a Grumento Nova
(i cui abitanti egli chiamava affettuosamente “Squiglij” <abituati a scivolare> ra’ Sapunara”) per studiare gli scavi
archeologici di Grumentum e la ricca biblioteca comunale “Carlo Danio.” Ebbe cinque figli e morì in Napoli il 25
Gennaio del 1981.
Niccolò Ramagli
Giusreppe Ramagli (Sarconi 1903-Napoli 1981)
(Sarconi 1858-Napoli 1929)
(Foto n° 2/b)
4. La materia trattata nel Manoscritto.
Niccolò Ramaglia aveva ricoperto dal 1731 al 1732, (come egli stesso ci racconta nell‟Introduzione e nel Cap.
45°, § 2) la carica di Avvocato Generale del Capitolo della Chiesa Collegiata di Saponara. In tale veste, avendo
avuto la possibilità di consultare i documenti originali del suo Archivio, decise di scrivere le “Memorie” e di tale
decisione ci dà motivazione proprio nell‟Introduzione all’opera:
“… siccome dirassi col corso della presente opera, non vi sia stata persona , che per la posterità pensato avesse,
e tramandato la memoria non meno degli onori che ella (ndr. La Chiesa Collegiata di Saponara) ha goduto, che
27
Vedasi foto nella pagina
XIX
delle avversità e disavventurate burasche nell'accennato corso di tanti anni sofferte, con farle macerar dalla ruggine
della obblizione. Laonde io Notar Niccolò Ramaglia28
della stessa città, più che minimo tra i professori della
Giurisprudenza, in occasione che ho avuta la fortuna di patrocinare il R.mo Collegio della enunciata Chiesa
nell'anno millesettecentotrentuno in 1732 avendo notato tutto e ciò che mi avvenne, siccome nella prefazione si è
detto, di vantaggio erami venuto in desio di aggiungervi altre notizie necessarie. Ma come questo assunto non era
per me, sì per la professione, come per non esser de pane lucrando, avendo discacciato dal mio pensiero: ma
pensando alla fin fine non far scoltare quelle mie notarelle in cotal fatta scompagnate risolvei aggiungervi qualc’altra
cosa sì, ma che non avesse trapassata la meta della mia bassissima intelligenza e la necessaria applicazione alla
mia domestica cura. Progettai questo mio pensiero col nostro eruditissimo e dottissimo patrizio Rev.mo Sig. D. Carlo
Danio, un tempo degnissimo Arciprete della stessa Chiesa …che mi persuase ad abbracciare l'impresa, ma vieppiù
animommi a maggior fatica; cioè che avessi posto in ristretto tutte quelle memorie antiche, che egli aveva della
nostra Patria e Chiesa, disperse in cartoli e vari documenti.…posposi ogn’altro mio interesse per attendere alla già
detta impresa. Mi protesto però e dichiaro…che quanto leggerassi nella presente opera registrato o è stato
fedelmente trascritto da loro originali documenti e memorie antiche; conservate o raccolte forse da chi avea il
pensiero di registrarle, ho ricavato da fedeli tradizioni porgiutemi dal riferito Signor D. Carlo, o altre persone provette,
e degne di fede”.
Il Ramaglia, avendo quindi precisato, con malcelata modestia, che la sua intelligenza non era all‟altezza del
compito, rivela di voler raccontare (incoraggiato nell‟impresa dall‟Arciprete Carlo Danio Ceramelli) la storia della
Collegiata Insigne di Saponara affinchè non cadessero nell‟oblio le sue lotte, le sue sconfitte e le sue vittorie (nei
confronti della Diocesi marsicana) attingendo da “originali documenti e memorie antiche”.
Inoltre nella “Protesta,” che precede l‟indice dei Capitoli, egli si professa rispettoso dei dettami della Santa Chiesa
Cattolica Romana e afferma che alle “Memorie” si debba prestar fede come ad opera di un privato e non ad atto
ufficiale della Chiesa stessa. Tale dichiarazione fu ispirata dal rigorismo della Controriforma e dalla necessità di
mettersi al riparo da eventuali sanzioni ecclesiastiche.
Il Ramaglia dunque racconta, in buona parte dell‟opera, il “conflitto giurisdizionale”, che si protrasse per secoli, tra
la Chiesa di Saponara e la Diocesi di Marsico Nuovo. La prima si rifiutò sempre di sottomettersi ai voleri episcopali
in quanto riteneva di essere “Res nullius” (ovvero non soggetta a nessuna Diocesi) in considerazione del fatto che
essa da Tempo immemorabile, ovvero dall‟inizio del Cristianesimo, era suprema Autorità religiosa della zona perchè
nel 370 d.C. Papa Damaso aveva istituito in Grumentum la Diocesi Grumentina, creando Vescovo Sempronio
Atone.
Questa in sintesi la materia del contendere che come ebbe a scrivere Giacomo Racioppi, indusse i contendenti a
lottare, a volte anche aspramente, senza esclusioni di colpi.
Lo storico difatti sostiene:29
“Quell’accanito litigio giurisdizionale tra la chiesa saponarese e la Curia marsicana
non rimase angolo di archivio o canto di muro che non inquinasse della sue fiabe fanciullesche”.
28
Non conosciamo il motivo per cui egli si proclami Notaro. Dai protocolli notarili conservati all‟Arch. di Stato di Potenza,
rileviamo che in quel periodo i notai esercitanti in Saponara furono: Giuseppe Giannone, Francesco Di Pierro, Nicola Celso (di
Cosenza) Carlo Romaso e Felice Antonio Rugna. Non esiste nessun registro con atti rogati da Niccolò Ramaglia. Forse egli
stava facendo pratica notarile presso uno dei predetti.
29
Cfr. Giacomo Racioppi :“Fonti della storia basilicatese al Medio Evo-L’Agiografia di S. Laverio del MCLXII” (Roma 1881, pag.
140
XX
La controversia scoppiò in tutta la sua virulenza nel 1530, allorquando l‟Arciprete di Saponara Giovanni Ferrara,
poiché si era visto annullare la sua nomina dal Vescovo di Marsico, Ottaviano Caracciolo, fece ricorso alla Sacra
Rota.
Il contrasto però aveva radici molto antiche che si possono far risalire all‟XI sec. allorquando alla Chiesa di
Saponara nel 1095, con la Bolla di Gisulfo, Vescovo di Marsico (che il Racioppi ritiene apocrifa) venne riconosciuto il
titolo di Collegiata.
Nel 1162 il Vescovo Giovanni voleva imporre all‟Arciprete della Saponara, Saulo de Goffrido, esosi balzelli che
questultimo rifiutò e ricorse all‟Arcivescovo di Salerno Romoaldo II. Questi compose nel 1163 la lite stabilendo che
la Chiesa saponariense doveva pagare al Vescovo di Marsico solo la quarta delle Decime e dei funerali, mentre per
la Giurisdizione confermò il diritto dell‟Arciprete a governare i suoi concittadini.
Le liti più clamorose si agitarono nei secoli XVI, XVII, e XVIII.
Spiccano per la loro virulenza l‟episodio del trafugamento, da parte del Vescovo Ascanio Parisi, di Moliterno,
delle carte originali del processo contro il Collegio della Chiesa di S. Antonino e l‟altro del 1677, allorquando il
Vescovo Gambacurta che, venuto a Saponara per insediare quale Arciprete il marsicano Nicola Morena, per poco
non rischiò il linciaggio.
Vi furono varie scomuniche nei confronti dei Preti e dei cittadini di Saponara da parte dei Vescovi di Marsico e
Potenza.
Ma la Chiesa di Saponara aveva anch‟essa protettori in alto loco, fra cui il Cardinale Lucio Sanseverino il quale
riuscì a far avere all‟Arciprete di Saponara, con grande scorno del Vescovo dell‟epoca, il diritto all‟uso dei pontificali
e della mitra.
Ma intorno alla metà del XVII secolo, un potente Vescovo di Marsico, il domenicano Giuseppe Ciantes, forte della
protezione della cognata del Papa Innocenzo X, Donna Olimpia, riuscì a far privare della Giurisdizione l‟Arciprete,
che all‟epoca era Giovan Francesco Danio. A nulla valse l‟intervento del famoso giurista Amato Danio, suo nipote,
componente della Regia Camera di Santa Chiara.
Seguirono poi periodi di pace con Vescovi molto tolleranti. Si tentò finanche di privare la Chiesa saponariense dei
titoli di Collegio e del Canonicato. Essa si difese con le unghie e con i denti e si dissanguò letteralmente per le
spese di avvocati nelle varie cause sostenute a Roma, presso la Sacra Rota.
Dopo il 1742, le notizie relative alle successive dispute fra il Clero di Saponara e il Vescovo di Marsico si
diradano in quanto viene meno la principale fonte costituita dalle Memorie del Ramaglia.
Sbiaditi accenni ritroviamo in un carteggio presso la Diocesi di Potenza "Pretenzioni del clero di Saponara
proposte nel Tribunale misto" che riguarda il vescovado di Diego Andrea Tomacelli (1744-1763)30
.
Alle dispute di questo periodo attiene l'allegazione dell'avvocato napoletano Onofrio Cecere del 1754 "Per lo
Capitolo della Chiesa di S. Antonino martire di Saponara in Prov. di Salerno contra il Vescovo di Marsico nel
Tribunale misto presso l'Attitante Pascale Graziola"31
Altre scarse notizie, sino al 1790, le ritroviamo nel fascicolo presso l'archivio diocesano di Potenza" Fatto per la
causa fra l'Insigne Collegiata della città di Saponara e il Capitolo della cattedrale di Marsico"32
.
30
Cfr. Arch. Diocesi Pz, fondo I, busta 4
31
Cfr. Onofrio Cecere, Allegazioni, Napoli 1759, Bibl. Naz. Na.
32
Cfr. Arch. Diocesi Pz, fondo VIII, busta 1
XXI
Le liti continuarono anche agli inizi del 1800 e la difesa della Collegiata venne affidata al dotto avv. grumentino G.
Nicola Roselli che nel 1854 pubblicò in Napoli l'allegazione" Per l'Arciprete e Capitolo della Insigne Collegiata
Chiesa sotto il titolo di S. Antonino, martire del comune di Saponara, in difesa del diritto di necessaria collazione
spettanti ad essi Arciprete e Capitolo, dei canonicati e mansionariati della Chiesa suddetta. Nell'alta Commissione
del Concordato"33
A seguito del Decreto luogotenenziale del 17 Febbraio 1861, vennero soppressi nelle province napoletane e
siciliane, insieme agli Ordini monastici, anche i Capitoli delle Chiese Collegiate non aventi cura d'anime.
Il Canonico Francesco Paolo Caputi, di Saponara di Grumento, pubblicò in Potenza nel 1863 " Ragioni per il
Capitolo di Saponara provanti la cura delle anime annessa alla Insigne Collegiata sotto il titolo di Sant'Antonino
martire, che è la chiesa di detta città"34
Con la legge del 15 Agosto 1867, n° 3848, “Per la liquidazione dell’Asse ecclesiastico”, non furono più
riconosciuti come Enti morali i Capitoli delle Chiese Collegiate e le Chiese ricettizie, con e senza cura d‟anime,
perdendo tutti i diritti giuridici in passato posseduti.35
La Chiesa di S. Antonino Martire, di Saponara, che aveva difeso sino all'ultimo, anche con grande dispendio di
risorse economiche, il titolo di Insigne Collegiata, venne da tale data ridotta definitivamente a parrocchia.
Nelle sue Memorie il Ramaglia, oltre a dilungarsi distesamente sul conflitto e la lite secolare delle due Istituzioni
religiose, accenna anche a fatti ed episodi attinenti la società, le strutture civili, i Feudatari, vari personaggi di rilievo
del posto, i monumenti e le strutture cittadine, le altre Istituzioni religiose, le feste, i culti, i miracoli, le usanze
quotidiane del popolo e le Agiografie di due Santi autoctoni: S. Antonino e S. Laverio.
Occorre avvertire il lettore che la suddivisione in paragrafi, al fine di rendere meglio l‟articolazione del contenuto
dei capitoli, è nostra elaborazione, ed inoltre che tutti i documenti riportati dal Ramaglia sono trascritti in corsivo.
VINCENZO FALASCA
33
Cfr. Giovanni Ant. Colangelo “La Diocesi di Marsico nei sec. XVI-XVIII”, Roma 1978, pag. 54
34
Idem
35
Cfr. Antonio Lerra “Chiesa e società nel Mezzogiorno”, Ed. Osanna, Venosa 1996, pag. 97.
1
2
MEMORIE GRUMENTINE SAPONARIENSI
In cui si descrivono la Edificazione, la Fede Cattolica ricevuta da S.
Laviero, i Vescovi e la distruzione della celebre città di Grumento,
colonia militare de‟ Romani; la edificazione della nuova città della
Saponara, gli Prelati, o siano Arcipreti mitrati che hanno governata la
di lei Insigne Collegiata Chiesa, sotto il tit.o di S.Antonino Martire. e le
fierissime liti agitate con i Vescovi Marsicani per causa della
giurisdizione.
Con i memorandi fatti e vita del dottissimo D. Luigi Sanseverino,
Principe di Bisignano. Storia della reliquia del Prezioso Sangue di
Cristo, con quella del prezioso Santuario, sotto il titolo di S. Maria della
Salute, detta di Grumentino - Vita di Sant'Antonino, volgare, di S.
Laviere, latina e volgare; con altre cose notabili raccolte con somma
diligenza e fatica dal
Dottor Niccolò Ramaglia di Saponara.
nell' anno 1736
3
PROTESTA DELL'AUTORE
Avendo la Santa memoria di Urbano VIII Sommo Pontefice, sotto li 13 Marzo 1625 publicato decreto, e quello
confirmato sotto li 5 Luglio 1634, col quale proibì stamparsi libri nelli quali si facesse menzione, o racconto della vita,
gesti, miracoli, revelazioni, o altri qualunque beneficii, o virtù di uomini, senza l'approvazione della S. Sede
Apostolica; ma che possano ammettersi lodi ed elogi, che cadano sopra li costumi, fama e conversazione di qualche
uomo probo, che apparissero soprannaturali: a questo Decreto, confirmazione e spiega, Io dottor Nicolò Ramaglio,
piegando humilmente il capo; e tutto me stesso; mi protesto che, tutto quanto rapporto in questa mia opera delle
Memorie Grumentine Saponariensi, si debbiano ricevere ed accettare secondo il senso, e volere della S. Chiesa
Cattolica Romana, e si debba prestar quella fede, che si presta ad un uomo privato, e non altrimenti, professando
per sempre di venerare li sacrosanti Decreti di essa Romana Chiesa, nel di cui grembo spero vivere e morire.
INDICE DELLI CAPITOLI
Cap. I Si descrive l'origine o sia edificazione della Città di Grumento, e come da S. Laviere ricevè la S.
Fede.
Cap. II Siegue a narrarsi la situazione ed altre qualità della Città di Grumento.
Cap. III Si pruova che la Città di Grumento sia stata Sede Vescovile ed in conseguenza Cattedrale.
Cap. IV Si narra la destruzione di Grumento ed in mariera che la Saponara fu edificata.
Cap. V Si descrive la fondazione della Chiesa insigne Collegiata con le altre dentro l'abitato, e Monasteri di
Donne Monache.
Cap. VI Si descrivono tutte le altre Chiese costrutte nel Territorio così dirute come in essere.
Cap. VII Si descrive la situazione del nuovo Grumento, dico Saponara, con altre cose più notabili.
Cap. VIII In che maniera la giurisdizione vescovile dopo la destruzione di Grumento, conservossi negli Arcipreti
di S. Maria Assunta, chi quei siano stati, e il principio delle liti con i Vescovi Marsicani.
Cap. IX Si rapporta l'accordo seguito con Gisulfo 2° Vescovo di Marsico, colla lui Bolla, colla quale dichiarò
Collegiata la nostra Chiesa.
Cap. X Del Casale di Tramutola, ove esso era sito, dentro di quel tenimento, come fu distrutto, ove redificato,
e per opera di chi, ed altre cose notabili, sopra la lite degli confini colla Saponara.
Cap. XI Si narra in che maniera Giovanni V°, Vescovo di Marsico, volle imporre nuovi pesi al nostro Collegio,
e si rapporta la determinazione di Romoaldo, Arcivescovo di Salerno.
Cap. XII Si narrano alcuni Arcipreti che governarono la nostra Collegiata dopo di Saulo, e si rapporta una
donazione di Roberto di Romana a prò del Collegio.
Cap. XIII Si rapporta come Pietro e Bartolomeo Vescovi di Marsico, quello nel 1330, questi nel 1368,
rinnovarono altre imposizioni, e come furono da i Metropolitani raffrenati.
Cap. XIV Siegue a narrarsi gl'Arcipreti della nostra Collegiata, e come Giacomo Sanseverino Conte della
Saponara fece al Collegio donazione per un singolare benefizio.
Cap. XV Siegue la narrazione degli Arcipreti e degli Sinodi celebrati pel buon Governo della Chiesa.
4
Cap. XVI Giovanni Ferrara, detto Arciprete, li fu contrastata la conferma dal Vescovo ma dalla Sagra Rota
ottiene sentenza favorevole e celebra il Sinodo.
Cap. XVII Si ravvisa la maniera ed il principio delle liti Giurisdizionali tra i Vescovi di Marsico ed il Capitolo
Saponariense, e come Ettore Giliberto fu processato di usurpata giurisdizione, come Prelato di
Saponara.
Cap. XVIII Antonio Fera succede al Vescovo Medices, non contento della decisione del Parisi travagliò l'Abb.
Camillo Cotino succeduto Arciprete al Giliberto in diversi Tribunali.
Cap. XIX Si narrano le tiranniche maniere con cui Ascanio Parisi, dopo fatto Vescovo di Marsico trapazzò il
nostro Collegio.
Cap. XX Berardino Cioffo ricupera la Giurisdizione essendo vescovo di Marsico Timoteo Caselli.
Cap. XXI Si rammemora la persona del Cardinale Sanseverino a prò del Collegio, ed Arciprete, con farli
ottenere l‟uso de‟ Pontificali
Cap. XXII Bernardino Cioffo passa da questa vita, li succede Claudio Abbondati, che poco sopravisse, li
soccede Gio: Francesco Danio, e della Rota si denega la udienza al Vescovo Caselli, per l‟esercizio
della Giurisdizione.
Cap. XXIII Si narra la consuetudine antica degli Canonici, che sono nel nostro Collegio, ed in che modo vengono
investiti senza le Bolle.
Cap. XXIV Il Vescovo di Potenza forse collegato con quello di Marsico travagliò lo Arciprete Danio con sorrettizia
commissione, sotto zelo di visita, con altre cose notabili della Sig.a Contessa Gesualdi.
Cap. XXV Il Principe di Bisignano D. Luigi Sanseverino, con gran fervore intraprende il patrocinio dell‟Arciprete
Danio scrivendo lettere di somma efficacia agli E.mi Cardinali della S. Congreg.e
Cap. XXVI Si ravvisano l‟eroiche virtù e vita esemplare del Suddetto Luiggi Sanseverino Principe di Bisignano.
Cap. XXVII Giuseppe Ciantes succede a Caselli nel vescovato, e s‟impegna pur lui a molestare l‟Arciprete intorno
l‟approvazione de‟ Confessori, su di che si rapporta un consiglio di Carlo Maranta Vescovo di
Giovenazzo a pro‟ dell‟Arciprete.
Cap. XXVIII Il Vescovo Ciantes col mezzo rammentato, si accinge alla finale decisione della causa, quale già
ottiene a suo favore, si descrivono le fatighe di Monsignor Danio, ed i fatti accaduti, che furon causa
di perdere la giurisdizione.
Cap.XXIX Mons. Danio rassegna l‟Arcipretura in persona del Can.co D. Franc.o Antonio Lauria: Mons. Ciantes
rinuncia al vescovado, e D. Pompeo Bisignano, rivela il processo stracciato da mons. Parisi;con altri
fatti notabili.
Cap. XXX Si ravvisa in che maniera il Capitolo fu privato de‟ Canonici, colla totale perdita della giurisdizione, a
pro‟della quale scrisse il R.o D. Amato Danio.
Cap. XXXI Angelo Cavallo dependente dal Vescovo Pinerio, mandato in Roma per ottenere le Bolle della nostra
Collegiata come Parrocchiale, persuaso le impetra come Collegiata, e ne prende valoroso patrocinio,
con altri fatti notabili.
5
Cap. XXXII Si continova la narrazione di quanto l‟Arciprete Cavallo oprò, per il ricupero almanco della
Collegialità, per la quale ottenne sentenza favorevole.
Cap. XXXIII Il Vescovo Pinerio ed Arciprete Cavallo passano da questa vita; Mons.e Gambacorta pretese di
provvedere la Arcipretura come di Parrocchiale, in persona di don Niccolò Morena di Marsico, per cui
accadde un‟inconveniente grave che fu causa di scomunica ed interdetto.
Cap. XXXIV Il Capitolo ricorre nella Sagra Congreg.e contro il Vescovo, per alcune messe celebrate a sua richiesta
in n° di 900, ed ottiene sentenza favorevole.
Cap. XXXV D. Carlo Danio Cotino ottiene dalla S. Rota l‟esecuzione delle Bolle, ottenute dalla S. Sede,
dell‟Arcipretura come di Collegiata, con altri fatti notabili accaduti.
Cap. XXXVI Il Vescovo appella la suddetta sentenza e trattanto si tratta d‟accordo col Capitolo, sua morte, ed
elezione al Vescovado in persona di Francescantonio Leopardi di Bonabitacolo.
Cap. XXXVII Si descrive l‟accordo già assodato e concluso col Vescovo Leopardi mediante la persona di D.
Domenico d‟Alessandri di Moliterno, con altre buone notizie.
Cap. XXXVIII Mons. Leopardi parte da Roma per la sua residenza, sua traslazione alla sede di Tricarico,. e li
succede nella prima il rammentato D. Domenico Luchetti.
Cap. XXXIX D. Nicola Morena eletto Vicario nella vacanza di Leopardi, fa un‟ordine, che i sposi di Saponara
avessero ricevuta la benedizione nella Collegiata, sotto gravi pene.
Cap. XL Si rapporta laconicamente la vita esemplare di Mons. Luchetti, e gli ottimi trattamenti che fece al n.ro
Collegio.
Cap. XLI D. Carlo Danio Cotino passa da questa vita, e li soccede D. Carlo Danio Ceramelli, e nella sede
Marsicana vacata per più anni fu creato Vescovo Donato Anzani d‟Ariano.
Cap. XLII Si descrive la solenne cerimonia e nobilissimo trattamento con cui fu ricevuto Mons. Anzani in tempo
della prima visita in Saponara.
Cap. XLIII Il sig. D. Carlo Danio rifiuta l‟Arcipretura alla S. Sede; il Vescovo con un bel rattrovato la conferisce al
Dr. D. Domenico Del Monaco.
Cap. XLIV Si narra la metodo con cui il Capitolo pensò conservare il Jus della provista, spettante alla S. Sede, e
si trascrive una nota di fatto, e jus del Dottor Niccola Corsari, su tal materia, degna di memoria.
Cap. XLV Si ravvisa la metodo con cui l‟Arciprete del Monaco governò la nostra Collegiata, la di lui morte, e
come l‟autore fu eletto Avvocato del Capitolo.
Cap. XLVI Il Vescovo Anzani tenta provveder egli altra volta l‟Arcipretura, in persona del Can.co D. Nicolò
Tornese di Saponara; ma il Capitolo vigorosamente si oppose, e si ravvisa la metodo.
Cap. XLVII Si ravvisa come si scuoprì che S.E. di Bisignano, non avea preteso la spedizione delle Bolle da
Roma, ma solo la esclusione del soggetto: e si tratta p(er) la provista in persona del Can.co D.
Antonio Perrone, con altri fatti notabili.
Cap. XLVIII Siegue a narrarsi l‟impegni e contrasti avuti p(er) l‟Arcipretura, e le difese del Capitolo p(er) far
spedire le bolle dalla Dataria.
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Cap. IL Continova la narrazione di quello (che) si oprò per la provista dell‟Arcipretura ed altre cose notabili.
Cap. L Mons. Anzani passa da questa vita. Il Can.co Perrone ottiene l‟Arcipretura secondo l‟antico solito, e
ne prende il possesso.
Cap. LI Epilogo di quanto nella presente opera si contiene, con altre cose notabili.
Cap. LII Si descrive il sito e la figura della Chiesa Collegiata Saponariense.
Cap. LIII Si ravvisa la maniera in cui la nostra Collegiata conserva la preziosa reliquia della Terra mista col
sangue del Comun Salvadore, e li portentosi fatti socceduti a prò de‟ fedeli e furto seguito.
Cap. LIV Si ravvisa la maniera con cui Dio di bel nuovo consolar volle Saponara, colla inaspettata invenzione
della Sagra Reliquia.
Cap. LV Si narrano alcuni portentosi soccessi accaduti per Divina permissione, per testificare la verità ed
essenza della preziosa reliquia.
Cap. LVI Si rapporta la maniera con cui la Regina del Cielo ha aperto l‟Erario delle sue grazie a prò de‟ suoi
fedeli, nella Cappella sita in un tenimento della Saponara, chiamata di Grumentino, sotto
l‟invocazione di S. Maria della Salute, o pure Salus Infirmorum.
Cap. LVII Si rammemorano altri portentosi e stupendi fatti accaduti nella Saponara, degni di considerazione per
un fulmine cascato e tremuoti.
Vita di S. Antonino – Volgare
Vita di S. Laverio – Volgare – idem – Latina (Seguono n° 3 pagine bianche)
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INTRODUZIONE
Tra gli altri infortuni e vicendevoli successi coi quali sin dal suo nascimento è stata travagliata la Insigne
Collegiata Chiesa di S. Antonino Martire della Citta' di Saponara evvi stato un dè maggiori che tra lo spazio di sette
secoli e circa ottant‟anni, che ella colla Saponara costrutta fu, siccome dirassi col corso della presente opera, non vi
sia stata persona , che per la posterità pensato avesse, e tramandato la memoria non meno degli onori che ella ha
goduto, che delle avversità e disavventurate burasche nell'accennato corso di tanti anni sofferte, con farle macerar
dalla ruggine della obblizione. Laonde io Notar Niccolò Ramaglia della stessa città, più che minimo tra i professori
della Giurisprudenza, in occasione che ho avuta la fortuna di patrocinare il R.mo Collegio della enunciata Chiesa
nell'anno millesettecentotrentuno in 1732 avendo notato tutto e ciò che mi avvenne, siccome nella prefazione si è
detto, di vantagio erami venuto in desio di aggiungervi altre notizie necessarie. Ma come questo assunto non era per
me; sì per la professione, come per non esser de pane lucrando , avendo discacciato dal mio pensiero: ma
pensando alla fin fine non far scoltare quelle mie notarelle in cotal fatta scompagnate risolvei aggiungervi qualc‟altra
cosa sì, ma che non avesse trapassata la meta della mia bassissima intelligenza e la necessaria applicazione alla
mia domestica cura. Progettai questo mio pensiero col nostro eruditissimo e dottissimo patrizio Rev.mo Sig. D. Carlo
Danio, un tempo degnissimo Arciprete della stessa Chiesa che per suoi giusti fini rinunziò, ed in tempo della
vacanza dell'Arcipretura, Economo della medesima (degno per altro delle sue rare virtù, e dottrina di Pontificia
Dignità) il quale approvando questo mio pensiero, non solo, che mi persuase ad abbracciare l'impresa, ma vieppiù
animommi a maggior fatica; cioè che avessi posto in ristretto tutte quelle memorie antiche, che egli aveva della
nostra Patria e Chiesa, disperse in cartoli e vari documenti. E tutto che conosciuto avessi che duram provinciam
perficere attentabam, pure sì per non far scorno al medesimo Signor D. Carlo, meritando alla città essere obbedito,
sì anche per onor della Patria e della Chiesa, ossia Collegio, e per far conoscere a taluni poco amici della sincerità
dell'oprare, quando mi sia stato a cuore il decoro del medesimo, posposi ogn‟altro mio interesse per attendere alla
già detta impresa. Mi protesto però e dichiaro, servendomi delle parole della Tromba dello Spirito Santo, e Dottor
delle Genti Paolo Apostolo, scrivendo ai Romani al cap. 9. Veritatem dico in Cristo, non mentior, testimonia mihi
perihibente conscientia mea in Spiritu Santo; che quando leggerassi nella presente opera registrato, o è stato
fedelmente trascritto da loro originali documenti e memorie antiche; conservate o raccolte forse da chi avea il
pensiero di registrarle, ho ricavato da fedeli tradizioni porgiutemi dal riferito Signor D. Carlo, o altre persone provette,
e degne di fede.
E per dar principio al proposto tema, sarebbe d'uopo che io in prima rapportassi qualche buona ed erudita
descrizione della origine e fondazione della celebre e cotanto famosa citta' nostra di Grumento, da che la
Saponara tira la origine. Ma come che io non sono scritturale, né storico, non potrò sodisfare la curiosità di chi
l'ambisse, se non con una distinzione, che rivolgendo tant'altre scritture antiche, emmi venuta per le mani d'idioma
latino la quale ebbenchè sia stimata per apogrifa, nulla però di manco, sapendo che da virtuosi e dotti sia stata
tenuta in gran concetto, e bramosi che non cada nell'obblio, non tralascio trascriverla, siccome farò di tutte le altre
con quella sincera e candida fedeltà, che brama e si ricerca in uno, che non vanta spacciarsene autore o alla cieca
appassionato, e ne facciano quell'uso che vogliono.
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9
CAPITOLO I
SI DESCRIVE LA ORIGINE OSSIA EDIFICAZIONE DELLA CITTA' DI GRUMENTO, E COME DA SAN LAVIERE
RICEVE' LA SANTA FEDE.
1. Da Noè a Priamo
“Annorum millenario ad Adae creatione duplicato, de vigesimo supra centesimum transacto, Pater Noè cum
quadrigentos octagtinta annos explevisset, genuit Sem, suum primogenitum cuius centesimo, ac vigesimo primo
aetatis anno universali diluvio tota Terra obruta est et omnis caro (?) deleta ipseque solus cum Patre, Matre Uxore,
duobusque ejus fratribus, et uxoribus eorum, salvus factus est; post diluvium genuit Assur, qui ex Sennahare
succedens, plagam orientalem inhabitavit, iuxta fluvium Euphratem, qui ab occidente nostro mari, et Aegipto, a
Meridie Arabico sinu a Septentrione, Armenia et Cappadocia terminatur; et ab Assur Assiria est nuncupata, cuius
regio est Asia Majoris. Hic genuit Hembrot, qui genuit Cretem, qui genuit Coclium, qui genuit Saturnum Hembroth
cognomento appellatum, hic genuit Assur a quo tota regio Assiria dicta est, qui genuit Belum, cognomento
Hembroth, qui anno vitae Sanuh vigesimo quinto Assiriis regnare coepit, eoque vita puncto. Ninus eius filius
regnum assumpsit, qui patris obitu, cordis dolore tactus, ut moerore(m) leniret, et genitoris gloriam corservaret, eius
immaginem sibi sculpire fecit, eique tantam exhibuit reverentiam, ut subiecti populi illi simulacro divinos preberente
honores, eiusque exemplo plurimi nobiles suis caris mortuis dedicarent, et his honores impenderent, ex quo per
orbem horrenda idolorum multitudo sensim est vagata.
Hic p. nummos audere fecit, et Ninivem civitatem grandem aedificavit. Eo mortuo Semiramis, regni gubernacula
suscepit, mira valde gessit et Babiloniam civitatem extruxit. Ipsa tandem, matre obtruncata, Ninus magni, Ninus
filius regno potitus est, et post eum Arius, et post eum Aralius cui successit Xerses, et huic Amatrites, post quem
Bellochus, quem secutus est Balleus et hunc Alsadus, qui successorem habuit Manytam; illa Manachaleum, et
hic Sphaereum qui Manylum filium reliquit haeredem, et hic Sphaxtum, qui Ascalem, iste Amynta, post quem
regnavit Belochus et cum eo Athosa, et Semiramis, post eos Bellopans, deinde Sosares, postea Lampares; cui
successit Cannias, illi Sosarinus, huic Mytrereus, isti Tanfanes (?), hic miti Priamo Troyae regi in subsidium
Myentum filium suum tertio genitum cum vigint sex millibus bellatoribus et curribus ducentis qui, post captum Ilium,
et Anthenore nobili Trojano ab Agamennone, Enea irato, rege Troyae praefacto, Saponam impii Anthenoris filiam,
cuius amore iam captus erat, uxorem duxit, Troiae incola factus.
2. Myento, terzogenito di Tanfanes (?), la Gru e la fondazione di Grumentum.
Anthenore post modum ab Hectoris filio e regno pulso, simul cum eo profugus Myentus, mare conscendit, ut eius
sequeretur fortunam, tempestate tamen foviente fuit ab eo seiunctus et ille ad venetianum cum duobus millibus
partes venit, ubi Patavium aedificavit; hic in sinu Paestano appulsus circa Promontorium Palinuri cum trecentis suis
Aphricanis centum quinque Troyanis et Assargeno Anthenoris filio, litora cepit. Hic Sapona filium peperit cui Sapri
nomen imposuit et anno inibi subsistentes coeperunt aedificare, et locum a puero Sapri nuncuparunt.
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Quadam vero die Myentus equum conscendens cum paucis suis voluit regionem circum stare peregrare, et
orientem versus arripuit iter; cumque usque ad vesperum equitasset, ex equo descendens, cibum sumpsit et sub
annosa quercu cumbans, ut somnum caperet, plurimis cogitationibus agitatus dum nox in suo cursu medium iter
perageret, ecce vidit Gruem, magnum lapidem pede tenentem ad quercum evolare, et supra caput, ejus in
perpendiculo subsistere, unde extemplo excurgens, Grues ad ejus motum ad aliam
propinquam quercum evolavit; ad arborem ipse curiosus accessit et Grues ad aliam porrexit; cumque id pluries
contiggisset decrevit omnino Gruem sequi; ortoque jam sole coepit Grues longius ire, et Meyndres velocius sequi; et
circa meridiem longo itinere, et solis radiis fatigatus, cum pervenisset ad cuiusdam fluvii cursum iuxta nudum collem
in planitie defluentem; Gruesque in loco ubi fluvius cum altero fluvio connectitur in populi arbore insedisset, voluit
parumper sub quadam salice quiescere , cumque se inclinasset, ut acquam gustaret, Grues repente volans ad
salicem lapidem super caput eius dimisit, cervicem percussit, et gravi vulnere sauciavit; socii facti inscii, mane
experrecti cum Myentum non invenissent cum magna diligenzia perquirere coeperunt, quem circa solis occasum
cruentatum, et fere exanimem invenerunt, casu perterriti, sanguinem cohibentes, medicinam fecerunt, et lignis
compositis ad planitiem proximam supra fluvij ripam humeris exportarunt; fluviumque Sciauram, ex repentino casu
appellarunt, et proximum cui annectitur Acrem, rem totam Saponae significarunt, quae relictis supra triginta viris,
cum filiis Fausto (leggi Egisto)1
Agenippo et Sapri, cum Assargeno, et ceteris suis devenit ad virum cuius curam
habens, ipsa medicae artis perita, cum brevi sanum fecit, omnes gaudentes templum ibidem Meditrinae dedicarunt
et meditrinalia sacrificia, patrio more mactarunt. Hinc planitici amenitate perfluentes a Myenti nomine et Gruis
auspicio Grumyentum nuncupassent, quod temporis prolapsu dempta Ypsilon, propter difficultatem pronunciationis,
Grumentum est appellatum, murisque circumdantes per duo passuum millia, eosque sollemni assiriorum ritu …(i
puntini sono del manoscritto) fecerunt sacrificia, eodem tempore, quo in traspandana Italia, Equilus Troyanus,
nepos Anthenoris, similiter e Troja pulsus, construxit, Aquilejam in Aprutio ac Samnium, nunc Beneventum et
Parthenope, hodie Neapolim in Campanea, Diomedes.
3. Morte di Sapona, moglie di Myento, ed erezione del tempio sul colle di Saponara
Triennio ab urbis constructione iam facta Sapona peperit Ascadorum, et in partu obiit; eam implacabiliter
deplorat Myentus et ad proximam nudi collis verticem deferri, et sepeliri curat, patrio more, pompa solemni, ibidem
templo cum Turri constructo, et in erecta ara, ipsius Saponae statua lapidea collocata, et Hecatombae sacrificio
oblato, diebus octo, lacrymis madidus et cinere cospersus manet apud haram, et tandem novendialibus peractis
caerimonis, mandavit quotannis, quinta die septimi mensis, Saponae ad eius aram pro communi salute, sollemni ritu
fieri popularia Sacra estque in templi ingressu ab Oriente marmorum hac inscriptione
Antenoris natae coniugis dilecte Myenti
In ara, quam cernis quiescunt ossa Saponae
Quinta quaque die cuiusque septimi mensis
Hic pro communi fiunt popularia Sacra, Salute.
1
Cfr. fol. 14/R. ove leggesi “obiit Egistus Myenti primogenitus”
11
Post annos tres obiit Egistus Myenti primogenitus, quem pater ad matrem apposuit et magno marmoreo tumulo,
quem ipsis, sibique, ac caeteris suis paravit, et statuas erexit hanc in eo colle sculptam inscriptionem posuit.
Egistus natus cum matre Sapona quiescit
Myentus cupidus cito cum utrisque Coniugi
Ipsis, sibique suisque
Paravit tumulum, statuasque quas cernis, erexit.
Octo deinde transactis annis mortuus est Myentus, illumque post dies septem secutus est Sapri adolescens quos
dolentes valde Agenippus, et Ascadorus, in peracto tumulo posuerunt, et haec verba mandaverunt inscribi.
Myentus et Sapona parentes, Egistus et Sapri nati
Hic jacent, et expectant Agenippum et Ascadorum
Qui dolentes posuerunt.
4. Fondazione del casale di Grumentino da parte di Assargeno2
Patre defuncto, Agenippus coniugem accepit Anthemiam Pestani Principis filiam, ex qua anno tertio natus est
Polidorque (leggi Polidamus)3
et Assargenus Anthenorisfilius accepit Poliantram, Anthemiae sororem et cum suis
Trojanis bismille passibus secedens a Grumento iuxta fluviali cursum Grumentinum aedificavit.
Polidamus ex Cassandra Assargeni filia genuit Lupalem qui ex Dardanida Ascadori nepote genuit Pyrrinum qui
ex Menippa filium habuit Ascadorum, qui dum in Ara Saponae annua Sacra pararet, occisus a Lambardo
Assargeni nepote, et Menippa puerum Myentum Ascadori filium ex Lambardi Sorore susceptum occulte servavit.
Lambardus Grumenti Dominium suscepit cun magna populi occisione; post annos decem grandior factus Myentus
Lambardum interemit, et Grumentum cum magna populi letitia in sua ditione suscepit, quarta die septimi mensis, et
die sequenti sollemni pompa Saponae annua Sacra fecit et Lambardi caput, et manus ad Ascadori tumulum affiexit,
et hanc apposuit memoriam in lapide sculptam.
Lambardus sororis visum Ascadorum
Peremit iniuste, at Myentus occisi filius ab
Avia Manippa servatus, ad genitoris tumulum
Reddita vice proditoris affiexit caput, atque manus.
5. Edificazione di Viggiano da parte di Voggiano, figlio di Lambardo
Voggianus Lambardi filius Myentum timens cum suis confugit ad Montem, ibique Voggianum aedificavit, ex hoc
tempore inter descendentes, populosque eorum avia sunt exorta, quae usque ad praesens perseverant et
excordescunt in dies Myentus Matrem paternae mortis consciam, atque participem convictam inextinta tum in
remoto monte inclusit, tanque aquilam infacti memoriam appellavit.
2
Assargeno, figlio di Antenore, cfr. fol. 12/V.
3
Polidamus e non Polidor (errore del copista), cfr. fol.14/V.
12
Myentus ex uxore Laudemia, Pollionis Metaponti filia, genuit Tersillum et Palemonem Tersillus ex Pallamia
genuit Artemiam, hanc adhuc Puellam, defuncto Tersillo copulavit Palemones, et ex ea genuit Ascadorum qui
cum Vogianensibus plura commisit proelia, et multas ex eis victorias reportavit. Pace tandem inita Rabeliam Rabani
Vogianentium Principis filiam accepit adolescentulam eximuiae pulcritudinis, et eloquentiae, ex qua natus est ei
Auribilis forma, facundia, fortitudine et prudentia admirabilis; hic totius regionis a Pestano sinu, usque ad
Metapontum tenuit principatum, et ex Afrania coniuge Teriastri Cronnentium Principis filia, genuit Parmenidem,
Crotonensibus opem tulit ad versus Sybaritas, eiusque industria et fortitudine populus Sibarita trucidata, et Civitas
tota fuit eversa: ex eius absentia sumpta occasione Magaldus Vogianentium
6. Il Principe Magaldo, viggianese, invade Grumentum
Princeps (Magaldus n.d.r.) extemplo Grumentum invadens occupavit, Parmenidem carceribus mancipavit, et
multa populo intulit damna; at ille nuntio certior factis, Grumentum reversus cum mille et quincentis electis militibus
Crotonientibus, inde Magaldum eiecit, et fugavit, ac persequens illum et suos, Vogianum obsevit, et quintadecima
die indicto proelio muros aggressus, populum pro majori parte obtruncavit, Magaldum interemit, et Vogianum fere
totum devastavit, murosque funditus evertit; tandem vita functus, ubi duo connectuntur flumina, Acris et Sciagura in
marmoreo sepulcro tumulatus, ac talis in quadrata pyramide inscripta apparet memoria
Magni Auribilis fecundia clari
Praestantis animi, fortissimique viri
Corpus claudit marmor, ob famam non capit orbis.
7. Grumentum, colonia dedotta dei Romani
Parmenides paulo post patrem, absque successore defunctus est; hinc coepit Grumentinus populus tres eligere
viros, qui consilio decemferiorem (leggi decemvirorum), caeteras gubernarent, et publicam gererent
administrationem: elegeruntque primitus Arthenium, Polistinem et Salvinum, eosque defensores appellarunt.
Annis centum septuaginta sub defensoribus vixit Grumentinus populus in pace; exorta sunt deinde bella inter Arulos
et Dafrones, quae totam civitatem conturbarunt, et frequentibus populis cladibus per annos sexaginta infestarunt, ac
fere ad nihilum redigerunt, neque pene desolata permansit, donec fuit Romanaque Colonia deducta, deductique
habitatores; cuius rei memoria sic extat in marmore sculpta.
T. Sempronius longus M. Servilius
D. Minutius Thermas, Trium viri Coloniam Civium
Romanorum dedux. trecent. homin. deduct.”
13
E quantunque la descrizione fino qui rapportata paia una immensione (leggi invenzione) rattrovata da bello studio
da qualche umorista, non di meno quanto anche fosse così, devesi grandemente lodare la virtù di colui che
compose con tanta concruenza verisimilitudine e probabilità, che non apportando contraddizione o ripugnanza,
fecela comparire così ben acconcia, quanto altrimenti fosse, così parimente il nome del fiume Sciagura, se vera non
è quella (che) raccontasi accaduto a Miento, al manco potè esser vera qualc'altra, poiché tal nome deve esser
conseguente di qualche fatto accaduto.
Ho tralasciato di trascrivere tutta la suddetta storia, poiché non fa al mio proposito.
Essendo dunque il nostro Grumento sotto la dizione dei Romani e regnando in quelli il gran Costantino
Imperatore, volle Iddio illustrarlo col lume della sacrosanta fede e con special grazia sua e favore fu quivi mandato il
glorioso S. Laviere per mezzo di un Angelo, stando egli carcerato nella città dell' Acerenza, che a predicare il nome
di Gesù Cristo e gli suoi santi precetti, fu ammonito si conducesse, e con effetto liberato dalla carcere giunse ivi in
Grumento il giorno dell'Assunzione di Maria Santissima nel Cielo ai 15 Agosto; ove predicando ed insegnando il
Santo Evangelo, ed avendo già buona parte di quel popolo ridotto al di lui ovile, dopo di tre mesi e due giorni cioè ai
17 Novembre degli anni del Signore 312 ricevè la Corona del Martirio, fuora della già nomata città di Grumento, ove
in quel tempo venivansi due noti fiumi, Acri e Sciagura, ed ove oggi vedesi ancora esistente la chiesa allo stesso
Santo dedicata, siccome costa dagli Atti del medesimo che avanti soggiungesi.4
4
Si tratta dell‟Agiografia di S. Laverio scritta dal canonico saponariense Roberto de Romana nel 1162.
Giacomo Racioppi, scrisse su di essa un pregevole saggio:“Fonti della storia basilicatese al Medio Evo” (Roma 1881, Ed.
Barbera).ove dimostrò che molti passi dell‟Agiografia erano stati interpolati successivamente dagli eruditi religiosi della
Collegiata di Saponara per dimostrare la preminenza della Chiesa saponarese rispetto a quella di Marsiconuovo.
14
ATTENZIONE DA PAG 13 A PAG. 19 E’STATA OMESSA LA TRADUZIONE
19
CAPITOLO II
SIEGUE A NARRARSI LA SITUAZIONE ED ALTRE QUALITA' DELLA CITTA' DI GRUMENTO.
1. Grumentum: vestigia e cenni storici.
Abbenchè molti autori facciano menzione della città di Grumento e tra questi alcuni presero abbaglio circa la
qualità, e sito, ed altri la descrissero tal qual essa fu, situandola nella Lucania, siccome fa Luca Holstennio
rapportato dal eruditissimo signor D. Giacomantonio del Monaco in una sua pistola diretta al Signor Matteo Egizio ,
Lettera di Del Monaco a Matteo Egizio
20
stampata in Napoli nel 1713, presso Felice Mosca1
, nella quale adduce qualche notizia della mentovata città,
rapportando iscrizioni antiche colle quali si compruova ciò che di sopra si è divisato, essere ella stata
Colonia militare dei Romani: niente di meno niuno si trattiene a darne un più distinto ragguaglio intorno alle altre
qualità che la fornivano, siccome sono il sito, la salubrità dell'aere, ed altre qualità ricercate dai politici.
In quanto alla di lei fondazione nel precedente capitolo se ne è rapportata la storia, parmi a proposito per le altre
qualità giacchè trovomi contro mia voglia e sapere a questa impresa, di scorrere in questo capitolo, e
conseguentemente parlare della di lei distruzione.
Per il sito dunque e struttura, siccome si è detto di sopra, fu eletta la pianura e comecchè i fondamentari erano
descendenti dagli Assiri, alla moda di quelli vollero i muri con i quali la cinsero e la maggior parte degli magnifici
edifizi, costruirli in modo reticolare, anzi rattrovansi alcuni pezzi di lastricati costrutti di piccioli pezzetti di marmo
lavorati, anche reticolari ed al mosaico; ed acciocchè avesse avuto il comodo e il bisognevole dell'acqua, a gran
spesa la feron condurre da circa due miglia, e perché si frammezzavano alcune valli, per dove passar dovea,
costrussero in quelle molti archi di fabbrica, dei quali sin al presente se ne ravvisano i vestigi, e precise nell'entrar
della città eravi un bel alto ponte, pel sotto del quale passava la gente e per di sopra l'acqua ed oltre a ciò pensaron
pure costruire delle conserve sotto gli edifizi della città, con maravigliosa struttura e spesa incomprensibile,
osservandosi ai tempi nostri tali conserve, dove per andar camminando, è stato d'uopo ligare all'uscio una funicella
e con buone lanterne per non smarrire l'uscita, tra le moltiforme colonne di mattoni, e nascondigli in modo di
laberinto costrutte: eravi una magnifica strada lastricata di grandissimi marmi per mezzo la città, con un rialto ad un
lato, potendosi per sopra caminare gente a piede per evitare la calca, e per disotto stava situato l'acquedotto di
piombo ben grosso, conservandosene molti pezzi dal suddetto sig. D. Carlo (Danio).
Eranvi due anfiteatri2
ossiano torneamenti e spettacoli di fiere uno più grande dell'altro, quasi in un angolo della
città verso levante attaccato le mura della città; e l'altro quasi al principio in mezzo alla città più piccolo, colle
caverne grotte e nascondigli, ove dimoravano le fiere, che attualmente si veggono con altre magnificenze, che in
parte si rammentano dal riferito del Monaco; degne veramente di una colonia militare dei Romani, che la
signoreggiarono molti secoli, laonde nelle già note gelosie tra i Romani e Cartaginesi, costoro due volte tentarono
sorprenderla, essendo capitano nella prima Hannone Cartaginese che fu superato da Sempronio Longo capo del
Triumvirato Romano, che presiedeva in Grumento, rapportandone questi 140 segni militari. La seconda fu più
celebre sotto la condotta del Grande Annibale, il quale avendo assediata la Città, e ristrettala in guisa tale, che i
Grumentini stimavansi per vinti, non potendo persona veruna mettere il piè fuor della Città, e stando in sì pericoloso
stato, conoscendosi di forze inferiori alle armi Cartaginesi, mandarono chiadendo aiuto a Claudio Nerone, che
rattrovavasi nelle campagne di Venosa coll'esercito Romano; costui subito che ciò intese, si condusse con 44 mila
soldati in soccorso di Grumento,
1
E‟ il primo vero trattato dell‟archeologia grumentina, visto che di Carlo Danio, Arciprete di Saponara, coevo di Del Monaco,
appassionato diseppellitore di lapidi grumentine, non è rimasto niente, salvo una lettera riportata dal Momsen nel Vol. X, parte
prima, pag. 27 del suo “Corpus iscriptionum latinarum”. La famosa lettera di Giacomo Antonio del Monaco s‟intitola “Lettera al
Sig. Matteo Egizio intorno all‟antica colonia di Grumento oggidì detta La Saponara”, Napoli 1713, Tip. Felice Mosca. Vedi foto
n° 4. Matteo Egizio era un archeologo napoletano.
2
Il Ramaglia confonde il Teatro romano vicino con un secondo Anfiteatro.
21
e giunto alla pianura sotto Marsicovetere, ivi diè segno di accamparsi, e facendo passare buona parte dell'esercito
per una valle, tra il Colle ove sta situata la Saponara, ed il monte vicino verso ponente, fecelo girare per dove oggi è
la Cappella di S. Lucia, e col resto dell'Esercito si appressò verso levante a man sinistra del Colle, vicino dove stata
accampato l'esercito Cartaginese, che stimasi fosse stata la pianura sotto la Saponara, ove sono costrutte le vigne,
laonde il cartaginese restando così cinto e racchiuso non potè non venire alle mani coll'Esercito Romano, il quale,
con tutto di numero inferiore lo vinse e superollo colla morte di 8 mila e da 700 prigionieri, quattro elefanti uccisi, e
due presi, siccome si à da Livio lib: 23. Cap: 27.
2. Grumentum: il sito.
E per ritornare all'interrotto tema del sito, non potrà non essere l'aere salutifero avvegna che lontana, anzi affatto
esente da acque stagnanti, gloriava solo aver sotto di sè due vivi fiumi Acri e Sciaura, questi verso ponente, in una
vastissima valle di coltivato terreno, quello verso borea e parte di levante, in dove eravi altra amena valle, oggi detta
la valle della Città, di modochè poteva dirsi un'isola in terra, poiché verso mezzogiorno dove era la magnifica porta
della città, pure dovea salirsi alquanto. Stava di vantagio sotto lo aspetto di tre altri monti, uno chiamato Raparo,
sotto il quale fu edificata una terra chiamata Spinoso, Diocesi di Anclona, lungi circa cinque miglia verso levante;
l'altro chiamato Serino verso il quale fu edificata la terra di Moliterno, e il casale Sarconi, qual casale per antica
tradizione, come distante da Grumento non più di due miglia, si ha esser stato luogo, ove mandavansi a giustiziare i
condannati a morte, detto della parola Sarcos, che significa carne3
. O pure luogo sepolcrale dalla parola greca
S s , Sarcophagos, che significa sepolcro, osservandosi una rovina di castello diruto della stessa struttura
Grumentina, lungi da detto monte Serino circa otto miglia. Verso mezzogiorno e l'altro appellasi il monte di Viggiano,
anche lontano da sette miglia ed altri monti convicini, sotto dei quali sta costrutta la terra di Montemurro, lontani
circa sei o cinque miglia verso borea. Insomma concorsero tutte quelle qualità che il filosofo Stagirita descrive al
cap. 5. 11. e 12 della sua Politica.
La cui figura (ndr. La collina su cui si adagiavaGrumentum) è lunga quasi ovata (sic!) da mezzogiorno dove
dicesi essere la porta magnifica della città4
, siccome in atto ne ritiene il nome, dove osservasi la rovina del ponte per
dove passava l'acqua, siccome si è detto; verso borea nella qual parte eravi il luogo ove abitavano i Giudei, in un
altra pianura in scoscesa della città, che anche oggi si appella la Giudea o Judìa; che corrisponde come in un
promontorio sopra il fiume Acri, unito con Sciagura, luogo veramente come separato dal corpo della città, sotto la
qual Giudea siegue la pianura ossia vallo del detto fiume, con vastità di territori irrigabili; chiamato volgarmente
ponte Pagano, poiché eravi un famoso ponte di fabbrica, oggi caduto e tutta la suddetta circonferenza della città
oggi ridotta per uso di vigne però aratorie.
3
Il Ramaglia fa derivare impropriamente il nome Sarconi dal greco sarx-sarcos, con riferimento alla battaglia nei pressi di
Grumentum del 215 a.C. tra il cartaginese Annone e il console romano T. Sempronio Longo, durante la quale si sarebbe
verificata una carneficina di soldati. Per il Racioppi “Sarconi” è dal basso latino Sarculum (Luogo selvoso). Per altri l‟etimologia
va collegata a Sarcus (piccola marra) oppure a Salix(salice) passando per la forma Saricone (accrescitivo) con il troncamento
della –i.
4
Trattasi della porta Aquilia.
22
3) Il Casale Grumentino.
Lungi da Grumento, siccome si asserisce nel cap: I fu edificato un pago, ossia Villaggio o Casale, qual
chiamarono Grumentino, vicino il corso di un fiumicello che più tosto ha specie di Torrente, che Fiume, il quale
scorrendo dalla Montagna della t.ra (terra) di Viggiano, verso i confini della t.ra (terra) di Laurenzana, nell'inverno, e
nei tempi piovosi con gran quantità delle acque e pietre che seco portano, ha fatto e fa nelle contrade vicine
scempio notabile, si osservano anche di recente le reliquie degli Edifizi di tal Villaggio, laonde non meno la contrada
tutta che il fiumicello ancora ha ritenuto, e ritiene il nome di Grumentino. Né può aver sussistenza lo che si potrebbe
addurre da taluni, che col nome Grumentino lo ritenga il suddetto Fiume, dal quale poi tutta la contrada prende la
denominazione, senza che altro Villaggio giammai vi fosse stato edificato; poiché non essendo perenne detto fiume,
avesse preso il nome del villaggio per le falde del quale passsava, quando questo nome sarebbe stato più
convenevole al fiume Sciagura che è perenne, e scorre per sotto la città di Grumento, se pur non vogliamo dire che
Grumentino appellavasi Viggiano antico, e distrutto, di cui se ne osservano i vestigi costrutto sopra di alcune rupi
alla falda del fiume Grumentino col nome di S.Maria della Pietà, distante circa due miglia dal luogo, qual noi diciamo
Casale di Grumentino; e quei edifici rattrovati siano di un‟altro Villaggio, che dopo la distruzione di Grumento, quei
che scamparono dall'eccidio dei Saraceni edificarono prima di edificar la Saponara, (villaggio) che oggi appellasi
Casal Pedone, luogo boscoso nella fina del fiumicello Grumentino, e il fiume Acri, siccome dirassi avanti.
23
CAPITOLO III
SI PRUOVA CHE LA CITTA' DI GRUMENTO SIA STATA SEDE VESCOVILE ED IN CONSEGUENZA
“CATTEDRALE”.
1. S. Laverio ed istituzione della Sede Vescovile nel 370.
Seminata dal glorioso S.Laviere la semenza della divina parola, cadde al certo per lo più in terram bonam, che
fruttificando centuplicantamente, secondo la insegnanza di Cristo presso S.Luca al cap. VIII, crebbe a maggior
segno la religione cristiana, laonde fu di mestieri, che le pecorelle di Cristo fossero state pasciute e custodite dal
fedel pastore; quindi , verso gli anni 370 S. Damaso Papa vi costituì la sede vescovile, come costa dagli stessi atti di
S.Laviere; e da una memoria scolpita in marmo che ora tuttavia conservasi nella medesima collegiata, che è proprio
quello, che in cornu Epistolae sta riposto a canto l'altare maggiore, la quale è come siegue.
Antenore Trojano patrio de limine pulso
Myentus gener, et Filia Sapona
Sequentes fortunam eius
Aequoris tempestate furente
Cum Laumendonte, quad(r)igentisque Trojanis
In Pestano sinu incolumes ad littora pulsi
Propinquam terram incoluere quam Sapri
Ex Sapri inibi nati nomine nuncuparunt
Post haec auspicio Gruis, condidere Grumentum
Laverius martyr Christi perduxit ad fidem
Damasus sedem constituit episcopalem
Quam sub Honorio tenuit Rodulfus Alanus.
Tre epistole di Papa Gelasio circa la Diocesi grumentina.
E per maggiormente acclarare che il nostro Grumento sia stata città vescovile, si adducono in testimonio tre
pistole di S.Gelasio Papa Romano, che visse circa gli anni del Signore 492, due delle quali vengono registrate da
Gratiano nel suo decreto una nel can. Christianis 12.XI.q.l.come siegue:
“Gelasius Papa scribit Ezechiae Comiti
Christianis gratum semper debet esse, quod ab eorum poscitur dignitate praestantum: quia deo servientibus
beneficium ne(g)are non convenit. Silvester, itaque ed Faustianus qui se a cunabulis clericus confitentur a Teodora
se opprimi per violentiam conquaeruntur; quia dicunt se ingenuos atque Deo aucthore pristinae conditionis nexibus
absolutos, in sortem deterrimae iterum servitutis adduci, et per auctoritatem regiam contra legges pubblicas cum
clericali vinculo tenerentur adstricti, per archidiaconum urbis Grumentinae esse conventos, cum constet eos qui
coelestem militiam
24
pulsant, non nisi eius forum debere acceptari; et ideo dilecte fili, depenso salutationis affatu supradictos clericos tibi
commendo, ut si ad delegatorum iudicium; eosque ad versari venire contempserint sublimitatis tuae tuitione
vallentur; ne quid illis; aut susceptio aut inimica legibus violentia, necessitatis imponant; quia qui iudicem refugit
apparet eum de iustitia defissum”.
La Glas: ivi spiega alcuni termini, cioè (depenso): è trasmisso; (per corumque absentiam): è dum essent
absentes; moderatorque: è iudiciis secularis ut in cap. seg; (calcatis): è spreto iure ecclesiastico et humano.
L'altra pistola che siegue fu scritta a Crispino e Sabino, vescovi, costui di Canosa, il primo non si sa ed è come
siegue:
“Idem (cioè Gelasio) Crispino, et Sabino Episcopis.
Silvester et Faustinianus ecclesiae Grumentinae clerici lacrymosa nobis insinuatione conquesti sunt, libertatem sibi
Domini sui benignitate concessam haeredum eius oppressione pulsari, sibique in clericatus officio pene a cunalibus
servientibus, etiam manumissore vivente in eodem actu, nihilominus constitutis, divinis ministeriis impendere
servitium non licere, cum (ripetitionem veritas subsequetur) contra patris, et auctoris sui factum venientibus, ut
indignis, haereditas legibus auferatur; nec eis liceat haereditatam capientibus, contra auctoris sui prosilire iudicium:
et ideo fratres charissimi quoniam se etiam ab archidiacono dictae ecclesiae queruntur oppressos qui per eorumque
absentiam moderatoris iudicium promittit eos esse secuturus, calcatis omnibus rationibus, et contra legges divinas,
et pubblicas, pulsatis, forum suum putavit auferri; in vestro iudicio quis quis ille est, qui clericum lacessit, adveniat; ut
ecclesiae iura, quae vetusti principes assidua sanctione firmarunt, impetitis clericis non negentur.
La terza lettera vien registrata da Luca Holstenio Collet. Rom. che è come siegue:
“Gelasius P. P. Sabino Episcopo.
Quantum defensorem sibi met consecravi populus Grumentinae civitatis exposuit: hunc vero si nihil est, quod est
eius personae possit apponi, diaconis provectione decorabis, ut noverit dilectio tua hoc se delegantibus nobis
exequi, visitatoris officio, non potestate propriis sacerdotis”.
2. Diocesi Grumentina: due epistole di Papa Pelagio1
ed una di Papa Gregorio.
Ma l'assunto già detto con più chiarezza si dilucida da due altre pistole di S. Pelagio Papa circa gli anni del
Signore 5802
. Una scritta a Giuliano Vescovo della stessa città di Grumento, che pur viene registrata dallo stesso
Gratiano nel Can.: litteras 14, dist. 63 come siegue:
“Pelagius Papa Iuliano Episcopo Grumentino.
Litteras Charitatis tuae accepimus, quibus significas Latinum3
Diaconum tuum ad Episcopatum Ecclesiae
1
Trattasi di Papa Pelagio II che tenne il Pontificato negli anni 555-561.
2
Le due lettere di Pelagio sono entrambe del 556 e non del 580 come asserisce il Ramaglia.
3
Latino de Theodora, di Grumentum, proposto come Vescovo di Marcillianum.
25
Marcellaniensis, a clero, et omnibus, qui illic conveniunt postulari: et infra: sed nunc, et hoc dicimus, voti eum omnes
eligunt, et vis eum concedere, gratum nobis esse cognosce, et si potest, ante diem sanctum festinet occurrere, ut
vel sabato ipso, noctis magnae post baptismum, cum Dei gratia, valeant ordinari”.
L'altra fu scritta a Pietro vescovo di Potenza, siccome si legge nel Can.: ult.: dist. 76, come siegue:
“Pelagius Papa Petro Episcopo Potentino.
Dilectionis tuae scripta suscepimus, quibus significas Latinum Ecclesiae Grumentinae Diaconum ad Episcopatum
Marcellianum, sive Clusitanae ab omnibus fuisse electum; quod iam ante hoc tempus retulisti et iussimus, ut
veniret, credentes eos de persona eiusdem ab Episcopato suo dimissoria accepisse; quod si modo fecerunt, facite
tam velociter ad urbem Romanam occurrere, ut sicut dico Deus imperit in Sabato Magno post horam baptismi,
ordinetur; quod si ante memoratum diem non occurerit, cogetur usque ad quarti mensis ieiunia sustinere”4
.
E alla fin fine, che Grumento sia stata città vescovile, si fa mensione in una pistola di S. Gregorio Papa ricavata
dal registro del medesimo al lib. 10 cap. 49, ove così leggesi:
“Gregorius Romano Defensori
De Violentia Luminosi
Luminosus presentium partitor, violentiam se uxoremque suam a Salustio viro clarissimo asseruit sustinere, huc
necessitate eadem faciente venire compulsus est. Unte (?) quia servum S. Mariae, quod est Parochiae Grumentinae
se esse asserit, necesse est ut ecclesiastica tuitione valletur; esperientiaque tua prefato supplici ecclesiastica non
clericant (?) impedire solatia; cumque de quo queritur ad-monere, se ab eoque inquietitudine compescat; sin vero
est quod sibi in eis rationabiliter dicat posse competere; electoque iudicio terminetur, tuaque quod definitum fuerit
excutione modis omnibus impleatur”5
.
E qui dovrassi avvertire che quantunque il citato S. Gregorio nella sua pistola dica ( quod est Parochiae
Grumentinae) debba perciò intendersi, che in effetto sia stata Chiesa Parrocchiale; avvegnachè non dice "Ecclesiae
Parochialis," ma "Parochiae", qual nome di Parocchia appresso gli Eruditi si sa che significhi non meno la Chiesa
Vescovile capo della Diocesi, ma la stessa Diocesi, lo che con chiarezza si deduce dal can: 14 degli apostoli, ove
prescrivesi che ("Episcopo non licere alienam Parochiam propria relicta pervadere") così anche dal can: Presbyteri 9
di S. Gelasio Papa dist: 24 ivi ("quae in supradicta civitatis Parochiae probatur esse constructa") concordano li can:
p.a actione 16.13. p.a can. 3, can. nullis Primus I. g. 3. Can: ita nos 25 p.a 2.
4
In questa seconda lettera si sollecita la partenza immediata di Latino di Theodora per Roma munendosi della lettera di
dimissioni firmata dal Vescovo Giuliano, al fine di evitare il protrarsi del digiuno sino al quarto mese.
5
In questa lettera inviata ad un Gregorio Romano (defensor) affichè prenda le difese di un tal Luminoso che asseriva di aver
subito violenza dal nobile Salustio, si accenna alla “Parochia Grumentina”. Tale dizione sembra contraddire la tesi del Ramaglia
che sostiene la qualifica di Sede Vescovile ricevuta da Papa Damaso nel 370 d.C., però spiega il termine con le parole
successive.
26
3. Catalogo dei Vescovi grumentini.
Laonde da quanto di sopra si è divisato, non può negarsi che la città di Grumento, pochi anni dopo aver ricevuto
il lume della Sacrosanta fede, la di lei Chiesa sotto il titolo di S. Maria Assunta6
, che oggi attualmente si vede, fu
retta e governata da proprii vescovi, il catalogo dei quali, Rodulfo Alano a suo tempo descrisse in un Marmo come
siegue7
:
Grumentinam Sedem olim tenuere:
6
Vedasi foto nella pagina
7
Giacomo Racioppi dubita fortemente di questo Catalogo grumentino di Vescovi in quanto “Nei tempi nei quali quei Vescovi si
dicono vissuti non era ancora invalso l‟uso dei nomi di famiglia, ovvero i Casati”, Cfr, G, Racioppi “Fonti della storia basilicatese-
L‟Agiografia di S. Laverio”, Roma 1881, pag. 42.
I Sempronius Ato
II Vincentius Libertinus
III Antemius Pacoma
IV Ianuarius Geruntia
V Fortunatus Asseria
VI Leander Severius
VII Baldassar Lemma
VIII Petrus Adelphus
IX Michael Politianus
X Joannes Caesarus
XI Julianus Patoma
XII Natius Gioffrido
XIII Silvester Basilio
XIV Lucentius Lemma
XV Bonifacius Quintinus
XVI Ippollitus Antemia
XVII Paulus Azimira
XVIII Alexander Arduinus
XIX Rodulfus Alanus
qui posuit hanc memoriam.
Essendo dunque Giuliano Patoma XI° Vescovo di Grumento, fiorì Latino
di Teodora, Diacono della Chiesa Grumentina, che per la sue rare virtù
e scienza fu eletto Vescovo, con gran istanza della Chiesa Clusitana,
siccome sopra si è divisato nella pistola di S. Pelagio I° scritta al
cennato Giuliano per tale affare. Quali altri vescovi fossero stati dopo
Rodulfo Alano, non ve ne è altra memoria; solo in un altro marmo di un
antico tumolo nella medesima Chiesa di S. Maria Assunta leggeasi la
seguente iscrizione:
Diocesi di S. Maria Assunta in Grumentum.
D. O. M.
Pontificatum tenente Leone tertio Teodorus Episcopus Grumenti Stephan Campano predecessori dignis pos(uit).
Qual marmo poi con altre simili memorie antiche da persone ignoranti, ed in diversi tempi, coll'anzietà di rattrovar
tesori e per uso di fabbriche sono state tolte via e fracassate.
Memorie grumentine saponariensi
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Memorie grumentine saponariensi

  • 1.
  • 2. VINCENZO FALASCA MEMORIE GRUMENTINE SAPONARIENSI MANOSCRITTO INEDITO DEL 1736 DI NICCOLO’ RAMAGLIA I. R. S. A. B. Istituto Ricerche Storiche Archeologiche basilicata Edizioni Pisani
  • 3. Con il Patrocinio di REGIONE BASILICATA PROVINCIA DI POTENZA C. M. “ALTO AGRI” COMUNE DI SARCONI TUTTI I DIRITTI RISERVATI ALL‟AUTORE Edizioni Pisani, Avigliano (Pz), finito di stampare in Luglio 2005
  • 4. Ai miei figli Josè e Carmen affinchè non dimentichino le loro radici.
  • 5. IN PRIMA DI COPERTINA Bassorilievo marmoreo di “Suovetaurila” (Sacrificio di maiali, montoni e tori) rinvenuto dall‟Arciprete Carlo Danio nel sito della Chiesa Madre. Già proprietà dell‟On.le Fr. Perrone. (Museo Archeologico di Reggio Calabria-Concessione Ministero Beni Culturali-Foto G. Pontani)
  • 6. V PREFAZIONE La vicenda del manoscritto del Ramaglia e delle copie da esso redatte crea sconcerto nello studioso ed impedisce una serena e sicura valutazione dei contenuti e della stessa impostazione narrativa. Di certo il lavoro della ricerca è reso parziale dal mancato confronto con le altre copie redatte e, soprattutto, viene privato dall'analisi di quello che potrebbe essere considerato il testo stilato direttamente dall'autore. Racioppi, riferendosi all' esemplare di proprietà dell'aw. Vincenzo Ramagli, lo considera "I'originale" e ne trae, o ne fa trarre, la copia moliternese nell'agosto del 1879 mentre considera, anteriore alla sua, quella in possesso del canonico Francescopaolo Caputi tirata, a suo parere, alla fine del secolo precedente e non certo di mano del Caputi. Due anni dopo, darà un giudizio astioso, acre e malevolo ed arrogante su "Memorie grumentine saponariensi ", e sul suo autore, ritenendolo uno che "raccatta tutte le fiabe che la grama erudizione indigena ebbe inventate nei secoli XVI e XVII”. Giudizio che egli ha corretto tardivamente ed addolcito perché rimeditato, con riflessione più serena e meno impulsiva, e modificato in "raccoglie copia di documenti e di notizie che alla storia della sua patria riescono di prezioso interesse" espresso per owie ragioni di opportunità o forse anche per giustificare, tra l'altro, anche il suo morboso interesse per la copia voluta e trascritta. Ramaglia nella stesura del suo piano dell'opera espone chiaramente I'impostazione e l'ordine dei temi e degli argomenti che si accinge a trattare e cioè: "La edificazione, la fede e la distruzione della celebre città di Grumento colonia militare de' Romani”:. "La edificazione della nuova città della Saponara, gli Prelati o siano Arcipreti mitrati che hanno governata la di lei insigne Collegiata Chiesa sotto il titolo di S. Antonino Martire e le fierissime liti agitate con i Vescovi Marsicani per causa della giurisdizione": (Con) i memorandi fatti e vita del dottissimo D. Luigi Sanseverino, Principe di Bisignano. "Storia della Reliquia del Prezioso Sangue di Cristo con quella del Prezioso Santuario, sotto il titolo di S. Maria della Salute, detta di Grumentino: "Vita di Sant'Antonino, volgare, di S. Laviere, latina e volgare; (Con) altre cose notabili raccolte con somma dilige nza e fatica”. Questo l'itinerario del lavoro e ad esso si attiene il dottor Ramaglia in un percorso di studio che dura otto anni dal 1736, data segnata sul frontespizio, a tutto il 1744 per il riscontro al riferimento della morte del vescovo Alessandro Puoti awenuta per "apoplesia" ad Arienzo il giorno 8 agosto 1744 come descrive al Cap. LI ed è sostenuto, nel percorso di studio, dall'assiduità, dal consiglio, dalla cultura e dalle scoperte, di vario tipo documentario, condotte dall'arciprete Carlo Danio Ceramelli. Il testo narrativo è arricchito e movimentato dalla descrizione minuta delle controversie che attraversano, nel tempo, la sede vescovile grumentina, nata con il decreto di istituzione di Papa Damaso del 370, e fino alla sua sostituzione con quella di Marsico, nuova sede del vescovo di Grumento, per giungere al puncturn dolens dell'accusa di "usurpata giurisdizione" da parte del vescovo diventato definitivamente marsicano, contro I'arcipretura grumentina.
  • 7. VI Trasformata cocciutamente in un vero e proprio "fronte", "la scintilla di-fuoco che pareva estinta, covava e doveva sbucciar fuora in un grande incendio. .. per giammai spegnersi più", come scrive Ramaglia. La "vexata quaestio” diventa secolare e permane fino alla soppressione del vescovato di Marsico e vede, nel tempo coinvolta una lunga serie di protagonisti diversi dai vescovi marsicani ( Giovanni, De Martiis, Parisi, ed Anzani per finire con Garzilli nel 1818, anno della unione "aeque principaliter"con la diocesi di Potenza), agli arcipreti grumentini (Giliberti, Ferrara, Cotino, Danio, fino a Perrone). L'autore facendosi scudo di una pelosa umiltà si scusa e si accusa di "bassissima intelligenza " però assicura che "quanto leggerassi nella presente opera registrato o è stato fedelmente trascritto da loro originali documenti e memorie antiche; conservate o raccolte forse da chi aveva il pensiero di registrarle, ho ricavato da fedeli tradizioni porgiutemi dal riferito Signor d. Carlo (Danio), o da altre persone provette e degne di fede”. Che la tradizione orale giuochi il suo ruolo, nel lavoro del Ramaglia, è palese ma il riferimentoagli "originalidocumenti e memorie antiche" richiama, in prima persona, i'arciprete Danio come interlocutore ideale, attento e competente insieme con la documentazione e i reperti che questi gli mette a disposizione compresi i suoi scritti inediti delle “Note agli atti della Vita di San Laverio"e il "Trattato sulle antichità grumentine" oltre che gli atti in originale. Ramaglia ha, altresì, avuto modo di esaminare la raccolta contenuta nell'"Historia de la Vita di Sant'Antonino e di San Laverio, gloriosissimi martiri e padroni dell'alma Città di Saponara tradotta dal Dott. Giovanni Flavio Bruno in volgare da due antichissimi libri latini scritti a penna i quali insieme con altre scritture ecclesiastiche si trovano oggidì in potere del Rev. D. Camillo Cotino Arciprete della Saponara di Sant'Antonino” edita a Napoli per i tipi di Giovanni Giacomo Corsino e di Antonio Pace nel 1597, e rilegge la "Lettera al Signor Matteo Egizio intorno all'antica colonia di Grumento oggidì detta la Saponarai” di Giacomo Antonio del Monaco, pubblicata a Napoli nel 1713 e l'edizione successiva del 1722 eseguita a cura di Angelo Calogerà inserita in "Raccolta di opuscoli scientifin e filosofici". Consulta, controlla e memorizza ed annota, lasciando tracce nel manoscritto moliternese, le "Memorie della città di Saponara”'di Bonifacio Petrone, abate di Santa Maria di Loreto, licenziate a Napoli dalla Stamperia di Angelo Vocola nel 1729 e I'"Itergrumentinum"di padre Sebastiano Paoli, precettore di casa Sanseverino, compilato a Grumento fra il 1715 e il 1720, ancora inedito, che sarà molto apprezzato ed illustrato dal Racioppi in "Iscrizioni grumentine inedite- Dalle schede di padre Sebastiano Paoli" e che vedrà I'edizione nel IV fascicolo dell'anno IX dell' Archivio Storico, a Napoli, e riesamina le partizioni grumentine contenute nell'opera di Giovanni Battista Pacichelli "Il regno di Napoli in prospettiva diviso in dodiciprovincie" licenziato da Muzio, a Napoli, nel 1703. La fonte principale di riferimento è costituita, soprattutto, da "Italia Sacra" di Ferdinando Ughelli edita a Venezia per i tipi di Sebastiano Coleti nel 1721 relativa al vescovato grumentino e marsicano ed alle "Gesta Laverii descripsit Robertus de Romana diaconus Saponariae anno Dom. 1162" descritte nel tomo VII alle col. 488-496. Il Ramaglia ha modo di scorrere e di analizzare le articolazioni della "Lucania sconosciuta", il manoscritto di Luca Mandelli (o Mannelli), monaco di Sant'Agostino, "Theologus atque antiqitatum indagator celeberrimus "secondo la Bibliotheca Augustiniana di J. F. Ossinger, e di studiare e riflettere, in particolare, sulla composizione e sui contenuti del Libro III" e dei capitoli 7, 8, 9, 10.
  • 8. VII Del lavoro stilato alla metà del secolo XVII, in dote alla Biblioteca Nazionare di Napoli (ms. XVIII - 24), circolava allora più di una copia ma egli fa leva, soprattutto, sia sulle ricerche "conservate" come quelle fatte e classificate dall'arciprete Danio, ma anche su quelle "raccolte forse da chi aveva il pensiero diregistrarle"alla maniera di Costantino Gatta il quale aveva studiato e stralciato il Mandelli e, insieme con il chierico Domenico Maria di Torchiara, permaneva a Grumento per analizzare e studiare sul posto le opere, i documenti e le collezioni del museo realizzato dal Danio. Le ricerche grumentine saranno ordinate, dopo la morte del Gatta awenuta nel 1741, e pubblicate dal figlio Giuseppe nel 1743, a Napoli, di nuovo per i tipi della stamperia muziana a corredo quelle edite in "Memorie topografico - Storiche della Provincia di Lucania comprese nella Provincia di Basilicafa e del Principato di Citra" con prefazione dell'altro figlio Gherardo Saverio, stampate, nel 1732, dallo stesso Muzio ma, questa volta, con il titolo di "Aggiunte di molte erudite annotazioni e colle notizie dell'antico e venerabile tempio dedicato alla SS. Vergine nel territorio della Città di Saponara e di un sepolcreto dei Gentili presso l'antica Città di Consilina in detta Provincia “. La storia religiosa e devozionale si combina con quella della municipalità e, Ramaglia, ne segue il reciproco sviluppo e la comune decadenza ma riesce a comporre un mosaico dei fatti, degli awenimenti che evidenziano, nei secoli, la grandezza ed il martirio di quella che è la "grumentinità ", che lacerano il suo prestigio, poi dolorosamente perduto, ma palesemente riscontrabile ed analizzabile, nell'opera di Ramaglia, sia nei fatti che nei documenti che richiamano al ruolo di una identità mai dimenticata, mai spenta e cancellata ma vivente ancora nella "facie" delle diverse componenti delle fonti che assumono, nel percorso dell'iter della sua ricomposizione, i tratti variegati delle categorie più diverse perché diversa è la tipicità sia dello spazio geografico di studio (Grumento e Saponara) sia l'evolversi del tempo storico delle vicende e della Collegiata. La ricostruzione delle partizioni in un tutto organico per la ricomposizione delle tessere del mosaico delle vicende grumentine e saponariensi nella compiuta tessitura deli'arazzo della storia, i fili frantumati del tessuto della memoria, offrono al Ramaglia, l'analisi del tempo e degli uomini e la soluzione narrativa si conduce attraverso il sentiero strettamente euristico. La sicurezza documentaria rinvenibile nella esposizione della varietà "actuaria" le cui certezze sono riscontrabili nell'esarne comparato delle fonti di studio e dall'analisi dei reperti, delle scoperte e dalla copiosa documentazione ordinata, ricomposta e predisposta da Mons. Danio, assicurano al Ramaglia un materiale pronto e composito che egli utilizza a piene mani ma che egli arricchisce, a suo modo, anche con la registrazione di fonti derivate che, in qualche caso, vengono appaiate a quelle della documentabilità ecclesiastica e municipale. Sono quelle della "intellighenzia" e della saggezza, sia tradizionale che intuitiva, della cultura locale contemporanea della quale si può riconoscere lo spessore certo, favorito e sostenuto dalla corte dei Sanseverino, ma non tutte le certezze trasmlbse dalla tradizione e dalla consuetudine perché soggette ed intrise della volubile e personale oralità che egli usa in connessione con il supporto documentario e ne conserva, anche, il tratto dell'ordinario parlato: omninamente, andorno, squittinando, porgiuto. La copia moliternese del manoscritto del Ramaglia resa mutila, dal Racioppi, della "Vita" e delle "Gesta" di San Laverio, non trascritta perchè ritenuta graficamente imprecisa e scorretta da fargli preferire quella pubblicata dall‟Ughelli, non manca di aggiunte e di interpolazioni di prima mano dello stesso Racioppi, stilate più per sua
  • 9. VIII memoria e valutazione che per modifica all'impianto del testo da far emergere la considerazione e la certezza che la copia era stata eseguita per l'uso e lo studio strettamente personale e privato. L'opera del Ramaglia, nell'esemplare moliternese, è stata costretta al sonno dei secoli forse perchè ritenuta inadeguata, ma di certo, molestata e condizionata dal perdurare del giudizio impulsivo e superficiale del Racioppi o, forse, anche perchè impone e richiede allo studioso, un lavoro complesso, articolato e pluridisciplinare sia critico che storico, sia religioso che letterario. Vincenzo Falasca, con questa edizione, ha ridato non solo la voce e lo spessore dovuto al Ramaglia, ingiustamente dimenticato, ma ha restituito, alla Città di Grumento, i tratti di una ritrovata identità fatta di dignità storica e culturale, sociale e religiosa che il tempo e gli uomini hanno fermato e coperto di silenzio colpevole. GIUSEPPE GIOVANNI MONACO
  • 10. IX NOTA DELL‟AUTORE Le “Memorie Grumentine Saponariensi” di Niccolò Ramaglia, vissuto in Saponara (oggi Grumento Nova) agli inizi del 1700, è uno dei pochissimi manoscritti, riguardanti la Storia della Basilicata, rimasto inedito. L‟Autore, In un passaggio fugace del suo lavoro (cap. 52°, § 1°) esprime la recondita speranza che esso che esso, in un futuro più o meno prossimo, venisse pubblicato. Purtroppo, per circa tre secoli, (il manoscritto è del 1736) questa aspirazione è rimasta disillusa, vuoi per la ponderosità dell‟opera e vuoi per le intrinseche difficoltà di trascrizione che presentava la copia del Manoscritto Originale (andato perduto) malamente trascritto da copisti non all‟altezza del compito. Abbiamo voluto portare a compimento questa fatica, ritenendo che non fosse giusto che un pezzo di storia di una Comunità, una volta importante, come quella di Saponara, venisse conosciuta solo di riflesso attraverso le numerosissime citazioni che gli Storici ne facevano. L‟opera del Ramaglia è uno spaccato significativo delle condizioni di un Istituto religioso, quello della “Collegiata” che in Saponara, come altrove, costituì per lunghi secoli l‟asse portante dell‟ economia locale e di molti Comuni della Basilicata. Il gruppo di studiosi, raccolti intorno allo Storico Gabriele De Rosa, ha dimostrato “ad abundantiam” l‟importanza delle Collegiate e delle Chiese ricettizie nel contesto dei rapporti socio-economico-religiosi fra il Clero e la popolazione meridionale. Tale importanza assunse un particolare significato proprio in Basilicata ove il patrimonio di queste Istituzioni divenne così ragguardevole che, dopo le leggi post-unitarie del 1866 e 1867 (liquidazione dell‟asse ecclesiastico), gli introiti per i lotti venduti nella nostra Regione, ammontanti a oltre 20 milioni di lire, la collocarono davanti a molte regioni del Nord e anche del Sud. La stratificazione della proprietà terriera ed immobiliare nelle mani degli Enti Religiosi, raggiunse in Saponara, come altrove, una enorme concentrazione tanto che, come è dato rilevare nel Catasto Onciario di inizi 1700, superava di gran lunga quella dei Signori Feudali. Il Ramaglia nella sua opera racconta la secolare lite per la Giurisdizione tra la Collegiata Insigne di Saponara e la Diocesi di Marsico Nuovo, supportando l‟illustrazione del lunghissimo conflitto con documenti assolutamente originali che solo per merito suo si sono salvati. Può darsi che l‟accanita contrapposizione abbia portato, da una parte e dall‟altra, ad “inquinare ogni cantone di Archivio” (come ebbe a scrivere Giacomo Racioppi) pur di prevalere nelle Sedi di giudizio romane. “Questioni di principio” ma anche e soprattutto “motivi economici” spinsero i contendenti ad adoperare tutti i mezzi a disposizione, leciti ed illegiti. La lunghissima narrazione del Ramaglia, però, oltre a trattare gli aspetti specifici della lotta ingaggiata con la Diocesi di Marsico getta luce su tutti gli aspetti della realtà locale: usi e costumi feudali, l‟Istituto
  • 11. X della Contea, monumenti religiosi e civili, importanti personaggi locali e leggende del posto, agiografie di Santi autoctoni. La realizzazione della presente pubblicazione è stata possibile grazie anche ad alcune persone che sono state di validio ausilio: primi fra tutti il Bibliotecario municipale di Moliterno Rocco Rubino, mia moglie Benedetta Mileo (per le ricerche effettuate sui libri parrocchiali relativamente agli atti della famiglia Ramaglia), i Parroci pro-tempore Don Marcello Cozzi, Don Domenico Lorusso e Don Antonio Curcio. S‟intende qui ringraziare calorosamente anche il Prof. Giuseppe Giovanni Monaco per aver accolto l‟invito a premettere la sua pregevole presentazione all‟opera e la Signora Adriana Ramagli in Draetta, discendente dell‟Autore delle “Memorie” e figlia del dotto genitore Prof. Niccolò Ramagli (omonimo del suo trisavolo autore delle “Memorie”) per avermi fornito materiale relativo al padre. Ringraziamo infine la Regione Basilicata (il Presidente Vito De Filippo e l‟Assessore alla Cultura Carlo Chiurazzi), l‟Amministrazione Provinciale di Potenza (il Presidente Sabino Altobello), la Comunità Montana “Alto Agri” (il Presidente Rino Ponzio) e il Comune di Sarconi (il Sindaco Cesare Marte) per il Patrocinio concesso alla presente pubblicazione* . VINCENZO FALASCA
  • 12. XI INTRODUZIONE AL MANOSCRITTO 1. Il manoscritto: caratteristiche del volume. L‟unica copia oggi esistente del manoscritto del Dottore in Legge saponariense Niccolò Ramaglia, vissuto agli inizi del 1700, trovasi nella Biblioteca municipale di Moliterno. Essa è inventariata ma non catalogata. Fa parte del fondo librario che lo Storico moliternese Giacomo Racioppi, alla sua morte, lasciò in eredità al Comune. Presenta le seguenti caratteristiche: larghezza pagina cm. 20; lunghezza cm. 27, spessore del ms. cm. 7,5. I fogli sono in n° di 686. La numerazione è in genere organizzata per foglio: recto e verso. Qualche volta è per pagina. La carta di tipo pergamenata presenta una grammatura di 150 gr. circa. Di recente il volume è stato restaurato e la coperta è di cartone abbastanza spesso, ricoperto in pelle. Sul dorso è stata incollata l‟antica etichetta rosso-scura, a lettere d‟oro, riportante il titolo e l‟autore. I copisti furono almeno 4-5, alcuni di basso livello culturale. Qualcuno non conoscendo il Latino trascriveva meccanicamente i documenti scritti in tale lingua, risultandone quindi una trascrizione per nulla attendibile, anzi in alcuni punti addirittura incompresibile. In moltissimi punti ci sono errori grossolani e molti documenti sono trascritti parzialmente per l‟incapacità del copista di interpretare il testo latino. Ad esempio al foglio 38/verso, rigo 5°, il copista anziché trascrivere “Ferdinando Ughellio nel tomo 7°” egli scrive “Ferdinando V. quell’io nel tomo 7”. 2. Breve storia del manoscritto. Il manoscritto, di cui si propone, dopo circa tre secoli, l‟edizione critica, è uno dei pochi documenti riguardanti la storia civile e religiosa di una Comunità della Basilicata, rimasto inedito. Esso s‟intitola “Memorie Grumentine Saponariensi” e riporta un lunghissimo sottotitolo che è quasi una sintesi della materia trattata con l‟annotazione dell‟Autore: Dottor Niccolò Ramaglia e dell‟anno: 1736. Occorre avvertire il lettore che l‟inedito della Biblioteca di Moliterno, di proprietà di G. Racioppi, è una copia dell‟originale, andato smarrito per cause non del tutto chiare. A tal proposito il Racioppi (in un‟annotazione vergata di suo pugno, nella pagina che precede il frontespizio) scrive: “La presente copia manoscritta è stata fatta sul manoscritto che io credo originale, del Nicolò Ramaglia, autore, il quale manoscritto, oggi, 1878, si trova in potere del sig. Vincenzo Ramaglia, avvocato in Sarconi. Un'altra antica copia del manoscritto originale del Ramaglia è in potere dell'egregio Francescopaolo canonico Caputi di Saponara. Io la credo eseguita nel secolo passato. In essa, però, manca la vita di S. Laviero. Avverto che la presente copia non è stata collazionata con l'originale. Le carte in bianco, che nel presente volume vengono dopo l'indice e prima dell'introduzione, sono state messe ivi per isbaglio del rilegatore. Agosto 1879” L‟oggetto della presente pubblicazione, quindi, è una copia che noi riteniamo addirittura di terza mano, tante sono le omissioni e gli errori che lo caratterizzano. Il manoscritto di Niccolò Ramaglia, doveva essere senz‟altro di migliore qualità. Iniziato dall‟Autore nel 1736 fu terminato nel 1742, come si arguisce da alcuni argomenti trattati negli ultimi capitoli del lavoro, che riguardano proprio quest‟ultimo anno. Niccolò Ramaglia, anche se non lo dice esplicitamente, nutriva l‟ambizione che qualcuno si premurasse in futuro di provvedere alla sua pubblicazione.
  • 13. XII Nel Cap. 52°, § 1, rigo 2, parlando della Chiesa Matrice di S. Antonino, Niccolò Ramaglia sommessamente e quasi distrattamente scrive: “Qualora questi scritti si avessero a pubblicare”, ed è l‟unica volta che si lascia sfuggire questo fugace pensiero, segno questo che indica come il lavoro, ormai quasi portato a termine, dovesse servire non per ricordare il suo nome ma a gloria e ricordo di tutte le azioni portate avanti dai rappresentanti della Insigne Collegiata Chiesa di Saponara. Egli aveva iniziato il lavoro su incoraggiamento e sprone dell‟erudito Arciprete Carlo Danio Ceramelli, il primo archeologo delle antichità romane della sottostante Grumentum. Lavoro intrapreso dopo essere stato nominato dal Capitolo dei Canonici della Chiesa Collegiata di S. Antonino, Martire, Procuratore Generale e Legale degli affari della stessa nel 1731.1 In tale veste, aveva avuto la possibilità di attingere a piene mani ai documenti originali conservati nel ricchissimo Archivio della Collegiata. Al di là dei panegirici e della difesa d‟ufficio riguardanti la storia e i diritti dell‟Ente religioso Saponariense, il merito maggiore di Niccolò Ramaglia è quello di averci trasmesso atti, sicuramente integri ed originali, di capitale importanza per capire la storia di un Comune, Saponara, che nel Medioevo ed oltre ha avuto un ruolo di primo piano nel contesto dell‟area e della Regione. Documenti che altrimenti (come è accaduto per tutti quelli della storia civile del Comune), si sarebbero perduti. Giacomo Racioppi, sotto questo aspetto, non rende granchè merito al Ramaglia quando nella sua “Agiografia di S. Laverio”2 afferma: “Il dottor Niccolò Ramaglia di Saponara scrisse nel 1736 le “Memorie Grumentine Saponariensi”, ove intorno alle origini di Grumento e di Saponara raccatta tutte le fiabe che la grama erudizione indigena ebbe inventate nei secoli XVI e XVII”. Poi, quasi a scusarsi dell‟ingeneroso giudizio espresso prima, soggiunge: “e con miglior consiglio, raccoglie copia di documenti e di notizie che alla storia della sua patria riescono di prezioso interesse”. L‟esame dei numerosissimi documenti riportati dal Ramaglia (anche se molti, come detto in precedenza, assolutamente incomprensibili per colpa dei copisti) da noi confrontati con il testo di alcune pergamene della Chiesa Collegiata di Saponara, che sono residuate e conservate presso l‟Archivio di Stato di Potenza3 , dimostra senza ombra di dubbio che l‟Autore delle Memorie attingeva dagli originali senza inventare nulla. Che poi indulga al racconto di leggende, letterarie o popolari, (basta leggere la lunghissima introduzione al Cap. I che inizia il racconto addirittura da Noè e da Sem), per capire che egli non crede affatto a quanto racconta, ma che registra quanto era nella cultura del suo tempo. Anche I fatti di poco conto narrati nelle Memorie (ad esempio i danni provocati da un fulmine caduto sul campanile della Chiesa Madre, nel Cap. 57°) indicano la voglia dell‟estensore di lasciare traccia di uno spaccato del sentimento religioso della comunità di Saponara. Ma quale è stata la sorte toccata al manoscritto autografo redatto da Niccolò Ramaglia? Nessuno può dirlo con certezza. Pietro Borraro in “Studi Lucani e Meridionali”4 affermava che l‟omonimo bis-bis nipote Prof. Nicolò Ramagli (nato nel 1903) gli aveva confidato che agli inizi del 1800 era ancora in possesso del nonno Avv. Vincenzo Ramagli di Sarconi. Questi lo diede in visione a tale Antonio Frabasile, religioso poliglotta che, emigrato prima in Grecia e poi negli Stati Uniti, non lo restituì più al proprietario. 1 Cfr. Cap. 45°, § 2. 2 :Cfr. “Fonti della storia basilicatese al Medio Evo” (Roma 1881, Ed. Barbera), pag. 5 3 Pregevole il lavoro della Vice Direttrice dell‟Archivio Valeria Verrastro che ha transuntato tutte le pergamene nella sua pubblicazione “Le pergamene della Chiesa Collegiata di S. Antonino Martire di Saponara”, in Boll. St. Basilicata, n° 6, 1990. 4 Galatina, Congedo Ed., 1978, pag.301
  • 14. XIII La copia di prima mano in possesso dell‟Arciprete Francesco Paolo Caputi,5 andò anch‟essa smarrita. Riteniamo che, come è stato da noi dimostrato per il codice della Platea dei beni del Monastero di S.Croce del 1654 (Oggi alla Philadelfia Free University e di cui disponiamo del microfilm), dopo la morte del Caputi, qualche suo parente, facendo piazza pulita dei documenti conservati nel suo archivio personale, l‟abbia portato a Milano e lì venduta al libraio Renzo Rizzi6 , che poi la rivendette non sappiamo a chi. Vane sono state le nostre ricerche fatte nel tentativo di rintracciare l‟originale o la sua prima copia. Si è chiesto ad Episcopia, Comune del Frabasile, si è cercato a Milano per quella del Caputi. Il Racioppi, come detto in precedenza, affermava nel 1878 che il manoscritto in suo possesso era stato copiato dall‟originale in possesso di Vincenzo Ramagli, senza fornire però spiegazioni. Non dice nemmeno come e da chi gli era pervenuto. E‟ stata comunque una fortuna che esso sia venuto in possesso dello Storico moliternese che ne ha preservato l‟esistenza. 3. L’Autore delle “Memorie”: famiglia e discendenti. I Ramaglia erano un‟antica famiglia di Saponara. La ritroviamo nei Libri parrocchiali, esistenti nell‟archivio della Chiesa di S. Antonino, sin dal primo volume dei Libri baptizatorum. Essa è riportata anche con la variante “Ramaglio”. Pur non facendo parte delle famiglie cui spettava un posto nel “Seggio dei Nobili”, dalle qualifiche e alle professioni dei suoi componenti ricavate dai Libri matrimoniorum e dai Libri collegiali dei Defonti, si arguisce che ebbe un ruolo di rilievo nella comunità saponariense: annoverava Sacerdoti, Dottori in legge, ostetriche, etc. Per quante ricerche abbiamo fatto, spulciando le carte parrocchiali dell‟epoca, non siamo riusciti a rinvenire alcuna indicazione che riguardasse la nascita di Niccolò Ramaglia. Riferimento certo è l‟annotazione della sua morte avvenuta il 5 Settembre 1750 all‟età di circa 55 anni per un “moto apopletico” nel V Libro Collegiale dei Difonti, anni 1734-1779, Fol. 142/verso, 3a annotazione: “Nell’istesso giorno (5 Settembre) 1750, Il Dr. Nicolò Ramaglio figlio del q.(uonda) m (ndr: defunto) Dr. Giuseppe Ramaglio di questa Città in età d’anni 55 in circa nella sua casa nel grembo di S. Chiesa privo delli Sacramenti della Confess.e e della comunione per un moto apopletico sopragiuntoli, ha solamente ricevuto il Sagramento dell’estrema unzione e raccomandata la sua anima dal Sacerdote D. Nicolò Roselli eddomadario, e nel giorno seguente fu sepelito nell’Insigne Collegiata. Giliberti Arciprete” 5 Autore dell‟opera “Tenue contributo alla storia di Grumento e di Saponara”, Ed. Pesole, Napoli 1902 6 Cfr.David Anderson “Ricerche di Storia sociale e religiosa”, n° 31-32, Ed. Storia e Letteratura, 1987
  • 15. XIV Quindi la sua presumibile data di nascita dovrebbe aggirarsi intorno all‟anno 1695. I suoi genitori erano il dott. Giuseppe Ramaglia (non sappiamo se dottore in legge o dottore fisico) ed Isabella Colombo o Columba. La indicazione relativa al padre la ricaviamo dal predetto atto di morte (il padre defunto è detto “quondam”7 ) mentre quella per entrambi i genitori, dalla “Dichiarazione di stato libero”, redatto dal Canonico Sebastiano Roselli ed affisso nella Collegiata nei giorni 2-9-16 Febbraio 17218 prima di sposarsi a Sanza. La madre Isabella, di cui in nessun atto è citato il Comune di provenienza, morì a 55 anni il 5 Giugno 1717, quindi nata nel 16629 . Se si conosceva il suo paese d‟origine si sarebbe potuto ricavare il luogo dove il nostro Niccolò Ramaglia era nato, perché probabilmente essa era partorita nella casa dei propri genitori. Avendo ricavato dal manoscritto che l‟Autore delle Memorie, come egli rivela al Cap. 53°, era stato nominato Governatore della Terra di Carbone, è presumibile che egli fosse nato proprio in questo Comune della Basilicata. Si sposò, come detto, a Sanza, con Carmina Veglia che viene menzionata al Cap. 55°, § 6 (“dilettissima mia consorte”) e al Cap. 56°, § 4 (“mia consorte”) del manoscritto. Nata nel 1695, morì all‟età di 47 anni il 29 Agosto 1742. Nel suo atto di morte il suo cognome compare come La Veglia (forse il prete sbagliò l‟annotazione) ed è detta “della Terra di Sanza e “ figlia di Giovanni Tommaso”10 Da essa Niccolò ebbe 2 figli e 3 figlie. Dei due figli l‟Autore delle Memorie ci da una indicazione generica al Cap. 57, §1, ove accenna ai suoi “due figlioli” che, dopo la caduta del fulmine sul campanile della Chiesa Madre (anno 1742), erano fuggiti uscendo dalla “portella” (ossia la seconda porta della chiesa). 7 Il dott. Giuseppe Ramaglia risulta già deceduto prima del 1715 come si ricava da un atto del Notaio Celso del 17/11/1715 con il quale si stipulano i Capitoli matrimoniali di Anna Maria Ramaglia, vedi nota successiva n° 19. 8 Cfr. “Liber matrimoniorum”, anni 1652-1732, 2 Febb. 1721. 9 Cfr. Atto di morte in “Liber defunctorum”, anni 1640-1733, Fol. 89/verso. In esso il cognome figura “Colombo”. 10 Cfr. Atto di morte in “Libro collegiale dei defunti”, 1734-1780, Fol. 84/verso.
  • 16. XV Approfondite ricerche sui Libri Parrocchiali ci hanno consentito di sapere qualcosa in più sulla prole di Niccolò Ramaglia. Il primo figlio, nato il 10 Luglio 1722, si chiamava Ioseph, Vitalis, Franciscus, Thomas, Gerardus, Bernardus11 Questi divenne Sacerdote come si ricava dalle annotazioni nei libri dei battesimi da lui celebrati.12 Del secondo, trasferitosi a Sarconi verso la metà del 1700, da cui discesero i Ramagli giunti ai nostri giorni, non siamo riusciti ad individuare la data di nascita perché il Libro dei Battezzati degli anni 1660-1733, presenta la sottrazione di due gruppi di fogli: il primo da Fol. 242 a Fol. 258 (corrispondente al periodo Settembre 1722-Luglio 1725), il secondo da Fol. 261 a Fol. 275 (Maggio 1726-Maggio 1728). E‟ molto probabile che nei fogli mancanti era stata annotata la nascita del secondogenito. Siamo riusciti comunque a recuperare la identità del secondogenito di Niccolò consultando il Libro dei matrimoni degli anni 1734- 1782, ove al Fol. 119/Recto, vi è l‟annotazione degli Avvisi di matrimoni pubblicati il 2-9 e 16 Novembre del 1749 con i quali si annunciava il matrimonio da celebrarsi da parte del “Magnifico Pasquale Ramaglia, figlio del Dott. Nicolò di questa Città, …nella Terra di Sarconi colla magnifica Angela Scarano”. Riportiamo di seguito il predetto documento con la relativa trascrizione: Avviso di matrimonio di Pasquale Ramaglia, secondogenito di Niccolò. 11 Cfr Atto di nascita in “Libro dei battezzati”, anni 1660-1733, Fol. 242/recto. In esso vi è l‟indicazione della madre Magnifica Carmina Veglia. 12 Vedasi successiva nota n° 15.
  • 17. XVI Trascrizione Avviso di matrimonio di Pasquale Ramaglia “Il Magnifico Pasquale Ramaglia figlio del Dott. Nicolò di questa Città, dinunciato al Popolo presente tra le solennità delle Messe in tre giorni festivi di Domenica occorsi a di 2; 9; e 16 del mese di Novembre del cadente Anno 1749 non fu egli da verun ostacolo impedito, perché non avesse contratto matrimonio per verba de presenti nella Terra di Sarconi colla magnifica Angela Scarano. = Canonico Bianculli Economo” La moglie di Pasquale, apparteneva alla nobile famiglia sarconese degli Scarano, alcuni rappresentanti della quale si distensero durante la “Rivoluzione Napoletana” del 1799 contro i Borbone: Scarano Alfonso, galantuomo, Scarano Domenico, proprietario, Scarano Donato Antonio, Cancelliere comunale.13 Quest‟ultimo fu anche successivamente capo della Setta carbonara di Sarconi e venne delegato dalla “Vendita” del suo paese a rappresentarlo alla “Grande Assemblea del popolo carbonaro” tenutasi a Potenza l‟11 Agosto del 1820.14 Non avendo rinvenuto nei documenti consultati, successivi al 1749, alcuna annotazione relativa a nessuno dei figli di Pasquale Ramaglia, riteniamo che egli si sia spostato a Sarconi appena dopo il matrimonio. Uno dei suoi figli si chiamò sicuramente “Niccolò,” che generando il Vincenzo Ramagli Avvocato, di cui parleremo appresso, fu l‟anello di congiunzione fra i “Ramaglia” di Saponara e i “Ramagli” di Sarconi. Ritornando al nostro Autore delle Memorie, e alle sue figlie, diciamo che la prima si chiamava Maria Isabella di cui viene fatto un cenno nel § 1 del Cap. 57° allorquando nel trambusto succeduto alla caduta del fulmine l‟Autore dice: “…già vidi la mia figliola Maria Isabella…”. Essa risulta sposata con Francesco Romaso da cui ebbe il 29 Giugno 1763 un figlio di nome Nicolò, Giuseppe, Antonio, Donato, Laviero15 . La seconda, di nome Maria Teresa Geronima, nata il 16 Agosto 173416 , morì bambina il 23 Settembre 173617 . La terza si chiamava Rachele, nata il 9 Maggio 1736 dopo un parto travagliato, cui accenna l‟Autore al Cap. 55°, § 6. Afferma che la moglie fu salvata ed aiutata in tale circostanza dalla Sacra Reliquia del Sangue di Cristo, in quanto custodiva nelle sue vesti una delle tre chiavi del ripostiglio e dice “col dare alla luce una bella bambina quale si chiama Rachele”. L‟Autore delle Memorie aveva un fratello e tre sorelle. Il fratello Giovan Battista, Sacerdote della Collegiata, era probabilmente più anziano di lui e viene menzionato nel manoscritto tre volte: al Cap. 42°, § 2, ove si dice che il Vescovo gli conferì l‟onorificenza dell’Ordine della 13 Cfr. Vincenzo Falasca “La Rivoluzione Napoletana del 1799 nei Comuni della Valle dell’Agri e in Basilicata”, Ed. Ermes, Potenza 1999, pag.135. 14 Cfr. G. Mallamaci “Sarconi-immagini storiche di un paese della Val d’Agri”, Tip. Waltergrafkart, Moliterno 2000, pag. 54. 15 Cfr. Libro dei battezzati (sotto l’Arciprete Andrea Giliberti), anni 1756-1781, Fol. 46/recto, 3a annotazione, 29 Giugno 1763. In tale atto risulta che il battesimo fu celebrato dal “ Rev. Sacerdote Giuseppe Vitale Ramaglia”, 1° figlio di Niccolò Ramaglia. 16 Cfr. Libro dei battezzati, anni 1734-1756, Fol. n° 9/Verso 17 Cfr. Liber mortuorum, anni 1734-1780, Fol. n° 35/Recto
  • 18. XVII Cattedrale, al Cap. 55°, § 4 e al Cap. 56, § 3°. Non abbiamo su di lui documenti ufficiali, salvo le annotazioni nei Libri Parrocchiali ove lo si ritrova celebrante di numerosi battesimi e matrimoni. La prima sorella di Niccolò Ramaglia si chiamava Anna Maria Antonia e risulta nata il 16 Gennaio 1692.18 La seconda si chiamava Anna Maria ed era nata il 27 Aprile 169319 . Sposò il 23 Febbraio del 1716 il Dott. Fisico di Montemurro Giovanni Appella.20 In un atto notarile del Notaio Celso di Saponara del 17 Novembre del 1715, vennero stipulati i Capitoli matrimoniali alla presenza dello sposo e della madre vedova Isabella Colombo (o Columba) e dei fratelli, Sacerdote Giovan Battista e Dott. Niccolò Ramaglia.21 La terza si chiamava Teresa Antonia ed era nata il 5 Dicembre 1696.22 Dalla sequela documentata delle date di nascita delle sorelle di Niccolò si ricava che il suo anno di nascita non può essere che il 1695. Documentata è altresì, in vari atti parrocchiali dal 1654 in poi, l‟esistenza del Sacerdote Carolus Ramaglia, fratello del padre di Niccolò, autore delle Memorie. Come abbiamo accennato in precedenza, da un figlio di Pasquale Ramaglia, trasferitosi a Sarconi alla metà del 1700, nacque nel 1834 Vincenzo Ramagli, Avvocato, morto il 1918, dopo una lunga carriera professionale espletata prevalentemente in Val d‟Agri.23 Aveva un fratello di nome Niccolò Antonio che partecipò, quando Garibaldi venne in Lucania, alla spedizione del 18 Agosto 1860 a Potenza24 . Vincenzo fu l‟ultimo possessore della famiglia del manoscritto autografo delle Memorie. Vincenzo generò nel 1858 a Sarconi Giuseppe Ramagli25 . Questi abbracciò la carriera burocratico-amministrativa di Segretario comunale, attività che espletò nei Comuni di Sarconi, San Costantino Albanese, Casalbuono, Tolve, Viggiano e Moliterno. Elaborò, nella sua qualità di tecnico, il Regolamento delle acque del Comune di Sarconi. Suo fratello Vincenzo Ramagli (Sarconi 1834-1918) (Foto n° 2/a) Avv. Vincenzo agli inizi del 1900 partecipò attivamente alla vita amministrativa del suo paese26 . Verso la fine della sua vita, anche per i contrasti politico-amministrativi locali, emigrò a Napoli ove morì nel 1922. 18 Cfr. Atto di nascita in Libro dei battezzati, anni 1660-1733, Fol. 128/Recto 19 Cfr. Atto di nascita in Libro dei battezzati, anni 1660-1733, Fol. 134/Verso 20 Cfr. Atto di matrimonio in Liber matrimoniorum, anni 1652-1732, 176/Recto 21 Cfr. Arch. St. Pz., Protocolli Notarili, Notaio Celso, Vol. 1591, Fol. 94/Verso, anno 1715 22 Cfr. Atto di nascita in Libro dei battezzati, anni 1660-1733, Fol.146/Verso. 23 Cfr. “Nel cuore del Sud” di Niccolò Ramagli (bis-bis nipote dell’Autore del Manoscritto), Ed.RCE 2001, 2 a Edizione, pag.30. Vedasi di Vincenzo Ramagli la foto n° 2/a. 24 Cfr. Giorgio Mallamaci “Sarconi-immagini storiche di un paese della Val d’Agri”, Tip. Waltergrafkart, Moliterno 2000, pag. 58. 25 Vedasi la foto n° 2/b, con firma autografa. 26 Cfr. G. Mallamaci, op. cit., pag. 72.
  • 19. XVIII Da lui nacque in Sarconi il 24 Marzo del 1903 il pro-pronipote dell‟Autore delle Memorie l‟omonimo Prof. Niccolò Ramagli27 . Egli seguì il girovagare del padre nei vari Comuni ove fu Segretario. Intorno al 1920 si trasferì a Napoli ove conseguì la Laurea in Filosofia ed ivi insegnò presso il Liceo Umberto I°. Collaborò con molti saggi storici, filosofici e filologici al quotidiano partenopeo Il Mattino. Narratore e poeta, di lui ricordiamo la raccolta di poesie “Il fiore e la morte” e il lavoro storico-antropologico “Nel cuore del Sud…in Lucaniae dulces recessus”. Collaborò alla fondazione dell‟Associazione Giustino Fortunato, in Napoli, diventandone anche Vice Presidente. Collaborò attivamente anche con Pietro Borraro nella sua Rivista di “Studi lucani e meridionali”. Fu più volte a Grumento Nova (i cui abitanti egli chiamava affettuosamente “Squiglij” <abituati a scivolare> ra’ Sapunara”) per studiare gli scavi archeologici di Grumentum e la ricca biblioteca comunale “Carlo Danio.” Ebbe cinque figli e morì in Napoli il 25 Gennaio del 1981. Niccolò Ramagli Giusreppe Ramagli (Sarconi 1903-Napoli 1981) (Sarconi 1858-Napoli 1929) (Foto n° 2/b) 4. La materia trattata nel Manoscritto. Niccolò Ramaglia aveva ricoperto dal 1731 al 1732, (come egli stesso ci racconta nell‟Introduzione e nel Cap. 45°, § 2) la carica di Avvocato Generale del Capitolo della Chiesa Collegiata di Saponara. In tale veste, avendo avuto la possibilità di consultare i documenti originali del suo Archivio, decise di scrivere le “Memorie” e di tale decisione ci dà motivazione proprio nell‟Introduzione all’opera: “… siccome dirassi col corso della presente opera, non vi sia stata persona , che per la posterità pensato avesse, e tramandato la memoria non meno degli onori che ella (ndr. La Chiesa Collegiata di Saponara) ha goduto, che 27 Vedasi foto nella pagina
  • 20. XIX delle avversità e disavventurate burasche nell'accennato corso di tanti anni sofferte, con farle macerar dalla ruggine della obblizione. Laonde io Notar Niccolò Ramaglia28 della stessa città, più che minimo tra i professori della Giurisprudenza, in occasione che ho avuta la fortuna di patrocinare il R.mo Collegio della enunciata Chiesa nell'anno millesettecentotrentuno in 1732 avendo notato tutto e ciò che mi avvenne, siccome nella prefazione si è detto, di vantaggio erami venuto in desio di aggiungervi altre notizie necessarie. Ma come questo assunto non era per me, sì per la professione, come per non esser de pane lucrando, avendo discacciato dal mio pensiero: ma pensando alla fin fine non far scoltare quelle mie notarelle in cotal fatta scompagnate risolvei aggiungervi qualc’altra cosa sì, ma che non avesse trapassata la meta della mia bassissima intelligenza e la necessaria applicazione alla mia domestica cura. Progettai questo mio pensiero col nostro eruditissimo e dottissimo patrizio Rev.mo Sig. D. Carlo Danio, un tempo degnissimo Arciprete della stessa Chiesa …che mi persuase ad abbracciare l'impresa, ma vieppiù animommi a maggior fatica; cioè che avessi posto in ristretto tutte quelle memorie antiche, che egli aveva della nostra Patria e Chiesa, disperse in cartoli e vari documenti.…posposi ogn’altro mio interesse per attendere alla già detta impresa. Mi protesto però e dichiaro…che quanto leggerassi nella presente opera registrato o è stato fedelmente trascritto da loro originali documenti e memorie antiche; conservate o raccolte forse da chi avea il pensiero di registrarle, ho ricavato da fedeli tradizioni porgiutemi dal riferito Signor D. Carlo, o altre persone provette, e degne di fede”. Il Ramaglia, avendo quindi precisato, con malcelata modestia, che la sua intelligenza non era all‟altezza del compito, rivela di voler raccontare (incoraggiato nell‟impresa dall‟Arciprete Carlo Danio Ceramelli) la storia della Collegiata Insigne di Saponara affinchè non cadessero nell‟oblio le sue lotte, le sue sconfitte e le sue vittorie (nei confronti della Diocesi marsicana) attingendo da “originali documenti e memorie antiche”. Inoltre nella “Protesta,” che precede l‟indice dei Capitoli, egli si professa rispettoso dei dettami della Santa Chiesa Cattolica Romana e afferma che alle “Memorie” si debba prestar fede come ad opera di un privato e non ad atto ufficiale della Chiesa stessa. Tale dichiarazione fu ispirata dal rigorismo della Controriforma e dalla necessità di mettersi al riparo da eventuali sanzioni ecclesiastiche. Il Ramaglia dunque racconta, in buona parte dell‟opera, il “conflitto giurisdizionale”, che si protrasse per secoli, tra la Chiesa di Saponara e la Diocesi di Marsico Nuovo. La prima si rifiutò sempre di sottomettersi ai voleri episcopali in quanto riteneva di essere “Res nullius” (ovvero non soggetta a nessuna Diocesi) in considerazione del fatto che essa da Tempo immemorabile, ovvero dall‟inizio del Cristianesimo, era suprema Autorità religiosa della zona perchè nel 370 d.C. Papa Damaso aveva istituito in Grumentum la Diocesi Grumentina, creando Vescovo Sempronio Atone. Questa in sintesi la materia del contendere che come ebbe a scrivere Giacomo Racioppi, indusse i contendenti a lottare, a volte anche aspramente, senza esclusioni di colpi. Lo storico difatti sostiene:29 “Quell’accanito litigio giurisdizionale tra la chiesa saponarese e la Curia marsicana non rimase angolo di archivio o canto di muro che non inquinasse della sue fiabe fanciullesche”. 28 Non conosciamo il motivo per cui egli si proclami Notaro. Dai protocolli notarili conservati all‟Arch. di Stato di Potenza, rileviamo che in quel periodo i notai esercitanti in Saponara furono: Giuseppe Giannone, Francesco Di Pierro, Nicola Celso (di Cosenza) Carlo Romaso e Felice Antonio Rugna. Non esiste nessun registro con atti rogati da Niccolò Ramaglia. Forse egli stava facendo pratica notarile presso uno dei predetti. 29 Cfr. Giacomo Racioppi :“Fonti della storia basilicatese al Medio Evo-L’Agiografia di S. Laverio del MCLXII” (Roma 1881, pag. 140
  • 21. XX La controversia scoppiò in tutta la sua virulenza nel 1530, allorquando l‟Arciprete di Saponara Giovanni Ferrara, poiché si era visto annullare la sua nomina dal Vescovo di Marsico, Ottaviano Caracciolo, fece ricorso alla Sacra Rota. Il contrasto però aveva radici molto antiche che si possono far risalire all‟XI sec. allorquando alla Chiesa di Saponara nel 1095, con la Bolla di Gisulfo, Vescovo di Marsico (che il Racioppi ritiene apocrifa) venne riconosciuto il titolo di Collegiata. Nel 1162 il Vescovo Giovanni voleva imporre all‟Arciprete della Saponara, Saulo de Goffrido, esosi balzelli che questultimo rifiutò e ricorse all‟Arcivescovo di Salerno Romoaldo II. Questi compose nel 1163 la lite stabilendo che la Chiesa saponariense doveva pagare al Vescovo di Marsico solo la quarta delle Decime e dei funerali, mentre per la Giurisdizione confermò il diritto dell‟Arciprete a governare i suoi concittadini. Le liti più clamorose si agitarono nei secoli XVI, XVII, e XVIII. Spiccano per la loro virulenza l‟episodio del trafugamento, da parte del Vescovo Ascanio Parisi, di Moliterno, delle carte originali del processo contro il Collegio della Chiesa di S. Antonino e l‟altro del 1677, allorquando il Vescovo Gambacurta che, venuto a Saponara per insediare quale Arciprete il marsicano Nicola Morena, per poco non rischiò il linciaggio. Vi furono varie scomuniche nei confronti dei Preti e dei cittadini di Saponara da parte dei Vescovi di Marsico e Potenza. Ma la Chiesa di Saponara aveva anch‟essa protettori in alto loco, fra cui il Cardinale Lucio Sanseverino il quale riuscì a far avere all‟Arciprete di Saponara, con grande scorno del Vescovo dell‟epoca, il diritto all‟uso dei pontificali e della mitra. Ma intorno alla metà del XVII secolo, un potente Vescovo di Marsico, il domenicano Giuseppe Ciantes, forte della protezione della cognata del Papa Innocenzo X, Donna Olimpia, riuscì a far privare della Giurisdizione l‟Arciprete, che all‟epoca era Giovan Francesco Danio. A nulla valse l‟intervento del famoso giurista Amato Danio, suo nipote, componente della Regia Camera di Santa Chiara. Seguirono poi periodi di pace con Vescovi molto tolleranti. Si tentò finanche di privare la Chiesa saponariense dei titoli di Collegio e del Canonicato. Essa si difese con le unghie e con i denti e si dissanguò letteralmente per le spese di avvocati nelle varie cause sostenute a Roma, presso la Sacra Rota. Dopo il 1742, le notizie relative alle successive dispute fra il Clero di Saponara e il Vescovo di Marsico si diradano in quanto viene meno la principale fonte costituita dalle Memorie del Ramaglia. Sbiaditi accenni ritroviamo in un carteggio presso la Diocesi di Potenza "Pretenzioni del clero di Saponara proposte nel Tribunale misto" che riguarda il vescovado di Diego Andrea Tomacelli (1744-1763)30 . Alle dispute di questo periodo attiene l'allegazione dell'avvocato napoletano Onofrio Cecere del 1754 "Per lo Capitolo della Chiesa di S. Antonino martire di Saponara in Prov. di Salerno contra il Vescovo di Marsico nel Tribunale misto presso l'Attitante Pascale Graziola"31 Altre scarse notizie, sino al 1790, le ritroviamo nel fascicolo presso l'archivio diocesano di Potenza" Fatto per la causa fra l'Insigne Collegiata della città di Saponara e il Capitolo della cattedrale di Marsico"32 . 30 Cfr. Arch. Diocesi Pz, fondo I, busta 4 31 Cfr. Onofrio Cecere, Allegazioni, Napoli 1759, Bibl. Naz. Na. 32 Cfr. Arch. Diocesi Pz, fondo VIII, busta 1
  • 22. XXI Le liti continuarono anche agli inizi del 1800 e la difesa della Collegiata venne affidata al dotto avv. grumentino G. Nicola Roselli che nel 1854 pubblicò in Napoli l'allegazione" Per l'Arciprete e Capitolo della Insigne Collegiata Chiesa sotto il titolo di S. Antonino, martire del comune di Saponara, in difesa del diritto di necessaria collazione spettanti ad essi Arciprete e Capitolo, dei canonicati e mansionariati della Chiesa suddetta. Nell'alta Commissione del Concordato"33 A seguito del Decreto luogotenenziale del 17 Febbraio 1861, vennero soppressi nelle province napoletane e siciliane, insieme agli Ordini monastici, anche i Capitoli delle Chiese Collegiate non aventi cura d'anime. Il Canonico Francesco Paolo Caputi, di Saponara di Grumento, pubblicò in Potenza nel 1863 " Ragioni per il Capitolo di Saponara provanti la cura delle anime annessa alla Insigne Collegiata sotto il titolo di Sant'Antonino martire, che è la chiesa di detta città"34 Con la legge del 15 Agosto 1867, n° 3848, “Per la liquidazione dell’Asse ecclesiastico”, non furono più riconosciuti come Enti morali i Capitoli delle Chiese Collegiate e le Chiese ricettizie, con e senza cura d‟anime, perdendo tutti i diritti giuridici in passato posseduti.35 La Chiesa di S. Antonino Martire, di Saponara, che aveva difeso sino all'ultimo, anche con grande dispendio di risorse economiche, il titolo di Insigne Collegiata, venne da tale data ridotta definitivamente a parrocchia. Nelle sue Memorie il Ramaglia, oltre a dilungarsi distesamente sul conflitto e la lite secolare delle due Istituzioni religiose, accenna anche a fatti ed episodi attinenti la società, le strutture civili, i Feudatari, vari personaggi di rilievo del posto, i monumenti e le strutture cittadine, le altre Istituzioni religiose, le feste, i culti, i miracoli, le usanze quotidiane del popolo e le Agiografie di due Santi autoctoni: S. Antonino e S. Laverio. Occorre avvertire il lettore che la suddivisione in paragrafi, al fine di rendere meglio l‟articolazione del contenuto dei capitoli, è nostra elaborazione, ed inoltre che tutti i documenti riportati dal Ramaglia sono trascritti in corsivo. VINCENZO FALASCA 33 Cfr. Giovanni Ant. Colangelo “La Diocesi di Marsico nei sec. XVI-XVIII”, Roma 1978, pag. 54 34 Idem 35 Cfr. Antonio Lerra “Chiesa e società nel Mezzogiorno”, Ed. Osanna, Venosa 1996, pag. 97.
  • 23. 1
  • 24. 2 MEMORIE GRUMENTINE SAPONARIENSI In cui si descrivono la Edificazione, la Fede Cattolica ricevuta da S. Laviero, i Vescovi e la distruzione della celebre città di Grumento, colonia militare de‟ Romani; la edificazione della nuova città della Saponara, gli Prelati, o siano Arcipreti mitrati che hanno governata la di lei Insigne Collegiata Chiesa, sotto il tit.o di S.Antonino Martire. e le fierissime liti agitate con i Vescovi Marsicani per causa della giurisdizione. Con i memorandi fatti e vita del dottissimo D. Luigi Sanseverino, Principe di Bisignano. Storia della reliquia del Prezioso Sangue di Cristo, con quella del prezioso Santuario, sotto il titolo di S. Maria della Salute, detta di Grumentino - Vita di Sant'Antonino, volgare, di S. Laviere, latina e volgare; con altre cose notabili raccolte con somma diligenza e fatica dal Dottor Niccolò Ramaglia di Saponara. nell' anno 1736
  • 25. 3 PROTESTA DELL'AUTORE Avendo la Santa memoria di Urbano VIII Sommo Pontefice, sotto li 13 Marzo 1625 publicato decreto, e quello confirmato sotto li 5 Luglio 1634, col quale proibì stamparsi libri nelli quali si facesse menzione, o racconto della vita, gesti, miracoli, revelazioni, o altri qualunque beneficii, o virtù di uomini, senza l'approvazione della S. Sede Apostolica; ma che possano ammettersi lodi ed elogi, che cadano sopra li costumi, fama e conversazione di qualche uomo probo, che apparissero soprannaturali: a questo Decreto, confirmazione e spiega, Io dottor Nicolò Ramaglio, piegando humilmente il capo; e tutto me stesso; mi protesto che, tutto quanto rapporto in questa mia opera delle Memorie Grumentine Saponariensi, si debbiano ricevere ed accettare secondo il senso, e volere della S. Chiesa Cattolica Romana, e si debba prestar quella fede, che si presta ad un uomo privato, e non altrimenti, professando per sempre di venerare li sacrosanti Decreti di essa Romana Chiesa, nel di cui grembo spero vivere e morire. INDICE DELLI CAPITOLI Cap. I Si descrive l'origine o sia edificazione della Città di Grumento, e come da S. Laviere ricevè la S. Fede. Cap. II Siegue a narrarsi la situazione ed altre qualità della Città di Grumento. Cap. III Si pruova che la Città di Grumento sia stata Sede Vescovile ed in conseguenza Cattedrale. Cap. IV Si narra la destruzione di Grumento ed in mariera che la Saponara fu edificata. Cap. V Si descrive la fondazione della Chiesa insigne Collegiata con le altre dentro l'abitato, e Monasteri di Donne Monache. Cap. VI Si descrivono tutte le altre Chiese costrutte nel Territorio così dirute come in essere. Cap. VII Si descrive la situazione del nuovo Grumento, dico Saponara, con altre cose più notabili. Cap. VIII In che maniera la giurisdizione vescovile dopo la destruzione di Grumento, conservossi negli Arcipreti di S. Maria Assunta, chi quei siano stati, e il principio delle liti con i Vescovi Marsicani. Cap. IX Si rapporta l'accordo seguito con Gisulfo 2° Vescovo di Marsico, colla lui Bolla, colla quale dichiarò Collegiata la nostra Chiesa. Cap. X Del Casale di Tramutola, ove esso era sito, dentro di quel tenimento, come fu distrutto, ove redificato, e per opera di chi, ed altre cose notabili, sopra la lite degli confini colla Saponara. Cap. XI Si narra in che maniera Giovanni V°, Vescovo di Marsico, volle imporre nuovi pesi al nostro Collegio, e si rapporta la determinazione di Romoaldo, Arcivescovo di Salerno. Cap. XII Si narrano alcuni Arcipreti che governarono la nostra Collegiata dopo di Saulo, e si rapporta una donazione di Roberto di Romana a prò del Collegio. Cap. XIII Si rapporta come Pietro e Bartolomeo Vescovi di Marsico, quello nel 1330, questi nel 1368, rinnovarono altre imposizioni, e come furono da i Metropolitani raffrenati. Cap. XIV Siegue a narrarsi gl'Arcipreti della nostra Collegiata, e come Giacomo Sanseverino Conte della Saponara fece al Collegio donazione per un singolare benefizio. Cap. XV Siegue la narrazione degli Arcipreti e degli Sinodi celebrati pel buon Governo della Chiesa.
  • 26. 4 Cap. XVI Giovanni Ferrara, detto Arciprete, li fu contrastata la conferma dal Vescovo ma dalla Sagra Rota ottiene sentenza favorevole e celebra il Sinodo. Cap. XVII Si ravvisa la maniera ed il principio delle liti Giurisdizionali tra i Vescovi di Marsico ed il Capitolo Saponariense, e come Ettore Giliberto fu processato di usurpata giurisdizione, come Prelato di Saponara. Cap. XVIII Antonio Fera succede al Vescovo Medices, non contento della decisione del Parisi travagliò l'Abb. Camillo Cotino succeduto Arciprete al Giliberto in diversi Tribunali. Cap. XIX Si narrano le tiranniche maniere con cui Ascanio Parisi, dopo fatto Vescovo di Marsico trapazzò il nostro Collegio. Cap. XX Berardino Cioffo ricupera la Giurisdizione essendo vescovo di Marsico Timoteo Caselli. Cap. XXI Si rammemora la persona del Cardinale Sanseverino a prò del Collegio, ed Arciprete, con farli ottenere l‟uso de‟ Pontificali Cap. XXII Bernardino Cioffo passa da questa vita, li succede Claudio Abbondati, che poco sopravisse, li soccede Gio: Francesco Danio, e della Rota si denega la udienza al Vescovo Caselli, per l‟esercizio della Giurisdizione. Cap. XXIII Si narra la consuetudine antica degli Canonici, che sono nel nostro Collegio, ed in che modo vengono investiti senza le Bolle. Cap. XXIV Il Vescovo di Potenza forse collegato con quello di Marsico travagliò lo Arciprete Danio con sorrettizia commissione, sotto zelo di visita, con altre cose notabili della Sig.a Contessa Gesualdi. Cap. XXV Il Principe di Bisignano D. Luigi Sanseverino, con gran fervore intraprende il patrocinio dell‟Arciprete Danio scrivendo lettere di somma efficacia agli E.mi Cardinali della S. Congreg.e Cap. XXVI Si ravvisano l‟eroiche virtù e vita esemplare del Suddetto Luiggi Sanseverino Principe di Bisignano. Cap. XXVII Giuseppe Ciantes succede a Caselli nel vescovato, e s‟impegna pur lui a molestare l‟Arciprete intorno l‟approvazione de‟ Confessori, su di che si rapporta un consiglio di Carlo Maranta Vescovo di Giovenazzo a pro‟ dell‟Arciprete. Cap. XXVIII Il Vescovo Ciantes col mezzo rammentato, si accinge alla finale decisione della causa, quale già ottiene a suo favore, si descrivono le fatighe di Monsignor Danio, ed i fatti accaduti, che furon causa di perdere la giurisdizione. Cap.XXIX Mons. Danio rassegna l‟Arcipretura in persona del Can.co D. Franc.o Antonio Lauria: Mons. Ciantes rinuncia al vescovado, e D. Pompeo Bisignano, rivela il processo stracciato da mons. Parisi;con altri fatti notabili. Cap. XXX Si ravvisa in che maniera il Capitolo fu privato de‟ Canonici, colla totale perdita della giurisdizione, a pro‟della quale scrisse il R.o D. Amato Danio. Cap. XXXI Angelo Cavallo dependente dal Vescovo Pinerio, mandato in Roma per ottenere le Bolle della nostra Collegiata come Parrocchiale, persuaso le impetra come Collegiata, e ne prende valoroso patrocinio, con altri fatti notabili.
  • 27. 5 Cap. XXXII Si continova la narrazione di quanto l‟Arciprete Cavallo oprò, per il ricupero almanco della Collegialità, per la quale ottenne sentenza favorevole. Cap. XXXIII Il Vescovo Pinerio ed Arciprete Cavallo passano da questa vita; Mons.e Gambacorta pretese di provvedere la Arcipretura come di Parrocchiale, in persona di don Niccolò Morena di Marsico, per cui accadde un‟inconveniente grave che fu causa di scomunica ed interdetto. Cap. XXXIV Il Capitolo ricorre nella Sagra Congreg.e contro il Vescovo, per alcune messe celebrate a sua richiesta in n° di 900, ed ottiene sentenza favorevole. Cap. XXXV D. Carlo Danio Cotino ottiene dalla S. Rota l‟esecuzione delle Bolle, ottenute dalla S. Sede, dell‟Arcipretura come di Collegiata, con altri fatti notabili accaduti. Cap. XXXVI Il Vescovo appella la suddetta sentenza e trattanto si tratta d‟accordo col Capitolo, sua morte, ed elezione al Vescovado in persona di Francescantonio Leopardi di Bonabitacolo. Cap. XXXVII Si descrive l‟accordo già assodato e concluso col Vescovo Leopardi mediante la persona di D. Domenico d‟Alessandri di Moliterno, con altre buone notizie. Cap. XXXVIII Mons. Leopardi parte da Roma per la sua residenza, sua traslazione alla sede di Tricarico,. e li succede nella prima il rammentato D. Domenico Luchetti. Cap. XXXIX D. Nicola Morena eletto Vicario nella vacanza di Leopardi, fa un‟ordine, che i sposi di Saponara avessero ricevuta la benedizione nella Collegiata, sotto gravi pene. Cap. XL Si rapporta laconicamente la vita esemplare di Mons. Luchetti, e gli ottimi trattamenti che fece al n.ro Collegio. Cap. XLI D. Carlo Danio Cotino passa da questa vita, e li soccede D. Carlo Danio Ceramelli, e nella sede Marsicana vacata per più anni fu creato Vescovo Donato Anzani d‟Ariano. Cap. XLII Si descrive la solenne cerimonia e nobilissimo trattamento con cui fu ricevuto Mons. Anzani in tempo della prima visita in Saponara. Cap. XLIII Il sig. D. Carlo Danio rifiuta l‟Arcipretura alla S. Sede; il Vescovo con un bel rattrovato la conferisce al Dr. D. Domenico Del Monaco. Cap. XLIV Si narra la metodo con cui il Capitolo pensò conservare il Jus della provista, spettante alla S. Sede, e si trascrive una nota di fatto, e jus del Dottor Niccola Corsari, su tal materia, degna di memoria. Cap. XLV Si ravvisa la metodo con cui l‟Arciprete del Monaco governò la nostra Collegiata, la di lui morte, e come l‟autore fu eletto Avvocato del Capitolo. Cap. XLVI Il Vescovo Anzani tenta provveder egli altra volta l‟Arcipretura, in persona del Can.co D. Nicolò Tornese di Saponara; ma il Capitolo vigorosamente si oppose, e si ravvisa la metodo. Cap. XLVII Si ravvisa come si scuoprì che S.E. di Bisignano, non avea preteso la spedizione delle Bolle da Roma, ma solo la esclusione del soggetto: e si tratta p(er) la provista in persona del Can.co D. Antonio Perrone, con altri fatti notabili. Cap. XLVIII Siegue a narrarsi l‟impegni e contrasti avuti p(er) l‟Arcipretura, e le difese del Capitolo p(er) far spedire le bolle dalla Dataria.
  • 28. 6 Cap. IL Continova la narrazione di quello (che) si oprò per la provista dell‟Arcipretura ed altre cose notabili. Cap. L Mons. Anzani passa da questa vita. Il Can.co Perrone ottiene l‟Arcipretura secondo l‟antico solito, e ne prende il possesso. Cap. LI Epilogo di quanto nella presente opera si contiene, con altre cose notabili. Cap. LII Si descrive il sito e la figura della Chiesa Collegiata Saponariense. Cap. LIII Si ravvisa la maniera in cui la nostra Collegiata conserva la preziosa reliquia della Terra mista col sangue del Comun Salvadore, e li portentosi fatti socceduti a prò de‟ fedeli e furto seguito. Cap. LIV Si ravvisa la maniera con cui Dio di bel nuovo consolar volle Saponara, colla inaspettata invenzione della Sagra Reliquia. Cap. LV Si narrano alcuni portentosi soccessi accaduti per Divina permissione, per testificare la verità ed essenza della preziosa reliquia. Cap. LVI Si rapporta la maniera con cui la Regina del Cielo ha aperto l‟Erario delle sue grazie a prò de‟ suoi fedeli, nella Cappella sita in un tenimento della Saponara, chiamata di Grumentino, sotto l‟invocazione di S. Maria della Salute, o pure Salus Infirmorum. Cap. LVII Si rammemorano altri portentosi e stupendi fatti accaduti nella Saponara, degni di considerazione per un fulmine cascato e tremuoti. Vita di S. Antonino – Volgare Vita di S. Laverio – Volgare – idem – Latina (Seguono n° 3 pagine bianche)
  • 29. 7 INTRODUZIONE Tra gli altri infortuni e vicendevoli successi coi quali sin dal suo nascimento è stata travagliata la Insigne Collegiata Chiesa di S. Antonino Martire della Citta' di Saponara evvi stato un dè maggiori che tra lo spazio di sette secoli e circa ottant‟anni, che ella colla Saponara costrutta fu, siccome dirassi col corso della presente opera, non vi sia stata persona , che per la posterità pensato avesse, e tramandato la memoria non meno degli onori che ella ha goduto, che delle avversità e disavventurate burasche nell'accennato corso di tanti anni sofferte, con farle macerar dalla ruggine della obblizione. Laonde io Notar Niccolò Ramaglia della stessa città, più che minimo tra i professori della Giurisprudenza, in occasione che ho avuta la fortuna di patrocinare il R.mo Collegio della enunciata Chiesa nell'anno millesettecentotrentuno in 1732 avendo notato tutto e ciò che mi avvenne, siccome nella prefazione si è detto, di vantagio erami venuto in desio di aggiungervi altre notizie necessarie. Ma come questo assunto non era per me; sì per la professione, come per non esser de pane lucrando , avendo discacciato dal mio pensiero: ma pensando alla fin fine non far scoltare quelle mie notarelle in cotal fatta scompagnate risolvei aggiungervi qualc‟altra cosa sì, ma che non avesse trapassata la meta della mia bassissima intelligenza e la necessaria applicazione alla mia domestica cura. Progettai questo mio pensiero col nostro eruditissimo e dottissimo patrizio Rev.mo Sig. D. Carlo Danio, un tempo degnissimo Arciprete della stessa Chiesa che per suoi giusti fini rinunziò, ed in tempo della vacanza dell'Arcipretura, Economo della medesima (degno per altro delle sue rare virtù, e dottrina di Pontificia Dignità) il quale approvando questo mio pensiero, non solo, che mi persuase ad abbracciare l'impresa, ma vieppiù animommi a maggior fatica; cioè che avessi posto in ristretto tutte quelle memorie antiche, che egli aveva della nostra Patria e Chiesa, disperse in cartoli e vari documenti. E tutto che conosciuto avessi che duram provinciam perficere attentabam, pure sì per non far scorno al medesimo Signor D. Carlo, meritando alla città essere obbedito, sì anche per onor della Patria e della Chiesa, ossia Collegio, e per far conoscere a taluni poco amici della sincerità dell'oprare, quando mi sia stato a cuore il decoro del medesimo, posposi ogn‟altro mio interesse per attendere alla già detta impresa. Mi protesto però e dichiaro, servendomi delle parole della Tromba dello Spirito Santo, e Dottor delle Genti Paolo Apostolo, scrivendo ai Romani al cap. 9. Veritatem dico in Cristo, non mentior, testimonia mihi perihibente conscientia mea in Spiritu Santo; che quando leggerassi nella presente opera registrato, o è stato fedelmente trascritto da loro originali documenti e memorie antiche; conservate o raccolte forse da chi avea il pensiero di registrarle, ho ricavato da fedeli tradizioni porgiutemi dal riferito Signor D. Carlo, o altre persone provette, e degne di fede. E per dar principio al proposto tema, sarebbe d'uopo che io in prima rapportassi qualche buona ed erudita descrizione della origine e fondazione della celebre e cotanto famosa citta' nostra di Grumento, da che la Saponara tira la origine. Ma come che io non sono scritturale, né storico, non potrò sodisfare la curiosità di chi l'ambisse, se non con una distinzione, che rivolgendo tant'altre scritture antiche, emmi venuta per le mani d'idioma latino la quale ebbenchè sia stimata per apogrifa, nulla però di manco, sapendo che da virtuosi e dotti sia stata tenuta in gran concetto, e bramosi che non cada nell'obblio, non tralascio trascriverla, siccome farò di tutte le altre con quella sincera e candida fedeltà, che brama e si ricerca in uno, che non vanta spacciarsene autore o alla cieca appassionato, e ne facciano quell'uso che vogliono.
  • 30. 8
  • 31. 9 CAPITOLO I SI DESCRIVE LA ORIGINE OSSIA EDIFICAZIONE DELLA CITTA' DI GRUMENTO, E COME DA SAN LAVIERE RICEVE' LA SANTA FEDE. 1. Da Noè a Priamo “Annorum millenario ad Adae creatione duplicato, de vigesimo supra centesimum transacto, Pater Noè cum quadrigentos octagtinta annos explevisset, genuit Sem, suum primogenitum cuius centesimo, ac vigesimo primo aetatis anno universali diluvio tota Terra obruta est et omnis caro (?) deleta ipseque solus cum Patre, Matre Uxore, duobusque ejus fratribus, et uxoribus eorum, salvus factus est; post diluvium genuit Assur, qui ex Sennahare succedens, plagam orientalem inhabitavit, iuxta fluvium Euphratem, qui ab occidente nostro mari, et Aegipto, a Meridie Arabico sinu a Septentrione, Armenia et Cappadocia terminatur; et ab Assur Assiria est nuncupata, cuius regio est Asia Majoris. Hic genuit Hembrot, qui genuit Cretem, qui genuit Coclium, qui genuit Saturnum Hembroth cognomento appellatum, hic genuit Assur a quo tota regio Assiria dicta est, qui genuit Belum, cognomento Hembroth, qui anno vitae Sanuh vigesimo quinto Assiriis regnare coepit, eoque vita puncto. Ninus eius filius regnum assumpsit, qui patris obitu, cordis dolore tactus, ut moerore(m) leniret, et genitoris gloriam corservaret, eius immaginem sibi sculpire fecit, eique tantam exhibuit reverentiam, ut subiecti populi illi simulacro divinos preberente honores, eiusque exemplo plurimi nobiles suis caris mortuis dedicarent, et his honores impenderent, ex quo per orbem horrenda idolorum multitudo sensim est vagata. Hic p. nummos audere fecit, et Ninivem civitatem grandem aedificavit. Eo mortuo Semiramis, regni gubernacula suscepit, mira valde gessit et Babiloniam civitatem extruxit. Ipsa tandem, matre obtruncata, Ninus magni, Ninus filius regno potitus est, et post eum Arius, et post eum Aralius cui successit Xerses, et huic Amatrites, post quem Bellochus, quem secutus est Balleus et hunc Alsadus, qui successorem habuit Manytam; illa Manachaleum, et hic Sphaereum qui Manylum filium reliquit haeredem, et hic Sphaxtum, qui Ascalem, iste Amynta, post quem regnavit Belochus et cum eo Athosa, et Semiramis, post eos Bellopans, deinde Sosares, postea Lampares; cui successit Cannias, illi Sosarinus, huic Mytrereus, isti Tanfanes (?), hic miti Priamo Troyae regi in subsidium Myentum filium suum tertio genitum cum vigint sex millibus bellatoribus et curribus ducentis qui, post captum Ilium, et Anthenore nobili Trojano ab Agamennone, Enea irato, rege Troyae praefacto, Saponam impii Anthenoris filiam, cuius amore iam captus erat, uxorem duxit, Troiae incola factus. 2. Myento, terzogenito di Tanfanes (?), la Gru e la fondazione di Grumentum. Anthenore post modum ab Hectoris filio e regno pulso, simul cum eo profugus Myentus, mare conscendit, ut eius sequeretur fortunam, tempestate tamen foviente fuit ab eo seiunctus et ille ad venetianum cum duobus millibus partes venit, ubi Patavium aedificavit; hic in sinu Paestano appulsus circa Promontorium Palinuri cum trecentis suis Aphricanis centum quinque Troyanis et Assargeno Anthenoris filio, litora cepit. Hic Sapona filium peperit cui Sapri nomen imposuit et anno inibi subsistentes coeperunt aedificare, et locum a puero Sapri nuncuparunt.
  • 32. 10 Quadam vero die Myentus equum conscendens cum paucis suis voluit regionem circum stare peregrare, et orientem versus arripuit iter; cumque usque ad vesperum equitasset, ex equo descendens, cibum sumpsit et sub annosa quercu cumbans, ut somnum caperet, plurimis cogitationibus agitatus dum nox in suo cursu medium iter perageret, ecce vidit Gruem, magnum lapidem pede tenentem ad quercum evolare, et supra caput, ejus in perpendiculo subsistere, unde extemplo excurgens, Grues ad ejus motum ad aliam propinquam quercum evolavit; ad arborem ipse curiosus accessit et Grues ad aliam porrexit; cumque id pluries contiggisset decrevit omnino Gruem sequi; ortoque jam sole coepit Grues longius ire, et Meyndres velocius sequi; et circa meridiem longo itinere, et solis radiis fatigatus, cum pervenisset ad cuiusdam fluvii cursum iuxta nudum collem in planitie defluentem; Gruesque in loco ubi fluvius cum altero fluvio connectitur in populi arbore insedisset, voluit parumper sub quadam salice quiescere , cumque se inclinasset, ut acquam gustaret, Grues repente volans ad salicem lapidem super caput eius dimisit, cervicem percussit, et gravi vulnere sauciavit; socii facti inscii, mane experrecti cum Myentum non invenissent cum magna diligenzia perquirere coeperunt, quem circa solis occasum cruentatum, et fere exanimem invenerunt, casu perterriti, sanguinem cohibentes, medicinam fecerunt, et lignis compositis ad planitiem proximam supra fluvij ripam humeris exportarunt; fluviumque Sciauram, ex repentino casu appellarunt, et proximum cui annectitur Acrem, rem totam Saponae significarunt, quae relictis supra triginta viris, cum filiis Fausto (leggi Egisto)1 Agenippo et Sapri, cum Assargeno, et ceteris suis devenit ad virum cuius curam habens, ipsa medicae artis perita, cum brevi sanum fecit, omnes gaudentes templum ibidem Meditrinae dedicarunt et meditrinalia sacrificia, patrio more mactarunt. Hinc planitici amenitate perfluentes a Myenti nomine et Gruis auspicio Grumyentum nuncupassent, quod temporis prolapsu dempta Ypsilon, propter difficultatem pronunciationis, Grumentum est appellatum, murisque circumdantes per duo passuum millia, eosque sollemni assiriorum ritu …(i puntini sono del manoscritto) fecerunt sacrificia, eodem tempore, quo in traspandana Italia, Equilus Troyanus, nepos Anthenoris, similiter e Troja pulsus, construxit, Aquilejam in Aprutio ac Samnium, nunc Beneventum et Parthenope, hodie Neapolim in Campanea, Diomedes. 3. Morte di Sapona, moglie di Myento, ed erezione del tempio sul colle di Saponara Triennio ab urbis constructione iam facta Sapona peperit Ascadorum, et in partu obiit; eam implacabiliter deplorat Myentus et ad proximam nudi collis verticem deferri, et sepeliri curat, patrio more, pompa solemni, ibidem templo cum Turri constructo, et in erecta ara, ipsius Saponae statua lapidea collocata, et Hecatombae sacrificio oblato, diebus octo, lacrymis madidus et cinere cospersus manet apud haram, et tandem novendialibus peractis caerimonis, mandavit quotannis, quinta die septimi mensis, Saponae ad eius aram pro communi salute, sollemni ritu fieri popularia Sacra estque in templi ingressu ab Oriente marmorum hac inscriptione Antenoris natae coniugis dilecte Myenti In ara, quam cernis quiescunt ossa Saponae Quinta quaque die cuiusque septimi mensis Hic pro communi fiunt popularia Sacra, Salute. 1 Cfr. fol. 14/R. ove leggesi “obiit Egistus Myenti primogenitus”
  • 33. 11 Post annos tres obiit Egistus Myenti primogenitus, quem pater ad matrem apposuit et magno marmoreo tumulo, quem ipsis, sibique, ac caeteris suis paravit, et statuas erexit hanc in eo colle sculptam inscriptionem posuit. Egistus natus cum matre Sapona quiescit Myentus cupidus cito cum utrisque Coniugi Ipsis, sibique suisque Paravit tumulum, statuasque quas cernis, erexit. Octo deinde transactis annis mortuus est Myentus, illumque post dies septem secutus est Sapri adolescens quos dolentes valde Agenippus, et Ascadorus, in peracto tumulo posuerunt, et haec verba mandaverunt inscribi. Myentus et Sapona parentes, Egistus et Sapri nati Hic jacent, et expectant Agenippum et Ascadorum Qui dolentes posuerunt. 4. Fondazione del casale di Grumentino da parte di Assargeno2 Patre defuncto, Agenippus coniugem accepit Anthemiam Pestani Principis filiam, ex qua anno tertio natus est Polidorque (leggi Polidamus)3 et Assargenus Anthenorisfilius accepit Poliantram, Anthemiae sororem et cum suis Trojanis bismille passibus secedens a Grumento iuxta fluviali cursum Grumentinum aedificavit. Polidamus ex Cassandra Assargeni filia genuit Lupalem qui ex Dardanida Ascadori nepote genuit Pyrrinum qui ex Menippa filium habuit Ascadorum, qui dum in Ara Saponae annua Sacra pararet, occisus a Lambardo Assargeni nepote, et Menippa puerum Myentum Ascadori filium ex Lambardi Sorore susceptum occulte servavit. Lambardus Grumenti Dominium suscepit cun magna populi occisione; post annos decem grandior factus Myentus Lambardum interemit, et Grumentum cum magna populi letitia in sua ditione suscepit, quarta die septimi mensis, et die sequenti sollemni pompa Saponae annua Sacra fecit et Lambardi caput, et manus ad Ascadori tumulum affiexit, et hanc apposuit memoriam in lapide sculptam. Lambardus sororis visum Ascadorum Peremit iniuste, at Myentus occisi filius ab Avia Manippa servatus, ad genitoris tumulum Reddita vice proditoris affiexit caput, atque manus. 5. Edificazione di Viggiano da parte di Voggiano, figlio di Lambardo Voggianus Lambardi filius Myentum timens cum suis confugit ad Montem, ibique Voggianum aedificavit, ex hoc tempore inter descendentes, populosque eorum avia sunt exorta, quae usque ad praesens perseverant et excordescunt in dies Myentus Matrem paternae mortis consciam, atque participem convictam inextinta tum in remoto monte inclusit, tanque aquilam infacti memoriam appellavit. 2 Assargeno, figlio di Antenore, cfr. fol. 12/V. 3 Polidamus e non Polidor (errore del copista), cfr. fol.14/V.
  • 34. 12 Myentus ex uxore Laudemia, Pollionis Metaponti filia, genuit Tersillum et Palemonem Tersillus ex Pallamia genuit Artemiam, hanc adhuc Puellam, defuncto Tersillo copulavit Palemones, et ex ea genuit Ascadorum qui cum Vogianensibus plura commisit proelia, et multas ex eis victorias reportavit. Pace tandem inita Rabeliam Rabani Vogianentium Principis filiam accepit adolescentulam eximuiae pulcritudinis, et eloquentiae, ex qua natus est ei Auribilis forma, facundia, fortitudine et prudentia admirabilis; hic totius regionis a Pestano sinu, usque ad Metapontum tenuit principatum, et ex Afrania coniuge Teriastri Cronnentium Principis filia, genuit Parmenidem, Crotonensibus opem tulit ad versus Sybaritas, eiusque industria et fortitudine populus Sibarita trucidata, et Civitas tota fuit eversa: ex eius absentia sumpta occasione Magaldus Vogianentium 6. Il Principe Magaldo, viggianese, invade Grumentum Princeps (Magaldus n.d.r.) extemplo Grumentum invadens occupavit, Parmenidem carceribus mancipavit, et multa populo intulit damna; at ille nuntio certior factis, Grumentum reversus cum mille et quincentis electis militibus Crotonientibus, inde Magaldum eiecit, et fugavit, ac persequens illum et suos, Vogianum obsevit, et quintadecima die indicto proelio muros aggressus, populum pro majori parte obtruncavit, Magaldum interemit, et Vogianum fere totum devastavit, murosque funditus evertit; tandem vita functus, ubi duo connectuntur flumina, Acris et Sciagura in marmoreo sepulcro tumulatus, ac talis in quadrata pyramide inscripta apparet memoria Magni Auribilis fecundia clari Praestantis animi, fortissimique viri Corpus claudit marmor, ob famam non capit orbis. 7. Grumentum, colonia dedotta dei Romani Parmenides paulo post patrem, absque successore defunctus est; hinc coepit Grumentinus populus tres eligere viros, qui consilio decemferiorem (leggi decemvirorum), caeteras gubernarent, et publicam gererent administrationem: elegeruntque primitus Arthenium, Polistinem et Salvinum, eosque defensores appellarunt. Annis centum septuaginta sub defensoribus vixit Grumentinus populus in pace; exorta sunt deinde bella inter Arulos et Dafrones, quae totam civitatem conturbarunt, et frequentibus populis cladibus per annos sexaginta infestarunt, ac fere ad nihilum redigerunt, neque pene desolata permansit, donec fuit Romanaque Colonia deducta, deductique habitatores; cuius rei memoria sic extat in marmore sculpta. T. Sempronius longus M. Servilius D. Minutius Thermas, Trium viri Coloniam Civium Romanorum dedux. trecent. homin. deduct.”
  • 35. 13 E quantunque la descrizione fino qui rapportata paia una immensione (leggi invenzione) rattrovata da bello studio da qualche umorista, non di meno quanto anche fosse così, devesi grandemente lodare la virtù di colui che compose con tanta concruenza verisimilitudine e probabilità, che non apportando contraddizione o ripugnanza, fecela comparire così ben acconcia, quanto altrimenti fosse, così parimente il nome del fiume Sciagura, se vera non è quella (che) raccontasi accaduto a Miento, al manco potè esser vera qualc'altra, poiché tal nome deve esser conseguente di qualche fatto accaduto. Ho tralasciato di trascrivere tutta la suddetta storia, poiché non fa al mio proposito. Essendo dunque il nostro Grumento sotto la dizione dei Romani e regnando in quelli il gran Costantino Imperatore, volle Iddio illustrarlo col lume della sacrosanta fede e con special grazia sua e favore fu quivi mandato il glorioso S. Laviere per mezzo di un Angelo, stando egli carcerato nella città dell' Acerenza, che a predicare il nome di Gesù Cristo e gli suoi santi precetti, fu ammonito si conducesse, e con effetto liberato dalla carcere giunse ivi in Grumento il giorno dell'Assunzione di Maria Santissima nel Cielo ai 15 Agosto; ove predicando ed insegnando il Santo Evangelo, ed avendo già buona parte di quel popolo ridotto al di lui ovile, dopo di tre mesi e due giorni cioè ai 17 Novembre degli anni del Signore 312 ricevè la Corona del Martirio, fuora della già nomata città di Grumento, ove in quel tempo venivansi due noti fiumi, Acri e Sciagura, ed ove oggi vedesi ancora esistente la chiesa allo stesso Santo dedicata, siccome costa dagli Atti del medesimo che avanti soggiungesi.4 4 Si tratta dell‟Agiografia di S. Laverio scritta dal canonico saponariense Roberto de Romana nel 1162. Giacomo Racioppi, scrisse su di essa un pregevole saggio:“Fonti della storia basilicatese al Medio Evo” (Roma 1881, Ed. Barbera).ove dimostrò che molti passi dell‟Agiografia erano stati interpolati successivamente dagli eruditi religiosi della Collegiata di Saponara per dimostrare la preminenza della Chiesa saponarese rispetto a quella di Marsiconuovo.
  • 36. 14 ATTENZIONE DA PAG 13 A PAG. 19 E’STATA OMESSA LA TRADUZIONE
  • 37. 19 CAPITOLO II SIEGUE A NARRARSI LA SITUAZIONE ED ALTRE QUALITA' DELLA CITTA' DI GRUMENTO. 1. Grumentum: vestigia e cenni storici. Abbenchè molti autori facciano menzione della città di Grumento e tra questi alcuni presero abbaglio circa la qualità, e sito, ed altri la descrissero tal qual essa fu, situandola nella Lucania, siccome fa Luca Holstennio rapportato dal eruditissimo signor D. Giacomantonio del Monaco in una sua pistola diretta al Signor Matteo Egizio , Lettera di Del Monaco a Matteo Egizio
  • 38. 20 stampata in Napoli nel 1713, presso Felice Mosca1 , nella quale adduce qualche notizia della mentovata città, rapportando iscrizioni antiche colle quali si compruova ciò che di sopra si è divisato, essere ella stata Colonia militare dei Romani: niente di meno niuno si trattiene a darne un più distinto ragguaglio intorno alle altre qualità che la fornivano, siccome sono il sito, la salubrità dell'aere, ed altre qualità ricercate dai politici. In quanto alla di lei fondazione nel precedente capitolo se ne è rapportata la storia, parmi a proposito per le altre qualità giacchè trovomi contro mia voglia e sapere a questa impresa, di scorrere in questo capitolo, e conseguentemente parlare della di lei distruzione. Per il sito dunque e struttura, siccome si è detto di sopra, fu eletta la pianura e comecchè i fondamentari erano descendenti dagli Assiri, alla moda di quelli vollero i muri con i quali la cinsero e la maggior parte degli magnifici edifizi, costruirli in modo reticolare, anzi rattrovansi alcuni pezzi di lastricati costrutti di piccioli pezzetti di marmo lavorati, anche reticolari ed al mosaico; ed acciocchè avesse avuto il comodo e il bisognevole dell'acqua, a gran spesa la feron condurre da circa due miglia, e perché si frammezzavano alcune valli, per dove passar dovea, costrussero in quelle molti archi di fabbrica, dei quali sin al presente se ne ravvisano i vestigi, e precise nell'entrar della città eravi un bel alto ponte, pel sotto del quale passava la gente e per di sopra l'acqua ed oltre a ciò pensaron pure costruire delle conserve sotto gli edifizi della città, con maravigliosa struttura e spesa incomprensibile, osservandosi ai tempi nostri tali conserve, dove per andar camminando, è stato d'uopo ligare all'uscio una funicella e con buone lanterne per non smarrire l'uscita, tra le moltiforme colonne di mattoni, e nascondigli in modo di laberinto costrutte: eravi una magnifica strada lastricata di grandissimi marmi per mezzo la città, con un rialto ad un lato, potendosi per sopra caminare gente a piede per evitare la calca, e per disotto stava situato l'acquedotto di piombo ben grosso, conservandosene molti pezzi dal suddetto sig. D. Carlo (Danio). Eranvi due anfiteatri2 ossiano torneamenti e spettacoli di fiere uno più grande dell'altro, quasi in un angolo della città verso levante attaccato le mura della città; e l'altro quasi al principio in mezzo alla città più piccolo, colle caverne grotte e nascondigli, ove dimoravano le fiere, che attualmente si veggono con altre magnificenze, che in parte si rammentano dal riferito del Monaco; degne veramente di una colonia militare dei Romani, che la signoreggiarono molti secoli, laonde nelle già note gelosie tra i Romani e Cartaginesi, costoro due volte tentarono sorprenderla, essendo capitano nella prima Hannone Cartaginese che fu superato da Sempronio Longo capo del Triumvirato Romano, che presiedeva in Grumento, rapportandone questi 140 segni militari. La seconda fu più celebre sotto la condotta del Grande Annibale, il quale avendo assediata la Città, e ristrettala in guisa tale, che i Grumentini stimavansi per vinti, non potendo persona veruna mettere il piè fuor della Città, e stando in sì pericoloso stato, conoscendosi di forze inferiori alle armi Cartaginesi, mandarono chiadendo aiuto a Claudio Nerone, che rattrovavasi nelle campagne di Venosa coll'esercito Romano; costui subito che ciò intese, si condusse con 44 mila soldati in soccorso di Grumento, 1 E‟ il primo vero trattato dell‟archeologia grumentina, visto che di Carlo Danio, Arciprete di Saponara, coevo di Del Monaco, appassionato diseppellitore di lapidi grumentine, non è rimasto niente, salvo una lettera riportata dal Momsen nel Vol. X, parte prima, pag. 27 del suo “Corpus iscriptionum latinarum”. La famosa lettera di Giacomo Antonio del Monaco s‟intitola “Lettera al Sig. Matteo Egizio intorno all‟antica colonia di Grumento oggidì detta La Saponara”, Napoli 1713, Tip. Felice Mosca. Vedi foto n° 4. Matteo Egizio era un archeologo napoletano. 2 Il Ramaglia confonde il Teatro romano vicino con un secondo Anfiteatro.
  • 39. 21 e giunto alla pianura sotto Marsicovetere, ivi diè segno di accamparsi, e facendo passare buona parte dell'esercito per una valle, tra il Colle ove sta situata la Saponara, ed il monte vicino verso ponente, fecelo girare per dove oggi è la Cappella di S. Lucia, e col resto dell'Esercito si appressò verso levante a man sinistra del Colle, vicino dove stata accampato l'esercito Cartaginese, che stimasi fosse stata la pianura sotto la Saponara, ove sono costrutte le vigne, laonde il cartaginese restando così cinto e racchiuso non potè non venire alle mani coll'Esercito Romano, il quale, con tutto di numero inferiore lo vinse e superollo colla morte di 8 mila e da 700 prigionieri, quattro elefanti uccisi, e due presi, siccome si à da Livio lib: 23. Cap: 27. 2. Grumentum: il sito. E per ritornare all'interrotto tema del sito, non potrà non essere l'aere salutifero avvegna che lontana, anzi affatto esente da acque stagnanti, gloriava solo aver sotto di sè due vivi fiumi Acri e Sciaura, questi verso ponente, in una vastissima valle di coltivato terreno, quello verso borea e parte di levante, in dove eravi altra amena valle, oggi detta la valle della Città, di modochè poteva dirsi un'isola in terra, poiché verso mezzogiorno dove era la magnifica porta della città, pure dovea salirsi alquanto. Stava di vantagio sotto lo aspetto di tre altri monti, uno chiamato Raparo, sotto il quale fu edificata una terra chiamata Spinoso, Diocesi di Anclona, lungi circa cinque miglia verso levante; l'altro chiamato Serino verso il quale fu edificata la terra di Moliterno, e il casale Sarconi, qual casale per antica tradizione, come distante da Grumento non più di due miglia, si ha esser stato luogo, ove mandavansi a giustiziare i condannati a morte, detto della parola Sarcos, che significa carne3 . O pure luogo sepolcrale dalla parola greca S s , Sarcophagos, che significa sepolcro, osservandosi una rovina di castello diruto della stessa struttura Grumentina, lungi da detto monte Serino circa otto miglia. Verso mezzogiorno e l'altro appellasi il monte di Viggiano, anche lontano da sette miglia ed altri monti convicini, sotto dei quali sta costrutta la terra di Montemurro, lontani circa sei o cinque miglia verso borea. Insomma concorsero tutte quelle qualità che il filosofo Stagirita descrive al cap. 5. 11. e 12 della sua Politica. La cui figura (ndr. La collina su cui si adagiavaGrumentum) è lunga quasi ovata (sic!) da mezzogiorno dove dicesi essere la porta magnifica della città4 , siccome in atto ne ritiene il nome, dove osservasi la rovina del ponte per dove passava l'acqua, siccome si è detto; verso borea nella qual parte eravi il luogo ove abitavano i Giudei, in un altra pianura in scoscesa della città, che anche oggi si appella la Giudea o Judìa; che corrisponde come in un promontorio sopra il fiume Acri, unito con Sciagura, luogo veramente come separato dal corpo della città, sotto la qual Giudea siegue la pianura ossia vallo del detto fiume, con vastità di territori irrigabili; chiamato volgarmente ponte Pagano, poiché eravi un famoso ponte di fabbrica, oggi caduto e tutta la suddetta circonferenza della città oggi ridotta per uso di vigne però aratorie. 3 Il Ramaglia fa derivare impropriamente il nome Sarconi dal greco sarx-sarcos, con riferimento alla battaglia nei pressi di Grumentum del 215 a.C. tra il cartaginese Annone e il console romano T. Sempronio Longo, durante la quale si sarebbe verificata una carneficina di soldati. Per il Racioppi “Sarconi” è dal basso latino Sarculum (Luogo selvoso). Per altri l‟etimologia va collegata a Sarcus (piccola marra) oppure a Salix(salice) passando per la forma Saricone (accrescitivo) con il troncamento della –i. 4 Trattasi della porta Aquilia.
  • 40. 22 3) Il Casale Grumentino. Lungi da Grumento, siccome si asserisce nel cap: I fu edificato un pago, ossia Villaggio o Casale, qual chiamarono Grumentino, vicino il corso di un fiumicello che più tosto ha specie di Torrente, che Fiume, il quale scorrendo dalla Montagna della t.ra (terra) di Viggiano, verso i confini della t.ra (terra) di Laurenzana, nell'inverno, e nei tempi piovosi con gran quantità delle acque e pietre che seco portano, ha fatto e fa nelle contrade vicine scempio notabile, si osservano anche di recente le reliquie degli Edifizi di tal Villaggio, laonde non meno la contrada tutta che il fiumicello ancora ha ritenuto, e ritiene il nome di Grumentino. Né può aver sussistenza lo che si potrebbe addurre da taluni, che col nome Grumentino lo ritenga il suddetto Fiume, dal quale poi tutta la contrada prende la denominazione, senza che altro Villaggio giammai vi fosse stato edificato; poiché non essendo perenne detto fiume, avesse preso il nome del villaggio per le falde del quale passsava, quando questo nome sarebbe stato più convenevole al fiume Sciagura che è perenne, e scorre per sotto la città di Grumento, se pur non vogliamo dire che Grumentino appellavasi Viggiano antico, e distrutto, di cui se ne osservano i vestigi costrutto sopra di alcune rupi alla falda del fiume Grumentino col nome di S.Maria della Pietà, distante circa due miglia dal luogo, qual noi diciamo Casale di Grumentino; e quei edifici rattrovati siano di un‟altro Villaggio, che dopo la distruzione di Grumento, quei che scamparono dall'eccidio dei Saraceni edificarono prima di edificar la Saponara, (villaggio) che oggi appellasi Casal Pedone, luogo boscoso nella fina del fiumicello Grumentino, e il fiume Acri, siccome dirassi avanti.
  • 41. 23 CAPITOLO III SI PRUOVA CHE LA CITTA' DI GRUMENTO SIA STATA SEDE VESCOVILE ED IN CONSEGUENZA “CATTEDRALE”. 1. S. Laverio ed istituzione della Sede Vescovile nel 370. Seminata dal glorioso S.Laviere la semenza della divina parola, cadde al certo per lo più in terram bonam, che fruttificando centuplicantamente, secondo la insegnanza di Cristo presso S.Luca al cap. VIII, crebbe a maggior segno la religione cristiana, laonde fu di mestieri, che le pecorelle di Cristo fossero state pasciute e custodite dal fedel pastore; quindi , verso gli anni 370 S. Damaso Papa vi costituì la sede vescovile, come costa dagli stessi atti di S.Laviere; e da una memoria scolpita in marmo che ora tuttavia conservasi nella medesima collegiata, che è proprio quello, che in cornu Epistolae sta riposto a canto l'altare maggiore, la quale è come siegue. Antenore Trojano patrio de limine pulso Myentus gener, et Filia Sapona Sequentes fortunam eius Aequoris tempestate furente Cum Laumendonte, quad(r)igentisque Trojanis In Pestano sinu incolumes ad littora pulsi Propinquam terram incoluere quam Sapri Ex Sapri inibi nati nomine nuncuparunt Post haec auspicio Gruis, condidere Grumentum Laverius martyr Christi perduxit ad fidem Damasus sedem constituit episcopalem Quam sub Honorio tenuit Rodulfus Alanus. Tre epistole di Papa Gelasio circa la Diocesi grumentina. E per maggiormente acclarare che il nostro Grumento sia stata città vescovile, si adducono in testimonio tre pistole di S.Gelasio Papa Romano, che visse circa gli anni del Signore 492, due delle quali vengono registrate da Gratiano nel suo decreto una nel can. Christianis 12.XI.q.l.come siegue: “Gelasius Papa scribit Ezechiae Comiti Christianis gratum semper debet esse, quod ab eorum poscitur dignitate praestantum: quia deo servientibus beneficium ne(g)are non convenit. Silvester, itaque ed Faustianus qui se a cunabulis clericus confitentur a Teodora se opprimi per violentiam conquaeruntur; quia dicunt se ingenuos atque Deo aucthore pristinae conditionis nexibus absolutos, in sortem deterrimae iterum servitutis adduci, et per auctoritatem regiam contra legges pubblicas cum clericali vinculo tenerentur adstricti, per archidiaconum urbis Grumentinae esse conventos, cum constet eos qui coelestem militiam
  • 42. 24 pulsant, non nisi eius forum debere acceptari; et ideo dilecte fili, depenso salutationis affatu supradictos clericos tibi commendo, ut si ad delegatorum iudicium; eosque ad versari venire contempserint sublimitatis tuae tuitione vallentur; ne quid illis; aut susceptio aut inimica legibus violentia, necessitatis imponant; quia qui iudicem refugit apparet eum de iustitia defissum”. La Glas: ivi spiega alcuni termini, cioè (depenso): è trasmisso; (per corumque absentiam): è dum essent absentes; moderatorque: è iudiciis secularis ut in cap. seg; (calcatis): è spreto iure ecclesiastico et humano. L'altra pistola che siegue fu scritta a Crispino e Sabino, vescovi, costui di Canosa, il primo non si sa ed è come siegue: “Idem (cioè Gelasio) Crispino, et Sabino Episcopis. Silvester et Faustinianus ecclesiae Grumentinae clerici lacrymosa nobis insinuatione conquesti sunt, libertatem sibi Domini sui benignitate concessam haeredum eius oppressione pulsari, sibique in clericatus officio pene a cunalibus servientibus, etiam manumissore vivente in eodem actu, nihilominus constitutis, divinis ministeriis impendere servitium non licere, cum (ripetitionem veritas subsequetur) contra patris, et auctoris sui factum venientibus, ut indignis, haereditas legibus auferatur; nec eis liceat haereditatam capientibus, contra auctoris sui prosilire iudicium: et ideo fratres charissimi quoniam se etiam ab archidiacono dictae ecclesiae queruntur oppressos qui per eorumque absentiam moderatoris iudicium promittit eos esse secuturus, calcatis omnibus rationibus, et contra legges divinas, et pubblicas, pulsatis, forum suum putavit auferri; in vestro iudicio quis quis ille est, qui clericum lacessit, adveniat; ut ecclesiae iura, quae vetusti principes assidua sanctione firmarunt, impetitis clericis non negentur. La terza lettera vien registrata da Luca Holstenio Collet. Rom. che è come siegue: “Gelasius P. P. Sabino Episcopo. Quantum defensorem sibi met consecravi populus Grumentinae civitatis exposuit: hunc vero si nihil est, quod est eius personae possit apponi, diaconis provectione decorabis, ut noverit dilectio tua hoc se delegantibus nobis exequi, visitatoris officio, non potestate propriis sacerdotis”. 2. Diocesi Grumentina: due epistole di Papa Pelagio1 ed una di Papa Gregorio. Ma l'assunto già detto con più chiarezza si dilucida da due altre pistole di S. Pelagio Papa circa gli anni del Signore 5802 . Una scritta a Giuliano Vescovo della stessa città di Grumento, che pur viene registrata dallo stesso Gratiano nel Can.: litteras 14, dist. 63 come siegue: “Pelagius Papa Iuliano Episcopo Grumentino. Litteras Charitatis tuae accepimus, quibus significas Latinum3 Diaconum tuum ad Episcopatum Ecclesiae 1 Trattasi di Papa Pelagio II che tenne il Pontificato negli anni 555-561. 2 Le due lettere di Pelagio sono entrambe del 556 e non del 580 come asserisce il Ramaglia. 3 Latino de Theodora, di Grumentum, proposto come Vescovo di Marcillianum.
  • 43. 25 Marcellaniensis, a clero, et omnibus, qui illic conveniunt postulari: et infra: sed nunc, et hoc dicimus, voti eum omnes eligunt, et vis eum concedere, gratum nobis esse cognosce, et si potest, ante diem sanctum festinet occurrere, ut vel sabato ipso, noctis magnae post baptismum, cum Dei gratia, valeant ordinari”. L'altra fu scritta a Pietro vescovo di Potenza, siccome si legge nel Can.: ult.: dist. 76, come siegue: “Pelagius Papa Petro Episcopo Potentino. Dilectionis tuae scripta suscepimus, quibus significas Latinum Ecclesiae Grumentinae Diaconum ad Episcopatum Marcellianum, sive Clusitanae ab omnibus fuisse electum; quod iam ante hoc tempus retulisti et iussimus, ut veniret, credentes eos de persona eiusdem ab Episcopato suo dimissoria accepisse; quod si modo fecerunt, facite tam velociter ad urbem Romanam occurrere, ut sicut dico Deus imperit in Sabato Magno post horam baptismi, ordinetur; quod si ante memoratum diem non occurerit, cogetur usque ad quarti mensis ieiunia sustinere”4 . E alla fin fine, che Grumento sia stata città vescovile, si fa mensione in una pistola di S. Gregorio Papa ricavata dal registro del medesimo al lib. 10 cap. 49, ove così leggesi: “Gregorius Romano Defensori De Violentia Luminosi Luminosus presentium partitor, violentiam se uxoremque suam a Salustio viro clarissimo asseruit sustinere, huc necessitate eadem faciente venire compulsus est. Unte (?) quia servum S. Mariae, quod est Parochiae Grumentinae se esse asserit, necesse est ut ecclesiastica tuitione valletur; esperientiaque tua prefato supplici ecclesiastica non clericant (?) impedire solatia; cumque de quo queritur ad-monere, se ab eoque inquietitudine compescat; sin vero est quod sibi in eis rationabiliter dicat posse competere; electoque iudicio terminetur, tuaque quod definitum fuerit excutione modis omnibus impleatur”5 . E qui dovrassi avvertire che quantunque il citato S. Gregorio nella sua pistola dica ( quod est Parochiae Grumentinae) debba perciò intendersi, che in effetto sia stata Chiesa Parrocchiale; avvegnachè non dice "Ecclesiae Parochialis," ma "Parochiae", qual nome di Parocchia appresso gli Eruditi si sa che significhi non meno la Chiesa Vescovile capo della Diocesi, ma la stessa Diocesi, lo che con chiarezza si deduce dal can: 14 degli apostoli, ove prescrivesi che ("Episcopo non licere alienam Parochiam propria relicta pervadere") così anche dal can: Presbyteri 9 di S. Gelasio Papa dist: 24 ivi ("quae in supradicta civitatis Parochiae probatur esse constructa") concordano li can: p.a actione 16.13. p.a can. 3, can. nullis Primus I. g. 3. Can: ita nos 25 p.a 2. 4 In questa seconda lettera si sollecita la partenza immediata di Latino di Theodora per Roma munendosi della lettera di dimissioni firmata dal Vescovo Giuliano, al fine di evitare il protrarsi del digiuno sino al quarto mese. 5 In questa lettera inviata ad un Gregorio Romano (defensor) affichè prenda le difese di un tal Luminoso che asseriva di aver subito violenza dal nobile Salustio, si accenna alla “Parochia Grumentina”. Tale dizione sembra contraddire la tesi del Ramaglia che sostiene la qualifica di Sede Vescovile ricevuta da Papa Damaso nel 370 d.C., però spiega il termine con le parole successive.
  • 44. 26 3. Catalogo dei Vescovi grumentini. Laonde da quanto di sopra si è divisato, non può negarsi che la città di Grumento, pochi anni dopo aver ricevuto il lume della Sacrosanta fede, la di lei Chiesa sotto il titolo di S. Maria Assunta6 , che oggi attualmente si vede, fu retta e governata da proprii vescovi, il catalogo dei quali, Rodulfo Alano a suo tempo descrisse in un Marmo come siegue7 : Grumentinam Sedem olim tenuere: 6 Vedasi foto nella pagina 7 Giacomo Racioppi dubita fortemente di questo Catalogo grumentino di Vescovi in quanto “Nei tempi nei quali quei Vescovi si dicono vissuti non era ancora invalso l‟uso dei nomi di famiglia, ovvero i Casati”, Cfr, G, Racioppi “Fonti della storia basilicatese- L‟Agiografia di S. Laverio”, Roma 1881, pag. 42. I Sempronius Ato II Vincentius Libertinus III Antemius Pacoma IV Ianuarius Geruntia V Fortunatus Asseria VI Leander Severius VII Baldassar Lemma VIII Petrus Adelphus IX Michael Politianus X Joannes Caesarus XI Julianus Patoma XII Natius Gioffrido XIII Silvester Basilio XIV Lucentius Lemma XV Bonifacius Quintinus XVI Ippollitus Antemia XVII Paulus Azimira XVIII Alexander Arduinus XIX Rodulfus Alanus qui posuit hanc memoriam. Essendo dunque Giuliano Patoma XI° Vescovo di Grumento, fiorì Latino di Teodora, Diacono della Chiesa Grumentina, che per la sue rare virtù e scienza fu eletto Vescovo, con gran istanza della Chiesa Clusitana, siccome sopra si è divisato nella pistola di S. Pelagio I° scritta al cennato Giuliano per tale affare. Quali altri vescovi fossero stati dopo Rodulfo Alano, non ve ne è altra memoria; solo in un altro marmo di un antico tumolo nella medesima Chiesa di S. Maria Assunta leggeasi la seguente iscrizione: Diocesi di S. Maria Assunta in Grumentum. D. O. M. Pontificatum tenente Leone tertio Teodorus Episcopus Grumenti Stephan Campano predecessori dignis pos(uit). Qual marmo poi con altre simili memorie antiche da persone ignoranti, ed in diversi tempi, coll'anzietà di rattrovar tesori e per uso di fabbriche sono state tolte via e fracassate.