Articolo estremamente interessante relativo all' art 570 c.p. mancato pagamento mezzi di sussistenza. Il reato prevede la pena fino ad 1 anno di reclusione. Il reato è procedibile a querela. Generalmente è l'articolo che viene contestato al coniuge separato che non paghi gli alimenti.
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Art 570c.p. mezzi di sussistenza
1. GIUSEPPE MARIA de LALLA
Avvocato
Avv. Elvira La Ferrera
Dott.ssa Federica Paola Scuderi
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Articolo 570 c.p. mancato pagamento mezzi di sussistenza
Riportiamo e commentiamo una recente massima estrapolata da una Sentenza emessa dal Tribunale
di Arezzo - sentenza 3-22 luglio 2013 n. 1481 – relativa al reato di cui all’art. 570 c.p..
art.
Il reato in parola prevede che sia punito con una pena fino ad un anno di reclusione colui che (oltre
ad altre condotte che qui non interessano) “… si sottrae agli obblighi di assistenza ine
inerenti alla
potestà dei genitori o alla qualità di coniuge…”. Il reato è procedibile a querela salvo che sia
coniuge…”.
commesso in danno dei figli minori.
L’art. 570 c.p. è l’ipotesi di reato che viene contestata abitualmente al coniuge separato che non
paghi gli alimenti (per la moglie e/o i figli) decisi e quantificati dal Giudice civile in sede di
menti
)
separazione.
Statisticamente, il reato del quale qui si tratta è assai spesso al centro di processi penali che vedono
coinvolti ex coniugi e rappresentano il risvolto – direi – tipico di separazioni personali giudiziali ad
alto tasso di conflittualità.
Come è facile intuire, le dinamiche per le quali un ex coniuge viene indagato per il reato di
tuire,
violazione degli obblighi di assistenza familiare sono diverse.
Innanzitutto, occorre il dato materiale della mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza a
coloro che sono stati individuati dal Giudice della procedura civile di separazione quali beneficiari
ati
(solitamente i figli e la ex moglie).
Non è detto che i mezzi di sussistenza siano esattamente identificabili nella somma di denaro
stabilita a titolo di alimenti; è possibile, infatti, che l’obbligato – pur non corrispondendo l’esatta
possi
somma a titolo di alimenti – si preoccupi ed adempia in maniera tale da non far mancare i
mezzi di sussistenza ai familiari (oggetto dell’imputazione ex art. 570 c.p.).
E’ il caso, ad esempio, dell’obbligato per una somma che, pur non versandola interamente, ne
o,
corrisponda solo una parte del tutto idonea a non far mancare ai beneficiari i mezzi di
sostentamento (sul punto, tuttavia, occorre precisare che – sebbene non si realizzi l’art. 570 c –
c.p.
nell’ipotesi di parziale dazione sarà consumata un’altra ipotesi di reato prevista espressamente dalla
legge sul divorzio, estesa nel 2006 anche ai casi di separazione, che prevede un preciso richiamo
separazione
alle ipotesi sanzionatorie di cui all’art. 570 c. e, inoltre, esporrà il debitore inadempiente anche ad
c.p.
azioni esecutive in sede civile).
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2. Si consideri, poi, che l’attuale difficile congiuntura economica rende assai spesso difficoltoso per
soggetti separati (o divorziati) l’esatta corresponsione di quanto stabilito in sede giudiziale.
Certamente, esistono gli strumenti di diritto per un ridimensionamento dell’importo dovuto (con
un’apposita richiesta al Giudice della procedura civile); ma è di comune esperienza che troppo
spesso i genitori separati (soprattutto i padri) rappresentano una categoria fino a qualche anno
addietro sconosciuta di “nuovi poveri”.
Molto spesso, peraltro, in caso di contestazione dell’art. 570 c.p. la difesa si basa proprio sulla
dimostrazione – non sempre agevole – dello stato di effettiva povertà (termine poco elegante ma
chiaro) dell’obbligato di fatto impossibilitato a provvedere alle proprie strette necessità a quelle di
sostentamento della ex famiglia e, magari, anche a quelle del suo nuovo nucleo familiare
costituitosi dopo la separazione.
Il dato materiale della mancata corresponsione non è il solo elemento che caratterizza la
fattispecie di reato in commento; infatti, come sempre accade nel caso di procedimenti penali che
coinvolgono soggetti che un tempo avevano condiviso tutto per trovarsi (magari dopo anni)
acerrimi nemici avanti ai Giudici, la consumazione del reato può dipendere da fattori che chiamerei
meta giuridici.
Sovente, infatti, il mancato pagamento o il pagamento solo parziale e/o disordinato degli alimenti è
frutto – più che di effettive difficoltà concrete dell’obbligato – di cattivi rapporti tra il debitore ed il
creditore (che spesso è la ex moglie che per l’obbligazione alimentare è il soggetto di riferimento
anche per i figli minorenni) di tal che non sono per nulla rare iniziative giudiziarie causate da
condotte realizzate dall’obbligato-debitore al solo fine di rendere difficoltosa la corresponsione del
dovuto (scopo che, velatamente, può essere desiderato dall’agente anche per aumentare nell’ex
coniuge beneficiario la sgradita sensazione di dipendere ancora – malgrado tutto – dall’ex partner
con la realizzazione di quello che impropriamente viene chiamato “stalking economico”).
Altra manifestazione tipica del deteriorato rapporto tra l’obbligato ed il beneficiario è una
corresponsione alimentare effettuata “per equivalente” (soprattutto nel caso in cui i
beneficiari siano i figli) ovvero l’acquisito e la fornitura direttamente da parte dell’obbligato
alla prole di beni e servizi (vestiti, oggetti, giocattoli, lezioni private, sport etc.) anziché di
somme di denaro consegnate all’ex coniuge.
Si tratta di una modalità direttamente ricollegabile al desiderio del debitore di non interagire ed
agevolare economicamente l’ex partner nella convinzione (giusta o sbagliata che sia) che
quest’ultimo non sia in grado o non voglia impiegare effettivamente quelle somme di denaro per il
2
3. giusto ed appropriato sostentamento dei figli. Peraltro, molto spesso tale determinazione è assunta
dall’agente a fronte di un impiego non condiviso delle somme versate o di iniziative (di natura
economica ma non solo) ugualmente unilaterali del coniuge beneficiario in riferimento ai figli
minori (con la realizzazione di quello schema circolare dei rapporti tra vittima e agente e di
inequivoca influenza della condotta della persona offesa nella verificazione del reato in suo danno
dei quali più volte si è parlato in questo sito).
In tale fattispecie è fuori di dubbio che – di fatto – i mezzi di sostentamento siano forniti (sebbene
autonomamente e non in via mediata ed in natura) dall’obbligato di tal che è legittimo chiedersi se
tale condotta realizzi effettivamente la fattispecie di reato di cui all’art. 570 c.p. (preso anche atto
della precisazione sopra accennata in relazione al fatto che i mezzi di sostentamento sono
giuridicamente diversi dalle somme a cui fa riferimento la legge sul divorzio e quella successiva del
2006 che ha esteso la disciplina anche alla separazione).
Ebbene, la sentenza in commento esclude che la scelta autonoma dell’agente di fornire beni o
servizi ai figli minori anziché la stabilita somma di denaro (per mezzo della ex moglie)
scrimini la condotta dello stesso di violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Personalmente, credo che la conclusione del tribunale di Arezzo non sia del tutto condivisibile.
La norma di cui all’art. 570 c.p. menziona i mezzi di sostentamento globalmente intesi e non già
con la specificazione delle sole somme di denaro ma considerandoli nel loro complesso (e, appunto,
beni e servizi sono indubbiamente mezzi di sostentamento) e, comunque, tale tipo di condotta
sarebbe ugualmente reato (con le pene del medesimo articolo 570 c.p.) secondo la richiamata legge
sul divorzio (estesa alla separazione).
Credo, tuttavia, che il Giudice aretino abbia non del tutto inopportunamente deciso sul piano pratico
dal momento che, con una risoluzione di segno opposto, avrebbe introdotto nel processo
l’inaccettabile (per il diritto) principio della sostituibilità delle disposizioni del Giudice (della
separazione) con quelle del debitore.
“….Ai fini della configurabilità del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il
soggetto obbligato in sede di separazione legale dei coniugi non ha facoltà di sostituire, di sua
iniziativa, la somma di denaro stabilità dal giudice civile a titolo di contributo per il mantenimento
della prole con cose o beni che, secondo una scelta arbitraria, meglio corrispondano alle esigenze
del minore beneficiario…..”
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