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Dimat: differenziare in matematica
"La matematica mi fa pensare a tanti delfini perchè quando nuotano
sono silenziosi e anche noi quando facciamo matematica siamo
silenziosi.
I delfini si aiutano molto tra di loro e anche noi,
quando un bambino è in difficoltà, lo aiutiamo."
(Silvia, 3a elementare, Chiasso)
GLI ALGORITMI
4.2. Conoscenze numeriche, calcoli e algoritmi312
Sulla base delle conoscenze che oggi possediamo è necessario, a nostro avviso,
un cambiamento radicale dell’insegnamento tradizionale delle operazioni
scritte, cioè del modo così "consueto" e "meccanico" di insegnare "a fare i
conti", colonna dopo colonna. Ma perché modificare una tradizione e una
cultura scolastica che si è rivelata efficace per più di un se-colo? Per capire le
ragioni che ci spingono a proporre una diversa didattica in questo campo,
presentiamo alcuni momenti salienti di una conferenza di Constance Kamii,
dal titolo molto significativo:
"Gli effetti nefasti dell’insegnamento degli algoritmi." 313
«
Molti negli Stati Uniti scrivono che bisogna smettere di insegnare gli algoritmi314
. Io vado più
in là affermando non soltanto che gli algoritmi non sono necessari, ma che sono nefasti.
Perché? Una volta compresa la differenza tra la conoscenza sociale (le convenzioni) e la
conoscenza logico-matematica del bambino, si vede subito come l’insegnamento tradizionale
non faccia questa distinzione. (Se noi prendiamo l’esempio della sottrazione 29–15, la
convenzione ci dice che bisogna
312
In Ticino, il Programma di 3a elementare prevede l’apprendimento delle tecniche
dell’addizione e della sottrazione in colonna (prova dell’addizione mediante scambio de-
gli addendi; prova della sottrazione mediante l’addizione) e della tecnica della molti-
plicazione scritta, in calcoli del tipo 158x6. In Italia l’insegnamento delle operazioni
scritte inizia già in 2a elementare.
313
Constance Kamii, dopo un periodo vissuto a Ginevra collaborando con J. Piaget (di
cui è la ricercatrice che, probabilmente, meglio ne traduce il pensiero in ambito
pedagogico) lavora e insegna attualmente all’Università di Alabama. Conferenza
tenuta all’Università di Ginevra, FAPSE, nel quadro del corso Didactique des
mathématiques (prof. J. Brun). Oltre alla sua conferenza (da noi tradotta e adattata),
ci riferiamo anche a Kamii 1989, 1990, 1991, 1994.
314
Un algoritmo è un "procedimento sistematico di calcolo che ci permette di risolvere
una classe di problemi". La funzione essenziale dell’algoritmo è di "consumare meno
energie possibili", di occupare quindi poco spazio possibile nella memoria di lavoro. Ciò
permette al soggetto, durante la risoluzione di situazioni e problemi, di dedicarsi nel
migliore dei modi a operazioni di pensiero più importanti (associazioni, induzioni,
deduzioni, sintesi, ipotesi,…). Imparare la tecnica del calcolo significa quindi saper
applicare velocemente (meccanizzare) un insieme finito di regole, applicate secondo
determinate prescrizioni. Possiamo distinguere tra algoritmi convenzionali, ad esempio
le quattro operazioni così come sono abitualmente insegnante a scuola, e "algoritmi
spontanei", che, a differenza dei primi, hanno un uso locale, contingente, personale e
che sono creati, inventati, in situazioni particolari, a dipendenza delle necessità, parti-
colarità e conoscenze del soggetto che le utilizza.
cominciare dalle unità, mentre il bambino potrebbe cominciare col fare la relazione tra i due
numeri considerando dapprima le decine.315
Gli algoritmi sono dunque nefasti per le ragioni seguenti:
1. Il bambino deve abbandonare il suo modo di pensare per sottomettersi all’insegnamento.
2. Obbligano i bambini a disapprendere la numerazione di posizione ("non pensano che alle
unità").
3. Rendono fragili le conoscenze numeriche dei bambini che non arrivano più a pensare ai
numeri interi.316
("Arrivo alla conclusione che, tramite la pratica degli algoritmi, i bambini
disapprendono le loro conoscenze numeriche: i dati delle mie ricerche lo confermano").
Invece di insegnare ai bambini le convenzioni, noi dobbiamo semplicemente chiedere loro di
risolvere dei problemi, ad esempio 119+312. Vedrete che la maggioranza dei bambini, non
essendo precedentemente stati sottomessi all’insegnamento delle convenzioni, cominceranno
dalle centinaia, mantenendo il controllo di ciò che fanno.317
315
A questo proposito è importante ricordare, per quanto concerne la nostra scuola, che
non soltanto il bambino è portato spontaneamente ad iniziare dalla "parte grande" del
numero, ma che questa procedura viene insegnata al momento in cui si trattano i calcoli
mentali. Nell’insegnamento tradizionale delle operazioni scritte, il bambino si trova
perciò di fronte ad un duplice e paradossale ostacolo: da un lato non può fare uso della
sua inventiva e dall’altro non può sfruttare le conoscenze acquisite nel calcolo mentale.
316
Kamii ci ricorda che l’insegnamento degli algoritmi è legato (malgrado l’apparente
lontananza) ai fini ultimi dell’educazione, cioè all’autonomia, all’autonomia intellettuale
soprattutto (1989 pp. 45-53; 1994, pp. 59-65).
L’insegnamento tradizionale degli algoritmi, infatti, non fa che rinforzare l’eteronomia:
"by teaching readymades rules and using reward and punischement, albeit in mild
forms, schools are unwittingly teaching conformity, blind obedience, and dependence on
adults […] if children learn mathematics though blind obedience, we cannot expect them
to have the judgement and autonomy to say "no" to drugs, peer pressure and sex. […]
Those who can exchange points of view and negotiate solutions to problems do not resort
to violence either." (1994, pp. 64-65).
317
Il momento del controllo è essenziale, gli allievi "addestrati" alle operazioni scritte
tradizionali spesso non sanno controllare il risultato ottenuto anche dopo aver fatto la
prova scritta (la considerano come "un’altra cosa": vedi ricerche all’Università di Ginevra,
prof. J. Brun).
Il problema del controllo è da collegare con lo sviluppo delle capacità di stima. Ad
esempio, in un calcolo del tipo 323+419 è importante che l’allievo sappia (ancor prima di
fare l’intera operazione) che il risultato deve essere "un po’ più di 700". E come può
raggiungere questo controllo se è condizionato dalla scuola a cominciare a ragionare sul
9+3, invece che sul 300+400? La stima, non dimentichiamo, comincia sempre dalla
Vogliamo che i bambini apprendano finalmente a pensare, o vogliamo che facciano soltanto
ciò che insegnamo loro?
Praticamente, è dunque abbastanza semplice.
Invece di insegnar loro gli algoritmi, io dico ai bambini, ad esempio: "come potete
sottrarre 439 dal 785?"
Ecco un esempio delle conseguenze possibili di una tale consegna:
Nelle mie ricerche sono rimasta sorpresa dalla creatività e dall’originalità delle procedure
inventate dai bambini e ciò mi ha portata a considerarli con un rispetto ancora più grande.
Bisogna, perciò, assolutamente evitare che i bambini diventino delle macchine che trattano
delle colonne!
Gli sbagli sono semplicemente il risultato di un cattivo insegnamento. Tutti i bambini possono
riuscire fino a un certo livello.
E quando si passa alle calcolatrici, bisogna pure poter mobilitare una forma di controllo.
Tutto ciò che i bambini hanno fatto prima, deve aiutarli a costruire l’attitudine al controllo e
non il contrario, come è il caso nell’insegnamento dell’algoritmo tradizionale. La stima è ben
più importante degli algoritmi! Ma per stimare, il bambino deve vedere 43 non come
3 e 40, ma come 40 e 3.
Inoltre, penso che si debba anche fare attenzione all’uso del materiale concreto: questo favorisce
l’osservazione e non necessariamente il pensiero."
Dopo queste riflessioni, che fare?
Come affrontare in classe l’apprendimento delle operazioni scritte?
La risposta è relativamente semplice, anche se metterla in atto non è per tutti
evidente.318
Per prima cosa è necessario lasciare alla classe lo spazio e il tempo
per ricercare, per scoprire, per inventare delle soluzioni.
parte più grande del numero ed è la capacità più importante da sviluppare, pensando,
soprattutto, al momento in cui una persona farà uso della calcolatrice.
318
Nella relazione pedagogica, astenersi dall’insegnare direttamente è oggigiorno una delle
maggiori difficoltà che incontra il docente abituato a trasmettere la conoscenza, a
Il maestro deve quindi creare un ambiente, un contesto, che favorisca la ricerca
e permetta a suoi allievi di costruire degli algoritmi spontanei.
Queste "invenzioni" degli allievi sono accettate dalla classe come valide al
momento in cui sono matematicamente sostenibili.319
Per attuare un simile cambiamento, l’ostacolo non è rappresentato soltanto
all’oggetto matematico in sé, cioè dall’apprendimento delle operazioni scritte,
ma dalle resistenze e reazioni che può manifestare la "società", i genitori degli
allievi in primo luogo.320
La posta in gioco è dunque di peso per cui, a partire dal 1994, stimolati dalle
riflessioni della Kamii, abbiamo iniziato un lavoro di attenta analisi e ricerca
sull’insegnamento delle operazioni scritte ponendoci, a nostra volta, il
seguente interrogativo:
Dobbiamo ancora insegnare le quattro operazioni scritte? 321
"travasare" il suo sapere. La soluzione proposta è quindi facile solo apparentemente, essa implica un
cambiamento radicale del ruolo dell’insegnante.
319
Una procedura inventata da un allievo è valida quando è giustificata matematicamente e non
necessariamente perché corrisponde ad una convenzione (al modo come "i grandi« fanno le operazioni).
La matematica è essenziale per fare delle teste pensanti, non per formare degli individui che applicano
delle tecniche, che sanno eseguire correttamente delle procedure. Ciò non significa che le tecniche non
siano a un certo momento utili e importanti, anzi, esse ci risparmiano molte energie, ma il loro
apprendimento non è assolutamente necessario quando le conoscenze numeriche degli allievi sono
ancora fragili e limitate.
È soprattutto durante i momenti di argomentazione e di giustificazione dei diversi algoritmi spontanei
che gli allievi sviluppano il loro pensiero razionale (cioè la loro "mente matematica").
320
Y. Chevallard (1991, p. 24 e seg.) ci rende attenti al rapporto esistente tra il sistema di insegnamento,
che si fonda sulla relazione triangolare Maestro, Allievo e Sapere, e l’ambiente che circonda questo
sistema. Questo ambiente, che lui chiama noosfera (sfera nella quale si pensa, secondo modalità spesso
molto diverse, il funzionamento didattico da parte dei vari attori o operatori: funzionari, specialisti,
genitori, parenti, …), fa parte anch’esso della relazione didattica in quanto esercita, sui vari poli del
sistema d’insegnamento, un’influenza determinante (rispetto ai contenuti e ai metodi d’insegnamento).
Nel caso specifico dell’apprendimento delle operazioni scritte, ci possiamo quindi chiedere quale
potrebbero essere le reazioni e le influenze della noosfera.
Queste potrebbero manifestarsi così: "Ma come? … il vostro maestro non vi insegna a fare l’addizione in
colonna ? … Tutti abbiamo imparato così …! … Quando io andavo a scuola era la prima cosa che ci
insegnavano! … Ma cosa fate allora in classe?"…
"Se il maestro non ti insegna l’addizione in colonna, allora ti faccio vedere io come si fa! … Ecco, per
fare 24+48 prima allinei bene i numeri uno sotto l’altro, poi fai 8+4 che fa 12, scrivi qui il 2 e l’uno lo
scrivi qui sopra, …" … ecc …
321
Un nostro articolo in merito, dal titolo La matematica, il linguaggio dell’Universo, è apparso su "Scuola
Italiana Moderna" (15 aprile 2001).
Se pensiamo a quanto spazio, tempo ed energie dedichiamo nella scolarità
elementare all’insegnamento delle operazioni scritte (a partire dalla 2a o dalla
3a) e alle preoccupazioni e al senso che questi "oggetti" di insegnamento
rivestono nelle menti di docenti e genitori, diventa urgente assumere la nostra
professionalità di insegnanti cercando di rispondere a questi ulteriori
interrogativi:
– È corretto, nelle prime classi della scuola elementare, dedicare così tanto tempo ed energie
all’insegnamento e all’apprendimento delle tecniche di calcolo?
– Quali sono gli obiettivi e il senso di tale pratica?
– Quali sono gli obiettivi essenziali dell’insegnamento della matematica nella scolarità
obbligatoria? Sono forse le quattro operazioni scritte?
– Per l’allievo, si tratta di un apprendimento veramente essenziale, prioritario?
– Quale relazione esiste tra l’insegnamento frontale delle tecniche di calcolo e lo sviluppo delle
conoscenze e competenze logico-matematiche?
– Si tratta di competenze che gli allievi utilizzeranno veramente nel loro futuro scolastico,
professionale e sociale?
– Quali i rispettivi ruoli di allievi e docente in questo insegnamento?
– Rispetto ad un insegnamento costruttivista, in cui il bambino dovrebbe essere l’artefice del
proprio apprendere, come considerare l’insegnamento degli algoritmi convenzionali praticato
nella stragrande maggioranza delle scuole?
– Le calcolatrici non hanno di fatto scalzato la necessità di utilizzare le operazioni scritte
(ormai in via di completa estinzione nelle pratiche sociali quotidiane)? A chi e quando capita
ancora, sull’arco dell’intera vita di adulto, di dover fare per iscritto, ad esempio, una divisione
del tipo 183,45 : 3,2 o una semplice moltiplicazione come questa: 38x45?
Simili interrogativi evidenziano, a nostro avviso, come la problematica
dell’insegnamento- apprendimento delle tecniche di calcolo scritto sia molto
attuale e importante.
La necessità di raggiungere una maggiore chiarezza, sia professionale che
"istituzionale" (cfr. Finalità della scuola e Programmi) in questo ambito, è legata
anche al fatto che ci troviamo di fronte ad un "nocciolo duro", ad un pesante
retaggio della scuola del secolo scorso, con radici così fortemente radicate nella
nostra cultura scolastica da farne una pratica che "resiste accanitamente alle
innovazioni". Per molti insegnanti e genitori, le quattro operazioni scritte
"rappresentano la matematica stessa", sono "sacre", "guai
a chi le tocca!"
Ora, alla luce delle nostre attuali conoscenze, desideriamo mostrare come
l’insegnamento precoce delle operazioni scritte è non solo inopportuno,
rispetto agli obiettivi cognitivi degli allievi, ma può addirittura avere,
come dice Kamii, degli effetti nefasti, tanto per i bambini esperti, che
apparentemente sembrano trarre beneficio da questo insegnamento, che, e
soprattutto, per quelli meno esperti. Questa categorica valutazione, che può
apparire esagerata a chi ancora non ha analizzato questa tematica in tutte le sue
implicazioni pedagogiche, didattiche e sociali, scaturisce da anni di attente e
approfondite analisi, sia degli errori che dei successi degli allievi e dei ruoli
rispettivi che maestri e allievi assumono rispetto a questo insegnamento-
apprendimento. Particolare attenzione è stata dedicata all’impatto che
l’insegnamento diretto, frontale, meccanico degli algoritmi convenzionali, ha
sullo sviluppo dell’autonomia mentale degli allievi. Dovrebbe infatti essere
questa la prima nostra preoccupazione, soprattutto in matematica, una
disciplina che dovrebbe sempre avere come obiettivo primario lo sviluppo delle
capacità logiche dell’allievo, garantendogli libertà di pensiero, stimolandolo ad
essere creativo, autonomo e socialmente coinvolto in un continuo scambio di
idee. Una disciplina in cui non si dovrebbe richiedere agli allievi, come ancora
troppo spesso accade, quasi esclusivamente, attenzione, diligenza, ordine, …
per assimilare e ripetere meccanicamente quanto l’insegnante mostra, insegna,
magari anche con l’ausilio degli ultimi e più sofisticati sussidi didattici.
Nell’ottica delle più attuali teorie pedagogiche e didattiche, la matematica, ma
non solo, richiede all’insegnante di astenersi dall’insegnamento diretto322
per
concedere all’allievo la possibilità di utilizzare tutte le sue conoscenze e facoltà
mentali, non soltanto per imparare nuove cose, ma anche per accrescere
sempre più la fiducia nelle sue stesse possibilità logiche e creative. Un
insegnamento indiretto in cui l’insegnante diventi soprattutto una risorsa, il
responsabile delle condizioni di apprendimento e non colui che dispensa saperi
e procedure da inculcare nella mente dei bambini, un semplice trasmettitore di
conoscenze.323
322
Segnaliamo ad esempio, la teoria delle situazioni di Guy Brousseau che sottolinea come l’unico momento
in cui l’insegnante prende posizione rispetto agli oggetti matematici è nella fase di istituzionalizzazione,
dopo aver concesso ampia autonomia agli allievi nei momenti interattivi di azione, comunicazione e
validazione.
323
Potremmo aprire una parentesi circa il grado di insoddisfazione e noia (a volte anche depressione!) che
a lungo andare può nascere nell’insegnante quando è rinchiuso, o si auto-rinchiude, nel ruolo di
dispensatore di conoscenze, dove il modello imperante dei ruoli si riconduce all’idea "io so, tu non sai,
allora ti faccio vedere, ti insegno, basta che tu stia attento".
È nell’ottica di una scuola che predilige il costruttivismo, la differenziazione,
l’autonomia, l’autovalutazione, l’autocontrollo, la collaborazione, la
condivisione di idee, la ricerca, la scoperta, … che desideriamo attirare
l’attenzione sulle alternative possibili nell’apprendimento delle tecniche di
calcolo, rispetto al tradizionale insegnamento diretto delle operazioni scritte.
Limitare l’insegnamento frontale ed essere una risorsa per gli allievi, affinché
possano imparare, e soprattutto imparare ad imparare324
(nell’ambito di
obiettivi cognitivi, metacognitivi e socio-affettivi), basandosi sulle loro stesse
forze e competenze, richiede all’insegnante, in un primo tempo, la capacità di
scegliere e mettere in gioco le situazioni matematiche adeguate.
Egli deve in seguito incoraggiare gli allievi a ricercare, ad utilizzare
creativamente quanto già sanno, ad inventare le proprie procedure, a
confrontarsi con nuovi ostacoli, ad accettare, come in un gioco, le "sfide
cognitive", ecc…, piuttosto che mostrare loro come risolvere i problemi,
inducendoli ad adottare esclusivamente le procedure e le soluzioni
precedentemente insegnate. 325
Matematica come ricerca, dunque, invenzione, collaborazione, scambio di
punti di vista, confronto critico, argomentazione, ecc …, piuttosto che come
disciplina costrittiva, rigida, dove l’insegnante, quale garante dell’Istituzione,
mostra le procedure necessarie per risolvere i problemi, instaurando e
perpetuando un contratto didattico326
di sottomissione, il cui messaggio implicito è
del tipo "io possiedo il sapere ed ora te lo trasmetterò".
Come è possibile accrescere la propria autostima e la fiducia in se stessi, nelle
proprie capacità mentali, nella propria autonomia di pensiero, se non mi è
concesso di pensare "a modo mio", di essere attivo, come ci è capitato di
sentire dalla voce di un allievo a cui era stato concesso un ampio spazio di
libertà nella produzione di algoritmi "spontanei". Non è forse soprattutto per
lo sviluppo dell’autonomia e delle capacità di scelta, che docenti e genitori
dovrebbero investire il massimo di energie affinché allievi e figli possano
imparare ad imparare e diventare dei cittadini a pieno titolo, consapevoli e
responsabili delle proprie idee?
324
L’obiettivo dell’imparare ad imparare, competenza indispensabile nell’attuale società, richiede uno
spostamento radicale dell’attenzione dal cosa si impara al come si impara.
325
Prendiamo un semplice esempio nell’ambito del calcolo mentale, perché la procedura per risolvere
8+7 deve per forza essere 8+(2+5) e non potrebbe essere 8+8–1 oppure 7+7+1 o 5+5+3+2 ecc… ?
326
Per contratto didattico si intendono le attese reciproche, soprattutto implicite, che legano insegnante e
allievo: "ciò che io mi aspetto da te come allievo e ciò che tu ti aspetti da me come insegnante".
E l’insegnamento diretto delle operazioni scritte, (che in molte classi giunge ad
occupare anche il 50% di tutto il tempo scolastico dedicato alla matematica!),
contribuisce alla realizzazione di questi fondamentali obiettivi? Noi crediamo
fermamente di no.
Attraverso un meccanismo sottile e impercettibile, pur nella buona fede di
insegnanti e genitori che desiderano aiutare al meglio i ragazzi, succede, giorno
dopo giorno, che li si "sottometta" all’insegnamento, li si abitui a "fare come
dico io", a ripetere diligentemente, indipendentemente dal grado di effettiva
comprensione, a smettere di pensare autonomamente, ad adeguarsi all’unico
modo possibile e "giusto" di affrontare i compiti (quello dell’insegnante o del
genitore), a non valorizzare le differenze, ad essere soprattutto performanti,
ecc… L’effetto è simile al lavorio continuo della goccia d’acqua che cade su
uno stesso punto, apparentemente innocua, ma che a lungo andare lascia però
delle tracce indelebili. È l’insieme dei piccoli momenti (le gocce) che per gli
allievi conta, ed è lì che le grandi dichiarazioni di intenti sono messe alla prova.
È soltanto nella pratica quotidiana, nelle singole proposte, nelle costanti
mediazioni, nel susseguirsi di ogni piccolo gesto o azione che la scuola può
realizzare il suo vero compito ed è perciò essenziale anche il modo come
vengono affrontati, proposti, insegnati o costruiti gli algoritmi.
Insegnando precocemente le operazioni scritte convenzionali,
l’insegnante rende le ore di matematica uno dei più penetranti e occulti
strumenti di "normalizzazione", nel senso peggiore del termine.
In sintesi, sosteniamo che l’insegnamento degli algoritmi convenzionali
dovrebbe, in un primo tempo, lasciare il posto alla produzione di
algoritmi spontanei, allo sviluppo delle conoscenze numeriche (mirando
in particolare alla padronanza del valore posizionale delle cifre) e delle
competenze nel calcolo mentale. Soltanto in un secondo tempo (a partire
dalla 4a-5a), quando queste competenze si saranno consolidate e quando il
campo numerico si amplierà oltre il 1000 e oltre il numero naturale (con
l’introduzione dei numeri decimali), può avere un senso l’insegnamento
dell’algoritmo convenzionale.327
E a quel punto si tratterà di apprendimenti
rapidi e semplici, proprio perché sostenuti dalle reali possibilità di controllo
numerico da parte degli allievi e da un più solido "impianto cognitivo".
327 In questo caso parliamo esplicitamente di insegnamento in quanto un algoritmo convenzionale, proprio
Lo scalzare dal posto di "prime attrici" le quattro operazioni scritte significa
affermare nel contempo l’importanza crescente dello sviluppo delle conoscenze
numeriche. Come sottolinea Vergnaud, si tratta della costruzione di un edificio
cognitivo impressionante che permette alla persona l’effettivo controllo
numerico e dà senso a tutte le situazioni aritmetiche.328
A questo punto, attraverso alcuni tra i molti esempi che abbiamo raccolto,
desideriamo evidenziare come, nella pratica dell’insegnamento degli algoritmi
convenzionali, l’allievo, ragionando con le cifre da destra a sinistra, perda a
poco a poco il controllo numerico delle situazioni poiché indotto a concentrarsi
unicamente sulle singole cifre, che tratta di fatto come unità,
indipendentemente dal loro valore posizionale. La padronanza del valore
posizionale delle cifre diventa essenziale ai fini del mantenimento del senso del
numero, della stima e del controllo delle soluzioni. Trovandoci oggigiorno tutti
confrontati quasi esclusivamente con le calcolatrici, ecco che senso, stima e
controllo diventano competenze essenziali nella scuola dell’obbligo. A tali fini,
diventa prioritario, fondamentale, che il bambino sviluppi al massimo le proprie
competenze nel calcolo mentale elementare.329
Prima di soffermarci sulle produzioni spontanee dei bambini, vediamo alcuni
esempi di allievi che perdono il controllo numerico di situazioni aritmetiche
dopo essere stati soggetti all’insegnamento delle operazioni scritte
convenzionali.
328
"Le concept de nombre ne se réduit ni au critère de la conservation, ni à l’activité dedénombrement, ni
à la résolution d’une classe de problèmes, ni à quelques procéduresautomatisables, ni à la compréhension
et à la manipulation de signes sur le papier. Mais c’est de cet ensemble d’éléments divers qu’émerge, avec
l’aide de l’environnement familial et scolaire, l’un des édifices cognitifs les plus impressionnants".
Vergnaud, prefazione a Fayol (1990).
329
Per calcolo elementare non intendiamo soltanto i calcoli entro il 20 o il 100 delle prime classi
elementari, ma includiamo anche tutte quelle operazioni "simili" che si estendono progressivamente
lungo tutto il campo numerico: ad esempio, oltre al 9–4 e al 90–40 includiamo anche 900–400, 9000–
4000, 900000–4000000 e anche 9500– 4000, ecc…
Esempio 1: Sandro (sottrazione in colonna) 872–428 = 456
– Ho rovesciato il calcolo.
– Si può rovesciare?
– Sì, si può, me l’ha insegnato la mia mamma. Ho fatto anche il controllo
456+428 per vedere se veniva 872.
– Come hai fatto?
4+4 che fa 8, poi 5+2…7 e poi…6+8 che fa 14 …poi… …faccio la metà…
no, meno 2.. e diventa 12… metto il 2 e le decine… (pensa un po’)… le metto
via.
Esempio 2: Remo (sottrazione in colonna) 872–428 = 456
PROVASi può essere sicuri?
– Con la prova.
– Come si fa?
– Posso mescolare i numeri.
– Fammi vedere. (scrive in colonna 872 –248)
– 8 meno due fa 6 (e lo scrive) 7 meno 4 …(si ferma)
… non va perché questo farebbe 3 (e smette).
Esempio 3: Maura
"4 meno 6 non posso, allora presto 1 che fa 14 e … meno 6 fanno 8…
aggiungo 1 che fa 2 e 11 meno 2 fanno 9… poi … 1 meno 0 fa 1.
Maura ha appreso quasi correttamente la tecnica insegnata, però
commette un piccolo errore alla fine della procedura dimenticando
che la cifra uno delle centinaia (10 decine) l’ha già utilizzata
precedentemente.
Questo esempio mostra come Maura non si occupi assolutamente
del controllo numerico che la porterebbe facilmente a vedere che il
risultato è impossibile. È centrata sulla procedura di calcolo e così
perde il controllo di una situazione numerica che dovrebbe invece
immediatamente farle dire che il risultato deve per forza essere
inferiore a 100.
Esempio 4: Luca
"4 meno 6 non lo posso fare perché me lo ha detto la maestra … faccio 6 meno
4 … fa 2 … 1 meno 1 fa 0 e poi 1.
Si tratta di un errore "classico", indotto dal fatto che per anni Luca
ha imparato che 4 meno 6 non si può fare (verità limitata al campo
dei numeri naturali).
Esempio 5: Lia
Lia è un esempio di forte perdita di senso e di controllo
della situazione numerica. Mescola le procedure
dell’addizione e della moltiplicazione.
Si sforza nel ricordare meccanicamente tutto quanto le
è stato insegnato.
4 più 3 fa 7
4 più 8 … 12 … scrivo 2 e ritengo 1
4 più 1 … 5 e 1 di riporto che fanno 6
lascio un posto
9 più 3 … 12 … scrivo 2 e riporto 1
9 più 8 fanno 17 e 1 che fa 18 …scrivo 8
9 e 1 fanno 10 (si dimentica l’1)…
(continua con l’addizione, ed esegue l’ultima fase in modo
corretto).
Esempio 6: Anna
Nell’esempio di Anna siamo nell’ambito del calcolo
mentale. Nel suo caso l’insegnamento delle operazioni
scritte convenzionali ha avuto delle immediate e gravi
conseguenze. Qualche settimana prima Anna sapeva infatti
eseguire queste addizioni, ma, dopo le lezioni della maestra, cha
aveva insegnato e preteso l’uso della procedura di calcolo, Anna ha
rinunciato (perché?) ad usare le proprie procedure per adottare,
anche nel calcolo mentale, la procedura del calcolo scritto (una
scelta frequente negli allievi poco esperti).
In un simile caso risulta necessario interrompere immediatamente
l’insegnamento delle operazioni scritte per evitare conseguenze
ancora più disastrose.
Esempio 7: Sergio Si tratta di un allievo veramente in grandi difficoltà che utilizza la
tecnica del calcolo scritto per delle operazioni che chiaramente
dovrebbe poter fare solo mentalmente o, meglio, non dovrebbe
fare (anche perché concernono numeri che sono fuori dal campo
numerico che è in grado di padroneggiare).
Per Sergio, purtroppo, è …l’inizio della fine…! (Con fierezza dice:)
Adesso sono capace di fare dei calcoli con dei numeri grandi, guarda (e scrive
200+200 in colonna)
0 più 0 … 0 (e scrive 0)
0 più 0 … 0 (e scrive 0)
2 più 2 …(conta usando le dita 1,2,3,4) … fa 4 (e scrive 4).
Qual è il risultato?
(esita nel leggere il numero).
Ora, presentiamo invece qualche esempio di algoritmo spontaneo.
Non scriviamo nessun commento a queste produzioni degli allievi, lasciando al lettore il
compito di scoprire i ragionamenti dei bambini e le procedure da loro attuate.
Esempio 1 Esempio 2 Esempio 3
In quest’ultimo esempio, è interessante notare come
la procedura adottata dalla bambina sia
completamente "guidata" nei limiti delle sue
competenze nel calcolo mentale.
Questa sua procedure risulta così scomposta in
"piccoli passi" (300+100; 80+70; 400+150 e 550+7.
In questo modo la bambina utilizza ed esercita le
competenze di calcolo mentale di cui dispone in
questo preciso momento. Grazie al costante
controllo numerico,
non perde mai il dominio della situazione. L’ostacolo
più grande lo incontra con 80+70, addizione che lei
momentaneamente "isola"( è un "piccolo" problema
all’interno della situazione). Nel corso della
risoluzione ha quindi portato avanti una ricerca vera
e propria, in piena autonomia.
Dunque, se da un lato possiamo dire che, nell’apprendimento delle operazioni
scritte convenzionali, il bambino deve abbandonare il suo modo di pensare per
sottomettersi all’insegnamento ed è implicitamente indotto a disimparare il
valore posizionale delle cifre (egli pensa solo alle unità) e a perdere il senso e il
controllo numerico della situazione, dall’altro, nell’operare con gli algoritmi
spontanei, si manifestano le seguenti particolarità:
– trattando i numeri da sinistra a destra l’allievo non perde mai il controllo
numerico;
– il linguaggio interiore utilizzato fonda (e nel contempo rinforza) le sue
competenze relative al valore posizionale (che diventa la conoscenza essenziale,
costantemente sollecitata);
– esercita e sviluppa sempre più le conoscenze-competenze nel calcolo
mentale;
– opera soltanto entro il campo numerico di sua padronanza (non gli è
possibile andare oltre senza costruirne l’estensione);
– sa sempre spiegare la procedura utilizzata perché è frutto delle sue
conoscenze;
– è valorizzata la sua autonomia e la capacità di ricercare e scoprire soluzioni;
- confronta le sue procedure con quelle dei compagni instaurando dei dibattiti sulla
validità matematica delle procedure create;
- riesce a monitorare, modificare e mantenere il controllo esecutivo della procedura e
della situazione numerica;
- si rende conto immediatamente degli ostacoli (ev. errori) appena questi si
manifestano;
- è costantemente, nell’attività logico-matematica, in un ruolo di attivo costruttore delle
proprie competenze cognitive.
Alla luce di quanto fin qui presentato, possiamo concludere dicendo che gli obiettivi a
corto termine dell’insegnamento degli algoritmi convenzionali sono in
contrasto con gli obiettivi a lungo termine sia dello sviluppo delle conoscenze
numeriche, sia dello sviluppo degli obiettivi socio-affettivi.
Nella relazione di continua dipendenza tra lo sviluppo delle conoscenze numeriche, del
calcolo mentale e delle operazioni scritte, dovremmo evitare di perpetuare nella
scuola la paradossale situazione che si manifesta nell’insegnamento tradizionale: da un
lato, a partire dai primi anni di scuola, vengono imposte le regole delle operazioni
scritte, dall’altro, vengono proposte attività e giochi logici per sviluppare il pensiero
logico-matematico nel bambino.
Perché non utilizzare le operazioni scritte anche per sviluppare le capacità logiche,
creative e sociali degli allievi?
La nostra proposta, che per questioni di spazio presentiamo solo in forma molto sintetica,
consiste in un percorso didattico che va dagli "algoritmi spontanei", agli "algoritmi di
classe" (ossia alla provvisoria istituzionalizzazione degli algoritmi condivisi dalla classe
e matematicamente validati330
)per arrivare infine, ma soltanto molto più tardi, alle
operazioni scritte convenzionali. Un percorso di alcuni anni che deve avvenire
all’interno di un insegnamento-apprendimento differenziato, dove i ritmi, gli stili e le
particolarità degli allievi sono rispettati.
Nello schema che segue, presentiamo un percorso didattico che riassume la nostra
proposta concreta
330
Si tratta di un primo e provvisorio momento di istituzionalizzazione, di accordo, che ha però un
valore soltanto all’interno della "società classe". Questi momenti, oltre ad avere importanza nel processo
di costruzione di conoscenze e competenze matematiche, hanno il vantaggio di avvicinare gli allievi ad
una reale (perché da loro stessi vissuta) comprensione di cosa siano le convenzioni (alcuni accenni di
storia della matematica possono essere un’ulteriore pista di sviluppo…).
Il tempo per realizzare questo percorso, benché, rispetto alle esperienze osservate, possa
essere stimato in un paio d’anni, è determinato dai ritmi e dai tempi di sviluppo degli
allievi. Il passaggio da una fase all’altra dipende soltanto dalle capacità raggiunte dai
bambini nel calcolo mentale e dalle loro conoscenze numeriche e non dai Programmi
(questi sono solo indicativi).
In ogni caso non è ipotizzabile passare agli algoritmi convenzionali prima della 4a
elementare, in quanto essi assumono senso ed efficacia proprio con l’estensione del
campo numerico.331
Prima di presentare la sintesi della nostra proposta, desideriamo sottolineare che il calcolo
mentale e le conoscenze numeriche (fra queste, soprattutto il valore posizionale delle cifre
e il significato e senso dei numeri) restano sempre gli obiettivi prioritari, presenti
costantemente nell’arco di tutte le fasi del percorso.
Nel precisare le fasi che seguono, ci limitiamo all’essenziale, tralasciando di parlare di tutte
le attività matematiche (risoluzione di situazioni, giochi, automatismi elementari,
misure…) che sono presenti a scuola e che contribuiscono a dare senso a tutte le attività
aritmetiche e a creare l’intreccio di conoscenze che permette ad ogni soggetto di costruire
le competenze logico-matematiche e di utilizzarle al meglio quando sarà confrontato con
nuovi ostacoli.
331
Nel campo dei numeri naturali entro il 1000, i bambini più esperti riescono a risolvere mentalmente la
maggior parte delle situazioni numeriche abitualmente insegnate con le operazioni scritte. Vien da
sorridere quando si vede ancora in parecchie classi insegnare, per iscritto, operazioni come 24+45. Le
variabili numeriche di un’operazione devono sempre dare senso, essere in sintonia, con la procedura
adottata (calcolo mentale? calcolo scritto?). E il calcolo scritto ha proprio senso quando non riesco a
trovare mentalmente la soluzione! A meno che l’intento sia semplicemente di imparare una tecnica, di
diventare una "macchinetta".
1a fase:
Calcolo mentale, conoscenze numeriche "algoritmi spontanei".
(Indicativamente, in 2a e 3a elementare)
In questa fase i riferimenti essenziali consistono nella Banca dei
numeri"332
, nelle situazioni, e negli obiettivi che ne determinano
l’uso.
332
La "Banca dei numeri" che, a seconda del livello degli allievi, può essere composta da
cartellini per la costruzione dei numeri entro il 100 oppure entro il 1000 (di solito questi
materiali non si rendono più necessari quando l’allievo ha acquisito una buona
padronanza del valore posizionale delle cifre entro il primo migliaio) permette di trattare
le situazioni numeriche con i seguenti obiettivi:
– Acquisire la padronanza del valore posizionale delle cifre per operare con sicurezza e
velocità in un determinato campo numerico (prima entro il 100, poi entro il 1000, …).
– Padroneggiare un linguaggio operativamente utile (conforme alla struttura del pensiero
della persona che calcola). Sebbene gli allievi siano progressivamente portati a conoscere
le decine, le centinaia e le migliaia, nelle procedure di calcolo e di trasformazione dei
numeri non devono assolutamente utilizzare un supporto verbale e visivo in cui il valore
posizionale delle cifre sia espresso in unità, decine, centinaia, ecc…
È utile che l’allievo (per padroneggiare i numeri) conservi l’abitudine di parlare, ad
esempio, del numero 324 in quanto composto da trecento, venti e quattro e non da 3 centinaia,
2 decine e 4 unità (peggio ancora se l’insegnante pretende di utilizzare le abbreviazioni, cioè
3 h, 2 da e 4 u).
Ciò non significa evidentemente che l’allievo non debba sapere cosa siano le decine e le
centinaia, ma conoscere questi termini non significa doverli utilizzare nelle procedure di
calcolo!
– Utilizzare dei materiali didattici e dei supporti visivi che abbiano un uso solo
temporaneo (il più breve possibile) affinché siano dei mezzi per facilitare la costruzione di
rappresentazioni e non "imprigionino" gli allievi, diventando materiali indispensabili. (Un
supporto didattico è valido nella misura in cui "include la sua stessa estinzione"!)
Così come non portiamo l’allievo, confrontato con delle situazioni numeriche di calcolo, a
parlare di unità, unità di decine e unità di centinaia ma, piuttosto di trecento, venti e quattro,
anche per quanto concerne i materiali didattici escludiamo l’uso dei cartellini con solo le
singole cifre (peggio ancora quando sono di colori diversi per le unità, decine e centinaia,
abituando involontariamente gli allievi a basarsi su criteri non pertinenti, i colori,
sottovalutando l’essenziale, ossia la posizione).
– Utilizzare un materiale che permetta di adattarsi a situazioni numeriche sempre più
complesse nelle quali
Si tratta di proporre delle situazioni numeriche che portino l’allievo al desiderio
di esplorare sempre più le sue competenze nel calcolo mentale e nell’usare,
quando è il caso, la notazione scritta come un supporto, ossia una procedura di
scomposizione di un’operazione complessa (per l’allievo) nelle sue componenti
più semplici. Queste modalità portano in poco tempo gli allievi alla costruzione
di algoritmi "personali", "spontanei" in cui il numero è (nella quasi totalità dei
casi osservati) trattato da sinistra a destra.
In tutta questa fase gli algoritmi scritti liberamente dai bambini dipendono dallo
sviluppo progressivo delle competenze nel calcolo mentale e dalle conoscenze
numeriche. Già in questo periodo vengono comunque messe in discussione le
procedure che non sono matematicamente sostenibili. Tutte le attività
matematiche si alternano costantemente tra momenti di azione, comunicazione e di
validazione. L’insegnante diventa così animatore di "dibattiti matematici" sulla
validità delle procedure spontanee proposte dagli allievi (è importante che in
questa fase egli non prenda posizione, non istituzionalizzi delle procedure, ma
si limiti a stimolare i bambini affinché argomentino e spieghino ai compagni le
loro scelte).
2a fase:
Calcolo mentale, conoscenze numeriche e "algoritmi di classe".
(Indicativamente, a fine 3a e inizio 4a elementare)
Dopo un lungo periodo di creazione, confronto, discussione,… di tanti tipi
diversi di algoritmi, l’insegnante pone alla classe l’interrogativo seguente: "tra
tutto quanto avete prodotto, adesso dobbiamo cercare di fare una scelta e mantenere soltanto le
procedure di calcolo più efficaci, più sicure, più comode". Non si tratta di scegliere la
migliore strategia per l’addizione, la migliore per la sottrazione, ecc…, ma di
approfondire il dibattito relativo alla loro validazione per arrivare a delle
"condivisioni di classe", ad un sapere "valido per noi", per il "nostro gruppo",
in cui la varietà di algoritmi adottati dalla classe possa comunque permettere
sempre la differenziazione, tenendo conto delle procedure, delle competenze e
dei ritmi diversi degli allievi.333
333
Tra gli algoritmi spontanei, ce ne sono alcuni matematicamente molto più semplici di altri (anche se
più lunghi), con molti passaggi, prodotti in genere da allievi meno esperti nel calcolo mentale e con delle
conoscenze numeriche più limitate. L’allievo può abbandonare un proprio algoritmo, per adottare ad
esempio quello del compagno, solo nella misura in cui le sue conoscenze numeriche glielo permettono:
ad esempio, se nell’addizione 348+231 non sa fare 348+200 direttamente, aggiungerà dei passaggi,
(300+200), (40+30), (500+70) ecc…
Si tratta di una "istituzionalizzazione interna alla classe", provvisoria, una fase che
permette agli allievi di confrontare le procedure che meglio contribuiscono al
consolidamento del calcolo mentale e delle conoscenze numeriche.
E ciò prima di introdurre gli algoritmi convenzionali che, di fatto, rovesciano il
modo di trattare i numeri.
3a fase:
Calcolo mentale, conoscenze numeriche, "algoritmi di classe"e algoritmi
convenzionali.
(Indicativamente, nel corso della 4a elementare e della 5a per gli allievi meno esperti)
È solo dopo aver raggiunto la padronanza di quanto appena descritto e dopo che sia
stato esteso il campo numerico (oltre il 1000 e al numero decimale) che è auspicabile
insegnare gli algoritmi convenzionali. Anzi, quando i numeri si fanno complessi,
l’algoritmo convenzionale diventa più comodo e si giustifica (prima sarebbe stato
l’inverso). Però è necessario che a questo punto l’allievo possa gestire
alternativamente due modalità diverse nel trattare i numeri: da destra a sinistra
quando applica le diverse procedure delle operazioni convenzionali334
, da sinistra a
destra quando deve mantenere il controllo numerico della situazione, calcolare
oralmente e mentalmente oppure stimare.335
Gli algoritmi convenzionali non richiedono il mantenimento del controllo
numerico, nel loro utilizzo è necessario unicamente essere molto attenti nell’eseguire
la corretta procedura (nota 328). Proprio per questa ragione il loro insegnamento
deve essere posticipato per lasciare il tempo agli allievi di confrontarsi con sfide
cognitive ben più importanti, relative, in particolare, allo sviluppo del calcolo
mentale e delle conoscenze numeriche.
334
Tra le quattro operazioni rispetto al fatto di trattare i numeri da destra a sinistra, fa
eccezione la divisione. In realtà però, benché sia vero che nel dividere considero il
dividendo da sinistra a destra, si tratta pur sempre di una procedura in cui l’allievo
perde il senso del numero in quanto le cifre non vengono considerate rispetto al loro
reale valore posizionale (nell’eseguire 845:5 dice, "il 5 nell’8 ci sta una volta, ecc…).
335
Per i bambini meno esperti, mantenere in memoria due strategie diverse e opposte
tra loro (per trattare una stessa classe di problemi) rappresenta un ostacolo spesso
insuperabile: essi non riescono (non possono!) a gestire mentalmente due procedure di
calcolo e di solito, sotto la pressione dell’insegnamento diretto, mantengono soltanto la
procedura del calcolo scritto, adottandola anche nelle operazioni mentali. Per questi
allievi, così come per i bambini con un importante ritardo mentale, è necessario
concedere molto più tempo nella pratica degli algoritmi spontanei e nell’uso della Banca
dei numeri
Rispetto alla nostra proposta desideriamo anche ricordare che, sebbene gli
allievi più esperti possano trovare un ampio spazio di ricerca e scoperta
nelle attività con gli algoritmi spontanei, questi diventano assolutamente
necessari per gli allievi meno esperti. Comunemente si pensa spesso (anche
tra i docenti) che un bambino poco dotato debba essere precocemente (a
volte prima ancora dei compagni!) indirizzato verso la meccanizzazione
degli apprendimenti (caselline, addizioni in colonna, ecc..), però, tale
pratica, non fa che pregiudicare seriamente ogni possibilità di sviluppo,
anche se limitato, delle sue competenze logico-matematiche.
L’allievo meno esperto dovrebbe confrontarsi con l’apprendimento
dell’algoritmo convenzionale solo al momento in cui le sue conoscenze
numeriche e le sue capacità nel calcolo mentale saranno sufficientemente
solide e ciò, naturalmente, implica la necessità di concedergli maggiore
tempo e spazio.
Desideriamo, in conclusione, soffermarci sul ruolo dei genitori rispetto al
cambiamento che proponiamo.
Quando viene adottata una metodologia d’insegnamento che prevede, come
nel caso degli algoritmi, un lungo periodo di apprendimento, in cui gli
allievi possono creare, confrontare, sperimentare e modificare gli algoritmi
da loro stessi inventati, sarebbe indispensabile che le famiglie vengano
correttamente informate. I genitori dovrebbero essere, da un lato,
tranquillizzati (dopo aver compreso il senso del cambiamento metodologico)
e, dall’altro, incoraggiati a collaborare con i figli nella riflessione sui
numeri e non solo sulle tecniche. I genitori, proprio perché sono stati, nella
maggior parte dei casi, loro stessi "addestrati" alle tecniche di calcolo, non
riescono facilmente a capire che gli obiettivi dell’insegnamento-
apprendimento del calcolo scritto sono cambiati e che, oggi, la priorità va
data alle capacità di controllo, allo sviluppo delle conoscenze numeriche e
non alla meccanizzazione delle tecniche.
Oggi, comunque, vista la solidità delle argomentazioni e degli esempi di cui
disponiamo per illustrare l’apprendimento delle operazioni scritte,
crediamo che i genitori, tramite una corretta informazione, possano essere
esaurientemente informati e diventare dei validi collaboratori, astenendosi
anche dall’insegnare ai loro figli ciò che la scuola, per il loro bene, non
intende insegnare subito. L’ostacolo maggiore è forse rappresentato
dall’influenza di una società in cui tutto, o quasi, viene accelerato,
automatizzato, dove ci si proietta sempre più avanti alla ricerca di migliori
e veloci prestazioni.
Chiedere di rallentare, di concedere ai bambini tempo e spazio per pensare,
per ragionare,
ipotizzare, per provare, controllare e riprovare ancora, discutere, confrontare,
ecc… , è una controtendenza necessaria alla salvaguardia della qualità della vita.
In quest’ottica, la scuola ha un’importante responsabilità: e la scuola è anche
l’insegnamento degli algoritmi.
In chiusura, visto che abbiamo parlato di operazioni scritte e calcolo mentale,
proponiamo alcune annotazioni sulle differenze tra i vari tipi di calcolo,
includendo anche il calcolo orale.
Calcolo orale, mentale e scritto
Nei nostri materiali distinguiamo tre tipi diversi di calcolo; è pertanto necessario precisare
le differenze che esistono, sia da un punto di vista pratico (nella vita quotidiana), che
didattico, tra il calcolo orale, il calcolo mentale e il calcolo scritto.336
Nella nostra esperienza
abbiamo potuto constatare una certa confusione riguardo al significato attribuito a questi
tre concetti.
In DIMAT, il fatto di considerare il calcolo orale come una categoria a sé (argomenti 4, 7, 10
e 13 della tabella di autovalutazione), ha immediatamente fatto sorgere in classe, da parte
degli allievi, interrogativi del tipo:
"Maestra, ma che differenza c’è tra questi calcoli ?" 337
Proviamo a dare la parola agli allievi stessi, per vedere come rispondono:338
Calcolo orale, mentale e scritto
Nei nostri materiali distinguiamo tre tipi
diversi di calcolo; è pertanto necessario
precisare le differenze che esistono, sia da
un punto di vista pratico (nella vita
quotidiana), che didattico, tra il calcolo orale,
il calcolo mentale e il calcolo scritto.336
Nella
nostra esperienza abbiamo potuto
constatare una certa confusione riguardo al
significato attribuito a questi tre concetti.
In DIMAT, il fatto di considerare il calcolo
orale come una categoria a sé (argomenti 4,
7, 10 e 13 della tabella di autovalutazione), ha
immediatamente fatto sorgere in classe, da
parte degli allievi, interrogativi del tipo:
"Maestra, ma che differenza c’è tra questi
calcoli ?" 337
Proviamo a dare la parola agli allievi stessi,
per vedere come rispondono:338
336
Di solito si parla unicamente di calcolo mentale e di operazioni scritte.
337
Il fatto di porci delle domande sulle differenze tra i diversi tipi di calcolo, ci ha dato l’occasione per una
serie di riflessioni e di discussioni relative al modo di "trattare" i numeri. Un numero può essere letto,
detto, udito, sentito (come fanno i ciechi…), visto, … o semplicemente pensato. Riflettere su questi
diversi aspetti del numero, ci è sembrato un buon modo per "entrare in materia" e per interrogarci sulle
sue varie modalità di rappresentazione.
338
Prima della discussione, la maestra ha proposto una "drammatizzazione" delle possibili situazioni nelle
quali c’è la necessità di operare con dei calcoli. Gli allievi dovevano cercare di evidenziare le particolarità
di ogni situazione, identificando "i circuiti" (uditivo, visivo, motorio) messi in atto. (Possiamo citare
l’esempio del cameriere che fa l’addizione e del cliente che sta attento verificando in vari modi l’esattezza
della somma.
Oppure pensiamo alle innumerevoli volte in cui si acquista un biglietto per l’entrata ad uno spettacolo).
Nel calcolo orale, ascolto i
numeri, penso il calcolo e dico o
scrivo il risultato.
Nel calcolo mentale, vedo i
numeri, penso il calcolo e dico o
scrivo il risultato.
Nel calcolo scritto, sento o vedo i
numeri, annoto i numeri su un
foglio, faccio il calcolo e trovo il
risultato.
Riguardo alle relazioni tra questi diversi tipi di calcolo, vediamo cos’altro
aggiungono gli allievi:
"Se non riesco con il calcolo orale, scrivo i numeri su un foglio e posso provare con il calcolo
mentale e, se ancora non ci arrivo, posso provare con il calcolo scritto."
"Le operazioni che so fare con il calcolo orale, le so sicuramente fare anche con il calcolo
mentale. Il contrario non è sempre vero."
Notiamo quindi una netta gerarchia tra le diverse modalità di calcolo. "Sono
bravo nel calcolo mentale, ma non riesco nel calcolo orale quando i numeri sono lunghi, anche
se il calcolo è facile. Non riesco a ricordarmeli!"
Una difficoltà nel calcolo orale, non significa necessariamente una debolezza
nella capacità di calcolare. In questo tipo di calcolo la memoria di lavoro ha un
ruolo essenziale!
Nel calcolo orale non è più possibile "ricuperare" l’informazione! "Nel calcolo
mentale possiamo guardare i numeri finché vogliamo!"
Nel calcolo scritto possiamo quindi tornare frequentemente ai numeri iniziali:
c’è un va e vieni costante che rappresenta, per taluni allievi, un sostegno
essenziale nella fase di risoluzione (specialmente quando producono degli
algoritmi spontanei).
"Quando faccio dei calcoli scritti faccio anche dei calcoli mentali molto facili però, se non so
farli, non posso neanche fare il calcolo scritto."
Perciò, quando, ad esempio, ci viene chiesto "28 più 15", siamo rigorosamente
nel campo del calcolo orale. Se lo stesso calcolo è scritto su un foglio, disponiamo
di elementi supplementari.
Benché siamo sempre confrontati con il duplice rapporto
significante/significato, i numeri scritti sono, nella loro forma, diversi dalle
immagini sonore.
C’è un cambiamento a livello del significante, ma non a livello del significato: il
concetto non cambia, ma cambiano le possibilità di "manipolare" il segno.339
C’è
dunque una differenza a livello dell’espressione e delle procedure
di risoluzione, ma non nel contenuto.
339
L’uso dei termini segno e simbolo non è qui inteso limitatamente ai termini di un’operazione, di
un’uguaglianza. Non esiste infatti nessun rapporto motivato tra le cifre ed il loro significato e neanche tra
il segno "+" e l’operazione di addizione.
"Dans la théorie de Piaget, un symbole est un signifiant qui a une ressemblance figurée avec le signifié et
qui peut être inventé par l’enfant. Par conséquent, il n’est pas nécessaire d’enseigner les symboles. Un
signe, au contraire, est un signifiant conventionnel.
Les signes ne sont porteurs d’aucune ressemblance avec le signifié et appartiennent aux systèmes inventés
pour communiquer avec les autres" (Kamii 1990, p.87).
Procedure di calcolo orale e mentale.
Tra le varie procedure che si possono usare per risolvere mentalmente dei
calcoli ce ne sono di più economiche, di più o meno macchinose, oppure
semplici. In genere, sono costruite, abbandonate e ricostruite dai bambini in
parallelo al processo di sviluppo delle conoscenze numeriche. Tra queste, però,
ve n’è una particolarmente nociva, non costruita logicamente dal bambino, ma
indotta, anche se non intenzionalmente, dall’insegnamento: si tratta dell’utilizzo
dei meccanismi del calcolo scritto nella risoluzione di calcoli mentali (vedi
l’esempio di Anna: no. 6 p. 269). Questa procedura, frequente e conosciuta da
tutti i docenti, è un indizio allarmante che pregiudica sviluppi ulteriori ed è
perciò necessario porvi subito rimedio, prima che il "meccanismo" si
cristallizzi.
I bambini che cadono in questo "tranello", che utilizzano frequentemente
questa procedura nociva, di solito, sono coloro che dispongono di limitate
conoscenze numeriche.340
Per essi, l’utilizzazione e la generalizzazione, nel
calcolo mentale, delle procedure convenzionali utilizzate nella risoluzione dello
operazioni scritte, blocca, in generale, l’evoluzione delle competenze nel calcolo
sia mentale che orale. 341
340
I bambini che, nei primi due anni di scuola, di fronte a calcoli semplici, avevano l’abitudine di contare
(procedura vissuta come più sicura) invece di fare dei raggruppamenti mentali, a partire dalla terza,
quando i numeri sono più grandi e diventa impossibile contarli, utilizzano le strategie delle operazioni
scritte convenzionali, appena apprese, che vivono come più "rassicuranti".
341
Si tratta di un’ipotesi che si basa sull’esperienza e su una nostra intuizione e che dovremmo poter
verificare attraverso una specifica ricerca. Essa va considerata, quindi, con molta prudenza.
Probabilmente, il fatto che certi bambini utilizzino queste "procedure nocive", è da mettere in relazione
alla loro insicurezza, alla paura di sbagliare. Questi allievi si sentono sicuri solo quando usano le strategie
del calcolo scritto (le tecniche) e ne diventano dipendenti.
Nella nostra esperienza abbiamo frequentemente incontrato allievi che si "aggrappano« al calcolo scritto,
oltre che per i motivi appena detti, anche, e forse soprattutto, per una carenza di conoscenze numeriche
che permettono di trattare i numeri "in quanto tali" e non come una semplice sequenza di cifre (in cui
ogni colonna è trattata come colonna delle unità, con prestiti e riporti automatizzati, a seconda del caso).

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Gli algoritmi

  • 1. Dimat: differenziare in matematica "La matematica mi fa pensare a tanti delfini perchè quando nuotano sono silenziosi e anche noi quando facciamo matematica siamo silenziosi. I delfini si aiutano molto tra di loro e anche noi, quando un bambino è in difficoltà, lo aiutiamo." (Silvia, 3a elementare, Chiasso) GLI ALGORITMI
  • 2. 4.2. Conoscenze numeriche, calcoli e algoritmi312 Sulla base delle conoscenze che oggi possediamo è necessario, a nostro avviso, un cambiamento radicale dell’insegnamento tradizionale delle operazioni scritte, cioè del modo così "consueto" e "meccanico" di insegnare "a fare i conti", colonna dopo colonna. Ma perché modificare una tradizione e una cultura scolastica che si è rivelata efficace per più di un se-colo? Per capire le ragioni che ci spingono a proporre una diversa didattica in questo campo, presentiamo alcuni momenti salienti di una conferenza di Constance Kamii, dal titolo molto significativo: "Gli effetti nefasti dell’insegnamento degli algoritmi." 313 « Molti negli Stati Uniti scrivono che bisogna smettere di insegnare gli algoritmi314 . Io vado più in là affermando non soltanto che gli algoritmi non sono necessari, ma che sono nefasti. Perché? Una volta compresa la differenza tra la conoscenza sociale (le convenzioni) e la conoscenza logico-matematica del bambino, si vede subito come l’insegnamento tradizionale non faccia questa distinzione. (Se noi prendiamo l’esempio della sottrazione 29–15, la convenzione ci dice che bisogna 312 In Ticino, il Programma di 3a elementare prevede l’apprendimento delle tecniche dell’addizione e della sottrazione in colonna (prova dell’addizione mediante scambio de- gli addendi; prova della sottrazione mediante l’addizione) e della tecnica della molti- plicazione scritta, in calcoli del tipo 158x6. In Italia l’insegnamento delle operazioni scritte inizia già in 2a elementare. 313 Constance Kamii, dopo un periodo vissuto a Ginevra collaborando con J. Piaget (di cui è la ricercatrice che, probabilmente, meglio ne traduce il pensiero in ambito pedagogico) lavora e insegna attualmente all’Università di Alabama. Conferenza tenuta all’Università di Ginevra, FAPSE, nel quadro del corso Didactique des mathématiques (prof. J. Brun). Oltre alla sua conferenza (da noi tradotta e adattata), ci riferiamo anche a Kamii 1989, 1990, 1991, 1994. 314 Un algoritmo è un "procedimento sistematico di calcolo che ci permette di risolvere una classe di problemi". La funzione essenziale dell’algoritmo è di "consumare meno energie possibili", di occupare quindi poco spazio possibile nella memoria di lavoro. Ciò permette al soggetto, durante la risoluzione di situazioni e problemi, di dedicarsi nel migliore dei modi a operazioni di pensiero più importanti (associazioni, induzioni, deduzioni, sintesi, ipotesi,…). Imparare la tecnica del calcolo significa quindi saper applicare velocemente (meccanizzare) un insieme finito di regole, applicate secondo determinate prescrizioni. Possiamo distinguere tra algoritmi convenzionali, ad esempio le quattro operazioni così come sono abitualmente insegnante a scuola, e "algoritmi spontanei", che, a differenza dei primi, hanno un uso locale, contingente, personale e che sono creati, inventati, in situazioni particolari, a dipendenza delle necessità, parti- colarità e conoscenze del soggetto che le utilizza.
  • 3. cominciare dalle unità, mentre il bambino potrebbe cominciare col fare la relazione tra i due numeri considerando dapprima le decine.315 Gli algoritmi sono dunque nefasti per le ragioni seguenti: 1. Il bambino deve abbandonare il suo modo di pensare per sottomettersi all’insegnamento. 2. Obbligano i bambini a disapprendere la numerazione di posizione ("non pensano che alle unità"). 3. Rendono fragili le conoscenze numeriche dei bambini che non arrivano più a pensare ai numeri interi.316 ("Arrivo alla conclusione che, tramite la pratica degli algoritmi, i bambini disapprendono le loro conoscenze numeriche: i dati delle mie ricerche lo confermano"). Invece di insegnare ai bambini le convenzioni, noi dobbiamo semplicemente chiedere loro di risolvere dei problemi, ad esempio 119+312. Vedrete che la maggioranza dei bambini, non essendo precedentemente stati sottomessi all’insegnamento delle convenzioni, cominceranno dalle centinaia, mantenendo il controllo di ciò che fanno.317 315 A questo proposito è importante ricordare, per quanto concerne la nostra scuola, che non soltanto il bambino è portato spontaneamente ad iniziare dalla "parte grande" del numero, ma che questa procedura viene insegnata al momento in cui si trattano i calcoli mentali. Nell’insegnamento tradizionale delle operazioni scritte, il bambino si trova perciò di fronte ad un duplice e paradossale ostacolo: da un lato non può fare uso della sua inventiva e dall’altro non può sfruttare le conoscenze acquisite nel calcolo mentale. 316 Kamii ci ricorda che l’insegnamento degli algoritmi è legato (malgrado l’apparente lontananza) ai fini ultimi dell’educazione, cioè all’autonomia, all’autonomia intellettuale soprattutto (1989 pp. 45-53; 1994, pp. 59-65). L’insegnamento tradizionale degli algoritmi, infatti, non fa che rinforzare l’eteronomia: "by teaching readymades rules and using reward and punischement, albeit in mild forms, schools are unwittingly teaching conformity, blind obedience, and dependence on adults […] if children learn mathematics though blind obedience, we cannot expect them to have the judgement and autonomy to say "no" to drugs, peer pressure and sex. […] Those who can exchange points of view and negotiate solutions to problems do not resort to violence either." (1994, pp. 64-65). 317 Il momento del controllo è essenziale, gli allievi "addestrati" alle operazioni scritte tradizionali spesso non sanno controllare il risultato ottenuto anche dopo aver fatto la prova scritta (la considerano come "un’altra cosa": vedi ricerche all’Università di Ginevra, prof. J. Brun). Il problema del controllo è da collegare con lo sviluppo delle capacità di stima. Ad esempio, in un calcolo del tipo 323+419 è importante che l’allievo sappia (ancor prima di fare l’intera operazione) che il risultato deve essere "un po’ più di 700". E come può raggiungere questo controllo se è condizionato dalla scuola a cominciare a ragionare sul 9+3, invece che sul 300+400? La stima, non dimentichiamo, comincia sempre dalla
  • 4. Vogliamo che i bambini apprendano finalmente a pensare, o vogliamo che facciano soltanto ciò che insegnamo loro? Praticamente, è dunque abbastanza semplice. Invece di insegnar loro gli algoritmi, io dico ai bambini, ad esempio: "come potete sottrarre 439 dal 785?" Ecco un esempio delle conseguenze possibili di una tale consegna: Nelle mie ricerche sono rimasta sorpresa dalla creatività e dall’originalità delle procedure inventate dai bambini e ciò mi ha portata a considerarli con un rispetto ancora più grande. Bisogna, perciò, assolutamente evitare che i bambini diventino delle macchine che trattano delle colonne! Gli sbagli sono semplicemente il risultato di un cattivo insegnamento. Tutti i bambini possono riuscire fino a un certo livello. E quando si passa alle calcolatrici, bisogna pure poter mobilitare una forma di controllo. Tutto ciò che i bambini hanno fatto prima, deve aiutarli a costruire l’attitudine al controllo e non il contrario, come è il caso nell’insegnamento dell’algoritmo tradizionale. La stima è ben più importante degli algoritmi! Ma per stimare, il bambino deve vedere 43 non come 3 e 40, ma come 40 e 3. Inoltre, penso che si debba anche fare attenzione all’uso del materiale concreto: questo favorisce l’osservazione e non necessariamente il pensiero." Dopo queste riflessioni, che fare? Come affrontare in classe l’apprendimento delle operazioni scritte? La risposta è relativamente semplice, anche se metterla in atto non è per tutti evidente.318 Per prima cosa è necessario lasciare alla classe lo spazio e il tempo per ricercare, per scoprire, per inventare delle soluzioni. parte più grande del numero ed è la capacità più importante da sviluppare, pensando, soprattutto, al momento in cui una persona farà uso della calcolatrice. 318 Nella relazione pedagogica, astenersi dall’insegnare direttamente è oggigiorno una delle maggiori difficoltà che incontra il docente abituato a trasmettere la conoscenza, a
  • 5. Il maestro deve quindi creare un ambiente, un contesto, che favorisca la ricerca e permetta a suoi allievi di costruire degli algoritmi spontanei. Queste "invenzioni" degli allievi sono accettate dalla classe come valide al momento in cui sono matematicamente sostenibili.319 Per attuare un simile cambiamento, l’ostacolo non è rappresentato soltanto all’oggetto matematico in sé, cioè dall’apprendimento delle operazioni scritte, ma dalle resistenze e reazioni che può manifestare la "società", i genitori degli allievi in primo luogo.320 La posta in gioco è dunque di peso per cui, a partire dal 1994, stimolati dalle riflessioni della Kamii, abbiamo iniziato un lavoro di attenta analisi e ricerca sull’insegnamento delle operazioni scritte ponendoci, a nostra volta, il seguente interrogativo: Dobbiamo ancora insegnare le quattro operazioni scritte? 321 "travasare" il suo sapere. La soluzione proposta è quindi facile solo apparentemente, essa implica un cambiamento radicale del ruolo dell’insegnante. 319 Una procedura inventata da un allievo è valida quando è giustificata matematicamente e non necessariamente perché corrisponde ad una convenzione (al modo come "i grandi« fanno le operazioni). La matematica è essenziale per fare delle teste pensanti, non per formare degli individui che applicano delle tecniche, che sanno eseguire correttamente delle procedure. Ciò non significa che le tecniche non siano a un certo momento utili e importanti, anzi, esse ci risparmiano molte energie, ma il loro apprendimento non è assolutamente necessario quando le conoscenze numeriche degli allievi sono ancora fragili e limitate. È soprattutto durante i momenti di argomentazione e di giustificazione dei diversi algoritmi spontanei che gli allievi sviluppano il loro pensiero razionale (cioè la loro "mente matematica"). 320 Y. Chevallard (1991, p. 24 e seg.) ci rende attenti al rapporto esistente tra il sistema di insegnamento, che si fonda sulla relazione triangolare Maestro, Allievo e Sapere, e l’ambiente che circonda questo sistema. Questo ambiente, che lui chiama noosfera (sfera nella quale si pensa, secondo modalità spesso molto diverse, il funzionamento didattico da parte dei vari attori o operatori: funzionari, specialisti, genitori, parenti, …), fa parte anch’esso della relazione didattica in quanto esercita, sui vari poli del sistema d’insegnamento, un’influenza determinante (rispetto ai contenuti e ai metodi d’insegnamento). Nel caso specifico dell’apprendimento delle operazioni scritte, ci possiamo quindi chiedere quale potrebbero essere le reazioni e le influenze della noosfera. Queste potrebbero manifestarsi così: "Ma come? … il vostro maestro non vi insegna a fare l’addizione in colonna ? … Tutti abbiamo imparato così …! … Quando io andavo a scuola era la prima cosa che ci insegnavano! … Ma cosa fate allora in classe?"… "Se il maestro non ti insegna l’addizione in colonna, allora ti faccio vedere io come si fa! … Ecco, per fare 24+48 prima allinei bene i numeri uno sotto l’altro, poi fai 8+4 che fa 12, scrivi qui il 2 e l’uno lo scrivi qui sopra, …" … ecc … 321 Un nostro articolo in merito, dal titolo La matematica, il linguaggio dell’Universo, è apparso su "Scuola Italiana Moderna" (15 aprile 2001).
  • 6. Se pensiamo a quanto spazio, tempo ed energie dedichiamo nella scolarità elementare all’insegnamento delle operazioni scritte (a partire dalla 2a o dalla 3a) e alle preoccupazioni e al senso che questi "oggetti" di insegnamento rivestono nelle menti di docenti e genitori, diventa urgente assumere la nostra professionalità di insegnanti cercando di rispondere a questi ulteriori interrogativi: – È corretto, nelle prime classi della scuola elementare, dedicare così tanto tempo ed energie all’insegnamento e all’apprendimento delle tecniche di calcolo? – Quali sono gli obiettivi e il senso di tale pratica? – Quali sono gli obiettivi essenziali dell’insegnamento della matematica nella scolarità obbligatoria? Sono forse le quattro operazioni scritte? – Per l’allievo, si tratta di un apprendimento veramente essenziale, prioritario? – Quale relazione esiste tra l’insegnamento frontale delle tecniche di calcolo e lo sviluppo delle conoscenze e competenze logico-matematiche? – Si tratta di competenze che gli allievi utilizzeranno veramente nel loro futuro scolastico, professionale e sociale? – Quali i rispettivi ruoli di allievi e docente in questo insegnamento? – Rispetto ad un insegnamento costruttivista, in cui il bambino dovrebbe essere l’artefice del proprio apprendere, come considerare l’insegnamento degli algoritmi convenzionali praticato nella stragrande maggioranza delle scuole? – Le calcolatrici non hanno di fatto scalzato la necessità di utilizzare le operazioni scritte (ormai in via di completa estinzione nelle pratiche sociali quotidiane)? A chi e quando capita ancora, sull’arco dell’intera vita di adulto, di dover fare per iscritto, ad esempio, una divisione del tipo 183,45 : 3,2 o una semplice moltiplicazione come questa: 38x45? Simili interrogativi evidenziano, a nostro avviso, come la problematica dell’insegnamento- apprendimento delle tecniche di calcolo scritto sia molto attuale e importante. La necessità di raggiungere una maggiore chiarezza, sia professionale che "istituzionale" (cfr. Finalità della scuola e Programmi) in questo ambito, è legata anche al fatto che ci troviamo di fronte ad un "nocciolo duro", ad un pesante retaggio della scuola del secolo scorso, con radici così fortemente radicate nella nostra cultura scolastica da farne una pratica che "resiste accanitamente alle innovazioni". Per molti insegnanti e genitori, le quattro operazioni scritte "rappresentano la matematica stessa", sono "sacre", "guai a chi le tocca!"
  • 7. Ora, alla luce delle nostre attuali conoscenze, desideriamo mostrare come l’insegnamento precoce delle operazioni scritte è non solo inopportuno, rispetto agli obiettivi cognitivi degli allievi, ma può addirittura avere, come dice Kamii, degli effetti nefasti, tanto per i bambini esperti, che apparentemente sembrano trarre beneficio da questo insegnamento, che, e soprattutto, per quelli meno esperti. Questa categorica valutazione, che può apparire esagerata a chi ancora non ha analizzato questa tematica in tutte le sue implicazioni pedagogiche, didattiche e sociali, scaturisce da anni di attente e approfondite analisi, sia degli errori che dei successi degli allievi e dei ruoli rispettivi che maestri e allievi assumono rispetto a questo insegnamento- apprendimento. Particolare attenzione è stata dedicata all’impatto che l’insegnamento diretto, frontale, meccanico degli algoritmi convenzionali, ha sullo sviluppo dell’autonomia mentale degli allievi. Dovrebbe infatti essere questa la prima nostra preoccupazione, soprattutto in matematica, una disciplina che dovrebbe sempre avere come obiettivo primario lo sviluppo delle capacità logiche dell’allievo, garantendogli libertà di pensiero, stimolandolo ad essere creativo, autonomo e socialmente coinvolto in un continuo scambio di idee. Una disciplina in cui non si dovrebbe richiedere agli allievi, come ancora troppo spesso accade, quasi esclusivamente, attenzione, diligenza, ordine, … per assimilare e ripetere meccanicamente quanto l’insegnante mostra, insegna, magari anche con l’ausilio degli ultimi e più sofisticati sussidi didattici. Nell’ottica delle più attuali teorie pedagogiche e didattiche, la matematica, ma non solo, richiede all’insegnante di astenersi dall’insegnamento diretto322 per concedere all’allievo la possibilità di utilizzare tutte le sue conoscenze e facoltà mentali, non soltanto per imparare nuove cose, ma anche per accrescere sempre più la fiducia nelle sue stesse possibilità logiche e creative. Un insegnamento indiretto in cui l’insegnante diventi soprattutto una risorsa, il responsabile delle condizioni di apprendimento e non colui che dispensa saperi e procedure da inculcare nella mente dei bambini, un semplice trasmettitore di conoscenze.323 322 Segnaliamo ad esempio, la teoria delle situazioni di Guy Brousseau che sottolinea come l’unico momento in cui l’insegnante prende posizione rispetto agli oggetti matematici è nella fase di istituzionalizzazione, dopo aver concesso ampia autonomia agli allievi nei momenti interattivi di azione, comunicazione e validazione. 323 Potremmo aprire una parentesi circa il grado di insoddisfazione e noia (a volte anche depressione!) che a lungo andare può nascere nell’insegnante quando è rinchiuso, o si auto-rinchiude, nel ruolo di dispensatore di conoscenze, dove il modello imperante dei ruoli si riconduce all’idea "io so, tu non sai, allora ti faccio vedere, ti insegno, basta che tu stia attento".
  • 8. È nell’ottica di una scuola che predilige il costruttivismo, la differenziazione, l’autonomia, l’autovalutazione, l’autocontrollo, la collaborazione, la condivisione di idee, la ricerca, la scoperta, … che desideriamo attirare l’attenzione sulle alternative possibili nell’apprendimento delle tecniche di calcolo, rispetto al tradizionale insegnamento diretto delle operazioni scritte. Limitare l’insegnamento frontale ed essere una risorsa per gli allievi, affinché possano imparare, e soprattutto imparare ad imparare324 (nell’ambito di obiettivi cognitivi, metacognitivi e socio-affettivi), basandosi sulle loro stesse forze e competenze, richiede all’insegnante, in un primo tempo, la capacità di scegliere e mettere in gioco le situazioni matematiche adeguate. Egli deve in seguito incoraggiare gli allievi a ricercare, ad utilizzare creativamente quanto già sanno, ad inventare le proprie procedure, a confrontarsi con nuovi ostacoli, ad accettare, come in un gioco, le "sfide cognitive", ecc…, piuttosto che mostrare loro come risolvere i problemi, inducendoli ad adottare esclusivamente le procedure e le soluzioni precedentemente insegnate. 325 Matematica come ricerca, dunque, invenzione, collaborazione, scambio di punti di vista, confronto critico, argomentazione, ecc …, piuttosto che come disciplina costrittiva, rigida, dove l’insegnante, quale garante dell’Istituzione, mostra le procedure necessarie per risolvere i problemi, instaurando e perpetuando un contratto didattico326 di sottomissione, il cui messaggio implicito è del tipo "io possiedo il sapere ed ora te lo trasmetterò". Come è possibile accrescere la propria autostima e la fiducia in se stessi, nelle proprie capacità mentali, nella propria autonomia di pensiero, se non mi è concesso di pensare "a modo mio", di essere attivo, come ci è capitato di sentire dalla voce di un allievo a cui era stato concesso un ampio spazio di libertà nella produzione di algoritmi "spontanei". Non è forse soprattutto per lo sviluppo dell’autonomia e delle capacità di scelta, che docenti e genitori dovrebbero investire il massimo di energie affinché allievi e figli possano imparare ad imparare e diventare dei cittadini a pieno titolo, consapevoli e responsabili delle proprie idee? 324 L’obiettivo dell’imparare ad imparare, competenza indispensabile nell’attuale società, richiede uno spostamento radicale dell’attenzione dal cosa si impara al come si impara. 325 Prendiamo un semplice esempio nell’ambito del calcolo mentale, perché la procedura per risolvere 8+7 deve per forza essere 8+(2+5) e non potrebbe essere 8+8–1 oppure 7+7+1 o 5+5+3+2 ecc… ? 326 Per contratto didattico si intendono le attese reciproche, soprattutto implicite, che legano insegnante e allievo: "ciò che io mi aspetto da te come allievo e ciò che tu ti aspetti da me come insegnante".
  • 9. E l’insegnamento diretto delle operazioni scritte, (che in molte classi giunge ad occupare anche il 50% di tutto il tempo scolastico dedicato alla matematica!), contribuisce alla realizzazione di questi fondamentali obiettivi? Noi crediamo fermamente di no. Attraverso un meccanismo sottile e impercettibile, pur nella buona fede di insegnanti e genitori che desiderano aiutare al meglio i ragazzi, succede, giorno dopo giorno, che li si "sottometta" all’insegnamento, li si abitui a "fare come dico io", a ripetere diligentemente, indipendentemente dal grado di effettiva comprensione, a smettere di pensare autonomamente, ad adeguarsi all’unico modo possibile e "giusto" di affrontare i compiti (quello dell’insegnante o del genitore), a non valorizzare le differenze, ad essere soprattutto performanti, ecc… L’effetto è simile al lavorio continuo della goccia d’acqua che cade su uno stesso punto, apparentemente innocua, ma che a lungo andare lascia però delle tracce indelebili. È l’insieme dei piccoli momenti (le gocce) che per gli allievi conta, ed è lì che le grandi dichiarazioni di intenti sono messe alla prova. È soltanto nella pratica quotidiana, nelle singole proposte, nelle costanti mediazioni, nel susseguirsi di ogni piccolo gesto o azione che la scuola può realizzare il suo vero compito ed è perciò essenziale anche il modo come vengono affrontati, proposti, insegnati o costruiti gli algoritmi. Insegnando precocemente le operazioni scritte convenzionali, l’insegnante rende le ore di matematica uno dei più penetranti e occulti strumenti di "normalizzazione", nel senso peggiore del termine. In sintesi, sosteniamo che l’insegnamento degli algoritmi convenzionali dovrebbe, in un primo tempo, lasciare il posto alla produzione di algoritmi spontanei, allo sviluppo delle conoscenze numeriche (mirando in particolare alla padronanza del valore posizionale delle cifre) e delle competenze nel calcolo mentale. Soltanto in un secondo tempo (a partire dalla 4a-5a), quando queste competenze si saranno consolidate e quando il campo numerico si amplierà oltre il 1000 e oltre il numero naturale (con l’introduzione dei numeri decimali), può avere un senso l’insegnamento dell’algoritmo convenzionale.327 E a quel punto si tratterà di apprendimenti rapidi e semplici, proprio perché sostenuti dalle reali possibilità di controllo numerico da parte degli allievi e da un più solido "impianto cognitivo". 327 In questo caso parliamo esplicitamente di insegnamento in quanto un algoritmo convenzionale, proprio
  • 10. Lo scalzare dal posto di "prime attrici" le quattro operazioni scritte significa affermare nel contempo l’importanza crescente dello sviluppo delle conoscenze numeriche. Come sottolinea Vergnaud, si tratta della costruzione di un edificio cognitivo impressionante che permette alla persona l’effettivo controllo numerico e dà senso a tutte le situazioni aritmetiche.328 A questo punto, attraverso alcuni tra i molti esempi che abbiamo raccolto, desideriamo evidenziare come, nella pratica dell’insegnamento degli algoritmi convenzionali, l’allievo, ragionando con le cifre da destra a sinistra, perda a poco a poco il controllo numerico delle situazioni poiché indotto a concentrarsi unicamente sulle singole cifre, che tratta di fatto come unità, indipendentemente dal loro valore posizionale. La padronanza del valore posizionale delle cifre diventa essenziale ai fini del mantenimento del senso del numero, della stima e del controllo delle soluzioni. Trovandoci oggigiorno tutti confrontati quasi esclusivamente con le calcolatrici, ecco che senso, stima e controllo diventano competenze essenziali nella scuola dell’obbligo. A tali fini, diventa prioritario, fondamentale, che il bambino sviluppi al massimo le proprie competenze nel calcolo mentale elementare.329 Prima di soffermarci sulle produzioni spontanee dei bambini, vediamo alcuni esempi di allievi che perdono il controllo numerico di situazioni aritmetiche dopo essere stati soggetti all’insegnamento delle operazioni scritte convenzionali. 328 "Le concept de nombre ne se réduit ni au critère de la conservation, ni à l’activité dedénombrement, ni à la résolution d’une classe de problèmes, ni à quelques procéduresautomatisables, ni à la compréhension et à la manipulation de signes sur le papier. Mais c’est de cet ensemble d’éléments divers qu’émerge, avec l’aide de l’environnement familial et scolaire, l’un des édifices cognitifs les plus impressionnants". Vergnaud, prefazione a Fayol (1990). 329 Per calcolo elementare non intendiamo soltanto i calcoli entro il 20 o il 100 delle prime classi elementari, ma includiamo anche tutte quelle operazioni "simili" che si estendono progressivamente lungo tutto il campo numerico: ad esempio, oltre al 9–4 e al 90–40 includiamo anche 900–400, 9000– 4000, 900000–4000000 e anche 9500– 4000, ecc…
  • 11. Esempio 1: Sandro (sottrazione in colonna) 872–428 = 456 – Ho rovesciato il calcolo. – Si può rovesciare? – Sì, si può, me l’ha insegnato la mia mamma. Ho fatto anche il controllo 456+428 per vedere se veniva 872. – Come hai fatto? 4+4 che fa 8, poi 5+2…7 e poi…6+8 che fa 14 …poi… …faccio la metà… no, meno 2.. e diventa 12… metto il 2 e le decine… (pensa un po’)… le metto via. Esempio 2: Remo (sottrazione in colonna) 872–428 = 456 PROVASi può essere sicuri? – Con la prova. – Come si fa? – Posso mescolare i numeri. – Fammi vedere. (scrive in colonna 872 –248) – 8 meno due fa 6 (e lo scrive) 7 meno 4 …(si ferma) … non va perché questo farebbe 3 (e smette). Esempio 3: Maura "4 meno 6 non posso, allora presto 1 che fa 14 e … meno 6 fanno 8… aggiungo 1 che fa 2 e 11 meno 2 fanno 9… poi … 1 meno 0 fa 1. Maura ha appreso quasi correttamente la tecnica insegnata, però commette un piccolo errore alla fine della procedura dimenticando che la cifra uno delle centinaia (10 decine) l’ha già utilizzata precedentemente. Questo esempio mostra come Maura non si occupi assolutamente del controllo numerico che la porterebbe facilmente a vedere che il risultato è impossibile. È centrata sulla procedura di calcolo e così perde il controllo di una situazione numerica che dovrebbe invece immediatamente farle dire che il risultato deve per forza essere inferiore a 100. Esempio 4: Luca "4 meno 6 non lo posso fare perché me lo ha detto la maestra … faccio 6 meno 4 … fa 2 … 1 meno 1 fa 0 e poi 1. Si tratta di un errore "classico", indotto dal fatto che per anni Luca ha imparato che 4 meno 6 non si può fare (verità limitata al campo dei numeri naturali).
  • 12. Esempio 5: Lia Lia è un esempio di forte perdita di senso e di controllo della situazione numerica. Mescola le procedure dell’addizione e della moltiplicazione. Si sforza nel ricordare meccanicamente tutto quanto le è stato insegnato. 4 più 3 fa 7 4 più 8 … 12 … scrivo 2 e ritengo 1 4 più 1 … 5 e 1 di riporto che fanno 6 lascio un posto 9 più 3 … 12 … scrivo 2 e riporto 1 9 più 8 fanno 17 e 1 che fa 18 …scrivo 8 9 e 1 fanno 10 (si dimentica l’1)… (continua con l’addizione, ed esegue l’ultima fase in modo corretto). Esempio 6: Anna Nell’esempio di Anna siamo nell’ambito del calcolo mentale. Nel suo caso l’insegnamento delle operazioni scritte convenzionali ha avuto delle immediate e gravi conseguenze. Qualche settimana prima Anna sapeva infatti eseguire queste addizioni, ma, dopo le lezioni della maestra, cha aveva insegnato e preteso l’uso della procedura di calcolo, Anna ha rinunciato (perché?) ad usare le proprie procedure per adottare, anche nel calcolo mentale, la procedura del calcolo scritto (una scelta frequente negli allievi poco esperti). In un simile caso risulta necessario interrompere immediatamente l’insegnamento delle operazioni scritte per evitare conseguenze ancora più disastrose. Esempio 7: Sergio Si tratta di un allievo veramente in grandi difficoltà che utilizza la tecnica del calcolo scritto per delle operazioni che chiaramente dovrebbe poter fare solo mentalmente o, meglio, non dovrebbe fare (anche perché concernono numeri che sono fuori dal campo numerico che è in grado di padroneggiare). Per Sergio, purtroppo, è …l’inizio della fine…! (Con fierezza dice:) Adesso sono capace di fare dei calcoli con dei numeri grandi, guarda (e scrive 200+200 in colonna) 0 più 0 … 0 (e scrive 0) 0 più 0 … 0 (e scrive 0) 2 più 2 …(conta usando le dita 1,2,3,4) … fa 4 (e scrive 4). Qual è il risultato? (esita nel leggere il numero).
  • 13. Ora, presentiamo invece qualche esempio di algoritmo spontaneo. Non scriviamo nessun commento a queste produzioni degli allievi, lasciando al lettore il compito di scoprire i ragionamenti dei bambini e le procedure da loro attuate. Esempio 1 Esempio 2 Esempio 3
  • 14. In quest’ultimo esempio, è interessante notare come la procedura adottata dalla bambina sia completamente "guidata" nei limiti delle sue competenze nel calcolo mentale. Questa sua procedure risulta così scomposta in "piccoli passi" (300+100; 80+70; 400+150 e 550+7. In questo modo la bambina utilizza ed esercita le competenze di calcolo mentale di cui dispone in questo preciso momento. Grazie al costante controllo numerico, non perde mai il dominio della situazione. L’ostacolo più grande lo incontra con 80+70, addizione che lei momentaneamente "isola"( è un "piccolo" problema all’interno della situazione). Nel corso della risoluzione ha quindi portato avanti una ricerca vera e propria, in piena autonomia. Dunque, se da un lato possiamo dire che, nell’apprendimento delle operazioni scritte convenzionali, il bambino deve abbandonare il suo modo di pensare per sottomettersi all’insegnamento ed è implicitamente indotto a disimparare il valore posizionale delle cifre (egli pensa solo alle unità) e a perdere il senso e il controllo numerico della situazione, dall’altro, nell’operare con gli algoritmi spontanei, si manifestano le seguenti particolarità: – trattando i numeri da sinistra a destra l’allievo non perde mai il controllo numerico; – il linguaggio interiore utilizzato fonda (e nel contempo rinforza) le sue competenze relative al valore posizionale (che diventa la conoscenza essenziale, costantemente sollecitata); – esercita e sviluppa sempre più le conoscenze-competenze nel calcolo mentale; – opera soltanto entro il campo numerico di sua padronanza (non gli è possibile andare oltre senza costruirne l’estensione); – sa sempre spiegare la procedura utilizzata perché è frutto delle sue conoscenze; – è valorizzata la sua autonomia e la capacità di ricercare e scoprire soluzioni;
  • 15. - confronta le sue procedure con quelle dei compagni instaurando dei dibattiti sulla validità matematica delle procedure create; - riesce a monitorare, modificare e mantenere il controllo esecutivo della procedura e della situazione numerica; - si rende conto immediatamente degli ostacoli (ev. errori) appena questi si manifestano; - è costantemente, nell’attività logico-matematica, in un ruolo di attivo costruttore delle proprie competenze cognitive. Alla luce di quanto fin qui presentato, possiamo concludere dicendo che gli obiettivi a corto termine dell’insegnamento degli algoritmi convenzionali sono in contrasto con gli obiettivi a lungo termine sia dello sviluppo delle conoscenze numeriche, sia dello sviluppo degli obiettivi socio-affettivi. Nella relazione di continua dipendenza tra lo sviluppo delle conoscenze numeriche, del calcolo mentale e delle operazioni scritte, dovremmo evitare di perpetuare nella scuola la paradossale situazione che si manifesta nell’insegnamento tradizionale: da un lato, a partire dai primi anni di scuola, vengono imposte le regole delle operazioni scritte, dall’altro, vengono proposte attività e giochi logici per sviluppare il pensiero logico-matematico nel bambino. Perché non utilizzare le operazioni scritte anche per sviluppare le capacità logiche, creative e sociali degli allievi? La nostra proposta, che per questioni di spazio presentiamo solo in forma molto sintetica, consiste in un percorso didattico che va dagli "algoritmi spontanei", agli "algoritmi di classe" (ossia alla provvisoria istituzionalizzazione degli algoritmi condivisi dalla classe e matematicamente validati330 )per arrivare infine, ma soltanto molto più tardi, alle operazioni scritte convenzionali. Un percorso di alcuni anni che deve avvenire all’interno di un insegnamento-apprendimento differenziato, dove i ritmi, gli stili e le particolarità degli allievi sono rispettati. Nello schema che segue, presentiamo un percorso didattico che riassume la nostra proposta concreta 330 Si tratta di un primo e provvisorio momento di istituzionalizzazione, di accordo, che ha però un valore soltanto all’interno della "società classe". Questi momenti, oltre ad avere importanza nel processo di costruzione di conoscenze e competenze matematiche, hanno il vantaggio di avvicinare gli allievi ad una reale (perché da loro stessi vissuta) comprensione di cosa siano le convenzioni (alcuni accenni di storia della matematica possono essere un’ulteriore pista di sviluppo…).
  • 16. Il tempo per realizzare questo percorso, benché, rispetto alle esperienze osservate, possa essere stimato in un paio d’anni, è determinato dai ritmi e dai tempi di sviluppo degli allievi. Il passaggio da una fase all’altra dipende soltanto dalle capacità raggiunte dai bambini nel calcolo mentale e dalle loro conoscenze numeriche e non dai Programmi (questi sono solo indicativi). In ogni caso non è ipotizzabile passare agli algoritmi convenzionali prima della 4a elementare, in quanto essi assumono senso ed efficacia proprio con l’estensione del campo numerico.331 Prima di presentare la sintesi della nostra proposta, desideriamo sottolineare che il calcolo mentale e le conoscenze numeriche (fra queste, soprattutto il valore posizionale delle cifre e il significato e senso dei numeri) restano sempre gli obiettivi prioritari, presenti costantemente nell’arco di tutte le fasi del percorso. Nel precisare le fasi che seguono, ci limitiamo all’essenziale, tralasciando di parlare di tutte le attività matematiche (risoluzione di situazioni, giochi, automatismi elementari, misure…) che sono presenti a scuola e che contribuiscono a dare senso a tutte le attività aritmetiche e a creare l’intreccio di conoscenze che permette ad ogni soggetto di costruire le competenze logico-matematiche e di utilizzarle al meglio quando sarà confrontato con nuovi ostacoli. 331 Nel campo dei numeri naturali entro il 1000, i bambini più esperti riescono a risolvere mentalmente la maggior parte delle situazioni numeriche abitualmente insegnate con le operazioni scritte. Vien da sorridere quando si vede ancora in parecchie classi insegnare, per iscritto, operazioni come 24+45. Le variabili numeriche di un’operazione devono sempre dare senso, essere in sintonia, con la procedura adottata (calcolo mentale? calcolo scritto?). E il calcolo scritto ha proprio senso quando non riesco a trovare mentalmente la soluzione! A meno che l’intento sia semplicemente di imparare una tecnica, di diventare una "macchinetta".
  • 17. 1a fase: Calcolo mentale, conoscenze numeriche "algoritmi spontanei". (Indicativamente, in 2a e 3a elementare) In questa fase i riferimenti essenziali consistono nella Banca dei numeri"332 , nelle situazioni, e negli obiettivi che ne determinano l’uso. 332 La "Banca dei numeri" che, a seconda del livello degli allievi, può essere composta da cartellini per la costruzione dei numeri entro il 100 oppure entro il 1000 (di solito questi materiali non si rendono più necessari quando l’allievo ha acquisito una buona padronanza del valore posizionale delle cifre entro il primo migliaio) permette di trattare le situazioni numeriche con i seguenti obiettivi: – Acquisire la padronanza del valore posizionale delle cifre per operare con sicurezza e velocità in un determinato campo numerico (prima entro il 100, poi entro il 1000, …). – Padroneggiare un linguaggio operativamente utile (conforme alla struttura del pensiero della persona che calcola). Sebbene gli allievi siano progressivamente portati a conoscere le decine, le centinaia e le migliaia, nelle procedure di calcolo e di trasformazione dei numeri non devono assolutamente utilizzare un supporto verbale e visivo in cui il valore posizionale delle cifre sia espresso in unità, decine, centinaia, ecc… È utile che l’allievo (per padroneggiare i numeri) conservi l’abitudine di parlare, ad esempio, del numero 324 in quanto composto da trecento, venti e quattro e non da 3 centinaia, 2 decine e 4 unità (peggio ancora se l’insegnante pretende di utilizzare le abbreviazioni, cioè 3 h, 2 da e 4 u). Ciò non significa evidentemente che l’allievo non debba sapere cosa siano le decine e le centinaia, ma conoscere questi termini non significa doverli utilizzare nelle procedure di calcolo! – Utilizzare dei materiali didattici e dei supporti visivi che abbiano un uso solo temporaneo (il più breve possibile) affinché siano dei mezzi per facilitare la costruzione di rappresentazioni e non "imprigionino" gli allievi, diventando materiali indispensabili. (Un supporto didattico è valido nella misura in cui "include la sua stessa estinzione"!) Così come non portiamo l’allievo, confrontato con delle situazioni numeriche di calcolo, a parlare di unità, unità di decine e unità di centinaia ma, piuttosto di trecento, venti e quattro, anche per quanto concerne i materiali didattici escludiamo l’uso dei cartellini con solo le singole cifre (peggio ancora quando sono di colori diversi per le unità, decine e centinaia, abituando involontariamente gli allievi a basarsi su criteri non pertinenti, i colori, sottovalutando l’essenziale, ossia la posizione). – Utilizzare un materiale che permetta di adattarsi a situazioni numeriche sempre più complesse nelle quali
  • 18. Si tratta di proporre delle situazioni numeriche che portino l’allievo al desiderio di esplorare sempre più le sue competenze nel calcolo mentale e nell’usare, quando è il caso, la notazione scritta come un supporto, ossia una procedura di scomposizione di un’operazione complessa (per l’allievo) nelle sue componenti più semplici. Queste modalità portano in poco tempo gli allievi alla costruzione di algoritmi "personali", "spontanei" in cui il numero è (nella quasi totalità dei casi osservati) trattato da sinistra a destra. In tutta questa fase gli algoritmi scritti liberamente dai bambini dipendono dallo sviluppo progressivo delle competenze nel calcolo mentale e dalle conoscenze numeriche. Già in questo periodo vengono comunque messe in discussione le procedure che non sono matematicamente sostenibili. Tutte le attività matematiche si alternano costantemente tra momenti di azione, comunicazione e di validazione. L’insegnante diventa così animatore di "dibattiti matematici" sulla validità delle procedure spontanee proposte dagli allievi (è importante che in questa fase egli non prenda posizione, non istituzionalizzi delle procedure, ma si limiti a stimolare i bambini affinché argomentino e spieghino ai compagni le loro scelte). 2a fase: Calcolo mentale, conoscenze numeriche e "algoritmi di classe". (Indicativamente, a fine 3a e inizio 4a elementare) Dopo un lungo periodo di creazione, confronto, discussione,… di tanti tipi diversi di algoritmi, l’insegnante pone alla classe l’interrogativo seguente: "tra tutto quanto avete prodotto, adesso dobbiamo cercare di fare una scelta e mantenere soltanto le procedure di calcolo più efficaci, più sicure, più comode". Non si tratta di scegliere la migliore strategia per l’addizione, la migliore per la sottrazione, ecc…, ma di approfondire il dibattito relativo alla loro validazione per arrivare a delle "condivisioni di classe", ad un sapere "valido per noi", per il "nostro gruppo", in cui la varietà di algoritmi adottati dalla classe possa comunque permettere sempre la differenziazione, tenendo conto delle procedure, delle competenze e dei ritmi diversi degli allievi.333 333 Tra gli algoritmi spontanei, ce ne sono alcuni matematicamente molto più semplici di altri (anche se più lunghi), con molti passaggi, prodotti in genere da allievi meno esperti nel calcolo mentale e con delle conoscenze numeriche più limitate. L’allievo può abbandonare un proprio algoritmo, per adottare ad esempio quello del compagno, solo nella misura in cui le sue conoscenze numeriche glielo permettono: ad esempio, se nell’addizione 348+231 non sa fare 348+200 direttamente, aggiungerà dei passaggi, (300+200), (40+30), (500+70) ecc…
  • 19. Si tratta di una "istituzionalizzazione interna alla classe", provvisoria, una fase che permette agli allievi di confrontare le procedure che meglio contribuiscono al consolidamento del calcolo mentale e delle conoscenze numeriche. E ciò prima di introdurre gli algoritmi convenzionali che, di fatto, rovesciano il modo di trattare i numeri. 3a fase: Calcolo mentale, conoscenze numeriche, "algoritmi di classe"e algoritmi convenzionali. (Indicativamente, nel corso della 4a elementare e della 5a per gli allievi meno esperti) È solo dopo aver raggiunto la padronanza di quanto appena descritto e dopo che sia stato esteso il campo numerico (oltre il 1000 e al numero decimale) che è auspicabile insegnare gli algoritmi convenzionali. Anzi, quando i numeri si fanno complessi, l’algoritmo convenzionale diventa più comodo e si giustifica (prima sarebbe stato l’inverso). Però è necessario che a questo punto l’allievo possa gestire alternativamente due modalità diverse nel trattare i numeri: da destra a sinistra quando applica le diverse procedure delle operazioni convenzionali334 , da sinistra a destra quando deve mantenere il controllo numerico della situazione, calcolare oralmente e mentalmente oppure stimare.335 Gli algoritmi convenzionali non richiedono il mantenimento del controllo numerico, nel loro utilizzo è necessario unicamente essere molto attenti nell’eseguire la corretta procedura (nota 328). Proprio per questa ragione il loro insegnamento deve essere posticipato per lasciare il tempo agli allievi di confrontarsi con sfide cognitive ben più importanti, relative, in particolare, allo sviluppo del calcolo mentale e delle conoscenze numeriche. 334 Tra le quattro operazioni rispetto al fatto di trattare i numeri da destra a sinistra, fa eccezione la divisione. In realtà però, benché sia vero che nel dividere considero il dividendo da sinistra a destra, si tratta pur sempre di una procedura in cui l’allievo perde il senso del numero in quanto le cifre non vengono considerate rispetto al loro reale valore posizionale (nell’eseguire 845:5 dice, "il 5 nell’8 ci sta una volta, ecc…). 335 Per i bambini meno esperti, mantenere in memoria due strategie diverse e opposte tra loro (per trattare una stessa classe di problemi) rappresenta un ostacolo spesso insuperabile: essi non riescono (non possono!) a gestire mentalmente due procedure di calcolo e di solito, sotto la pressione dell’insegnamento diretto, mantengono soltanto la procedura del calcolo scritto, adottandola anche nelle operazioni mentali. Per questi allievi, così come per i bambini con un importante ritardo mentale, è necessario concedere molto più tempo nella pratica degli algoritmi spontanei e nell’uso della Banca dei numeri
  • 20. Rispetto alla nostra proposta desideriamo anche ricordare che, sebbene gli allievi più esperti possano trovare un ampio spazio di ricerca e scoperta nelle attività con gli algoritmi spontanei, questi diventano assolutamente necessari per gli allievi meno esperti. Comunemente si pensa spesso (anche tra i docenti) che un bambino poco dotato debba essere precocemente (a volte prima ancora dei compagni!) indirizzato verso la meccanizzazione degli apprendimenti (caselline, addizioni in colonna, ecc..), però, tale pratica, non fa che pregiudicare seriamente ogni possibilità di sviluppo, anche se limitato, delle sue competenze logico-matematiche. L’allievo meno esperto dovrebbe confrontarsi con l’apprendimento dell’algoritmo convenzionale solo al momento in cui le sue conoscenze numeriche e le sue capacità nel calcolo mentale saranno sufficientemente solide e ciò, naturalmente, implica la necessità di concedergli maggiore tempo e spazio. Desideriamo, in conclusione, soffermarci sul ruolo dei genitori rispetto al cambiamento che proponiamo. Quando viene adottata una metodologia d’insegnamento che prevede, come nel caso degli algoritmi, un lungo periodo di apprendimento, in cui gli allievi possono creare, confrontare, sperimentare e modificare gli algoritmi da loro stessi inventati, sarebbe indispensabile che le famiglie vengano correttamente informate. I genitori dovrebbero essere, da un lato, tranquillizzati (dopo aver compreso il senso del cambiamento metodologico) e, dall’altro, incoraggiati a collaborare con i figli nella riflessione sui numeri e non solo sulle tecniche. I genitori, proprio perché sono stati, nella maggior parte dei casi, loro stessi "addestrati" alle tecniche di calcolo, non riescono facilmente a capire che gli obiettivi dell’insegnamento- apprendimento del calcolo scritto sono cambiati e che, oggi, la priorità va data alle capacità di controllo, allo sviluppo delle conoscenze numeriche e non alla meccanizzazione delle tecniche. Oggi, comunque, vista la solidità delle argomentazioni e degli esempi di cui disponiamo per illustrare l’apprendimento delle operazioni scritte, crediamo che i genitori, tramite una corretta informazione, possano essere esaurientemente informati e diventare dei validi collaboratori, astenendosi anche dall’insegnare ai loro figli ciò che la scuola, per il loro bene, non intende insegnare subito. L’ostacolo maggiore è forse rappresentato dall’influenza di una società in cui tutto, o quasi, viene accelerato, automatizzato, dove ci si proietta sempre più avanti alla ricerca di migliori e veloci prestazioni. Chiedere di rallentare, di concedere ai bambini tempo e spazio per pensare, per ragionare,
  • 21. ipotizzare, per provare, controllare e riprovare ancora, discutere, confrontare, ecc… , è una controtendenza necessaria alla salvaguardia della qualità della vita. In quest’ottica, la scuola ha un’importante responsabilità: e la scuola è anche l’insegnamento degli algoritmi. In chiusura, visto che abbiamo parlato di operazioni scritte e calcolo mentale, proponiamo alcune annotazioni sulle differenze tra i vari tipi di calcolo, includendo anche il calcolo orale.
  • 22. Calcolo orale, mentale e scritto Nei nostri materiali distinguiamo tre tipi diversi di calcolo; è pertanto necessario precisare le differenze che esistono, sia da un punto di vista pratico (nella vita quotidiana), che didattico, tra il calcolo orale, il calcolo mentale e il calcolo scritto.336 Nella nostra esperienza abbiamo potuto constatare una certa confusione riguardo al significato attribuito a questi tre concetti. In DIMAT, il fatto di considerare il calcolo orale come una categoria a sé (argomenti 4, 7, 10 e 13 della tabella di autovalutazione), ha immediatamente fatto sorgere in classe, da parte degli allievi, interrogativi del tipo: "Maestra, ma che differenza c’è tra questi calcoli ?" 337 Proviamo a dare la parola agli allievi stessi, per vedere come rispondono:338 Calcolo orale, mentale e scritto Nei nostri materiali distinguiamo tre tipi diversi di calcolo; è pertanto necessario precisare le differenze che esistono, sia da un punto di vista pratico (nella vita quotidiana), che didattico, tra il calcolo orale, il calcolo mentale e il calcolo scritto.336 Nella nostra esperienza abbiamo potuto constatare una certa confusione riguardo al significato attribuito a questi tre concetti. In DIMAT, il fatto di considerare il calcolo orale come una categoria a sé (argomenti 4, 7, 10 e 13 della tabella di autovalutazione), ha immediatamente fatto sorgere in classe, da parte degli allievi, interrogativi del tipo: "Maestra, ma che differenza c’è tra questi calcoli ?" 337 Proviamo a dare la parola agli allievi stessi, per vedere come rispondono:338 336 Di solito si parla unicamente di calcolo mentale e di operazioni scritte. 337 Il fatto di porci delle domande sulle differenze tra i diversi tipi di calcolo, ci ha dato l’occasione per una serie di riflessioni e di discussioni relative al modo di "trattare" i numeri. Un numero può essere letto, detto, udito, sentito (come fanno i ciechi…), visto, … o semplicemente pensato. Riflettere su questi diversi aspetti del numero, ci è sembrato un buon modo per "entrare in materia" e per interrogarci sulle sue varie modalità di rappresentazione. 338 Prima della discussione, la maestra ha proposto una "drammatizzazione" delle possibili situazioni nelle quali c’è la necessità di operare con dei calcoli. Gli allievi dovevano cercare di evidenziare le particolarità di ogni situazione, identificando "i circuiti" (uditivo, visivo, motorio) messi in atto. (Possiamo citare l’esempio del cameriere che fa l’addizione e del cliente che sta attento verificando in vari modi l’esattezza della somma. Oppure pensiamo alle innumerevoli volte in cui si acquista un biglietto per l’entrata ad uno spettacolo). Nel calcolo orale, ascolto i numeri, penso il calcolo e dico o scrivo il risultato. Nel calcolo mentale, vedo i numeri, penso il calcolo e dico o scrivo il risultato. Nel calcolo scritto, sento o vedo i numeri, annoto i numeri su un foglio, faccio il calcolo e trovo il risultato.
  • 23. Riguardo alle relazioni tra questi diversi tipi di calcolo, vediamo cos’altro aggiungono gli allievi: "Se non riesco con il calcolo orale, scrivo i numeri su un foglio e posso provare con il calcolo mentale e, se ancora non ci arrivo, posso provare con il calcolo scritto." "Le operazioni che so fare con il calcolo orale, le so sicuramente fare anche con il calcolo mentale. Il contrario non è sempre vero." Notiamo quindi una netta gerarchia tra le diverse modalità di calcolo. "Sono bravo nel calcolo mentale, ma non riesco nel calcolo orale quando i numeri sono lunghi, anche se il calcolo è facile. Non riesco a ricordarmeli!" Una difficoltà nel calcolo orale, non significa necessariamente una debolezza nella capacità di calcolare. In questo tipo di calcolo la memoria di lavoro ha un ruolo essenziale! Nel calcolo orale non è più possibile "ricuperare" l’informazione! "Nel calcolo mentale possiamo guardare i numeri finché vogliamo!" Nel calcolo scritto possiamo quindi tornare frequentemente ai numeri iniziali: c’è un va e vieni costante che rappresenta, per taluni allievi, un sostegno essenziale nella fase di risoluzione (specialmente quando producono degli algoritmi spontanei). "Quando faccio dei calcoli scritti faccio anche dei calcoli mentali molto facili però, se non so farli, non posso neanche fare il calcolo scritto." Perciò, quando, ad esempio, ci viene chiesto "28 più 15", siamo rigorosamente nel campo del calcolo orale. Se lo stesso calcolo è scritto su un foglio, disponiamo di elementi supplementari. Benché siamo sempre confrontati con il duplice rapporto significante/significato, i numeri scritti sono, nella loro forma, diversi dalle immagini sonore. C’è un cambiamento a livello del significante, ma non a livello del significato: il concetto non cambia, ma cambiano le possibilità di "manipolare" il segno.339 C’è dunque una differenza a livello dell’espressione e delle procedure di risoluzione, ma non nel contenuto. 339 L’uso dei termini segno e simbolo non è qui inteso limitatamente ai termini di un’operazione, di un’uguaglianza. Non esiste infatti nessun rapporto motivato tra le cifre ed il loro significato e neanche tra il segno "+" e l’operazione di addizione. "Dans la théorie de Piaget, un symbole est un signifiant qui a une ressemblance figurée avec le signifié et qui peut être inventé par l’enfant. Par conséquent, il n’est pas nécessaire d’enseigner les symboles. Un signe, au contraire, est un signifiant conventionnel. Les signes ne sont porteurs d’aucune ressemblance avec le signifié et appartiennent aux systèmes inventés pour communiquer avec les autres" (Kamii 1990, p.87).
  • 24. Procedure di calcolo orale e mentale. Tra le varie procedure che si possono usare per risolvere mentalmente dei calcoli ce ne sono di più economiche, di più o meno macchinose, oppure semplici. In genere, sono costruite, abbandonate e ricostruite dai bambini in parallelo al processo di sviluppo delle conoscenze numeriche. Tra queste, però, ve n’è una particolarmente nociva, non costruita logicamente dal bambino, ma indotta, anche se non intenzionalmente, dall’insegnamento: si tratta dell’utilizzo dei meccanismi del calcolo scritto nella risoluzione di calcoli mentali (vedi l’esempio di Anna: no. 6 p. 269). Questa procedura, frequente e conosciuta da tutti i docenti, è un indizio allarmante che pregiudica sviluppi ulteriori ed è perciò necessario porvi subito rimedio, prima che il "meccanismo" si cristallizzi. I bambini che cadono in questo "tranello", che utilizzano frequentemente questa procedura nociva, di solito, sono coloro che dispongono di limitate conoscenze numeriche.340 Per essi, l’utilizzazione e la generalizzazione, nel calcolo mentale, delle procedure convenzionali utilizzate nella risoluzione dello operazioni scritte, blocca, in generale, l’evoluzione delle competenze nel calcolo sia mentale che orale. 341 340 I bambini che, nei primi due anni di scuola, di fronte a calcoli semplici, avevano l’abitudine di contare (procedura vissuta come più sicura) invece di fare dei raggruppamenti mentali, a partire dalla terza, quando i numeri sono più grandi e diventa impossibile contarli, utilizzano le strategie delle operazioni scritte convenzionali, appena apprese, che vivono come più "rassicuranti". 341 Si tratta di un’ipotesi che si basa sull’esperienza e su una nostra intuizione e che dovremmo poter verificare attraverso una specifica ricerca. Essa va considerata, quindi, con molta prudenza. Probabilmente, il fatto che certi bambini utilizzino queste "procedure nocive", è da mettere in relazione alla loro insicurezza, alla paura di sbagliare. Questi allievi si sentono sicuri solo quando usano le strategie del calcolo scritto (le tecniche) e ne diventano dipendenti. Nella nostra esperienza abbiamo frequentemente incontrato allievi che si "aggrappano« al calcolo scritto, oltre che per i motivi appena detti, anche, e forse soprattutto, per una carenza di conoscenze numeriche che permettono di trattare i numeri "in quanto tali" e non come una semplice sequenza di cifre (in cui ogni colonna è trattata come colonna delle unità, con prestiti e riporti automatizzati, a seconda del caso).