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LA CONVIVENZA 
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Rapporti patrimoniali tra conviventi 
Rapporti patrimoniali tra i conviventi 
Estratto da Memento Famiglia e Patrimonio 2014 
5490 
La giurisprudenza e la dottrina hanno delineato il regime patrimoniale applicabile in generale ai coniugi, 
quando essi on concludono accordi tra di loro che regolano o introducono discipline particolari. 
E’ però legittimo (e sempre più frequente) che i conviventi concludano dei contratti di convivenza per 
definire il loro regime patrimoniale. 
Rapporti patrimoniali 
tra i conviventi 
Regime patrimoniale 
(v. n. 5495 e s.) 
regole previste nei 
contratti di convivenza 
(v. n. 5620 e s.) 
A. Regime patrimoniale generale 
generale 
5495 
La legge non detta alcuna regola circa il regime patrimoniale tra i conviventi. 
Non sono applicabili per analogia le regole della comunione dei beni che governa il rapporto tra 
coniugi. 
La dottrina e la giurisprudenza ritengono però che ciascuno dei conviventi, in relazione alle proprie 
sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, sia tenuto a contribuire ai bisogni 
della famiglia, applicando per analogia la norma dettata per i coniugi (art. 143 c. 3 c.c.). La cassazione ha 
infatti precisato che i contributi di un convivente all'altro vanno intesi come adempimenti che la coscienza 
sociale ritiene doverosi nell'ambito di un consolidato rapporto affettivo, che comporta collaborazione e 
assistenza morale e materiale (Cass. 22 gennaio 2014 n. 1277). 
Si delinea in tal modo un regime patrimoniale c.d. primario. 
Secondo parte della dottrina gli interessati non possono derogare a tale regime (un contratto di 
convivenza non potrebbe imporre a un convivente in via esclusiva l’obbligo di mantenere la famiglia). 
5497 
Di seguito sono esaminate le regole che in alcuni casi la legge, ma più spesso la giurisprudenza e a volte 
la dottrina applicano al patrimonio o ai rapporti patrimoniali tra conviventi. 
a. Casa familiare 
5503 
I conviventi normalmente scelgono di abitare in una casa in cui si svolge la loro vita in comune. 
Esaminiamo le regole applicabili in mancanza di accordi tra conviventi. 
Precisiamo però che le più rilevanti controversie relative alla casa si verificano: 
- in caso di cessazione della convivenza, specie con riguardo all’assegnazione della casa in presenza di figli 
(v. n. 5848 e s.); 
- in caso di morte di uno convivente: è infatti necessario distinguere in tal caso chi sia proprietario della 
casa, o se essa è in locazione o se si tratta di una casa di edilizia popolare (v. n. 5909 e s.).
LA CONVIVENZA 
2 
5506 
Casa di proprietà Quando la casa è di proprietà di uno solo dei conviventi, l’altro convivente (che 
non è proprietario né titolare di altro diritto) è considerato detentore qualificato. Ha cioè un potere di 
fatto sulla casa basato su un interesse proprio diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità 
(Cass. 21 marzo 2013 n. 7214). 
5508 
Quando i conviventi vivono in una casa dove si svolge e si attua il loro programma di vita, il convivente 
che non è proprietario non può essere considerato un ospite: ha diritto di restare nella casa e non può 
essere estromesso dalla stessa in modo violento o clandestino. Sulla casa di abitazione, sorge infatti un 
potere di fatto basato su di un interesse del convivente diverso, tale da assumere i connotati tipici di una 
detenzione qualificata (Cass. 2 gennaio 2014 n. 7, Cass., 21 marzo 2013 n. 7214). 
Se il convivente proprietario intende recuperare l’esclusiva disponibilità dell’immobile, l’altro 
convivente deve essere avvisato e deve essergli concesso un termine congruo per trovare un’altra 
sistemazione (Cass. 21 marzo 2013 n. 7214, Trib. Milano 18 febbraio 2014). 
Può esercitare anche la tutela in via d’urgenza (Trib. Milano 7 maggio 2008). 
Così ad esempio: 
a) se il convivente proprietario estromette in modo violento o clandestino dalla abitazione il convivente non 
proprietario, quest'ultimo può esperire l'azione di spoglio (Cass., 21 marzo 2013, n. 7214); 
b) una donna abitava con il suo convivente nell’abitazione che questi aveva avuto in comodato gratuito dal 
fratello. Quest’ultimo, approfittando del ricovero in ospedale del fratello convivente, cambia la serratura e si 
introduce nell'appartamento, impedendo alla donna di rientrare in casa. La convivente promuove un giudizio 
(vinto in tribunale, perso in appello) al termine del quale la cassazione affermato le ragioni della donna in 
quanto, dato il rilievo sociale della famiglia di fatto, deve riconoscersi alla convivente un ruolo sempre più 
simile alla moglie. Non è stata pertanto ritenuta legittima l'estromissione della convivente, violenta o 
clandestina dall'unità abitativa (Cass. 2 gennaio 2014 n. 7). 
5510 
Il convivente esclusivo proprietario della casa familiare, al fine di tutelare l’altro convivente in caso di 
propria morte (dato che il convivente superstite non eredità né potrebbe continuare a godere 
dell’immobile che passa agli eredi, come precisato al n. 5912) può ricorrere ai seguenti rimedi: 
- intestare la casa ad entrambi (in tal modo il convivente diventa comproprietario); 
- costituire in favore del convivente un diritto reale di godimento (usufrutto o abitazione) . 
La giurisprudenza conferma che è valido ed efficace il contratto con il quale un convivente costituisce a 
favore dell’altro convivente: 
- il diritto di usufrutto su un immobile senza corrispettivo alcuno, ove esso trovi il suo fondamento nella 
convivenza stessa e nell'assetto che i conviventi intendono dare ai loro rapporti (Trib. Savona 7 marzo 
2001); 
- un diritto reale di abitazione sulla casa familiare (Trib. Palermo 3 febbraio 2002). 
5515 
Casa in locazione I conviventi o uno solo di essi possono stipulare un contratto di locazione avente 
ad oggetto la casa familiare. 
La giurisprudenza in caso di morte del convivente conduttore tutela il superstite (prevedendo suo il 
subentro nel contratto), ma anche se il contratto è stipulato da entrambi il superstite può continuare il 
rapporto. Approfondiamo tali ipotesi al n. 5921. 
5520 
Case popolari Per le abitazioni ad uso residenziale di proprietà degli istituti autonomi per le case 
è riconosciuto il diritto all'esercizio del diritto di opzione all'acquisto per l'assegnatario unitamente 
al proprio coniuge (se risulti in regime di comunione dei beni) e in caso di rinunzia da parte 
dell'assegnatario subentrano, con facoltà di rinunzia nel diritto all'acquisto nell'ordine: il coniuge 
in regime di separazione dei beni, il convivente more uxorio purché la convivenza duri da 
almeno 5 anni, i figli conviventi, i figli non conviventi (art. 1 c. 598 L. 266/2005). 
5525 
Usucapione Il convivente non proprietario non può acquistare la proprietà della casa familiare per 
usucapione (Cass. 14 giugno 2012 n. 9786), in senso contrario si è ritenuto che il diritto di abitazione 
sull'appartamento del convivente può essere usucapito dal convivente "more uxorio" del defunto 
comproprietario dell'immobile per averne avuto il godimento esclusivo con il defunto per oltre vent'anni 
(Trib. Torino 28 febbraio 2002). 
2
LA CONVIVENZA 
3 
5530 
Ristrutturazione della casa Un dato interessante riguarda il diritto alla detrazione dall’imposta 
lorda prevista per le spese di ristrutturazione di un immobile (art.1 c. 1 L. 449/97). In questo caso la 
situazione del convivente del proprietario dell’immobile è assimilata a quella del coniuge dell’intestatario 
del bene, ma la condizione necessaria per ottenere la detrazione è la convivenza cominciata prima 
dell’inizio dei lavori, che sta al contribuente dimostrare. 
Il convivente deve ovviamente dimostrare di aver sostenuto le spese anche se per la ristrutturazione di 
un immobile non di sua proprietà (Logli). 
3 
b. Spese e acquisti durante la convivenza 
5540 
Spese I conviventi sopportano le spese della vita familiare, prestandosi reciproca assistenza materiale 
e morale. 
Tra i conviventi non esiste un dovere giuridico di mantenimento. Se quindi un convivente cessa di 
partecipare alle spese familiari, l’altro non può obbligarlo a tale partecipazione. 
5545 
Se un convivente effettua spontaneamente una spesa non può chiederne la restituzione all’altro (App. 
Genova 4 maggio 2005), ad esempio non sono ripetibili le spese di mantenimento, alloggio e vitto, offerti 
al convivente per il periodo di tempo nel quale egli si è sia trasferito presso l'abitazione dell'altro 
convivente (Trib. Napoli 27 gennaio 2005). 
La restituzione può però essere richiesta se chi ha effettuato la spesa dimostra che essa è sproporzionate 
al dovere morale di reciproca assistenza e alla capacità economica del convivente (Cass. 13 marzo 2003 
n. 3713). 
Le spese tra conviventi, seppur a titolo gratuito, non sono donazioni, perché manca il requisito della 
volontà di donare (c.d. animus donandi). Può trattarsi di contratti gratuiti che potremmo definire “con causa 
familiare” poiché giustificati dall’esistenza di una famiglia di fatto e di preesistenti doveri morali tra i 
conviventi (Trib. Bologna 16 febbraio 2011). 
5550 
Acquisti E’ normale che i conviventi durante il periodo della convivenza procedano ad acquisti di beni 
destinati ad un uso comune, come ad esempio un'automobile, una casa e i relativi arredi, altri beni mobili 
(e gli esempi possono essere i più vari, da una bicicletta a uno strumento finanziario). 
Esaminiamo di seguito le regole applicabili a tali acquisti in mancanza di un’apposita pattuizione tra i 
conviventi contenuta nei contratti di convivenza (per la cui disciplina si rinvia al n. 5668). 
L’esame delle attribuzioni patrimoniali fatte, una volta sciolta la convivenza: v. n. 5872 e s. 
5553 
Secondo la giurisprudenza maggioritaria gli acquisti effettuati da un convivente rimangono di proprietà 
esclusiva del convivente che ha concluso l’acquisto. Ciò vale sia per beni immobili (App. Firenze 12 
febbraio 1991, Trib. Pisa 20 gennaio 1988) che per i beni mobili o i mobili registrati (Trib. Palermo 3 
settembre 2000; in senso contrario: Pret. Torino 17 marzo 1988). 
E’ esclusa l’applicazione in via analogica delle norme in materia di comunione legale per i beni acquistati 
durante il matrimonio dai coniugi (artt. 177 e s. c.c.). 
5556 
Se i conviventi acquistano in modo congiunto un bene (e quindi la contitolarità risulta nell’atto di 
acquisto) allora il bene acquistato è di proprietà comune. 
In caso di beni immobili è indispensabile un’intestazione formale a entrambi i conviventi nel contratto di 
acquisto (App. Firenze 12 febbraio 1991). 
Nel caso di beni mobili invece la situazione di comproprietà potrebbe desumersi dall’esame delle 
circostanze in cui è maturato l’acquisto. La dottrina ipotizza una presunzione di comproprietà dei beni 
mobili (Gazzoni). 
Se un immobile acquistato durante la convivenza non è stato intestato a entrambi i conviventi, la relativa 
contitolarità può essere riconosciuta solo se si dimostra che vi è stata una donazione indiretta, 
un’interposizione reale di persona o l’adempimento spontaneo e consapevole di un’obbligazione naturale 
(Trib. Pisa 20 gennaio 1988). 
5560 
Conto corrente Se i conviventi sono cointestatari di un conto corrente bancario, entrambi sono 
comproprietari in parti uguali delle somme depositate (in applicazione dell’art. 1298 c.c.), ciò anche se
LA CONVIVENZA 
4 
viene fornita la prova che le somme depositate provengono esclusivamente dal reddito di uno solo 
convivente. 
Tali somme si considerano infatti depositate per sopperire ai bisogni comuni della famiglia e chi le ha 
depositate non può chiederne la restituzione (Trib. Bolzano 20 gennaio 2000) se non nei limiti della 
propria quota, a meno che non si dimostri la sproporzione tra le somme sborsate e i doveri morali e 
sociali reciprocamente assunti dai conviventi (Trib. Monza 18 novembre 1999). 
Quando invece il conto corrente non è cointestato e quindi uno dei conviventi è titolare e l’altro ha solo 
la capacità di disporre (ha solo la firma sul conto), il titolare del conto può escludere l’atro convivente dal 
conto corrente, senza necessità di autorizzazione. 
5565 
Versamenti di denaro I versamenti di denaro fatti da un convivente all'altro durante la convivenza 
si devono intendere come adempimenti doverosi nell'ambito di un consolidato rapporto affettivo ossia 
come forme di collaborazione e di assistenza morale e materiale (anche se non esiste un obbligo giuridico 
di legge come invece per i coniugi) (Cass. 22 gennaio 2014 n. 1277). 
Va quindi esclusa la restituzione di tali somme al termine della convivenza a condizione che il versamento 
risulti adeguato alle circostanze e proporzionata all'entità del patrimonio e alle condizioni sociali di chi la 
ha effettuata (Cass. 13 marzo 2003 n. 3713). 
5568 
Regali La giurisprudenza è divisa circa la disciplina da applicare ai regali fatti da un convivente all’altro 
durante la convivenza. 
Una prima tesi ritiene che i regali siano delle donazioni: il convivente può chiederne la restituzione (al 
termine della convivenza), ma l’altro convivente può evitare la restituzione se prova che si tratta di una 
liberalità d’uso, cioè che il regalo è stato fatto in un’occasione particolare (se rispecchia un uso o un 
costume) e che è proporzionato alla capacità economica del convivente che effettua il regalo (Cass. 24 
novembre 1998 n. 11894). 
Una diversa tesi ritiene i regali delle liberalità d’uso, che anche se mancano i requisiti specifici 
dell’occasione particolare e della proporzionalità alle condizioni economiche di chi effettua il regalo (Trib. 
Palermo 3 settembre 1999, Pret. Torino 28 giugno 1993). Non è quindi possibile chiedere la restituzione 
(la prestazione è cioè irripetibile). A differenza della donazione la liberalità d’uso non richiede una forma 
particolare,. 
La cassazione qualifica come una donazione il regalo di gioielli di rilevante valore effettuata a prescindere 
da quelle “determinate occasioni” che il costume sociale normalmente festeggia, in quanto l’altra parte non 
ha dato la prova che la situazione economica del donante era compatibile con la natura dei vari atti di 
liberalità (Cass. 24 novembre 1998 n. 11894, Cass. 8 febbraio 1994 n. 1260). 
4 
c. Attività lavorativa in favore del convivente 
5575 
Il convivente può svolgere attività lavorativa in favore dell’altro convivente, sia come lavoratore 
domestico (ossia, nel contesto familiare), sia nell’impresa familiare di quest’ultimo. 
5578 
Lavoro domestico Il convivente che svolge attività di lavoro domestico non può essere considerato 
lavoratore subordinato, in quanto l’attività, che viene svolta per motivi di solidarietà ed affetto, consente 
la partecipazione effettiva ed equa del convivente alle risorse della famiglia di fatto. 
Il convivente può fornire la prova del vincolo di subordinazione dimostrando in modo rigoroso che il 
rapporto è di natura meramente spirituale, affettiva e sessuale (Cass. 13 dicembre 1986 n. 7486, Cass. 
19 dicembre 1994 n. 10927); in tal caso, il convivente ha diritto al trattamento economico e 
previdenziale. 
In ogni caso, la valutazione circa la natura del rapporto di lavoro è demandata al giudice ed è 
insindacabile in cassazione (Cass. 15 marzo 2006 n. 5632). 
Ad esempio , la domanda della ricorrente volta ad ottenere dagli eredi il trattamento economico a titolo di 
lavoro domestico non corrispostole dal defunto convivente è stata rigettata, sulla base delle prove raccolte 
che escludevano il vincolo di subordinazione ed attestavano, tra l’altro, che tra i due esisteva una relazione 
sentimentale sfociata in una prolungata convivenza (Cass. 15 marzo 2006 n. 5632).
LA CONVIVENZA 
5 
5581 
Attività nell’impresa familiare Il convivente che svolge attività lavorativa all’interno 
dell’impresa familiare non ha gli stessi diritti del coniuge (Cass. 29 novembre 2004 n. 22405, Cass. 18 
ottobre 1976 n. 3585, che negano la possibilità di estendere in via analogica al convivente l’art. 230 
bis c.c.). 
Pertanto, non ha diritto: 
- al mantenimento secondo le condizioni patrimoniali della famiglia; 
- alla partecipazione agli utili dell'impresa, ai beni acquistati con essi ed agli incrementi, in proporzione 
alla quantità e qualità del lavoro prestato; 
- alla partecipazione alle decisioni relative alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla 
gestione dell'impresa. 
Il lavoro del convivente nell’impresa familiare non può tuttavia presumersi gratuito ed il convivente 
ha diritto ad essere retribuito. 
5 
d. Tutela del patrimonio 
5588 
Accanto alle forme tradizionali di tutela del patrimonio introdotte nel nostro ordinamento per essere 
utilizzate nell’ambito della famiglia fondata sul matrimonio, si possono individuare forme di tutela più 
ampie che non sono subordinate alla presenza di un particolare legame giuridico tra gli interessati e 
quindi si possono adattare alla convivenza. 
5590 
Assicurazione sulla vita Dal momento che la famiglia di fatto dei conviventi non gode di forme di 
tutela particolari in caso di morte di uno di essi, è sempre più frequente che i conviventi ricorrano al 
contratto di assicurazione sulla vita come a una forma di assistenza e tutela privata. 
Ciascuno dei conviventi può stipulare un’assicurazione sulla vita a favore dell’altro (art. 1920 c.c.). 
A seconda dei casi, l’assicurazione sulla vita può rappresentare per il contraente una forma: 
1) di garanzia di disponibilità per sé o per il convivente di una rendita o un capitale. La liquidazione 
della prestazione può avvenire al verificarsi di un determinato evento (vita ad una certa data o morte, 
oppure sopravvenuta invalidità o non autosufficienza), oppure alla scadenza prevista in polizza; 
2) di pensione integrativa rispetto a quella garantita dal sistema pubblico, a favore di se stesso (v. n. 
2670); 
3) di gestione o tutela del patrimonio personale o familiare (attraverso i c.d. contratti assicurativo-finanziari: 
v. n. 2750 e s.); 
4) di tutela economica a favore del convivente il quale, in presenza di eredi legittimati, godrebbe solo di 
della quota limitata dell’asse ereditario disposta a suo favore nel testamento. 
L’impegno a sottoscrivere (anche reciprocamente) tale contratto di assicurazione può essere assunto nel 
contratto di convivenza. 
5593 
Il capitale o la rendita derivanti dall’assicurazione sono esclusi dall’asse ereditario; sono insequestrabili 
e impignorabili (divieto di azione esecutiva e cautelare: art. 1923 c. 1 c.c.). 
La polizza così stipulata può essere revocata in qualsiasi momento finché l’assicurato è in vita. 
Per approfondimenti si rinvia alla trattazione al n. 2550 e s. 
5600 
Trust I conviventi possono concludere un trust per pianificare la conservazione e l’eventuale 
incremento del patrimonio e per garantire il benessere del convivente anche dopo la morte del 
disponente. Esso può avere ad oggetto qualsiasi bene o diritto, oltre che un’azienda o partecipazioni 
sociali. 
Il patrimonio conferito in trust rientra comunque nella quota di legittima (successione necessaria); 
pertanto, le attribuzioni ai beneficiari del trust non devono essere lesive delle quote di eredità riservate ai 
legittimari. 
Per approfondimenti si veda la trattazione ai n. 2230 e s. 
e. Responsabilità civile 
5618 
In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a 
motore e di natanti, la legge prevede che il convivente non ha diritto ai risarcimento per i danni a cose
LA CONVIVENZA 
6 
(al pari del coniuge e dei parenti) (art. 129 D.Lgs. 209/2005). L’assicurazione obbligatoria deve infatti 
tenere indenne il patrimonio dell’assicurato dalla pretesa risarcitoria della vittima, dunque il rischio non 
sussiste, in teoria, se la vittima è convivente o parente. 
6 
B. Contratti di convivenza 
5620 
I conviventi possono regolare i propri rapporti economici e patrimoniali tramite la stipulazione di un 
contratto c.d. “di convivenza” (detto anche patto o accordo di convivenza). 
Il contratto è spesso concluso prima che abbia inizio la convivenza, per l'esigenza di programmarne lo 
svolgimento, ma si può decidere di concluderlo durante lo svolgimento del rapporto o in circostanze 
particolari (come quando si acquista un immobile o nell'ambito di una vicenda successoria). 
Il contratto può essere utilizzato anche per regolamentare le conseguenze patrimoniali della cessazione 
della convivenza. 
Può prevedere anche sanzioni in caso di mancato rispetto delle obbligazioni assunte (mediante ad 
esempio una clausola penale). 
Non può invece regolare i loro rapporti personali, fatta eccezioni e per alcuni limitati aspetti inerenti i 
rapporti personali (ad es. la designazione dell'amministratore di sostegno). 
Lo scopo è di evitare liti future e fornire una certa sicurezza finanziaria al convivente economicamente 
più debole. 
Tali contratti devono rispettare alcuni requisiti di forma e la giurisprudenza ne ha confermato la liceità in 
quanto la convivenza non contrasta con norme imperative, né con l’ordine pubblico, né con il buon 
costume (Cass. 8 giugno 1993 n. 6381). 
5625 
Esaminiamo di seguito la caratteristiche dei contratti di convivenza, il loro oggetto, gli effetti e la loro 
cessazione. 
Molte indicazioni riportate di seguito sono tratte da indicazioni date da organismi notarili (in particolare 
Consiglio Nazionale del Notariato e Federnotai) che hanno promosso la diffusione dei contratti di 
convivenza, mettendo a disposizione anche formulari e documenti esplicativi. 
a. Caratteristiche generali 
5630 
Chi li può concludere Tutte le persone che, legate da vincolo affettivo, decidono di vivere insieme 
in modo stabile e non occasionale al di fuori del legame matrimoniale o perché è loro preclusa la 
possibilità di sposarsi (si pensi a due conviventi dello stesso sesso o a persone già unite in matrimonio 
ma per le quali non sia ancora intervenuta sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del 
matrimonio) o perché non hanno intenzione di unirsi in matrimonio. 
5633 
Forma del contratto In generale si consiglia la redazione del contratto di convivenza in forma 
scritta, al fine della prova. E’ altresì opportuno che il contratto abbia una data. Una scrittura privata 
acquista data certa, ad esempio, con la notifica dell’atto tramite ufficiale giudiziario. 
Si devono invece rispettare precisi requisiti formali, a pena di nullità, quando con il contratto: 
- trasferisce la proprietà o un diritto su un immobile: è necessario l’atto pubblico o la scrittura privata 
autenticata da un notaio; 
- si stipula la donazione di un bene di valore: è necessario l’atto pubblico. 
Il contratto deve essere redatto per atto pubblico da parte di un notaio quando contiene delle clausole 
che prevedono una sproporzione tra le prestazioni che i conviventi si obbligano ad eseguire, in quanto 
potrebbe configurarsi come un atto di donazione che sarebbe nullo in mancanza di detta forma (Oberto). 
L’atto pubblico o la scrittura privata costituiscono un vantaggio per i contraenti in quanto costituiscono un 
titolo esecutivo. Ciò significa che in caso di inadempimento l’interessato può promuovere direttamente un 
procedimento esecutivo per l’adempimento degli obblighi indicati nel contartto. 
5636 
Documenti da presentare Se i conviventi ricorrono ad un notaio per stipulare un contratto di 
convivenza, il Consiglio Nazionale del Notariato consiglia di presentare i seguenti documenti: 
- documenti di identità (ad es. carta d'identità); 
- tessere sanitarie per l'attribuzione del codice fiscale; 
- certificati da cui risulta lo stato civile dei conviventi (stato libero, separazione legale, divorzio);
LA CONVIVENZA 
7 
- eventuali accordi e/o pronunce di separazione o divorzio che interessano uno o entrambi i soggetti 
da cui potrebbero derivare obblighi e statuizioni tali da poter incidere sul contenuto dello 
stipulando contratto di convivenza. 
Devono poi essere presentati i documenti relativi ai beni, ai rapporti, alle situazioni che si intendono 
disciplinare con il contratto di convivenza. in tal modo il notaio può disporre delle informazioni necessarie 
o utili per la sua redazione. 
Ad esempio se si vogliono disciplinare le modalità d’uso della casa adibita a residenza comune è necessaria 
copia dell'atto di acquisto della casa, se di proprietà di uno o di entrambi i conviventi, o copia del contratto 
di locazione, se detenuta in locazione. 
5640 
Durata del contratto Il contratto di convivenza può durare tanto quanto dura il rapporto di 
convivenza. Si possono quindi subordinare gli effetti del contratto alla permanenza del rapporto. 
Finita la convivenza gli accordi cessano di avere effetto in quanto essi presuppongono il permanere del 
rapporto (si pensi agli accordi sulla partecipazione alle spese o circa l'acquisto dei beni). 
E’ dubbio se sia possibile apporre un termine di durata in quanto si deve sempre rispettare il principio 
inderogabile della libertà del convivente di svincolarsi ogni momento. 
5643 
Il contratto può contenere disposizioni destinate a produrre i loro effetti solo a partire dalla cessazione 
del rapporto di convivenza, come nel caso in cui esso detti le modalità per definire i reciproci rapporti 
patrimoniali conseguenti alla rottura della convivenza. 
5646 
Costi Non esiste un costo fisso per simili contratti, in quanto non si tratta di contratti standard a 
contenuto prefissato, ma di contratti a contenuto "variabile", a seconda delle le esigenze e delle 
aspettative dei conviventi. 
Tutto quindi dipende da ciò che il contratto di convivenza in concreto regolamenta. 
Lo stesso trattamento fiscale varia a seconda del tipo di accordi che vengono siglati (imposta di 
registro o imposta di donazione per eventuali trasferimenti di beni o assunzioni di obbligazioni a titolo 
gratuito). 
7 
b. Contenuto del contratto di convivenza 
5652 
I conviventi possono regolare contrattualmente i rapporti di natura patrimoniale e economica che 
nascono durante la convivenza o a seguito della sua rottura. 
In particolare è possibile disciplinare i seguenti aspetti (approfonditi nella trattazione che segue): 
- le modalità d’uso della casa adibita a residenza comune; 
- la partecipazione alle spese durante la convivenza; 
- la proprietà dei beni acquistati nel corso della convivenza; 
- il mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli; 
- i rapporti patrimoniali in caso di rottura della convivenza; 
- le previsioni in caso di morte, malattia o incapacità di uno dei conviventi; 
- l’ipotesi di inadempimento delle obbligazioni contenute nel contratto. 
E’ invece in generale escluso che i conviventi possano regolare tramite contratto di convivenza i 
propri diritti o rapporti personali, come meglio precisato al n. 5482. 
5655 
La indicazioni notarili e la dottrina (documento della Federnotai, Oberto) prospettano la possibilità di 
introdurre nei contratti anche una regolamentazione del regime patrimoniale (che vada oltre la previsione 
della comunione degli acquisti) attraverso la previsione di un trust. Questo istituto (esaminato al n. XX e 
s.) può infatti assicurare le fonti di sostentamento della famiglia di fatto, finché essa è in atto, nonché la 
tranquillità economica del convivente superstite, dopo la morte dell’altro convivente. 
5658 
Modalità di uso della casa I conviventi possono concordare le modalità di uso della casa adibita a 
residenza comune, sia se essa è di proprietà di un convivente, sia quando la proprietà e comune, sia 
infine quando essa è oggetto di di locazione. 
E’ possibile per esempio attribuire ad un convivente il comodato, l’usufrutto o la proprietà della casa. 
E’ possibile anche regolare il diritto di abitazione della casa. Se la casa è: 
- in proprietà di uno o di entrambi i conviventi: si può attribuire a uno di essi un diritto di abitazione o il 
comodato, sottoposto alla condizione risolutiva della rottura del rapporto di convivenza;
LA CONVIVENZA 
8 
- in locazione a nome di uno dei conviventi: si può prevedere la cessione del contratto di locazione, 
sottoposto alla condizione sospensiva della rottura del rapporto di convivenza. 
5661 
Spese durante la convivenza Il contratto può stabilire in quale modo e misura ciascuno dei 
conviventi partecipa alle spese derivanti dalla convivenza o dall'attività lavorativa domestica ed 
extradomestica. 
Generalmente le spese vengono ripartite equamente tra i conviventi, in relazione alle proprie sostanze 
economiche e alla capacità di lavoro professionale e casalingo di ciascuno (in analogia a quanto previsto 
per i coniugi dall’art. 143 c.c.). Ad esempio , un convivente può assumersi l’obbligo di mantenere l’altro 
a fronte di una controprestazione che può essere una cessione di capitale, una prestazione di lavoro 
domestico o la messa a disposizione di determinati beni. 
Il convivente che ha contribuito in misura maggiore, a causa delle difficoltà lavorative dell’altro, non 
può chiedere la restituzione delle maggiori somme destinate alla vita comune (Trib. Savona 29 giugno 
2002). 
Per la forma consigliata quando il contratto contiene prestazioni sproporzionate (v. n. 5633). 
5663 
I conviventi possono subordinare la validità del contratto alla effettiva continuazione della convivenza; 
mentre è dubbia la validità della clausola che stabilisce una durata minima del contratto a prescindere 
dalla durata della convivenza (quindi, anche in caso di rottura) (Oberto). 
5668 
Acquisti durante la convivenza I conviventi nel contratto possono concordare il regime dei beni 
acquistati durante la convivenza (siano essi immobili, mobili, mobili registrati o titoli), in mancanza del 
quale si applica la disciplina generale esaminata al n. 5550 e s. 
5671 
Possono scegliere un regime di comunione simile a quella della comunione legale tra coniugi, 
prevedendo che tutti gli acquisti futuri effettuati da uno di essi debba considerarsi di comproprietà anche 
dell’altro. Tra i conviventi però non si realizza una comunione legale (esclusiva prerogativa dei rapporti 
tra i coniugi), ma un’ipotesi di comunione ordinaria. 
In tal caso però se un solo convivente fa un acquisto di cui risulta unico titolare deve poi trasferire al 
convivente la quota di sua spettanza affinché la situazione di contitolarità possa valere anche nei 
confronti dei terzi. In contratto di convivenza non può infatti prevedere un meccanismo di acquisto 
automatico in comunione come quello previsto per i coniugi (dagli artt. 159 e s. c.c., relativi al regime 
della comunione legale dei beni). 
C’è infatti una profonda differenza tra i due tipi di comunione: 
- il coniuge in comunione legale non può disporre della propria quota senza il consenso dell’altro 
coniuge, mentre nella comunione ordinaria ciascun convivente può vendere la propria quota 
indipendentemente dal consenso dell’altro; 
- nella comunione legale tra coniugi l’acquisto cade automaticamente in comunione ed è conoscibile dai 
terzi, uno dei due coniugi non può infatti vendere all’insaputa dell’altro; nella comunione prevista dal 
contratto di convivenza la comunione resta un accordo interno alla coppia di fatto non conoscibile dai 
terzi; il convivente che risulta l’unico intestatario del bene può dunque venderlo all’insaputa dell’altro. 
Se scelgono la comunione (dei beni o di determinati beni) possono attribuire a ciascuno dei conviventi quote 
diverse di comproprietà: l’atto di acquisto deve sempre precisare la comproprietà e la relativa quota. 
5675 
Mantenimento del convivente I conviventi possono disciplinare un’obbligazione di 
mantenimento, possono ad esempio obbligarsi alle seguenti reciproche prestazioni: 
- un convivente si obbliga a prestare una somma di denaro (in un’unica soluzione o periodicamente) o si 
obbliga a trasferire dei beni (immobili, mobili o anche titoli) o dei diritti (come ad es. diritti reali su beni 
immobili), 
- l’altro convivente si obbliga per tutta la durata della vita del primo a prestare determinati servizi che 
possano assumere il contenuto più vario: assistenza morale, prestazioni di carattere alimentare, fornitura 
di ogni genere di vestiario, conservazione dell’abitazione e suo mantenimento in condizioni di pulizia ed 
igiene, assistenza medica con assunzione dei relativi costi. 
Si ammette che un convivente si obblighi a mantenere l’altro senza pretendere nulla in cambio (in tal 
caso l’atto è a titolo gratuito). 
8
LA CONVIVENZA 
9 
5678 
E’ anche possibile disciplinare le conseguenze dell’inadempimento da parte del convivente obbligato 
ad esempio: 
- mediante una clausola risolutiva espressa che prevede che l’inadempimento ha per effetto la risoluzione 
di diritto del contratto se il creditore della prestazione comunica al debitore l’intenzione di avvalersi di tale 
clausola; 
- prevedendo la diffida ad adempiere entro un determinato termine, scaduto inutilmente il quale il 
contratto deve intendersi risolto di diritto; 
- prevedendo una penale a carico del soggetto inadempiente. 
5681 
Mantenimento, istruzione ed educazione dei figli Il contratto può regolamentare i rapporti 
patrimoniali inerenti il mantenimento, l'istruzione e l'educazione dei figli, posto che incombe su entrambi i 
genitori l'obbligo di mantenerli, istruirli ed educarli (art. 30 Cost.). 
Si tratterebbe, comunque, di clausole sempre suscettibili di essere revocate e modificate se ciò fosse 
richiesto al fine di perseguire l'interesse dei figli (da considerarsi sempre preminente rispetto all'interesse 
dei conviventi al rispetto degli accordi tra gli stessi intervenuti). 
5684 
Previsioni in caso di rottura della convivenza I conviventi possono regolare le modalità di 
cessazione e le conseguenze patrimoniali della rottura della convivenza (per causa diversa dalla morte), 
con particolare riguardo all’ obbligo di mantenimento (mediante il versamento di una somma o di un 
assegno), alla sorte della casa e alla sorte dei beni acquistati durante la convivenza. 
5687 
Si ritiene opportuno prevedere una formalità da cui si possa formalmente dedurre che è finito il 
rapporto di convivenza; ad esempio si può prevedere che uno dei conviventi dia comunicazione all’altro 
della fine della convivenza, in modo tale da poter avere un dato certo e formale da cui far discendere le 
conseguenze giuridiche disciplinate dal contratto stesso. 
5690 
E’ possibile prevedere che un ex convivente debba versare all'altro una somma di denaro come forma 
di aiuto per l’altro convivente che si trovi privo di reddito adeguato dopo la rottura della convivenza. 
I conviventi possono disciplinare: 
- l’ammontare: si può liberamente individuare l’importo da versare, facendo riferimento ad una 
percentuale rispetto al reddito del soggetto che si obbliga al pagamento (come risultante dall'ultima 
dichiarazione dei redditi); 
- le modalità di pagamento (ad es. in un’unica soluzione o a rate); 
- la durata: per quanto tempo continuare il pagamento (ad es. per un periodo pari a quello di durata della 
convivenza; 
- le concrete modalità di effettuazione del versamento (ad es. assegno circolare o bonifico bancario 
diretto a un certo Iban). 
5693 
Il contratto può prevedere a quale degli ex conviventi deve attribuirsi il diritto di continuare ad abitare 
nella casa in cui risiedeva la coppia (anche se il proprietario è uno solo dei conviventi e anche se la casa 
è in locazione). La giurisprudenza considera valida una tale clausola (Trib. Palermo 3 febbraio 2002). 
E’ possibile prevedere un periodo di tempo durante il quale l’ex convivente può continuare ad abitare 
nella casa comune, fino a che non abbia trovato un nuovo alloggio 
La previsione di una somma di denaro che costituisce una sanzione per l’abbandono (clausola penale) è 
nulla, in quanto limita la libertà dei conviventi. 
5696 
E’ possibile decidere la sorte dei beni acquistati durante la convivenza. In mancanza di una disciplina 
legale e data l’impossibilità di applicare le regole fissate per i coniugi, i conviventi possono introdurre una 
apposita regolamentazione contrattuale. Ad esempio possono decidere che: 
a) tutti i beni acquistati durante la convivenza sono comuni a entrambi; 
b) ciascun convivente rimane proprietario esclusivo dei beni da lui acquistati durante la convivenza; 
c) che tutti i beni per cui non vi sia documentazione o per i quali la documentazione non dimostra 
l'appartenenza esclusiva, appartengono ad entrambi. 
9
LA CONVIVENZA 
10 
Nel caso b) è possibile prevedere che i conviventi all'atto della stipula del contratto di convivenza formino un 
inventario originario (che indichi i beni di appartenenza esclusiva di ciascuno) è poi possibile dettare delle 
regole per modificare tale inventario giorno per giorno, registrando i mutamenti nella situazione 
patrimoniale dei conviventi. 
5700 
Previsioni in caso di morte del convivente Fuori del caso della disposizione testamentaria, i 
conviventi nei contratti di convivenza possono inserire delle clausole destinate ad operare in caso di 
morte di uno di loro (c.d. clausole post mortem). 
Esse sono valide se rispettano il divieto dei c.d. patti successori (previsto dall’art. 458 c.c.) Ad esempio 
viola tale divieto la clausola attribuisce il diritto di abitazione sulla casa per il periodo successivo alla 
morte di uno dei due conviventi. 
Ad esempio uno dei conviventi può impegnarsi a concludere un contratto di assicurazione sulla vita a 
favore del convivente che assicuri il pagamento di una somma di denaro, anche sotto forma di rendita 
vitalizia o di vitalizio alimentare (ai sensi dell’art. 1875 c.c.) (Bonolini-Cattaneo). 
5705 
Previsioni in caso di malattia o incapacità Il contratto può contenere disposizioni relative alla 
assistenza reciproca tra i conviventi in tutti i casi di malattia, bisogno o incapacità. 
5708 
Ciascuno dei conviventi in previsione di una propria eventuale futura situazione di incapacità, anche 
parziale o temporanea può indicare l’altro convivente come amministratore di sostegno (art. 408 c.c.). 
E’ possibile anche una designazione reciproca. 
Tale indicazione può farsi anche fuori del contratto di convivenza, mediante atto redatto o autenticato da 
un notaio (atto pubblico o scrittura privata autenticata) 
E’ possibile contestualmente dettare alcune direttive in linea con le personali aspirazioni della persona che 
effettua la designazione, affinché vengano tenute in debito conto dal giudice e siano recepite nel decreto 
di nomina dell'amministratore di sostegno. 
Ad esempio, si può disporre che l'amministratore di sostegno compia ogni atto di gestione e assistenza 
sanitaria, rilasci gli occorrenti consensi informati e provveda ai necessari interventi terapeutici; viceversa, in 
ipotesi di malattia allo stato terminale oppure in caso di malattia o di lesione che impediscano una normale 
vita di relazione e che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali, si può 
disporre che l'amministratore di sostegno richieda che la persona assistita non sia sottoposta ad alcun 
trattamento terapeutico, con particolare riguardo all'idratazione e alla sua alimentazione forzata e artificiale. 
5711 
Nel contratto si può inserire una pattuizione per effetto della quale uno dei conviventi (o un terzo) si 
impegna, verso il soggetto beneficiario, a eseguire direttamente o a garantire (mediante personale 
professionale di comprovata competenza ed esperienza) ogni assistenza morale o materiale, e così le 
occorrenti prestazioni cure mediche e assistenza domiciliare specialistica o generica (c.d. vitalizio 
assistenziale). 
Si può prevedere ad esempio la fornitura di vitto e di generi alimentari e la fornitura di vestiario, la pulizia 
e la manutenzione ordinaria dell'appartamento dove il beneficiario vive, la fornitura di medicine, di articoli 
sanitari e, in genere, di tutto quanto occorre per un'adeguata assistenza medica e sanitaria. 
5713 
Il contratto può prevedere che in caso di infortunio o di futura malattia fisica o psichica che 
comprometta la capacità di intendere e di volere, un convivente attribuisca all'altro: 
- la facoltà di assistenza, sia nella casa in cui la convivenza si svolge sia in qualsiasi struttura di cura, 
privata o pubblica, ove vi sia necessità o opportunità di ricovero, e ogni diritto di visita; 
- ogni più ampia facoltà di delega (anche per il consenso ai trattamenti dei dati personali, in base 
all'articolo 82 del decreto legislativo 196/2003) per conoscere ogni dato o informazione, anche sensibile, 
riguardante lo stato di salute, le cure e le terapie cui il convivente sia sottoposto. 
5716 
Clausole in caso di inadempimento delle obbligazioni I conviventi possono prevedere nel 
contratto delle clausole penali che hanno lo scopo di sanzionare il convivente che non adempie 
spontaneamente alle obbligazioni assunte nel contratto di convivenza. 
Tali clausole sono valide a condizione che non incidono su diritti personali dei conviventi, menomandone 
gravemente la libertà. 
Ad esempio : 
- la clausola con cui i conviventi sanzionano la violazione dell’obbligo di fedeltà o la rottura della convivenza 
prima di una certa data è nulla; 
10
LA CONVIVENZA 
11 
- è valida la clausola che sanziona l’inadempimento di uno dei conviventi dell’obbligo di concedere il diritto di 
abitazione sulla casa utilizzata dalla coppia o sulla ripartizione delle spese durante la convivenza. 
11 
c. Effetti nei confronti delle parti e dei terzi 
5720 
Dal contratto di convivenza nascono dei veri e propri obblighi giuridici a carico delle parti che lo hanno 
sottoscritto. 
Ovviamente gli accordi contenuti in un contratto di convivenza hanno valore limitato alle parti che 
hanno stipulato tali accordi, escluso ogni effetto nei confronti di terzi (in applicazione del principio 
generale che regola gli effetti di ogni contratto, quale sancito dall'art. 1372 c.c.). 
Su come opera ad esempio per i terzi il regime di comunione dei beni previsto in un contratto di 
convivenza: v. n. 5671. 
5723 
La violazione degli obblighi assunti con il contratto di convivenza legittima l'altra parte a rivolgersi al 
giudice per ottenere quanto le spetta (ad esempio se è previsto che i beni acquistati durante la 
convivenza debbono ritenersi di proprietà comune, se chi, singolarmente, ha acquistato un bene non 
provvede, nei termini dell'accordo, a perfezionare l'atto di trasferimento al partner della quota di una 
metà, quest'ultimo potrà chiedere al Giudice la cd. esecuzione in forma specifica, ossia l'emissione di una 
sentenza che produca gli stessi effetti dell'atto traslativo non stipulato). 
d. Cessazione del contratto di convivenza 
5726 
In applicazione delle norme generali dettate per i contratti, i conviventi possono porre fine al contratto 
per mutuo consenso (grazie ad un nuovo accordo che risolve il contratto in essere). 
Ciascuno dei conviventi può inoltre chiedere la risoluzione del contratto: 
1. in caso di inadempimento dell'altro convivente, purché non di scarsa importanza (artt. 1453 e segg. 
c.c.); 
2. in caso sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta (artt. 1463 e s. c.c.); 
3. in caso di prestazione divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed 
imprevedibili (artt. 1467 e s. c.c.). 
5729 
I due conviventi possono in generale recedere dal contratto di convivenza (art. 1373 c.c.). 
Si ritiene possibile subordinare il recesso al verificarsi di determinati eventi o condizioni, così come si 
potrebbe subordinare il recesso al pagamento all'altra parte di un corrispettivo (la cd. "caparra 
penitenziale"). 
E’ dubbio fino a che punto le parti possono vincolarsi sulla durata

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La convivenza: rapporti patrimonali

  • 1. LA CONVIVENZA 1 1 Rapporti patrimoniali tra conviventi Rapporti patrimoniali tra i conviventi Estratto da Memento Famiglia e Patrimonio 2014 5490 La giurisprudenza e la dottrina hanno delineato il regime patrimoniale applicabile in generale ai coniugi, quando essi on concludono accordi tra di loro che regolano o introducono discipline particolari. E’ però legittimo (e sempre più frequente) che i conviventi concludano dei contratti di convivenza per definire il loro regime patrimoniale. Rapporti patrimoniali tra i conviventi Regime patrimoniale (v. n. 5495 e s.) regole previste nei contratti di convivenza (v. n. 5620 e s.) A. Regime patrimoniale generale generale 5495 La legge non detta alcuna regola circa il regime patrimoniale tra i conviventi. Non sono applicabili per analogia le regole della comunione dei beni che governa il rapporto tra coniugi. La dottrina e la giurisprudenza ritengono però che ciascuno dei conviventi, in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, sia tenuto a contribuire ai bisogni della famiglia, applicando per analogia la norma dettata per i coniugi (art. 143 c. 3 c.c.). La cassazione ha infatti precisato che i contributi di un convivente all'altro vanno intesi come adempimenti che la coscienza sociale ritiene doverosi nell'ambito di un consolidato rapporto affettivo, che comporta collaborazione e assistenza morale e materiale (Cass. 22 gennaio 2014 n. 1277). Si delinea in tal modo un regime patrimoniale c.d. primario. Secondo parte della dottrina gli interessati non possono derogare a tale regime (un contratto di convivenza non potrebbe imporre a un convivente in via esclusiva l’obbligo di mantenere la famiglia). 5497 Di seguito sono esaminate le regole che in alcuni casi la legge, ma più spesso la giurisprudenza e a volte la dottrina applicano al patrimonio o ai rapporti patrimoniali tra conviventi. a. Casa familiare 5503 I conviventi normalmente scelgono di abitare in una casa in cui si svolge la loro vita in comune. Esaminiamo le regole applicabili in mancanza di accordi tra conviventi. Precisiamo però che le più rilevanti controversie relative alla casa si verificano: - in caso di cessazione della convivenza, specie con riguardo all’assegnazione della casa in presenza di figli (v. n. 5848 e s.); - in caso di morte di uno convivente: è infatti necessario distinguere in tal caso chi sia proprietario della casa, o se essa è in locazione o se si tratta di una casa di edilizia popolare (v. n. 5909 e s.).
  • 2. LA CONVIVENZA 2 5506 Casa di proprietà Quando la casa è di proprietà di uno solo dei conviventi, l’altro convivente (che non è proprietario né titolare di altro diritto) è considerato detentore qualificato. Ha cioè un potere di fatto sulla casa basato su un interesse proprio diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità (Cass. 21 marzo 2013 n. 7214). 5508 Quando i conviventi vivono in una casa dove si svolge e si attua il loro programma di vita, il convivente che non è proprietario non può essere considerato un ospite: ha diritto di restare nella casa e non può essere estromesso dalla stessa in modo violento o clandestino. Sulla casa di abitazione, sorge infatti un potere di fatto basato su di un interesse del convivente diverso, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata (Cass. 2 gennaio 2014 n. 7, Cass., 21 marzo 2013 n. 7214). Se il convivente proprietario intende recuperare l’esclusiva disponibilità dell’immobile, l’altro convivente deve essere avvisato e deve essergli concesso un termine congruo per trovare un’altra sistemazione (Cass. 21 marzo 2013 n. 7214, Trib. Milano 18 febbraio 2014). Può esercitare anche la tutela in via d’urgenza (Trib. Milano 7 maggio 2008). Così ad esempio: a) se il convivente proprietario estromette in modo violento o clandestino dalla abitazione il convivente non proprietario, quest'ultimo può esperire l'azione di spoglio (Cass., 21 marzo 2013, n. 7214); b) una donna abitava con il suo convivente nell’abitazione che questi aveva avuto in comodato gratuito dal fratello. Quest’ultimo, approfittando del ricovero in ospedale del fratello convivente, cambia la serratura e si introduce nell'appartamento, impedendo alla donna di rientrare in casa. La convivente promuove un giudizio (vinto in tribunale, perso in appello) al termine del quale la cassazione affermato le ragioni della donna in quanto, dato il rilievo sociale della famiglia di fatto, deve riconoscersi alla convivente un ruolo sempre più simile alla moglie. Non è stata pertanto ritenuta legittima l'estromissione della convivente, violenta o clandestina dall'unità abitativa (Cass. 2 gennaio 2014 n. 7). 5510 Il convivente esclusivo proprietario della casa familiare, al fine di tutelare l’altro convivente in caso di propria morte (dato che il convivente superstite non eredità né potrebbe continuare a godere dell’immobile che passa agli eredi, come precisato al n. 5912) può ricorrere ai seguenti rimedi: - intestare la casa ad entrambi (in tal modo il convivente diventa comproprietario); - costituire in favore del convivente un diritto reale di godimento (usufrutto o abitazione) . La giurisprudenza conferma che è valido ed efficace il contratto con il quale un convivente costituisce a favore dell’altro convivente: - il diritto di usufrutto su un immobile senza corrispettivo alcuno, ove esso trovi il suo fondamento nella convivenza stessa e nell'assetto che i conviventi intendono dare ai loro rapporti (Trib. Savona 7 marzo 2001); - un diritto reale di abitazione sulla casa familiare (Trib. Palermo 3 febbraio 2002). 5515 Casa in locazione I conviventi o uno solo di essi possono stipulare un contratto di locazione avente ad oggetto la casa familiare. La giurisprudenza in caso di morte del convivente conduttore tutela il superstite (prevedendo suo il subentro nel contratto), ma anche se il contratto è stipulato da entrambi il superstite può continuare il rapporto. Approfondiamo tali ipotesi al n. 5921. 5520 Case popolari Per le abitazioni ad uso residenziale di proprietà degli istituti autonomi per le case è riconosciuto il diritto all'esercizio del diritto di opzione all'acquisto per l'assegnatario unitamente al proprio coniuge (se risulti in regime di comunione dei beni) e in caso di rinunzia da parte dell'assegnatario subentrano, con facoltà di rinunzia nel diritto all'acquisto nell'ordine: il coniuge in regime di separazione dei beni, il convivente more uxorio purché la convivenza duri da almeno 5 anni, i figli conviventi, i figli non conviventi (art. 1 c. 598 L. 266/2005). 5525 Usucapione Il convivente non proprietario non può acquistare la proprietà della casa familiare per usucapione (Cass. 14 giugno 2012 n. 9786), in senso contrario si è ritenuto che il diritto di abitazione sull'appartamento del convivente può essere usucapito dal convivente "more uxorio" del defunto comproprietario dell'immobile per averne avuto il godimento esclusivo con il defunto per oltre vent'anni (Trib. Torino 28 febbraio 2002). 2
  • 3. LA CONVIVENZA 3 5530 Ristrutturazione della casa Un dato interessante riguarda il diritto alla detrazione dall’imposta lorda prevista per le spese di ristrutturazione di un immobile (art.1 c. 1 L. 449/97). In questo caso la situazione del convivente del proprietario dell’immobile è assimilata a quella del coniuge dell’intestatario del bene, ma la condizione necessaria per ottenere la detrazione è la convivenza cominciata prima dell’inizio dei lavori, che sta al contribuente dimostrare. Il convivente deve ovviamente dimostrare di aver sostenuto le spese anche se per la ristrutturazione di un immobile non di sua proprietà (Logli). 3 b. Spese e acquisti durante la convivenza 5540 Spese I conviventi sopportano le spese della vita familiare, prestandosi reciproca assistenza materiale e morale. Tra i conviventi non esiste un dovere giuridico di mantenimento. Se quindi un convivente cessa di partecipare alle spese familiari, l’altro non può obbligarlo a tale partecipazione. 5545 Se un convivente effettua spontaneamente una spesa non può chiederne la restituzione all’altro (App. Genova 4 maggio 2005), ad esempio non sono ripetibili le spese di mantenimento, alloggio e vitto, offerti al convivente per il periodo di tempo nel quale egli si è sia trasferito presso l'abitazione dell'altro convivente (Trib. Napoli 27 gennaio 2005). La restituzione può però essere richiesta se chi ha effettuato la spesa dimostra che essa è sproporzionate al dovere morale di reciproca assistenza e alla capacità economica del convivente (Cass. 13 marzo 2003 n. 3713). Le spese tra conviventi, seppur a titolo gratuito, non sono donazioni, perché manca il requisito della volontà di donare (c.d. animus donandi). Può trattarsi di contratti gratuiti che potremmo definire “con causa familiare” poiché giustificati dall’esistenza di una famiglia di fatto e di preesistenti doveri morali tra i conviventi (Trib. Bologna 16 febbraio 2011). 5550 Acquisti E’ normale che i conviventi durante il periodo della convivenza procedano ad acquisti di beni destinati ad un uso comune, come ad esempio un'automobile, una casa e i relativi arredi, altri beni mobili (e gli esempi possono essere i più vari, da una bicicletta a uno strumento finanziario). Esaminiamo di seguito le regole applicabili a tali acquisti in mancanza di un’apposita pattuizione tra i conviventi contenuta nei contratti di convivenza (per la cui disciplina si rinvia al n. 5668). L’esame delle attribuzioni patrimoniali fatte, una volta sciolta la convivenza: v. n. 5872 e s. 5553 Secondo la giurisprudenza maggioritaria gli acquisti effettuati da un convivente rimangono di proprietà esclusiva del convivente che ha concluso l’acquisto. Ciò vale sia per beni immobili (App. Firenze 12 febbraio 1991, Trib. Pisa 20 gennaio 1988) che per i beni mobili o i mobili registrati (Trib. Palermo 3 settembre 2000; in senso contrario: Pret. Torino 17 marzo 1988). E’ esclusa l’applicazione in via analogica delle norme in materia di comunione legale per i beni acquistati durante il matrimonio dai coniugi (artt. 177 e s. c.c.). 5556 Se i conviventi acquistano in modo congiunto un bene (e quindi la contitolarità risulta nell’atto di acquisto) allora il bene acquistato è di proprietà comune. In caso di beni immobili è indispensabile un’intestazione formale a entrambi i conviventi nel contratto di acquisto (App. Firenze 12 febbraio 1991). Nel caso di beni mobili invece la situazione di comproprietà potrebbe desumersi dall’esame delle circostanze in cui è maturato l’acquisto. La dottrina ipotizza una presunzione di comproprietà dei beni mobili (Gazzoni). Se un immobile acquistato durante la convivenza non è stato intestato a entrambi i conviventi, la relativa contitolarità può essere riconosciuta solo se si dimostra che vi è stata una donazione indiretta, un’interposizione reale di persona o l’adempimento spontaneo e consapevole di un’obbligazione naturale (Trib. Pisa 20 gennaio 1988). 5560 Conto corrente Se i conviventi sono cointestatari di un conto corrente bancario, entrambi sono comproprietari in parti uguali delle somme depositate (in applicazione dell’art. 1298 c.c.), ciò anche se
  • 4. LA CONVIVENZA 4 viene fornita la prova che le somme depositate provengono esclusivamente dal reddito di uno solo convivente. Tali somme si considerano infatti depositate per sopperire ai bisogni comuni della famiglia e chi le ha depositate non può chiederne la restituzione (Trib. Bolzano 20 gennaio 2000) se non nei limiti della propria quota, a meno che non si dimostri la sproporzione tra le somme sborsate e i doveri morali e sociali reciprocamente assunti dai conviventi (Trib. Monza 18 novembre 1999). Quando invece il conto corrente non è cointestato e quindi uno dei conviventi è titolare e l’altro ha solo la capacità di disporre (ha solo la firma sul conto), il titolare del conto può escludere l’atro convivente dal conto corrente, senza necessità di autorizzazione. 5565 Versamenti di denaro I versamenti di denaro fatti da un convivente all'altro durante la convivenza si devono intendere come adempimenti doverosi nell'ambito di un consolidato rapporto affettivo ossia come forme di collaborazione e di assistenza morale e materiale (anche se non esiste un obbligo giuridico di legge come invece per i coniugi) (Cass. 22 gennaio 2014 n. 1277). Va quindi esclusa la restituzione di tali somme al termine della convivenza a condizione che il versamento risulti adeguato alle circostanze e proporzionata all'entità del patrimonio e alle condizioni sociali di chi la ha effettuata (Cass. 13 marzo 2003 n. 3713). 5568 Regali La giurisprudenza è divisa circa la disciplina da applicare ai regali fatti da un convivente all’altro durante la convivenza. Una prima tesi ritiene che i regali siano delle donazioni: il convivente può chiederne la restituzione (al termine della convivenza), ma l’altro convivente può evitare la restituzione se prova che si tratta di una liberalità d’uso, cioè che il regalo è stato fatto in un’occasione particolare (se rispecchia un uso o un costume) e che è proporzionato alla capacità economica del convivente che effettua il regalo (Cass. 24 novembre 1998 n. 11894). Una diversa tesi ritiene i regali delle liberalità d’uso, che anche se mancano i requisiti specifici dell’occasione particolare e della proporzionalità alle condizioni economiche di chi effettua il regalo (Trib. Palermo 3 settembre 1999, Pret. Torino 28 giugno 1993). Non è quindi possibile chiedere la restituzione (la prestazione è cioè irripetibile). A differenza della donazione la liberalità d’uso non richiede una forma particolare,. La cassazione qualifica come una donazione il regalo di gioielli di rilevante valore effettuata a prescindere da quelle “determinate occasioni” che il costume sociale normalmente festeggia, in quanto l’altra parte non ha dato la prova che la situazione economica del donante era compatibile con la natura dei vari atti di liberalità (Cass. 24 novembre 1998 n. 11894, Cass. 8 febbraio 1994 n. 1260). 4 c. Attività lavorativa in favore del convivente 5575 Il convivente può svolgere attività lavorativa in favore dell’altro convivente, sia come lavoratore domestico (ossia, nel contesto familiare), sia nell’impresa familiare di quest’ultimo. 5578 Lavoro domestico Il convivente che svolge attività di lavoro domestico non può essere considerato lavoratore subordinato, in quanto l’attività, che viene svolta per motivi di solidarietà ed affetto, consente la partecipazione effettiva ed equa del convivente alle risorse della famiglia di fatto. Il convivente può fornire la prova del vincolo di subordinazione dimostrando in modo rigoroso che il rapporto è di natura meramente spirituale, affettiva e sessuale (Cass. 13 dicembre 1986 n. 7486, Cass. 19 dicembre 1994 n. 10927); in tal caso, il convivente ha diritto al trattamento economico e previdenziale. In ogni caso, la valutazione circa la natura del rapporto di lavoro è demandata al giudice ed è insindacabile in cassazione (Cass. 15 marzo 2006 n. 5632). Ad esempio , la domanda della ricorrente volta ad ottenere dagli eredi il trattamento economico a titolo di lavoro domestico non corrispostole dal defunto convivente è stata rigettata, sulla base delle prove raccolte che escludevano il vincolo di subordinazione ed attestavano, tra l’altro, che tra i due esisteva una relazione sentimentale sfociata in una prolungata convivenza (Cass. 15 marzo 2006 n. 5632).
  • 5. LA CONVIVENZA 5 5581 Attività nell’impresa familiare Il convivente che svolge attività lavorativa all’interno dell’impresa familiare non ha gli stessi diritti del coniuge (Cass. 29 novembre 2004 n. 22405, Cass. 18 ottobre 1976 n. 3585, che negano la possibilità di estendere in via analogica al convivente l’art. 230 bis c.c.). Pertanto, non ha diritto: - al mantenimento secondo le condizioni patrimoniali della famiglia; - alla partecipazione agli utili dell'impresa, ai beni acquistati con essi ed agli incrementi, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato; - alla partecipazione alle decisioni relative alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla gestione dell'impresa. Il lavoro del convivente nell’impresa familiare non può tuttavia presumersi gratuito ed il convivente ha diritto ad essere retribuito. 5 d. Tutela del patrimonio 5588 Accanto alle forme tradizionali di tutela del patrimonio introdotte nel nostro ordinamento per essere utilizzate nell’ambito della famiglia fondata sul matrimonio, si possono individuare forme di tutela più ampie che non sono subordinate alla presenza di un particolare legame giuridico tra gli interessati e quindi si possono adattare alla convivenza. 5590 Assicurazione sulla vita Dal momento che la famiglia di fatto dei conviventi non gode di forme di tutela particolari in caso di morte di uno di essi, è sempre più frequente che i conviventi ricorrano al contratto di assicurazione sulla vita come a una forma di assistenza e tutela privata. Ciascuno dei conviventi può stipulare un’assicurazione sulla vita a favore dell’altro (art. 1920 c.c.). A seconda dei casi, l’assicurazione sulla vita può rappresentare per il contraente una forma: 1) di garanzia di disponibilità per sé o per il convivente di una rendita o un capitale. La liquidazione della prestazione può avvenire al verificarsi di un determinato evento (vita ad una certa data o morte, oppure sopravvenuta invalidità o non autosufficienza), oppure alla scadenza prevista in polizza; 2) di pensione integrativa rispetto a quella garantita dal sistema pubblico, a favore di se stesso (v. n. 2670); 3) di gestione o tutela del patrimonio personale o familiare (attraverso i c.d. contratti assicurativo-finanziari: v. n. 2750 e s.); 4) di tutela economica a favore del convivente il quale, in presenza di eredi legittimati, godrebbe solo di della quota limitata dell’asse ereditario disposta a suo favore nel testamento. L’impegno a sottoscrivere (anche reciprocamente) tale contratto di assicurazione può essere assunto nel contratto di convivenza. 5593 Il capitale o la rendita derivanti dall’assicurazione sono esclusi dall’asse ereditario; sono insequestrabili e impignorabili (divieto di azione esecutiva e cautelare: art. 1923 c. 1 c.c.). La polizza così stipulata può essere revocata in qualsiasi momento finché l’assicurato è in vita. Per approfondimenti si rinvia alla trattazione al n. 2550 e s. 5600 Trust I conviventi possono concludere un trust per pianificare la conservazione e l’eventuale incremento del patrimonio e per garantire il benessere del convivente anche dopo la morte del disponente. Esso può avere ad oggetto qualsiasi bene o diritto, oltre che un’azienda o partecipazioni sociali. Il patrimonio conferito in trust rientra comunque nella quota di legittima (successione necessaria); pertanto, le attribuzioni ai beneficiari del trust non devono essere lesive delle quote di eredità riservate ai legittimari. Per approfondimenti si veda la trattazione ai n. 2230 e s. e. Responsabilità civile 5618 In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore e di natanti, la legge prevede che il convivente non ha diritto ai risarcimento per i danni a cose
  • 6. LA CONVIVENZA 6 (al pari del coniuge e dei parenti) (art. 129 D.Lgs. 209/2005). L’assicurazione obbligatoria deve infatti tenere indenne il patrimonio dell’assicurato dalla pretesa risarcitoria della vittima, dunque il rischio non sussiste, in teoria, se la vittima è convivente o parente. 6 B. Contratti di convivenza 5620 I conviventi possono regolare i propri rapporti economici e patrimoniali tramite la stipulazione di un contratto c.d. “di convivenza” (detto anche patto o accordo di convivenza). Il contratto è spesso concluso prima che abbia inizio la convivenza, per l'esigenza di programmarne lo svolgimento, ma si può decidere di concluderlo durante lo svolgimento del rapporto o in circostanze particolari (come quando si acquista un immobile o nell'ambito di una vicenda successoria). Il contratto può essere utilizzato anche per regolamentare le conseguenze patrimoniali della cessazione della convivenza. Può prevedere anche sanzioni in caso di mancato rispetto delle obbligazioni assunte (mediante ad esempio una clausola penale). Non può invece regolare i loro rapporti personali, fatta eccezioni e per alcuni limitati aspetti inerenti i rapporti personali (ad es. la designazione dell'amministratore di sostegno). Lo scopo è di evitare liti future e fornire una certa sicurezza finanziaria al convivente economicamente più debole. Tali contratti devono rispettare alcuni requisiti di forma e la giurisprudenza ne ha confermato la liceità in quanto la convivenza non contrasta con norme imperative, né con l’ordine pubblico, né con il buon costume (Cass. 8 giugno 1993 n. 6381). 5625 Esaminiamo di seguito la caratteristiche dei contratti di convivenza, il loro oggetto, gli effetti e la loro cessazione. Molte indicazioni riportate di seguito sono tratte da indicazioni date da organismi notarili (in particolare Consiglio Nazionale del Notariato e Federnotai) che hanno promosso la diffusione dei contratti di convivenza, mettendo a disposizione anche formulari e documenti esplicativi. a. Caratteristiche generali 5630 Chi li può concludere Tutte le persone che, legate da vincolo affettivo, decidono di vivere insieme in modo stabile e non occasionale al di fuori del legame matrimoniale o perché è loro preclusa la possibilità di sposarsi (si pensi a due conviventi dello stesso sesso o a persone già unite in matrimonio ma per le quali non sia ancora intervenuta sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio) o perché non hanno intenzione di unirsi in matrimonio. 5633 Forma del contratto In generale si consiglia la redazione del contratto di convivenza in forma scritta, al fine della prova. E’ altresì opportuno che il contratto abbia una data. Una scrittura privata acquista data certa, ad esempio, con la notifica dell’atto tramite ufficiale giudiziario. Si devono invece rispettare precisi requisiti formali, a pena di nullità, quando con il contratto: - trasferisce la proprietà o un diritto su un immobile: è necessario l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata da un notaio; - si stipula la donazione di un bene di valore: è necessario l’atto pubblico. Il contratto deve essere redatto per atto pubblico da parte di un notaio quando contiene delle clausole che prevedono una sproporzione tra le prestazioni che i conviventi si obbligano ad eseguire, in quanto potrebbe configurarsi come un atto di donazione che sarebbe nullo in mancanza di detta forma (Oberto). L’atto pubblico o la scrittura privata costituiscono un vantaggio per i contraenti in quanto costituiscono un titolo esecutivo. Ciò significa che in caso di inadempimento l’interessato può promuovere direttamente un procedimento esecutivo per l’adempimento degli obblighi indicati nel contartto. 5636 Documenti da presentare Se i conviventi ricorrono ad un notaio per stipulare un contratto di convivenza, il Consiglio Nazionale del Notariato consiglia di presentare i seguenti documenti: - documenti di identità (ad es. carta d'identità); - tessere sanitarie per l'attribuzione del codice fiscale; - certificati da cui risulta lo stato civile dei conviventi (stato libero, separazione legale, divorzio);
  • 7. LA CONVIVENZA 7 - eventuali accordi e/o pronunce di separazione o divorzio che interessano uno o entrambi i soggetti da cui potrebbero derivare obblighi e statuizioni tali da poter incidere sul contenuto dello stipulando contratto di convivenza. Devono poi essere presentati i documenti relativi ai beni, ai rapporti, alle situazioni che si intendono disciplinare con il contratto di convivenza. in tal modo il notaio può disporre delle informazioni necessarie o utili per la sua redazione. Ad esempio se si vogliono disciplinare le modalità d’uso della casa adibita a residenza comune è necessaria copia dell'atto di acquisto della casa, se di proprietà di uno o di entrambi i conviventi, o copia del contratto di locazione, se detenuta in locazione. 5640 Durata del contratto Il contratto di convivenza può durare tanto quanto dura il rapporto di convivenza. Si possono quindi subordinare gli effetti del contratto alla permanenza del rapporto. Finita la convivenza gli accordi cessano di avere effetto in quanto essi presuppongono il permanere del rapporto (si pensi agli accordi sulla partecipazione alle spese o circa l'acquisto dei beni). E’ dubbio se sia possibile apporre un termine di durata in quanto si deve sempre rispettare il principio inderogabile della libertà del convivente di svincolarsi ogni momento. 5643 Il contratto può contenere disposizioni destinate a produrre i loro effetti solo a partire dalla cessazione del rapporto di convivenza, come nel caso in cui esso detti le modalità per definire i reciproci rapporti patrimoniali conseguenti alla rottura della convivenza. 5646 Costi Non esiste un costo fisso per simili contratti, in quanto non si tratta di contratti standard a contenuto prefissato, ma di contratti a contenuto "variabile", a seconda delle le esigenze e delle aspettative dei conviventi. Tutto quindi dipende da ciò che il contratto di convivenza in concreto regolamenta. Lo stesso trattamento fiscale varia a seconda del tipo di accordi che vengono siglati (imposta di registro o imposta di donazione per eventuali trasferimenti di beni o assunzioni di obbligazioni a titolo gratuito). 7 b. Contenuto del contratto di convivenza 5652 I conviventi possono regolare contrattualmente i rapporti di natura patrimoniale e economica che nascono durante la convivenza o a seguito della sua rottura. In particolare è possibile disciplinare i seguenti aspetti (approfonditi nella trattazione che segue): - le modalità d’uso della casa adibita a residenza comune; - la partecipazione alle spese durante la convivenza; - la proprietà dei beni acquistati nel corso della convivenza; - il mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli; - i rapporti patrimoniali in caso di rottura della convivenza; - le previsioni in caso di morte, malattia o incapacità di uno dei conviventi; - l’ipotesi di inadempimento delle obbligazioni contenute nel contratto. E’ invece in generale escluso che i conviventi possano regolare tramite contratto di convivenza i propri diritti o rapporti personali, come meglio precisato al n. 5482. 5655 La indicazioni notarili e la dottrina (documento della Federnotai, Oberto) prospettano la possibilità di introdurre nei contratti anche una regolamentazione del regime patrimoniale (che vada oltre la previsione della comunione degli acquisti) attraverso la previsione di un trust. Questo istituto (esaminato al n. XX e s.) può infatti assicurare le fonti di sostentamento della famiglia di fatto, finché essa è in atto, nonché la tranquillità economica del convivente superstite, dopo la morte dell’altro convivente. 5658 Modalità di uso della casa I conviventi possono concordare le modalità di uso della casa adibita a residenza comune, sia se essa è di proprietà di un convivente, sia quando la proprietà e comune, sia infine quando essa è oggetto di di locazione. E’ possibile per esempio attribuire ad un convivente il comodato, l’usufrutto o la proprietà della casa. E’ possibile anche regolare il diritto di abitazione della casa. Se la casa è: - in proprietà di uno o di entrambi i conviventi: si può attribuire a uno di essi un diritto di abitazione o il comodato, sottoposto alla condizione risolutiva della rottura del rapporto di convivenza;
  • 8. LA CONVIVENZA 8 - in locazione a nome di uno dei conviventi: si può prevedere la cessione del contratto di locazione, sottoposto alla condizione sospensiva della rottura del rapporto di convivenza. 5661 Spese durante la convivenza Il contratto può stabilire in quale modo e misura ciascuno dei conviventi partecipa alle spese derivanti dalla convivenza o dall'attività lavorativa domestica ed extradomestica. Generalmente le spese vengono ripartite equamente tra i conviventi, in relazione alle proprie sostanze economiche e alla capacità di lavoro professionale e casalingo di ciascuno (in analogia a quanto previsto per i coniugi dall’art. 143 c.c.). Ad esempio , un convivente può assumersi l’obbligo di mantenere l’altro a fronte di una controprestazione che può essere una cessione di capitale, una prestazione di lavoro domestico o la messa a disposizione di determinati beni. Il convivente che ha contribuito in misura maggiore, a causa delle difficoltà lavorative dell’altro, non può chiedere la restituzione delle maggiori somme destinate alla vita comune (Trib. Savona 29 giugno 2002). Per la forma consigliata quando il contratto contiene prestazioni sproporzionate (v. n. 5633). 5663 I conviventi possono subordinare la validità del contratto alla effettiva continuazione della convivenza; mentre è dubbia la validità della clausola che stabilisce una durata minima del contratto a prescindere dalla durata della convivenza (quindi, anche in caso di rottura) (Oberto). 5668 Acquisti durante la convivenza I conviventi nel contratto possono concordare il regime dei beni acquistati durante la convivenza (siano essi immobili, mobili, mobili registrati o titoli), in mancanza del quale si applica la disciplina generale esaminata al n. 5550 e s. 5671 Possono scegliere un regime di comunione simile a quella della comunione legale tra coniugi, prevedendo che tutti gli acquisti futuri effettuati da uno di essi debba considerarsi di comproprietà anche dell’altro. Tra i conviventi però non si realizza una comunione legale (esclusiva prerogativa dei rapporti tra i coniugi), ma un’ipotesi di comunione ordinaria. In tal caso però se un solo convivente fa un acquisto di cui risulta unico titolare deve poi trasferire al convivente la quota di sua spettanza affinché la situazione di contitolarità possa valere anche nei confronti dei terzi. In contratto di convivenza non può infatti prevedere un meccanismo di acquisto automatico in comunione come quello previsto per i coniugi (dagli artt. 159 e s. c.c., relativi al regime della comunione legale dei beni). C’è infatti una profonda differenza tra i due tipi di comunione: - il coniuge in comunione legale non può disporre della propria quota senza il consenso dell’altro coniuge, mentre nella comunione ordinaria ciascun convivente può vendere la propria quota indipendentemente dal consenso dell’altro; - nella comunione legale tra coniugi l’acquisto cade automaticamente in comunione ed è conoscibile dai terzi, uno dei due coniugi non può infatti vendere all’insaputa dell’altro; nella comunione prevista dal contratto di convivenza la comunione resta un accordo interno alla coppia di fatto non conoscibile dai terzi; il convivente che risulta l’unico intestatario del bene può dunque venderlo all’insaputa dell’altro. Se scelgono la comunione (dei beni o di determinati beni) possono attribuire a ciascuno dei conviventi quote diverse di comproprietà: l’atto di acquisto deve sempre precisare la comproprietà e la relativa quota. 5675 Mantenimento del convivente I conviventi possono disciplinare un’obbligazione di mantenimento, possono ad esempio obbligarsi alle seguenti reciproche prestazioni: - un convivente si obbliga a prestare una somma di denaro (in un’unica soluzione o periodicamente) o si obbliga a trasferire dei beni (immobili, mobili o anche titoli) o dei diritti (come ad es. diritti reali su beni immobili), - l’altro convivente si obbliga per tutta la durata della vita del primo a prestare determinati servizi che possano assumere il contenuto più vario: assistenza morale, prestazioni di carattere alimentare, fornitura di ogni genere di vestiario, conservazione dell’abitazione e suo mantenimento in condizioni di pulizia ed igiene, assistenza medica con assunzione dei relativi costi. Si ammette che un convivente si obblighi a mantenere l’altro senza pretendere nulla in cambio (in tal caso l’atto è a titolo gratuito). 8
  • 9. LA CONVIVENZA 9 5678 E’ anche possibile disciplinare le conseguenze dell’inadempimento da parte del convivente obbligato ad esempio: - mediante una clausola risolutiva espressa che prevede che l’inadempimento ha per effetto la risoluzione di diritto del contratto se il creditore della prestazione comunica al debitore l’intenzione di avvalersi di tale clausola; - prevedendo la diffida ad adempiere entro un determinato termine, scaduto inutilmente il quale il contratto deve intendersi risolto di diritto; - prevedendo una penale a carico del soggetto inadempiente. 5681 Mantenimento, istruzione ed educazione dei figli Il contratto può regolamentare i rapporti patrimoniali inerenti il mantenimento, l'istruzione e l'educazione dei figli, posto che incombe su entrambi i genitori l'obbligo di mantenerli, istruirli ed educarli (art. 30 Cost.). Si tratterebbe, comunque, di clausole sempre suscettibili di essere revocate e modificate se ciò fosse richiesto al fine di perseguire l'interesse dei figli (da considerarsi sempre preminente rispetto all'interesse dei conviventi al rispetto degli accordi tra gli stessi intervenuti). 5684 Previsioni in caso di rottura della convivenza I conviventi possono regolare le modalità di cessazione e le conseguenze patrimoniali della rottura della convivenza (per causa diversa dalla morte), con particolare riguardo all’ obbligo di mantenimento (mediante il versamento di una somma o di un assegno), alla sorte della casa e alla sorte dei beni acquistati durante la convivenza. 5687 Si ritiene opportuno prevedere una formalità da cui si possa formalmente dedurre che è finito il rapporto di convivenza; ad esempio si può prevedere che uno dei conviventi dia comunicazione all’altro della fine della convivenza, in modo tale da poter avere un dato certo e formale da cui far discendere le conseguenze giuridiche disciplinate dal contratto stesso. 5690 E’ possibile prevedere che un ex convivente debba versare all'altro una somma di denaro come forma di aiuto per l’altro convivente che si trovi privo di reddito adeguato dopo la rottura della convivenza. I conviventi possono disciplinare: - l’ammontare: si può liberamente individuare l’importo da versare, facendo riferimento ad una percentuale rispetto al reddito del soggetto che si obbliga al pagamento (come risultante dall'ultima dichiarazione dei redditi); - le modalità di pagamento (ad es. in un’unica soluzione o a rate); - la durata: per quanto tempo continuare il pagamento (ad es. per un periodo pari a quello di durata della convivenza; - le concrete modalità di effettuazione del versamento (ad es. assegno circolare o bonifico bancario diretto a un certo Iban). 5693 Il contratto può prevedere a quale degli ex conviventi deve attribuirsi il diritto di continuare ad abitare nella casa in cui risiedeva la coppia (anche se il proprietario è uno solo dei conviventi e anche se la casa è in locazione). La giurisprudenza considera valida una tale clausola (Trib. Palermo 3 febbraio 2002). E’ possibile prevedere un periodo di tempo durante il quale l’ex convivente può continuare ad abitare nella casa comune, fino a che non abbia trovato un nuovo alloggio La previsione di una somma di denaro che costituisce una sanzione per l’abbandono (clausola penale) è nulla, in quanto limita la libertà dei conviventi. 5696 E’ possibile decidere la sorte dei beni acquistati durante la convivenza. In mancanza di una disciplina legale e data l’impossibilità di applicare le regole fissate per i coniugi, i conviventi possono introdurre una apposita regolamentazione contrattuale. Ad esempio possono decidere che: a) tutti i beni acquistati durante la convivenza sono comuni a entrambi; b) ciascun convivente rimane proprietario esclusivo dei beni da lui acquistati durante la convivenza; c) che tutti i beni per cui non vi sia documentazione o per i quali la documentazione non dimostra l'appartenenza esclusiva, appartengono ad entrambi. 9
  • 10. LA CONVIVENZA 10 Nel caso b) è possibile prevedere che i conviventi all'atto della stipula del contratto di convivenza formino un inventario originario (che indichi i beni di appartenenza esclusiva di ciascuno) è poi possibile dettare delle regole per modificare tale inventario giorno per giorno, registrando i mutamenti nella situazione patrimoniale dei conviventi. 5700 Previsioni in caso di morte del convivente Fuori del caso della disposizione testamentaria, i conviventi nei contratti di convivenza possono inserire delle clausole destinate ad operare in caso di morte di uno di loro (c.d. clausole post mortem). Esse sono valide se rispettano il divieto dei c.d. patti successori (previsto dall’art. 458 c.c.) Ad esempio viola tale divieto la clausola attribuisce il diritto di abitazione sulla casa per il periodo successivo alla morte di uno dei due conviventi. Ad esempio uno dei conviventi può impegnarsi a concludere un contratto di assicurazione sulla vita a favore del convivente che assicuri il pagamento di una somma di denaro, anche sotto forma di rendita vitalizia o di vitalizio alimentare (ai sensi dell’art. 1875 c.c.) (Bonolini-Cattaneo). 5705 Previsioni in caso di malattia o incapacità Il contratto può contenere disposizioni relative alla assistenza reciproca tra i conviventi in tutti i casi di malattia, bisogno o incapacità. 5708 Ciascuno dei conviventi in previsione di una propria eventuale futura situazione di incapacità, anche parziale o temporanea può indicare l’altro convivente come amministratore di sostegno (art. 408 c.c.). E’ possibile anche una designazione reciproca. Tale indicazione può farsi anche fuori del contratto di convivenza, mediante atto redatto o autenticato da un notaio (atto pubblico o scrittura privata autenticata) E’ possibile contestualmente dettare alcune direttive in linea con le personali aspirazioni della persona che effettua la designazione, affinché vengano tenute in debito conto dal giudice e siano recepite nel decreto di nomina dell'amministratore di sostegno. Ad esempio, si può disporre che l'amministratore di sostegno compia ogni atto di gestione e assistenza sanitaria, rilasci gli occorrenti consensi informati e provveda ai necessari interventi terapeutici; viceversa, in ipotesi di malattia allo stato terminale oppure in caso di malattia o di lesione che impediscano una normale vita di relazione e che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali, si può disporre che l'amministratore di sostegno richieda che la persona assistita non sia sottoposta ad alcun trattamento terapeutico, con particolare riguardo all'idratazione e alla sua alimentazione forzata e artificiale. 5711 Nel contratto si può inserire una pattuizione per effetto della quale uno dei conviventi (o un terzo) si impegna, verso il soggetto beneficiario, a eseguire direttamente o a garantire (mediante personale professionale di comprovata competenza ed esperienza) ogni assistenza morale o materiale, e così le occorrenti prestazioni cure mediche e assistenza domiciliare specialistica o generica (c.d. vitalizio assistenziale). Si può prevedere ad esempio la fornitura di vitto e di generi alimentari e la fornitura di vestiario, la pulizia e la manutenzione ordinaria dell'appartamento dove il beneficiario vive, la fornitura di medicine, di articoli sanitari e, in genere, di tutto quanto occorre per un'adeguata assistenza medica e sanitaria. 5713 Il contratto può prevedere che in caso di infortunio o di futura malattia fisica o psichica che comprometta la capacità di intendere e di volere, un convivente attribuisca all'altro: - la facoltà di assistenza, sia nella casa in cui la convivenza si svolge sia in qualsiasi struttura di cura, privata o pubblica, ove vi sia necessità o opportunità di ricovero, e ogni diritto di visita; - ogni più ampia facoltà di delega (anche per il consenso ai trattamenti dei dati personali, in base all'articolo 82 del decreto legislativo 196/2003) per conoscere ogni dato o informazione, anche sensibile, riguardante lo stato di salute, le cure e le terapie cui il convivente sia sottoposto. 5716 Clausole in caso di inadempimento delle obbligazioni I conviventi possono prevedere nel contratto delle clausole penali che hanno lo scopo di sanzionare il convivente che non adempie spontaneamente alle obbligazioni assunte nel contratto di convivenza. Tali clausole sono valide a condizione che non incidono su diritti personali dei conviventi, menomandone gravemente la libertà. Ad esempio : - la clausola con cui i conviventi sanzionano la violazione dell’obbligo di fedeltà o la rottura della convivenza prima di una certa data è nulla; 10
  • 11. LA CONVIVENZA 11 - è valida la clausola che sanziona l’inadempimento di uno dei conviventi dell’obbligo di concedere il diritto di abitazione sulla casa utilizzata dalla coppia o sulla ripartizione delle spese durante la convivenza. 11 c. Effetti nei confronti delle parti e dei terzi 5720 Dal contratto di convivenza nascono dei veri e propri obblighi giuridici a carico delle parti che lo hanno sottoscritto. Ovviamente gli accordi contenuti in un contratto di convivenza hanno valore limitato alle parti che hanno stipulato tali accordi, escluso ogni effetto nei confronti di terzi (in applicazione del principio generale che regola gli effetti di ogni contratto, quale sancito dall'art. 1372 c.c.). Su come opera ad esempio per i terzi il regime di comunione dei beni previsto in un contratto di convivenza: v. n. 5671. 5723 La violazione degli obblighi assunti con il contratto di convivenza legittima l'altra parte a rivolgersi al giudice per ottenere quanto le spetta (ad esempio se è previsto che i beni acquistati durante la convivenza debbono ritenersi di proprietà comune, se chi, singolarmente, ha acquistato un bene non provvede, nei termini dell'accordo, a perfezionare l'atto di trasferimento al partner della quota di una metà, quest'ultimo potrà chiedere al Giudice la cd. esecuzione in forma specifica, ossia l'emissione di una sentenza che produca gli stessi effetti dell'atto traslativo non stipulato). d. Cessazione del contratto di convivenza 5726 In applicazione delle norme generali dettate per i contratti, i conviventi possono porre fine al contratto per mutuo consenso (grazie ad un nuovo accordo che risolve il contratto in essere). Ciascuno dei conviventi può inoltre chiedere la risoluzione del contratto: 1. in caso di inadempimento dell'altro convivente, purché non di scarsa importanza (artt. 1453 e segg. c.c.); 2. in caso sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta (artt. 1463 e s. c.c.); 3. in caso di prestazione divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili (artt. 1467 e s. c.c.). 5729 I due conviventi possono in generale recedere dal contratto di convivenza (art. 1373 c.c.). Si ritiene possibile subordinare il recesso al verificarsi di determinati eventi o condizioni, così come si potrebbe subordinare il recesso al pagamento all'altra parte di un corrispettivo (la cd. "caparra penitenziale"). E’ dubbio fino a che punto le parti possono vincolarsi sulla durata