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Gian Paolo Barilli




Vie Strade Piazze
    di Novellara




     RP
    GPB
    1999




                 1999
Introduzione

Le strade e le piazze hanno sempre avuto una denominazione derivata da una carat-
teristica propria o da un edificio, per lo più religioso, o da una situazione particola-
re. Così a Novellara c’erano la Contrada della torre, la contrada del gioco del pallo-
ne, quelle della zecca, dei birri e delle beccherie, lo stradone dei Gesuiti, la piazzetta
e così via, ma non c’era bisogno di indicazioni o targhe; lo si sapeva e basta. E’ stato
nell’Ottocento, con maggiore frequenza dopo l’Unità d’Italia, che si è iniziato ad
intitolare le vie agli eroi nazionali e ai personaggi del
Risorgimento, poi agli artisti, agli scienziati, ai lettera-
ti, ai musicisti che avevano dato “lustro alla Patria”.
La prassi era anche legata alla necessità di identificare
le strade aperte nei nuovi quartieri sempre più numero-
si. Se però alcuni personaggi sono universalmente noti
perchè, prima o poi, se ne sente parlare a scuola, molti
altri sono conosciuti solo dagli addetti ai lavori, in nu-
mero ancora maggiore sono “illustri sconosciuti”, altri
ancora infine sono solo “politicamente corretti”, senza
altro merito.
Inevitabilmente le vicende storiche portano cambiamenti
nelle cose; le strade e le piazze sono fra le prime a ri-
sentirne; per cui di volta in volta vengono mutati. E’ il
caso di Piazza Vittorio Emanuele divenuta piazza Unità
d’Italia dopo il raggiungimento dell’unità nazionale, di
via Andrea Costa cambiata in Italo Balbo per riprende-
re il primitivo nome nel 1946, o di strada della Vittoria
divenuta strada Mussolini, e ritornata alla denomina-
zione originale, dopo la fine della guerra. Ci sono an-
che frequenti errori nelle mappe e nelle cartine topo-
grafiche pubblicate a vario titolo e nelle targhe strada-
li; viene portata ad esempio tra i cultori di toponoma-
stica una strada del guastallese detta Viazza spino, per
una siepe di “marugon”, trasformata in via dedicata al
signor Spino Viazza. Ma anche noi non siamo da meno:
via Felice Cavallotti è diventata fratelli Cavallotti, al
ponte sulla Fiuma fino a poco tempo fa un cartello di- Antichi numeri civici
ceva “cavo Fiuna” con la n, via Giulio Natta, chimico,
è stata trasformata in Alessandro Natta, politico, ( per di più, essendo vivente, non gli
si può intitolare una strada); via Marchi, alla sua estremità nord, fino a poco tempo
fa era intitolata anche a G. Matteotti e, dulcis in fundo, con un salto di più di 1500
km., San Giovanni della Fossa è Villa San Giovanni sempre in provincia di Reggio,
ma di Calabria. Tutte ragioni in più per conoscere meglio la toponomastica e i suoi
cambiamenti.
 L’interesse per il significato o l’origine del nome di un luogo è sempre forte nella
gente, in particolare quando non è di comprensione immediata. Spesso esistono spie-
gazioni tradizionali, in vari casi è di aiuto la storia locale, ancor più sovente bisogna
                                                                                             1
ricorrere agli studi specialistici di una scienza che si chiama Toponomastica. Scrive
    G.B.Pellegrini che le osservazioni toponomastiche costituiscono un ampio filone di
    ricerca “di norma assi fruttuoso, ricco di suggestione e di fascino che nei suoi risul-
    tati può illuminare non soltanto molti aspetti delle scienze umane ma anche vari
    risvolti nel campo della storia naturale, della geografia antropica e di quella fisica”.
     La prima numerazione delle case del paese e delle ville di cui si ha notizia è di epoca
    napoleonica, esattamente del 1809, costituita da targhette di terracotta recanti una
    lettera e un numero ( ce n’è qualcuna superstite, sulla casa Sessi in via della Libertà,
    sulla casa che fu del canonico Battistoni in via Carlo Cantoni, alla Rossetta in via
    Casino di sopra ), la succesiva è del 1901, sostituita negli anni Cinquanta e di nuovo
    negli anni 1979-80.
    Nel 1868 Novellara contava 6631 abitanti (3396 maschi e 3235 femmine), un numero
    praticamente immutato dal 1600 ( salvo ovviamente gli anni immediatamente se-
    guenti la peste del 1630 quando morirono due terzi della popolazione); il terreno
    fertile e la disponibilità di acqua hanno sempre favorito la coltura di granaglie, viti,
    alberi da frutta, gelsi, prati e l’allevamento di bovini e suini. Al tempo vi si tenevano
    quattro fiere annuali S.Cassiano, S.Anna, S.Matteo e Pentecoste ed un mercato setti-
    manale molto frequentati. Nel 1901 i novellaresi erano diventati 7788. In poco meno
    di cento anni la popolazione è raddoppiata e il numero delle abitazioni decuplicato;
    si è passati da una società prettamente agricola ad una più artigianale e di piccola
    industria.
    Tra le immagini di questo libro non si troveranno né Cavour, né Segni, né Mascagni,
    né Volta; ho volutamente, salvo rarissime eccezioni, dato lo spazio a luoghi e perso-
    naggi connessi con Novellara e il suo territorio perché se ne abbia una maggiore
    conoscenza.
    Non ho resistito alla tentazione, ma non ho neppure voluto perdere l’occasione, di
    mostrare i vecchi scorci del paese anziché quelli attuali, pensando che possa essere
    un piacere confrontarli con quelli che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni e dare la
    possibilità a molti, non più giovani, di ricordare.




2
3
Ringraziamenti




    Graziano Andreani, Giorgio Barilli, Franco Becchi, don Quinzio Bonezzi, don Luigi Brioni, Gabriele Fabbrici,
    Maurizio Festanti, Giandomenico Ghizzoni, Elena Ghidini, Antea Lombardini, Gino Mariani Cerati, Anna Pelli,
    Susetta Riccò, Patrizia, Paolo e Firmino Ricci, Corrado Reggiani, Gerolamo Siligardi, Franco Storchi, Norberto
    Nasi, e tanti altri mi hanno dato una preziosissima collaborazione.
    Quando non ho trovato materiale illustrativo nelle mie raccolte ho potuto attingere senza limite dalle collezioni
    di Antonella Rapacchi, Duilio Bartoli, Gaetano Gaddi e Franco Lombardini.
    Quest’ultimo si è anche prestato con entusiasmo e solerzia ad eseguire stampe, ingrandimenti e riproduzioni
    fotografiche.
    Sergio Ciroldi mi ha consigliato, sostenuto e spronato in ogni momento mentre Ettore Pedrazzoli non ha mancato
    di segnalarmi documenti e materiale d’archivio e indicarmi luoghi, strade e corsi d’acqua.
    Rinaldo Pace, in arte Ci&Wi, per la sua perizia e passione è stato preziosissimo nelle impaginazione dello scritto
    e nelle elaborazioni di tutte le immagini operando non di rado vero miracoli su foto d’epoca che mostravano tutti
    i segni del tempo.
    Con diversi anziani ho cercato di ricostruire la vecchia situazione di strade, luoghi ed edifici e di scoprire attra-
    verso il dialetto il significato di alcune denominazioni.
    Mia moglie Franca ha riletto più volte le bozze rintracciando non pochi degli infiniti refusi che le costellavano.
    Così per merito loro questo libro è riuscito assai più ricco e completo.




                              Disegno prospettico di palazzo Bonaretti a sud della piazza.




4
Natio paese, che le diritte vie
e le quadrate piazze apri accogliente,
fra un mar di verde, nella pingue e mite
pianura emiliana, a te ritorno,
carico d’anni e di vicende. Oh come
il core, nella lunga assenza, questo
momento sospirava. Estasiato
miro i fertili campi alla sementa
nova dal ferro aperti, le stradette
note fra vive siepi e i bei filari
degli olmi coi festoni delle viti
gravi di nereggianti opimi grappoli.
Dell’alta Chiesa, a cui nel secol d’oro
Lelio, nobil tuo figlio, ornava il fronte,
e della Rocca dei Gonzaga antica,
le due torri saluto, che da lunge
t’annunziano allo sguardo e ai lati estremi
veglian, giganti scolte, il gregge uguale
delle case.
 L’infanzia qui m’arrise,
qui le cure e l’affetto de’ miei cari
che sotto gli archi del tuo camposanto
ora àn pace, godetti qui d’amore
prima sognai e qui, ne’ giovani anni,
della mia vita la compagna elessi.
In seno a te, dove ogni sasso ed ogni
sterpo al core mi parla, io pensavo
di vivere i miei giorni, all’onor tuo
e al tuo vantaggio intesi. Altro la sorte
volle: sott’altro cielo e in altri lidi
della gran madre Italia son vissuto,
a lontani fratelli ò dato e chiesto
aiuto; in altri luoghi ò pur lasciato
brani del cor, non mai di te dimentico.
Or vecchio torno a te, dolce paese
delle memorie. O questo scorcio almeno
passar qui, tra il sorriso de’ tuoi orti
e sotto la corona de’ tuoi portici
coi superstiti amici ricordando
l’età passata, e accanto ai padri un giorno
posare!... Vano sogno ormai!...Altrove
nòvo dover mi vuole, altrove i figli
vivono, altrove una diletta tomba,
ahi ! troppo presto aperta, a sè mi chiama.

                                      Giuseppe Malagoli


                                                          5
Uno sguardo alla cartografia di Novellara

    Per studiare i percorsi, le vie di comunicazione e i loro cambiamenti sono ovviamente di grande utilità le carte, le
    mappe, i disegni, gli schizzi anche grossolani e sproporzionati, le descrizioni su lettere e documenti. La cartogra-
    fia di Novellara e del suo territorio è fortunatamente ricca e varia, il che è stato di grandissimo aiuto per le ricerche
                                                                                         di toponomastica e lo studio dello
                                                                                         sviluppo dell’abitato.
                                                                                         La più antica rappresentazione del-
                                                                                         la zona è stata eseguita sulla scorta
                                                                                         del Lodo del 1449, un patto con cui
                                                                                         i Gonzaga, i da Correggio e la città
                                                                                         di Reggio si accordavano sui con-
                                                                                         fini e sul libero scorrimento delle
                                                                                         acque. Vi sono raffigurate le strade
                                                                                         essenziali mentre il centro è rappre-
                                                                                         sentato schematicamente come un
                                                                                         gruppo di edifici circondato da una
                                                                                         palizzata.
                                                                                         Databile attorno alla metà del ‘ 500
                                                                                         è una piccola mappa del centro sto-
                                                                                         rico, il progetto per l’ampliamento
                                                                                         del castello verso ponente, in cui
                                                                                         sono disegnati mura e torrioni che
                                                                                         però non vennero mai realizzati. E’
                                                                                         probabilmente ridisegnata da un
                                                                                         progetto originale voluto da Ales-
                                                                                         sandro I Gonzaga prima del 1530.
                                                                                         Ancora della metà del ‘500 sono al-
                                                                                         cune mappe idrauliche che spazia-
                                                                                         no da Reggio al Po che mostrano i
                                                                                         corsi d’acqua, le valli, le strade con
                                                                                         le rispettive denominazioni. Di no-
                                                                                         tevole rilevanza son due tavole che
                                                                                         raffigurano la Bassa prima e dopo
                                                                                         le bonificazioni Bentivoglio e alcu-
                                                                                         ne mappe rurali del novellarese dai
                                                                                         Boschi ai Terreni Novi alla Valle.
                                                                                         Un rilievo particolareggiato del-
                                                                                         l’abitato e della campagna circo-
                                                                                         stante è stato eseguito da Nicolò Se-
    Mappa disegnata in relazione al Lodo del 1 ottobre 1449 dei vescovi di Mantova e     bregondi nel 1626. Fra l’altro vi
    Modena per il libero scorrimento delle acque del canale di Novellara.                sono raffigurati i “giardini all’ita-
                                                                                         liana” del Casino di sopra.
    Del pieno Seicento è un rozzo schizzo delle case del centro, utilizzato all’epoca per definire le pertinenze del
    convento dei Gesuiti.
    Ai primi anni del ‘700 risale una raffigurazione semplice delle terre di Cortenova, con indicate strade e corsi
    d’acqua.
    Prospero Siliprandi nel 1774 redasse le mappe particolareggiate dei centri storici di Bagnolo e Novellara e di tutte
    le pertinenze della duchessa M.Teresa Cybo d’Este nella campagna, lasciandoci così una splendida veduta d’in-
    sieme del feudo gonzaghesco. Dello stesso anno è una grande mappa idraulica da Bagnolo alla Fiuma disegnata
    da Ludovico Bolognini.
    Un rilievo molto preciso eseguito con criteri moderni venne operato, nel 1793, da B.Villa per i territori estensi a
    somiglianza del Catasto Teresiano austriaco. Contiene organiche e complesse operazioni estimative dei terreni e
    dei fabbricati.
    In epoca napoleonica, attorno al 1810, Novellara fu uno dei rarissimi paesi che fece un rilievo planimetrico
    dell’abitato; ne risultò una carta di grandissime dimensioni ( 3,6 x 4 m.) rimasta per oltre 150 anni nei ripostigli
    della rocca e riscoperta negli anni Settanta.
    Nell’unica edizione a stampa ottocentesca delle Memorie del Davoli si trova una mappa del feudo gonzaghesco.
    Degli anni Ottanta del secolo scorso sono le tavolette al 25.000 dell’ Istituto Geografico Militare di Firenze,
    aggiornate tra 1956 e 1961, insostituibili per le denominazioni delle località e delle case. Ancora della fine del-
    l’Ottocento è la Mappa catastale del Regno cui è seguita quella del Catasto Italiano degli anni Cinquanta.
6
Mappa del Novellarese da un manoscritto del can. V. Davoli.




Novellara e dintorni dalla tavoletta al 25.000 dell’Istituto Geografico Militare di Firenze del 1881.

                                                                                                        7
Mappa della contea di Novellara e Bagnolo pubblicata a corredo dell’edizione a stampa dell’ Istoria di Novellara e dei suoi principi del 1835




8
Una porzione del centro di Novellara dal Regio Catasto del 1890.




                                                                   9
A proposito del nome e dell’origine di Novellara


                                                 Di Novellara dico voi bramate
                                                 Sapere il certo Fondator primiero,
                                                 E chi le diede il nome di cittate.
                                                 Se però devo confessarvi il vero,
                                                 Quella invano finora io ricercai,
                                                 Un dettaglio per farne a voi sincero.
                                                 Invan gli annali suoi io ripescai
                                                 Dentro di questa spaziosa valle;
                                                 Ma ritrovarli non potei giammai.

                                                                  “Ritratto poetico di Novellara” 1752

     Si continua purtroppo a far derivare il nome del nostro paese da fenomeni atmosferici come nubila, nube e
     nebula, nebbia, anche se quest’ultima è una presenza costante della zona, è da tempo accertato che non è così. I
     toponimi del tipo Nuvolato, Nuvolenta, Nuvolera, Nuvole, Noventa, Novilara e, naturalmente, Novellara, anzi
     N’valera, derivano dal tardo latino “ager novalis”, nuovo campo in quanto riscattato dalla millenaria palude, o da
     novulus, che si collega all'aggettivo novus, con significato, nei secoli dal V alla XI, di terreno bonificato ad opera
     dei monaci, come è stato dimostrato per Nuvolera e Nuvolento nel Bresciano. Pure partendo dalla definizione
     latina di aia si arriva alla stessa conclusione. Aia, in dialetto éra (ara in quello matovano), deriva dal latino area
     che definisce lo spazio spianato e sgombro a fianco delle case coloniche, quindi Nova éra, N’valera, indicava uno
     spazio “roncato”, liberato da alberi, arbusti, cespugli da utilizzare per le colture. Di toponimi Nuvolara ne esisto-
                                                                   no altri in Emilia e in Lombardia, anche in posti di col-
                                                                   lina dove la nebbia non si vede proprio, per i quali è
                                                                   provata la provenienza da “spazio liberato per destinar-
                                                                   lo alla coltura”. Comunque nei documenti più antichi si
                                                                   trova scritto Nuvelare.

                                                                      Novellara ha avuto origine da tre centri di aggregazione
                                                                      umana, tre villaggi preistorici: Cortenova, Castellonco-
                                                                      lo e S.Antonio.
                                                                      La località di cui si ha la più antica attestazione docu-
                                                                      mentaria è Cortenova e risale all’anno 850. La “curtis”
                                                                      si trovava nella attuale zona artigianale a sud, in località
                                                                      “Motta”. Il toponimo “motta”, assai diffuso in Italia, sta
                                                                      a indicare un rilievo del terreno, abitato da epoca imme-
                                                                      morabile. Era un centro agricolo con difese e fortifica-
                                                                      zioni a quadrilatero con chiesa dedicata a S.Lorenzo.
                                                                      L’intitolazione a questo santo fa propendere per una ori-
                                                                      gine anteriore al 568, data convenzionale dell’arrivo dei
                                                                      Longobardi in Italia, quindi attribuibile ai primi cristia-
                                                                      ni del periodo tardo romano. Una conferma materiale di
                                                                      ciò viene dal ritrovamento in loco di mattoni manubria-
                                                                      ti, embrici, frammenti di ceramica e metalli di tipologia
     Ricostruzione del castrum di Novellara nel XIII sec. secondo
                                                                      romana.
     S. Ciroldi.                                                      Il “Castellunculum”, il primitivo “fortilizio” di Novel-
     1) Chiesa di S.Stefano in Valle, 2) Abitazione del signore, 3)   lara, si trovava nell’area delimitata da via De Amicis,
     Abitazione dei monaci, 4) Torre di guardia, 5) Alloggi di servi
                                                                      via della Libertà, via Vittoria di Capua e via Costituzio-
     e contadini, 6) Scuderie con granaio soprastante,7) Muro
     perimetrale, 8) Ingresso, 9) Fossato. Nota: la torre e la chiesa ne con chiesa dedicata a S.Stefano; i documenti men-
     sono collocate ad arbitrio.                                      zionano infatti dal 1106 un S.Stefano in Castelloncolo;
                                                                      e poichè anche questo era un santo pre-longobardo, è da
     credere che l’insediamento sia esistito almeno dalla stessa epoca di Cortenova.
     Il terzo centro era alla Motta di S.Antonio presso il Molino di sotto, al limitare delle valli. Il culto del santo è molto
     antico essendo vissuto nel III sec. d.C. E’ interessante notare che la scomparsa chiesa di S. Michele, relativamente
     poco distante, e di chiara fondazione longobarda, era alle dipendenze di S.Antonio Abate e si trovava sempre ai
     bordi delle valli ma più vicina all’antico Bondeno.
     Dopo l’anno Mille la popolazione era distribuita sulla lingua di terra lasciata nei secoli precedenti dalle piene del
     Crostolo, circondata dal Gurgum e dalle paludi su tre lati. La zona più densamente popolata era tra Cortenova, San
     Giovanni e Santa Maria perchè le terre più fertili e coltivabili erano quasi tutte qui. Un censimento del 1315, il
10
Liber focorum, ci fornisce la prova di questa distribuzione della gente: 25 nuclei familiari a Cortenova, 15 a
S.Giovanni, 20 a S. Maria, 25 a Fossa e solo 3 a Novellara. Al di là dei numeri assoluti è importante sapere che le
famiglie erano particolarmente scarse perchè negli anni precedenti c’erano stati guerre, saccheggi, carestie e
pestilenze; poi nel censimento probabilmente non si è tenuto conto dei servi e dei villani, dei braccianti e dei
tezarini. Quasi tutti abitavano in case, raramente in muratura, sparse per la campagna in mezzo ai poderi.
 Nessun dato certo ci aiuta a capire perchè Novellara sia prevalsa sugli altri centri; possiamo solo ipotizzare che a
seguito della invasione degli Ungari del X sec. per il fenomeno dell’incastellamento le nostre piccole comunità
abbiano costruito il Castelloncolo di Novellara equidistante dagli altri nuclei abitati, oppure che Adalberto Atto di
Toscana, avo di Matilde di Canossa, che qui aveva giurisdizione e beni, abbia privilegiato il paese, per motivi a
noi ignoti, erigendovi una fortificazione. Sicuramente i Malapresa, feudatari nella zona da una data imprecisabile
dell’ XI secolo, vi avevano un fortilizio che rendeva il luogo più sicuro e quindi polo d’attrazione per la gente del
posto.




                      Il centro storico e il suo sviluppo
                                         S’accrebbero le case, e il suo confine
                                         allargò Novellara, insieme a Dio
                                         Un tempio alzando, e altre magion divine.
                                         De’ padron per istinto eccelso e pio,
                                         Di torri s’adornò, di campanili,
                                         E forma di città prese, e vestio.
                                         Fabbricò monesteri ampj e civili;
                                         Si divise in contrade spaziose;
                                         E s’impinguò di stalle e di fenili.
                                         Ma tra le doti sue più speciose,
                                         Della piazza tacer non m’è permesso,
                                         Che da suoi con tant’arte si dispose.
                                         Ella è un quadro bislungo, che in se stesso
                                         Da trenta milla fanti chiuderia,
                                         Stando però l’uno dell’altro appresso.
                                         Insomma è tal che invidia non avria,
                                         Se in Roma fosse e avesse una fontana,
                                         A qualunque altra piazza in Roma sia.

                                                                 (da Ritratto poetico di Novellara, 1752)

Il nome Nuvolare compare per la prima volta nel 962 come fundus, mentre da un documento dell’anno seguente
si apprende che c’era una pieve alla quale erano sottoposte alcune cappelle (“plebem de Nuvolare cum suis
capellis”). Allora faceva parte dei vastissimi possedimenti di Adalberto Atto di Canossa. Da questi atti, pur
potendo effettuare una serie di importanti deduzioni e considerazioni, nulla si può ricavare sull’abitato. Di grande
interesse invece un atto di vendita del 1142, nel quale sono menzionate le fortificazioni erette a Novellara dai
Malapresa; questo dato sommato alla citazione di un Castellunculum nel 1106 e nel 1211 ci permette di stabilire
che c’era un gruppo di costruzioni disposto in modo da formare una solida difesa. Il luogo è facilmente identifica-
bile con le case comprese tra via della Libertà, via De Amicis, via del Popolo e via V.di Capua. Ad ulteriore
conferma si tenga conto del muro a scarpa delle costruzioni verso est e del fatto che per tradizione vengono
chiamate le case dei Sessi, la famiglia preminente in Novellara dal XIII secolo prima dell’avvento dei Gonzaga.
Nel corso dello stesso secolo Novellara passava dalla giurisdizione del vescovo a quella del Comune di Reggio.




                                                                                                                        11
La situazione primitiva e il XIV sec.

     L’abitato di Novellara, prima dell’avvento dei Gonzaga era costituito, come si è visto, da un gruppetto di case
     disposte probabilmente a quadrilatero, di cui oggi restano solo quelle dei lati nord e ovest, che costituivano il
     Castelloncolo; una di esse era l’abitazione dei Sessi, famiglia reggiana, filo imperiale, più volte esiliata dalla città,
     proprietaria di terre e beni a Rolo oltre che a Novellara. Attorno, casupole a un solo piano costruite con pali, canne
     e fango; poco lontano la pieve. Con tutta probabilità a cavallo tra XII e XIV sec. l’insediamento è stato ampliato,
     per comprendere anche la chiesa e le altre costruzioni e, circondato da una fossa, che correva circa lungo via della
     Libertà, via 4 novembre, via Ariosto, via Costituzione e via De Amicis, con terrapieni e probabilmente palizzate.
     La chiesa all’interno del castello era sicuramente dedicata a S.Antonio Abate (venne assegnata ai Carmelitani
     quando si stabilirono a Novellara alla fine del ‘400 e intitolata a S. Maria delle Grazie); il Davoli poi riferisce che
     esisteva una chiesa di S. Stefano “non lungi da Novellara presso un forte fabbricato nominato il Castelloncolo”.
     Infine c’era una chiesa dedicata a San Pietro probabilmente lungo la strada che proveniva dal Borgazzo appena
     fuori del fossato presso la porta del paese.

     Poco dopo l’inizio della dominazione dei Gonzaga su Reggio, Filippino Sessi, nel 1341, intenzionato a migliorare
     le fortificazioni di Novellara, prese accordi col vescovo di Reggio per demolire la chiesa di S.Stefano che si
     sarebbe venuta a trovare parte nella nuova fossa e parte nei terrapieni. Gli accordi prevedevano la ricostruzione
     della chiesa altrove, ma Filippino non tenne fede all’impegno, probabilmente perchè subentrò Feltrino Gonzaga.
     Il nuovo signore che già aveva impegnato uomini e mezzi per la costruzione della rocca di Bagnolo, iniziò la
     fortificazione di Novellara con lavori di ampliamento del paese verso sud-ovest, il che portò all’abbattimento
     della chiesa di San Pietro per lo scavo delle nuove fosse e l’innalzamento dell’argine, e la costruzione del granaio
     (case a ponente di piazzale Marconi); poi nel 1364, si offrì di costruire la nuova chiesa di S.Stefano che fu
     innalzata al Molino di sopra. L’anno seguente iniziò i lavori per un nuovo castrum “cum subterraliis et aliis
     aedificiis”; frase che deve essere interpretata nel senso di fortificazione di una parte del paese e non di erezione
     della rocca, anche perchè i primi materiali, ricavati dalla demolizione della torre delle case dei Sessi, non poteva-
     no essere una grande quantità. A proposito di torri non si è ancora potuto stabilire se la torre dei Malapresa fosse
     all’interno del Castelloncolo o nell’area dell’attuale cortile della rocca.
     La rocca, ambizioso progetto di Feltrino, iniziata forse da suo figlio Guido, venne realizzata in concreto dal nipote
     Giacomo. Era comunque terminata attorno al 1450.
     Il Malagoli ci ha lasciato la descrizione della casa detta “dei pescatori” proprietà dell’avvocato Borsari in villa
     Borgazzo, prossima al paese, costruita attorno alla metà del Trecento: “Tale antica capanna è larga metri quadrati
     34,8, le fondamenta sono di pietra ben cotta e calce che sormontano il suolo per un quarto di metro diventando
     muro, a cui trovansi appoggiate orizzontalmente per tutto l’intorno travi robusti che sostengono i cosidetti muri di
     cinta composti di piedritti, di alghe, di mezze pertiche di salice legate con lazzi di canapa intonacate di terriccio




               Sulle due pagine: gli edifici fra via De Amicis e via della Libertà che formavano due lati del "Castelloncolo". Sono
               storicamente noti come "Case dei Sessi" perché vi abitò questa famiglia fino alle soglie del Quattrocento . Di
               fianco in basso a sinistra l'interno.
12
detto malta o melma, intersecati da travetti formando così una palizzata sino al piano superiore; ai quattro lati del
quale e per tutta la loro estensione altri travi orizzontali sostengono il proseguimento del muro di terriccio eguale
al sottoposto, dello spessore, tutto compreso, di centimetri trenta. Il tetto ora è composto di tempie, travetti, legni
e tegole, ma all’epoca di prima costruzione della capanna ho tutta la ferma persuasione che fosse di alghe, di
pertiche di salice e di paglia sovrapostavi. La capanna è composta di una cucina e cantinetta disselciate; mediante
scala a piuoli si ascende al sovrastante piano fatto di assi. Il tutto è reso compatto ed unito da larghi e robusti
chiodi di ferro”.




                                                                                                                          13
Liber focorum, un censimento delle famiglie del 1315, nella edizione settecentesca del Tacoli. Si osservi come la popolazione
     gravitava in prevalenza a sud di Novellara,distribuita tra Cortenova e S.Maria della Fossa.(Fotocomposizione elettronica).




14
Espansione del XV sec.

Si deve a Francesco I Gonzaga il primo ingrandimento certo del paese; da diversi piccoli proprietari aveva acqui-
stato i terreni confinanti col “campo delle noci” che avrebbero dovuto costituire l’area della piazza e le contrade
del nuovo borgo. Nel 1478 permutava alcune sue possesioni con porzioni di terra, di pertinenza della chiesa di
S.Stefano, costituite dalla “Piazzetta”, dalla superficie che sarà occupata in seguito dai “portici del telonio” e da
quella del futuro “portico lungo” (via C.Cantoni). Le nuove case “...furono fabbricate-scrive il Davoli- del tutto,
o fino al primo piano a spese dei Gonzaga, i quali con una conveniente porzione di terreno nel cortile ed orto, o
canepaio, le cedettero poi in proprietà a chiunque volesse abitarle, sotto l’annuo canone però di uno o due capponi
alla dispensa Gonzaga”. L’anno prima Francesco aveva ottenuto dal vescovo di Reggio il consenso di fondare un
convento per i padri Carmelitani scalzi. In un primo tempo assegnò loro la chiesa che era stata la parrocchiale
all’interno del castello e successivamente ridotta ad oratorio col titolo di S.Alberto, e una casa nelle vicinanze, poi
a partire dal 1480 furono edificati il complesso claustrale e la nuova chiesa; questa occupava l’area dell’attuale via
Lelio Orsi tra ciò che resta del convento, più noto come “casino Chiavelli”, e casa Zanetti. Questa fase durò anche
negli anni di governo di Gian Pietro, cioè fino al 1515. In capo alla Piazza Maggiore si iniziarono nel 1512 i lavori
per la costruzione della nuova parrocchiale che era progettata con la facciata a ponente, cioè all’opposto dell’at-
tuale, ed erano ancora in corso nel 1516 sotto la direzione di un messer Bernardino, quasi sicuramente Campi,
architetto cremonese, “impiegandovi due fornaci di pietra”.




Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca, 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3)
Chiesa di S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto .Secolo XV




                                                                                                                                   15
Espansione della prima metà del XVI sec.

     La costruzione delle case e dei portici della piazza proseguì al tempo di Alessandro I, per il lato a settentrione,
     fino all’inizio dell’attuale corso Garibaldi, terminando con quello che venne chiamato Arco Dominizio e per il
     lato a meridione fino all’altezza dell’odierna via Veneto. Ripresero i lavori attorno alla chiesa nuova della piazza
     che fu innalzata fino a dodici braccia dal suolo; chi faceva arrivare la calce da Quistello per le opere murarie era
     Bartolomeo Orsi padre di Lelio. Negli stessi anni lavorò a Novellara anche il Correggio che assieme a messer
     Latino dipinse le camere del torrione vecchio della rocca.
     La configurazione a “maglia ortogonale” è indicativa del concetto militare con cui la nuova città viene progettata
     il che è coerente con la professione di uomini d’armi dei Gonzaga dell’epoca. Non a caso si è scritto “nuova città”
     perchè questa parte si può considerare un insediamento di nuova fondazione in quanto nasce come “progetto” di
     un’area completamente libera e non come completamento del preesistente borgo medievale. E’ ciò che Vespasia-
     no Gonzaga farà un ventennio più tardi, intorno al 1550, quando traccerà il piano urbanistico di Sabbioneta
     ricollegando la preesistente rocca al borgo medievale.
     Nel 1541 Donna Costanza da Correggio vedova di Alessandro I indirizzava al cognato Giulio Cesare una lettera
     in cui esprimeva il desiderio di costruire una “poca fabrica ma bellissima; la voglio altetta come sopra una motta,
     ma non a due tasselli,...V.S. li pensi un poco, che subito li diamo principio...”. Passeranno cinque anni prima che
     i lavori posssano iniziare, ma la residenza in villa, la “delizia” come usava chiamarla, il Casino di sopra divenne
     una splendida realtà.




     Mappa del centro di Novellara anteriore al 1567, probabilmente ridisegnata da una della prima metà del secolo XVI. Si notino la
     chiesa di S. Stefano con ingresso e la torre dalla parte opposta rispetta allattuale, la porta di accesso in corrispondenza dell'incrocio
     tra le attuali via Cavour e via C.Cantoni, la porta di accesso al castello all'inizio dellattuale via Gonzaga.




16
Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca, 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3)
Chiesa di S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto, 6) Chiesa collegiata di S.Stefano, 7) Chiesa e convento dei Gesuiti .
Secolo XVI




Espansione della seconda metà del XVI sec.

L’intenzione dei Gonzaga era di allargare il paese con nuove contrade fino alla Piazza del mercato presso il
Molino di sopra; il che fu effettivamente realizzato ad eccezione della contrada che, in prosecuzione a levante
della via del Portichetto, avrebbe dovuto arrivare di fronte alla chiesa dei Cappuccini sul tracciato dell’odierna via
Gramsci. Tale via era sicuramente già iniziata nel 1590 ed era formata da alcune case con portici poste perpendi-
colarmente in fondo alla Contrada di S.Lucia (vennero demolite nel 1834 dopo l’inondazione dell’anno preceden-
te perchè gravemente danneggiate).
Lelio Orsi progettò tutta la nuova sistemazione urbanistica; nel 1557 assunse la direzione dei lavori della chiesa
di S.Stefano facendo demolire quanto costruito fino a quel momento e ricominciandola ex novo. Da una mappa di
fine Seicento si possono ricavare gli elementi sufficienti per effettuare la ricostruzione grafica della facciata della
chiesa così come l’aveva progettata Lelio Orsi.
Iniziò la costruzione del Casino di sotto, del teatro in rocca e del collegio dei Gesuiti. Nel 1585 venne innalzato
il tratto di portico prospiciente Contrada della torre (corso Garibaldi): “ si diede principio al portico cominciando
dov’è l’arco di messer Dominico Busi (arco Dominizio) perfino all’hosteria et casa di Evangelista Bianchi”. La
mappa del 1626, che è riprodotta in copertina, ci mostra chiaramente la situazione urbanistica alla fine del Cin-
quecento.




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Espansione del XVII sec.

     Nel 1603 la grande pietà di Donna Vittoria di Capua portò a Novellara dalle catacombe di Roma le reliquie di
     S.Cassiano; si apriva così un secolo di fervore, ma anche di rigore, religioso. Nello stesso anno la contessa fondò
     il convento dei Cappuccini con la chiesa dedicata a S.Anna. E’ interessante sapere che ottenne il benestare dal
     capitolo provinciale dei Cappuccini in deroga alle regole che non prevedevano l’apertura di un altro convento in
     questa Provincia Cappuccina. La costruzione era terminata nel 1605 e venne collegata con la piazza da un lungo
     portico. Nel 1616 venne fondato all’angolo tra via A.Costa e C.Cantoni l’ospedale per i poveri e nello stesso anno
     venne eretta la torre della Collegiata di S.Stefano. Molti lavori di rifacimento e di costruzione di edifici, comprese
     le opere di riattamento di appartamenti in rocca furono eseguiti sotto la direzione di G.B.Sormani. Nell’anno
     1654 fu posta la prima pietra di due complessi religiosi: la chiesa dei Servi e quella della B.V. della Fossetta. I
     padri Servi di Maria a Novellara c’erano già da oltre un secolo e avevano un convento presso la chiesa di S.Antonio
     Abate al Molino di sotto, ma chiesa e convento nuovi furono costruiti all’interno del paese per soddisfare la
     volontà testamentaria del dott. Camillo Farneti. Quella della Fossetta fu eretta in fondo al viale che in prosecuzio-
     ne della Contrada dei Cappuccini era già stato sistemato nel 1642 con lo scopo di collegare il centro con l’argine
     della Linarola. Vi si trasferì, nel 1657, l’immagine miracolosa segata dal muro della primitiva cappelletta che si
     trovava all’estremità dell’attuale via Indipendenza al suo innesto in strada Provinciale, dove si trova il pilastrino.
     Nel 1678 moriva Alfonso II che nel corso dei suoi anni di governo aveva rinnovato i due casini di campagna,
     continuato la costruzione di case e portici, riquadrata la piazza fabbricando il portico del telonio, accresciuti gli
     appartamenti in rocca. Anche un complesso monastico femminile fu eretto, pur con rinvii e ritardi tra 1668 e
     1689, sul lato est della Contrada del gioco del pallone ( via della Libertà) con la chiesa dedicata a S.Teresa che
     chiudeva la prospettiva della Contrada di mezzo (via Vittoria di Capua). Sul finire del secolo si iniziò la costruzio-
     ne della nuova chiesa dei Gesuiti. L’immediata conseguenza sull’urbanistica fu l’apertura di nuove strade e la
     costruzione delle relative case.




     Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca, 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3)
     Chiesa di S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto, 6) Chiesa collegiata di S.Stefano, 7) Chiesa e convento dei Gesuiti ,
     8) Chiesa e convento dei Cappuccini. Secolo XVII
18
Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3) Chiesa di
S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto, 6) Chiesa collegiata di S.Stefano, 7) Chiesa e convento dei Gesuiti, 8) Chiesa e
convento dei Cappuccini, 9) Santuario della B.V. della Fossetta, 10) Chiesa e convento dei Servi di Maria, 11) Chiesa del Popolo. Secolo
XVIII


Lo stato dell’urbanistica dei secoli XVIII e XIX

Il Settecento è stato qui un secolo di distruzioni. Dal 1701 Novellara era coinvolta nella guerra tra tedeschi e
francesi; le truppe alemanne si accamparono sul territorio e recarono gravissimi danni alla popolazione e alle
cose; distruzioni ancora maggiori portarono i francesi quando saccheggiarono e incendiarono Bagnolo e la sua
rocca. Altri gravi disagi e forti contribuzioni di guerra si ripeterono al passaggio di truppe straniere nel 1710.
Come se non bastasse ci fu un freddo terribile che fece gelare il Po e produsse una pesantissima carestia. L’evolu-
zione urbana di questo periodo è limitata alla costruzione nel 1708 della chiesa del Popolo. Dopo la morte
dell’ultimo conte, Filippo Alfonso, le vicende per la successione nel feudo portarono nuovamente in paese prima
le truppe francesi poi quelle alemanne che, oltre a imporre tasse e contribuzioni, derubarono e distrussero, deva-
stando anche i giardini del Casino di sotto. Alcuni anni più tardi Ricciarda, sorella di Filippo Alfonso, fece
restaurare e modificare la chiesa di San Bernardino, fece costruire il battistero in S.Stefano, il nuovo ospedale in
via Cavour e rinnovare il portico dei Cappuccini. Dopo che il feudo venne devoluto al duca di Modena, qualche
opera venne fatta eseguire dalla duchessa Maria Teresa Cybo come la ricostruzione della chiesa di S.Bernardino,
nel 1758, e di quella di S.Agostino presso il Mulino di sopra, nel 1751.
La rocca, in balía di tutti, subì demolizioni e insulti di ogni genere finchè non venne venduta da Francesco II
d’Este alla Comunità. Il colpo di grazia lo dettero i francesi di Napoleone che oltre a predare opere d’arte si
appropriarono degli immobili e dei terreni già dei Gonzaga e vendettero chiese e conventi a privati: il complesso
dei Gesuiti ad Antonio Greppi di Milano, il convento dei Carmelitani all’ebreo Sinigaglia, quello dei Cappuccini
ai fratelli Taschini.
E’ del primo decennio dell’Ottocento l’esecuzione di una grande carta topografica particolareggiata del centro
storico che ci mostra la situazione urbanistica dell’epoca.
Anche nell’Ottocento, almeno nella prima metà, tra le alterne vicende della dominazione napoleonica prima, e le                             19
guerre d’indipendenza poi, non ci furono nuove costruzioni, anzi furono di più le demolizioni, tra queste la chiesa
     dei Gesuiti nel 1808 e le scuderie nel 1852. Dopo l’unità d’Italia si osserva una ripresa nei lavori: la sistemazione
     idraulica del canale della Minara, del ponte sulla Fossetta al termine dell’odierna via Indipendenza, la costruzione
     del cimitero di S.Giovanni e di quello di Novellara in villa Borgazzo, del teatro in rocca, del macello comunale in
     Cantarana, della stazione ferroviaria; si eseguì la selciatura di diverse contrade.


     Espansione del XX sec.
     Ancora all’inizio di questo secolo l’attività edilizia era notevole; Celestino Malagoli nel 1907 scriveva in propo-
     sito queste note: “ Fra le più recenti costruzioni sono da ricordare: In villa Borgazzo: villino Righi, all’entrata del
     paese quasi di fronte alla stazione della ferrovia (oggi Istituto don Iodi); in villa S.Michele: casinetto dei fratelli
     Bedogni, di fronte al Casino di sotto; nell’interno: palazzo Bonaretti, in piazza V. Emanuele II; case: Soliani,
     Merzi-Davolio, Marzi, Benati, in S.Lucia; case: Lombardini, Slanzi, Fornaciari; salone Gallingani, in via Cavour;
     macello pubblico, fatto costruire dal Municipio, in via del Pallone. Furono poi fatti restauri e riparazioni alle
     seguenti case: nella piazza V. Emanuele II: Davolio n 4, Neri n 5, Bigi n 10; nel corso Garibaldi: Gherpelli n 9,
     Fabbrici n 21; in via Cavour Opera Pia locale n 1, Gianotti n 2, Manghi n 7, Rossi n 11; in via C.Cantoni.
     Gianotti n 1, Fornaciari n 7, Marmiroli n 8, Manghi n 10, Malagoli n 20, Ruspaggiari n 22, Fabbrici n 29,
     Merzi in Davolio n 31 (antico palazzone costruito nel 1675); in via Santa Lucia: Merzi in Davolio n 2, 4 e 11




     Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3) Chiesa di
     S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto, 6) Chiesa collegiata di S.Stefano, 7) Chiesa e convento dei Gesuiti, 8) Chiesa e
     convento dei Cappuccini, 9) Santuario della B.V. della Fossetta, 10) Chiesa e convento dei Servi di Maria, 11) Chiesa del Popolo. Secolo XIX
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Mappa dell’abitato di Novellara del 1925-30 con i progetti delle nuove strade, alcune delle quali mai state realizzate.




(palazzone), Altimani n 13 e 15, Lusetti n 17; in via dei Servi: Taschini n 1, Catellani n 3; in via della Zecca:
Neri n 2; in via della Cantarana: Neri n 3; in via del Pallone: Bonaretti n 3 (oratorio delle suore ridotto a
magazzino), in Villa San Michele: Lombardini n 13 ( Casino di sotto), Lombardini n 8 ( casa detta di Sant’Ago-
stino, ove sorgeva la chiesa omonima)”.
Nel 1910, con la demolizione dei portici del Telonio, cominciarono i lavori di costruzione della nuova Cassa di
Risparmio che terminarono nel 1912. La Grande guerra e la crisi degli anni seguenti imposero un pesante arresto
allo sviluppo urbanistico, con la sola eccezione del villino detto “del francese” in via Roma e la realizzazione dei
giardini pubblici per ospitare il Monumento ai caduti , inaugurato nel 1925. E la costruzione delle scuole elemen-
tari nelle frazioni. L’attività costruttiva riprese negli anni Trenta con l’ampliamento delle Officine Slanzi e, per
l’edilizia pubblica, la realizzazione delle nuove scuole in via N.Campanini e delle scuole elementari nelle frazio-
ni, per interrompersi nuovamente allo scoppio della seconda guerra mondiale. Si dovette arrivare alla metà degli
anni Cinquanta per rivedere un po’ di attività. Allora vennero aperte le due vie attraverso l’orto dei Gesuiti, via
Manzoni e via f.lli Cervi, si operarono il prolungamento di via De Amicis e l’apertura di via XXV Aprile per
raggiungere via Costituzione e s’inziarono i lavori del tratto della Circonvallazione da via Veneto alla ferrovia.
Venne inaugurato il nuovo campo sportivo in via Indipendenza.
Con il “boom economico”, e per tutti gli anni Sessanta, i condomini e le villette si può dire che siano veramente
spuntati come funghi. Nei decenni successivi l’edilizia pubblica e privata ha continuato a far crescere il paese e a
rimodernarlo anche se purtroppo si sono persi alcuni edifici storici come il convento e la chiesa dei Cappuccini,
l’oratorio del Carmine, i resti della casa di Lelio Orsi. la chiesa delle monache. La ristrutturazione di numerose
abitazioni private ha portato alla scomparsa di soffitti a travi, travetti e assito, di pavimenti a “quadrelli”, di porte
in legno, caminetti poveri in scagliola, di pozzi a camicia all’interno dei cortili, di bassi servizi con “foren, cius,
poler e canteina”, degli anelli ai pilastri per legare i cavalli. Molto grave è stato il pesante rifacimento o la demo-
lizione di complessi rurali. Fortunatamente oggi c’è una maggiore attenzione per la salvaguardia di questo patri-
monio urbanistico “minore”.
                                                                                                                            21
La Rocca in una veduta da nord-ovest degli anni Trenta.


     La rocca
     La rocca rappresenta da secoli la sede del potere, è l’edificio attorno al quale gravita la vita politica e amministra-
     tiva del paese. Non esiste una data sicura di inizio della costruzione. Quando Feltrino Gonzaga, dopo aver vendu-
     to Reggio ai Visconti, decise di fortificare Novellara, dispose che si fabbricasse un nuovo “castrum cum subterra-
     liis et aliis aedificis” ma non fa cenno alla rocca, anche se quasi certamente la fece progettare ( non si dimentichi
     che aveva già fatto costruire la fortezza di Bagnolo); era il 1371. Probabilmente non vide neppure l’inizio dei
     lavori di scavo delle fondamenta perchè, dopo la vendita della signoria, vagò molto per le corti amiche della
     pianura padana e morì a Padova nel 1374. Fu suo figlio Guido che provvide, a partire dal 1385, a realizzare
     qualcosa in concreto: le fondazioni e lo scavo dei fossati, il consolidamento dei terrapieni attorno al castello. I
     lavori alla fabbrica proseguirono per tutta la prima metà del XV secolo e si possono considerare terminati nel
     1464. L’edificio era sostanzialmente una robusta fortezza con torri angolari, il muro a scarpa, la merlatura; però
     sia Giacomo che Francesco I avendola scelta come propria dimora avevano fatto costruire appartamenti all’inter-
     no e con un gusto prettamente rinascimentale avevano preso ad abbellirli. Sicuramente la grande sensibiltà di
     Costanza da Correggio influenzò il marito Alessandro I nelle modifiche successive sia della rocca che del paese.
     Subito dopo il matrimonio, nel 1518, “messer Antonio e messer Latino con due giovini tutti di Correggio” dipin-
     gevano la “ monitione” e la camera del torrione vecchio appena ristrutturati. Dopo la morte del marito, avvenuta
     nel 1530, Donna Costanza si impegnò a realizzarne i progetti; così tra 1541 e 1542 fece costruire un secondo
                                                                         piano con loggia e sala. Poi nel 1546 arrivò da
                                                                         Reggio Lelio Orsi che divenne l’architetto, il pit-
                                                                         tore, l’artista di corte. Dal 1563 al 1567 ristrut-
                                                                         turò e ampliò gli appartamenti, eseguì la decora-
                                                                         zione delle sale d’onore al piano terreno, ultimò
                                                                         le decorazioni della loggia, dell’appartamento di
                                                                         Francesco II, del nuovo teatro. La rocca perse
                                                                         sempre più la sua funzione di difesa a favore di
                                                                         quella di residenza signorile.
                                                                         Sarebbe passato un secolo prima che si eseguis-
                                                                         sero altri lavori consistenti. Nel 1670 Alfonso II
                                                                         fece innalzare da G.B.Sormani la torre detta “
                                                                         Campanone” sulla porta esterna della rocca, “...or-
                                                                         nata di guglie, di lanterna e di cupola a squama
                                                                         di pesce con due giri di ben lavorate ringhiere....”,
                                                                         ed effettuare una nuova sistemazione degli ap-
                                                                         partamenti in particolare del secondo piano del
                                                                         lato nord.
                                                                         Dopo la scomparsa dell’ultimo conte specialmen-
                                                                         te dopo che, nel 1737, il feudo fu assegnato agli
22   Pianta settecentesca della Rocca di mano di Prospero Siliprandi.
                                                                         Estensi, la rocca cominciò a decadere: “furono
tolti i ponti levatoi, chiusa la sortita a settentrione,....si disfò una parte della quadra che guarda a mezzodì, poi i
corridoi a mattina ed a meriggio coll’abbassare i tetti, si atterrarono i 4 torrioni agli angoli...si devastarono gli
ultimi appartamenti del piano superiore...se ne affittarono le camere a poveraglia che ne imbrattò i muri, distrusse
e portò via tutto ciò che potè....”. Nel 1754 fu acquistata dalla Comunità che prese ad installarvi i propri uffici e le
scuole, e ad assegnare buona parte dei locali a dipendenti comunali per propria abitazione.
Un ultimo importante cambiamento nella struttura della rocca fu apportato negli anni sessanta dell’Ottocento con
la costruzione del teatro; per la sua costruzione vennero demolite le cucine, la lavanderia, la legnaia gonzaghesche
e purtroppo l’antico teatro cinquecentesco, ampiamente decorato da Lelio Orsi.
Oggi ospita il Municipio, la Biblioteca, i Musei Gonzaga e della Civiltà contadina e associazioni culturali.




Ancora la Rocca ripresa da nord-est nei primi anni Trenta.




I portici
“Una costante che esprime in modo particolare il valore scenografico dell’ambiente urbano di Novellara -scrivo-
no P.Bonori e E.Torreggiani- è costituita dai portici mediante i quali l’organizzazione dei tracciati viari si arricchi-
sce anche sul piano planimetrico. Il portico non è costruito soltanto <<per comodo dei servi, ma ancora per
cagione di tutti i cittadini. (L.B.Alberti)>>; oltre che spazio di pertinenza dell’abitazione diventa centro delle
attività quotidiane della popolazione che vi trasferisce le più disparate funzioni, sfruttandone al massimo la dutti-
lità... Il portico si pone come percorso specializzato per il traffico pedonale che risulta così separato da quello dei
carri e delle cavalcature che avviene sulla strada... Tale concetto è espresso dal Palladio quando sostiene che deve
essere diviso <<il luogo per il camminar de gli huomini, da quello che serve per l’uso dei carri, e delle bestie; mi
piacerà che le strade siano così divise che dall’una e dall’altra parte vi saranno fatti i portici, per i quali al
coperto possano andare i cittadini a far negotij senza essere offesi dal sole, delle pioggie e dalle nevi...>>...I
portici della piazza creano effetti di dilatazione spaziale...con intento scenografico e caratteristiche monumentali.
I rimanenti portici risultano più stretti in relazione alla funzione di collegamento fra le abitazioni degli artigiani e
gli edifici con funzione pubblica”. Nella progettazione antica dell’impianto urbanistico di Novellara intelligente-
mente si è tenuto conto di un giusto equilibrio tra spazi pubblici e spazi privati, tra zone scoperte e zone coperte,
che ancora oggi viene rispettato. Alle via e alle piazze si affiancano e si contrappongono i cortili interni e gli orti,
alle chiese, alla rocca, alle scuole si affiancano le case, i bassi servizi, i negozi. Il tutto sempre mediato dai portici.
 Intorno al 1560 il Conte ordinava che “tutte le case poste nel Borgo di sopra cominciando dalla casa di m.r
Jacopo Provisionati (il notaio) e venendo sino a quella di m.r Mutio Busi, si dovessero fabbricare fino all’altezza
della casa del cavalier de Becchi”.
  Di portici ce ne sono per oltre quattro chilometri e tutti sanno quanto siano comodi per ripararsi dal sole a picco
e dalle intemperie, come rendano agevoli e sicuri gli spostamenti all’interno del paese. Il fondo, non più in terra
battuta, è stato livellato a cemento in questo secolo ad eccezione del portico a nord della piazza che è stato
lastricato a quadroni di pietra serena nell’Ottocento. Le vetrine hanno sostituito le distese di mercanzia che occu-
pavano i portici fino a metà della loro larghezza, i tavolini dei bar han preso il posto dei tavolacci delle osterie e
delle panche addossate ai muri; il passeggio, “la vasca”, è un piacere antico, la gente al tempo dei Gonzaga amava
come noi “ spazziare soto i porteghi”, così come trattare gli affari, il giovedì e la domenica mattina, in piedi, in
punti strategici. Barbieri, sellai, calzolai, falegnami, impagliatori e maniscalchi vi hanno sempre svolto i loro
mestieri anche se oggi pochi sono i superstiti, utilizzandoli come prolungamento della bottega.
Vi si trovano i banchi occasionali delle lotterie e delle vendite di beneficenza delle associazioni e da qualche anno
i banchi del mercatino dell’antiquariato.                                                                                     23
Portici.
     Novellara possiede oltre quattro
     chilometri di portici.
     La prima immagine mostra la
     vita sotto i portici negli anni
24   Cinquanta.
Le Ville o Quadre
All’origine della dominazione dei Gonzaga il territorio era diviso in cinque ville o quadre: Borgazzo, Reatino,
Boschi, S.Michele e Valle; a queste se ne aggiunse una sesta tra Quattrocento e Cinquecento, i Terreni Novi. Dal
XV secolo, sempre i Gonzaga, ottennero l’investitura delle cosidette Ville Reggiane di cui oggi solo S.Giovanni
e S.Maria fanno parte del Comune.


Borgazzo
Il Borgazzo, intendendo la zona a sud del centro, giace sul primitivo deposito alluvionale lasciato dal Crostolo; la
terra è fertile, percorsa da un canale che ne rende facile l’irrigazione. Poderi e campi qui sono stati molto ambiti
per secoli come provano atti di compravendita fin da epoca antichissima. La strada tutta a curve, che ha dato
origine al detto “ dritt c’me la streda dal Borgas” dimostra ulteriormente che il territorio era suddiviso in moltepli-
ci appezzamenti coltivati e che qui si svolgeva l’attività agricola principale. E’ la fusione tra Corte Nova e Novel-
lara. E’ probabile che i frati della “Badia” di Campagnola abbiano molto influito con la loro opera tra XII e XIII
sec. sulla sistemazione idraulica e del suolo del Bor-
gazzo prima che le le famiglie feudali emergenti, Ses-
si, Lupi, Correggio, Malapresa, se ne impadronissero.
Si noti che l’argine della Fossamana è ancora detto “l’er-
sen di free”. E’ interessante sapere che tra XIII e XIV
sec. il Borgazzo viene denominato “Burgaciun Curtis
Novae” e “Burgacium Nuvelare” con prevalenza nel
tempo sempre maggiore di quest’ultimo, indicandoci
così il periodo in cui il centro degli interessi ha iniziato
a spostarsi verso Novellara.
Fa parte del Borgazzo anche la zona attorno alla Motta,
oggi occupata in gran parte dal Villaggio artigianale,
dove sorgeva la pieve di S.Lorenzo. Qui gli insedia-
menti umani erano favoriti dalla presenza delle “sor-
tie”, le risorgive.
La maggior parte dell’abitato attuale si trova su questa
quadra.


                                                              Il Borgazzo visto dalla torre di S. Stefano
San Michele
La chiesa di San Michele ha dato il nome all’omonima
villa. La dedicazione a un santo per il quale i longobardi avevano speciale predilezione ne fa fissare la fondazione
tra VII e VIII secolo d.C.; la sua dipendenza dalla pieve di Cortenova conferma la posteriorità rispetto a S.Lorenzo.
Secondo il Davoli era “ a mano sinistra, ossia al mezzo giorno della strada che da Novellara conduce alle Ca’
Nove” (via Nova). In effetti nel corso di scavi per la costruzione delle case del cosiddetto “quartiere Copellini”, ne
sono venute alla luce le fondamenta.
Ancora secondo la testimonianza del Davoli, dirimpetto alla chiesa “ a mano sinistra della strada” c’era un antico
fabbricato, circondato da fosse, che poteva essere stata l’abitazione di Sirone de Sirii, signorotto di origine longo-
barda del XII secolo. Il “Castellacium Sancti Michaelis” è nominato in una carta del 1203 come luogo da cui i
reggiani iniziarono lo scavo di un canale navigabile che si collegava al canale di Guastalla.


Reatino
Villa Reatino deriva il nome dalla famiglia Reatini che era feudataria anche della omonima porzione in comune
di Campagnola. Albricone vi possedeva un castello, come risulta dal rogito del notaio Ulrico del 1141, detto
Castellazzo di Reatino o di Campagnola e la sua giurisdizione si estendeva fino alla motta di S.Antonio al Molino
di sotto. Fra parentesi, il Castellazzo fu spianato nei primi anni dell’Ottocento, testimone il Davoli che ne vide i
lavori.

Traduzione dell’atto di vendita del Castellazzo nel quale sono compresi luoghi, strade e canali che interessano
anche il Novellarese.
Nel nome del Signore, anno 1141, 6 marzo, indizione quarta. A voi signori Gherardo e Corrado fratelli da Cor-
reggio, io Palmerio del fu signore Albricone [dei Reatini] da Campagnola nella diocesi di Reggio, che vivo
secondo la legge longobarda, vendo e faccio un documento di vendita del castello e della rocca miei che possiedo
a Campagnola, detti Castellazzo e di tutti i muri, fossi, redefossi, argini, valli, ponti, ponticelli, catene, fortilizi,
                                                                                                                            25
munizioni e di tutti i passaggi, telonei, onorari, affitti ed entrate e di tutti i boschi, selve, pascoli, paludi, valli,
peschiere, riserve di caccia e uccellagione, le vie, navigli, canali, acquedotti e mulini che ho fatto a Campagnola,
     e dei poderi e dei mansi che possiedo in tutta la giurisdizione del detto castello, e dei sottoscritti uomini aventi
     fortilizi con obbligo di obbedienza, e delle ville, del detto castello, e dei cittadini, dei comitatensi, dei vassalli,
     degli uomini di masnada, degli servi e delle ancelle.
     Seguono i nomi delle ville tra cui Canolo, Cognento e quelle di Sirone de Sirii con castello, dei Reatini e dei
     Mani.
     Confini del territorio che si vende con la presente carta: a mezzogiorno Cognento e Canolo di sotto, mediante la
     strada; a mattina il mio naviglio e corso d’acqua fino a Fabbrico; a settentrione l’alveo e corso d’acqua della
     Parmigiana per il tratto fino al varco dei signori di Reggio; a sera il territorio della villa di Cognento di sotto e
     la villa novellarese di S.Michele mediante il canale comune chiamato il bosco e prosegue scendendo fino all’im-
     missione nel naviglio che ho fatto costruire a sera presso il mulino non lontano dalla motta di S.Antonio del
     territorio di Novellara, salendo lungo il dugale comune fino ai castelli dei signori Mazzoli e Sironi dove il canale
     volge ad oriente e raggiunge la via che passa a settentrione seguendoli fino al suo ingresso nell’alveo della
     Parmigiana presso il varco delle valli dei signori di Reggio.
     Seguono i nomi di coloro che possiedono fortilizi, Malapresa, Della Palude, Sirone de Sirii, Mazzoli, Mani e
     Albricone stesso, poi degli abitanti di Campagnola, dei comitatensi, dei vassalli, dei masnadieri, degli ascritti alla
     gleba, dei servi e delle ancelle. Il prezzo concordato è di 4000 denari lucchesi. Rogato dal notaio Ulrico.




     Mappa settecentesca di San Michele e di parte dei Boschi .



     Boschi
     Dopo la caduta dell’Impero romano i boschi e gli incolti avevano riconquistato aree estesissime della pianura; in
     epoca longobarda una selva di proprietà regia, si estendeva dalle vicinanze di Reggio fino al Po; essa faceva parte
     di una selva più vasta che era sotto la giurisdizione del monastero di Leno di Brescia e arrivava fino al Secchia.
     Già allora tuttavia ampie zone erano libere dagli alberi e venivano utilizzate per i pascoli mentre altre venivano
     disboscate per il legnatico. Dalla seconda metà del secolo X l’opera tenace di penetrazione da parte di nuove
     signorie, come i Canossa, nonchè delle signorie ecclesiastiche, favorirono correnti di immigrazione nelle zone
     adiacenti al Po. Il moltiplicarsi delle pievi con relativi insediamenti umani tra XI e XII secolo testimonia un
     avviato intenso recupero delle aree a ridosso del Po, facilitato dallo spostamento del fiume verso nord, avvenuto
     proprio attorno all’anno Mille. Da questo momento l’opera di distruzione dei boschi per conquistare spazi al-
     l’agricoltura crebbe in maniera vertiginosa. Le zone dissodate, i nostri “ronchi o roncaglie” divennero sempre più
26
Particolare di una mappa Seicentesca con rappresentazione di zone boschive tra strada Bruciata e Villa Boschi.



frequenti; si iniziarono anche lavori di bonifica. Furono opera sopratutto dei monasteri, delle abbazie, che intorno
alle loro corti raccolsero una vita agricola sempre più intensa.
Anche nel novellarese si ebbero inevitabili massicce riduzioni del patrimonio boschivo con un picco tra la fine
del ‘400 e l’inizio del ‘500. I nostri Gonzaga riuscirono comunque a salvaguardare fino al 1700 un’area a foresta
a sud-ovest del paese, appunto quella da cui ha preso nome l’omonima villa; ciò che era rimasto e cioè circa 40
biolche, fu distrutto nel 1798, così come furono tagliate completamente le macchie del Forcello. Un’altra zona
boschiva in confine con Reggiolo era il Bosco delle Bruciate.
Nel 1406 Giacomo Gonzaga aveva fatto costruire la prima casa colonica in villa Boschi, mentre nel 1574 Camillo
I aveva fatto aprire la strada che attraversava i Boschi e congiungeva Novellara a S.Vittoria.


Valle
La zona paludosa, spesso allagata, a nord-ovest del paese ha dato il nome alla Villa. Questa, assieme alle valli di
Guastalla e Reggiolo raccoglieva in origine le acque del Crostolo, del Canale dei molini e del Rodano. Al margine
della Valle esiste ancora oggi un luogo detto “il Porto” che ha avuto grande importanza nel passato. Portus
significa traghetto; qui infatti c’erano le imbarcazioni
che percorrevano le paludi, raggiungevano altri attrac-
chi e collegavano altri centri abitati. Il Porto era collo-
cato all’estremità della strada romana che da Reggio
arrivava a Novellara e ne costituiva il naturale prolun-
gamento verso il Po. Il fatto poi che nella concessione
del X secolo sia definito anche “ostium”, cioè porto
vero e proprio, significa che era un approdo organizza-
to, con un pontile o una banchina in legno e che in epo-
ca medievale era collegato a un mercato. Nel corso del
Duecento si provvide ad opera dei Reggiani a dare una
prima sistemazione idraulica alla zona con lo scavo della
Tagliata di Reggiolo, nel 1218, e col cambiamento del
corso del Rodano. Le valli rimasero comunque ampie
fino all’epoca delle grandi bonificazioni Bentivoglio.       Le Valli allagate, in un'immagine degli anni Venti.
Il marchese Cornelio Bentivoglio, signore di Gualtieri,
riuscì a mettere d’accordo tutti coloro che avevano giu-
risdizione sulle grandi valli a ridosso del Po e cioè Mantova, Parma, Modena, Novellara, Guastalla e Correggio,
per ottenere il primo risanamento delle zone vallive. Le principali realizzazioni per la nostra parte, consistettero
nell’inalveare il Crostolo fino al Po facendovi confluire o direttamente o attraverso la Cava e il Canalazzo-Tasso-
ne, tutte le acque “alte”. Le acque “basse” invece furono fatte confluire nell’antico letto di Po detto Parmigiana o
Fiuma, che a questo fine fu scavato in profondità e per una lunghezza di 20 km. seguendo l’antichisso tracciato
della Scalopia. Nel 1564 Alfonso I Gonzaga dava inizio allo scavo del nuovo Bondeno con lo scopo di bonificare
                                                                                                                       27
le terre tra Canalazzo e Canale dei Mulini. Tutto que-
                                                                      sto portò all’acquisto di nuove superfici coltivabili su
                                                                      cui sorsero le possessioni Ballabene, Bigliarda, Colom-
                                                                      bara, Daoglia, Pacchiarina, Vallesella, Vezzana e Zo-
                                                                      bola (nomi derivati dalle famiglie che vi si insediarono
                                                                      ad eccezione di Colombara e Vallesella il cui etimo non
                                                                      necessita di spiegazioni). Alla fine del XVIII sec. le
                                                                      zone paludose erano comprese tra Bondeno, Baciocca
                                                                      e argine della Gatta. Nel 1861 ancora un quarto del ter-
                                                                      ritorio comunale era paludoso. Nel 1920 presso la Ri-
                                                                      viera c’erano ancora 120 ettari di palude che vennero
                                                                      bonificati nel 1933.


     Ancora una veduta delle Valli.


     Terreni Nuovi

     I “Terreni Novi”, attuale frazione S.Bernardino, furo-
     no tra i primi ad essere bonificati dai Gonzaga tra Quat-
     trocento e Cinquecento; evidentemente il Canalazzo era
     stato arginato a sufficienza da non costituire più un se-
     rio pericolo per le terre circostanti, almeno dalla parte
     di Novellara. Francesco I vi fece costruire alla fine del
     ‘400 due grandi case, con relativi servizi, dette le “Co-
     stanze” dal nome della moglie Costanza Strozzi. Nel
     secolo successivo per volontà del conte Alessandro I
     fu innalzata la prima chiesa dedicata a S.Bernardino e,
     attorno al 1580, la cascina Vittoria anch’essa dal nome
     della moglie di un Gonzaga, Vittoria di Capua. I Gon-
     zaga amavano recarsi ai Terreni Novi per cacciare ri-
     portandone buoni carnieri di fagiani e “pernigoni” e di      Un casotto al margine delle Valli
     quaglie catturate con le reti.
     E proprio ai Terreni Novi fa riferimento una delle pri-
     me documentazioni relative alla produzione di formaggio. Giulio Cesare Gonzaga, nel 1529, affittava a Lorenzo
     e Antonio Busi figli di Giarono, ebrei, una cascina, i bassi servizi, le vacche, ben 140 fattrici, le bestie bovine e
     ampie estensioni prative sul posto, nella valle e altrove con lo scopo, tra l’altro, di produrre il grana. Tra le cose
     e gli attrezzi inventariati c’erano anche “caldere, ramine, fassare, asse et tagliero da formazo”.




     San Giovanni e Santa Maria
     Alle quadre sono da aggiungere le Ville di Santa Maria e San Giovanni che, con quelle di San Tommaso e San
     Michele, sono sorte in epoca remota come insediamenti rivieraschi del “gurgum” lungo la via di comunicazione
     tra Reggio e la Fiuma. Il “gurgum” era un invaso piuttosto esteso, che si era formato quando il Crostolo scorreva
     in questa zona e arrivava fino a Quistello, e che venne mantenuto colmo dal Rodano anche quando il Crostolo
     cambiò percorso spostandosi nell’ alveo attuale. Il termine deriva dal latino medievale “corgum o gurgum”,
                                                               vortice, pozza d’acqua. Il Crostolo seguiva il percorso
                                                               del canale che da S.Maurizio presso Reggio, passa sot-
                                                               to l’autostrada, gira intorno a Massenzatico, scende poi
                                                               tra la chiesa e il cimitero di S.Maria, corre verso Casa-
                                                               letto, attraversa S.Giovanni al ponte delle Briciole e va
                                                               a gettarsi nella Fiuma. L’acqua delle piene stagnava qui
                                                               dall’autunno alla primavera e spesso non si prosciuga-
                                                               va completamente neppure durante l’estate. Le colma-
                                                               te naturali, l’opera dei benedettini e l’inalveamento de-
                                                               finitivo del Crostolo hanno contribuito al prosciuga-
                                                               mento dell’invaso; l’ultima bonifica è del 1927.
                                                               Le località “de gurgo”, sulla fossa, vengono nominate
                                                               per la prima volta in una pergamena dell’ 881. Le chie-
     L'abside duecentesca della chiesa di San Giovanni della Fossa,
28   conteneva affreschi del 1280, ora nel Museo Gonzaga.
se di qui dipendevano dai grandi monasteri, così quel-
la di S.Giovanni era soggetta a Canossa, S.Maria a Bre-
scello (e per completezza, S.Tomaso a San Prospero di
Reggio e San Michele a S.Giovanni di Parma). Le Vil-
le pagavano un tributo alla città di Reggio. Dopo l’av-
vento dei Gonzaga, dal 1449, le parrocchie passarono
sotto la loro giurisdizione, mentre nel 1471 Francesco
I ne ottenne l’investitura in perpetuo da Borso d’Este.
Da allora le vicende di queste piccole comunità sono
strettamenete legate alla storia della contea di Novella-
ra e Bagnolo con la differenza che tutti i fatti negativi
hanno avuto conseguenze assai più gravi. Bastino come
esempio le alluvioni dei campi per le rotte del Rodano
a Bagnolo che riprendeva periodicamente possesso della
“fossa” o del Canalazzo e del Crostolo che invadeva-
no, sommergendole, le terre a ponente.
A San Giovanni esisteva un’antica pieve dedicata al
Battista che nell’ 881 era retta dai monaci di Canossa;
dopo l’apertura della nuova strada per Reggiolo da parte
del Comune di Reggio nel 1224 questa primitiva co-
struzione fu demolita per erigerne una nuova in stile
romanico, presumibilmente attorno al 1270. Rimango-
no oggi l’abside e i frammenti di affresco datati 1280.
Nel 1703 la chiesa di S.Giovanni fu eretta a vicariato;
                                                          Antico portale delle chiesa di San Giovanni della Fossa.
sotto la sua giurisdizione vennero poste le parrocchie
di S.Maria, S.Michele, Canolo e Cognento. Conservò
tale privilegio fino al 1866 anno in cui passò sotto la diocesi di Guastalla e alle dipendenze di Novellara per
l’amministrazione religiosa. La nuova chiesa, nell'architettura attuale, fu iniziata nell’anno 1900; nel 1945 subì
gravi danni per un bombardamento e venne ricostruita.

Santa Maria si trovava all’intersezione di strade di notevole traffico: prima la Strada vecchia, poi la Strada Nova
da Reggio per Reggiolo in direzione sud-nord, e l’asse Ponte Forca-strada S.Maria, in direzione est-ovest. Que-
                                                                            st’ultimo raggiungendo da una parte
                                                                            Villa Seta, Cadelbosco e Villa Argine,
                                                                            e dall’altra Correggio, collegava le ter-
                                                                            re che appunto i signori da Correggio
                                                                            possedvano nel reggiano e nel parmi-
                                                                            giano. Si aggiunga che anche i Gonza-
                                                                            ga avevano possedimenti all’Argine e
                                                                            alla Seta. A confermare l’ampia fre-
                                                                            quentazione di queste vie sta anche
                                                                            l’osteria le cui origini si perdono nel
                                                                            tempo, posta strategicamente nel cro-
                                                                            cicchio. Una delle più antiche denomi-
                                                                            nazioni di S.Maria è “de Gurgenzati-
                                                                            co”, cioè sul Gorgo, ma nella quasi to-
                                                                            talità dei documenti si trova “de Vezo-
                                                                            la”. L’attributo deriva da “veza”, corso
Panoramica di S.Maria della Fossa.                                          d’acqua soggetto a manutenzione da
                                                                            perte dell’uomo e sulla sua riva era sorta

la chiesa dedicata a Maria. E’ nota anche
una “veza de Curtenova” e a Reggio esiste
ancora una via della Veza, presso il parcheg-
gio in zona Cappuccini, e dietro le antiche
case c’è ancora l’alveo del canale.




    Altra veduta di S.Maria: il viale della stazione                                                                     29
Le vie d’acqua

     Le vie di terra sono quelle cui siamo abituati e quasi le uniche che oggi percorriamo; nel passato erano invece le
     vie d’acqua le più sfruttate sia perchè sempre utilizzabili, sia perchè permettevano di trasportare uguali quantità di
     materiali con minor dispendio di energie.



     La navigazione sulle acque interne non si praticava soltanto sui grandi fiumi, ma si estendeva anche sui fiumi
     minori e sui torrenti. Le paludi, i canali, i torrenti, le anse e gli antichi letti di Po, il Grande fiume e i suoi affluenti
     hanno poi insegnato ai “villici palustri”, nostri antenati, a sfruttare le vie d’acqua come vie di comunicazione
     comode, rapide e percorribili in ogni stagione e con ogni tempo anche quando i percorsi di terra erano imprati-
     cabili per il fango, il che avveniva per almeno sei mesi all’anno, da ottobre ad aprile. La navigazione interna era
     capillarmente diffusa, fatta con burchielli, sandali, battelli e zattere. Qualunque canale era nell’uso quotidiano una
     idrovia utilizzata per brevi spostamenti di persone e merci. Nel Medioevo le vie d’acqua erano l’unico mezzo per
     introdursi nel cuore di ampi spazi incolti, difficilmente raggiungibili per via terra, e sfruttarne le risorse.
     Fino al secolo XII la bassa pianura reggiana era percorsa da una sorta di fiumara composta da fiumi e torrenti
     senza argini, da vaste paludi con intercalate fitte boscaglie: il cosiddetto fluvius Bondenus. Il corso d’acqua inizia-
     va proprio sotto Reggio percorreva la Bassa quindi si dirigeva verso Poggio Rusco, Quarantoli per congiungersi
     con la Burana.
     Mediante una o più diramazioni il fiume era collegato col Po verso Gonzaga. Fin dal tempo di Berengario, cioè
     dal sec. X, questa strata Bondeni, via del Bondeno, era frequentata da numerose imbarcazioni. Da documenti del
     periodo 902-913 si desume l’esistenza di un porto fluviale “in villa Gurgo super fluvio Bondeno comitatu regen-
     se”, verosimilmente il Gorgo presso Novellara, che il “fidelis” Lupo aveva l’incarico sorvegliare. E nei dintorni di
     Novellara era con tutta probabilità il “portum...qui dicitur Fossato cum theloneo et piscacionibus”, il porto fluvia-
     le, detto Fossato, con gabella e aree riservate di pesca, che la Chiesa di Reggio otteneva come concessione sovra-
     na nel 963. Credo che possa essere identificato con l’attuale località Porto ai margini della Valle. Si è già visto che
     in latino portus significa traghetto e ostium porto vero e proprio, attrezzato per il carico e lo scarico delle merci e
     quindi collegato a un mercato. L’associazione porto fluviale-mercato è attestata per varie località della pianura
     padana ed è anche espressa chiaramente nella concessione a Lupo vista più sopra, che aveva da gestire un mercato
     annuale che si appoggiava al suo castrum nei pressi di S.Maria della Fossa.
      Dopo l’anno Mille cominciò a prendere forma nella stessa zona il Crustulus magnus che soppiantava il Bondenus
     ma continuava a passare per il Gurgum. Dal XII secolo invece passava da Cadelbosco e spagliava nelle valli di
     Novellara e in quelle limitrofe o confluiva nel Bondeno presso Reggiolo; questo fino al 1463 quando iniziarono
     i lavori di inalveamento.
      Dal XII sec. i Comuni cominciarono ad aprire una fitta rete di corsi d’acqua artificiali, i navigli, per collegare le
     città della pianura direttamente al Po. Nella Bassa si utilizzarono alvei abbandonati del Crostolo e verso Novellara
     quello che sarebbe diventato il Canale dei molini che arrivava al Porto a nord del paese. Nella stessa ottica va visto
     il canale concordato con Cremona, nel 1203, dalla chiesa di S. Michele al naviglio di Guastalla “ad eundum et
     redeundun cum navibus, et avere et personis”, per andare e tornare con navi mercanzie e persone. Nello stesso
     accordo si precisava che le comunicazioni tra Novellara e Reggio dovessero effettuarsi “cum caris” su una
     strada, da costruirsi su un idoneo tracciato, che sarebbe poi stata realizzzata nel 1224. Il contrarsi del fluvius
     Bondenus e le divagazioni del Crostolo da est a ovest hanno lasciato numerosi scolatori: a mattina la Fossamana
     e la Linarola, che drenavano il Gurgum, a sera la Baciocca e il Bondeno vecchio che a sua volta riceve il Fosso
     nuovo (di S.Maria), il Sissa, il Bagnolo e vari altri fossi e dugali, che drenavano i Terreni Novi e la Valle. A nord
     la Parmigiana, o Fiuma, un ramo di Po abbandonato dal corso principale del fiume, riceve tutti questi canali. Tale
     grande invaso venne completamente ristrutturato nella seconda metà del Cinquecento allorchè fu eseguita la
     bonifica Bentivoglio. C’è poi il Canale di Novellara che viene da Reggio, passa per Bagnolo, S.Tommaso, S.Maria,
30   S.Giovanni, Novellara.
Le grandi valli di Novellara, Reggiolo e Guastalla in una mappa idraulica del XVI sec.; a sinistra dell’abitato di Novellara si vede un
triangolo di terra indicato come Villa di Corte Nuova; a nord di questa saranno ricavati, mediante bonifica i primi Terreni novi.



Tutti questi corsi d’acqua venivano percorsi dalle imbarcazioni da autunno a primavera e in particolare si utilizza-
vano il Canale dei mulini per il collegamento con Bagnolo e le Ville e la Linarola per raggiungere la Fiuma e di
qui il Po per tutte le direzioni.
Ancora all’inizio di questo secolo don Clinio Ferretti, parroco di S.Bernardino, per andare a celebrare la messa
alla chiesetta di S. Luigi alla Riviera quando le strade erano impraticabili per il fango, utilizzava un barchino e vi
arrivava via acqua.
Gli Estensi ebbero cura delle comunicazioni per acqua, sistemarono i canali esistenti e i manufatti, ma non co-
struirono nuovi cavi sul Novellarese.
Bondeno è forse il più antico tra gli idronimi locali, ma lo incontriamo spesso tra qui e il ferrarese; significa
profondo nella lingua prelatina padana, come attesta lo stesso Plinio quando parlando del Po afferma che gli




Corsi d’acqua nel Novellarese da Italia delineata del Magini del 1620.                                                                    31
indigeni lo chiamavano Bòdincus, cioè il profondo.
                                            La Fossa Linarola, più nota come Fossetta deve il suo nome al fatto che porta-
                                            va l’acqua alle case dove si effettuava la lavorazione del lino.
                                            Fossamana è il canale sul confine con Campagnola; il suo nome deriva dalla
                                            famiglia Mani o Manni di origine correggese menzionata in un documento
                                            del XII sec., o dal fatto di trovarsi a “mane”, cioè a mattina; esiste anche su
                                            alcune carte la denominazione di Fossa Madama.
                                             Il Canale dei Molini partendo da porta S.Croce a Reggio forniva la forza
                                            motrice alle macine di Bagnolo, di S.Giovanni, ai molini di sopra e di sotto di
                                            Novellara e, prima di gettarsi nella Fiuma, a quello di Cataneo o Catanìa.
                                            Sicuramente dal 1421 porta questo nome ma dal XVIII secolo anche quello
                                            ufficiale di Canale di Novellara.
                                            L’acqua del canale fu frequentemente oggetto di lite coi reggiani che, per
                                            ritorsione, la trattenevano impedendo la macinatura.
                                            Il Canalazzo, a ponente, in confine col guastallese era uno dei tanti letti di
                                            Crostolo, scaricava le sue acque nelle valli; in onore del governatore di Reg-
                                            gio che ne volle la sistemazione, dal 1565, prese il nome di Canalazzo Tasso-
                                            ni. Era una importante via d’acqua navigabile anche se un po’ fuori mano per
                                            Novellara. In epoca medievale un Navigium novum, nominato nel 1221 assi-
                                            curava le comunicazioni tra la città, il Novellarese, il Guastallese ed il Reg-
                                            giolese, ma non è stato esattamente individuato.
                                            La Baciocca scavata tra 1531 e 1535 su un alveo più antico, per derivare
                                            l’acqua da Villa Boschi, sembra trarre il suo nome dal latino medievale ba-
                                            culum, bastone, qui però nel significato, altrove conosciuto, di lavoro mal
                                            fatto. Nel 1568 risiedeva a Novellara un Pellegrino Bacchiochi.
                                            Il cavo Sissa originariamente era Dugale Scissa cioè suddiviso in più rami
                                            minori confluenti.
                                            Sebbene in varie epoche i reggiani tentassero di costuire un grande naviglio
                                            attraverso la contea di Novellara e Bagnolo, non riuscirono mai nell’intento
                                            perché i Gonzaga si opposero tenacemente. Temendo forse una pericolosa
                                            penetrazione nel loro territorio ed avendo sufficienti collegamenti col Po e
                                            con gli stati Gonzagheschi ed Estensi, non sentivano minimamente la neces-
                                            sità di un grande cavo sempre navigabile.
     Il Canale dei Molini tra Reggio e
     Novellara. 1) Mulino di Bagnolo, 2)
     Mulino di sopra, 3) Mulino di sotto




              Imbarcazione da acqua dolce sulla riva del Po.

32
“Villico palustre”.




                      33
Dall'alto, antico Mulino sul Po, retro del Mulino di Sopra, retro del Mulino di Sotto.
34
Dall'alto, antico Mulino di S. Giovanni, macine, Mulino nuovo di S.Giovanni.

                                                                               35
36
STRADARIO




            37
Via strada piazza

     Via deriva dall’omonimo latino che a sua volta discende dall’antico veha (da cui vehere, trasportare) e dall’origi-
     nale weghya, strada per carri.

     Strada, dal latino strata, per l’esattezza via strata, indicava una via costruita con caratteristiche ben precise; nella
     forma più semplice: un sottofondo di ghiaia e un manto di ciotoli o grosse pietre spianati, detto basolato. Avendo
     una funzione essenzialmente militare le strade dovevano essere percorribili in qualunque momento e con qualsi-
     asi tempo per permettere ai soldati di raggiungere rapidamente i luoghi di operazioni.
     Oggi si tende a dare l’attributo di via ai percorsi all’interno degli abitati e di strada a quelli di collegamento tra i
     paesi o che si sviluppano attraverso la campagna.

     Piazza deriva dal latino volgare platja, dal classico platea, che a sua volta prende dal greco plateia, forma femmi-
     nile del sostantivo platys, largo. Stava ad indicare sia il largo spazio del forum dove si tenevano le riunioni, il
     mercato, gli affari pubblici e privati, sia l’area libera nel castrum, l’accampamento militare, all’incrocio del cardo
     con il decumanus, dove si schieravano e si esercitavano i soldati .




38
Alcune doverose ma interessanti note di toponomastica
Scrive Olvieri nel suo Dizionario di toponomastica lombarda: “Da qualche tempo nelle esplorazioni dei nomi
geografici più antichi si ha particolarmente di mira la determinazione delle aree di diffusione dei linguaggi, ad
esempio l’iberico, il ligure, il retico, l’etrusco ecc.”, il che permette spesso di individuare la successione cronolo-
gica dei toponimi.
Per il Reggiano, la maggior parte dei nomi delle emergenze è di origine medievale, sia che si tratti di corsi
d’acqua, strade, costruzioni o agglomerati abitativi. Risalgono a quest’epoca i nomi che ricordano rapporti giuri-
dici con istituti o magistrature, o vengono dal nome latino: vicinia, concilium, consortes, corte, communis, villa,
herbaticum, sorte, braida, fara, marca, o alludono a costruzioni diverse: bastia, camatta, casone, castellaro,
molino, turris, o ad appezzamenti di terreno o condizioni di coltura: circa (confine), novum, novetum, novulatum,




La Gatta


piscale, piscaria, ronco, saltus, tesa, o a condutture, corsi d’acqua, opere idrauliche: conca, dugale, gurgula,
redefosso, tomba, vasum. Abbondano poi i nomi relativi ad edifici sacri o istituti religiosi: abbadia, basilica,
cappella, cella, certosa, collegiata, convento, cura, domus Dei, ecclesia, plebs, titulus. Infine a varie specie di
coltura: canaverra (canepaio), cerchiera (querceto), lovere (roveri), regoleto (roveri), a frequenza di specie ani-
mali averara (cinghiali), luè (lupi), o ad altre caratteristiche espresse da aggettivi: alto, basso, aperto, brus, o da
nomi: isola, regona, vanzo, corrigium, lama, palude, motta, pala, porto, rupta, silice, trezenda, vadum. Non cessa
l’uso della denominazione dei luoghi per mezzo del nome personale del proprietario, pratica di derivazione romana.
Si rintracciano ancora toponimi di chiara origine latina, in particolare quelli provenienti da nomi di persone, di
divinità, di distanze miliari dalle città, di numero di iugeri di una proprietà, di ediifici e attività e numerosi altri:
Scandiano, Quingentole, Cognento, area, castrum, fabrica, forum, fullonica, vicus, mercatus, quadra, quadrata
(centuria), quadrivium, lucus, strata.
Più indietro si va nel tempo meno comprensibili diventano i termini, anche perchè non se ne conosce il significato
originario, tuttavia alcuni sono chiari anche fuori dall’ambiente specializzato: gava (torrente), rodano (torrente),
ganda (pietrame), nava (conca), briva (ponte), brogilo (brolo, frutteto), bunda (fondo, profondo), tegia o attegia
(capanna), wald (foresta), gahagium (bosco).

Mi sembra necessario e utile premettere, a grandi linee, qualche spiegazione sulla derivazione dei nomi dei luoghi
del novellarese, in questo seguen-
do le indicazioni date da Gabriele
Fabbrici nel suo prezioso lavoro
“Storia del popolamento del novel-
larese attraverso i nomi locali”.
a) Toponimi romani, longobardi e
agionimia
I primi, originatisi da presenze di
epoca romana, non hanno lasciato
tracce che siano arrivate fino ad
oggi. Tra ‘400 e ‘500 si avevano
ancora un Gazano e un Pinzano,
forse provenienti da un Gaianus
fundus e Pincianus fundus.
Non necessitano di grandi spiega-
zioni i nomi di derivazione religio-


                                         La Farnetta
                                                                                                                            39
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Novellara vie strade e piazze

  • 1. Gian Paolo Barilli Vie Strade Piazze di Novellara RP GPB 1999 1999
  • 2. Introduzione Le strade e le piazze hanno sempre avuto una denominazione derivata da una carat- teristica propria o da un edificio, per lo più religioso, o da una situazione particola- re. Così a Novellara c’erano la Contrada della torre, la contrada del gioco del pallo- ne, quelle della zecca, dei birri e delle beccherie, lo stradone dei Gesuiti, la piazzetta e così via, ma non c’era bisogno di indicazioni o targhe; lo si sapeva e basta. E’ stato nell’Ottocento, con maggiore frequenza dopo l’Unità d’Italia, che si è iniziato ad intitolare le vie agli eroi nazionali e ai personaggi del Risorgimento, poi agli artisti, agli scienziati, ai lettera- ti, ai musicisti che avevano dato “lustro alla Patria”. La prassi era anche legata alla necessità di identificare le strade aperte nei nuovi quartieri sempre più numero- si. Se però alcuni personaggi sono universalmente noti perchè, prima o poi, se ne sente parlare a scuola, molti altri sono conosciuti solo dagli addetti ai lavori, in nu- mero ancora maggiore sono “illustri sconosciuti”, altri ancora infine sono solo “politicamente corretti”, senza altro merito. Inevitabilmente le vicende storiche portano cambiamenti nelle cose; le strade e le piazze sono fra le prime a ri- sentirne; per cui di volta in volta vengono mutati. E’ il caso di Piazza Vittorio Emanuele divenuta piazza Unità d’Italia dopo il raggiungimento dell’unità nazionale, di via Andrea Costa cambiata in Italo Balbo per riprende- re il primitivo nome nel 1946, o di strada della Vittoria divenuta strada Mussolini, e ritornata alla denomina- zione originale, dopo la fine della guerra. Ci sono an- che frequenti errori nelle mappe e nelle cartine topo- grafiche pubblicate a vario titolo e nelle targhe strada- li; viene portata ad esempio tra i cultori di toponoma- stica una strada del guastallese detta Viazza spino, per una siepe di “marugon”, trasformata in via dedicata al signor Spino Viazza. Ma anche noi non siamo da meno: via Felice Cavallotti è diventata fratelli Cavallotti, al ponte sulla Fiuma fino a poco tempo fa un cartello di- Antichi numeri civici ceva “cavo Fiuna” con la n, via Giulio Natta, chimico, è stata trasformata in Alessandro Natta, politico, ( per di più, essendo vivente, non gli si può intitolare una strada); via Marchi, alla sua estremità nord, fino a poco tempo fa era intitolata anche a G. Matteotti e, dulcis in fundo, con un salto di più di 1500 km., San Giovanni della Fossa è Villa San Giovanni sempre in provincia di Reggio, ma di Calabria. Tutte ragioni in più per conoscere meglio la toponomastica e i suoi cambiamenti. L’interesse per il significato o l’origine del nome di un luogo è sempre forte nella gente, in particolare quando non è di comprensione immediata. Spesso esistono spie- gazioni tradizionali, in vari casi è di aiuto la storia locale, ancor più sovente bisogna 1
  • 3. ricorrere agli studi specialistici di una scienza che si chiama Toponomastica. Scrive G.B.Pellegrini che le osservazioni toponomastiche costituiscono un ampio filone di ricerca “di norma assi fruttuoso, ricco di suggestione e di fascino che nei suoi risul- tati può illuminare non soltanto molti aspetti delle scienze umane ma anche vari risvolti nel campo della storia naturale, della geografia antropica e di quella fisica”. La prima numerazione delle case del paese e delle ville di cui si ha notizia è di epoca napoleonica, esattamente del 1809, costituita da targhette di terracotta recanti una lettera e un numero ( ce n’è qualcuna superstite, sulla casa Sessi in via della Libertà, sulla casa che fu del canonico Battistoni in via Carlo Cantoni, alla Rossetta in via Casino di sopra ), la succesiva è del 1901, sostituita negli anni Cinquanta e di nuovo negli anni 1979-80. Nel 1868 Novellara contava 6631 abitanti (3396 maschi e 3235 femmine), un numero praticamente immutato dal 1600 ( salvo ovviamente gli anni immediatamente se- guenti la peste del 1630 quando morirono due terzi della popolazione); il terreno fertile e la disponibilità di acqua hanno sempre favorito la coltura di granaglie, viti, alberi da frutta, gelsi, prati e l’allevamento di bovini e suini. Al tempo vi si tenevano quattro fiere annuali S.Cassiano, S.Anna, S.Matteo e Pentecoste ed un mercato setti- manale molto frequentati. Nel 1901 i novellaresi erano diventati 7788. In poco meno di cento anni la popolazione è raddoppiata e il numero delle abitazioni decuplicato; si è passati da una società prettamente agricola ad una più artigianale e di piccola industria. Tra le immagini di questo libro non si troveranno né Cavour, né Segni, né Mascagni, né Volta; ho volutamente, salvo rarissime eccezioni, dato lo spazio a luoghi e perso- naggi connessi con Novellara e il suo territorio perché se ne abbia una maggiore conoscenza. Non ho resistito alla tentazione, ma non ho neppure voluto perdere l’occasione, di mostrare i vecchi scorci del paese anziché quelli attuali, pensando che possa essere un piacere confrontarli con quelli che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni e dare la possibilità a molti, non più giovani, di ricordare. 2
  • 4. 3
  • 5. Ringraziamenti Graziano Andreani, Giorgio Barilli, Franco Becchi, don Quinzio Bonezzi, don Luigi Brioni, Gabriele Fabbrici, Maurizio Festanti, Giandomenico Ghizzoni, Elena Ghidini, Antea Lombardini, Gino Mariani Cerati, Anna Pelli, Susetta Riccò, Patrizia, Paolo e Firmino Ricci, Corrado Reggiani, Gerolamo Siligardi, Franco Storchi, Norberto Nasi, e tanti altri mi hanno dato una preziosissima collaborazione. Quando non ho trovato materiale illustrativo nelle mie raccolte ho potuto attingere senza limite dalle collezioni di Antonella Rapacchi, Duilio Bartoli, Gaetano Gaddi e Franco Lombardini. Quest’ultimo si è anche prestato con entusiasmo e solerzia ad eseguire stampe, ingrandimenti e riproduzioni fotografiche. Sergio Ciroldi mi ha consigliato, sostenuto e spronato in ogni momento mentre Ettore Pedrazzoli non ha mancato di segnalarmi documenti e materiale d’archivio e indicarmi luoghi, strade e corsi d’acqua. Rinaldo Pace, in arte Ci&Wi, per la sua perizia e passione è stato preziosissimo nelle impaginazione dello scritto e nelle elaborazioni di tutte le immagini operando non di rado vero miracoli su foto d’epoca che mostravano tutti i segni del tempo. Con diversi anziani ho cercato di ricostruire la vecchia situazione di strade, luoghi ed edifici e di scoprire attra- verso il dialetto il significato di alcune denominazioni. Mia moglie Franca ha riletto più volte le bozze rintracciando non pochi degli infiniti refusi che le costellavano. Così per merito loro questo libro è riuscito assai più ricco e completo. Disegno prospettico di palazzo Bonaretti a sud della piazza. 4
  • 6. Natio paese, che le diritte vie e le quadrate piazze apri accogliente, fra un mar di verde, nella pingue e mite pianura emiliana, a te ritorno, carico d’anni e di vicende. Oh come il core, nella lunga assenza, questo momento sospirava. Estasiato miro i fertili campi alla sementa nova dal ferro aperti, le stradette note fra vive siepi e i bei filari degli olmi coi festoni delle viti gravi di nereggianti opimi grappoli. Dell’alta Chiesa, a cui nel secol d’oro Lelio, nobil tuo figlio, ornava il fronte, e della Rocca dei Gonzaga antica, le due torri saluto, che da lunge t’annunziano allo sguardo e ai lati estremi veglian, giganti scolte, il gregge uguale delle case. L’infanzia qui m’arrise, qui le cure e l’affetto de’ miei cari che sotto gli archi del tuo camposanto ora àn pace, godetti qui d’amore prima sognai e qui, ne’ giovani anni, della mia vita la compagna elessi. In seno a te, dove ogni sasso ed ogni sterpo al core mi parla, io pensavo di vivere i miei giorni, all’onor tuo e al tuo vantaggio intesi. Altro la sorte volle: sott’altro cielo e in altri lidi della gran madre Italia son vissuto, a lontani fratelli ò dato e chiesto aiuto; in altri luoghi ò pur lasciato brani del cor, non mai di te dimentico. Or vecchio torno a te, dolce paese delle memorie. O questo scorcio almeno passar qui, tra il sorriso de’ tuoi orti e sotto la corona de’ tuoi portici coi superstiti amici ricordando l’età passata, e accanto ai padri un giorno posare!... Vano sogno ormai!...Altrove nòvo dover mi vuole, altrove i figli vivono, altrove una diletta tomba, ahi ! troppo presto aperta, a sè mi chiama. Giuseppe Malagoli 5
  • 7. Uno sguardo alla cartografia di Novellara Per studiare i percorsi, le vie di comunicazione e i loro cambiamenti sono ovviamente di grande utilità le carte, le mappe, i disegni, gli schizzi anche grossolani e sproporzionati, le descrizioni su lettere e documenti. La cartogra- fia di Novellara e del suo territorio è fortunatamente ricca e varia, il che è stato di grandissimo aiuto per le ricerche di toponomastica e lo studio dello sviluppo dell’abitato. La più antica rappresentazione del- la zona è stata eseguita sulla scorta del Lodo del 1449, un patto con cui i Gonzaga, i da Correggio e la città di Reggio si accordavano sui con- fini e sul libero scorrimento delle acque. Vi sono raffigurate le strade essenziali mentre il centro è rappre- sentato schematicamente come un gruppo di edifici circondato da una palizzata. Databile attorno alla metà del ‘ 500 è una piccola mappa del centro sto- rico, il progetto per l’ampliamento del castello verso ponente, in cui sono disegnati mura e torrioni che però non vennero mai realizzati. E’ probabilmente ridisegnata da un progetto originale voluto da Ales- sandro I Gonzaga prima del 1530. Ancora della metà del ‘500 sono al- cune mappe idrauliche che spazia- no da Reggio al Po che mostrano i corsi d’acqua, le valli, le strade con le rispettive denominazioni. Di no- tevole rilevanza son due tavole che raffigurano la Bassa prima e dopo le bonificazioni Bentivoglio e alcu- ne mappe rurali del novellarese dai Boschi ai Terreni Novi alla Valle. Un rilievo particolareggiato del- l’abitato e della campagna circo- stante è stato eseguito da Nicolò Se- Mappa disegnata in relazione al Lodo del 1 ottobre 1449 dei vescovi di Mantova e bregondi nel 1626. Fra l’altro vi Modena per il libero scorrimento delle acque del canale di Novellara. sono raffigurati i “giardini all’ita- liana” del Casino di sopra. Del pieno Seicento è un rozzo schizzo delle case del centro, utilizzato all’epoca per definire le pertinenze del convento dei Gesuiti. Ai primi anni del ‘700 risale una raffigurazione semplice delle terre di Cortenova, con indicate strade e corsi d’acqua. Prospero Siliprandi nel 1774 redasse le mappe particolareggiate dei centri storici di Bagnolo e Novellara e di tutte le pertinenze della duchessa M.Teresa Cybo d’Este nella campagna, lasciandoci così una splendida veduta d’in- sieme del feudo gonzaghesco. Dello stesso anno è una grande mappa idraulica da Bagnolo alla Fiuma disegnata da Ludovico Bolognini. Un rilievo molto preciso eseguito con criteri moderni venne operato, nel 1793, da B.Villa per i territori estensi a somiglianza del Catasto Teresiano austriaco. Contiene organiche e complesse operazioni estimative dei terreni e dei fabbricati. In epoca napoleonica, attorno al 1810, Novellara fu uno dei rarissimi paesi che fece un rilievo planimetrico dell’abitato; ne risultò una carta di grandissime dimensioni ( 3,6 x 4 m.) rimasta per oltre 150 anni nei ripostigli della rocca e riscoperta negli anni Settanta. Nell’unica edizione a stampa ottocentesca delle Memorie del Davoli si trova una mappa del feudo gonzaghesco. Degli anni Ottanta del secolo scorso sono le tavolette al 25.000 dell’ Istituto Geografico Militare di Firenze, aggiornate tra 1956 e 1961, insostituibili per le denominazioni delle località e delle case. Ancora della fine del- l’Ottocento è la Mappa catastale del Regno cui è seguita quella del Catasto Italiano degli anni Cinquanta. 6
  • 8. Mappa del Novellarese da un manoscritto del can. V. Davoli. Novellara e dintorni dalla tavoletta al 25.000 dell’Istituto Geografico Militare di Firenze del 1881. 7
  • 9. Mappa della contea di Novellara e Bagnolo pubblicata a corredo dell’edizione a stampa dell’ Istoria di Novellara e dei suoi principi del 1835 8
  • 10. Una porzione del centro di Novellara dal Regio Catasto del 1890. 9
  • 11. A proposito del nome e dell’origine di Novellara Di Novellara dico voi bramate Sapere il certo Fondator primiero, E chi le diede il nome di cittate. Se però devo confessarvi il vero, Quella invano finora io ricercai, Un dettaglio per farne a voi sincero. Invan gli annali suoi io ripescai Dentro di questa spaziosa valle; Ma ritrovarli non potei giammai. “Ritratto poetico di Novellara” 1752 Si continua purtroppo a far derivare il nome del nostro paese da fenomeni atmosferici come nubila, nube e nebula, nebbia, anche se quest’ultima è una presenza costante della zona, è da tempo accertato che non è così. I toponimi del tipo Nuvolato, Nuvolenta, Nuvolera, Nuvole, Noventa, Novilara e, naturalmente, Novellara, anzi N’valera, derivano dal tardo latino “ager novalis”, nuovo campo in quanto riscattato dalla millenaria palude, o da novulus, che si collega all'aggettivo novus, con significato, nei secoli dal V alla XI, di terreno bonificato ad opera dei monaci, come è stato dimostrato per Nuvolera e Nuvolento nel Bresciano. Pure partendo dalla definizione latina di aia si arriva alla stessa conclusione. Aia, in dialetto éra (ara in quello matovano), deriva dal latino area che definisce lo spazio spianato e sgombro a fianco delle case coloniche, quindi Nova éra, N’valera, indicava uno spazio “roncato”, liberato da alberi, arbusti, cespugli da utilizzare per le colture. Di toponimi Nuvolara ne esisto- no altri in Emilia e in Lombardia, anche in posti di col- lina dove la nebbia non si vede proprio, per i quali è provata la provenienza da “spazio liberato per destinar- lo alla coltura”. Comunque nei documenti più antichi si trova scritto Nuvelare. Novellara ha avuto origine da tre centri di aggregazione umana, tre villaggi preistorici: Cortenova, Castellonco- lo e S.Antonio. La località di cui si ha la più antica attestazione docu- mentaria è Cortenova e risale all’anno 850. La “curtis” si trovava nella attuale zona artigianale a sud, in località “Motta”. Il toponimo “motta”, assai diffuso in Italia, sta a indicare un rilievo del terreno, abitato da epoca imme- morabile. Era un centro agricolo con difese e fortifica- zioni a quadrilatero con chiesa dedicata a S.Lorenzo. L’intitolazione a questo santo fa propendere per una ori- gine anteriore al 568, data convenzionale dell’arrivo dei Longobardi in Italia, quindi attribuibile ai primi cristia- ni del periodo tardo romano. Una conferma materiale di ciò viene dal ritrovamento in loco di mattoni manubria- ti, embrici, frammenti di ceramica e metalli di tipologia Ricostruzione del castrum di Novellara nel XIII sec. secondo romana. S. Ciroldi. Il “Castellunculum”, il primitivo “fortilizio” di Novel- 1) Chiesa di S.Stefano in Valle, 2) Abitazione del signore, 3) lara, si trovava nell’area delimitata da via De Amicis, Abitazione dei monaci, 4) Torre di guardia, 5) Alloggi di servi via della Libertà, via Vittoria di Capua e via Costituzio- e contadini, 6) Scuderie con granaio soprastante,7) Muro perimetrale, 8) Ingresso, 9) Fossato. Nota: la torre e la chiesa ne con chiesa dedicata a S.Stefano; i documenti men- sono collocate ad arbitrio. zionano infatti dal 1106 un S.Stefano in Castelloncolo; e poichè anche questo era un santo pre-longobardo, è da credere che l’insediamento sia esistito almeno dalla stessa epoca di Cortenova. Il terzo centro era alla Motta di S.Antonio presso il Molino di sotto, al limitare delle valli. Il culto del santo è molto antico essendo vissuto nel III sec. d.C. E’ interessante notare che la scomparsa chiesa di S. Michele, relativamente poco distante, e di chiara fondazione longobarda, era alle dipendenze di S.Antonio Abate e si trovava sempre ai bordi delle valli ma più vicina all’antico Bondeno. Dopo l’anno Mille la popolazione era distribuita sulla lingua di terra lasciata nei secoli precedenti dalle piene del Crostolo, circondata dal Gurgum e dalle paludi su tre lati. La zona più densamente popolata era tra Cortenova, San Giovanni e Santa Maria perchè le terre più fertili e coltivabili erano quasi tutte qui. Un censimento del 1315, il 10
  • 12. Liber focorum, ci fornisce la prova di questa distribuzione della gente: 25 nuclei familiari a Cortenova, 15 a S.Giovanni, 20 a S. Maria, 25 a Fossa e solo 3 a Novellara. Al di là dei numeri assoluti è importante sapere che le famiglie erano particolarmente scarse perchè negli anni precedenti c’erano stati guerre, saccheggi, carestie e pestilenze; poi nel censimento probabilmente non si è tenuto conto dei servi e dei villani, dei braccianti e dei tezarini. Quasi tutti abitavano in case, raramente in muratura, sparse per la campagna in mezzo ai poderi. Nessun dato certo ci aiuta a capire perchè Novellara sia prevalsa sugli altri centri; possiamo solo ipotizzare che a seguito della invasione degli Ungari del X sec. per il fenomeno dell’incastellamento le nostre piccole comunità abbiano costruito il Castelloncolo di Novellara equidistante dagli altri nuclei abitati, oppure che Adalberto Atto di Toscana, avo di Matilde di Canossa, che qui aveva giurisdizione e beni, abbia privilegiato il paese, per motivi a noi ignoti, erigendovi una fortificazione. Sicuramente i Malapresa, feudatari nella zona da una data imprecisabile dell’ XI secolo, vi avevano un fortilizio che rendeva il luogo più sicuro e quindi polo d’attrazione per la gente del posto. Il centro storico e il suo sviluppo S’accrebbero le case, e il suo confine allargò Novellara, insieme a Dio Un tempio alzando, e altre magion divine. De’ padron per istinto eccelso e pio, Di torri s’adornò, di campanili, E forma di città prese, e vestio. Fabbricò monesteri ampj e civili; Si divise in contrade spaziose; E s’impinguò di stalle e di fenili. Ma tra le doti sue più speciose, Della piazza tacer non m’è permesso, Che da suoi con tant’arte si dispose. Ella è un quadro bislungo, che in se stesso Da trenta milla fanti chiuderia, Stando però l’uno dell’altro appresso. Insomma è tal che invidia non avria, Se in Roma fosse e avesse una fontana, A qualunque altra piazza in Roma sia. (da Ritratto poetico di Novellara, 1752) Il nome Nuvolare compare per la prima volta nel 962 come fundus, mentre da un documento dell’anno seguente si apprende che c’era una pieve alla quale erano sottoposte alcune cappelle (“plebem de Nuvolare cum suis capellis”). Allora faceva parte dei vastissimi possedimenti di Adalberto Atto di Canossa. Da questi atti, pur potendo effettuare una serie di importanti deduzioni e considerazioni, nulla si può ricavare sull’abitato. Di grande interesse invece un atto di vendita del 1142, nel quale sono menzionate le fortificazioni erette a Novellara dai Malapresa; questo dato sommato alla citazione di un Castellunculum nel 1106 e nel 1211 ci permette di stabilire che c’era un gruppo di costruzioni disposto in modo da formare una solida difesa. Il luogo è facilmente identifica- bile con le case comprese tra via della Libertà, via De Amicis, via del Popolo e via V.di Capua. Ad ulteriore conferma si tenga conto del muro a scarpa delle costruzioni verso est e del fatto che per tradizione vengono chiamate le case dei Sessi, la famiglia preminente in Novellara dal XIII secolo prima dell’avvento dei Gonzaga. Nel corso dello stesso secolo Novellara passava dalla giurisdizione del vescovo a quella del Comune di Reggio. 11
  • 13. La situazione primitiva e il XIV sec. L’abitato di Novellara, prima dell’avvento dei Gonzaga era costituito, come si è visto, da un gruppetto di case disposte probabilmente a quadrilatero, di cui oggi restano solo quelle dei lati nord e ovest, che costituivano il Castelloncolo; una di esse era l’abitazione dei Sessi, famiglia reggiana, filo imperiale, più volte esiliata dalla città, proprietaria di terre e beni a Rolo oltre che a Novellara. Attorno, casupole a un solo piano costruite con pali, canne e fango; poco lontano la pieve. Con tutta probabilità a cavallo tra XII e XIV sec. l’insediamento è stato ampliato, per comprendere anche la chiesa e le altre costruzioni e, circondato da una fossa, che correva circa lungo via della Libertà, via 4 novembre, via Ariosto, via Costituzione e via De Amicis, con terrapieni e probabilmente palizzate. La chiesa all’interno del castello era sicuramente dedicata a S.Antonio Abate (venne assegnata ai Carmelitani quando si stabilirono a Novellara alla fine del ‘400 e intitolata a S. Maria delle Grazie); il Davoli poi riferisce che esisteva una chiesa di S. Stefano “non lungi da Novellara presso un forte fabbricato nominato il Castelloncolo”. Infine c’era una chiesa dedicata a San Pietro probabilmente lungo la strada che proveniva dal Borgazzo appena fuori del fossato presso la porta del paese. Poco dopo l’inizio della dominazione dei Gonzaga su Reggio, Filippino Sessi, nel 1341, intenzionato a migliorare le fortificazioni di Novellara, prese accordi col vescovo di Reggio per demolire la chiesa di S.Stefano che si sarebbe venuta a trovare parte nella nuova fossa e parte nei terrapieni. Gli accordi prevedevano la ricostruzione della chiesa altrove, ma Filippino non tenne fede all’impegno, probabilmente perchè subentrò Feltrino Gonzaga. Il nuovo signore che già aveva impegnato uomini e mezzi per la costruzione della rocca di Bagnolo, iniziò la fortificazione di Novellara con lavori di ampliamento del paese verso sud-ovest, il che portò all’abbattimento della chiesa di San Pietro per lo scavo delle nuove fosse e l’innalzamento dell’argine, e la costruzione del granaio (case a ponente di piazzale Marconi); poi nel 1364, si offrì di costruire la nuova chiesa di S.Stefano che fu innalzata al Molino di sopra. L’anno seguente iniziò i lavori per un nuovo castrum “cum subterraliis et aliis aedificiis”; frase che deve essere interpretata nel senso di fortificazione di una parte del paese e non di erezione della rocca, anche perchè i primi materiali, ricavati dalla demolizione della torre delle case dei Sessi, non poteva- no essere una grande quantità. A proposito di torri non si è ancora potuto stabilire se la torre dei Malapresa fosse all’interno del Castelloncolo o nell’area dell’attuale cortile della rocca. La rocca, ambizioso progetto di Feltrino, iniziata forse da suo figlio Guido, venne realizzata in concreto dal nipote Giacomo. Era comunque terminata attorno al 1450. Il Malagoli ci ha lasciato la descrizione della casa detta “dei pescatori” proprietà dell’avvocato Borsari in villa Borgazzo, prossima al paese, costruita attorno alla metà del Trecento: “Tale antica capanna è larga metri quadrati 34,8, le fondamenta sono di pietra ben cotta e calce che sormontano il suolo per un quarto di metro diventando muro, a cui trovansi appoggiate orizzontalmente per tutto l’intorno travi robusti che sostengono i cosidetti muri di cinta composti di piedritti, di alghe, di mezze pertiche di salice legate con lazzi di canapa intonacate di terriccio Sulle due pagine: gli edifici fra via De Amicis e via della Libertà che formavano due lati del "Castelloncolo". Sono storicamente noti come "Case dei Sessi" perché vi abitò questa famiglia fino alle soglie del Quattrocento . Di fianco in basso a sinistra l'interno. 12
  • 14. detto malta o melma, intersecati da travetti formando così una palizzata sino al piano superiore; ai quattro lati del quale e per tutta la loro estensione altri travi orizzontali sostengono il proseguimento del muro di terriccio eguale al sottoposto, dello spessore, tutto compreso, di centimetri trenta. Il tetto ora è composto di tempie, travetti, legni e tegole, ma all’epoca di prima costruzione della capanna ho tutta la ferma persuasione che fosse di alghe, di pertiche di salice e di paglia sovrapostavi. La capanna è composta di una cucina e cantinetta disselciate; mediante scala a piuoli si ascende al sovrastante piano fatto di assi. Il tutto è reso compatto ed unito da larghi e robusti chiodi di ferro”. 13
  • 15. Liber focorum, un censimento delle famiglie del 1315, nella edizione settecentesca del Tacoli. Si osservi come la popolazione gravitava in prevalenza a sud di Novellara,distribuita tra Cortenova e S.Maria della Fossa.(Fotocomposizione elettronica). 14
  • 16. Espansione del XV sec. Si deve a Francesco I Gonzaga il primo ingrandimento certo del paese; da diversi piccoli proprietari aveva acqui- stato i terreni confinanti col “campo delle noci” che avrebbero dovuto costituire l’area della piazza e le contrade del nuovo borgo. Nel 1478 permutava alcune sue possesioni con porzioni di terra, di pertinenza della chiesa di S.Stefano, costituite dalla “Piazzetta”, dalla superficie che sarà occupata in seguito dai “portici del telonio” e da quella del futuro “portico lungo” (via C.Cantoni). Le nuove case “...furono fabbricate-scrive il Davoli- del tutto, o fino al primo piano a spese dei Gonzaga, i quali con una conveniente porzione di terreno nel cortile ed orto, o canepaio, le cedettero poi in proprietà a chiunque volesse abitarle, sotto l’annuo canone però di uno o due capponi alla dispensa Gonzaga”. L’anno prima Francesco aveva ottenuto dal vescovo di Reggio il consenso di fondare un convento per i padri Carmelitani scalzi. In un primo tempo assegnò loro la chiesa che era stata la parrocchiale all’interno del castello e successivamente ridotta ad oratorio col titolo di S.Alberto, e una casa nelle vicinanze, poi a partire dal 1480 furono edificati il complesso claustrale e la nuova chiesa; questa occupava l’area dell’attuale via Lelio Orsi tra ciò che resta del convento, più noto come “casino Chiavelli”, e casa Zanetti. Questa fase durò anche negli anni di governo di Gian Pietro, cioè fino al 1515. In capo alla Piazza Maggiore si iniziarono nel 1512 i lavori per la costruzione della nuova parrocchiale che era progettata con la facciata a ponente, cioè all’opposto dell’at- tuale, ed erano ancora in corso nel 1516 sotto la direzione di un messer Bernardino, quasi sicuramente Campi, architetto cremonese, “impiegandovi due fornaci di pietra”. Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca, 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3) Chiesa di S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto .Secolo XV 15
  • 17. Espansione della prima metà del XVI sec. La costruzione delle case e dei portici della piazza proseguì al tempo di Alessandro I, per il lato a settentrione, fino all’inizio dell’attuale corso Garibaldi, terminando con quello che venne chiamato Arco Dominizio e per il lato a meridione fino all’altezza dell’odierna via Veneto. Ripresero i lavori attorno alla chiesa nuova della piazza che fu innalzata fino a dodici braccia dal suolo; chi faceva arrivare la calce da Quistello per le opere murarie era Bartolomeo Orsi padre di Lelio. Negli stessi anni lavorò a Novellara anche il Correggio che assieme a messer Latino dipinse le camere del torrione vecchio della rocca. La configurazione a “maglia ortogonale” è indicativa del concetto militare con cui la nuova città viene progettata il che è coerente con la professione di uomini d’armi dei Gonzaga dell’epoca. Non a caso si è scritto “nuova città” perchè questa parte si può considerare un insediamento di nuova fondazione in quanto nasce come “progetto” di un’area completamente libera e non come completamento del preesistente borgo medievale. E’ ciò che Vespasia- no Gonzaga farà un ventennio più tardi, intorno al 1550, quando traccerà il piano urbanistico di Sabbioneta ricollegando la preesistente rocca al borgo medievale. Nel 1541 Donna Costanza da Correggio vedova di Alessandro I indirizzava al cognato Giulio Cesare una lettera in cui esprimeva il desiderio di costruire una “poca fabrica ma bellissima; la voglio altetta come sopra una motta, ma non a due tasselli,...V.S. li pensi un poco, che subito li diamo principio...”. Passeranno cinque anni prima che i lavori posssano iniziare, ma la residenza in villa, la “delizia” come usava chiamarla, il Casino di sopra divenne una splendida realtà. Mappa del centro di Novellara anteriore al 1567, probabilmente ridisegnata da una della prima metà del secolo XVI. Si notino la chiesa di S. Stefano con ingresso e la torre dalla parte opposta rispetta allattuale, la porta di accesso in corrispondenza dell'incrocio tra le attuali via Cavour e via C.Cantoni, la porta di accesso al castello all'inizio dellattuale via Gonzaga. 16
  • 18. Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca, 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3) Chiesa di S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto, 6) Chiesa collegiata di S.Stefano, 7) Chiesa e convento dei Gesuiti . Secolo XVI Espansione della seconda metà del XVI sec. L’intenzione dei Gonzaga era di allargare il paese con nuove contrade fino alla Piazza del mercato presso il Molino di sopra; il che fu effettivamente realizzato ad eccezione della contrada che, in prosecuzione a levante della via del Portichetto, avrebbe dovuto arrivare di fronte alla chiesa dei Cappuccini sul tracciato dell’odierna via Gramsci. Tale via era sicuramente già iniziata nel 1590 ed era formata da alcune case con portici poste perpendi- colarmente in fondo alla Contrada di S.Lucia (vennero demolite nel 1834 dopo l’inondazione dell’anno preceden- te perchè gravemente danneggiate). Lelio Orsi progettò tutta la nuova sistemazione urbanistica; nel 1557 assunse la direzione dei lavori della chiesa di S.Stefano facendo demolire quanto costruito fino a quel momento e ricominciandola ex novo. Da una mappa di fine Seicento si possono ricavare gli elementi sufficienti per effettuare la ricostruzione grafica della facciata della chiesa così come l’aveva progettata Lelio Orsi. Iniziò la costruzione del Casino di sotto, del teatro in rocca e del collegio dei Gesuiti. Nel 1585 venne innalzato il tratto di portico prospiciente Contrada della torre (corso Garibaldi): “ si diede principio al portico cominciando dov’è l’arco di messer Dominico Busi (arco Dominizio) perfino all’hosteria et casa di Evangelista Bianchi”. La mappa del 1626, che è riprodotta in copertina, ci mostra chiaramente la situazione urbanistica alla fine del Cin- quecento. 17
  • 19. Espansione del XVII sec. Nel 1603 la grande pietà di Donna Vittoria di Capua portò a Novellara dalle catacombe di Roma le reliquie di S.Cassiano; si apriva così un secolo di fervore, ma anche di rigore, religioso. Nello stesso anno la contessa fondò il convento dei Cappuccini con la chiesa dedicata a S.Anna. E’ interessante sapere che ottenne il benestare dal capitolo provinciale dei Cappuccini in deroga alle regole che non prevedevano l’apertura di un altro convento in questa Provincia Cappuccina. La costruzione era terminata nel 1605 e venne collegata con la piazza da un lungo portico. Nel 1616 venne fondato all’angolo tra via A.Costa e C.Cantoni l’ospedale per i poveri e nello stesso anno venne eretta la torre della Collegiata di S.Stefano. Molti lavori di rifacimento e di costruzione di edifici, comprese le opere di riattamento di appartamenti in rocca furono eseguiti sotto la direzione di G.B.Sormani. Nell’anno 1654 fu posta la prima pietra di due complessi religiosi: la chiesa dei Servi e quella della B.V. della Fossetta. I padri Servi di Maria a Novellara c’erano già da oltre un secolo e avevano un convento presso la chiesa di S.Antonio Abate al Molino di sotto, ma chiesa e convento nuovi furono costruiti all’interno del paese per soddisfare la volontà testamentaria del dott. Camillo Farneti. Quella della Fossetta fu eretta in fondo al viale che in prosecuzio- ne della Contrada dei Cappuccini era già stato sistemato nel 1642 con lo scopo di collegare il centro con l’argine della Linarola. Vi si trasferì, nel 1657, l’immagine miracolosa segata dal muro della primitiva cappelletta che si trovava all’estremità dell’attuale via Indipendenza al suo innesto in strada Provinciale, dove si trova il pilastrino. Nel 1678 moriva Alfonso II che nel corso dei suoi anni di governo aveva rinnovato i due casini di campagna, continuato la costruzione di case e portici, riquadrata la piazza fabbricando il portico del telonio, accresciuti gli appartamenti in rocca. Anche un complesso monastico femminile fu eretto, pur con rinvii e ritardi tra 1668 e 1689, sul lato est della Contrada del gioco del pallone ( via della Libertà) con la chiesa dedicata a S.Teresa che chiudeva la prospettiva della Contrada di mezzo (via Vittoria di Capua). Sul finire del secolo si iniziò la costruzio- ne della nuova chiesa dei Gesuiti. L’immediata conseguenza sull’urbanistica fu l’apertura di nuove strade e la costruzione delle relative case. Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca, 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3) Chiesa di S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto, 6) Chiesa collegiata di S.Stefano, 7) Chiesa e convento dei Gesuiti , 8) Chiesa e convento dei Cappuccini. Secolo XVII 18
  • 20. Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3) Chiesa di S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto, 6) Chiesa collegiata di S.Stefano, 7) Chiesa e convento dei Gesuiti, 8) Chiesa e convento dei Cappuccini, 9) Santuario della B.V. della Fossetta, 10) Chiesa e convento dei Servi di Maria, 11) Chiesa del Popolo. Secolo XVIII Lo stato dell’urbanistica dei secoli XVIII e XIX Il Settecento è stato qui un secolo di distruzioni. Dal 1701 Novellara era coinvolta nella guerra tra tedeschi e francesi; le truppe alemanne si accamparono sul territorio e recarono gravissimi danni alla popolazione e alle cose; distruzioni ancora maggiori portarono i francesi quando saccheggiarono e incendiarono Bagnolo e la sua rocca. Altri gravi disagi e forti contribuzioni di guerra si ripeterono al passaggio di truppe straniere nel 1710. Come se non bastasse ci fu un freddo terribile che fece gelare il Po e produsse una pesantissima carestia. L’evolu- zione urbana di questo periodo è limitata alla costruzione nel 1708 della chiesa del Popolo. Dopo la morte dell’ultimo conte, Filippo Alfonso, le vicende per la successione nel feudo portarono nuovamente in paese prima le truppe francesi poi quelle alemanne che, oltre a imporre tasse e contribuzioni, derubarono e distrussero, deva- stando anche i giardini del Casino di sotto. Alcuni anni più tardi Ricciarda, sorella di Filippo Alfonso, fece restaurare e modificare la chiesa di San Bernardino, fece costruire il battistero in S.Stefano, il nuovo ospedale in via Cavour e rinnovare il portico dei Cappuccini. Dopo che il feudo venne devoluto al duca di Modena, qualche opera venne fatta eseguire dalla duchessa Maria Teresa Cybo come la ricostruzione della chiesa di S.Bernardino, nel 1758, e di quella di S.Agostino presso il Mulino di sopra, nel 1751. La rocca, in balía di tutti, subì demolizioni e insulti di ogni genere finchè non venne venduta da Francesco II d’Este alla Comunità. Il colpo di grazia lo dettero i francesi di Napoleone che oltre a predare opere d’arte si appropriarono degli immobili e dei terreni già dei Gonzaga e vendettero chiese e conventi a privati: il complesso dei Gesuiti ad Antonio Greppi di Milano, il convento dei Carmelitani all’ebreo Sinigaglia, quello dei Cappuccini ai fratelli Taschini. E’ del primo decennio dell’Ottocento l’esecuzione di una grande carta topografica particolareggiata del centro storico che ci mostra la situazione urbanistica dell’epoca. Anche nell’Ottocento, almeno nella prima metà, tra le alterne vicende della dominazione napoleonica prima, e le 19
  • 21. guerre d’indipendenza poi, non ci furono nuove costruzioni, anzi furono di più le demolizioni, tra queste la chiesa dei Gesuiti nel 1808 e le scuderie nel 1852. Dopo l’unità d’Italia si osserva una ripresa nei lavori: la sistemazione idraulica del canale della Minara, del ponte sulla Fossetta al termine dell’odierna via Indipendenza, la costruzione del cimitero di S.Giovanni e di quello di Novellara in villa Borgazzo, del teatro in rocca, del macello comunale in Cantarana, della stazione ferroviaria; si eseguì la selciatura di diverse contrade. Espansione del XX sec. Ancora all’inizio di questo secolo l’attività edilizia era notevole; Celestino Malagoli nel 1907 scriveva in propo- sito queste note: “ Fra le più recenti costruzioni sono da ricordare: In villa Borgazzo: villino Righi, all’entrata del paese quasi di fronte alla stazione della ferrovia (oggi Istituto don Iodi); in villa S.Michele: casinetto dei fratelli Bedogni, di fronte al Casino di sotto; nell’interno: palazzo Bonaretti, in piazza V. Emanuele II; case: Soliani, Merzi-Davolio, Marzi, Benati, in S.Lucia; case: Lombardini, Slanzi, Fornaciari; salone Gallingani, in via Cavour; macello pubblico, fatto costruire dal Municipio, in via del Pallone. Furono poi fatti restauri e riparazioni alle seguenti case: nella piazza V. Emanuele II: Davolio n 4, Neri n 5, Bigi n 10; nel corso Garibaldi: Gherpelli n 9, Fabbrici n 21; in via Cavour Opera Pia locale n 1, Gianotti n 2, Manghi n 7, Rossi n 11; in via C.Cantoni. Gianotti n 1, Fornaciari n 7, Marmiroli n 8, Manghi n 10, Malagoli n 20, Ruspaggiari n 22, Fabbrici n 29, Merzi in Davolio n 31 (antico palazzone costruito nel 1675); in via Santa Lucia: Merzi in Davolio n 2, 4 e 11 Evoluzione del centro di Novellara nella ricostruzione di P.Bonori e P.Ricci. 1) Rocca 2) Chiesa e convento dei Carmelitani, 3) Chiesa di S.stefano vecchio, 4) Mulino di sopra, 5) Portichetto, 6) Chiesa collegiata di S.Stefano, 7) Chiesa e convento dei Gesuiti, 8) Chiesa e convento dei Cappuccini, 9) Santuario della B.V. della Fossetta, 10) Chiesa e convento dei Servi di Maria, 11) Chiesa del Popolo. Secolo XIX 20
  • 22. Mappa dell’abitato di Novellara del 1925-30 con i progetti delle nuove strade, alcune delle quali mai state realizzate. (palazzone), Altimani n 13 e 15, Lusetti n 17; in via dei Servi: Taschini n 1, Catellani n 3; in via della Zecca: Neri n 2; in via della Cantarana: Neri n 3; in via del Pallone: Bonaretti n 3 (oratorio delle suore ridotto a magazzino), in Villa San Michele: Lombardini n 13 ( Casino di sotto), Lombardini n 8 ( casa detta di Sant’Ago- stino, ove sorgeva la chiesa omonima)”. Nel 1910, con la demolizione dei portici del Telonio, cominciarono i lavori di costruzione della nuova Cassa di Risparmio che terminarono nel 1912. La Grande guerra e la crisi degli anni seguenti imposero un pesante arresto allo sviluppo urbanistico, con la sola eccezione del villino detto “del francese” in via Roma e la realizzazione dei giardini pubblici per ospitare il Monumento ai caduti , inaugurato nel 1925. E la costruzione delle scuole elemen- tari nelle frazioni. L’attività costruttiva riprese negli anni Trenta con l’ampliamento delle Officine Slanzi e, per l’edilizia pubblica, la realizzazione delle nuove scuole in via N.Campanini e delle scuole elementari nelle frazio- ni, per interrompersi nuovamente allo scoppio della seconda guerra mondiale. Si dovette arrivare alla metà degli anni Cinquanta per rivedere un po’ di attività. Allora vennero aperte le due vie attraverso l’orto dei Gesuiti, via Manzoni e via f.lli Cervi, si operarono il prolungamento di via De Amicis e l’apertura di via XXV Aprile per raggiungere via Costituzione e s’inziarono i lavori del tratto della Circonvallazione da via Veneto alla ferrovia. Venne inaugurato il nuovo campo sportivo in via Indipendenza. Con il “boom economico”, e per tutti gli anni Sessanta, i condomini e le villette si può dire che siano veramente spuntati come funghi. Nei decenni successivi l’edilizia pubblica e privata ha continuato a far crescere il paese e a rimodernarlo anche se purtroppo si sono persi alcuni edifici storici come il convento e la chiesa dei Cappuccini, l’oratorio del Carmine, i resti della casa di Lelio Orsi. la chiesa delle monache. La ristrutturazione di numerose abitazioni private ha portato alla scomparsa di soffitti a travi, travetti e assito, di pavimenti a “quadrelli”, di porte in legno, caminetti poveri in scagliola, di pozzi a camicia all’interno dei cortili, di bassi servizi con “foren, cius, poler e canteina”, degli anelli ai pilastri per legare i cavalli. Molto grave è stato il pesante rifacimento o la demo- lizione di complessi rurali. Fortunatamente oggi c’è una maggiore attenzione per la salvaguardia di questo patri- monio urbanistico “minore”. 21
  • 23. La Rocca in una veduta da nord-ovest degli anni Trenta. La rocca La rocca rappresenta da secoli la sede del potere, è l’edificio attorno al quale gravita la vita politica e amministra- tiva del paese. Non esiste una data sicura di inizio della costruzione. Quando Feltrino Gonzaga, dopo aver vendu- to Reggio ai Visconti, decise di fortificare Novellara, dispose che si fabbricasse un nuovo “castrum cum subterra- liis et aliis aedificis” ma non fa cenno alla rocca, anche se quasi certamente la fece progettare ( non si dimentichi che aveva già fatto costruire la fortezza di Bagnolo); era il 1371. Probabilmente non vide neppure l’inizio dei lavori di scavo delle fondamenta perchè, dopo la vendita della signoria, vagò molto per le corti amiche della pianura padana e morì a Padova nel 1374. Fu suo figlio Guido che provvide, a partire dal 1385, a realizzare qualcosa in concreto: le fondazioni e lo scavo dei fossati, il consolidamento dei terrapieni attorno al castello. I lavori alla fabbrica proseguirono per tutta la prima metà del XV secolo e si possono considerare terminati nel 1464. L’edificio era sostanzialmente una robusta fortezza con torri angolari, il muro a scarpa, la merlatura; però sia Giacomo che Francesco I avendola scelta come propria dimora avevano fatto costruire appartamenti all’inter- no e con un gusto prettamente rinascimentale avevano preso ad abbellirli. Sicuramente la grande sensibiltà di Costanza da Correggio influenzò il marito Alessandro I nelle modifiche successive sia della rocca che del paese. Subito dopo il matrimonio, nel 1518, “messer Antonio e messer Latino con due giovini tutti di Correggio” dipin- gevano la “ monitione” e la camera del torrione vecchio appena ristrutturati. Dopo la morte del marito, avvenuta nel 1530, Donna Costanza si impegnò a realizzarne i progetti; così tra 1541 e 1542 fece costruire un secondo piano con loggia e sala. Poi nel 1546 arrivò da Reggio Lelio Orsi che divenne l’architetto, il pit- tore, l’artista di corte. Dal 1563 al 1567 ristrut- turò e ampliò gli appartamenti, eseguì la decora- zione delle sale d’onore al piano terreno, ultimò le decorazioni della loggia, dell’appartamento di Francesco II, del nuovo teatro. La rocca perse sempre più la sua funzione di difesa a favore di quella di residenza signorile. Sarebbe passato un secolo prima che si eseguis- sero altri lavori consistenti. Nel 1670 Alfonso II fece innalzare da G.B.Sormani la torre detta “ Campanone” sulla porta esterna della rocca, “...or- nata di guglie, di lanterna e di cupola a squama di pesce con due giri di ben lavorate ringhiere....”, ed effettuare una nuova sistemazione degli ap- partamenti in particolare del secondo piano del lato nord. Dopo la scomparsa dell’ultimo conte specialmen- te dopo che, nel 1737, il feudo fu assegnato agli 22 Pianta settecentesca della Rocca di mano di Prospero Siliprandi. Estensi, la rocca cominciò a decadere: “furono
  • 24. tolti i ponti levatoi, chiusa la sortita a settentrione,....si disfò una parte della quadra che guarda a mezzodì, poi i corridoi a mattina ed a meriggio coll’abbassare i tetti, si atterrarono i 4 torrioni agli angoli...si devastarono gli ultimi appartamenti del piano superiore...se ne affittarono le camere a poveraglia che ne imbrattò i muri, distrusse e portò via tutto ciò che potè....”. Nel 1754 fu acquistata dalla Comunità che prese ad installarvi i propri uffici e le scuole, e ad assegnare buona parte dei locali a dipendenti comunali per propria abitazione. Un ultimo importante cambiamento nella struttura della rocca fu apportato negli anni sessanta dell’Ottocento con la costruzione del teatro; per la sua costruzione vennero demolite le cucine, la lavanderia, la legnaia gonzaghesche e purtroppo l’antico teatro cinquecentesco, ampiamente decorato da Lelio Orsi. Oggi ospita il Municipio, la Biblioteca, i Musei Gonzaga e della Civiltà contadina e associazioni culturali. Ancora la Rocca ripresa da nord-est nei primi anni Trenta. I portici “Una costante che esprime in modo particolare il valore scenografico dell’ambiente urbano di Novellara -scrivo- no P.Bonori e E.Torreggiani- è costituita dai portici mediante i quali l’organizzazione dei tracciati viari si arricchi- sce anche sul piano planimetrico. Il portico non è costruito soltanto <<per comodo dei servi, ma ancora per cagione di tutti i cittadini. (L.B.Alberti)>>; oltre che spazio di pertinenza dell’abitazione diventa centro delle attività quotidiane della popolazione che vi trasferisce le più disparate funzioni, sfruttandone al massimo la dutti- lità... Il portico si pone come percorso specializzato per il traffico pedonale che risulta così separato da quello dei carri e delle cavalcature che avviene sulla strada... Tale concetto è espresso dal Palladio quando sostiene che deve essere diviso <<il luogo per il camminar de gli huomini, da quello che serve per l’uso dei carri, e delle bestie; mi piacerà che le strade siano così divise che dall’una e dall’altra parte vi saranno fatti i portici, per i quali al coperto possano andare i cittadini a far negotij senza essere offesi dal sole, delle pioggie e dalle nevi...>>...I portici della piazza creano effetti di dilatazione spaziale...con intento scenografico e caratteristiche monumentali. I rimanenti portici risultano più stretti in relazione alla funzione di collegamento fra le abitazioni degli artigiani e gli edifici con funzione pubblica”. Nella progettazione antica dell’impianto urbanistico di Novellara intelligente- mente si è tenuto conto di un giusto equilibrio tra spazi pubblici e spazi privati, tra zone scoperte e zone coperte, che ancora oggi viene rispettato. Alle via e alle piazze si affiancano e si contrappongono i cortili interni e gli orti, alle chiese, alla rocca, alle scuole si affiancano le case, i bassi servizi, i negozi. Il tutto sempre mediato dai portici. Intorno al 1560 il Conte ordinava che “tutte le case poste nel Borgo di sopra cominciando dalla casa di m.r Jacopo Provisionati (il notaio) e venendo sino a quella di m.r Mutio Busi, si dovessero fabbricare fino all’altezza della casa del cavalier de Becchi”. Di portici ce ne sono per oltre quattro chilometri e tutti sanno quanto siano comodi per ripararsi dal sole a picco e dalle intemperie, come rendano agevoli e sicuri gli spostamenti all’interno del paese. Il fondo, non più in terra battuta, è stato livellato a cemento in questo secolo ad eccezione del portico a nord della piazza che è stato lastricato a quadroni di pietra serena nell’Ottocento. Le vetrine hanno sostituito le distese di mercanzia che occu- pavano i portici fino a metà della loro larghezza, i tavolini dei bar han preso il posto dei tavolacci delle osterie e delle panche addossate ai muri; il passeggio, “la vasca”, è un piacere antico, la gente al tempo dei Gonzaga amava come noi “ spazziare soto i porteghi”, così come trattare gli affari, il giovedì e la domenica mattina, in piedi, in punti strategici. Barbieri, sellai, calzolai, falegnami, impagliatori e maniscalchi vi hanno sempre svolto i loro mestieri anche se oggi pochi sono i superstiti, utilizzandoli come prolungamento della bottega. Vi si trovano i banchi occasionali delle lotterie e delle vendite di beneficenza delle associazioni e da qualche anno i banchi del mercatino dell’antiquariato. 23
  • 25. Portici. Novellara possiede oltre quattro chilometri di portici. La prima immagine mostra la vita sotto i portici negli anni 24 Cinquanta.
  • 26. Le Ville o Quadre All’origine della dominazione dei Gonzaga il territorio era diviso in cinque ville o quadre: Borgazzo, Reatino, Boschi, S.Michele e Valle; a queste se ne aggiunse una sesta tra Quattrocento e Cinquecento, i Terreni Novi. Dal XV secolo, sempre i Gonzaga, ottennero l’investitura delle cosidette Ville Reggiane di cui oggi solo S.Giovanni e S.Maria fanno parte del Comune. Borgazzo Il Borgazzo, intendendo la zona a sud del centro, giace sul primitivo deposito alluvionale lasciato dal Crostolo; la terra è fertile, percorsa da un canale che ne rende facile l’irrigazione. Poderi e campi qui sono stati molto ambiti per secoli come provano atti di compravendita fin da epoca antichissima. La strada tutta a curve, che ha dato origine al detto “ dritt c’me la streda dal Borgas” dimostra ulteriormente che il territorio era suddiviso in moltepli- ci appezzamenti coltivati e che qui si svolgeva l’attività agricola principale. E’ la fusione tra Corte Nova e Novel- lara. E’ probabile che i frati della “Badia” di Campagnola abbiano molto influito con la loro opera tra XII e XIII sec. sulla sistemazione idraulica e del suolo del Bor- gazzo prima che le le famiglie feudali emergenti, Ses- si, Lupi, Correggio, Malapresa, se ne impadronissero. Si noti che l’argine della Fossamana è ancora detto “l’er- sen di free”. E’ interessante sapere che tra XIII e XIV sec. il Borgazzo viene denominato “Burgaciun Curtis Novae” e “Burgacium Nuvelare” con prevalenza nel tempo sempre maggiore di quest’ultimo, indicandoci così il periodo in cui il centro degli interessi ha iniziato a spostarsi verso Novellara. Fa parte del Borgazzo anche la zona attorno alla Motta, oggi occupata in gran parte dal Villaggio artigianale, dove sorgeva la pieve di S.Lorenzo. Qui gli insedia- menti umani erano favoriti dalla presenza delle “sor- tie”, le risorgive. La maggior parte dell’abitato attuale si trova su questa quadra. Il Borgazzo visto dalla torre di S. Stefano San Michele La chiesa di San Michele ha dato il nome all’omonima villa. La dedicazione a un santo per il quale i longobardi avevano speciale predilezione ne fa fissare la fondazione tra VII e VIII secolo d.C.; la sua dipendenza dalla pieve di Cortenova conferma la posteriorità rispetto a S.Lorenzo. Secondo il Davoli era “ a mano sinistra, ossia al mezzo giorno della strada che da Novellara conduce alle Ca’ Nove” (via Nova). In effetti nel corso di scavi per la costruzione delle case del cosiddetto “quartiere Copellini”, ne sono venute alla luce le fondamenta. Ancora secondo la testimonianza del Davoli, dirimpetto alla chiesa “ a mano sinistra della strada” c’era un antico fabbricato, circondato da fosse, che poteva essere stata l’abitazione di Sirone de Sirii, signorotto di origine longo- barda del XII secolo. Il “Castellacium Sancti Michaelis” è nominato in una carta del 1203 come luogo da cui i reggiani iniziarono lo scavo di un canale navigabile che si collegava al canale di Guastalla. Reatino Villa Reatino deriva il nome dalla famiglia Reatini che era feudataria anche della omonima porzione in comune di Campagnola. Albricone vi possedeva un castello, come risulta dal rogito del notaio Ulrico del 1141, detto Castellazzo di Reatino o di Campagnola e la sua giurisdizione si estendeva fino alla motta di S.Antonio al Molino di sotto. Fra parentesi, il Castellazzo fu spianato nei primi anni dell’Ottocento, testimone il Davoli che ne vide i lavori. Traduzione dell’atto di vendita del Castellazzo nel quale sono compresi luoghi, strade e canali che interessano anche il Novellarese. Nel nome del Signore, anno 1141, 6 marzo, indizione quarta. A voi signori Gherardo e Corrado fratelli da Cor- reggio, io Palmerio del fu signore Albricone [dei Reatini] da Campagnola nella diocesi di Reggio, che vivo secondo la legge longobarda, vendo e faccio un documento di vendita del castello e della rocca miei che possiedo a Campagnola, detti Castellazzo e di tutti i muri, fossi, redefossi, argini, valli, ponti, ponticelli, catene, fortilizi, 25 munizioni e di tutti i passaggi, telonei, onorari, affitti ed entrate e di tutti i boschi, selve, pascoli, paludi, valli,
  • 27. peschiere, riserve di caccia e uccellagione, le vie, navigli, canali, acquedotti e mulini che ho fatto a Campagnola, e dei poderi e dei mansi che possiedo in tutta la giurisdizione del detto castello, e dei sottoscritti uomini aventi fortilizi con obbligo di obbedienza, e delle ville, del detto castello, e dei cittadini, dei comitatensi, dei vassalli, degli uomini di masnada, degli servi e delle ancelle. Seguono i nomi delle ville tra cui Canolo, Cognento e quelle di Sirone de Sirii con castello, dei Reatini e dei Mani. Confini del territorio che si vende con la presente carta: a mezzogiorno Cognento e Canolo di sotto, mediante la strada; a mattina il mio naviglio e corso d’acqua fino a Fabbrico; a settentrione l’alveo e corso d’acqua della Parmigiana per il tratto fino al varco dei signori di Reggio; a sera il territorio della villa di Cognento di sotto e la villa novellarese di S.Michele mediante il canale comune chiamato il bosco e prosegue scendendo fino all’im- missione nel naviglio che ho fatto costruire a sera presso il mulino non lontano dalla motta di S.Antonio del territorio di Novellara, salendo lungo il dugale comune fino ai castelli dei signori Mazzoli e Sironi dove il canale volge ad oriente e raggiunge la via che passa a settentrione seguendoli fino al suo ingresso nell’alveo della Parmigiana presso il varco delle valli dei signori di Reggio. Seguono i nomi di coloro che possiedono fortilizi, Malapresa, Della Palude, Sirone de Sirii, Mazzoli, Mani e Albricone stesso, poi degli abitanti di Campagnola, dei comitatensi, dei vassalli, dei masnadieri, degli ascritti alla gleba, dei servi e delle ancelle. Il prezzo concordato è di 4000 denari lucchesi. Rogato dal notaio Ulrico. Mappa settecentesca di San Michele e di parte dei Boschi . Boschi Dopo la caduta dell’Impero romano i boschi e gli incolti avevano riconquistato aree estesissime della pianura; in epoca longobarda una selva di proprietà regia, si estendeva dalle vicinanze di Reggio fino al Po; essa faceva parte di una selva più vasta che era sotto la giurisdizione del monastero di Leno di Brescia e arrivava fino al Secchia. Già allora tuttavia ampie zone erano libere dagli alberi e venivano utilizzate per i pascoli mentre altre venivano disboscate per il legnatico. Dalla seconda metà del secolo X l’opera tenace di penetrazione da parte di nuove signorie, come i Canossa, nonchè delle signorie ecclesiastiche, favorirono correnti di immigrazione nelle zone adiacenti al Po. Il moltiplicarsi delle pievi con relativi insediamenti umani tra XI e XII secolo testimonia un avviato intenso recupero delle aree a ridosso del Po, facilitato dallo spostamento del fiume verso nord, avvenuto proprio attorno all’anno Mille. Da questo momento l’opera di distruzione dei boschi per conquistare spazi al- l’agricoltura crebbe in maniera vertiginosa. Le zone dissodate, i nostri “ronchi o roncaglie” divennero sempre più 26
  • 28. Particolare di una mappa Seicentesca con rappresentazione di zone boschive tra strada Bruciata e Villa Boschi. frequenti; si iniziarono anche lavori di bonifica. Furono opera sopratutto dei monasteri, delle abbazie, che intorno alle loro corti raccolsero una vita agricola sempre più intensa. Anche nel novellarese si ebbero inevitabili massicce riduzioni del patrimonio boschivo con un picco tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500. I nostri Gonzaga riuscirono comunque a salvaguardare fino al 1700 un’area a foresta a sud-ovest del paese, appunto quella da cui ha preso nome l’omonima villa; ciò che era rimasto e cioè circa 40 biolche, fu distrutto nel 1798, così come furono tagliate completamente le macchie del Forcello. Un’altra zona boschiva in confine con Reggiolo era il Bosco delle Bruciate. Nel 1406 Giacomo Gonzaga aveva fatto costruire la prima casa colonica in villa Boschi, mentre nel 1574 Camillo I aveva fatto aprire la strada che attraversava i Boschi e congiungeva Novellara a S.Vittoria. Valle La zona paludosa, spesso allagata, a nord-ovest del paese ha dato il nome alla Villa. Questa, assieme alle valli di Guastalla e Reggiolo raccoglieva in origine le acque del Crostolo, del Canale dei molini e del Rodano. Al margine della Valle esiste ancora oggi un luogo detto “il Porto” che ha avuto grande importanza nel passato. Portus significa traghetto; qui infatti c’erano le imbarcazioni che percorrevano le paludi, raggiungevano altri attrac- chi e collegavano altri centri abitati. Il Porto era collo- cato all’estremità della strada romana che da Reggio arrivava a Novellara e ne costituiva il naturale prolun- gamento verso il Po. Il fatto poi che nella concessione del X secolo sia definito anche “ostium”, cioè porto vero e proprio, significa che era un approdo organizza- to, con un pontile o una banchina in legno e che in epo- ca medievale era collegato a un mercato. Nel corso del Duecento si provvide ad opera dei Reggiani a dare una prima sistemazione idraulica alla zona con lo scavo della Tagliata di Reggiolo, nel 1218, e col cambiamento del corso del Rodano. Le valli rimasero comunque ampie fino all’epoca delle grandi bonificazioni Bentivoglio. Le Valli allagate, in un'immagine degli anni Venti. Il marchese Cornelio Bentivoglio, signore di Gualtieri, riuscì a mettere d’accordo tutti coloro che avevano giu- risdizione sulle grandi valli a ridosso del Po e cioè Mantova, Parma, Modena, Novellara, Guastalla e Correggio, per ottenere il primo risanamento delle zone vallive. Le principali realizzazioni per la nostra parte, consistettero nell’inalveare il Crostolo fino al Po facendovi confluire o direttamente o attraverso la Cava e il Canalazzo-Tasso- ne, tutte le acque “alte”. Le acque “basse” invece furono fatte confluire nell’antico letto di Po detto Parmigiana o Fiuma, che a questo fine fu scavato in profondità e per una lunghezza di 20 km. seguendo l’antichisso tracciato della Scalopia. Nel 1564 Alfonso I Gonzaga dava inizio allo scavo del nuovo Bondeno con lo scopo di bonificare 27
  • 29. le terre tra Canalazzo e Canale dei Mulini. Tutto que- sto portò all’acquisto di nuove superfici coltivabili su cui sorsero le possessioni Ballabene, Bigliarda, Colom- bara, Daoglia, Pacchiarina, Vallesella, Vezzana e Zo- bola (nomi derivati dalle famiglie che vi si insediarono ad eccezione di Colombara e Vallesella il cui etimo non necessita di spiegazioni). Alla fine del XVIII sec. le zone paludose erano comprese tra Bondeno, Baciocca e argine della Gatta. Nel 1861 ancora un quarto del ter- ritorio comunale era paludoso. Nel 1920 presso la Ri- viera c’erano ancora 120 ettari di palude che vennero bonificati nel 1933. Ancora una veduta delle Valli. Terreni Nuovi I “Terreni Novi”, attuale frazione S.Bernardino, furo- no tra i primi ad essere bonificati dai Gonzaga tra Quat- trocento e Cinquecento; evidentemente il Canalazzo era stato arginato a sufficienza da non costituire più un se- rio pericolo per le terre circostanti, almeno dalla parte di Novellara. Francesco I vi fece costruire alla fine del ‘400 due grandi case, con relativi servizi, dette le “Co- stanze” dal nome della moglie Costanza Strozzi. Nel secolo successivo per volontà del conte Alessandro I fu innalzata la prima chiesa dedicata a S.Bernardino e, attorno al 1580, la cascina Vittoria anch’essa dal nome della moglie di un Gonzaga, Vittoria di Capua. I Gon- zaga amavano recarsi ai Terreni Novi per cacciare ri- portandone buoni carnieri di fagiani e “pernigoni” e di Un casotto al margine delle Valli quaglie catturate con le reti. E proprio ai Terreni Novi fa riferimento una delle pri- me documentazioni relative alla produzione di formaggio. Giulio Cesare Gonzaga, nel 1529, affittava a Lorenzo e Antonio Busi figli di Giarono, ebrei, una cascina, i bassi servizi, le vacche, ben 140 fattrici, le bestie bovine e ampie estensioni prative sul posto, nella valle e altrove con lo scopo, tra l’altro, di produrre il grana. Tra le cose e gli attrezzi inventariati c’erano anche “caldere, ramine, fassare, asse et tagliero da formazo”. San Giovanni e Santa Maria Alle quadre sono da aggiungere le Ville di Santa Maria e San Giovanni che, con quelle di San Tommaso e San Michele, sono sorte in epoca remota come insediamenti rivieraschi del “gurgum” lungo la via di comunicazione tra Reggio e la Fiuma. Il “gurgum” era un invaso piuttosto esteso, che si era formato quando il Crostolo scorreva in questa zona e arrivava fino a Quistello, e che venne mantenuto colmo dal Rodano anche quando il Crostolo cambiò percorso spostandosi nell’ alveo attuale. Il termine deriva dal latino medievale “corgum o gurgum”, vortice, pozza d’acqua. Il Crostolo seguiva il percorso del canale che da S.Maurizio presso Reggio, passa sot- to l’autostrada, gira intorno a Massenzatico, scende poi tra la chiesa e il cimitero di S.Maria, corre verso Casa- letto, attraversa S.Giovanni al ponte delle Briciole e va a gettarsi nella Fiuma. L’acqua delle piene stagnava qui dall’autunno alla primavera e spesso non si prosciuga- va completamente neppure durante l’estate. Le colma- te naturali, l’opera dei benedettini e l’inalveamento de- finitivo del Crostolo hanno contribuito al prosciuga- mento dell’invaso; l’ultima bonifica è del 1927. Le località “de gurgo”, sulla fossa, vengono nominate per la prima volta in una pergamena dell’ 881. Le chie- L'abside duecentesca della chiesa di San Giovanni della Fossa, 28 conteneva affreschi del 1280, ora nel Museo Gonzaga.
  • 30. se di qui dipendevano dai grandi monasteri, così quel- la di S.Giovanni era soggetta a Canossa, S.Maria a Bre- scello (e per completezza, S.Tomaso a San Prospero di Reggio e San Michele a S.Giovanni di Parma). Le Vil- le pagavano un tributo alla città di Reggio. Dopo l’av- vento dei Gonzaga, dal 1449, le parrocchie passarono sotto la loro giurisdizione, mentre nel 1471 Francesco I ne ottenne l’investitura in perpetuo da Borso d’Este. Da allora le vicende di queste piccole comunità sono strettamenete legate alla storia della contea di Novella- ra e Bagnolo con la differenza che tutti i fatti negativi hanno avuto conseguenze assai più gravi. Bastino come esempio le alluvioni dei campi per le rotte del Rodano a Bagnolo che riprendeva periodicamente possesso della “fossa” o del Canalazzo e del Crostolo che invadeva- no, sommergendole, le terre a ponente. A San Giovanni esisteva un’antica pieve dedicata al Battista che nell’ 881 era retta dai monaci di Canossa; dopo l’apertura della nuova strada per Reggiolo da parte del Comune di Reggio nel 1224 questa primitiva co- struzione fu demolita per erigerne una nuova in stile romanico, presumibilmente attorno al 1270. Rimango- no oggi l’abside e i frammenti di affresco datati 1280. Nel 1703 la chiesa di S.Giovanni fu eretta a vicariato; Antico portale delle chiesa di San Giovanni della Fossa. sotto la sua giurisdizione vennero poste le parrocchie di S.Maria, S.Michele, Canolo e Cognento. Conservò tale privilegio fino al 1866 anno in cui passò sotto la diocesi di Guastalla e alle dipendenze di Novellara per l’amministrazione religiosa. La nuova chiesa, nell'architettura attuale, fu iniziata nell’anno 1900; nel 1945 subì gravi danni per un bombardamento e venne ricostruita. Santa Maria si trovava all’intersezione di strade di notevole traffico: prima la Strada vecchia, poi la Strada Nova da Reggio per Reggiolo in direzione sud-nord, e l’asse Ponte Forca-strada S.Maria, in direzione est-ovest. Que- st’ultimo raggiungendo da una parte Villa Seta, Cadelbosco e Villa Argine, e dall’altra Correggio, collegava le ter- re che appunto i signori da Correggio possedvano nel reggiano e nel parmi- giano. Si aggiunga che anche i Gonza- ga avevano possedimenti all’Argine e alla Seta. A confermare l’ampia fre- quentazione di queste vie sta anche l’osteria le cui origini si perdono nel tempo, posta strategicamente nel cro- cicchio. Una delle più antiche denomi- nazioni di S.Maria è “de Gurgenzati- co”, cioè sul Gorgo, ma nella quasi to- talità dei documenti si trova “de Vezo- la”. L’attributo deriva da “veza”, corso Panoramica di S.Maria della Fossa. d’acqua soggetto a manutenzione da perte dell’uomo e sulla sua riva era sorta la chiesa dedicata a Maria. E’ nota anche una “veza de Curtenova” e a Reggio esiste ancora una via della Veza, presso il parcheg- gio in zona Cappuccini, e dietro le antiche case c’è ancora l’alveo del canale. Altra veduta di S.Maria: il viale della stazione 29
  • 31. Le vie d’acqua Le vie di terra sono quelle cui siamo abituati e quasi le uniche che oggi percorriamo; nel passato erano invece le vie d’acqua le più sfruttate sia perchè sempre utilizzabili, sia perchè permettevano di trasportare uguali quantità di materiali con minor dispendio di energie. La navigazione sulle acque interne non si praticava soltanto sui grandi fiumi, ma si estendeva anche sui fiumi minori e sui torrenti. Le paludi, i canali, i torrenti, le anse e gli antichi letti di Po, il Grande fiume e i suoi affluenti hanno poi insegnato ai “villici palustri”, nostri antenati, a sfruttare le vie d’acqua come vie di comunicazione comode, rapide e percorribili in ogni stagione e con ogni tempo anche quando i percorsi di terra erano imprati- cabili per il fango, il che avveniva per almeno sei mesi all’anno, da ottobre ad aprile. La navigazione interna era capillarmente diffusa, fatta con burchielli, sandali, battelli e zattere. Qualunque canale era nell’uso quotidiano una idrovia utilizzata per brevi spostamenti di persone e merci. Nel Medioevo le vie d’acqua erano l’unico mezzo per introdursi nel cuore di ampi spazi incolti, difficilmente raggiungibili per via terra, e sfruttarne le risorse. Fino al secolo XII la bassa pianura reggiana era percorsa da una sorta di fiumara composta da fiumi e torrenti senza argini, da vaste paludi con intercalate fitte boscaglie: il cosiddetto fluvius Bondenus. Il corso d’acqua inizia- va proprio sotto Reggio percorreva la Bassa quindi si dirigeva verso Poggio Rusco, Quarantoli per congiungersi con la Burana. Mediante una o più diramazioni il fiume era collegato col Po verso Gonzaga. Fin dal tempo di Berengario, cioè dal sec. X, questa strata Bondeni, via del Bondeno, era frequentata da numerose imbarcazioni. Da documenti del periodo 902-913 si desume l’esistenza di un porto fluviale “in villa Gurgo super fluvio Bondeno comitatu regen- se”, verosimilmente il Gorgo presso Novellara, che il “fidelis” Lupo aveva l’incarico sorvegliare. E nei dintorni di Novellara era con tutta probabilità il “portum...qui dicitur Fossato cum theloneo et piscacionibus”, il porto fluvia- le, detto Fossato, con gabella e aree riservate di pesca, che la Chiesa di Reggio otteneva come concessione sovra- na nel 963. Credo che possa essere identificato con l’attuale località Porto ai margini della Valle. Si è già visto che in latino portus significa traghetto e ostium porto vero e proprio, attrezzato per il carico e lo scarico delle merci e quindi collegato a un mercato. L’associazione porto fluviale-mercato è attestata per varie località della pianura padana ed è anche espressa chiaramente nella concessione a Lupo vista più sopra, che aveva da gestire un mercato annuale che si appoggiava al suo castrum nei pressi di S.Maria della Fossa. Dopo l’anno Mille cominciò a prendere forma nella stessa zona il Crustulus magnus che soppiantava il Bondenus ma continuava a passare per il Gurgum. Dal XII secolo invece passava da Cadelbosco e spagliava nelle valli di Novellara e in quelle limitrofe o confluiva nel Bondeno presso Reggiolo; questo fino al 1463 quando iniziarono i lavori di inalveamento. Dal XII sec. i Comuni cominciarono ad aprire una fitta rete di corsi d’acqua artificiali, i navigli, per collegare le città della pianura direttamente al Po. Nella Bassa si utilizzarono alvei abbandonati del Crostolo e verso Novellara quello che sarebbe diventato il Canale dei molini che arrivava al Porto a nord del paese. Nella stessa ottica va visto il canale concordato con Cremona, nel 1203, dalla chiesa di S. Michele al naviglio di Guastalla “ad eundum et redeundun cum navibus, et avere et personis”, per andare e tornare con navi mercanzie e persone. Nello stesso accordo si precisava che le comunicazioni tra Novellara e Reggio dovessero effettuarsi “cum caris” su una strada, da costruirsi su un idoneo tracciato, che sarebbe poi stata realizzzata nel 1224. Il contrarsi del fluvius Bondenus e le divagazioni del Crostolo da est a ovest hanno lasciato numerosi scolatori: a mattina la Fossamana e la Linarola, che drenavano il Gurgum, a sera la Baciocca e il Bondeno vecchio che a sua volta riceve il Fosso nuovo (di S.Maria), il Sissa, il Bagnolo e vari altri fossi e dugali, che drenavano i Terreni Novi e la Valle. A nord la Parmigiana, o Fiuma, un ramo di Po abbandonato dal corso principale del fiume, riceve tutti questi canali. Tale grande invaso venne completamente ristrutturato nella seconda metà del Cinquecento allorchè fu eseguita la bonifica Bentivoglio. C’è poi il Canale di Novellara che viene da Reggio, passa per Bagnolo, S.Tommaso, S.Maria, 30 S.Giovanni, Novellara.
  • 32. Le grandi valli di Novellara, Reggiolo e Guastalla in una mappa idraulica del XVI sec.; a sinistra dell’abitato di Novellara si vede un triangolo di terra indicato come Villa di Corte Nuova; a nord di questa saranno ricavati, mediante bonifica i primi Terreni novi. Tutti questi corsi d’acqua venivano percorsi dalle imbarcazioni da autunno a primavera e in particolare si utilizza- vano il Canale dei mulini per il collegamento con Bagnolo e le Ville e la Linarola per raggiungere la Fiuma e di qui il Po per tutte le direzioni. Ancora all’inizio di questo secolo don Clinio Ferretti, parroco di S.Bernardino, per andare a celebrare la messa alla chiesetta di S. Luigi alla Riviera quando le strade erano impraticabili per il fango, utilizzava un barchino e vi arrivava via acqua. Gli Estensi ebbero cura delle comunicazioni per acqua, sistemarono i canali esistenti e i manufatti, ma non co- struirono nuovi cavi sul Novellarese. Bondeno è forse il più antico tra gli idronimi locali, ma lo incontriamo spesso tra qui e il ferrarese; significa profondo nella lingua prelatina padana, come attesta lo stesso Plinio quando parlando del Po afferma che gli Corsi d’acqua nel Novellarese da Italia delineata del Magini del 1620. 31
  • 33. indigeni lo chiamavano Bòdincus, cioè il profondo. La Fossa Linarola, più nota come Fossetta deve il suo nome al fatto che porta- va l’acqua alle case dove si effettuava la lavorazione del lino. Fossamana è il canale sul confine con Campagnola; il suo nome deriva dalla famiglia Mani o Manni di origine correggese menzionata in un documento del XII sec., o dal fatto di trovarsi a “mane”, cioè a mattina; esiste anche su alcune carte la denominazione di Fossa Madama. Il Canale dei Molini partendo da porta S.Croce a Reggio forniva la forza motrice alle macine di Bagnolo, di S.Giovanni, ai molini di sopra e di sotto di Novellara e, prima di gettarsi nella Fiuma, a quello di Cataneo o Catanìa. Sicuramente dal 1421 porta questo nome ma dal XVIII secolo anche quello ufficiale di Canale di Novellara. L’acqua del canale fu frequentemente oggetto di lite coi reggiani che, per ritorsione, la trattenevano impedendo la macinatura. Il Canalazzo, a ponente, in confine col guastallese era uno dei tanti letti di Crostolo, scaricava le sue acque nelle valli; in onore del governatore di Reg- gio che ne volle la sistemazione, dal 1565, prese il nome di Canalazzo Tasso- ni. Era una importante via d’acqua navigabile anche se un po’ fuori mano per Novellara. In epoca medievale un Navigium novum, nominato nel 1221 assi- curava le comunicazioni tra la città, il Novellarese, il Guastallese ed il Reg- giolese, ma non è stato esattamente individuato. La Baciocca scavata tra 1531 e 1535 su un alveo più antico, per derivare l’acqua da Villa Boschi, sembra trarre il suo nome dal latino medievale ba- culum, bastone, qui però nel significato, altrove conosciuto, di lavoro mal fatto. Nel 1568 risiedeva a Novellara un Pellegrino Bacchiochi. Il cavo Sissa originariamente era Dugale Scissa cioè suddiviso in più rami minori confluenti. Sebbene in varie epoche i reggiani tentassero di costuire un grande naviglio attraverso la contea di Novellara e Bagnolo, non riuscirono mai nell’intento perché i Gonzaga si opposero tenacemente. Temendo forse una pericolosa penetrazione nel loro territorio ed avendo sufficienti collegamenti col Po e con gli stati Gonzagheschi ed Estensi, non sentivano minimamente la neces- sità di un grande cavo sempre navigabile. Il Canale dei Molini tra Reggio e Novellara. 1) Mulino di Bagnolo, 2) Mulino di sopra, 3) Mulino di sotto Imbarcazione da acqua dolce sulla riva del Po. 32
  • 35. Dall'alto, antico Mulino sul Po, retro del Mulino di Sopra, retro del Mulino di Sotto. 34
  • 36. Dall'alto, antico Mulino di S. Giovanni, macine, Mulino nuovo di S.Giovanni. 35
  • 37. 36
  • 38. STRADARIO 37
  • 39. Via strada piazza Via deriva dall’omonimo latino che a sua volta discende dall’antico veha (da cui vehere, trasportare) e dall’origi- nale weghya, strada per carri. Strada, dal latino strata, per l’esattezza via strata, indicava una via costruita con caratteristiche ben precise; nella forma più semplice: un sottofondo di ghiaia e un manto di ciotoli o grosse pietre spianati, detto basolato. Avendo una funzione essenzialmente militare le strade dovevano essere percorribili in qualunque momento e con qualsi- asi tempo per permettere ai soldati di raggiungere rapidamente i luoghi di operazioni. Oggi si tende a dare l’attributo di via ai percorsi all’interno degli abitati e di strada a quelli di collegamento tra i paesi o che si sviluppano attraverso la campagna. Piazza deriva dal latino volgare platja, dal classico platea, che a sua volta prende dal greco plateia, forma femmi- nile del sostantivo platys, largo. Stava ad indicare sia il largo spazio del forum dove si tenevano le riunioni, il mercato, gli affari pubblici e privati, sia l’area libera nel castrum, l’accampamento militare, all’incrocio del cardo con il decumanus, dove si schieravano e si esercitavano i soldati . 38
  • 40. Alcune doverose ma interessanti note di toponomastica Scrive Olvieri nel suo Dizionario di toponomastica lombarda: “Da qualche tempo nelle esplorazioni dei nomi geografici più antichi si ha particolarmente di mira la determinazione delle aree di diffusione dei linguaggi, ad esempio l’iberico, il ligure, il retico, l’etrusco ecc.”, il che permette spesso di individuare la successione cronolo- gica dei toponimi. Per il Reggiano, la maggior parte dei nomi delle emergenze è di origine medievale, sia che si tratti di corsi d’acqua, strade, costruzioni o agglomerati abitativi. Risalgono a quest’epoca i nomi che ricordano rapporti giuri- dici con istituti o magistrature, o vengono dal nome latino: vicinia, concilium, consortes, corte, communis, villa, herbaticum, sorte, braida, fara, marca, o alludono a costruzioni diverse: bastia, camatta, casone, castellaro, molino, turris, o ad appezzamenti di terreno o condizioni di coltura: circa (confine), novum, novetum, novulatum, La Gatta piscale, piscaria, ronco, saltus, tesa, o a condutture, corsi d’acqua, opere idrauliche: conca, dugale, gurgula, redefosso, tomba, vasum. Abbondano poi i nomi relativi ad edifici sacri o istituti religiosi: abbadia, basilica, cappella, cella, certosa, collegiata, convento, cura, domus Dei, ecclesia, plebs, titulus. Infine a varie specie di coltura: canaverra (canepaio), cerchiera (querceto), lovere (roveri), regoleto (roveri), a frequenza di specie ani- mali averara (cinghiali), luè (lupi), o ad altre caratteristiche espresse da aggettivi: alto, basso, aperto, brus, o da nomi: isola, regona, vanzo, corrigium, lama, palude, motta, pala, porto, rupta, silice, trezenda, vadum. Non cessa l’uso della denominazione dei luoghi per mezzo del nome personale del proprietario, pratica di derivazione romana. Si rintracciano ancora toponimi di chiara origine latina, in particolare quelli provenienti da nomi di persone, di divinità, di distanze miliari dalle città, di numero di iugeri di una proprietà, di ediifici e attività e numerosi altri: Scandiano, Quingentole, Cognento, area, castrum, fabrica, forum, fullonica, vicus, mercatus, quadra, quadrata (centuria), quadrivium, lucus, strata. Più indietro si va nel tempo meno comprensibili diventano i termini, anche perchè non se ne conosce il significato originario, tuttavia alcuni sono chiari anche fuori dall’ambiente specializzato: gava (torrente), rodano (torrente), ganda (pietrame), nava (conca), briva (ponte), brogilo (brolo, frutteto), bunda (fondo, profondo), tegia o attegia (capanna), wald (foresta), gahagium (bosco). Mi sembra necessario e utile premettere, a grandi linee, qualche spiegazione sulla derivazione dei nomi dei luoghi del novellarese, in questo seguen- do le indicazioni date da Gabriele Fabbrici nel suo prezioso lavoro “Storia del popolamento del novel- larese attraverso i nomi locali”. a) Toponimi romani, longobardi e agionimia I primi, originatisi da presenze di epoca romana, non hanno lasciato tracce che siano arrivate fino ad oggi. Tra ‘400 e ‘500 si avevano ancora un Gazano e un Pinzano, forse provenienti da un Gaianus fundus e Pincianus fundus. Non necessitano di grandi spiega- zioni i nomi di derivazione religio- La Farnetta 39