Le strade e le piazze hanno sempre avuto una denominazione derivata da una caratteristica
propria o da un edificio, per lo più religioso, o da una situazione particolare.
Così a Novellara c’erano la Contrada della torre, la contrada del gioco del pallone,
quelle della zecca, dei birri e delle beccherie, lo stradone dei Gesuiti, la piazzetta
e così via, ma non c’era bisogno di indicazioni o targhe; lo si sapeva e basta.
2. Introduzione
Le strade e le piazze hanno sempre avuto una denominazione derivata da una carat-
teristica propria o da un edificio, per lo più religioso, o da una situazione particola-
re. Così a Novellara c’erano la Contrada della torre, la contrada del gioco del pallo-
ne, quelle della zecca, dei birri e delle beccherie, lo stradone dei Gesuiti, la piazzetta
e così via, ma non c’era bisogno di indicazioni o targhe; lo si sapeva e basta. E’ stato
nell’Ottocento, con maggiore frequenza dopo l’Unità d’Italia, che si è iniziato ad
intitolare le vie agli eroi nazionali e ai personaggi del
Risorgimento, poi agli artisti, agli scienziati, ai lettera-
ti, ai musicisti che avevano dato “lustro alla Patria”.
La prassi era anche legata alla necessità di identificare
le strade aperte nei nuovi quartieri sempre più numero-
si. Se però alcuni personaggi sono universalmente noti
perchè, prima o poi, se ne sente parlare a scuola, molti
altri sono conosciuti solo dagli addetti ai lavori, in nu-
mero ancora maggiore sono “illustri sconosciuti”, altri
ancora infine sono solo “politicamente corretti”, senza
altro merito.
Inevitabilmente le vicende storiche portano cambiamenti
nelle cose; le strade e le piazze sono fra le prime a ri-
sentirne; per cui di volta in volta vengono mutati. E’ il
caso di Piazza Vittorio Emanuele divenuta piazza Unità
d’Italia dopo il raggiungimento dell’unità nazionale, di
via Andrea Costa cambiata in Italo Balbo per riprende-
re il primitivo nome nel 1946, o di strada della Vittoria
divenuta strada Mussolini, e ritornata alla denomina-
zione originale, dopo la fine della guerra. Ci sono an-
che frequenti errori nelle mappe e nelle cartine topo-
grafiche pubblicate a vario titolo e nelle targhe strada-
li; viene portata ad esempio tra i cultori di toponoma-
stica una strada del guastallese detta Viazza spino, per
una siepe di “marugon”, trasformata in via dedicata al
signor Spino Viazza. Ma anche noi non siamo da meno:
via Felice Cavallotti è diventata fratelli Cavallotti, al
ponte sulla Fiuma fino a poco tempo fa un cartello di- Antichi numeri civici
ceva “cavo Fiuna” con la n, via Giulio Natta, chimico,
è stata trasformata in Alessandro Natta, politico, ( per di più, essendo vivente, non gli
si può intitolare una strada); via Marchi, alla sua estremità nord, fino a poco tempo
fa era intitolata anche a G. Matteotti e, dulcis in fundo, con un salto di più di 1500
km., San Giovanni della Fossa è Villa San Giovanni sempre in provincia di Reggio,
ma di Calabria. Tutte ragioni in più per conoscere meglio la toponomastica e i suoi
cambiamenti.
L’interesse per il significato o l’origine del nome di un luogo è sempre forte nella
gente, in particolare quando non è di comprensione immediata. Spesso esistono spie-
gazioni tradizionali, in vari casi è di aiuto la storia locale, ancor più sovente bisogna
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3. ricorrere agli studi specialistici di una scienza che si chiama Toponomastica. Scrive
G.B.Pellegrini che le osservazioni toponomastiche costituiscono un ampio filone di
ricerca “di norma assi fruttuoso, ricco di suggestione e di fascino che nei suoi risul-
tati può illuminare non soltanto molti aspetti delle scienze umane ma anche vari
risvolti nel campo della storia naturale, della geografia antropica e di quella fisica”.
La prima numerazione delle case del paese e delle ville di cui si ha notizia è di epoca
napoleonica, esattamente del 1809, costituita da targhette di terracotta recanti una
lettera e un numero ( ce n’è qualcuna superstite, sulla casa Sessi in via della Libertà,
sulla casa che fu del canonico Battistoni in via Carlo Cantoni, alla Rossetta in via
Casino di sopra ), la succesiva è del 1901, sostituita negli anni Cinquanta e di nuovo
negli anni 1979-80.
Nel 1868 Novellara contava 6631 abitanti (3396 maschi e 3235 femmine), un numero
praticamente immutato dal 1600 ( salvo ovviamente gli anni immediatamente se-
guenti la peste del 1630 quando morirono due terzi della popolazione); il terreno
fertile e la disponibilità di acqua hanno sempre favorito la coltura di granaglie, viti,
alberi da frutta, gelsi, prati e l’allevamento di bovini e suini. Al tempo vi si tenevano
quattro fiere annuali S.Cassiano, S.Anna, S.Matteo e Pentecoste ed un mercato setti-
manale molto frequentati. Nel 1901 i novellaresi erano diventati 7788. In poco meno
di cento anni la popolazione è raddoppiata e il numero delle abitazioni decuplicato;
si è passati da una società prettamente agricola ad una più artigianale e di piccola
industria.
Tra le immagini di questo libro non si troveranno né Cavour, né Segni, né Mascagni,
né Volta; ho volutamente, salvo rarissime eccezioni, dato lo spazio a luoghi e perso-
naggi connessi con Novellara e il suo territorio perché se ne abbia una maggiore
conoscenza.
Non ho resistito alla tentazione, ma non ho neppure voluto perdere l’occasione, di
mostrare i vecchi scorci del paese anziché quelli attuali, pensando che possa essere
un piacere confrontarli con quelli che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni e dare la
possibilità a molti, non più giovani, di ricordare.
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5. Ringraziamenti
Graziano Andreani, Giorgio Barilli, Franco Becchi, don Quinzio Bonezzi, don Luigi Brioni, Gabriele Fabbrici,
Maurizio Festanti, Giandomenico Ghizzoni, Elena Ghidini, Antea Lombardini, Gino Mariani Cerati, Anna Pelli,
Susetta Riccò, Patrizia, Paolo e Firmino Ricci, Corrado Reggiani, Gerolamo Siligardi, Franco Storchi, Norberto
Nasi, e tanti altri mi hanno dato una preziosissima collaborazione.
Quando non ho trovato materiale illustrativo nelle mie raccolte ho potuto attingere senza limite dalle collezioni
di Antonella Rapacchi, Duilio Bartoli, Gaetano Gaddi e Franco Lombardini.
Quest’ultimo si è anche prestato con entusiasmo e solerzia ad eseguire stampe, ingrandimenti e riproduzioni
fotografiche.
Sergio Ciroldi mi ha consigliato, sostenuto e spronato in ogni momento mentre Ettore Pedrazzoli non ha mancato
di segnalarmi documenti e materiale d’archivio e indicarmi luoghi, strade e corsi d’acqua.
Rinaldo Pace, in arte Ci&Wi, per la sua perizia e passione è stato preziosissimo nelle impaginazione dello scritto
e nelle elaborazioni di tutte le immagini operando non di rado vero miracoli su foto d’epoca che mostravano tutti
i segni del tempo.
Con diversi anziani ho cercato di ricostruire la vecchia situazione di strade, luoghi ed edifici e di scoprire attra-
verso il dialetto il significato di alcune denominazioni.
Mia moglie Franca ha riletto più volte le bozze rintracciando non pochi degli infiniti refusi che le costellavano.
Così per merito loro questo libro è riuscito assai più ricco e completo.
Disegno prospettico di palazzo Bonaretti a sud della piazza.
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6. Natio paese, che le diritte vie
e le quadrate piazze apri accogliente,
fra un mar di verde, nella pingue e mite
pianura emiliana, a te ritorno,
carico d’anni e di vicende. Oh come
il core, nella lunga assenza, questo
momento sospirava. Estasiato
miro i fertili campi alla sementa
nova dal ferro aperti, le stradette
note fra vive siepi e i bei filari
degli olmi coi festoni delle viti
gravi di nereggianti opimi grappoli.
Dell’alta Chiesa, a cui nel secol d’oro
Lelio, nobil tuo figlio, ornava il fronte,
e della Rocca dei Gonzaga antica,
le due torri saluto, che da lunge
t’annunziano allo sguardo e ai lati estremi
veglian, giganti scolte, il gregge uguale
delle case.
L’infanzia qui m’arrise,
qui le cure e l’affetto de’ miei cari
che sotto gli archi del tuo camposanto
ora àn pace, godetti qui d’amore
prima sognai e qui, ne’ giovani anni,
della mia vita la compagna elessi.
In seno a te, dove ogni sasso ed ogni
sterpo al core mi parla, io pensavo
di vivere i miei giorni, all’onor tuo
e al tuo vantaggio intesi. Altro la sorte
volle: sott’altro cielo e in altri lidi
della gran madre Italia son vissuto,
a lontani fratelli ò dato e chiesto
aiuto; in altri luoghi ò pur lasciato
brani del cor, non mai di te dimentico.
Or vecchio torno a te, dolce paese
delle memorie. O questo scorcio almeno
passar qui, tra il sorriso de’ tuoi orti
e sotto la corona de’ tuoi portici
coi superstiti amici ricordando
l’età passata, e accanto ai padri un giorno
posare!... Vano sogno ormai!...Altrove
nòvo dover mi vuole, altrove i figli
vivono, altrove una diletta tomba,
ahi ! troppo presto aperta, a sè mi chiama.
Giuseppe Malagoli
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7. Uno sguardo alla cartografia di Novellara
Per studiare i percorsi, le vie di comunicazione e i loro cambiamenti sono ovviamente di grande utilità le carte, le
mappe, i disegni, gli schizzi anche grossolani e sproporzionati, le descrizioni su lettere e documenti. La cartogra-
fia di Novellara e del suo territorio è fortunatamente ricca e varia, il che è stato di grandissimo aiuto per le ricerche
di toponomastica e lo studio dello
sviluppo dell’abitato.
La più antica rappresentazione del-
la zona è stata eseguita sulla scorta
del Lodo del 1449, un patto con cui
i Gonzaga, i da Correggio e la città
di Reggio si accordavano sui con-
fini e sul libero scorrimento delle
acque. Vi sono raffigurate le strade
essenziali mentre il centro è rappre-
sentato schematicamente come un
gruppo di edifici circondato da una
palizzata.
Databile attorno alla metà del ‘ 500
è una piccola mappa del centro sto-
rico, il progetto per l’ampliamento
del castello verso ponente, in cui
sono disegnati mura e torrioni che
però non vennero mai realizzati. E’
probabilmente ridisegnata da un
progetto originale voluto da Ales-
sandro I Gonzaga prima del 1530.
Ancora della metà del ‘500 sono al-
cune mappe idrauliche che spazia-
no da Reggio al Po che mostrano i
corsi d’acqua, le valli, le strade con
le rispettive denominazioni. Di no-
tevole rilevanza son due tavole che
raffigurano la Bassa prima e dopo
le bonificazioni Bentivoglio e alcu-
ne mappe rurali del novellarese dai
Boschi ai Terreni Novi alla Valle.
Un rilievo particolareggiato del-
l’abitato e della campagna circo-
stante è stato eseguito da Nicolò Se-
Mappa disegnata in relazione al Lodo del 1 ottobre 1449 dei vescovi di Mantova e bregondi nel 1626. Fra l’altro vi
Modena per il libero scorrimento delle acque del canale di Novellara. sono raffigurati i “giardini all’ita-
liana” del Casino di sopra.
Del pieno Seicento è un rozzo schizzo delle case del centro, utilizzato all’epoca per definire le pertinenze del
convento dei Gesuiti.
Ai primi anni del ‘700 risale una raffigurazione semplice delle terre di Cortenova, con indicate strade e corsi
d’acqua.
Prospero Siliprandi nel 1774 redasse le mappe particolareggiate dei centri storici di Bagnolo e Novellara e di tutte
le pertinenze della duchessa M.Teresa Cybo d’Este nella campagna, lasciandoci così una splendida veduta d’in-
sieme del feudo gonzaghesco. Dello stesso anno è una grande mappa idraulica da Bagnolo alla Fiuma disegnata
da Ludovico Bolognini.
Un rilievo molto preciso eseguito con criteri moderni venne operato, nel 1793, da B.Villa per i territori estensi a
somiglianza del Catasto Teresiano austriaco. Contiene organiche e complesse operazioni estimative dei terreni e
dei fabbricati.
In epoca napoleonica, attorno al 1810, Novellara fu uno dei rarissimi paesi che fece un rilievo planimetrico
dell’abitato; ne risultò una carta di grandissime dimensioni ( 3,6 x 4 m.) rimasta per oltre 150 anni nei ripostigli
della rocca e riscoperta negli anni Settanta.
Nell’unica edizione a stampa ottocentesca delle Memorie del Davoli si trova una mappa del feudo gonzaghesco.
Degli anni Ottanta del secolo scorso sono le tavolette al 25.000 dell’ Istituto Geografico Militare di Firenze,
aggiornate tra 1956 e 1961, insostituibili per le denominazioni delle località e delle case. Ancora della fine del-
l’Ottocento è la Mappa catastale del Regno cui è seguita quella del Catasto Italiano degli anni Cinquanta.
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8. Mappa del Novellarese da un manoscritto del can. V. Davoli.
Novellara e dintorni dalla tavoletta al 25.000 dell’Istituto Geografico Militare di Firenze del 1881.
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9. Mappa della contea di Novellara e Bagnolo pubblicata a corredo dell’edizione a stampa dell’ Istoria di Novellara e dei suoi principi del 1835
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10. Una porzione del centro di Novellara dal Regio Catasto del 1890.
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11. A proposito del nome e dell’origine di Novellara
Di Novellara dico voi bramate
Sapere il certo Fondator primiero,
E chi le diede il nome di cittate.
Se però devo confessarvi il vero,
Quella invano finora io ricercai,
Un dettaglio per farne a voi sincero.
Invan gli annali suoi io ripescai
Dentro di questa spaziosa valle;
Ma ritrovarli non potei giammai.
“Ritratto poetico di Novellara” 1752
Si continua purtroppo a far derivare il nome del nostro paese da fenomeni atmosferici come nubila, nube e
nebula, nebbia, anche se quest’ultima è una presenza costante della zona, è da tempo accertato che non è così. I
toponimi del tipo Nuvolato, Nuvolenta, Nuvolera, Nuvole, Noventa, Novilara e, naturalmente, Novellara, anzi
N’valera, derivano dal tardo latino “ager novalis”, nuovo campo in quanto riscattato dalla millenaria palude, o da
novulus, che si collega all'aggettivo novus, con significato, nei secoli dal V alla XI, di terreno bonificato ad opera
dei monaci, come è stato dimostrato per Nuvolera e Nuvolento nel Bresciano. Pure partendo dalla definizione
latina di aia si arriva alla stessa conclusione. Aia, in dialetto éra (ara in quello matovano), deriva dal latino area
che definisce lo spazio spianato e sgombro a fianco delle case coloniche, quindi Nova éra, N’valera, indicava uno
spazio “roncato”, liberato da alberi, arbusti, cespugli da utilizzare per le colture. Di toponimi Nuvolara ne esisto-
no altri in Emilia e in Lombardia, anche in posti di col-
lina dove la nebbia non si vede proprio, per i quali è
provata la provenienza da “spazio liberato per destinar-
lo alla coltura”. Comunque nei documenti più antichi si
trova scritto Nuvelare.
Novellara ha avuto origine da tre centri di aggregazione
umana, tre villaggi preistorici: Cortenova, Castellonco-
lo e S.Antonio.
La località di cui si ha la più antica attestazione docu-
mentaria è Cortenova e risale all’anno 850. La “curtis”
si trovava nella attuale zona artigianale a sud, in località
“Motta”. Il toponimo “motta”, assai diffuso in Italia, sta
a indicare un rilievo del terreno, abitato da epoca imme-
morabile. Era un centro agricolo con difese e fortifica-
zioni a quadrilatero con chiesa dedicata a S.Lorenzo.
L’intitolazione a questo santo fa propendere per una ori-
gine anteriore al 568, data convenzionale dell’arrivo dei
Longobardi in Italia, quindi attribuibile ai primi cristia-
ni del periodo tardo romano. Una conferma materiale di
ciò viene dal ritrovamento in loco di mattoni manubria-
ti, embrici, frammenti di ceramica e metalli di tipologia
Ricostruzione del castrum di Novellara nel XIII sec. secondo
romana.
S. Ciroldi. Il “Castellunculum”, il primitivo “fortilizio” di Novel-
1) Chiesa di S.Stefano in Valle, 2) Abitazione del signore, 3) lara, si trovava nell’area delimitata da via De Amicis,
Abitazione dei monaci, 4) Torre di guardia, 5) Alloggi di servi
via della Libertà, via Vittoria di Capua e via Costituzio-
e contadini, 6) Scuderie con granaio soprastante,7) Muro
perimetrale, 8) Ingresso, 9) Fossato. Nota: la torre e la chiesa ne con chiesa dedicata a S.Stefano; i documenti men-
sono collocate ad arbitrio. zionano infatti dal 1106 un S.Stefano in Castelloncolo;
e poichè anche questo era un santo pre-longobardo, è da
credere che l’insediamento sia esistito almeno dalla stessa epoca di Cortenova.
Il terzo centro era alla Motta di S.Antonio presso il Molino di sotto, al limitare delle valli. Il culto del santo è molto
antico essendo vissuto nel III sec. d.C. E’ interessante notare che la scomparsa chiesa di S. Michele, relativamente
poco distante, e di chiara fondazione longobarda, era alle dipendenze di S.Antonio Abate e si trovava sempre ai
bordi delle valli ma più vicina all’antico Bondeno.
Dopo l’anno Mille la popolazione era distribuita sulla lingua di terra lasciata nei secoli precedenti dalle piene del
Crostolo, circondata dal Gurgum e dalle paludi su tre lati. La zona più densamente popolata era tra Cortenova, San
Giovanni e Santa Maria perchè le terre più fertili e coltivabili erano quasi tutte qui. Un censimento del 1315, il
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12. Liber focorum, ci fornisce la prova di questa distribuzione della gente: 25 nuclei familiari a Cortenova, 15 a
S.Giovanni, 20 a S. Maria, 25 a Fossa e solo 3 a Novellara. Al di là dei numeri assoluti è importante sapere che le
famiglie erano particolarmente scarse perchè negli anni precedenti c’erano stati guerre, saccheggi, carestie e
pestilenze; poi nel censimento probabilmente non si è tenuto conto dei servi e dei villani, dei braccianti e dei
tezarini. Quasi tutti abitavano in case, raramente in muratura, sparse per la campagna in mezzo ai poderi.
Nessun dato certo ci aiuta a capire perchè Novellara sia prevalsa sugli altri centri; possiamo solo ipotizzare che a
seguito della invasione degli Ungari del X sec. per il fenomeno dell’incastellamento le nostre piccole comunità
abbiano costruito il Castelloncolo di Novellara equidistante dagli altri nuclei abitati, oppure che Adalberto Atto di
Toscana, avo di Matilde di Canossa, che qui aveva giurisdizione e beni, abbia privilegiato il paese, per motivi a
noi ignoti, erigendovi una fortificazione. Sicuramente i Malapresa, feudatari nella zona da una data imprecisabile
dell’ XI secolo, vi avevano un fortilizio che rendeva il luogo più sicuro e quindi polo d’attrazione per la gente del
posto.
Il centro storico e il suo sviluppo
S’accrebbero le case, e il suo confine
allargò Novellara, insieme a Dio
Un tempio alzando, e altre magion divine.
De’ padron per istinto eccelso e pio,
Di torri s’adornò, di campanili,
E forma di città prese, e vestio.
Fabbricò monesteri ampj e civili;
Si divise in contrade spaziose;
E s’impinguò di stalle e di fenili.
Ma tra le doti sue più speciose,
Della piazza tacer non m’è permesso,
Che da suoi con tant’arte si dispose.
Ella è un quadro bislungo, che in se stesso
Da trenta milla fanti chiuderia,
Stando però l’uno dell’altro appresso.
Insomma è tal che invidia non avria,
Se in Roma fosse e avesse una fontana,
A qualunque altra piazza in Roma sia.
(da Ritratto poetico di Novellara, 1752)
Il nome Nuvolare compare per la prima volta nel 962 come fundus, mentre da un documento dell’anno seguente
si apprende che c’era una pieve alla quale erano sottoposte alcune cappelle (“plebem de Nuvolare cum suis
capellis”). Allora faceva parte dei vastissimi possedimenti di Adalberto Atto di Canossa. Da questi atti, pur
potendo effettuare una serie di importanti deduzioni e considerazioni, nulla si può ricavare sull’abitato. Di grande
interesse invece un atto di vendita del 1142, nel quale sono menzionate le fortificazioni erette a Novellara dai
Malapresa; questo dato sommato alla citazione di un Castellunculum nel 1106 e nel 1211 ci permette di stabilire
che c’era un gruppo di costruzioni disposto in modo da formare una solida difesa. Il luogo è facilmente identifica-
bile con le case comprese tra via della Libertà, via De Amicis, via del Popolo e via V.di Capua. Ad ulteriore
conferma si tenga conto del muro a scarpa delle costruzioni verso est e del fatto che per tradizione vengono
chiamate le case dei Sessi, la famiglia preminente in Novellara dal XIII secolo prima dell’avvento dei Gonzaga.
Nel corso dello stesso secolo Novellara passava dalla giurisdizione del vescovo a quella del Comune di Reggio.
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13. La situazione primitiva e il XIV sec.
L’abitato di Novellara, prima dell’avvento dei Gonzaga era costituito, come si è visto, da un gruppetto di case
disposte probabilmente a quadrilatero, di cui oggi restano solo quelle dei lati nord e ovest, che costituivano il
Castelloncolo; una di esse era l’abitazione dei Sessi, famiglia reggiana, filo imperiale, più volte esiliata dalla città,
proprietaria di terre e beni a Rolo oltre che a Novellara. Attorno, casupole a un solo piano costruite con pali, canne
e fango; poco lontano la pieve. Con tutta probabilità a cavallo tra XII e XIV sec. l’insediamento è stato ampliato,
per comprendere anche la chiesa e le altre costruzioni e, circondato da una fossa, che correva circa lungo via della
Libertà, via 4 novembre, via Ariosto, via Costituzione e via De Amicis, con terrapieni e probabilmente palizzate.
La chiesa all’interno del castello era sicuramente dedicata a S.Antonio Abate (venne assegnata ai Carmelitani
quando si stabilirono a Novellara alla fine del ‘400 e intitolata a S. Maria delle Grazie); il Davoli poi riferisce che
esisteva una chiesa di S. Stefano “non lungi da Novellara presso un forte fabbricato nominato il Castelloncolo”.
Infine c’era una chiesa dedicata a San Pietro probabilmente lungo la strada che proveniva dal Borgazzo appena
fuori del fossato presso la porta del paese.
Poco dopo l’inizio della dominazione dei Gonzaga su Reggio, Filippino Sessi, nel 1341, intenzionato a migliorare
le fortificazioni di Novellara, prese accordi col vescovo di Reggio per demolire la chiesa di S.Stefano che si
sarebbe venuta a trovare parte nella nuova fossa e parte nei terrapieni. Gli accordi prevedevano la ricostruzione
della chiesa altrove, ma Filippino non tenne fede all’impegno, probabilmente perchè subentrò Feltrino Gonzaga.
Il nuovo signore che già aveva impegnato uomini e mezzi per la costruzione della rocca di Bagnolo, iniziò la
fortificazione di Novellara con lavori di ampliamento del paese verso sud-ovest, il che portò all’abbattimento
della chiesa di San Pietro per lo scavo delle nuove fosse e l’innalzamento dell’argine, e la costruzione del granaio
(case a ponente di piazzale Marconi); poi nel 1364, si offrì di costruire la nuova chiesa di S.Stefano che fu
innalzata al Molino di sopra. L’anno seguente iniziò i lavori per un nuovo castrum “cum subterraliis et aliis
aedificiis”; frase che deve essere interpretata nel senso di fortificazione di una parte del paese e non di erezione
della rocca, anche perchè i primi materiali, ricavati dalla demolizione della torre delle case dei Sessi, non poteva-
no essere una grande quantità. A proposito di torri non si è ancora potuto stabilire se la torre dei Malapresa fosse
all’interno del Castelloncolo o nell’area dell’attuale cortile della rocca.
La rocca, ambizioso progetto di Feltrino, iniziata forse da suo figlio Guido, venne realizzata in concreto dal nipote
Giacomo. Era comunque terminata attorno al 1450.
Il Malagoli ci ha lasciato la descrizione della casa detta “dei pescatori” proprietà dell’avvocato Borsari in villa
Borgazzo, prossima al paese, costruita attorno alla metà del Trecento: “Tale antica capanna è larga metri quadrati
34,8, le fondamenta sono di pietra ben cotta e calce che sormontano il suolo per un quarto di metro diventando
muro, a cui trovansi appoggiate orizzontalmente per tutto l’intorno travi robusti che sostengono i cosidetti muri di
cinta composti di piedritti, di alghe, di mezze pertiche di salice legate con lazzi di canapa intonacate di terriccio
Sulle due pagine: gli edifici fra via De Amicis e via della Libertà che formavano due lati del "Castelloncolo". Sono
storicamente noti come "Case dei Sessi" perché vi abitò questa famiglia fino alle soglie del Quattrocento . Di
fianco in basso a sinistra l'interno.
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14. detto malta o melma, intersecati da travetti formando così una palizzata sino al piano superiore; ai quattro lati del
quale e per tutta la loro estensione altri travi orizzontali sostengono il proseguimento del muro di terriccio eguale
al sottoposto, dello spessore, tutto compreso, di centimetri trenta. Il tetto ora è composto di tempie, travetti, legni
e tegole, ma all’epoca di prima costruzione della capanna ho tutta la ferma persuasione che fosse di alghe, di
pertiche di salice e di paglia sovrapostavi. La capanna è composta di una cucina e cantinetta disselciate; mediante
scala a piuoli si ascende al sovrastante piano fatto di assi. Il tutto è reso compatto ed unito da larghi e robusti
chiodi di ferro”.
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15. Liber focorum, un censimento delle famiglie del 1315, nella edizione settecentesca del Tacoli. Si osservi come la popolazione
gravitava in prevalenza a sud di Novellara,distribuita tra Cortenova e S.Maria della Fossa.(Fotocomposizione elettronica).
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16. Espansione del XV sec.
Si deve a Francesco I Gonzaga il primo ingrandimento certo del paese; da diversi piccoli proprietari aveva acqui-
stato i terreni confinanti col “campo delle noci” che avrebbero dovuto costituire l’area della piazza e le contrade
del nuovo borgo. Nel 1478 permutava alcune sue possesioni con porzioni di terra, di pertinenza della chiesa di
S.Stefano, costituite dalla “Piazzetta”, dalla superficie che sarà occupata in seguito dai “portici del telonio” e da
quella del futuro “portico lungo” (via C.Cantoni). Le nuove case “...furono fabbricate-scrive il Davoli- del tutto,
o fino al primo piano a spese dei Gonzaga, i quali con una conveniente porzione di terreno nel cortile ed orto, o
canepaio, le cedettero poi in proprietà a chiunque volesse abitarle, sotto l’annuo canone però di uno o due capponi
alla dispensa Gonzaga”. L’anno prima Francesco aveva ottenuto dal vescovo di Reggio il consenso di fondare un
convento per i padri Carmelitani scalzi. In un primo tempo assegnò loro la chiesa che era stata la parrocchiale
all’interno del castello e successivamente ridotta ad oratorio col titolo di S.Alberto, e una casa nelle vicinanze, poi
a partire dal 1480 furono edificati il complesso claustrale e la nuova chiesa; questa occupava l’area dell’attuale via
Lelio Orsi tra ciò che resta del convento, più noto come “casino Chiavelli”, e casa Zanetti. Questa fase durò anche
negli anni di governo di Gian Pietro, cioè fino al 1515. In capo alla Piazza Maggiore si iniziarono nel 1512 i lavori
per la costruzione della nuova parrocchiale che era progettata con la facciata a ponente, cioè all’opposto dell’at-
tuale, ed erano ancora in corso nel 1516 sotto la direzione di un messer Bernardino, quasi sicuramente Campi,
architetto cremonese, “impiegandovi due fornaci di pietra”.
Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca, 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3)
Chiesa di S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto .Secolo XV
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17. Espansione della prima metà del XVI sec.
La costruzione delle case e dei portici della piazza proseguì al tempo di Alessandro I, per il lato a settentrione,
fino all’inizio dell’attuale corso Garibaldi, terminando con quello che venne chiamato Arco Dominizio e per il
lato a meridione fino all’altezza dell’odierna via Veneto. Ripresero i lavori attorno alla chiesa nuova della piazza
che fu innalzata fino a dodici braccia dal suolo; chi faceva arrivare la calce da Quistello per le opere murarie era
Bartolomeo Orsi padre di Lelio. Negli stessi anni lavorò a Novellara anche il Correggio che assieme a messer
Latino dipinse le camere del torrione vecchio della rocca.
La configurazione a “maglia ortogonale” è indicativa del concetto militare con cui la nuova città viene progettata
il che è coerente con la professione di uomini d’armi dei Gonzaga dell’epoca. Non a caso si è scritto “nuova città”
perchè questa parte si può considerare un insediamento di nuova fondazione in quanto nasce come “progetto” di
un’area completamente libera e non come completamento del preesistente borgo medievale. E’ ciò che Vespasia-
no Gonzaga farà un ventennio più tardi, intorno al 1550, quando traccerà il piano urbanistico di Sabbioneta
ricollegando la preesistente rocca al borgo medievale.
Nel 1541 Donna Costanza da Correggio vedova di Alessandro I indirizzava al cognato Giulio Cesare una lettera
in cui esprimeva il desiderio di costruire una “poca fabrica ma bellissima; la voglio altetta come sopra una motta,
ma non a due tasselli,...V.S. li pensi un poco, che subito li diamo principio...”. Passeranno cinque anni prima che
i lavori posssano iniziare, ma la residenza in villa, la “delizia” come usava chiamarla, il Casino di sopra divenne
una splendida realtà.
Mappa del centro di Novellara anteriore al 1567, probabilmente ridisegnata da una della prima metà del secolo XVI. Si notino la
chiesa di S. Stefano con ingresso e la torre dalla parte opposta rispetta allattuale, la porta di accesso in corrispondenza dell'incrocio
tra le attuali via Cavour e via C.Cantoni, la porta di accesso al castello all'inizio dellattuale via Gonzaga.
16
18. Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca, 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3)
Chiesa di S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto, 6) Chiesa collegiata di S.Stefano, 7) Chiesa e convento dei Gesuiti .
Secolo XVI
Espansione della seconda metà del XVI sec.
L’intenzione dei Gonzaga era di allargare il paese con nuove contrade fino alla Piazza del mercato presso il
Molino di sopra; il che fu effettivamente realizzato ad eccezione della contrada che, in prosecuzione a levante
della via del Portichetto, avrebbe dovuto arrivare di fronte alla chiesa dei Cappuccini sul tracciato dell’odierna via
Gramsci. Tale via era sicuramente già iniziata nel 1590 ed era formata da alcune case con portici poste perpendi-
colarmente in fondo alla Contrada di S.Lucia (vennero demolite nel 1834 dopo l’inondazione dell’anno preceden-
te perchè gravemente danneggiate).
Lelio Orsi progettò tutta la nuova sistemazione urbanistica; nel 1557 assunse la direzione dei lavori della chiesa
di S.Stefano facendo demolire quanto costruito fino a quel momento e ricominciandola ex novo. Da una mappa di
fine Seicento si possono ricavare gli elementi sufficienti per effettuare la ricostruzione grafica della facciata della
chiesa così come l’aveva progettata Lelio Orsi.
Iniziò la costruzione del Casino di sotto, del teatro in rocca e del collegio dei Gesuiti. Nel 1585 venne innalzato
il tratto di portico prospiciente Contrada della torre (corso Garibaldi): “ si diede principio al portico cominciando
dov’è l’arco di messer Dominico Busi (arco Dominizio) perfino all’hosteria et casa di Evangelista Bianchi”. La
mappa del 1626, che è riprodotta in copertina, ci mostra chiaramente la situazione urbanistica alla fine del Cin-
quecento.
17
19. Espansione del XVII sec.
Nel 1603 la grande pietà di Donna Vittoria di Capua portò a Novellara dalle catacombe di Roma le reliquie di
S.Cassiano; si apriva così un secolo di fervore, ma anche di rigore, religioso. Nello stesso anno la contessa fondò
il convento dei Cappuccini con la chiesa dedicata a S.Anna. E’ interessante sapere che ottenne il benestare dal
capitolo provinciale dei Cappuccini in deroga alle regole che non prevedevano l’apertura di un altro convento in
questa Provincia Cappuccina. La costruzione era terminata nel 1605 e venne collegata con la piazza da un lungo
portico. Nel 1616 venne fondato all’angolo tra via A.Costa e C.Cantoni l’ospedale per i poveri e nello stesso anno
venne eretta la torre della Collegiata di S.Stefano. Molti lavori di rifacimento e di costruzione di edifici, comprese
le opere di riattamento di appartamenti in rocca furono eseguiti sotto la direzione di G.B.Sormani. Nell’anno
1654 fu posta la prima pietra di due complessi religiosi: la chiesa dei Servi e quella della B.V. della Fossetta. I
padri Servi di Maria a Novellara c’erano già da oltre un secolo e avevano un convento presso la chiesa di S.Antonio
Abate al Molino di sotto, ma chiesa e convento nuovi furono costruiti all’interno del paese per soddisfare la
volontà testamentaria del dott. Camillo Farneti. Quella della Fossetta fu eretta in fondo al viale che in prosecuzio-
ne della Contrada dei Cappuccini era già stato sistemato nel 1642 con lo scopo di collegare il centro con l’argine
della Linarola. Vi si trasferì, nel 1657, l’immagine miracolosa segata dal muro della primitiva cappelletta che si
trovava all’estremità dell’attuale via Indipendenza al suo innesto in strada Provinciale, dove si trova il pilastrino.
Nel 1678 moriva Alfonso II che nel corso dei suoi anni di governo aveva rinnovato i due casini di campagna,
continuato la costruzione di case e portici, riquadrata la piazza fabbricando il portico del telonio, accresciuti gli
appartamenti in rocca. Anche un complesso monastico femminile fu eretto, pur con rinvii e ritardi tra 1668 e
1689, sul lato est della Contrada del gioco del pallone ( via della Libertà) con la chiesa dedicata a S.Teresa che
chiudeva la prospettiva della Contrada di mezzo (via Vittoria di Capua). Sul finire del secolo si iniziò la costruzio-
ne della nuova chiesa dei Gesuiti. L’immediata conseguenza sull’urbanistica fu l’apertura di nuove strade e la
costruzione delle relative case.
Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca, 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3)
Chiesa di S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto, 6) Chiesa collegiata di S.Stefano, 7) Chiesa e convento dei Gesuiti ,
8) Chiesa e convento dei Cappuccini. Secolo XVII
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20. Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3) Chiesa di
S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto, 6) Chiesa collegiata di S.Stefano, 7) Chiesa e convento dei Gesuiti, 8) Chiesa e
convento dei Cappuccini, 9) Santuario della B.V. della Fossetta, 10) Chiesa e convento dei Servi di Maria, 11) Chiesa del Popolo. Secolo
XVIII
Lo stato dell’urbanistica dei secoli XVIII e XIX
Il Settecento è stato qui un secolo di distruzioni. Dal 1701 Novellara era coinvolta nella guerra tra tedeschi e
francesi; le truppe alemanne si accamparono sul territorio e recarono gravissimi danni alla popolazione e alle
cose; distruzioni ancora maggiori portarono i francesi quando saccheggiarono e incendiarono Bagnolo e la sua
rocca. Altri gravi disagi e forti contribuzioni di guerra si ripeterono al passaggio di truppe straniere nel 1710.
Come se non bastasse ci fu un freddo terribile che fece gelare il Po e produsse una pesantissima carestia. L’evolu-
zione urbana di questo periodo è limitata alla costruzione nel 1708 della chiesa del Popolo. Dopo la morte
dell’ultimo conte, Filippo Alfonso, le vicende per la successione nel feudo portarono nuovamente in paese prima
le truppe francesi poi quelle alemanne che, oltre a imporre tasse e contribuzioni, derubarono e distrussero, deva-
stando anche i giardini del Casino di sotto. Alcuni anni più tardi Ricciarda, sorella di Filippo Alfonso, fece
restaurare e modificare la chiesa di San Bernardino, fece costruire il battistero in S.Stefano, il nuovo ospedale in
via Cavour e rinnovare il portico dei Cappuccini. Dopo che il feudo venne devoluto al duca di Modena, qualche
opera venne fatta eseguire dalla duchessa Maria Teresa Cybo come la ricostruzione della chiesa di S.Bernardino,
nel 1758, e di quella di S.Agostino presso il Mulino di sopra, nel 1751.
La rocca, in balía di tutti, subì demolizioni e insulti di ogni genere finchè non venne venduta da Francesco II
d’Este alla Comunità. Il colpo di grazia lo dettero i francesi di Napoleone che oltre a predare opere d’arte si
appropriarono degli immobili e dei terreni già dei Gonzaga e vendettero chiese e conventi a privati: il complesso
dei Gesuiti ad Antonio Greppi di Milano, il convento dei Carmelitani all’ebreo Sinigaglia, quello dei Cappuccini
ai fratelli Taschini.
E’ del primo decennio dell’Ottocento l’esecuzione di una grande carta topografica particolareggiata del centro
storico che ci mostra la situazione urbanistica dell’epoca.
Anche nell’Ottocento, almeno nella prima metà, tra le alterne vicende della dominazione napoleonica prima, e le 19
21. guerre d’indipendenza poi, non ci furono nuove costruzioni, anzi furono di più le demolizioni, tra queste la chiesa
dei Gesuiti nel 1808 e le scuderie nel 1852. Dopo l’unità d’Italia si osserva una ripresa nei lavori: la sistemazione
idraulica del canale della Minara, del ponte sulla Fossetta al termine dell’odierna via Indipendenza, la costruzione
del cimitero di S.Giovanni e di quello di Novellara in villa Borgazzo, del teatro in rocca, del macello comunale in
Cantarana, della stazione ferroviaria; si eseguì la selciatura di diverse contrade.
Espansione del XX sec.
Ancora all’inizio di questo secolo l’attività edilizia era notevole; Celestino Malagoli nel 1907 scriveva in propo-
sito queste note: “ Fra le più recenti costruzioni sono da ricordare: In villa Borgazzo: villino Righi, all’entrata del
paese quasi di fronte alla stazione della ferrovia (oggi Istituto don Iodi); in villa S.Michele: casinetto dei fratelli
Bedogni, di fronte al Casino di sotto; nell’interno: palazzo Bonaretti, in piazza V. Emanuele II; case: Soliani,
Merzi-Davolio, Marzi, Benati, in S.Lucia; case: Lombardini, Slanzi, Fornaciari; salone Gallingani, in via Cavour;
macello pubblico, fatto costruire dal Municipio, in via del Pallone. Furono poi fatti restauri e riparazioni alle
seguenti case: nella piazza V. Emanuele II: Davolio n 4, Neri n 5, Bigi n 10; nel corso Garibaldi: Gherpelli n 9,
Fabbrici n 21; in via Cavour Opera Pia locale n 1, Gianotti n 2, Manghi n 7, Rossi n 11; in via C.Cantoni.
Gianotti n 1, Fornaciari n 7, Marmiroli n 8, Manghi n 10, Malagoli n 20, Ruspaggiari n 22, Fabbrici n 29,
Merzi in Davolio n 31 (antico palazzone costruito nel 1675); in via Santa Lucia: Merzi in Davolio n 2, 4 e 11
Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3) Chiesa di
S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto, 6) Chiesa collegiata di S.Stefano, 7) Chiesa e convento dei Gesuiti, 8) Chiesa e
convento dei Cappuccini, 9) Santuario della B.V. della Fossetta, 10) Chiesa e convento dei Servi di Maria, 11) Chiesa del Popolo. Secolo XIX
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22. Mappa dell’abitato di Novellara del 1925-30 con i progetti delle nuove strade, alcune delle quali mai state realizzate.
(palazzone), Altimani n 13 e 15, Lusetti n 17; in via dei Servi: Taschini n 1, Catellani n 3; in via della Zecca:
Neri n 2; in via della Cantarana: Neri n 3; in via del Pallone: Bonaretti n 3 (oratorio delle suore ridotto a
magazzino), in Villa San Michele: Lombardini n 13 ( Casino di sotto), Lombardini n 8 ( casa detta di Sant’Ago-
stino, ove sorgeva la chiesa omonima)”.
Nel 1910, con la demolizione dei portici del Telonio, cominciarono i lavori di costruzione della nuova Cassa di
Risparmio che terminarono nel 1912. La Grande guerra e la crisi degli anni seguenti imposero un pesante arresto
allo sviluppo urbanistico, con la sola eccezione del villino detto “del francese” in via Roma e la realizzazione dei
giardini pubblici per ospitare il Monumento ai caduti , inaugurato nel 1925. E la costruzione delle scuole elemen-
tari nelle frazioni. L’attività costruttiva riprese negli anni Trenta con l’ampliamento delle Officine Slanzi e, per
l’edilizia pubblica, la realizzazione delle nuove scuole in via N.Campanini e delle scuole elementari nelle frazio-
ni, per interrompersi nuovamente allo scoppio della seconda guerra mondiale. Si dovette arrivare alla metà degli
anni Cinquanta per rivedere un po’ di attività. Allora vennero aperte le due vie attraverso l’orto dei Gesuiti, via
Manzoni e via f.lli Cervi, si operarono il prolungamento di via De Amicis e l’apertura di via XXV Aprile per
raggiungere via Costituzione e s’inziarono i lavori del tratto della Circonvallazione da via Veneto alla ferrovia.
Venne inaugurato il nuovo campo sportivo in via Indipendenza.
Con il “boom economico”, e per tutti gli anni Sessanta, i condomini e le villette si può dire che siano veramente
spuntati come funghi. Nei decenni successivi l’edilizia pubblica e privata ha continuato a far crescere il paese e a
rimodernarlo anche se purtroppo si sono persi alcuni edifici storici come il convento e la chiesa dei Cappuccini,
l’oratorio del Carmine, i resti della casa di Lelio Orsi. la chiesa delle monache. La ristrutturazione di numerose
abitazioni private ha portato alla scomparsa di soffitti a travi, travetti e assito, di pavimenti a “quadrelli”, di porte
in legno, caminetti poveri in scagliola, di pozzi a camicia all’interno dei cortili, di bassi servizi con “foren, cius,
poler e canteina”, degli anelli ai pilastri per legare i cavalli. Molto grave è stato il pesante rifacimento o la demo-
lizione di complessi rurali. Fortunatamente oggi c’è una maggiore attenzione per la salvaguardia di questo patri-
monio urbanistico “minore”.
21
23. La Rocca in una veduta da nord-ovest degli anni Trenta.
La rocca
La rocca rappresenta da secoli la sede del potere, è l’edificio attorno al quale gravita la vita politica e amministra-
tiva del paese. Non esiste una data sicura di inizio della costruzione. Quando Feltrino Gonzaga, dopo aver vendu-
to Reggio ai Visconti, decise di fortificare Novellara, dispose che si fabbricasse un nuovo “castrum cum subterra-
liis et aliis aedificis” ma non fa cenno alla rocca, anche se quasi certamente la fece progettare ( non si dimentichi
che aveva già fatto costruire la fortezza di Bagnolo); era il 1371. Probabilmente non vide neppure l’inizio dei
lavori di scavo delle fondamenta perchè, dopo la vendita della signoria, vagò molto per le corti amiche della
pianura padana e morì a Padova nel 1374. Fu suo figlio Guido che provvide, a partire dal 1385, a realizzare
qualcosa in concreto: le fondazioni e lo scavo dei fossati, il consolidamento dei terrapieni attorno al castello. I
lavori alla fabbrica proseguirono per tutta la prima metà del XV secolo e si possono considerare terminati nel
1464. L’edificio era sostanzialmente una robusta fortezza con torri angolari, il muro a scarpa, la merlatura; però
sia Giacomo che Francesco I avendola scelta come propria dimora avevano fatto costruire appartamenti all’inter-
no e con un gusto prettamente rinascimentale avevano preso ad abbellirli. Sicuramente la grande sensibiltà di
Costanza da Correggio influenzò il marito Alessandro I nelle modifiche successive sia della rocca che del paese.
Subito dopo il matrimonio, nel 1518, “messer Antonio e messer Latino con due giovini tutti di Correggio” dipin-
gevano la “ monitione” e la camera del torrione vecchio appena ristrutturati. Dopo la morte del marito, avvenuta
nel 1530, Donna Costanza si impegnò a realizzarne i progetti; così tra 1541 e 1542 fece costruire un secondo
piano con loggia e sala. Poi nel 1546 arrivò da
Reggio Lelio Orsi che divenne l’architetto, il pit-
tore, l’artista di corte. Dal 1563 al 1567 ristrut-
turò e ampliò gli appartamenti, eseguì la decora-
zione delle sale d’onore al piano terreno, ultimò
le decorazioni della loggia, dell’appartamento di
Francesco II, del nuovo teatro. La rocca perse
sempre più la sua funzione di difesa a favore di
quella di residenza signorile.
Sarebbe passato un secolo prima che si eseguis-
sero altri lavori consistenti. Nel 1670 Alfonso II
fece innalzare da G.B.Sormani la torre detta “
Campanone” sulla porta esterna della rocca, “...or-
nata di guglie, di lanterna e di cupola a squama
di pesce con due giri di ben lavorate ringhiere....”,
ed effettuare una nuova sistemazione degli ap-
partamenti in particolare del secondo piano del
lato nord.
Dopo la scomparsa dell’ultimo conte specialmen-
te dopo che, nel 1737, il feudo fu assegnato agli
22 Pianta settecentesca della Rocca di mano di Prospero Siliprandi.
Estensi, la rocca cominciò a decadere: “furono
24. tolti i ponti levatoi, chiusa la sortita a settentrione,....si disfò una parte della quadra che guarda a mezzodì, poi i
corridoi a mattina ed a meriggio coll’abbassare i tetti, si atterrarono i 4 torrioni agli angoli...si devastarono gli
ultimi appartamenti del piano superiore...se ne affittarono le camere a poveraglia che ne imbrattò i muri, distrusse
e portò via tutto ciò che potè....”. Nel 1754 fu acquistata dalla Comunità che prese ad installarvi i propri uffici e le
scuole, e ad assegnare buona parte dei locali a dipendenti comunali per propria abitazione.
Un ultimo importante cambiamento nella struttura della rocca fu apportato negli anni sessanta dell’Ottocento con
la costruzione del teatro; per la sua costruzione vennero demolite le cucine, la lavanderia, la legnaia gonzaghesche
e purtroppo l’antico teatro cinquecentesco, ampiamente decorato da Lelio Orsi.
Oggi ospita il Municipio, la Biblioteca, i Musei Gonzaga e della Civiltà contadina e associazioni culturali.
Ancora la Rocca ripresa da nord-est nei primi anni Trenta.
I portici
“Una costante che esprime in modo particolare il valore scenografico dell’ambiente urbano di Novellara -scrivo-
no P.Bonori e E.Torreggiani- è costituita dai portici mediante i quali l’organizzazione dei tracciati viari si arricchi-
sce anche sul piano planimetrico. Il portico non è costruito soltanto <<per comodo dei servi, ma ancora per
cagione di tutti i cittadini. (L.B.Alberti)>>; oltre che spazio di pertinenza dell’abitazione diventa centro delle
attività quotidiane della popolazione che vi trasferisce le più disparate funzioni, sfruttandone al massimo la dutti-
lità... Il portico si pone come percorso specializzato per il traffico pedonale che risulta così separato da quello dei
carri e delle cavalcature che avviene sulla strada... Tale concetto è espresso dal Palladio quando sostiene che deve
essere diviso <<il luogo per il camminar de gli huomini, da quello che serve per l’uso dei carri, e delle bestie; mi
piacerà che le strade siano così divise che dall’una e dall’altra parte vi saranno fatti i portici, per i quali al
coperto possano andare i cittadini a far negotij senza essere offesi dal sole, delle pioggie e dalle nevi...>>...I
portici della piazza creano effetti di dilatazione spaziale...con intento scenografico e caratteristiche monumentali.
I rimanenti portici risultano più stretti in relazione alla funzione di collegamento fra le abitazioni degli artigiani e
gli edifici con funzione pubblica”. Nella progettazione antica dell’impianto urbanistico di Novellara intelligente-
mente si è tenuto conto di un giusto equilibrio tra spazi pubblici e spazi privati, tra zone scoperte e zone coperte,
che ancora oggi viene rispettato. Alle via e alle piazze si affiancano e si contrappongono i cortili interni e gli orti,
alle chiese, alla rocca, alle scuole si affiancano le case, i bassi servizi, i negozi. Il tutto sempre mediato dai portici.
Intorno al 1560 il Conte ordinava che “tutte le case poste nel Borgo di sopra cominciando dalla casa di m.r
Jacopo Provisionati (il notaio) e venendo sino a quella di m.r Mutio Busi, si dovessero fabbricare fino all’altezza
della casa del cavalier de Becchi”.
Di portici ce ne sono per oltre quattro chilometri e tutti sanno quanto siano comodi per ripararsi dal sole a picco
e dalle intemperie, come rendano agevoli e sicuri gli spostamenti all’interno del paese. Il fondo, non più in terra
battuta, è stato livellato a cemento in questo secolo ad eccezione del portico a nord della piazza che è stato
lastricato a quadroni di pietra serena nell’Ottocento. Le vetrine hanno sostituito le distese di mercanzia che occu-
pavano i portici fino a metà della loro larghezza, i tavolini dei bar han preso il posto dei tavolacci delle osterie e
delle panche addossate ai muri; il passeggio, “la vasca”, è un piacere antico, la gente al tempo dei Gonzaga amava
come noi “ spazziare soto i porteghi”, così come trattare gli affari, il giovedì e la domenica mattina, in piedi, in
punti strategici. Barbieri, sellai, calzolai, falegnami, impagliatori e maniscalchi vi hanno sempre svolto i loro
mestieri anche se oggi pochi sono i superstiti, utilizzandoli come prolungamento della bottega.
Vi si trovano i banchi occasionali delle lotterie e delle vendite di beneficenza delle associazioni e da qualche anno
i banchi del mercatino dell’antiquariato. 23
25. Portici.
Novellara possiede oltre quattro
chilometri di portici.
La prima immagine mostra la
vita sotto i portici negli anni
24 Cinquanta.
26. Le Ville o Quadre
All’origine della dominazione dei Gonzaga il territorio era diviso in cinque ville o quadre: Borgazzo, Reatino,
Boschi, S.Michele e Valle; a queste se ne aggiunse una sesta tra Quattrocento e Cinquecento, i Terreni Novi. Dal
XV secolo, sempre i Gonzaga, ottennero l’investitura delle cosidette Ville Reggiane di cui oggi solo S.Giovanni
e S.Maria fanno parte del Comune.
Borgazzo
Il Borgazzo, intendendo la zona a sud del centro, giace sul primitivo deposito alluvionale lasciato dal Crostolo; la
terra è fertile, percorsa da un canale che ne rende facile l’irrigazione. Poderi e campi qui sono stati molto ambiti
per secoli come provano atti di compravendita fin da epoca antichissima. La strada tutta a curve, che ha dato
origine al detto “ dritt c’me la streda dal Borgas” dimostra ulteriormente che il territorio era suddiviso in moltepli-
ci appezzamenti coltivati e che qui si svolgeva l’attività agricola principale. E’ la fusione tra Corte Nova e Novel-
lara. E’ probabile che i frati della “Badia” di Campagnola abbiano molto influito con la loro opera tra XII e XIII
sec. sulla sistemazione idraulica e del suolo del Bor-
gazzo prima che le le famiglie feudali emergenti, Ses-
si, Lupi, Correggio, Malapresa, se ne impadronissero.
Si noti che l’argine della Fossamana è ancora detto “l’er-
sen di free”. E’ interessante sapere che tra XIII e XIV
sec. il Borgazzo viene denominato “Burgaciun Curtis
Novae” e “Burgacium Nuvelare” con prevalenza nel
tempo sempre maggiore di quest’ultimo, indicandoci
così il periodo in cui il centro degli interessi ha iniziato
a spostarsi verso Novellara.
Fa parte del Borgazzo anche la zona attorno alla Motta,
oggi occupata in gran parte dal Villaggio artigianale,
dove sorgeva la pieve di S.Lorenzo. Qui gli insedia-
menti umani erano favoriti dalla presenza delle “sor-
tie”, le risorgive.
La maggior parte dell’abitato attuale si trova su questa
quadra.
Il Borgazzo visto dalla torre di S. Stefano
San Michele
La chiesa di San Michele ha dato il nome all’omonima
villa. La dedicazione a un santo per il quale i longobardi avevano speciale predilezione ne fa fissare la fondazione
tra VII e VIII secolo d.C.; la sua dipendenza dalla pieve di Cortenova conferma la posteriorità rispetto a S.Lorenzo.
Secondo il Davoli era “ a mano sinistra, ossia al mezzo giorno della strada che da Novellara conduce alle Ca’
Nove” (via Nova). In effetti nel corso di scavi per la costruzione delle case del cosiddetto “quartiere Copellini”, ne
sono venute alla luce le fondamenta.
Ancora secondo la testimonianza del Davoli, dirimpetto alla chiesa “ a mano sinistra della strada” c’era un antico
fabbricato, circondato da fosse, che poteva essere stata l’abitazione di Sirone de Sirii, signorotto di origine longo-
barda del XII secolo. Il “Castellacium Sancti Michaelis” è nominato in una carta del 1203 come luogo da cui i
reggiani iniziarono lo scavo di un canale navigabile che si collegava al canale di Guastalla.
Reatino
Villa Reatino deriva il nome dalla famiglia Reatini che era feudataria anche della omonima porzione in comune
di Campagnola. Albricone vi possedeva un castello, come risulta dal rogito del notaio Ulrico del 1141, detto
Castellazzo di Reatino o di Campagnola e la sua giurisdizione si estendeva fino alla motta di S.Antonio al Molino
di sotto. Fra parentesi, il Castellazzo fu spianato nei primi anni dell’Ottocento, testimone il Davoli che ne vide i
lavori.
Traduzione dell’atto di vendita del Castellazzo nel quale sono compresi luoghi, strade e canali che interessano
anche il Novellarese.
Nel nome del Signore, anno 1141, 6 marzo, indizione quarta. A voi signori Gherardo e Corrado fratelli da Cor-
reggio, io Palmerio del fu signore Albricone [dei Reatini] da Campagnola nella diocesi di Reggio, che vivo
secondo la legge longobarda, vendo e faccio un documento di vendita del castello e della rocca miei che possiedo
a Campagnola, detti Castellazzo e di tutti i muri, fossi, redefossi, argini, valli, ponti, ponticelli, catene, fortilizi,
25
munizioni e di tutti i passaggi, telonei, onorari, affitti ed entrate e di tutti i boschi, selve, pascoli, paludi, valli,
27. peschiere, riserve di caccia e uccellagione, le vie, navigli, canali, acquedotti e mulini che ho fatto a Campagnola,
e dei poderi e dei mansi che possiedo in tutta la giurisdizione del detto castello, e dei sottoscritti uomini aventi
fortilizi con obbligo di obbedienza, e delle ville, del detto castello, e dei cittadini, dei comitatensi, dei vassalli,
degli uomini di masnada, degli servi e delle ancelle.
Seguono i nomi delle ville tra cui Canolo, Cognento e quelle di Sirone de Sirii con castello, dei Reatini e dei
Mani.
Confini del territorio che si vende con la presente carta: a mezzogiorno Cognento e Canolo di sotto, mediante la
strada; a mattina il mio naviglio e corso d’acqua fino a Fabbrico; a settentrione l’alveo e corso d’acqua della
Parmigiana per il tratto fino al varco dei signori di Reggio; a sera il territorio della villa di Cognento di sotto e
la villa novellarese di S.Michele mediante il canale comune chiamato il bosco e prosegue scendendo fino all’im-
missione nel naviglio che ho fatto costruire a sera presso il mulino non lontano dalla motta di S.Antonio del
territorio di Novellara, salendo lungo il dugale comune fino ai castelli dei signori Mazzoli e Sironi dove il canale
volge ad oriente e raggiunge la via che passa a settentrione seguendoli fino al suo ingresso nell’alveo della
Parmigiana presso il varco delle valli dei signori di Reggio.
Seguono i nomi di coloro che possiedono fortilizi, Malapresa, Della Palude, Sirone de Sirii, Mazzoli, Mani e
Albricone stesso, poi degli abitanti di Campagnola, dei comitatensi, dei vassalli, dei masnadieri, degli ascritti alla
gleba, dei servi e delle ancelle. Il prezzo concordato è di 4000 denari lucchesi. Rogato dal notaio Ulrico.
Mappa settecentesca di San Michele e di parte dei Boschi .
Boschi
Dopo la caduta dell’Impero romano i boschi e gli incolti avevano riconquistato aree estesissime della pianura; in
epoca longobarda una selva di proprietà regia, si estendeva dalle vicinanze di Reggio fino al Po; essa faceva parte
di una selva più vasta che era sotto la giurisdizione del monastero di Leno di Brescia e arrivava fino al Secchia.
Già allora tuttavia ampie zone erano libere dagli alberi e venivano utilizzate per i pascoli mentre altre venivano
disboscate per il legnatico. Dalla seconda metà del secolo X l’opera tenace di penetrazione da parte di nuove
signorie, come i Canossa, nonchè delle signorie ecclesiastiche, favorirono correnti di immigrazione nelle zone
adiacenti al Po. Il moltiplicarsi delle pievi con relativi insediamenti umani tra XI e XII secolo testimonia un
avviato intenso recupero delle aree a ridosso del Po, facilitato dallo spostamento del fiume verso nord, avvenuto
proprio attorno all’anno Mille. Da questo momento l’opera di distruzione dei boschi per conquistare spazi al-
l’agricoltura crebbe in maniera vertiginosa. Le zone dissodate, i nostri “ronchi o roncaglie” divennero sempre più
26
28. Particolare di una mappa Seicentesca con rappresentazione di zone boschive tra strada Bruciata e Villa Boschi.
frequenti; si iniziarono anche lavori di bonifica. Furono opera sopratutto dei monasteri, delle abbazie, che intorno
alle loro corti raccolsero una vita agricola sempre più intensa.
Anche nel novellarese si ebbero inevitabili massicce riduzioni del patrimonio boschivo con un picco tra la fine
del ‘400 e l’inizio del ‘500. I nostri Gonzaga riuscirono comunque a salvaguardare fino al 1700 un’area a foresta
a sud-ovest del paese, appunto quella da cui ha preso nome l’omonima villa; ciò che era rimasto e cioè circa 40
biolche, fu distrutto nel 1798, così come furono tagliate completamente le macchie del Forcello. Un’altra zona
boschiva in confine con Reggiolo era il Bosco delle Bruciate.
Nel 1406 Giacomo Gonzaga aveva fatto costruire la prima casa colonica in villa Boschi, mentre nel 1574 Camillo
I aveva fatto aprire la strada che attraversava i Boschi e congiungeva Novellara a S.Vittoria.
Valle
La zona paludosa, spesso allagata, a nord-ovest del paese ha dato il nome alla Villa. Questa, assieme alle valli di
Guastalla e Reggiolo raccoglieva in origine le acque del Crostolo, del Canale dei molini e del Rodano. Al margine
della Valle esiste ancora oggi un luogo detto “il Porto” che ha avuto grande importanza nel passato. Portus
significa traghetto; qui infatti c’erano le imbarcazioni
che percorrevano le paludi, raggiungevano altri attrac-
chi e collegavano altri centri abitati. Il Porto era collo-
cato all’estremità della strada romana che da Reggio
arrivava a Novellara e ne costituiva il naturale prolun-
gamento verso il Po. Il fatto poi che nella concessione
del X secolo sia definito anche “ostium”, cioè porto
vero e proprio, significa che era un approdo organizza-
to, con un pontile o una banchina in legno e che in epo-
ca medievale era collegato a un mercato. Nel corso del
Duecento si provvide ad opera dei Reggiani a dare una
prima sistemazione idraulica alla zona con lo scavo della
Tagliata di Reggiolo, nel 1218, e col cambiamento del
corso del Rodano. Le valli rimasero comunque ampie
fino all’epoca delle grandi bonificazioni Bentivoglio. Le Valli allagate, in un'immagine degli anni Venti.
Il marchese Cornelio Bentivoglio, signore di Gualtieri,
riuscì a mettere d’accordo tutti coloro che avevano giu-
risdizione sulle grandi valli a ridosso del Po e cioè Mantova, Parma, Modena, Novellara, Guastalla e Correggio,
per ottenere il primo risanamento delle zone vallive. Le principali realizzazioni per la nostra parte, consistettero
nell’inalveare il Crostolo fino al Po facendovi confluire o direttamente o attraverso la Cava e il Canalazzo-Tasso-
ne, tutte le acque “alte”. Le acque “basse” invece furono fatte confluire nell’antico letto di Po detto Parmigiana o
Fiuma, che a questo fine fu scavato in profondità e per una lunghezza di 20 km. seguendo l’antichisso tracciato
della Scalopia. Nel 1564 Alfonso I Gonzaga dava inizio allo scavo del nuovo Bondeno con lo scopo di bonificare
27
29. le terre tra Canalazzo e Canale dei Mulini. Tutto que-
sto portò all’acquisto di nuove superfici coltivabili su
cui sorsero le possessioni Ballabene, Bigliarda, Colom-
bara, Daoglia, Pacchiarina, Vallesella, Vezzana e Zo-
bola (nomi derivati dalle famiglie che vi si insediarono
ad eccezione di Colombara e Vallesella il cui etimo non
necessita di spiegazioni). Alla fine del XVIII sec. le
zone paludose erano comprese tra Bondeno, Baciocca
e argine della Gatta. Nel 1861 ancora un quarto del ter-
ritorio comunale era paludoso. Nel 1920 presso la Ri-
viera c’erano ancora 120 ettari di palude che vennero
bonificati nel 1933.
Ancora una veduta delle Valli.
Terreni Nuovi
I “Terreni Novi”, attuale frazione S.Bernardino, furo-
no tra i primi ad essere bonificati dai Gonzaga tra Quat-
trocento e Cinquecento; evidentemente il Canalazzo era
stato arginato a sufficienza da non costituire più un se-
rio pericolo per le terre circostanti, almeno dalla parte
di Novellara. Francesco I vi fece costruire alla fine del
‘400 due grandi case, con relativi servizi, dette le “Co-
stanze” dal nome della moglie Costanza Strozzi. Nel
secolo successivo per volontà del conte Alessandro I
fu innalzata la prima chiesa dedicata a S.Bernardino e,
attorno al 1580, la cascina Vittoria anch’essa dal nome
della moglie di un Gonzaga, Vittoria di Capua. I Gon-
zaga amavano recarsi ai Terreni Novi per cacciare ri-
portandone buoni carnieri di fagiani e “pernigoni” e di Un casotto al margine delle Valli
quaglie catturate con le reti.
E proprio ai Terreni Novi fa riferimento una delle pri-
me documentazioni relative alla produzione di formaggio. Giulio Cesare Gonzaga, nel 1529, affittava a Lorenzo
e Antonio Busi figli di Giarono, ebrei, una cascina, i bassi servizi, le vacche, ben 140 fattrici, le bestie bovine e
ampie estensioni prative sul posto, nella valle e altrove con lo scopo, tra l’altro, di produrre il grana. Tra le cose
e gli attrezzi inventariati c’erano anche “caldere, ramine, fassare, asse et tagliero da formazo”.
San Giovanni e Santa Maria
Alle quadre sono da aggiungere le Ville di Santa Maria e San Giovanni che, con quelle di San Tommaso e San
Michele, sono sorte in epoca remota come insediamenti rivieraschi del “gurgum” lungo la via di comunicazione
tra Reggio e la Fiuma. Il “gurgum” era un invaso piuttosto esteso, che si era formato quando il Crostolo scorreva
in questa zona e arrivava fino a Quistello, e che venne mantenuto colmo dal Rodano anche quando il Crostolo
cambiò percorso spostandosi nell’ alveo attuale. Il termine deriva dal latino medievale “corgum o gurgum”,
vortice, pozza d’acqua. Il Crostolo seguiva il percorso
del canale che da S.Maurizio presso Reggio, passa sot-
to l’autostrada, gira intorno a Massenzatico, scende poi
tra la chiesa e il cimitero di S.Maria, corre verso Casa-
letto, attraversa S.Giovanni al ponte delle Briciole e va
a gettarsi nella Fiuma. L’acqua delle piene stagnava qui
dall’autunno alla primavera e spesso non si prosciuga-
va completamente neppure durante l’estate. Le colma-
te naturali, l’opera dei benedettini e l’inalveamento de-
finitivo del Crostolo hanno contribuito al prosciuga-
mento dell’invaso; l’ultima bonifica è del 1927.
Le località “de gurgo”, sulla fossa, vengono nominate
per la prima volta in una pergamena dell’ 881. Le chie-
L'abside duecentesca della chiesa di San Giovanni della Fossa,
28 conteneva affreschi del 1280, ora nel Museo Gonzaga.
30. se di qui dipendevano dai grandi monasteri, così quel-
la di S.Giovanni era soggetta a Canossa, S.Maria a Bre-
scello (e per completezza, S.Tomaso a San Prospero di
Reggio e San Michele a S.Giovanni di Parma). Le Vil-
le pagavano un tributo alla città di Reggio. Dopo l’av-
vento dei Gonzaga, dal 1449, le parrocchie passarono
sotto la loro giurisdizione, mentre nel 1471 Francesco
I ne ottenne l’investitura in perpetuo da Borso d’Este.
Da allora le vicende di queste piccole comunità sono
strettamenete legate alla storia della contea di Novella-
ra e Bagnolo con la differenza che tutti i fatti negativi
hanno avuto conseguenze assai più gravi. Bastino come
esempio le alluvioni dei campi per le rotte del Rodano
a Bagnolo che riprendeva periodicamente possesso della
“fossa” o del Canalazzo e del Crostolo che invadeva-
no, sommergendole, le terre a ponente.
A San Giovanni esisteva un’antica pieve dedicata al
Battista che nell’ 881 era retta dai monaci di Canossa;
dopo l’apertura della nuova strada per Reggiolo da parte
del Comune di Reggio nel 1224 questa primitiva co-
struzione fu demolita per erigerne una nuova in stile
romanico, presumibilmente attorno al 1270. Rimango-
no oggi l’abside e i frammenti di affresco datati 1280.
Nel 1703 la chiesa di S.Giovanni fu eretta a vicariato;
Antico portale delle chiesa di San Giovanni della Fossa.
sotto la sua giurisdizione vennero poste le parrocchie
di S.Maria, S.Michele, Canolo e Cognento. Conservò
tale privilegio fino al 1866 anno in cui passò sotto la diocesi di Guastalla e alle dipendenze di Novellara per
l’amministrazione religiosa. La nuova chiesa, nell'architettura attuale, fu iniziata nell’anno 1900; nel 1945 subì
gravi danni per un bombardamento e venne ricostruita.
Santa Maria si trovava all’intersezione di strade di notevole traffico: prima la Strada vecchia, poi la Strada Nova
da Reggio per Reggiolo in direzione sud-nord, e l’asse Ponte Forca-strada S.Maria, in direzione est-ovest. Que-
st’ultimo raggiungendo da una parte
Villa Seta, Cadelbosco e Villa Argine,
e dall’altra Correggio, collegava le ter-
re che appunto i signori da Correggio
possedvano nel reggiano e nel parmi-
giano. Si aggiunga che anche i Gonza-
ga avevano possedimenti all’Argine e
alla Seta. A confermare l’ampia fre-
quentazione di queste vie sta anche
l’osteria le cui origini si perdono nel
tempo, posta strategicamente nel cro-
cicchio. Una delle più antiche denomi-
nazioni di S.Maria è “de Gurgenzati-
co”, cioè sul Gorgo, ma nella quasi to-
talità dei documenti si trova “de Vezo-
la”. L’attributo deriva da “veza”, corso
Panoramica di S.Maria della Fossa. d’acqua soggetto a manutenzione da
perte dell’uomo e sulla sua riva era sorta
la chiesa dedicata a Maria. E’ nota anche
una “veza de Curtenova” e a Reggio esiste
ancora una via della Veza, presso il parcheg-
gio in zona Cappuccini, e dietro le antiche
case c’è ancora l’alveo del canale.
Altra veduta di S.Maria: il viale della stazione 29
31. Le vie d’acqua
Le vie di terra sono quelle cui siamo abituati e quasi le uniche che oggi percorriamo; nel passato erano invece le
vie d’acqua le più sfruttate sia perchè sempre utilizzabili, sia perchè permettevano di trasportare uguali quantità di
materiali con minor dispendio di energie.
La navigazione sulle acque interne non si praticava soltanto sui grandi fiumi, ma si estendeva anche sui fiumi
minori e sui torrenti. Le paludi, i canali, i torrenti, le anse e gli antichi letti di Po, il Grande fiume e i suoi affluenti
hanno poi insegnato ai “villici palustri”, nostri antenati, a sfruttare le vie d’acqua come vie di comunicazione
comode, rapide e percorribili in ogni stagione e con ogni tempo anche quando i percorsi di terra erano imprati-
cabili per il fango, il che avveniva per almeno sei mesi all’anno, da ottobre ad aprile. La navigazione interna era
capillarmente diffusa, fatta con burchielli, sandali, battelli e zattere. Qualunque canale era nell’uso quotidiano una
idrovia utilizzata per brevi spostamenti di persone e merci. Nel Medioevo le vie d’acqua erano l’unico mezzo per
introdursi nel cuore di ampi spazi incolti, difficilmente raggiungibili per via terra, e sfruttarne le risorse.
Fino al secolo XII la bassa pianura reggiana era percorsa da una sorta di fiumara composta da fiumi e torrenti
senza argini, da vaste paludi con intercalate fitte boscaglie: il cosiddetto fluvius Bondenus. Il corso d’acqua inizia-
va proprio sotto Reggio percorreva la Bassa quindi si dirigeva verso Poggio Rusco, Quarantoli per congiungersi
con la Burana.
Mediante una o più diramazioni il fiume era collegato col Po verso Gonzaga. Fin dal tempo di Berengario, cioè
dal sec. X, questa strata Bondeni, via del Bondeno, era frequentata da numerose imbarcazioni. Da documenti del
periodo 902-913 si desume l’esistenza di un porto fluviale “in villa Gurgo super fluvio Bondeno comitatu regen-
se”, verosimilmente il Gorgo presso Novellara, che il “fidelis” Lupo aveva l’incarico sorvegliare. E nei dintorni di
Novellara era con tutta probabilità il “portum...qui dicitur Fossato cum theloneo et piscacionibus”, il porto fluvia-
le, detto Fossato, con gabella e aree riservate di pesca, che la Chiesa di Reggio otteneva come concessione sovra-
na nel 963. Credo che possa essere identificato con l’attuale località Porto ai margini della Valle. Si è già visto che
in latino portus significa traghetto e ostium porto vero e proprio, attrezzato per il carico e lo scarico delle merci e
quindi collegato a un mercato. L’associazione porto fluviale-mercato è attestata per varie località della pianura
padana ed è anche espressa chiaramente nella concessione a Lupo vista più sopra, che aveva da gestire un mercato
annuale che si appoggiava al suo castrum nei pressi di S.Maria della Fossa.
Dopo l’anno Mille cominciò a prendere forma nella stessa zona il Crustulus magnus che soppiantava il Bondenus
ma continuava a passare per il Gurgum. Dal XII secolo invece passava da Cadelbosco e spagliava nelle valli di
Novellara e in quelle limitrofe o confluiva nel Bondeno presso Reggiolo; questo fino al 1463 quando iniziarono
i lavori di inalveamento.
Dal XII sec. i Comuni cominciarono ad aprire una fitta rete di corsi d’acqua artificiali, i navigli, per collegare le
città della pianura direttamente al Po. Nella Bassa si utilizzarono alvei abbandonati del Crostolo e verso Novellara
quello che sarebbe diventato il Canale dei molini che arrivava al Porto a nord del paese. Nella stessa ottica va visto
il canale concordato con Cremona, nel 1203, dalla chiesa di S. Michele al naviglio di Guastalla “ad eundum et
redeundun cum navibus, et avere et personis”, per andare e tornare con navi mercanzie e persone. Nello stesso
accordo si precisava che le comunicazioni tra Novellara e Reggio dovessero effettuarsi “cum caris” su una
strada, da costruirsi su un idoneo tracciato, che sarebbe poi stata realizzzata nel 1224. Il contrarsi del fluvius
Bondenus e le divagazioni del Crostolo da est a ovest hanno lasciato numerosi scolatori: a mattina la Fossamana
e la Linarola, che drenavano il Gurgum, a sera la Baciocca e il Bondeno vecchio che a sua volta riceve il Fosso
nuovo (di S.Maria), il Sissa, il Bagnolo e vari altri fossi e dugali, che drenavano i Terreni Novi e la Valle. A nord
la Parmigiana, o Fiuma, un ramo di Po abbandonato dal corso principale del fiume, riceve tutti questi canali. Tale
grande invaso venne completamente ristrutturato nella seconda metà del Cinquecento allorchè fu eseguita la
bonifica Bentivoglio. C’è poi il Canale di Novellara che viene da Reggio, passa per Bagnolo, S.Tommaso, S.Maria,
30 S.Giovanni, Novellara.
32. Le grandi valli di Novellara, Reggiolo e Guastalla in una mappa idraulica del XVI sec.; a sinistra dell’abitato di Novellara si vede un
triangolo di terra indicato come Villa di Corte Nuova; a nord di questa saranno ricavati, mediante bonifica i primi Terreni novi.
Tutti questi corsi d’acqua venivano percorsi dalle imbarcazioni da autunno a primavera e in particolare si utilizza-
vano il Canale dei mulini per il collegamento con Bagnolo e le Ville e la Linarola per raggiungere la Fiuma e di
qui il Po per tutte le direzioni.
Ancora all’inizio di questo secolo don Clinio Ferretti, parroco di S.Bernardino, per andare a celebrare la messa
alla chiesetta di S. Luigi alla Riviera quando le strade erano impraticabili per il fango, utilizzava un barchino e vi
arrivava via acqua.
Gli Estensi ebbero cura delle comunicazioni per acqua, sistemarono i canali esistenti e i manufatti, ma non co-
struirono nuovi cavi sul Novellarese.
Bondeno è forse il più antico tra gli idronimi locali, ma lo incontriamo spesso tra qui e il ferrarese; significa
profondo nella lingua prelatina padana, come attesta lo stesso Plinio quando parlando del Po afferma che gli
Corsi d’acqua nel Novellarese da Italia delineata del Magini del 1620. 31
33. indigeni lo chiamavano Bòdincus, cioè il profondo.
La Fossa Linarola, più nota come Fossetta deve il suo nome al fatto che porta-
va l’acqua alle case dove si effettuava la lavorazione del lino.
Fossamana è il canale sul confine con Campagnola; il suo nome deriva dalla
famiglia Mani o Manni di origine correggese menzionata in un documento
del XII sec., o dal fatto di trovarsi a “mane”, cioè a mattina; esiste anche su
alcune carte la denominazione di Fossa Madama.
Il Canale dei Molini partendo da porta S.Croce a Reggio forniva la forza
motrice alle macine di Bagnolo, di S.Giovanni, ai molini di sopra e di sotto di
Novellara e, prima di gettarsi nella Fiuma, a quello di Cataneo o Catanìa.
Sicuramente dal 1421 porta questo nome ma dal XVIII secolo anche quello
ufficiale di Canale di Novellara.
L’acqua del canale fu frequentemente oggetto di lite coi reggiani che, per
ritorsione, la trattenevano impedendo la macinatura.
Il Canalazzo, a ponente, in confine col guastallese era uno dei tanti letti di
Crostolo, scaricava le sue acque nelle valli; in onore del governatore di Reg-
gio che ne volle la sistemazione, dal 1565, prese il nome di Canalazzo Tasso-
ni. Era una importante via d’acqua navigabile anche se un po’ fuori mano per
Novellara. In epoca medievale un Navigium novum, nominato nel 1221 assi-
curava le comunicazioni tra la città, il Novellarese, il Guastallese ed il Reg-
giolese, ma non è stato esattamente individuato.
La Baciocca scavata tra 1531 e 1535 su un alveo più antico, per derivare
l’acqua da Villa Boschi, sembra trarre il suo nome dal latino medievale ba-
culum, bastone, qui però nel significato, altrove conosciuto, di lavoro mal
fatto. Nel 1568 risiedeva a Novellara un Pellegrino Bacchiochi.
Il cavo Sissa originariamente era Dugale Scissa cioè suddiviso in più rami
minori confluenti.
Sebbene in varie epoche i reggiani tentassero di costuire un grande naviglio
attraverso la contea di Novellara e Bagnolo, non riuscirono mai nell’intento
perché i Gonzaga si opposero tenacemente. Temendo forse una pericolosa
penetrazione nel loro territorio ed avendo sufficienti collegamenti col Po e
con gli stati Gonzagheschi ed Estensi, non sentivano minimamente la neces-
sità di un grande cavo sempre navigabile.
Il Canale dei Molini tra Reggio e
Novellara. 1) Mulino di Bagnolo, 2)
Mulino di sopra, 3) Mulino di sotto
Imbarcazione da acqua dolce sulla riva del Po.
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39. Via strada piazza
Via deriva dall’omonimo latino che a sua volta discende dall’antico veha (da cui vehere, trasportare) e dall’origi-
nale weghya, strada per carri.
Strada, dal latino strata, per l’esattezza via strata, indicava una via costruita con caratteristiche ben precise; nella
forma più semplice: un sottofondo di ghiaia e un manto di ciotoli o grosse pietre spianati, detto basolato. Avendo
una funzione essenzialmente militare le strade dovevano essere percorribili in qualunque momento e con qualsi-
asi tempo per permettere ai soldati di raggiungere rapidamente i luoghi di operazioni.
Oggi si tende a dare l’attributo di via ai percorsi all’interno degli abitati e di strada a quelli di collegamento tra i
paesi o che si sviluppano attraverso la campagna.
Piazza deriva dal latino volgare platja, dal classico platea, che a sua volta prende dal greco plateia, forma femmi-
nile del sostantivo platys, largo. Stava ad indicare sia il largo spazio del forum dove si tenevano le riunioni, il
mercato, gli affari pubblici e privati, sia l’area libera nel castrum, l’accampamento militare, all’incrocio del cardo
con il decumanus, dove si schieravano e si esercitavano i soldati .
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40. Alcune doverose ma interessanti note di toponomastica
Scrive Olvieri nel suo Dizionario di toponomastica lombarda: “Da qualche tempo nelle esplorazioni dei nomi
geografici più antichi si ha particolarmente di mira la determinazione delle aree di diffusione dei linguaggi, ad
esempio l’iberico, il ligure, il retico, l’etrusco ecc.”, il che permette spesso di individuare la successione cronolo-
gica dei toponimi.
Per il Reggiano, la maggior parte dei nomi delle emergenze è di origine medievale, sia che si tratti di corsi
d’acqua, strade, costruzioni o agglomerati abitativi. Risalgono a quest’epoca i nomi che ricordano rapporti giuri-
dici con istituti o magistrature, o vengono dal nome latino: vicinia, concilium, consortes, corte, communis, villa,
herbaticum, sorte, braida, fara, marca, o alludono a costruzioni diverse: bastia, camatta, casone, castellaro,
molino, turris, o ad appezzamenti di terreno o condizioni di coltura: circa (confine), novum, novetum, novulatum,
La Gatta
piscale, piscaria, ronco, saltus, tesa, o a condutture, corsi d’acqua, opere idrauliche: conca, dugale, gurgula,
redefosso, tomba, vasum. Abbondano poi i nomi relativi ad edifici sacri o istituti religiosi: abbadia, basilica,
cappella, cella, certosa, collegiata, convento, cura, domus Dei, ecclesia, plebs, titulus. Infine a varie specie di
coltura: canaverra (canepaio), cerchiera (querceto), lovere (roveri), regoleto (roveri), a frequenza di specie ani-
mali averara (cinghiali), luè (lupi), o ad altre caratteristiche espresse da aggettivi: alto, basso, aperto, brus, o da
nomi: isola, regona, vanzo, corrigium, lama, palude, motta, pala, porto, rupta, silice, trezenda, vadum. Non cessa
l’uso della denominazione dei luoghi per mezzo del nome personale del proprietario, pratica di derivazione romana.
Si rintracciano ancora toponimi di chiara origine latina, in particolare quelli provenienti da nomi di persone, di
divinità, di distanze miliari dalle città, di numero di iugeri di una proprietà, di ediifici e attività e numerosi altri:
Scandiano, Quingentole, Cognento, area, castrum, fabrica, forum, fullonica, vicus, mercatus, quadra, quadrata
(centuria), quadrivium, lucus, strata.
Più indietro si va nel tempo meno comprensibili diventano i termini, anche perchè non se ne conosce il significato
originario, tuttavia alcuni sono chiari anche fuori dall’ambiente specializzato: gava (torrente), rodano (torrente),
ganda (pietrame), nava (conca), briva (ponte), brogilo (brolo, frutteto), bunda (fondo, profondo), tegia o attegia
(capanna), wald (foresta), gahagium (bosco).
Mi sembra necessario e utile premettere, a grandi linee, qualche spiegazione sulla derivazione dei nomi dei luoghi
del novellarese, in questo seguen-
do le indicazioni date da Gabriele
Fabbrici nel suo prezioso lavoro
“Storia del popolamento del novel-
larese attraverso i nomi locali”.
a) Toponimi romani, longobardi e
agionimia
I primi, originatisi da presenze di
epoca romana, non hanno lasciato
tracce che siano arrivate fino ad
oggi. Tra ‘400 e ‘500 si avevano
ancora un Gazano e un Pinzano,
forse provenienti da un Gaianus
fundus e Pincianus fundus.
Non necessitano di grandi spiega-
zioni i nomi di derivazione religio-
La Farnetta
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