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11
INSERTO SPECIALE allegato al numero 1, MARZO 2016, ANNO III
Il magazineIl magazine open access gratuitoopen access gratuito di divulgazione sul CAD e su tutto ciò che fa tecnologia, progettazione, grafica & designdi divulgazione sul CAD e su tutto ciò che fa tecnologia, progettazione, grafica & design
/07
Collaboratrice affezionata di
Munari, Pia Antonini ha
lavorato col maestro a partire
dal 1988 col progetto “Museo
dei bambini” al Parco Trotter...
Pia Antonini /09
La sintesi biografica del
maestro redatta dalla Prof. Pia
Antonini sulla falsa riga di un
curriculum vitae di Munari per
una mostra del 1996...
Chi è B. MUNARI /11 La TAG di Munari
A quanto pare, non sono i
writers gli inventori delle TAG,
quelle strane scritte
coloratissime che troviamo in
giro per le nostre città...
22
33
“Se volete poi sapere qualcosa
di più sulla bellezza, che cos'è
, consultate una
storia dell'arte e vedrete
che ogni epoca ha le sue veneri
e che queste veneri (o apolli)
messi assieme e confrontati,
fuori dalle loro epoche, sono
una famiglia di
.
Non è bello quello
che è bello, disse il
rospo alla rospa, ma è
bello quello che
piace.”
Bruno Munari
44
55
Perché Munari?Perché Munari?
Caporedattore e grafico:
S. Giglio
Redazione:
N. Amalfitano, A. Buccella, N. Nullo, A. Mar-
tini, G. Rogo
Segretaria di redazione:
N. Nullo
Curatori editoriali:
N. Amalfitano, N. Nullo
indiceindice
PAG. 07 Pia Antonini quella di...
PAG. 09 di Pia Antonini “Chi è Bruno
MUNARI”
PAG. 10 di A. M. Gianella “Fra le arti
d'eccezione – Il pittore dei «coni“
PAG. 12 “Pittura Futurista”, “Macchina
aerea del 1930”
PAG. 17 “Alla ricerca delle poetiche di
Munari”
PAG. 20 “Tra umorismo e didattica:
Macchina per suonare il piffero
anche quando non si è in casa”
PAG. 23 “Si, va bene! Ma dove trovo
altre info su MUNARI?”
“Come si fa a non amare
Bruno Munari?“, ecco cosa
mi chiedo mentre impagino
questo umilissimo omaggio
al maestro. Perché Munari?
Perché se ne parla sempre
troppo poco!
Perché Munari era un
“Disegnatore meccanico e
innamorato della sua
tecnica” proprio come me!
Perché se ne parlo io con un
giornalino on line…
figuriamoci se non ci riesce
qualche papavero della
comunicazione.
Perché il metodo Munari
dovrebbe essere integrato ed
insegnato nel nostro
preistorico sistema
scolastico!
Perché Munari è sempre una
fonte di grande ispirazione a
prescindere dal modo con
cui facciamo grafica: alla
fine sempre di disegni si
tratta!
Perché sarebbe bellissimo se
qualche Munari in erba si
scoprisse tale attraverso lo
studio dell’opera di
quest’uomo gentile,
instancabile, simpaticissimo
e di straordinario gusto ed
intelletto!
Perché, al di la delle menate
dei politici, l’Italia resta
sempre una fucina di geni di
ogni genere!
Perché l’unico modo di
colorare questo squallore
quotidiano resta l’ironia e la
giocosità del nulla!
Il testo di “Chi è Bruno MUNARI” è la copia integrale del documento redatto dalla
prof. Antonini e liberamente rilasciato in rete dal server del Liceo Artistico Statale
Bruno Munari di Vittorio Veneto
66
77
Professore di ruolo di storia dell’arte, operatore didattico museale, formatore e ricercatore sul metodo Bruno
Munari®, formatore in Epistemologia Operativa® vive a Milano dove è nata. Coniugata con Umberto Avanzi, è
madre di due figli.
Dopo aver conseguito a pieni voti la Laurea in Lettere moderne, indirizzo storico-artistico nel 1981, accanto allo
stabile impegno come insegnante di storia dell'arte, che dal 1987 svolge come docente di ruolo presso l'Istituto
Tecnico per il Turismo Artemisia Gentileschi, progetta e realizza sia percorsi di didattica riferita al visivo e alla storia
dell'arte nell'ambito museale ed espositivo con particolare attenzione per il pubblico dei bambini e dei ragazzi,
sia progetti di Laboratori creativi secondo il metodo Bruno Munari® rivolti a tutti coloro, persone e istituzioni
scolastiche e museali, che si occupano di percorsi di crescita personale.
Dal 1981, collabora con la sezione didattica della Pinacoteca di Brera di Milano; dal 1994 è attiva per il progetto
rivolto alle Scuole Elementari "Alla scoperta di Brera", coordinato dalle funzionarie di Soprintendenza E. Daffra e P.
Strada, pubblicato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali nel 1998.(P.Antonini, La pinacoteca: gli spazi e gli
oggetti- Itinerario propedeutico, in AA.VV., Alla scoperta di Brera, 1998). Dal 2001, collabora con i Servizi educativi
del Museo e del Territorio della Soprintendenza. E’ co-autrice del libro-gioco Brera - Caccia al tesoro - Alla scoperta
dei gioielli nella Pinacoteca di Brera, Milano 2002.
Dal 1981 al 1991, è stata Socio Promotore della Cooperativa "Chedire - Informazione mezzi e itinera" che ha
organizzato, dal progetto alla realizzazione, per l'Assessorato alla cultura di Milano; attività didattiche in numerose
Mostre promosse dal Comune.
Dal 1988, avendo conseguito, a pieni voti, il Diploma di Perfezionamento in Storia dell'Arte Medioevale e Moderna
presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore con la tesi "I laboratori per bambini ideati da Bruno Munari e i loro
sviluppi", approfondisce i rapporti con l'artista-designer e i suoi collaboratori. Studiosa dell’opera dell’artista,
ricercatrice e archivista della documentazione dei laboratori, diventa una diretta collaboratrice di Bruno Munari per
il progetto il “Museo dei bambini” al Parco Trotter (1990).
Nel 1988, Bruno Munari le chiede di condurre la tavola rotonda su "Giocare con l'Arte", organizzata dal Museo d'Arte
Contemporanea Luigi Pecci di Prato; cura la ricerca e la redazione del catalogo della Mostra itinerante "Giocare con
l'arte - Dossier"; (Antonini P., Giocare con l'arte-dossier, Museo d'Arte Contemporanea L.Pecci, Prato 1988), scrive
numerosi articoli sull'argomento; cura la ricerca e la stesura dei pannelli della mostra "I bambini conquistano Brera",
Pinacoteca di Brera 1997; è relatore in numerosi convegni dedicati a Bruno Munari (Lisbona 1998, Faenza 1999,
Trieste 1999); fondatrice con il Prof. Alberto Munari, Beba Restelli, Silvana Sperati del gruppo di fatto denominato
MU-NARI che progetta il convegno: "Bruno Munari o l'arte di vivere tra scienza e arte" presso la Triennale di Milano,
in collaborazione con la Regione Lombardia e l'Associazione Amici di Brera il 22 e il 23 ottobre 1999; è socio
fondatore, dal maggio 2001, dell'Associazione Bruno Munari (ABM) attiva nella rifondazione e diffusione del metodo.
Dal 1991, ha ideato con Beba Restelli, fondatrice dell'unico Laboratorio privato condotto con il metodo Munari a
Milano, il progetto "Il Gioco dell'Arte". La proposta è frutto dell’incontro fra la metodologia di Bruno Munari e
l’approccio didattico ai beni culturali avviato nei musei italiani. Nel Gioco dell’Arte l’esperienza del fare precede
l’incontro con l’oggetto artistico e la sua storia. Richiesto dall'Associazione "Amici di Brera" nel 1997, è riproposto
negli anni 1998/1999/2000/2001/2002 con grande successo di pubblico.
Dal 1992 al 1996, cura un corso di aggiornamento per le Educatrici di Nido di zona 8 del Comune di Milano, su
commissione della Dott.ssa Mimma Noziglia. Cura la pubblicazione dell'esperienza “Scoprire e conoscere la
natura”, Bergamo, Edizioni Junior 1999. Dal gennaio 2001 al 2002, svolge, su commissione di Daniela Prina una corso
di formazione rivolto alle Educatrici dell'Asilo Nido di Cusano Milanino sul tema della natura in relazione alla
metodologia progettuale di Bruno Munari.
Nel 2003, istituisce e conduce con l’Associazione Bruno Munari (ABM) il Master in metodologia Bruno Munari®
concluso nel 2006 con l’attribuzione di 15 diplomi.
Nel 2004, ha conseguito il Master in Epistemologia Operativa organizzato dal Centro Internazionale di Psicologia
Culturale di Ginevra e diretto da Donata Fabbri e Alberto Munari. Dal 2005 conduce LEO, laboratori in
Epistemologia Operativa.
Nel 2006, ha ideato con Michela Dezzani per ABM il progetto “Fare dal nulla”, presso la galleria del Design e
dell’Arredamento di Cantù (CLAC), progetto destinato a creare la sezione didattica del museo secondo il metodo
Bruno Munari e a dialogare e coinvolgere le scuole e il pubblico del territorio.
Nel 2006, costruisce con Michela Dezzani e Marco Gorieri il sito MUNLAB, sito dedicato ai laboratori Bruno Munari
nelle scuole. Il sito, che mette in movimento intuizioni e giochi di Bruno Munari, sperimenta per la prima volta, con il
linguaggio digitale, i principi del metodo.
Dal 2006 insegna alla scuola BES di Milano.
88
99
… Mio padre aveva contatti con le
più alte personalità della città,
essendo stato cameriere al
Gambrinus. Mia madre si dava
delle arie ricamando ventagli.”
C
omincia così una
piccola biografia di
Bruno Munari da lui
stesso scritta.
Munari nasce a Milano nel 1907 e
percorre, lontano da quel
narcisismo e protagonismo che
distingue chi ha successo, quasi
un secolo di lavoro nel campo
delle arti visive in un’incessante e
costante ricerca sperimentale che
influenza almeno cinque
generazioni fra grafici, pittori,
architetti, progettisti, insegnanti e
pedagogisti.
Passando da un campo all’altro,
da un tema all’altro, egli inventa
continuamente senza mai rifare.
L’indagine, che lo caratterizza
come anticipatore di molti
fenomeni delle arti visive e lo
rende oggi contemporaneo,
consiste nell’attraversamento di
tutti i mezzi di comunicazione.
Egli non si immerge
completamente in uno, si sposta
da un mezzo all’altro,
considerando che un mezzo non è
più vero di un altro. (Vettese).
Il suo agire simultaneamente e
trasversalmente come pittore,
designer, operatore visuale, libero
pensatore, inventore di oggetti
d’uso, scrittore, grafico, teorico,
ideatore di laboratori per bambini
ha impedito, tuttavia, e impedisce
ancora, non solo di inserirlo in
una categoria unica della storia
dell’arte, ma anche di trovare
specialisti in grado di riconoscere
e valutare appieno la portata
inventiva del suo lavoro. Ha
ideato così tanto e per pubblici
tanto differenti da non poter
essere definito (Vettese).
Anche se non approfondissimo la
molteplice personalità e la sua
notorietà che spazia dagli USA al
Giappone, Murari rimane
l’inventore di un modo di vivere e
di lavorare: un modo di concepire
la vita come lavoro e il lavoro
come gioco, ma anche il gioco
come la vera base d’ogni attività
creativa, anche la più seria. Gioco
significa comprendere l’aspetto
metaforico delle cose e degli
eventi, l’aspetto ironico presente
anche nelle più severe e
puntigliose progettazioni
(Dorfles).
Nell’operare di Bruno Munari è
presente la piena consapevolezza
che l’arte, attività creativa molto
seria, si materializza solo quando
tecnica e gioco sono in equilibrio
di Pia Antonini
“
Chi è Bruno MUNARI
A
ll’improvviso, senza
che nessuno mi
avesse avvertito, mi
trovai completamente
NUD O in piena città di Milano la
mattina del 24 ottobre 1907...
1010
FRA LE ARTI D'ECCEZIONE - IL PITTORE DEI “CONI”
1111
Snapshot dell’articolo di A. M. Gianella, “Fra le arti d'eccezione – Il pittore dei «coni»” in “La Domenica del Corriere”, ottobre
1927, Milano, pag. 12 numero 42, anno XXIX, 16 tratto dal documento: “BRUNO MUNARI, FUTURISMO E OLTRE .... AVVENI-
MENTI e SCRITTI 1926-1940”.
La TAG? Niente di nuovo sotto al sole!
Sembra una prerogativa dei writers, o graffitari,
dei nostri giorni quella di firmarsi con una tag
(etichetta, dall’inglese)...
A tal proposito apprendo da Wikipedia che la
tag “nella cultura hip hop è utilizzata al posto
del nome e definisce non solo una data persona,
ma anche il suo modo di fare o un lato caratteri-
stico. La tag di un writer è essenziale ed identifi-
ca l'artista in maniera inequivocabile e lo distin-
gue dagli altri.”.
In ogni caso il maestro, grande precursore dei
tempi, aveva deciso di realizzare la sua tag per-
sonale con l’acronimo Bum con un puntino sulla
u che, come spiega Gianella nel suo articolo, “le
tre lettere onomatopeiche non sono ... un colpo
di artiglieria ma la firma di un nuovo artista che
si definisce «pittore futurista»”.
1212
Munari con la macchina aerea del 1930 apre il ciclo delle
macchine sensibili, strutture geometriche libere nell'aria a
cui faranno seguito le macchine inutili.
La macchina aerea del 1930, di cui vediamo il progetto (1)
una foto dell’epoca (2) e un dettaglio (3) è distrutta durante
un trasloco. Solo nel 1971 il maestro decide di riproporla (4)
con dieci esemplari realizzati dalla Danese di Milano.
La struttura era in legno e metallo, aveva un’altezza di 1,8 m
e una larghezza approssimativa di circa 60 x 30 cm. Il movi-
mento dell’installazione, una volta sospeso al soffitto tramite
un cordino, era determinato dalle correnti d’aria del locale.
Macchina aerea 1930
Pittura futurista
Costruire (1928) L'ospedale delle macchine (1929) Nudo (1932)
1 2 3
4
1313
fra loro. Nel cercare la genesi delle
parole, egli notava che la parola
arte nell’antica Grecia è Tèkne,
vale a dire il «come fare», anzi il
come fare «bene» e in Giappone è
Asobi che significa gioco
disinteressato per il piacere del
fare.
Ricerca tecnica e gioco sono state
le due condizioni affinché la sua
arte si manifestasse in una
quantità prodigiosa di progetti e
realizzazioni. Un ironico e
insuperabile profilo autobiografico
che incuriosisce, seduce, affascina
attirandoci con la forza di una
calamita fu da lui preparato in
occasione della mostra antologica
tenuta a Palazzo Reale di Milano
nel 1986. Ispirato ad una famosa
poesia di Prèvert insegna come,
sintetizzando in poche righe, si
può scrivere, con leggerezza, un
curriculum vitae costellato da una
sterminata produzione.
Il criterio cronologico s’intreccia a
quello basato sulla massima
varietà, il modo di comunicare, che
inizia con la frase «Quello di …», è
flessibile e allungabile. Al bisogno,
possono essere citate alcune opere
al posto di altre.
Con l’augurio che un serio studio
basato su fonti e confronti, svolto
all’interno di una condivisione di
diverse competenze faccia
emergere la complessità di
quest’importante artista del
Novecento, riportiamo per la
biografia di Bruno Munari
l’autopresentazione del 1986,
trascritta a lettere maiuscole
affiancata da notizie storico
artistiche sulla sua opera. Tale
apporto, che è da considerarsi in
progress, quindi modificabile,
suggerisce un primo processo di
contestualizzazione, alla luce delle
informazioni più note, delle tappe
principali del suo lavoro.
BRUNO MUNARI
QUEL NATO A MILANO NEL 1907
QUEL DELLE MACCHINE INUTILI DEL
1930
Bruno Murari si stabilisce a Milano nel
1926, dopo aver trascorso gli anni
della giovinezza a Badia Polesine nella
campagna veneta vicino all’Adige.
Entra in contatto con il mondo
dell’arte, frequenta il gruppo dei
Futuristi, conosce Marinetti,
Prampolini e in modo particolare
l’ambito dell’Aeropittura.
Gli sono congeniali le ricerche di Balla
e quanto già espresso nel Manifesto
della Ricostruzione futurista
dell’universo (1915) da Balla e
Depero, per la trasgressione dei generi
artistici tradizionali, per l’appello ad
impiegare più livelli sensoriali, per
l’impiego di materiali poveri, effimeri
anche trasparenti, per l’affinità con la
sperimentazione del polimaterico al
fine di adottare un linguaggio non più
naturalistico e imitativo, ma analogico
e astratto, per l’interesse al cinetismo
e allo sviluppo creativo dei bambini
mediante l’utilizzo di nuovi giocattoli.
Dal 1927 alla metà degli anni ’30,
partecipa con i suoi dipinti alle più
importanti mostre dei Futuristi della
«seconda generazione».
Egli classifica le sue opere in quattro
principali categorie:
pittura, polimaterici, plastica,
polimaterici pubblicitari.
Espone alla Galleria Pesaro di Milano
(1929,1931), alle Biennali di Venezia
(1930-1934) alle Triennali di Milano
(1933-1939) alla I e II Quadriennale di
Roma (1931, 1935) e a Parigi alla
Galleria 35 (1929,1930) e alla mostra
Prampolini et les aeropeintres
futuristes italiens (1932).
Nel 1927, assieme al giovane Aligi
Sassu, stila il manifesto Dinamismo e
pittura muscolare; nel 1930 firma la
Dichiarazione della poetica del gruppo
futurista milanese (con Andreoni,
Duse, Gambini, Bot) e nel 1934 il
Manifesto tecnico dell’aeroplastica
futurista (con Manzoni, Furlan,Ricas,
Regina).
E’ del 1930 l’antesignana delle
famosissime Macchine inutili, che
esporrà nella prima mostra personale
presso la Galleria delle Tre Arti a
Milano, una Macchina aerea , oggi
ricostruita su fotografie dell’originale
perduto. L’opera è formata da una
struttura costituita da barre bianche
alle cui estremità erano collocate sfere
rosse. Appesa ad un filo, la macchina si
muoveva con l’aria nel vuoto e
proiettava ombre continuamente
diverse, provocando un piacere
estetico sempre nuovo. L’ambiente
artistico che frequenta Munari è
spiazzato a tal punto che nessuna
galleria d’arte la vuole esporre perché
non è classificabile, non è pittura e non
è scultura.
E’ del 1931 la Tavola tattile (cm: 100 X
cm. 8), da leggere come omaggio al
Manifesto redatto da F.T. Marinetti «Il
Tattilismo» nel 1921 e da mettere in
relazione con le ricerche poetiche di
Prampolini sulla materia degli stessi
anni.
Accanto alla vivace attività artistica,
Munari lavora come grafico
pubblicitario e, dal 1930 al 1937, si
associa con Riccardo Ricas, formando
lo studio R+M , collabora a numerose
riviste d’epoca, lavora come
illustratore presso importanti studi di
pubblicità (Carlo Cosio, Boggeri),
progetta lavori pubblicitari per la
Campari, illustra libri futuristi tra cui,
nel 1937, Il poema del vestito di latte di
F.T. Marinetti; collabora nella rivista di
estetica e tecnica grafica Campo
Grafico (1933-1935).
Alla fine degli Anni Trenta, si avvicina
agli artisti che gravitano attorno alla
galleria del Milione di Milano (via
Brera, direttore Edoardo Persico),
propugnatrice dell’arte astratta:
Munari non riesce, però, a condividere
il loro dogmatismo.
QUELLO DEI NUOVI LIBRI PER
BAMBINI DEL 1945, RISTAMPATI
ANCORA OGGI IN VARIE LINGUE
Dal 1939 al 1945, lavora come grafico
per Mondadori ed è art director del
quotidiano Il Tempo.
Nel 1942, mentre è al servizio di una
batteria antiaerea nei pressi di Milano,
da Einuadi esce il fortunato libro Le
macchine di Munari e nel 1944, da
Domus, Munari pubblica le
Fotocronache.
Appena finita la guerra, una serie di
libri innovativi per bambini trovano
ispirazione nella nascita del figlio
Alberto avuto dalla moglie Dilma nel
1940. Pubblicati da Mondadori
verranno ristampati in varie lingue tra
cui il persiano. Sono storie che si
dipanano in modo circolare e non
diacronico, i personaggi sono
caratterizzati cromaticamente e non
psicologicamente per permettere al
bambino di interagire, divertendosi…
QUELLO DELL’ORA X (QUELLO DEI
MULTIPLI) 1945
Dal 1945, Munari si mette in proprio.
1414
In alto, l’abecedario di Munari “ABC con fantasia” edito da Corraini; in basso, studio per negativo positivo, 1950
1515
Realizza la prima opera cinetica Ora X
(prodotta in multipli nel 1963) in cui
le tre lancette di una sveglia, costituite
da semidischi di grandezza diversa e
realizzati con materiale trasparente
nei tre colori primari, ruotano, si
sovrappongono e creano così forme e
colori diversi. Tra il 1947e il ‘48
realizza la serie Concavo-Convesso,
oggetti tridimensionali in rete
metallica che presentano analogie con
gli studi di Max Bill sulle forme
geometriche non euclidee, sospesi e
sensibili agli spostamenti d’aria sono
illuminati da una luce puntiforme fissa
che proietta sulla parete ombre
sempre nuove.
QUELLO DELLE SCRITTURE
ILLEGGIBILI DI POPOLI SCONOSCIUTI
1947
Nel 1948, insieme con Gillo Dorfles,
Gianni Monnet e Atanasio Soldati fonda
il Movimento Arte Concreta, MAC. Ne
assume la presidenza nel 1953.
La visione interdisciplinare delle arti,
la ricerca di un nuovo
internazionalismo estetico basato
sulla purezza della forma, la
rivendicazione dell’arte «progettuale»
ed essenziale, non «per tutti», ma «di
tutti», l’approccio matematico all’arte
caratterizzano il movimento. Munari
cura la grafica dei Bollettini del MAC
scegliendo la forma quadrata.
Interamente suoi sono i Bollettini 5 e
10 e realizza progetti legati all’idea
trasgressiva di oggetto-libro.
QUELLO DEI LIBRI ILLEGGIBILI DEL
1949
Nascono i Libri illeggibili, libri senza
parole e con le pagine fatte di
materiali diversi in modo da
comunicare con il tatto.
QUELLO DELLE PITTURE NEGATIVO-
POSITIVO DEL 1950
Sulla scia del diffondersi delle teorie
gestaltiche, indaga sui problemi della
percezione dinamica di forme, che
vivono in un particolare equilibrio tali
da non prevaricare le une sulle altre,
con opere come Positivi Negativi nelle
quali lo spettatore partecipa
attivamente alla costruzione
dell’opera giocando sull’ambiguità fra
pieno e vuoto, tra figura e sfondo.
Non dipinge più con continuità. Riceve
dall’industria le prime richieste per
produrre oggetti in serie (1951-1957):
Portacenere cubico; secchiello
portaghiaccio; occhiali paraluce in
cartoncino (1954).
La sua ricerca è accompagnata dalla
coerenza sia al principio della
massima semplicità, sia al principio
della sperimentazione dei materiali e
dei codici. Egli mira a costruire altri
codici accanto a quelli già esistenti,
indicando ulteriori e impensate
possibilità. I suoi oggetti sono
nitidissimi, basati sull’opposizione
verticale/orizzontale, costruiti con la
materia più adatta, in modo che il
prodotto alla fine appaia un oggetto
naturale.
Nel 1949 crea per Pigomma, divisione
della Pirelli, il gatto Romeo e, nel 1953,
la Scimmietta Zizì, due piccoli
giocattoli di gommapiuma, armati di
filo di rame ripiegato, cui il bambino
poteva cambiare posizione,
antesignani dei giocattoli interattivi.
Il suo impegno nel design diventa
l'attività che svolge con maggiore
continuità e, dal 1957, inizia la sua
collaborazione con Danese.
QUELLO DELLE ARITMIE
MECCANICHE DEL 1951
Riprende lavori degli anni Trenta sul
funzionamento ritmico e aritmico
delle macchine realizzando la serie
delle Aritmie meccaniche.
QUELLO DELLE PROIEZIONI A LUCE
POLARIZZATA DEL 1952
Conduce ricerche su nuove tecniche di
comunicazione visiva sia sulla luce
polarizzata, per la quale occorre un
pezzo di cellophane tra due vetrini
polarizzati che fanno da filtro e un
proiettore, sia sulla luce diretta con
l’introduzione di materiali all’interno
di diapositiva, sia sulla scomposizione
della luce.
Con questi mezzi realizza nel 1963
film di ricerca fra i quali I colori della
luce, della durata di cinque minuti,
regia di Bruno Munari e Marcello
Piccardo. Si tratta di una
sperimentazione incentrata sui colori
puri che si ottengono dalla luce
scomponendola mediante il prisma e i
filtri Polaroid; in questo modo
allestisce la sua sala personale alla
Biennale di Venezia nel 1966.
QUELLO DELLE FONTANE E DEI
GIOCHI D’ACQUA DEL 1954
QUELLO DELLE RICOSTRUZIONI
TEORICHE DI OGGETTI IMMAGINARI
IN BASE A FRAMMENTI DI RESIDUI DI
ORIGINE INCERTE E DI USO IGNOTO
DEL 1958
Riprendendo la lezione di Arp e «la
regola del caso», Munari descrive
come, dopo aver fatto cadere dei
pezzetti di carta di un foglio, li si possa
spostare e collegare osservandone la
struttura interna. Le ricostruzioni
mettono in evidenza l’aleatorietà
dell’interpretazione, costruita su una
norma inventata ma rigorosa.
QUELLO DELLE SCULTURE DA
VIAGGIO DEL 1958
QUELLO DEL DESIGN
QUELLO DEI FOSSILI DEL DUEMILA
DEL 1959
QUELLO DELLE STRUTTURE
CONTINUE DEL 1961
Nel 1962, Munari organizza una
celebre mostra tra Milano e New York
nel negozio Olivetti di Milano dal titolo
Arte Programmata, denominazione
inventata, a detta di Dorfles, dallo
stesso Munari.
Il pieghevole della mostra reca un
testo di Umberto Eco che vede nella
nuova corrente artistica un’ottima
incarnazione di quell’«opera aperta»
alle interpretazioni del pubblico.
L’opera non ha un significato già dato
e conchiuso ma consente una forte
interazione con il pubblico.
In questo ambito Munari sostiene che
chiunque può produrre qualche cosa
che abbia un valore estetico e
afferma, anticipando l’esperienza dei
laboratori didattici del 1977, che un
individuo creativo è un individuo più
libero, perché l’estetica vince la
miseria. L’arte, dunque, è stimolatrice
del pensiero e della convivenza
collettiva. (Vettese)
QUELLO DELLE XEROGRAFIE
ORIGINALI DEL 1964
Ottenute spostando un’immagine da
fotocopiare mentre avviene
l’impressione, le immagini risultano
uniche, a basso costo e alla portata di
tutti. Sono realizzate per avvicinare il
grande pubblico all’arte e possono
essere realizzate da tutti.
Scrive testi quali Arte come mestiere
(1966), Design e comunicazione visiva
(1968) realizzato in seguito al corso
tenuto all’Università di Harward nel
1967, Artista e designer (1971)
fornendo un apporto teorico alla
chiarificazione della figura del
designer.
1616
QUELLO DEGLI ANTENATI DEL 1966
QUELLO DELLA FLEXY DEL 1968
QUELLO DELLA GRAFICA EDITORIALE
EINAUDI
Cura l’immagine coordinata della casa
editrice Einaudi e con il team di lavoro
costituito da Bollati, Calvino,
Cerati, Einaudi, Fossati e Molina
nascono le collane Piccola Biblioteca
Einaudi (1965), Centopagine(1971) e
Nuovo Politecnico (1965). La più
famosa e quella del quadrato rosso in
campo bianco: collana Nuovo
Politecnico.
QUELLO DELL’ABITACOLO DEL 1971
QUELLO DEI GIOCHI DIDATTICI DELLA
DANESE
QUELLO DEI MESSAGGI TATTILI PER
NON VEDENTI DEL 1976
QUELLO DEI BONSAI
QUELLO DEI LABORATORI PER
BAMBINI AL MUSEO DEL 1977 E DI
TUTTI GLI ALTRI LABORATORI
IN ALTRI PAESI
QUELLO DELLE ROSE NELL’INSALATA
QUELLO DELLA LAMPADA DI MAGLIA
QUELLO DELL’OLIO SU TELA DEL 1980
QUELLO DEL CORSO DI DESIGN ALLA
HARWARD UNIVERSITY USA DEL 1967
QUELLO PREMIATO COL COMPASSO
D’ORO CON UNA MENZIONE
ONOREVOLE DELL’ACCADEMIA DELLE
SCIENZE DI NEW YORK
QUELLO PREMIATO DALLA JAPAN
DESIGN FOUNDATION PER L’INTENSO
VALORE UMANO DEL SUO DESIGN
QUELLO DEL PREMIO ANDERSEN PER
IL MIGLIOR AUTORE PER L’INFANZIA
Nel 1990, realizza le sculture
denominate Alta tensione costituite da
rami di alberi che stanno insieme
senza toccarsi appoggiandosi ai fili
sotto tensione: i fili sono bianchi,
niente interventi di colore. Esposti nel
1991 alla galleria Sincron di Brescia e
alla galleria Vismara di Milano.
Nel 1991, progetta per la Robots, ditta
che ha in produzione l’Abitacolo e la
Divanetta, Shinfù Kusè, un
divisore a forma di paravento a tre
antine snodabili che serve come
attaccapanni e «deposito di ricordi».
Nel 1993 esplora l’ideogramma
millenario giapponese «albero» e
nascono così gli Ideogrammi materici.
Nel 1997, realizza per la Swatch uno
dei suoi ultimi progetti, l’orologio
Tempo Libero.
Bruno Munari muore il 30 settembre
1998.
In alto da sinistra suggeritore nudo (1929); Tipografia, articolo illustrato e scritto da Munari per la rivista La Lettura n.5
maggio 1937; bozzetto L’ufficio moderno, la pubblicità, 1930; le copertine di Munari per le collane di Einaudi
1717
C
redo che un approccio
corretto all’analisi di un
personaggio tanto
complesso e multimediale
deve necessariamente prescindere
dalla ricerca di una poetica
compositiva fondamentale,
unitaria: sarebbe un errore
macroscopico cercare questa
portante in Munari, dal momento
che la sua formatività è stata
generosamente riversata in
discipline molto diverse fra di
loro e che il suo percorso
professionale è stato
costantemente condizionato dalla
curiosità per tutto ciò che era
innovazione tecnologica e
tormentato da una sete d’arte che
è finita solo con la sua
scomparsa.
Sicuramente il punto di partenza
di questo percorso è stato il
futurismo, ma il futurismo di
Munari era sentitamente e
rigorosamente tale? L’adesione di
Munari al Movimento Futurista
non è piuttosto ludica che
sentitamente ideologica! Il
futurismo “munariano” infatti
sembra essere più una via di
mezzo tra una palestra e un
laboratorio, quasi un luogo
dell’anima in cui le cognizioni di
disegno meccanico, apprese per
lavoro, si fondono con quelle del
disegno artistico e della pittura,
appresi per puro diletto, e in cui
giocare con geometrie, caratteri,
colori alla ricerca di uno stile
nuovo, unico e personale. C’è poi
da chiedersi con quale Munari si
stia avendo a che fare mentre si
osserva la sua “Macchina Aerea”,
del 1930, o le Macchine Inutili
realizzate successivamente con
lo stesso sentire... Le parole sono
importanti: quando un artista
utilizza un aggettivo come
“Inutili”, riferendolo alla parola
“Macchine”, si può ancora
definire “Futurista”? Sicuramente
è un momento di rottura col
futurismo e potrebbe apparire
addirittura un gesto dadaistico (la
giocosità del NULLA) se non fosse
sorretto da un forte messaggio
costruttivo:
«Ma più che altro io penso che
quello da considerare sia il
passaggio di una forma, che ha
delle dimensioni, attraverso una
metamorfosi, come fluida, per
diventare un’altra, allora non si ha
più una forma definita ma un
momento di passaggio da una
forma ad un’altra, e questo è
soltanto riconoscibile attraverso
il movimento». (*)
Una dichiarazione questa che
potrebbe apparire per un
momento quasi come la poetica
stessa di Munari, sempre a patto
che egli fosse stato un artista
“normale”. Tracce di questa sua
visione di arte in movimento sono
riscontrabili, in un modo o in un
Alla ricerca delle poetiche di Munari
Un artista “normale” ha una sua poetica specifica, al massimo due… In Bruno Munari no! È inutile cercare in
Munari un denominatore comune capace di risolvervi la vostra ricerca di storia dell’arte in dieci minuti, magari da
Wikipedia! Se siete alle prese col maestro vi tocca rimboccarvi le maniche e sudare le famose 7 camicie: avrete
a che fare con una galassia di materiale, perché questa è la produzione di Munari. La sua anima ha narrato in
forme molto diverse fatti, materie, tempi e uomini e questo impiegando LINGUAGGI sicuramente NON
CONVENZIONALI...
1818
altro, nella quasi totalità della sua
produzione anche se ogni suo
lavoro è realmente un capitolo a sé
stante.
Una sicura invariante
compositiva, che accomuna tutti i
lavori di Munari, è l’attenta e
minuziosa analisi morfologica e
temporale di ciascun oggetto
rappresentato: gli elementi delle
sue composizioni vengono
inquadrati nel momento della loro
transizione, da una forma all’altra,
conservando in qualche modo nel
movimento la loro fisicità.
Nel giovane Munari la sua ricerca
artistica, anche se appena
cominciata, è già pregna della
modernità del suo tempo. Munari
comincia a raccontare il suo
tempo con ironia e leggerezza
attraverso opere che si rivelano
una sintesi raffinatissima di arte e
conoscenza tecnologica, come
l’installazione Concavo-convesso
del 1947.
Su questa direzione, nel 1948,
fonda il Movimento Arte Concreta
insieme ad altre tre anime belle di
quel periodo: Gillo Dorfles, Gianni
Monnet e Atanasio Soldati. Il MAC
rappresenta il trionfo del concetto
di multimedialità per Munari: il
Movimento rispondeva alle
istanze dell’astrattismo italiano
proponendo nuovi strumenti di
comunicazione da affiancare alla
pittura tradizionale ed era in grado
di dimostrare al mondo dell’arte, e
a quello dell’imprenditoria, che
una fusione tra arte e tecnica era
realmente praticabile.
Negli anni ‘50 nel nostro Paese si
attua una vera, profonda, radicale
rivoluzione: si trasforma
l’economia, cambia la società e, di
conseguenza, i comportamenti e i
modelli di vita degli italiani;
Milano è il lŏcus ove tutto ciò si
realizza prima che altrove e,
proprio qui, Munari incarna la
figura dell’Art Director, che
diventa sempre di più supporto
vitale per il commercio e
l’industria. Sempre a Milano, nel
1950, inventa la pittura proiettata
impiegando composizioni astratte
custodite tra i vetrini da
diapositiva mentre nel 1952
scompone la luce avvalendosi di
un filtro Polaroid e realizza così la
pittura polarizzata. Sempre nello
stesso anno, Munari scrive il
Manifesto del macchinismo, un
testo pieno d’ironia in cui l’uomo
si prende cura delle macchine,
quasi fossero animali domestici,
fino a diventarne del tutto schiavo.
In questa suggestiva visione
Munari vede gli artisti come i
salvatori del genere umano che,
dopo aver rinunziato al loro ruolo
da protagonisti e abbandonati tela,
colori e scalpello, cominciano a
lavorare collettivamente
realizzando opere d’arte attraverso
progetti ben definiti, “distraendo”
le macchine dal loro lavoro
razionale e facendole diventare
così "inutili". Da queste idee nasce
un movimento artistico che trova
la sua ufficializzazione in
un’esposizione, tenutasi nel 1962
presso la sede Olivetti di Milano,
in cui viene proposta la rassegna
"Arte programmata". È proprio per
quest’occasione che Bruno
Munari, insieme a Giorgio Soavi,
conia il termine che darà il nome
al movimento. L’Arte
programmata trova fondamento in
quella corrente artistica nata negli
anni ’20 del Novecento, chiamata
Arte cinetica, che teorizzava
l’introduzione di particolari di
un’installazione artistica dotati di
movimento o che riuscissero ad
esprimerlo, pur nella loro assoluta
staticità, attraverso effetti visivi e/
o deformazioni plastiche.
Contaminazioni di arte cinematica
le troviamo anche nel Futurismo:
penso inevitabilmente ad Umberto
Boccioni e alla sua scultura
“Forme uniche della continuità
nello spazio”, una vera icona del
movimento futurista esposta al
MoMA di New York. Ecco perché
resto convinto che, se da un verso,
Munari abbia in parte
scherzosamente contestato il
futurismo proprio perché era una
corrente artistica troppo legata al
mondo delle macchine, dall’altro
abbia mutuato da esso la
concezione della tecnica e del
dinamismo. Il lettore non
dimentichi che la propagazione di
quest’ultimo concetto,
celebrazione artistica inconscia
del Relativismo di Einstein, si
tramutò in una serie di felici
realizzazioni artistiche. Condusse
Munari all’Arte programmata.
Favorì lo sviluppo dell’Optical Art,
approfondendo l'esame
dell'illusione ottica
bidimensionale, con i primi
esperimenti cinetici realizzati
dagli artisti Richard Anuszkiewicz,
Bridget Riley, Julio Le Parc e
Victor Vasarely, nei cui lavori
l'artificio ottico è sagacemente
studiato in ogni minimo dettaglio.
Guidò Jean Tinguely alle sculture
cinetiche, Alexander Calder alle
installazioni mobili, Gianni
Colombo alle prospettive mobili
Getulio Alviani alle "superfici a
testura vibratile" e l’elenco
potrebbe continuare.
Denominatore comune di tutte
queste manifestazioni artistiche è
il rapporto attivo che si innesca fra
spettatore e opera d’arte: essa
diventa in qualche modo “viva”,
cangiante, capace di modificarsi
autonomamente o al variare del
punto di vista di chi la osserva.
Munari e la scrittura
Se la smaterializzazione
dell’oggetto artistico è stato il
tema dominate della produzione
visuale del maestro, molto
concreta invece sembra essere la
sua scrittura. Nella scrittura di
Munari convivono talvolta
simultaneamente almeno tre
anime: quella dello scrittore, quella
dell’illustratore e quella del grafico
editoriale; la coscienza derivante
dalla fusione di questi distinti
1919
punti di vista suggerisce, per
pratica intellettuale e
professionale, la definizione
stessa di libro:
«è un oggetto che delimita un
blocco di spazio. Per attraversare
questo spazio occorre sfogliare le
pagine dalla prima, che sta dietro
la copertina, fino all'ultima. Ci si
mette un certo tempo ed è come
una passeggiata nella neve. Per
entrare in questo spazio bisogna
aprire la copertina, che è come
una porta che permette
l'attraversamento del libro.». (*)
Se il libro è un blocco di spazio
significante, al contenuto
significato ci pensa Munari
seguendo, di volta in volta, un
filone poetico specifico: quello dei
libri per ragazzi, quello dei libri
illeggibili, quello della saggistica
artistica, quello della
manualistica dedicata alla prima
infanzia, quello della grafica
editoriale, ecc. Munari ha scritto
130 libri: 130 piccole deliziose
opere d’arte di cui ha curato
dettagliatamente scrittura e
contenuto visuale estendendo il
concetto di multimedialità ad un
oggetto universalizzato e
storicizzato qual è il libro. Più
segnatamente l’idea di Munari
per questo eccezionale ed
insostituibile contenitore di
messaggi è che esso deve poter
comunicare:
«per forme e colori, per sequenze,
per materie (alcune pagine
semitrasparenti possono dare
l'idea della nebbia, oppure pagine
lisce e pagine ruvide, oppure
molli e rigide...). È un libro di
comunicazione plurisensoriale,
oltre che visiva.». (*)






1, disegno di macchina inutile, 1937 pubblicata su Arte come mestiere, Laterza. 2, disegno per macchina inutile realizzata in le-
gno dipinto, 1939 pubblicato sul volume di A. Tanchis Bruno Munari, Idea Books, p.37. 3, macchina inutile 1945–
1995, particolare. 4, schema progettuale con misure della macchina inutile del 1937 pubblicato sul libro Arte come mestiere,
Laterza. 5, macchina inutile, 1934 collezione Galleria d'arte moderna, Roma. 6, macchina inutile 1934 ottenuta da una zucca
2020
Tra umorismo e didattica: Macchina per suo
Nello specchio opportunamente inclinato (1), la gatta ne-
ra (tinta) (2) vede il topolino azzurro Mattia che abita nel-
la gabbia (3). Ora, siccome nessuno ha mai spiegato ai
gatti che cosa sono gli specchi, è naturale che la nostra
gatta rinculi un po' per paura del topo, un po' perché dati
i momenti, con quello che costa oggi la frutta fresca.... Il
Mattia viene quindi ad avere a portata di naso la fune (4)
astutamente inzuppata di sugo di parmigiano stravec-
chio: il «nostro» non si lascia sfuggire l'occasione e, male-
detto!, rosicchia rosicchia. La fune si rompe e lascia cade-
re il ferro da stiro a carbonella (5) profumato alla violetta
e incartato nella cellofan. Il peso del ferro tira l'altra funi-
cella che apre la valvola (6). Dalla bombola (7) esce, attra-
verso il tubo (8), un getto di aria non più compressa, pe-
netra nel piffero (9) e si trasforma in suono. Sul pifferetto
c'è un giovane anatroccolo provinciale (10) con le ali lega-
te da un nastro di seta naturale, e siccome l'aria che esce
dal piffero è caldissima, il giovane anatroccolo è costretto
a saltellare da un buco all'altro improvvisando una piace-
vole melodia.
Note
a) Dopo le parole “frutta fresca” avrete certamente notato quattro puntini. Bene, devo darvi una spiega-
zione: i primi tre sono puntini di sospensione, il quarto è un punto fermo, Si, caro.
b) La nostra ditta ha provato, per accontentare Alcuni Suoi Rispettabilissimi Clienti, che desideravano
ridurre il prezzo di Costo della nostra Macchina, a legare le ali dell’anatroccolo con nastri di seta arti-
ficiale; ma, siccome si sono poi avute delle Lagnanze da parte dei Primi Compratori di questa nostra
macchina, ha deciso alla presenza di un vecchissimo notaio ( dedito alle noccioline americane) di
usare materiali di prima scelta e ciò per il buon funzionamento dei nostri apparecchi.
c) Il ferro da stiro può anche non essere profumato alla violetta.
d) l topolini azzurri derivano da un incrocio di topi con pappagalli.
Per strapparvi ancora un sorriso, vi proponiamo questa splendida e divertente macchina inutile tratta da “Le
macchine di Munari”, un libro per l’infanzia di Bruno Munari pubblicato per la prima volta da Einaudi nel 1942 e
successivamente da Corraini Edizioni, che lo rende tuttora disponibile sul mercato per i sempre tantissimi “fan”
del maestro.
Corraini ricorda che “in questo libro Munari descrive, con grande serietà e dovizia di particolari, macchine... utili o
inutili, sicuramente inconsuete: macchina per addomesticare i cani, misuratore automatico del tempo di cottura
per uova sode, agitatore di code per cani pigri…”
2121
onare il piffero anche quando non si è in casa
2222
Ancora due immagini da “Le macchine di Munari” nell’edizione di Corraini Edizioni tratte dal sito dell’editore
2323
Sul Pianeta Munari il web offre oltre 575.000 pagine e un numero
sterminato di immagini. Se siete alla ricerca di informazioni vali-
de sul maestro vi consigliamo di dare un’occhiata ai links che se-
guono e che rappresentano i riferimenti ufficiali da cui far partire
il vostro percorso di approfondimento:
 Associazione Bruno Munari
 Bruno Munari / Mostre - Museo dell'Ara Pacis
 Collezione Bruno Munari - Cantù
 MunArt
2424

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Chi è Bruno Munari? inserto speciale allegato a CADZINE n° 1 marzo 2016 ANNO III

  • 1. 11 INSERTO SPECIALE allegato al numero 1, MARZO 2016, ANNO III Il magazineIl magazine open access gratuitoopen access gratuito di divulgazione sul CAD e su tutto ciò che fa tecnologia, progettazione, grafica & designdi divulgazione sul CAD e su tutto ciò che fa tecnologia, progettazione, grafica & design /07 Collaboratrice affezionata di Munari, Pia Antonini ha lavorato col maestro a partire dal 1988 col progetto “Museo dei bambini” al Parco Trotter... Pia Antonini /09 La sintesi biografica del maestro redatta dalla Prof. Pia Antonini sulla falsa riga di un curriculum vitae di Munari per una mostra del 1996... Chi è B. MUNARI /11 La TAG di Munari A quanto pare, non sono i writers gli inventori delle TAG, quelle strane scritte coloratissime che troviamo in giro per le nostre città...
  • 2. 22
  • 3. 33 “Se volete poi sapere qualcosa di più sulla bellezza, che cos'è , consultate una storia dell'arte e vedrete che ogni epoca ha le sue veneri e che queste veneri (o apolli) messi assieme e confrontati, fuori dalle loro epoche, sono una famiglia di . Non è bello quello che è bello, disse il rospo alla rospa, ma è bello quello che piace.” Bruno Munari
  • 4. 44
  • 5. 55 Perché Munari?Perché Munari? Caporedattore e grafico: S. Giglio Redazione: N. Amalfitano, A. Buccella, N. Nullo, A. Mar- tini, G. Rogo Segretaria di redazione: N. Nullo Curatori editoriali: N. Amalfitano, N. Nullo indiceindice PAG. 07 Pia Antonini quella di... PAG. 09 di Pia Antonini “Chi è Bruno MUNARI” PAG. 10 di A. M. Gianella “Fra le arti d'eccezione – Il pittore dei «coni“ PAG. 12 “Pittura Futurista”, “Macchina aerea del 1930” PAG. 17 “Alla ricerca delle poetiche di Munari” PAG. 20 “Tra umorismo e didattica: Macchina per suonare il piffero anche quando non si è in casa” PAG. 23 “Si, va bene! Ma dove trovo altre info su MUNARI?” “Come si fa a non amare Bruno Munari?“, ecco cosa mi chiedo mentre impagino questo umilissimo omaggio al maestro. Perché Munari? Perché se ne parla sempre troppo poco! Perché Munari era un “Disegnatore meccanico e innamorato della sua tecnica” proprio come me! Perché se ne parlo io con un giornalino on line… figuriamoci se non ci riesce qualche papavero della comunicazione. Perché il metodo Munari dovrebbe essere integrato ed insegnato nel nostro preistorico sistema scolastico! Perché Munari è sempre una fonte di grande ispirazione a prescindere dal modo con cui facciamo grafica: alla fine sempre di disegni si tratta! Perché sarebbe bellissimo se qualche Munari in erba si scoprisse tale attraverso lo studio dell’opera di quest’uomo gentile, instancabile, simpaticissimo e di straordinario gusto ed intelletto! Perché, al di la delle menate dei politici, l’Italia resta sempre una fucina di geni di ogni genere! Perché l’unico modo di colorare questo squallore quotidiano resta l’ironia e la giocosità del nulla! Il testo di “Chi è Bruno MUNARI” è la copia integrale del documento redatto dalla prof. Antonini e liberamente rilasciato in rete dal server del Liceo Artistico Statale Bruno Munari di Vittorio Veneto
  • 6. 66
  • 7. 77 Professore di ruolo di storia dell’arte, operatore didattico museale, formatore e ricercatore sul metodo Bruno Munari®, formatore in Epistemologia Operativa® vive a Milano dove è nata. Coniugata con Umberto Avanzi, è madre di due figli. Dopo aver conseguito a pieni voti la Laurea in Lettere moderne, indirizzo storico-artistico nel 1981, accanto allo stabile impegno come insegnante di storia dell'arte, che dal 1987 svolge come docente di ruolo presso l'Istituto Tecnico per il Turismo Artemisia Gentileschi, progetta e realizza sia percorsi di didattica riferita al visivo e alla storia dell'arte nell'ambito museale ed espositivo con particolare attenzione per il pubblico dei bambini e dei ragazzi, sia progetti di Laboratori creativi secondo il metodo Bruno Munari® rivolti a tutti coloro, persone e istituzioni scolastiche e museali, che si occupano di percorsi di crescita personale. Dal 1981, collabora con la sezione didattica della Pinacoteca di Brera di Milano; dal 1994 è attiva per il progetto rivolto alle Scuole Elementari "Alla scoperta di Brera", coordinato dalle funzionarie di Soprintendenza E. Daffra e P. Strada, pubblicato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali nel 1998.(P.Antonini, La pinacoteca: gli spazi e gli oggetti- Itinerario propedeutico, in AA.VV., Alla scoperta di Brera, 1998). Dal 2001, collabora con i Servizi educativi del Museo e del Territorio della Soprintendenza. E’ co-autrice del libro-gioco Brera - Caccia al tesoro - Alla scoperta dei gioielli nella Pinacoteca di Brera, Milano 2002. Dal 1981 al 1991, è stata Socio Promotore della Cooperativa "Chedire - Informazione mezzi e itinera" che ha organizzato, dal progetto alla realizzazione, per l'Assessorato alla cultura di Milano; attività didattiche in numerose Mostre promosse dal Comune. Dal 1988, avendo conseguito, a pieni voti, il Diploma di Perfezionamento in Storia dell'Arte Medioevale e Moderna presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore con la tesi "I laboratori per bambini ideati da Bruno Munari e i loro sviluppi", approfondisce i rapporti con l'artista-designer e i suoi collaboratori. Studiosa dell’opera dell’artista, ricercatrice e archivista della documentazione dei laboratori, diventa una diretta collaboratrice di Bruno Munari per il progetto il “Museo dei bambini” al Parco Trotter (1990). Nel 1988, Bruno Munari le chiede di condurre la tavola rotonda su "Giocare con l'Arte", organizzata dal Museo d'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato; cura la ricerca e la redazione del catalogo della Mostra itinerante "Giocare con l'arte - Dossier"; (Antonini P., Giocare con l'arte-dossier, Museo d'Arte Contemporanea L.Pecci, Prato 1988), scrive numerosi articoli sull'argomento; cura la ricerca e la stesura dei pannelli della mostra "I bambini conquistano Brera", Pinacoteca di Brera 1997; è relatore in numerosi convegni dedicati a Bruno Munari (Lisbona 1998, Faenza 1999, Trieste 1999); fondatrice con il Prof. Alberto Munari, Beba Restelli, Silvana Sperati del gruppo di fatto denominato MU-NARI che progetta il convegno: "Bruno Munari o l'arte di vivere tra scienza e arte" presso la Triennale di Milano, in collaborazione con la Regione Lombardia e l'Associazione Amici di Brera il 22 e il 23 ottobre 1999; è socio fondatore, dal maggio 2001, dell'Associazione Bruno Munari (ABM) attiva nella rifondazione e diffusione del metodo. Dal 1991, ha ideato con Beba Restelli, fondatrice dell'unico Laboratorio privato condotto con il metodo Munari a Milano, il progetto "Il Gioco dell'Arte". La proposta è frutto dell’incontro fra la metodologia di Bruno Munari e l’approccio didattico ai beni culturali avviato nei musei italiani. Nel Gioco dell’Arte l’esperienza del fare precede l’incontro con l’oggetto artistico e la sua storia. Richiesto dall'Associazione "Amici di Brera" nel 1997, è riproposto negli anni 1998/1999/2000/2001/2002 con grande successo di pubblico. Dal 1992 al 1996, cura un corso di aggiornamento per le Educatrici di Nido di zona 8 del Comune di Milano, su commissione della Dott.ssa Mimma Noziglia. Cura la pubblicazione dell'esperienza “Scoprire e conoscere la natura”, Bergamo, Edizioni Junior 1999. Dal gennaio 2001 al 2002, svolge, su commissione di Daniela Prina una corso di formazione rivolto alle Educatrici dell'Asilo Nido di Cusano Milanino sul tema della natura in relazione alla metodologia progettuale di Bruno Munari. Nel 2003, istituisce e conduce con l’Associazione Bruno Munari (ABM) il Master in metodologia Bruno Munari® concluso nel 2006 con l’attribuzione di 15 diplomi. Nel 2004, ha conseguito il Master in Epistemologia Operativa organizzato dal Centro Internazionale di Psicologia Culturale di Ginevra e diretto da Donata Fabbri e Alberto Munari. Dal 2005 conduce LEO, laboratori in Epistemologia Operativa. Nel 2006, ha ideato con Michela Dezzani per ABM il progetto “Fare dal nulla”, presso la galleria del Design e dell’Arredamento di Cantù (CLAC), progetto destinato a creare la sezione didattica del museo secondo il metodo Bruno Munari e a dialogare e coinvolgere le scuole e il pubblico del territorio. Nel 2006, costruisce con Michela Dezzani e Marco Gorieri il sito MUNLAB, sito dedicato ai laboratori Bruno Munari nelle scuole. Il sito, che mette in movimento intuizioni e giochi di Bruno Munari, sperimenta per la prima volta, con il linguaggio digitale, i principi del metodo. Dal 2006 insegna alla scuola BES di Milano.
  • 8. 88
  • 9. 99 … Mio padre aveva contatti con le più alte personalità della città, essendo stato cameriere al Gambrinus. Mia madre si dava delle arie ricamando ventagli.” C omincia così una piccola biografia di Bruno Munari da lui stesso scritta. Munari nasce a Milano nel 1907 e percorre, lontano da quel narcisismo e protagonismo che distingue chi ha successo, quasi un secolo di lavoro nel campo delle arti visive in un’incessante e costante ricerca sperimentale che influenza almeno cinque generazioni fra grafici, pittori, architetti, progettisti, insegnanti e pedagogisti. Passando da un campo all’altro, da un tema all’altro, egli inventa continuamente senza mai rifare. L’indagine, che lo caratterizza come anticipatore di molti fenomeni delle arti visive e lo rende oggi contemporaneo, consiste nell’attraversamento di tutti i mezzi di comunicazione. Egli non si immerge completamente in uno, si sposta da un mezzo all’altro, considerando che un mezzo non è più vero di un altro. (Vettese). Il suo agire simultaneamente e trasversalmente come pittore, designer, operatore visuale, libero pensatore, inventore di oggetti d’uso, scrittore, grafico, teorico, ideatore di laboratori per bambini ha impedito, tuttavia, e impedisce ancora, non solo di inserirlo in una categoria unica della storia dell’arte, ma anche di trovare specialisti in grado di riconoscere e valutare appieno la portata inventiva del suo lavoro. Ha ideato così tanto e per pubblici tanto differenti da non poter essere definito (Vettese). Anche se non approfondissimo la molteplice personalità e la sua notorietà che spazia dagli USA al Giappone, Murari rimane l’inventore di un modo di vivere e di lavorare: un modo di concepire la vita come lavoro e il lavoro come gioco, ma anche il gioco come la vera base d’ogni attività creativa, anche la più seria. Gioco significa comprendere l’aspetto metaforico delle cose e degli eventi, l’aspetto ironico presente anche nelle più severe e puntigliose progettazioni (Dorfles). Nell’operare di Bruno Munari è presente la piena consapevolezza che l’arte, attività creativa molto seria, si materializza solo quando tecnica e gioco sono in equilibrio di Pia Antonini “ Chi è Bruno MUNARI A ll’improvviso, senza che nessuno mi avesse avvertito, mi trovai completamente NUD O in piena città di Milano la mattina del 24 ottobre 1907...
  • 10. 1010 FRA LE ARTI D'ECCEZIONE - IL PITTORE DEI “CONI”
  • 11. 1111 Snapshot dell’articolo di A. M. Gianella, “Fra le arti d'eccezione – Il pittore dei «coni»” in “La Domenica del Corriere”, ottobre 1927, Milano, pag. 12 numero 42, anno XXIX, 16 tratto dal documento: “BRUNO MUNARI, FUTURISMO E OLTRE .... AVVENI- MENTI e SCRITTI 1926-1940”. La TAG? Niente di nuovo sotto al sole! Sembra una prerogativa dei writers, o graffitari, dei nostri giorni quella di firmarsi con una tag (etichetta, dall’inglese)... A tal proposito apprendo da Wikipedia che la tag “nella cultura hip hop è utilizzata al posto del nome e definisce non solo una data persona, ma anche il suo modo di fare o un lato caratteri- stico. La tag di un writer è essenziale ed identifi- ca l'artista in maniera inequivocabile e lo distin- gue dagli altri.”. In ogni caso il maestro, grande precursore dei tempi, aveva deciso di realizzare la sua tag per- sonale con l’acronimo Bum con un puntino sulla u che, come spiega Gianella nel suo articolo, “le tre lettere onomatopeiche non sono ... un colpo di artiglieria ma la firma di un nuovo artista che si definisce «pittore futurista»”.
  • 12. 1212 Munari con la macchina aerea del 1930 apre il ciclo delle macchine sensibili, strutture geometriche libere nell'aria a cui faranno seguito le macchine inutili. La macchina aerea del 1930, di cui vediamo il progetto (1) una foto dell’epoca (2) e un dettaglio (3) è distrutta durante un trasloco. Solo nel 1971 il maestro decide di riproporla (4) con dieci esemplari realizzati dalla Danese di Milano. La struttura era in legno e metallo, aveva un’altezza di 1,8 m e una larghezza approssimativa di circa 60 x 30 cm. Il movi- mento dell’installazione, una volta sospeso al soffitto tramite un cordino, era determinato dalle correnti d’aria del locale. Macchina aerea 1930 Pittura futurista Costruire (1928) L'ospedale delle macchine (1929) Nudo (1932) 1 2 3 4
  • 13. 1313 fra loro. Nel cercare la genesi delle parole, egli notava che la parola arte nell’antica Grecia è Tèkne, vale a dire il «come fare», anzi il come fare «bene» e in Giappone è Asobi che significa gioco disinteressato per il piacere del fare. Ricerca tecnica e gioco sono state le due condizioni affinché la sua arte si manifestasse in una quantità prodigiosa di progetti e realizzazioni. Un ironico e insuperabile profilo autobiografico che incuriosisce, seduce, affascina attirandoci con la forza di una calamita fu da lui preparato in occasione della mostra antologica tenuta a Palazzo Reale di Milano nel 1986. Ispirato ad una famosa poesia di Prèvert insegna come, sintetizzando in poche righe, si può scrivere, con leggerezza, un curriculum vitae costellato da una sterminata produzione. Il criterio cronologico s’intreccia a quello basato sulla massima varietà, il modo di comunicare, che inizia con la frase «Quello di …», è flessibile e allungabile. Al bisogno, possono essere citate alcune opere al posto di altre. Con l’augurio che un serio studio basato su fonti e confronti, svolto all’interno di una condivisione di diverse competenze faccia emergere la complessità di quest’importante artista del Novecento, riportiamo per la biografia di Bruno Munari l’autopresentazione del 1986, trascritta a lettere maiuscole affiancata da notizie storico artistiche sulla sua opera. Tale apporto, che è da considerarsi in progress, quindi modificabile, suggerisce un primo processo di contestualizzazione, alla luce delle informazioni più note, delle tappe principali del suo lavoro. BRUNO MUNARI QUEL NATO A MILANO NEL 1907 QUEL DELLE MACCHINE INUTILI DEL 1930 Bruno Murari si stabilisce a Milano nel 1926, dopo aver trascorso gli anni della giovinezza a Badia Polesine nella campagna veneta vicino all’Adige. Entra in contatto con il mondo dell’arte, frequenta il gruppo dei Futuristi, conosce Marinetti, Prampolini e in modo particolare l’ambito dell’Aeropittura. Gli sono congeniali le ricerche di Balla e quanto già espresso nel Manifesto della Ricostruzione futurista dell’universo (1915) da Balla e Depero, per la trasgressione dei generi artistici tradizionali, per l’appello ad impiegare più livelli sensoriali, per l’impiego di materiali poveri, effimeri anche trasparenti, per l’affinità con la sperimentazione del polimaterico al fine di adottare un linguaggio non più naturalistico e imitativo, ma analogico e astratto, per l’interesse al cinetismo e allo sviluppo creativo dei bambini mediante l’utilizzo di nuovi giocattoli. Dal 1927 alla metà degli anni ’30, partecipa con i suoi dipinti alle più importanti mostre dei Futuristi della «seconda generazione». Egli classifica le sue opere in quattro principali categorie: pittura, polimaterici, plastica, polimaterici pubblicitari. Espone alla Galleria Pesaro di Milano (1929,1931), alle Biennali di Venezia (1930-1934) alle Triennali di Milano (1933-1939) alla I e II Quadriennale di Roma (1931, 1935) e a Parigi alla Galleria 35 (1929,1930) e alla mostra Prampolini et les aeropeintres futuristes italiens (1932). Nel 1927, assieme al giovane Aligi Sassu, stila il manifesto Dinamismo e pittura muscolare; nel 1930 firma la Dichiarazione della poetica del gruppo futurista milanese (con Andreoni, Duse, Gambini, Bot) e nel 1934 il Manifesto tecnico dell’aeroplastica futurista (con Manzoni, Furlan,Ricas, Regina). E’ del 1930 l’antesignana delle famosissime Macchine inutili, che esporrà nella prima mostra personale presso la Galleria delle Tre Arti a Milano, una Macchina aerea , oggi ricostruita su fotografie dell’originale perduto. L’opera è formata da una struttura costituita da barre bianche alle cui estremità erano collocate sfere rosse. Appesa ad un filo, la macchina si muoveva con l’aria nel vuoto e proiettava ombre continuamente diverse, provocando un piacere estetico sempre nuovo. L’ambiente artistico che frequenta Munari è spiazzato a tal punto che nessuna galleria d’arte la vuole esporre perché non è classificabile, non è pittura e non è scultura. E’ del 1931 la Tavola tattile (cm: 100 X cm. 8), da leggere come omaggio al Manifesto redatto da F.T. Marinetti «Il Tattilismo» nel 1921 e da mettere in relazione con le ricerche poetiche di Prampolini sulla materia degli stessi anni. Accanto alla vivace attività artistica, Munari lavora come grafico pubblicitario e, dal 1930 al 1937, si associa con Riccardo Ricas, formando lo studio R+M , collabora a numerose riviste d’epoca, lavora come illustratore presso importanti studi di pubblicità (Carlo Cosio, Boggeri), progetta lavori pubblicitari per la Campari, illustra libri futuristi tra cui, nel 1937, Il poema del vestito di latte di F.T. Marinetti; collabora nella rivista di estetica e tecnica grafica Campo Grafico (1933-1935). Alla fine degli Anni Trenta, si avvicina agli artisti che gravitano attorno alla galleria del Milione di Milano (via Brera, direttore Edoardo Persico), propugnatrice dell’arte astratta: Munari non riesce, però, a condividere il loro dogmatismo. QUELLO DEI NUOVI LIBRI PER BAMBINI DEL 1945, RISTAMPATI ANCORA OGGI IN VARIE LINGUE Dal 1939 al 1945, lavora come grafico per Mondadori ed è art director del quotidiano Il Tempo. Nel 1942, mentre è al servizio di una batteria antiaerea nei pressi di Milano, da Einuadi esce il fortunato libro Le macchine di Munari e nel 1944, da Domus, Munari pubblica le Fotocronache. Appena finita la guerra, una serie di libri innovativi per bambini trovano ispirazione nella nascita del figlio Alberto avuto dalla moglie Dilma nel 1940. Pubblicati da Mondadori verranno ristampati in varie lingue tra cui il persiano. Sono storie che si dipanano in modo circolare e non diacronico, i personaggi sono caratterizzati cromaticamente e non psicologicamente per permettere al bambino di interagire, divertendosi… QUELLO DELL’ORA X (QUELLO DEI MULTIPLI) 1945 Dal 1945, Munari si mette in proprio.
  • 14. 1414 In alto, l’abecedario di Munari “ABC con fantasia” edito da Corraini; in basso, studio per negativo positivo, 1950
  • 15. 1515 Realizza la prima opera cinetica Ora X (prodotta in multipli nel 1963) in cui le tre lancette di una sveglia, costituite da semidischi di grandezza diversa e realizzati con materiale trasparente nei tre colori primari, ruotano, si sovrappongono e creano così forme e colori diversi. Tra il 1947e il ‘48 realizza la serie Concavo-Convesso, oggetti tridimensionali in rete metallica che presentano analogie con gli studi di Max Bill sulle forme geometriche non euclidee, sospesi e sensibili agli spostamenti d’aria sono illuminati da una luce puntiforme fissa che proietta sulla parete ombre sempre nuove. QUELLO DELLE SCRITTURE ILLEGGIBILI DI POPOLI SCONOSCIUTI 1947 Nel 1948, insieme con Gillo Dorfles, Gianni Monnet e Atanasio Soldati fonda il Movimento Arte Concreta, MAC. Ne assume la presidenza nel 1953. La visione interdisciplinare delle arti, la ricerca di un nuovo internazionalismo estetico basato sulla purezza della forma, la rivendicazione dell’arte «progettuale» ed essenziale, non «per tutti», ma «di tutti», l’approccio matematico all’arte caratterizzano il movimento. Munari cura la grafica dei Bollettini del MAC scegliendo la forma quadrata. Interamente suoi sono i Bollettini 5 e 10 e realizza progetti legati all’idea trasgressiva di oggetto-libro. QUELLO DEI LIBRI ILLEGGIBILI DEL 1949 Nascono i Libri illeggibili, libri senza parole e con le pagine fatte di materiali diversi in modo da comunicare con il tatto. QUELLO DELLE PITTURE NEGATIVO- POSITIVO DEL 1950 Sulla scia del diffondersi delle teorie gestaltiche, indaga sui problemi della percezione dinamica di forme, che vivono in un particolare equilibrio tali da non prevaricare le une sulle altre, con opere come Positivi Negativi nelle quali lo spettatore partecipa attivamente alla costruzione dell’opera giocando sull’ambiguità fra pieno e vuoto, tra figura e sfondo. Non dipinge più con continuità. Riceve dall’industria le prime richieste per produrre oggetti in serie (1951-1957): Portacenere cubico; secchiello portaghiaccio; occhiali paraluce in cartoncino (1954). La sua ricerca è accompagnata dalla coerenza sia al principio della massima semplicità, sia al principio della sperimentazione dei materiali e dei codici. Egli mira a costruire altri codici accanto a quelli già esistenti, indicando ulteriori e impensate possibilità. I suoi oggetti sono nitidissimi, basati sull’opposizione verticale/orizzontale, costruiti con la materia più adatta, in modo che il prodotto alla fine appaia un oggetto naturale. Nel 1949 crea per Pigomma, divisione della Pirelli, il gatto Romeo e, nel 1953, la Scimmietta Zizì, due piccoli giocattoli di gommapiuma, armati di filo di rame ripiegato, cui il bambino poteva cambiare posizione, antesignani dei giocattoli interattivi. Il suo impegno nel design diventa l'attività che svolge con maggiore continuità e, dal 1957, inizia la sua collaborazione con Danese. QUELLO DELLE ARITMIE MECCANICHE DEL 1951 Riprende lavori degli anni Trenta sul funzionamento ritmico e aritmico delle macchine realizzando la serie delle Aritmie meccaniche. QUELLO DELLE PROIEZIONI A LUCE POLARIZZATA DEL 1952 Conduce ricerche su nuove tecniche di comunicazione visiva sia sulla luce polarizzata, per la quale occorre un pezzo di cellophane tra due vetrini polarizzati che fanno da filtro e un proiettore, sia sulla luce diretta con l’introduzione di materiali all’interno di diapositiva, sia sulla scomposizione della luce. Con questi mezzi realizza nel 1963 film di ricerca fra i quali I colori della luce, della durata di cinque minuti, regia di Bruno Munari e Marcello Piccardo. Si tratta di una sperimentazione incentrata sui colori puri che si ottengono dalla luce scomponendola mediante il prisma e i filtri Polaroid; in questo modo allestisce la sua sala personale alla Biennale di Venezia nel 1966. QUELLO DELLE FONTANE E DEI GIOCHI D’ACQUA DEL 1954 QUELLO DELLE RICOSTRUZIONI TEORICHE DI OGGETTI IMMAGINARI IN BASE A FRAMMENTI DI RESIDUI DI ORIGINE INCERTE E DI USO IGNOTO DEL 1958 Riprendendo la lezione di Arp e «la regola del caso», Munari descrive come, dopo aver fatto cadere dei pezzetti di carta di un foglio, li si possa spostare e collegare osservandone la struttura interna. Le ricostruzioni mettono in evidenza l’aleatorietà dell’interpretazione, costruita su una norma inventata ma rigorosa. QUELLO DELLE SCULTURE DA VIAGGIO DEL 1958 QUELLO DEL DESIGN QUELLO DEI FOSSILI DEL DUEMILA DEL 1959 QUELLO DELLE STRUTTURE CONTINUE DEL 1961 Nel 1962, Munari organizza una celebre mostra tra Milano e New York nel negozio Olivetti di Milano dal titolo Arte Programmata, denominazione inventata, a detta di Dorfles, dallo stesso Munari. Il pieghevole della mostra reca un testo di Umberto Eco che vede nella nuova corrente artistica un’ottima incarnazione di quell’«opera aperta» alle interpretazioni del pubblico. L’opera non ha un significato già dato e conchiuso ma consente una forte interazione con il pubblico. In questo ambito Munari sostiene che chiunque può produrre qualche cosa che abbia un valore estetico e afferma, anticipando l’esperienza dei laboratori didattici del 1977, che un individuo creativo è un individuo più libero, perché l’estetica vince la miseria. L’arte, dunque, è stimolatrice del pensiero e della convivenza collettiva. (Vettese) QUELLO DELLE XEROGRAFIE ORIGINALI DEL 1964 Ottenute spostando un’immagine da fotocopiare mentre avviene l’impressione, le immagini risultano uniche, a basso costo e alla portata di tutti. Sono realizzate per avvicinare il grande pubblico all’arte e possono essere realizzate da tutti. Scrive testi quali Arte come mestiere (1966), Design e comunicazione visiva (1968) realizzato in seguito al corso tenuto all’Università di Harward nel 1967, Artista e designer (1971) fornendo un apporto teorico alla chiarificazione della figura del designer.
  • 16. 1616 QUELLO DEGLI ANTENATI DEL 1966 QUELLO DELLA FLEXY DEL 1968 QUELLO DELLA GRAFICA EDITORIALE EINAUDI Cura l’immagine coordinata della casa editrice Einaudi e con il team di lavoro costituito da Bollati, Calvino, Cerati, Einaudi, Fossati e Molina nascono le collane Piccola Biblioteca Einaudi (1965), Centopagine(1971) e Nuovo Politecnico (1965). La più famosa e quella del quadrato rosso in campo bianco: collana Nuovo Politecnico. QUELLO DELL’ABITACOLO DEL 1971 QUELLO DEI GIOCHI DIDATTICI DELLA DANESE QUELLO DEI MESSAGGI TATTILI PER NON VEDENTI DEL 1976 QUELLO DEI BONSAI QUELLO DEI LABORATORI PER BAMBINI AL MUSEO DEL 1977 E DI TUTTI GLI ALTRI LABORATORI IN ALTRI PAESI QUELLO DELLE ROSE NELL’INSALATA QUELLO DELLA LAMPADA DI MAGLIA QUELLO DELL’OLIO SU TELA DEL 1980 QUELLO DEL CORSO DI DESIGN ALLA HARWARD UNIVERSITY USA DEL 1967 QUELLO PREMIATO COL COMPASSO D’ORO CON UNA MENZIONE ONOREVOLE DELL’ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI NEW YORK QUELLO PREMIATO DALLA JAPAN DESIGN FOUNDATION PER L’INTENSO VALORE UMANO DEL SUO DESIGN QUELLO DEL PREMIO ANDERSEN PER IL MIGLIOR AUTORE PER L’INFANZIA Nel 1990, realizza le sculture denominate Alta tensione costituite da rami di alberi che stanno insieme senza toccarsi appoggiandosi ai fili sotto tensione: i fili sono bianchi, niente interventi di colore. Esposti nel 1991 alla galleria Sincron di Brescia e alla galleria Vismara di Milano. Nel 1991, progetta per la Robots, ditta che ha in produzione l’Abitacolo e la Divanetta, Shinfù Kusè, un divisore a forma di paravento a tre antine snodabili che serve come attaccapanni e «deposito di ricordi». Nel 1993 esplora l’ideogramma millenario giapponese «albero» e nascono così gli Ideogrammi materici. Nel 1997, realizza per la Swatch uno dei suoi ultimi progetti, l’orologio Tempo Libero. Bruno Munari muore il 30 settembre 1998. In alto da sinistra suggeritore nudo (1929); Tipografia, articolo illustrato e scritto da Munari per la rivista La Lettura n.5 maggio 1937; bozzetto L’ufficio moderno, la pubblicità, 1930; le copertine di Munari per le collane di Einaudi
  • 17. 1717 C redo che un approccio corretto all’analisi di un personaggio tanto complesso e multimediale deve necessariamente prescindere dalla ricerca di una poetica compositiva fondamentale, unitaria: sarebbe un errore macroscopico cercare questa portante in Munari, dal momento che la sua formatività è stata generosamente riversata in discipline molto diverse fra di loro e che il suo percorso professionale è stato costantemente condizionato dalla curiosità per tutto ciò che era innovazione tecnologica e tormentato da una sete d’arte che è finita solo con la sua scomparsa. Sicuramente il punto di partenza di questo percorso è stato il futurismo, ma il futurismo di Munari era sentitamente e rigorosamente tale? L’adesione di Munari al Movimento Futurista non è piuttosto ludica che sentitamente ideologica! Il futurismo “munariano” infatti sembra essere più una via di mezzo tra una palestra e un laboratorio, quasi un luogo dell’anima in cui le cognizioni di disegno meccanico, apprese per lavoro, si fondono con quelle del disegno artistico e della pittura, appresi per puro diletto, e in cui giocare con geometrie, caratteri, colori alla ricerca di uno stile nuovo, unico e personale. C’è poi da chiedersi con quale Munari si stia avendo a che fare mentre si osserva la sua “Macchina Aerea”, del 1930, o le Macchine Inutili realizzate successivamente con lo stesso sentire... Le parole sono importanti: quando un artista utilizza un aggettivo come “Inutili”, riferendolo alla parola “Macchine”, si può ancora definire “Futurista”? Sicuramente è un momento di rottura col futurismo e potrebbe apparire addirittura un gesto dadaistico (la giocosità del NULLA) se non fosse sorretto da un forte messaggio costruttivo: «Ma più che altro io penso che quello da considerare sia il passaggio di una forma, che ha delle dimensioni, attraverso una metamorfosi, come fluida, per diventare un’altra, allora non si ha più una forma definita ma un momento di passaggio da una forma ad un’altra, e questo è soltanto riconoscibile attraverso il movimento». (*) Una dichiarazione questa che potrebbe apparire per un momento quasi come la poetica stessa di Munari, sempre a patto che egli fosse stato un artista “normale”. Tracce di questa sua visione di arte in movimento sono riscontrabili, in un modo o in un Alla ricerca delle poetiche di Munari Un artista “normale” ha una sua poetica specifica, al massimo due… In Bruno Munari no! È inutile cercare in Munari un denominatore comune capace di risolvervi la vostra ricerca di storia dell’arte in dieci minuti, magari da Wikipedia! Se siete alle prese col maestro vi tocca rimboccarvi le maniche e sudare le famose 7 camicie: avrete a che fare con una galassia di materiale, perché questa è la produzione di Munari. La sua anima ha narrato in forme molto diverse fatti, materie, tempi e uomini e questo impiegando LINGUAGGI sicuramente NON CONVENZIONALI...
  • 18. 1818 altro, nella quasi totalità della sua produzione anche se ogni suo lavoro è realmente un capitolo a sé stante. Una sicura invariante compositiva, che accomuna tutti i lavori di Munari, è l’attenta e minuziosa analisi morfologica e temporale di ciascun oggetto rappresentato: gli elementi delle sue composizioni vengono inquadrati nel momento della loro transizione, da una forma all’altra, conservando in qualche modo nel movimento la loro fisicità. Nel giovane Munari la sua ricerca artistica, anche se appena cominciata, è già pregna della modernità del suo tempo. Munari comincia a raccontare il suo tempo con ironia e leggerezza attraverso opere che si rivelano una sintesi raffinatissima di arte e conoscenza tecnologica, come l’installazione Concavo-convesso del 1947. Su questa direzione, nel 1948, fonda il Movimento Arte Concreta insieme ad altre tre anime belle di quel periodo: Gillo Dorfles, Gianni Monnet e Atanasio Soldati. Il MAC rappresenta il trionfo del concetto di multimedialità per Munari: il Movimento rispondeva alle istanze dell’astrattismo italiano proponendo nuovi strumenti di comunicazione da affiancare alla pittura tradizionale ed era in grado di dimostrare al mondo dell’arte, e a quello dell’imprenditoria, che una fusione tra arte e tecnica era realmente praticabile. Negli anni ‘50 nel nostro Paese si attua una vera, profonda, radicale rivoluzione: si trasforma l’economia, cambia la società e, di conseguenza, i comportamenti e i modelli di vita degli italiani; Milano è il lŏcus ove tutto ciò si realizza prima che altrove e, proprio qui, Munari incarna la figura dell’Art Director, che diventa sempre di più supporto vitale per il commercio e l’industria. Sempre a Milano, nel 1950, inventa la pittura proiettata impiegando composizioni astratte custodite tra i vetrini da diapositiva mentre nel 1952 scompone la luce avvalendosi di un filtro Polaroid e realizza così la pittura polarizzata. Sempre nello stesso anno, Munari scrive il Manifesto del macchinismo, un testo pieno d’ironia in cui l’uomo si prende cura delle macchine, quasi fossero animali domestici, fino a diventarne del tutto schiavo. In questa suggestiva visione Munari vede gli artisti come i salvatori del genere umano che, dopo aver rinunziato al loro ruolo da protagonisti e abbandonati tela, colori e scalpello, cominciano a lavorare collettivamente realizzando opere d’arte attraverso progetti ben definiti, “distraendo” le macchine dal loro lavoro razionale e facendole diventare così "inutili". Da queste idee nasce un movimento artistico che trova la sua ufficializzazione in un’esposizione, tenutasi nel 1962 presso la sede Olivetti di Milano, in cui viene proposta la rassegna "Arte programmata". È proprio per quest’occasione che Bruno Munari, insieme a Giorgio Soavi, conia il termine che darà il nome al movimento. L’Arte programmata trova fondamento in quella corrente artistica nata negli anni ’20 del Novecento, chiamata Arte cinetica, che teorizzava l’introduzione di particolari di un’installazione artistica dotati di movimento o che riuscissero ad esprimerlo, pur nella loro assoluta staticità, attraverso effetti visivi e/ o deformazioni plastiche. Contaminazioni di arte cinematica le troviamo anche nel Futurismo: penso inevitabilmente ad Umberto Boccioni e alla sua scultura “Forme uniche della continuità nello spazio”, una vera icona del movimento futurista esposta al MoMA di New York. Ecco perché resto convinto che, se da un verso, Munari abbia in parte scherzosamente contestato il futurismo proprio perché era una corrente artistica troppo legata al mondo delle macchine, dall’altro abbia mutuato da esso la concezione della tecnica e del dinamismo. Il lettore non dimentichi che la propagazione di quest’ultimo concetto, celebrazione artistica inconscia del Relativismo di Einstein, si tramutò in una serie di felici realizzazioni artistiche. Condusse Munari all’Arte programmata. Favorì lo sviluppo dell’Optical Art, approfondendo l'esame dell'illusione ottica bidimensionale, con i primi esperimenti cinetici realizzati dagli artisti Richard Anuszkiewicz, Bridget Riley, Julio Le Parc e Victor Vasarely, nei cui lavori l'artificio ottico è sagacemente studiato in ogni minimo dettaglio. Guidò Jean Tinguely alle sculture cinetiche, Alexander Calder alle installazioni mobili, Gianni Colombo alle prospettive mobili Getulio Alviani alle "superfici a testura vibratile" e l’elenco potrebbe continuare. Denominatore comune di tutte queste manifestazioni artistiche è il rapporto attivo che si innesca fra spettatore e opera d’arte: essa diventa in qualche modo “viva”, cangiante, capace di modificarsi autonomamente o al variare del punto di vista di chi la osserva. Munari e la scrittura Se la smaterializzazione dell’oggetto artistico è stato il tema dominate della produzione visuale del maestro, molto concreta invece sembra essere la sua scrittura. Nella scrittura di Munari convivono talvolta simultaneamente almeno tre anime: quella dello scrittore, quella dell’illustratore e quella del grafico editoriale; la coscienza derivante dalla fusione di questi distinti
  • 19. 1919 punti di vista suggerisce, per pratica intellettuale e professionale, la definizione stessa di libro: «è un oggetto che delimita un blocco di spazio. Per attraversare questo spazio occorre sfogliare le pagine dalla prima, che sta dietro la copertina, fino all'ultima. Ci si mette un certo tempo ed è come una passeggiata nella neve. Per entrare in questo spazio bisogna aprire la copertina, che è come una porta che permette l'attraversamento del libro.». (*) Se il libro è un blocco di spazio significante, al contenuto significato ci pensa Munari seguendo, di volta in volta, un filone poetico specifico: quello dei libri per ragazzi, quello dei libri illeggibili, quello della saggistica artistica, quello della manualistica dedicata alla prima infanzia, quello della grafica editoriale, ecc. Munari ha scritto 130 libri: 130 piccole deliziose opere d’arte di cui ha curato dettagliatamente scrittura e contenuto visuale estendendo il concetto di multimedialità ad un oggetto universalizzato e storicizzato qual è il libro. Più segnatamente l’idea di Munari per questo eccezionale ed insostituibile contenitore di messaggi è che esso deve poter comunicare: «per forme e colori, per sequenze, per materie (alcune pagine semitrasparenti possono dare l'idea della nebbia, oppure pagine lisce e pagine ruvide, oppure molli e rigide...). È un libro di comunicazione plurisensoriale, oltre che visiva.». (*)       1, disegno di macchina inutile, 1937 pubblicata su Arte come mestiere, Laterza. 2, disegno per macchina inutile realizzata in le- gno dipinto, 1939 pubblicato sul volume di A. Tanchis Bruno Munari, Idea Books, p.37. 3, macchina inutile 1945– 1995, particolare. 4, schema progettuale con misure della macchina inutile del 1937 pubblicato sul libro Arte come mestiere, Laterza. 5, macchina inutile, 1934 collezione Galleria d'arte moderna, Roma. 6, macchina inutile 1934 ottenuta da una zucca
  • 20. 2020 Tra umorismo e didattica: Macchina per suo Nello specchio opportunamente inclinato (1), la gatta ne- ra (tinta) (2) vede il topolino azzurro Mattia che abita nel- la gabbia (3). Ora, siccome nessuno ha mai spiegato ai gatti che cosa sono gli specchi, è naturale che la nostra gatta rinculi un po' per paura del topo, un po' perché dati i momenti, con quello che costa oggi la frutta fresca.... Il Mattia viene quindi ad avere a portata di naso la fune (4) astutamente inzuppata di sugo di parmigiano stravec- chio: il «nostro» non si lascia sfuggire l'occasione e, male- detto!, rosicchia rosicchia. La fune si rompe e lascia cade- re il ferro da stiro a carbonella (5) profumato alla violetta e incartato nella cellofan. Il peso del ferro tira l'altra funi- cella che apre la valvola (6). Dalla bombola (7) esce, attra- verso il tubo (8), un getto di aria non più compressa, pe- netra nel piffero (9) e si trasforma in suono. Sul pifferetto c'è un giovane anatroccolo provinciale (10) con le ali lega- te da un nastro di seta naturale, e siccome l'aria che esce dal piffero è caldissima, il giovane anatroccolo è costretto a saltellare da un buco all'altro improvvisando una piace- vole melodia. Note a) Dopo le parole “frutta fresca” avrete certamente notato quattro puntini. Bene, devo darvi una spiega- zione: i primi tre sono puntini di sospensione, il quarto è un punto fermo, Si, caro. b) La nostra ditta ha provato, per accontentare Alcuni Suoi Rispettabilissimi Clienti, che desideravano ridurre il prezzo di Costo della nostra Macchina, a legare le ali dell’anatroccolo con nastri di seta arti- ficiale; ma, siccome si sono poi avute delle Lagnanze da parte dei Primi Compratori di questa nostra macchina, ha deciso alla presenza di un vecchissimo notaio ( dedito alle noccioline americane) di usare materiali di prima scelta e ciò per il buon funzionamento dei nostri apparecchi. c) Il ferro da stiro può anche non essere profumato alla violetta. d) l topolini azzurri derivano da un incrocio di topi con pappagalli. Per strapparvi ancora un sorriso, vi proponiamo questa splendida e divertente macchina inutile tratta da “Le macchine di Munari”, un libro per l’infanzia di Bruno Munari pubblicato per la prima volta da Einaudi nel 1942 e successivamente da Corraini Edizioni, che lo rende tuttora disponibile sul mercato per i sempre tantissimi “fan” del maestro. Corraini ricorda che “in questo libro Munari descrive, con grande serietà e dovizia di particolari, macchine... utili o inutili, sicuramente inconsuete: macchina per addomesticare i cani, misuratore automatico del tempo di cottura per uova sode, agitatore di code per cani pigri…”
  • 21. 2121 onare il piffero anche quando non si è in casa
  • 22. 2222 Ancora due immagini da “Le macchine di Munari” nell’edizione di Corraini Edizioni tratte dal sito dell’editore
  • 23. 2323 Sul Pianeta Munari il web offre oltre 575.000 pagine e un numero sterminato di immagini. Se siete alla ricerca di informazioni vali- de sul maestro vi consigliamo di dare un’occhiata ai links che se- guono e che rappresentano i riferimenti ufficiali da cui far partire il vostro percorso di approfondimento:  Associazione Bruno Munari  Bruno Munari / Mostre - Museo dell'Ara Pacis  Collezione Bruno Munari - Cantù  MunArt
  • 24. 2424