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Dalmedioplatonismoalneoplatonismo
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 1
Peculiarità del platonismo
• Una tradizione di pensiero è sempre un insieme di diverse e
variegate interpretazioni di un nucleo originario talora non ben
definito ne fissato nei suoi contorni
– Le modificazioni possono essere di natura e intensità tali da consentire
salti di qualità.
• Platonismo è quella filosofia che, pur nella maggiore o minore
differenziazione teorica, considera Platone punto di riferimento
obbligato e univoco: è ciò che costituisce la “tradizione”.
– Sotto di esso potrebbe essere collocato anche il neoplatonismo, nonché
tutta una serie di altri movimenti di pensiero, quali il platonismo cristiano dei
Padri e tutte le forme di platonismo moderne e contemporanee
• Ciò che caratterizza teoricamente il platonismo è il postulato
secondo cui le Idee sono Principi, ovvero il principio o la realtà di ogni
cosa non è altro che la sua idea i)de/a o ei)=doj), cioè la sua pura
intelligibilità, e nessun altro Principio esiste al di là dell'Idea (anche il
Bene è Idea, cioè ou)si/a nel senso pieno del termine).
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 2
Medioplatonismo: generalità
• Il medioplatonismo è un rinnovamento sui generis del platonismo classico,
mediato da elementi aristotelici e soprattutto neopitagorici. La tradizione
platonica si mantiene sostanzialmente omogenea e coerente con i presupposti
teoretici di fondo che l'avevano caratterizzata sin dalle origini:
– Idee di trascendenza degli intelligibili (o idee)
– Pluralità dei principi
– Identificazione o coincidenza tra intelligibile ed essenza
– Corrispondenza/affinità tra idee e numeri (matematizzazione della realtà metafisica)
• La "riduzione", in termini platonici, della dottrina dell'intelletto divino che aveva
caratterizzato la speculazione metafisica aristotelica, ha avuto come
conseguenza la identificazione del cosmo intelligibile platonico con il
pensiero assoluto o pensiero di pensiero aristotelico
• Cio ha aperto per la speculazione dei platonici la possibilità innanzitutto di
stabilire un rapporto gerarchico tra i Primi Principi, e quindi di superare la
pluralità di questi ultimi in un unico Principio, isolato ed assolutamente
trascendente.
• Il termine medioplatonismo – e conseguentemente i medioplatonici – si è
imposto nel XX secolo, al fine di indicare i Platonici compresi tra Antioco e
Plotino: esso indica un movimento di pensiero consapevolmente ancorato alle
dottrine di Platone, che si estende cronologicamente tra la metà del I sec. a.C.
(Antioco) e i primi decenni del III sec. d.C. (poco prima della speculazione
plotiniana).
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 3
Medioplatonismo: distanza con il neoplatonismo
• Oggi non si esita a considerare il medioplatonismo come la fase iniziale
del neoplatonismo, malgrado spetti a Plotino il merito di avere dato
sistemazione alle anticipazioni neoplatoniche, causando quella “rottura
teoretica nella tradizione neoplatonica” che attua il passaggio da ciò
che può essere definito medioplatonismo a ciò che può essere definito
neoplatonismo.
• Sotto il profilo più squisitamente teorico, la distanza tra
medioplatonismo e platonismo, per cui il primo prepara la rottura
neoplatonica, risiede soprattutto nella teoria – di derivazione aristotelica
– secondo la quale il mondo delle Idee altro non è che il mondo dei
Pensieri dell'Intelletto divino.

Il medioplatonismo rappresenta il momento in cui le Idee platoniche
diventano gli Intelligibili: la teoria che vuole le Idee quali forme
immanenti all'Intelletto divino diviene patrimonio comune sia delle
Scuole neoplatoniche pagane, sia di quel Platonismo medievale
prodotto della tradizione diretta, ossia medioplatonizzante, di Platone
tramite l'influenza del Timeo attraverso Calcidio e Agostino.
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 4
Nuclei teoretici comuni a medioplatonismo e neoplatonismo (I)
I maggiori elementi teorici di origine platonico/medioplatonica che hanno
influenzato il neoplatonismo sono:
• Relazione tra archetipo ed immagine:
– Nel Fedone, prima, e nel Timeo tutta la dottrina platonica del rapporto tra
mondo sensibile e mondo delle Idee, con la teoria, da essa derivata, della
creazione del mondo da parte del demiurgo divino, si basa sostanzialmente
sulla distinzione tra modello e imitazione, ovverosia sulla esistenza di
una relazione necessaria tra l'essere per sé e l'essere per
partecipazione.
– Le Idee sono altrettanti modelli eterni, rappresentando ciascuna una
qualità assoluta e diversa da tutte le altre, della molteplicità infinita degli
enti che esistono solo per partecipazione e imitazione di quei modelli o
forme che ne costituiscono i principi o fondamenti per la loro stessa realtà
ontologica e oggettività gnoseologica.

I neoplatonici si attaccheranno al principio secondo il quale ogni ente è
in quanto ha ricevuto, per imitazione o partecipazione, il suo essere da
una causa a lui distinta e superiore, che tale essere possiede
immanente e nella sua pienezza.
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 5
Nuclei teoretici comuni a medioplatonismo e neoplatonismo (II)
• Tripartizione ontologica
– L’essere viene distinto in intelligibile, sensibile ed intermedio.
– L'essere intelligibile è naturalmente l'essere dei modelli o delle forme
trascendenti.
– L'essere sensibile è quello che appartiene agli enti che imitano gli
intelligibili.
– L'essere intermedio è, infine, quello che appartiene agli enti matematici,
che costituiscono una sfera ontologica il cui essere non è né intelligibile né
sensibile e quindi mediano tra i due.
• Trascendenza dell’intelligibile
– Le forme intelligibili, in quanto modelli ideali di tutto ciò che esiste nel
mondo sensibile, trascendono ciò di cui sono forme.
– La nozione di trascendenza assume vari significati nel platonismo: anzitutto
quello di separatezza – xwrismo/j: se la forma è trascendente rispetto ciò di
cui è forma, essa è separata e non unita a ciò di cui è forma
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 6
Nuclei teoretici comuni a medioplatonismo e neoplatonismo (III)
• Impartecipazione
– Il principio di “trascendenza dell'intelligibile” assume anche un altro
significato, oltre a quello della "separatezza" rispetto al corporeo, e cioè il
significato di "non-partecipazione".
– Qualsiasi principio trascendente, anche quando viene partecipato e si
trova immanente nel suo partecipante, conserva sempre una condizione
di "impartecipato", nel senso che il partecipato presuppone
necessariamente l'impartecipato, così come il partecipante presuppone
necessariamente il partecipato.
– La nozione non è originariamente platonica, nel senso di tale formulazione,
ma i neoplatonici ricavarono dal Parmenide e dal Sofista tutta una
complessa teoria dei tre livelli dell'essere in ordine alla partecipazione,
in cui il termine "impartecipato" gioca un ruolo primario al di sopra degli altri
due termini "partecipato" e "partecipante“

Il neoplatonismo ha trasformato una nozione tipicamente platonica
come quella della partecipazione in qualcosa che postula la dipendenza
della stessa partecipazione dal suo esatto contrario.
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 7
Nuclei teoretici comuni a medioplatonismo e neoplatonismo (IV)
• Uno-Bene
– È di un elemento teorico che in Platone ha assunto una valenza metafisica
importante ma non strutturale
– La teoria dell'Uno-Bene può essere schematizzata nei seguenti termini: l'idea
costituisce, nel suo significato primario, secondo Platone, il fondamento "unitario" di
una data molteplicità, rappresenta cioè l'unità della (o nella) molteplicità
– La molteplicità, tuttavia, non è proprietà solo della realtà sensibile, bensì anche di
quella intelligibile
– occorre allora, pensa Platone, trovare un'idea delle idee che costituisca il
fondamento unitario della loro molteplicità; tale fondamento è l'idea di Bene, la
quale viene definita dallo stesso Platone come il "principio di ogni conoscenza ed
essenza”, collocato, per dignità e potenza “al di sopra dell’essenza” (1)
– Il Bene dunque, è la parte più elevata dell’Essere e quindi delle idee che sono
appunto l'essere in sé e per sé.

I neoplatonici daranno molta rilevanza a tale nozione platonica di Bene e al suo
carattere di unità e superessenzialità: Plotino per primo chiamerà "Uno-Bene"
il Primo Principio.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 8
Medioplatonismo: Attico
• Fra i testi dei medioplatonici è particolarmente notevole un frammento di Attico,
dal quale appare come lo sforzo di sistemazione fosse ormai pervenuto nel II
sec. d.C. a risultati sufficientemente stabili:
«il complesso della filosofia si divide dunque in tre parti, nel campo che si
denomina etico, in quello fisico e in quello logico. Il primo fa di ognuno di noi un
uomo perfettamente buono, dirige al miglior fine le famiglie intere e inoltre
regola anche tutto il popolo con la costituzione più eccellente e con le leggi più
accurate; il secondo si estende alla conoscenza delle realtà divine, sia i princìpi
in sé e le cause che le altre cose che da queste derivano - quelle cose che
Platone chiamò "ricerca sulla natura" — mentre il terzo si aggiunge per
assicurare il giudizio e la scoperta di quegli altri due. Ora, che Platone, per
primo e più di tutti raccogliendo in unità le parti della filosofia, che fino ad allora
erano disperse e lacerate, come qualcuno ha detto, al modo delle membra di
Penteo, abbia mostrato che la filosofia è come un corpo, e un corpo vivente, è
cosa chiara a chiunque appena la si dice... Uomo compiutamente formato dalla
natura e di molto superiore, Platone, inviato veramente dagli dèi perché la
filosofia da lui professata si rivelasse nella sua completa integrità, non trascurò
nulla e approfondì ogni cosa, senza rimanere in difetto rispetto alla misura del
necessario, né andare a finire nell'inutilmente superfluo» (1)
• La filosofia di Platone appare dunque ad Attico e lato sensu ai medioplatonici
come un complesso organicamente uno, articolato innanzitutto secondo la
tripartizione, originariamente stoica, ma ormai universalmente diffusa in etica,
fisica e logica.
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 9
Medioplatonismo: Numenio di Apamea (I)
• Numenio (fine II sec. d.C.) rappresenta il momento culminante del medioplatonismo
come preparazione al neoplatonismo. Egli condivide quasi tutte le idee che avevano
scandito il percorso del medioplatonismo e del neopitagorismo, correnti di pensiero
che egli vede profondamente unitarie e connaturate reciprocamente.
• L'opera principale di Numenio si intitolava Sul Bene: Numenio postula l'esistenza di tre
principi, che gli chiama "dei"
1. Primo dio, Padre Bene
2. Secondo dio, Figlio creatore
3. Terzo dio, creazione
• Le divinità non sono altro che personificazioni di ritmi spirituali scanditi per dar vita al
cosmo, esso stesso divino in quanto corpo disteso del dio. Le tre processioni appaiono
quindi come momenti di un unico atto creativo che vede, quale principio trascendente e
non agente, il Padre, semplicità assoluta ed unitaria, puro Bene, Uno-Bene o Uno-Bene-
Intelletto
• Ciò che è nel Padre è assoluto, e si invera nel mondo come relativo, copia delle idee
intelligibili: è questa la funzione del creatore, o Figlio, posto da un lato di fronte all'eterna
contemplazione del non-agente Bene, dall'altro rivolto verso il mondo, alla cui esistenza
concorre inverando creativamente gli attributi divini, le idee, rendendo perciò il mondo
"divino".
• La terza processione divina, la creazione, costituisce il frutto dell'attività della seconda
deità, che a questo livello agisce operativamente la sua azione demiurgica, per cui essa
va distinta dalla materia, in cui si attua l'estrema forma di negazione dall'incorporeo.
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 10
Medioplatonismo: Numenio di Apamea (II)
• Il divenire si manifesta come materia, che è degradazione estrema di
quell'essenza immutabile che in un certo qual modo, a livello etico, è colto
quale male, negazione estrema dell'eterna purità incontaminata dell'essere.
• Il mondo quindi come processione creativa procedente dall'Intelligibile;
l'Essere tuttavia non agisce direttamente, in quanto la sua azione procede
attraverso una articolazione che media per gradi gerarchici la sua attività fino
alla platonica "Anima del mondo" che dà ordine.

• Il precorrimento neoplatonico di Numenio è legato alla sua concezione del primo
Dio, l’Uno-Bene.
• Esso è il puro Bene, contemplato solo nelle vette della mistica, che è possibile
vedere esplicitamente nel mondo solo per imitazione, cioè attraverso la
riproduzione degli attributi divini.
• Tuttavia non c'è comunque ancora la distinzione tra Primo Principio ed Intelletto,
né distinzione tra Intelletto ed Essere (o Essenza): è questo il segno più
evidente della sua immersione nel medioplatonismo.
• È quindi vero che tra Numenio e Plotino vi sono più differenze che
somiglianze, anche se le interpretazioni a cui il primo poteva essere sottoposto
avrebbero dato luogo a qualcosa di rivoluzionario.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 11
Il passaggio dal medioplatonismo al neoplatonismo (I)
• Il neoplatonismo costituisce il punto finale dell’evoluzione della
filosofia pagana, soprattutto ellenica, costituendone altresì il canto del
cigno sotto molti aspetti.
• La sua origine più profonda è dovuta sia a contingenze esterne, in
relazione a situazioni storico-culturali, sia a necessità interne, dovute
al naturale sbocco di una speculazione – quella classica – che si era
venuta sempre più arricchendo di spunti, indirizzi e dottrine e che stava
convergendo in un punto finale di raccolta organica e sistematica di
tutto quanto prodotto nei secoli precedenti.
• Pierre Hadot, in un fondamentale articolo, ha fatto vedere come la
sistematizzazione della teologia prodottasi in epoca tardo-antica non
fu altro che l’emergere consapevole di un’occulta ansia di
razionalizzazione religiosa, causata dalla crisi della mitologia greco-
romana prodottasi all’apogeo della civiltà classica (V-IV sec. a. C.)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 12
Il passaggio dal medioplatonismo al neoplatonismo (II)
• Hadot sottolinea come teologia pagana riconoscesse tre fonti per la propria
speculazione:
– il lógos, ossia la teologia razionale (trattazione filosofica)
– il mythos, ossia la teologia mitica (racconti dal carattere immaginativo-poetico)
– il nomos, ossia la teologia civile o politica (leggi e usanze civile, dal carattere
sociale e cultuale).
• Le ultime due costituiscono una fruizione "diretta", immediata dei contenuti della
teologia, e compito della prima forma di teologia sarà quello di effettuare
l'esegesi dei dati contenuti in esse, criticandoli, come avvenne inizialmente, o
giustificandoli razionalmente, strada intrapresa nella tarda antichità.
• In altre parole il contenuto degli antichi miti, ma non solo quello, dovette
essere rivisitato e riletto alla luce di nuove esigenze, più sistematiche dal
punto di vista razionale, per poterne estrapolare i contenuti metafisicamente
ed eticamente necessari alla sopravvivenza della spiritualità ellenica,
sempre più minacciata dalla nascente religione cristiana.
• Lo sforzo di sistematizzazione e razionalizzazione della realtà si accompagna
però ad elementi teorici di segno opposto, tanto più evidenti quanto più ci si
addentra in epoca ellenistica: «l'erompere del discorso teologico, il moltiplicarsi
delle figure di dei e semidei e di personaggi demonici, ai quali spetta il compito
di saldare mondo celeste e mondo sensibile, la personificazione e
divinizzazione degli astri, il risolversi dell'astronomia in astrolatria» (1)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 13
Il passaggio dal medioplatonismo al neoplatonismo (III)
• Sarà tuttavia l'insanabile attrito tra lógos e mythos/nomos a
provocare, secondo la condivisibile opinione dello studioso francese, la
“fine del paganesimo”.
• Ciò che effettivamente avvenne in tutta la temperie spirituale dell’epoca
– pagani, cristiani, gnostici – fu uno spostamento verso valori
differenti, che pose l’accento sulla insufficienza della ragione.

Si può pertanto affermare, con buona verosimiglianza, come i
Neoplatonici costituirono l’estremo tentativo del mondo pagano di
dare vita a una forma di teoresi sistematica e omnicomprensiva:
non è un caso che il neoplatonismo fu, tra tutte le correnti filosofiche
dell’antichità, quella maggiormente aperta alle tradizioni spirituali sia
endogene sia esogene, o perlomeno lontane, al mondo classico,
apertura causata dalla qualitativamente maggiore strumentazione
ermeneutica di cui tale scuola era dotata.
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 14
Neoplatonismo e platonismo: continuità e rottura
• Il Neoplatonismo si pone in linea con la tradizione platonica, ma
non in continuità
– Come ha evidenziato Francesco Romano, la nozione di tradizione non
include necessariamente la nozione di continuità, mentre quest’ultima
presuppone la prima.
– In altre parole, mentre la continuità è intelligibile solo all'interno di una
tradizione, questa al contrario può sussistere anche là dove si ha rottura
anziché continuità (1).
Tradizione
continuità rottura
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 15
Neoplatonismo e platonismo: soluzione di continuità teoretica
• La filosofia dei neoplatonici nasce, si sviluppa e vive per mezzo e
all’interno dell’insegnamento della dottrina platonica nelle sue diverse
accezioni ermeneutiche, che nel loro insieme costituiscono quello che si
può chiamare la “tradizione” platonico-neoplatonica.
• Neoplatonismo si deve intendere come la parte della tradizione
platonica che, rifacendosi a Platone, ha modificato la sua dottrina al
punto da farle fare un salto di qualità teorica non sovrapponibile a
quella del platonismo classico, antico e medio.
– Per buona parte del secolo scorso tale salto di qualità è stato considerato
opera di Plotino, ma oggi si pensa ad alcuni medioplatonici del II sec. d.C.
come Albino e Alcinoo, fino ad arrivare addirittura ad Antioco di Ascalona,
filosofo accademico eclettico del I° sec. d.C., il primo platonico che
ricondusse il platonismo alla sua forma dogmatica originaria, eliminandone
le componenti scetticheggianti.
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 16
Neoplatonismo: identità
• I neoplatonici si consideravano ed erano considerati a tutti gli effetti dei platonici:
– il termine Platwniko/j nelle fonti, soprattutto tarde, indica sempre i medio e i neoplatonici, a differenza
dei termine 'Akadem(a)iko/jche invece è quasi sempre riferito ai membri dell'Accademia e quindi agli
antichi platonici
• Il cosiddetto “salto” speculativo, che la storiografia moderna attribuisce al passaggio tra
platonismo antico o medio e neoplatonismo non fu comunque sentito dagli scrittori tardo-
antichi, che si limitarono a sviluppare e ad esplicare una verità che proprio per il suo
carattere divino non era accessibile e comprensibile a tutti.
• Il dogmatismo, la fedeltà alla dottrina, il senso di appartenenza, già sviluppato dai
medioplatonici, fu dai neoplatonici sublimato nella coscienza di appartenere ad un vero
e proprio movimento di riscoperta e di rivalutazione del pensiero del maestro,
assoluto depositario della verità, talora associato a Pitagora, Omero o a qualche altra
figura tanto illustre quanto arcaica: fu Proclo ad esporre compiutamente tale modo di
sentire
• Emblematico, in tal senso, un passo della sua Teologia Platonica, in cui il filosofo di
Costantinopoli sostiene che la filosofia di Platone è apparsa all’inizio come luce
improvvisa grazie alla volontà degli dei, volontà che è della stessa natura del Bene, e che
poi si è “ritirata in se stessa”, rendendosi invisibile alla maggior parte dei filosofi di
professione, ed infine è alla fine tornata in auge per opera di alcuni interpreti, i quali
«hanno dispiegato per noi i santissimi insegnamenti del divino maestro» (1)
• Romano, commentando il passo, afferma: «Filosofia divina e segreta, dunque,
trasmessa ed illustrata da divini interpreti, i quali si distinguono tra la moltitudine
dei filosofi: ecco la sostanza dell’insegnamento filosofico dei neoplatonici» (2)
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 17
Neoplatonismo: finalità
• La speculazione neoplatonica non fu primariamente un’attività razionale
induttiva compiuta sulla base di un dato oggettivo, immanente e
sensibile, come poteva avvenire secondo i principi dell’epistemologia
aristotelica
• Essa fu precipuamente un’attività deduttiva noetica mossa a partire
da un’esperienza soggettiva e trascendente: per questo impose e
lasciò in eredità, come dice Romano, un «concetto di filosofia non più
rigorosamente definita come gradino supremo del cammino dell’anima,
ma vista come risultante di una cooperazione tra lo sforzo di elevazione
dell’uomo e l’illuminazione-rivelazione di Dio».
• In questa rivelazione «l’ineffabile è pur tuttavia apprendibile anche se
non per via dei segni del linguaggio razionale. L’insegnamento diviene
puro, si sgancia dal suo connubio con l’interpretare e procede per via
rivelativa, come dire che il comunicare non è più merito di chi parla,
bensì di un terzo che interviene tra il maestro e il discepolo, quello
stesso Primo Principio che è in grado di comunicare la sua stessa
ineffabilità» (1).
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 18
Neoplatonismo e aristotelismo (I)
• La contrapposizione di principio tra platonismo e aristotelismo risalente
alle origini, almeno a partire dalle aspre polemiche tra Aristotele e la
Prima Accademia, rafforzatasi nella prima età medioplatonica e ancora
persistente in una qualche misura con Plotino, cessa del tutto a partire
da Porfirio.
• La teoria, presente in tutte le scuole neoplatoniche a partire da Porfirio,
che fu il primo ad esprimerla compiutamente, dichiara come Aristotele
sia il "filosofo" e Platone sia il "teologo":
– la filosofia pertanto prepara e introduce alla teologia, nella differenza del
loro ruolo gerarchico, in quanto la filosofia, e Aristotele quindi, nulla può
insegnare sul divino né sull'origine demiurgica del mondo
• Il ruolo dell’Attico rispetto allo Stagirita sarà sempre gerarchicamente
superiore: si assiste cioè - a fini didattici - ad una vera e propria
gerarchizzazione dei due massimi pensatori classici, definibile quale
«sfruttamento neoplatonico di Aristotele».
• Si inaugura quindi quella stagione di conversione e programmazione
dell'utilizzo dell'Organon quale "propedeutica" per lo studio della
dottrina di Platone
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 19
Neoplatonismo e aristotelismo (II)
• Come dice Romano: «l’esegesi neoplatonica del testo di Aristotele […] deve
mirare istituzionalmente a rendere la lettura e lo studio dei testi aristotelici il più
possibile funzionali alla lettura e allo studio dei testi platonici» (1).
– si tratta di scoprire le attitudini scolastiche di alcuni testi aristotelici, procedendo
nella loro comprensione oltre i confini teorici stabiliti dallo stesso Aristotele verso la
formazione di un più ampio quadro dottrinale capace di coinvolgere l'intera
speculazione dei due grandi maestri della classicità
• Da un punto di vista tecnico-operativo ciò condusse:
– da una parte quella negativa e discriminatrice, consistente nello smussare o, più
raramente, nell’eliminare la divergenza di vedute tra le due “verità” (platonica e
aristotelica) solo apparentemente contrapposte o perlomeno distanti in alcuni punti.
– dall’altra, che è la più importante, quella positiva ed armonizzante, capace di
giustificare teoreticamente la concordanza tra i due filosofi e le rispettive scuole
• Quest’ultima (concordanza) fu propria in linea generale a tutta la scuola di
Alessandria, in modo particolare a Simplicio, mentre la prima strada
(discriminatrice) fu percorsa soprattutto da Proclo e dalla scuola di Atene.
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 20
Neoplatonismo e aristotelismo (III)
• Intelletto
– L’intelletto, in Aristotele, ragiona, giudica e conosce ciò che è intelligibile: gli
intelligibili fanno tutt’uno con l’intelletto che li conosce in atto.
– Questa teoria generale della facoltà intellettiva dell'anima sarà sfruttata sia
dai medioplatonici sia dai neoplatonici che la applicheranno all'Intelletto
divino, ipostatizzandolo. Ipostasi neoplatonica.
– L'elemento aristotelico relativo alla nozione di intelletto storicamente ha
agito sul neoplatonismo attraverso Alessandro di Afrodisia, autore di un
importante trattato Sull'anima che ha certamente influito non poco su
Plotino e quindi sull'intera tradizione neoplatonica.
• Potenza/atto
– I neoplatonici la dottrina aristotelica della causalità e la sottopongono a due
fondamentali trasformazioni:
1. anzitutto la estendono oltre il mondo sensibile e la applicano per analogiam al
mondo dei "principi spirituali";
2. la combinano con la teoria dell'emanazione (cioè della processione), dentro la
quale alcuni aspetti della dottrina aristotelica sono conservati intatti, altri
modificati o addirittura rovesciati di significato.
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 21
Neoplatonismo e aristotelismo (IV)
• Dialettica
– I neoplatonici hanno fatto uso abbondante della dialettica aristotelica tutte le volte che
il loro discorso non si richiamava esplicitamente al problema dei Primi Principi.
– Secondo Aristotele dialettica è scienza del ragionamento fondato su premesse
non dimostrate, quale punto di partenza di una dimostrazione
– Tutte le volte che le forme sono considerate nella loro natura immanente alle cose
come forme cioè degli enti reali e non come modelli in senso platonico di essi, i
neoplatonici trattano l'argomento in chiave aristotelizzante, cioè applicando il criterio
che lo stesso Aristotele aveva applicato nella sua critica contro Platone e i platonici.
– Secondo tale criterio le forme immanenti sono generi e specie e come tali oggetto
della scienza dialettica. Questa infatti si basa sulla predicabilità del genere rispetto
alle sue specie e sulla sussumibilità logica delle specie nel genere che le comprende:
le forme non sono altro che modi di predicabilità delle cose viste nei loro reciproci
rapporti classificatori.
– Questo modo di intendere la dialettica fu fatto proprio dai neoplatonici, ma solo per un
aspetto del loro discorso logico, e cioè per quanto riguarda soltanto la logica delle
realtà sensibili.
• I neoplatonici tennero sempre ben distinta tale nozione aristotelica di dialettica
da quella loro attribuita a Platone, che concerneva le realtà trascendenti, tanto
che secondo il loro punto di vista esistono due dialettiche: quella di origine
aristotelica che classifica gli enti secondo generi e specie, e l'altra di origine
platonica che invece «contempla i principi degli enti».
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 22
Neoplatonismo e stoicismo (I)
• Anima del mondo
– Secondo gli stoici tutta la realtà è costituita da due principi, l’uno agente e l'altro paziente.
• Il principio agente è una ragione universale, che essi chiamano lo/goj, la quale nella sua eternità è capace di
generare ogni cosa e mantenerla coesa e strutturalmente armonizzata con tutte le altre;
• il principio paziente è la materia, cioè la sostanza priva di qualità, capace di ricevere qualunque forma da
parte del principio agente e divino.
– Tra l'uno e l'altro principio, tra la Ragione e la Materia, c'è un rapporto di tensione, definito to/noj,
tale da assicurare l'unità di ciascun ente e dell'insieme degli enti che costituiscono il cosmo
ordinato e indistruttibile.
– Solo la ragione universale è indistruttibile ed eterna, mentre il cosmo materiale è ciclicamente
ricondotto al suo stato originario di pura potenza materiale, per essere di nuovo rigenerato
secondo periodi temporali determinati dalla necessità della legge razionale universale.
– Il tutto avviene tramite l'azione delle ragioni seminali [lo/goispermatikoi/] che sono altrettante potenze
vitali per mezzo delle quali la ragione universale agisce sulla materia.

• Una tale struttura logico-cosmologica pervade l'intera dottrina neoplatonica del cosmo
inteso appunto come un tutto unitario, ordinato e governato dall'Anima universale
generata dall'Intelletto divino.
• A differenza degli stoici, i neoplatonici pensano che anche la materia, cioè il principio
paziente e privo di qualità, sia anch'essa generata dal principio agente, nel senso che i
due principi di tutta la realtà mondana, quello formale e quello materiale, procedono
sostanzialmente dall'unico principio intelligente e trascendente, cioè dall'Uno.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 23
Neoplatonismo e stoicismo (II)
• Provvidenza
– La nozione stoica di provvidenza pervade la dottrina neoplatonica, intorno
alla problematica dei rapporti tra mondo umano e mondo divino, la quale
coinvolge la libertà dell’uomo rispetto alla necessità naturale.
– Plotino strategicamente compie un operazione di rovesciamento del
"materialismo" stoico (identità di provvidenza e destino):
• Plotino infatti considera la provvidenza come l'aspetto superiore, divino, del
destino.
• Provvidenza e destino sono quindi due aspetti della medesima realtà o – ciò
che è la stessa cosa – due momenti della vita del Tutto, dei quali il secondo è
subordinato al primo.
– Tale idea di subordinazione del destino alla provvidenza, nata appunto con
la critica antistoica di Plotino, ritorna e si precisa teoricamente con Proclo, il
quale dedica ben due trattati a questo argomento, precisamente il De
decem dubitationibus circa providentiam e il De providentia et fato.
• Proclo infatti ritiene che l'anima razionale dell'uomo, a differenza di quella
irrazionale sia capace di elevarsi al di sopra del destino in direzione della
provvidenza divina.
• Anche nell'uomo sussiste una subordinazione del destino alla provvidenza: per
la sua parte inferiore, irrazionale, egli è soggetto al destino, mentre per la sua
parte superiore, razionale, egli sfugge ad esso.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 24
Neoplatonismo e pitagorismo (I)
• Il pitagorismo è sempre stato intimamente legato al platonismo, fin dalle
origini, come attesta il Timeo platonico.
• Il legame si è andato poi vieppiù rafforzando nelle ultime fasi della
tradizione platonica per via dell'elaborazione dottrinale che di questa ha
compiuto il neoplatonismo.
• Con il termine neopitagorismo si indica la storia del pitagorismo a
partire dal I sec a.C., quando, secondo la testimonianza di Cicerone,
Nigido Figulo rinnovò l'antica dottrina che in qualche modo si era
estinta.
– Per un paio di secoli, il (neo)pitagorismo conobbe una stagione eccelsa, con
personalità di spicco quali Moderato di Cadice, Nicomaco di Gerasa,
Apollonio di Tiana.
• Come nel caso del passaggio dall'Accademia antica al
medioplatonismo, anche in quello della transizione tra antico e nuovo
pitagorismo le fonti sono molto scarse.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 25
Neoplatonismo e pitagorismo (II)
• Contrapposizione dialettica tra Uno e Molti
– La lettura neoplatonica del Parmenide si è, per così dire, abbeverata dalla
rielaborazione operata dai neopitagorici in merito ai rapporti tra Uno e Molti,
rielaborazione che ha insistito sulla trascendenza del primo rispetto ai secondi
• Autonomia degli enti matematici
– La novità dell'elemento neopitagorico, intrinseco al platonismo, rispetto a quello
pitagorico classico consiste in una accentuazione della distinzione tra idee e idee-
numeri, quale "autonomia degli enti matematici".
• Simbolismo matematico
– I neopitagorici accentuarono l'aspetto teologizzante della dottrina dei numeri
degli antichi Pitagorici, nel senso che consideravano i numeri, oltre che essenze
delle cose, anche simboli della loro natura non fisica.
– Le dottrine neopitagoriche riducevano le matematiche, soprattutto l'aritmetica, a
scienze teologiche, una teologia da intendersi in senso largo, come “scienza delle
proprietà etiche e divine degli enti”.
– In tale concezione i numeri erano "simboli" di quelle proprietà, ovverosia strumenti
di rappresentazione e di conoscenza della natura nascosta delle cose quali prodotti
delle potenze divine.
– Da questa esigenza era nata tutta una serie di studi e teorie di cui la tradizione ci ha
lasciato ampie testimonianze nei cosiddetti Theologoumena arithmeticae, quasi
sempre anonimi e attribuiti ora a questo ora a quel filosofo neopitagorico
– Da questo humus sorge l’”aritmologia”, che già presente nella cultura antica,
attraverso la letteratura neopitagorica si estese anche ad altre culture di età
tardoantica e medievale, prima fra tutte le culture giudaica e cristiana.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 26
Neoplatonismo e pitagorismo (III)
• Opposizione e contrarietà
– L'antico pitagorismo si caratterizzava soprattutto per la teoria degli opposti (o dei contrari)
distribuiti a coppie e queste determinate nel loro numero di dieci.
– La teoria pitagorica degli opposti continuò a caratterizzare la tradizione neopitagorica, da cui
passò al neoplatonismo.
• Armonia
– Negli antichi pitagorici l’armonia è legata al numero, ed entrambe rappresentano l’aspetto più
universale delle cose.
– L'armonia universale si esprime nelle relazioni delle sfere celesti, cioè nel rapporto tra le distanze
e i movimenti che emettono suoni corrispondenti alle stesse sfere (armonia delle sfere). In
generale, però, l'armonia pitagorica costituisce la conciliazione degli opposti, soprattutto della
coppia limite/illimitato
• Gerarchia-serialità
– Il concetto di numero contiene in sé, fin dall’antico pitagorismo, quello di ordine (ta/cij).
– Nel neoplatonismo la nozione di "gerarchia" investe soprattutto la teoria dei Principi e anzitutto
la questione del rapporto tra il Principio e tutto ciò che da esso deriva, è sostanzialmente
diversa da quella platonica classica, la quale ha valore esclusivamente ontologico ed è
concepibile soltanto tra due piani, l'intelligibile e il sensibile, il divino e il mondano
– La gerarchia è invece una nozione radicalmente diversa nel neoplatonismo, in quanto
costituisce l'ossatura stessa di tutto ciò che esiste a partire dal Principio. L'ordine gerarchico,
più che una mediazione ontologica, è una catena di subordinazioni senza soluzione di continuità:
«Ogni principio produttivo - scrive Proclo - è superiore alla natura di ciò che esso produce»
– Tutti gli ordini o serie sono coordinati tra loro si da formare un tutto continuo dal Principio
impartecipato fino agli enti ultimi. Mentre nel platonismo classico tale nozione è limitata alla
distinzione e subordinazione di due soli ordini, nel neoplatonismo contiene una serie indefinita
di ordini.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 27
Neoplatonismo, cardini teorici: assiologia
• Il neoplatonismo scavalca il postulato platonico per il quale le Idee sono
Principi, nel senso che lo integra e lo subordina a un diverso postulato,
henologico, (teoria dell’Uno), basato su due enunciazioni apodittiche
(irrefutabili, incontrovertibili):
1. qualunque teoria dei Principi in quanto tale è falsa, e semmai rappresenta
una determinazione particolare della teoria del Principio unico e assoluto; il
vero e unico Principio è l'Uno a cui qualsiasi altro principio è subordinato
2. il Principio, l'unico vero Principio, cioè l'Uno, è veramente e)pe/keina th=j ou)si/aj,
nel senso che trascende ogni distinzione tra essere e non-essere e
perciò è produttivo dell'essere-idea, ovvero della esistenza e della
intelligibilità di ogni cosa.
• Sotto questo profilo il platonismo si trasforma in una dottrina del
Principio che precede qualsiasi dottrina dell'essere, la quale non
può non ricevere fondamento dalla prima, all'interno della quale si situa
e opera.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 28
Neoplatonismo, cardini teorici: trascendenza/immanenza
• Il Principio di Trascendenza, postulato dall'antico platonismo si conserva e si rafforza nel
neoplatonismo, ma in una forma del tutto diversa in virtù di un principio nuovo, il principio della
pro/odoj, sovente espresso con la metafora della illuminazione o dell’efflusso o emanazione, da
cui l'erronea interpretazione del neoplatonismo come "emanazionismo".
• Infatti, mentre nel platonismo gli Intelligibili trascendono il sensibile in maniera statica, nel senso
che rappresentano i modelli preesistenti alla creazione del mondo con cui hanno rapporto solo
attraverso l'opera del Demiurgo, nel neoplatonismo invece gli Intelligibili e in genere tutti i
principi sono trascendenti in funzione della loro monh/, che è una posizione dinamica, nel
senso che rappresenta appunto l'aspetto trascendente insito nella processione – pro/odoj - e
quindi ad essa legata dialetticamente.
• La trascendenza in senso neoplatonico è governata dalla legge universale della causalità
che Proclo formula cosi: «Ogni principio produttivo è superiore alla natura di ciò che esso
produce» (1), e in quest'altro modo: «Ogni causa propriamente detta trascende il suo effetto»
(2).
• Il neoplatonismo aggiunge in tale contesto teorico la nozione di impartecipabile, assente del
tutto nel platonismo, a significare che la vera e assoluta Trascendenza sta nella
impartecipabilità del Primo Principio, l'Uno, da cui deriva il carattere di trascendenza proprio
di ogni principio di ordine gerarchico inferiore.
• Mentre nel platonismo l’immanenza presuppone la relazione con il trascendente, nel
neoplatonismo, invece, ha solo il significato di "riflesso" del Principio nel principiato sotto
forma di unificazione di ciò che procede in funzione dell'unità del principio da cui procede, sia
essa l'unità del Primo Principio, l'Uno, o l'unità della Enade che sta a capo di ogni ordine o serie
processionale.
– Le Enadi sono i principi che procedono direttamente dal Primo Principio e trascendono, quindi, anche
l'essere, cioè l'ordine intelligibile. Anche sotto questo profilo il neoplatonismo rappresenta una rottura con
il platonismo.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 29
Neoplatonismo, cardini teorici: gerarchia
• La nozione di gerarchia tra i principi, anzitutto tra il Principio e il resto,
differenzia e distacca il neoplatonismo dal platonismo.
– Per quest'ultimo la gerarchia ontologica è concepibile soltanto tra due piani,
l'intelligibile e il sensibile, il divino e il mondano.
• La gerarchia è invece una nozione radicalmente diversa nel neoplatonismo, in
quanto costituisce l'ossatura stessa di tutto ciò che esiste a partire dal
Principio:
– «Ogni principio produttivo è superiore alla natura di ciò che esso produce» (1);
– «Tutti gli enti procedono da una causa unica che è la prima […] c'è una causa prima
degli enti, dalla quale ciascun ente procede come da una radice, trovandosi gli uni
vicino ad essa, gli altri a maggiore distanza. Che questo principio debba essere
unico, si è già dimostrato quando si è detto che ogni pluralità sussiste per derivazione
dall'Uno» (2);
– «Ogni ordine ha inizio da una monade e procede verso una molteplicità che è
coordinata con la monade, e la molteplicità di ogni ordine risale a un'unica monade»
(3).
• Tutti gli ordini o serie sono coordinati tra loro si da formare un tutto continuo,
dal Principio impartecipato fino agli enti ultimi.

• Appare allora evidente la distanza che separa la nozione platonica di gerarchia
da quella neoplatonica: si tratta in sostanza di una nozione che nel platonismo
classico è limitata alla distinzione e subordinazione di due soli ordini,
mentre nel neoplatonismo contiene una serie indefinita di ordini.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 30
Neoplatonismo, cardini teorici: ontocosmologia
• Il neoplatonismo ha fatto uscire il platonismo classico fuori della “gabbia aristotelica” cui
era stato confinato per molti secoli, la prigione dell'ontologia o filosofia prima, con una
operazione di rovesciamento della vecchia metafisica aristotelica dentro una
ipermetafisica che rappresenta esattamente l'opposto dell'ontologia classica, e che
talora è stata chiamata me-ontologia.
• Infatti il neoplatonismo teorizza che l'essere anche nella sua forma più universale, che è
quella dell'intelligibile, è ipostasi non di livello primario, bensì di livello derivato dai
principi
• Si giunge alla paradossale asserzione che la vera realtà è quella che precede l'essere e
che si raggiunge non per via conoscitiva, bensì analogica e simbolica, attraverso la
negazione della negazione (negatio negationis) .
• Sul piano della cosmologia la rottura neoplatonica produce il rovesciamento della
complessa teoria dei rapporti Demiurgo/Intelletto/Anima/Natura.
– Nel Timeo la demiurgia del cosmo presuppone che il Demiurgo crei anzitutto l'Anima contenente
l'Intelletto e quindi il Corpo: ambedue questi prodotti dell'azione demiurgica costituirebbero
insieme il Cosmo. Il Demiurgo dunque è sovraordinato all'Anima e all'Intelletto .
• Nel neoplatonismo, invece, la complessa trama dialettica in cui Platone aveva collocato il
problema dei rapporti Demiurgo/Intelletto/Anima/Cosmo viene sciolta in una teoria nella
quale:
– da un lato il Demiurgo si identifica con l'Intelletto, che diviene cosi una ipostasi trascendente
quella dell'Anima;
– dall'altro lato l'Anima esce dalla sua immanenza nel Cosmo.
• In tal modo il Cosmo risulta essere subordinato a tutte le Ipostasi che lo precedono, e cioè
all'Intelletto, all'Anima e alla Natura. Il tutto è rafforzato da quel concetto di gerarchia che,
nato nel platonismo, acquista, come si è visto, nel neoplatonismo una portata e una
importanza teoriche universali.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 31
Neoplatonismo, cardini teorici: teurgia
• A partire dal III secolo il paganesimo allargò le maglie alle rivelazioni caldaiche
e alle pratiche teosofiche, proprio mentre il cristianesimo si sforzava di
elaborare un'impalcatura filosofica al messaggio evangelico.
• Ulteriore rottura operata dal neoplatonismo nei confronti del platonismo consiste
quindi nella sua disposizione a lasciarsi permeare da parte delle cosiddette
“scienze occulte”: precisamente Magia, Mantica, Teurgia, Ermetismo, Orfismo,
Oracoli Caldaici ecc. –, fenomeno questo a cui era rimasto estraneo il
platonismo classico.
– Ne sono testimonianza, da un lato una ricca terminologia desunta da quelle
letterature e, dall'altro lato, tutta la teoria imperniata sulla nozione, centrale nel
neoplatonismo, di Ineffabile e Segreto [a)/rrhton e a)po/rrhton].
• La letteratura che maggiormente ha esercitato questo ruolo è certamente quella
dei cosiddetti Oracoli Caldaici, raccolta frammentaria della II° metà del II sec.
d.C. di non chiara provenienza, che sono stati tramandati quasi esclusivamente
dai filosofi neoplatonici, i loro maggiori fruitori, in particolare a partire da
Giamblico.
– Giamblico infatti introduce nel neoplatonismo la dimensione teurgica: la teurgia è una
disciplina spirituale derivata dalla teologia degli Oracoli Caldaici, che consisteva
nell'esecuzione di pratiche cultuali accompagnate talora dal pronunciamento di nomi
o incantamenti magici che provocavano l'apparizione di determinate divinità e
permettevano all'anima dell'officiante, una volta purificata, l'unione al divino.
– Ciò aveva poco a che fare con il primo neoplatonismo di Plotino, rigoroso e
sistematico: Porfirio, suo discepolo e di tendenza aristotelizzante, non a caso
polemizzò con queste concezioni giamblichee, anche se con scarsi risultati.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 32
Neoplatonismo, cardini teorici: mitologia e simbolismo (I)
• A causa di tale incidenza delle Scienze Occulte, ma anche della sua forte
dipendenza dalla teoria dell'Ineffabile, il neoplatonismo si caratterizza anche
qui – in contraddizione con il platonismo – come filosofia aperta agli universi
del mito e del simbolo.
– La prima di tali nozioni, pur presente nel platonismo classico, assume nel
neoplatonismo un significato molto più positivo di quanto non ne avesse in quello; la
seconda è fattore teorico assolutamente nuovo rispetto al platonismo.
• Una certa allegorizzazione filosofica della mitologia, finalizzata a principi etici,
si trova in realtà già in Platone, laddove nella Repubblica egli sottolinea la
necessità di fornire un criterio morale per una corretta interpretazione dei
racconti antichi.
• Il medioplatonico Celso conferma la validità del metodo esegetico effettuato sui
miti greci, ma tiene ben fermo il principio che questo metodo allegorico non sia
applicabile a tutti i racconti: esso va applicato solo a quelli che recano
un'enigmaticità passibile di traslazione nel mondo intelligibile, come i
misteri Egizi e i misteri Persiani di Mitra. Questi misteri avevano infatti due
vantaggi rispetto a quelli cristiani:
– si poteva compiere su di essi un'ermeneutica pienamente filosofica;
– il loro culto era compatibile con quello dell'imperatore.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 33
Neoplatonismo, cardini teorici: mitologia e simbolismo (II)
• I neoplatonici, in parte sollecitati dalle critiche cristiane alle scabrosità esposte nei miti,
spingono al limite estremo questa finalizzazione, stabilendo l'analogia tra mito e mistero
e tra filosofia ed iniziazione: l’"assurdità", da un punto di vista letterale e materiale, del
mito significava la necessità di un suo contenuto iniziatico, costituendo quindi una potente
sollecitazione alla ricerca, all'esercizio esegetico, all'affinamento ermeneutico. Venne
stabilita una duplice lettura del mito:
– a prima vista, il mito appare una serie di eventi senza una razionalità intrinseca;
– ad una lettura più approfondita, il mito agisce sull'anima e la eleva fino alla suprema unione con il
divino.
• Il più lineare e sistematico manuale di esegesi neoplatonica resta comunque il testo Sugli
dèi e il mondo di Salustio, amico profondo e stretto collaboratore dell'imperatore
Giuliano.
– Sulla scia dei manuali di scuola platonici di età imperiale (Albino, Apuleio, Massimo di Tiro), il
trattato riecheggia concezioni squisitamente platoniche, come la dottrina della perfezione degli
Dei, l'idea che la causa prima dell'Universo sia Esistente come puro Bene, la tripartizione sia
antropologica – razionalità/passionalità/sensibilità – sia politica –
monarchia/aristocrazia/democrazia –, il ruolo dei punitori delle anime colpevoli.
– Inoltre sono numerose pure le concordanze con Numenio, con le Enneadi di Plotino, con il De
Mysteriis di Giamblico, con le opere di Giuliano stesso, di altri autori antichi o coevi, di trattati
mistico-teurgici.
• Le affermazioni mitiche – dice Sallustio – sono spesso basate su coppie di opposti: da
una parte il significato esplicito, diretto, essoterico; dall’altra il significato implicito,
differito, esoterico, che conduce alle verità supreme nascoste ma accessibili e
desiderate dai soli filosofi (1)
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 34
Neoplatonismo, cardini teorici: esegetica (I)
• Dal I sec. d.C. era divenuto preponderante nell'insegnamento filosofico genere
letterario del commentario, soprattutto in greco, ma anche in latino
• I neoplatonici ereditano la tradizione commentaria di età altoimperiale
(medioplatonismo) imperniata sulla duplice esegesi Aristotele-Platone, il
primo propedeutico al secondo, come la logica alla teologia.
• I successori di Plotino, specialmente Porfirio - il fondatore dei commentari
neoplatonici posteriori -, Proclo e Simplicio, scrissero numerosi commentari,
ovviamente a Platone, soprattutto sulla Repubblica e sul Timeo, ma anche ad
Aristotele e a Omero.
– Francesco Romano ha detto infatti che "il commentario è uno degli aspetti
essenziali dell'attività didattica e formativa dei maestri neoplatonici" e "il tipo
assoluto di scrittura filosofica neoplatonica".
• Questi commentari, di cui si è conservata solo una piccola parte, possono
interessare sia la totalità di un'opera, ad esempio Proclo nei commenti al Timeo
e all''Alcibiade, sia soltanto parti di essa, come nel caso – in ambito latino - di
Calcidio o Macrobio, oppure ancora di Proclo, che nel Commento alla
Repubblica riunisce diciassette trattazioni indipendenti le une dalle altre,
sebbene esse rispettino l'ordine tematico seguito da Platone.
– La filosofia non si impara più con un libero dialogo con il maestro, ma attraverso la
lettura di testi autoritativi che vengono commentati.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 35
Neoplatonismo, cardini teorici: esegetica (II)
• Il commentario finirà per costituire l'essenziale dell'insegnamento filosofico, il tipo assoluto
della trattazione neoplatonica. Fondamentale è
– la subordinazione gerarchica, tranne che in Simplicio, dello studio dei testi aristotelici rispetto
allo studio di quelli platonici: i neoplatonici solevano definire il livello dei "piccoli misteri" lo
studio dei testi aristotelici, livello dei "grandi misteri" lo studio dei testi platonici, sorta di
iniziazione teurgica che doveva condurre poi all'epopteia realizzativa finale.
• Romano distingue due categorie di discepoli:
– da una parte i semplici uditori,
– dall'altra i discepoli stabili e stimati dal maestro, che entravano poi a far parte del novero dei suoi
collaboratori e, se si rivelavano idonei all'insegnamento, potevano succedergli nella dignitas
didascalica
– Le stesse risposte dei discepoli potevano offrire l'occasione di apportare modifiche e ripensamenti
teoretici al commentario del professore, tanto che spesso il commentario non si rivelò essere
un'opera scritta direttamente dal suo autore per così dire ufficiale ma, tramite interpolazioni e
successivi ampliamenti, dagli stessi discepoli.
• Per quanto riguarda i tipi di commentario, si possono distinguere:
– Commentario pedagogico, di livello elementare;
– Commentario scientifico, di livello elevato;
– Commentario continuo o perpetuo, condotto su un testo unitario (dialogo, trattato, ecc.);
– Commentario tematico, condotto su più testi relativi allo stesso argomento
• Per quanto riguarda la tecnica, dapprima si lavorava "filologicamente", ossia si
correggevano e si emendavano i testi, chiarendone il significato e ricostruendone il
contesto letterario.
• I neoplatonici in genere si rivelavano ottimi esegeti, poiché la loro preparazione era molto
spesso retorico-letteraria
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 36
Neoplatonismo, cardini teorici: esegetica (III)
Primo ciclo (dopo l’Organon)
1. Alcibiade (Introduzione)
2. Gorgia Etica
3. Fedone Etica
4. Cratilo Logica
5. Teeteto Logica
6. Sofista Fisica
7. Politico Fisica
8. Fedro Teologia
9. Simposio Teologia
10. Filebo (epilogo)
Secondo ciclo
1. Timeo Fisica
2. Parmenide Teologia
Terzo ciclo
Oracoli Caldaici Teurgia
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 37
Neoplatonismo: Plotino (I)
• Si formò alla scuola alessandrina di Ammonio Sacca.
• Il pensiero di Plotino – trasmesso attraverso le Enneadi - poggia su alcuni cardini:
• L’Uno.
– Plotino, con la sua teoria dell'Uno come Primo Principio, ha determinato il punto di partenza della
nuova filosofia platonica: il neoplatonismo, nella sua origine plotiniana, sta tutto nella teoria
dell'Uno come Principio unico e assolutamente trascendente i Principi, nozione questa che
nasce da una nuova interpretazione del Parmenide platonico.
– L'Uno è il principio dell'unità di ogni cosa, giacchè per essere se stessa ogni cosa dev'essere
una, ma l'Uno in sé non si identifica con l'unità di nessun ente, neppure con l'Essere in sé. Le
varie proprietà che Plotino attribuisce al Primo Principio sono: Bene, Altissimo, Trascendente,
Primo, Assolutamente Semplice, Ineffabile, Autosufficiente.
• Gli Intelligibili
– Il mondo intelligibile è l’Intelletto assoluto che si identifica con l'Essere suo e delle cose che
pensa, cioè con gli Intelligibili; qualunque altra dottrina dei generi dell'essere vale solo per il
mondo del divenire.
– Conseguentemente l'Intelletto in quanto pensiero è l'Essere, ovvero l'insieme degli enti,
giacchè dal punto di vista intelligibile pensare ed essere sono la stessa cosa.
– Pertanto l'Intelletto e gli Intelligibili fanno un tutt'uno, poiché tra loro non esiste alcuna differenza.
• La Dialettica
– La dialettica neoplatonica non significa "scienza del ragionamento", bensì "scienza dei
principi": è qui il recupero del significato platonico della dialettica contro quella aristotelica.
– Plotino rielabora la stessa dialettica platonica: mentre questa valeva solo per le Idee quali
intelligibili non identici all'Intelletto, la dialettica plotiniana vale per gli Intelligibili in quanto
identici all'Intelletto.
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Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 38
Neoplatonismo: Plotino (II)
• La dialettica presenta una struttura triadica:
– La monè lo stato in cui un principio resta immobile e immutabile in se stesso nell'atto di generare
qualcosa di altro da se. La legge della manenza è anzitutto da Plotino applicata all'Uno, che è
"potenza di ogni cosa", dnamivtnpntwn, causa generante di tutto ciò che esiste. Il principio del
tutto agisce senza agire, rimanendo cioè immobile e immutabile in se stesso nel momento in cui si
producono gli effetti della sua azione. Questo stesso discorso vale per i due Principi primi,
l'Intelletto e l'Anima. Tutti e tre i Principi primi producono quindi senza mutamento alcuno nella loro
rispettiva natura
– La prodoj esprime lo stato per cui un principio, pur permanendo in se stesso, procede in
quanto sovrabbonda fuori di sé per dar luogo a qualcos'altro da sé: chi procede lo fa in
quando è in sovrappiù della sua realtà. Ciò che genera è comunque sempre più semplice di ciò
che è generato, perché esiste a un livello superiore.
– La teoria plotiniana della "conversione dialettica" è la logica e necessaria conseguenza della
"teoria della manenza": a partire dall'Intelletto fino agli estremi limiti della gerarchia ontologica,
tutto si converte verso l'Uno, mentre quest'ultimo non si converte affatto, o si converte solo ed
eternamente verso se stesso.
– I tre momenti dialettici non devono essere considerati in nessuno modo l'uno separato dall'altro: la
processione è legata alla manenza, la conversione è insita nella processione e quindi alla
manenza del principio.
• Ogni momento della "processione dialettica", da un lato è rivolto verso il basso per il suo potere
generante, dall'altro lato è rivolto verso l'alto per la necessità che ha di mantenere il suo rapporto con
chi lo ha generato.
• In Plotino il percorso di risalita, la conversione, è un processo articolato in tre tappe:
– Allontanamento dalla materia verso la forma della ragione discorsiva (dianois), che è al
contempo purificazione dal sensibile (katarsis)
– Allontanamento dalla forma discorsiva verso la forma intellettiva (noesis) superamento della
dimostrazione e attingimento diretto e immediato delle idee nell'Intelletto
– Allontanamento dalla forma intellettiva, che è attingimento dell'Uno e unione o rapporto diretto
con lui (ekstasis), che Plotino esprime in un passaggio dal sapore misteriosofico
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 39
Neoplatonismo: Porfirio (I)
• Porfirio accede alla scuola di Plotino a Roma verso il 264, quando il maestro
insegnava da una ventina d’anni
– Egli dimostrò attitudini di varia natura: filologica, dossografica, apologetica, polemica,
biografica, storiografica, mistico-religiosa, scientifica e medico-biologica.
• Porfirio non possedeva l'originalità di Plotino, ed era quindi meno "filosofo"
dell'egiziano, ma la sua erudizione e la sua capacità di organizzazione del
lavoro scientifico lo sostenevano sufficientemente per un’opera di elaborazione
dottrinale ed sistemazione testuale
– le Enneadi sono opera di Plotino e Porfirio insieme, per il fatto che quest'ultimo
aveva dato il contributo maggiore per la stesura del testo abbozzato dal maestro.
• Con Porfirio il neoplatonismo si consolida nella sua funzione storica di fattore
dominante della storia del pensiero tardoantico, e di precorrimento di
quello medievale, ma al contempo muta la prospettiva in ordine al rapporto tra
aristotelismo e platonismo, assumendo una impostazione nuova e definitiva
rispetto a quella di Plotino
– L'interesse di Porfirio nei riguardi del pensiero di Aristotele è secondo solo a quello
per il pensiero di Plotino; la gran parte delle opere di Porfirio dedicate allo stagirita
riguardano la sua produzione logica, per esplicitare ciò che debba essere il ruolo e la
funzione della logica aristotelica all'interno della formazione del filosofo
neoplatonico.
– La filosofia di Platone non può non essere compatibile con un fondamento
metodologico in cui le tecniche e le regole logiche di Aristotele giocano un ruolo
essenziale (cf. supra).
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 40
Neoplatonismo: Porfirio (II)
• Porfirio sembra che ritorni a quella identità di Essere e Uno che fondava
aristotelicamente la posizione medioplatonica;
– ciò in virtù dei frammenti di un anonimo Commentario al Parmenide di Platone da Hadot
identificato in Porfirio, probabilmente alla sua fase preplotiniana e maggiormente medioplatonica.
– Porfirio non abbandona comunque del tutto la tesi neoplatonica di un Primo Principio, l'Uno
trascendente, ma cerca piuttosto di esaminare da un duplice punto di vista il rapporto Uno-Essere
(Pensiero), dando luogo a una concezione dell'Uno ora considerato come Uno puro e
trascendente - Primo Uno, l’Uno privo di sostanza - ora come Uno-Essere - secondo Uno è
l’Uno nella sostanza.
– I due sono funzionalmente diversi, perché il primo è causa del secondo, ma sono anche
sostanzialmente identici, in virtù del principio che una realtà derivata è in un certo modo la stessa
realtà da cui proviene.
– Porfirio connette quindi le prime due ipotesi del Parmenide alle prime due ipostasi
plotiniane, Uno e Nous, mantenendovi la gerarchizzazione funzionale ma non la separazione
sostanziale
• La teologia porfiriana è caratterizzata da un'accentuata utilizzazione della razionalità
e, di conseguenza, da un uso più spregiudicato e antisuperstizioso della ragione critica nei
confronti dei temi e dei problemi religiosi.
– Questo aspetto del Porfirio teologo si manifestò in maniera più efficace nella battaglia che egli
ingaggiò contro le superstizioni magiche, teurgiche e religiose del suo tempo, nel cui ambito
Porfirio faceva rientrare anche il cristianesimo.
• In Porfirio l'anima umana ha come suo fine ultimo la conversione al suo principio:
– esiste quindi una gerarchia di virtù che culminano nell'ordine delle virtù paradigmatiche, che si
riferiscono alle forme dell'Intelletto divino, di cui anche le virtù dell'anima sono immagini e
imitazioni.
– A tale ordine di virtù sono subordinate le virtù degli ordini inferiori, cioè le virtù politiche, le virtù
purificatrici e le virtù contemplative.
– Ne consegue che il fine ultimo di ogni attività morale è l'assimilazione a Dio.
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 41
Neoplatonismo: Proclo (I)
• Nato a Costantinopoli da famiglia Licia, a circa venti anni andò ad
Atene, ove studiò con i maggiori maestri neoplatonici del tempo.
• La Teologia platonica rappresenta la più estesa e sistematica analisi
dell'intera tradizione platonico-neoplatonica mai compiuta.
– Gli ordinamenti gerarchici comprendono tutta la serie delle mediazioni
neoplatoniche: Uno, Enadi, dèi intelligibili, dèi intelligibili-intellettivi, dèi
intellettivi, dèi ipercosmici, dèi encosmici, anime universali, esseri superiori,
(angeli, dei, demoni).
– Questa classificazione è frutto di una lunga tradizione delle esegesi del
Parmenide, che Proclo poteva attingere dall'insegnamento di Siriano.
• Negli Elementi di Teologia Proclo ha condensato tutto l'essenziale della
sua filosofia.
– I cardini della teologia di Proclo hanno come oggetto una serie sistematica
di temi che esauriscono l'intera dottrina neoplatonica.
– In 211 teoremi Proclo enuncia e dimostra l'intera metafisica neoplatonica: si
tratta di tante verità fondamentali enunciate e dimostrate secondo un criterio
rigorosamente apodittico, e articolate e coordinate tra loro in modo da
formare una sintesi strumentale per ogni tipo di ricerca filosofica
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 42
Neoplatonismo: Proclo (II)
• La processione gerarchica comincia dall'Uno, che rappresenta la monade delle
monadi, e quindi il principio di ogni ordine della gerarchia ontologica, e che
tuttavia non appartiene a questa, e procede da un lato secondo un criterio di
subordinazione gerarchica all'interno di ogni singolo ordine e del complesso di
tutti gli ordini, dall'altro lato secondo un criterio di partecipazione: «Ogni
partecipante è inferiore al partecipato, e ogni partecipato è inferiore
all'impartecipato» (ET teorema 24).
• Tra tutti gli enti che ricevono l'essere, cioè procedono dall'Uno, alcuni, i principi
o cause delle singole gerarchie ontologiche, hanno uno statuto ben distinto e
superiore a quello di tutti gli altri enti, partecipati e partecipanti, perché sono
autocostituentesi e autosufficienti.
– Per essi la processione da parte della Causa prima non significa ricevere da altro il
proprio essere, bensì ottenere che se lo diano da sé: sono quindi causati come tutti
gli enti che non sono l'Uno, ma non sono per questo generati.
– Tale teoria coincide con quella delle Enadi: le Enadi infatti procedono
immediatamente dall'Uno, e gli sono più affini e vicini di tutti gli altri, perché non esiste
termine medio tra essi e l'Uno.
• Poiché l'ontologia neoplatonica è governata da due criteri assoluti, l'unità e la
molteplicità, ogni ente può essere considerato o come un tutt'uno in sé (identità)
o come parte di una molteplicità (diversità): «Tutti gli enti sono, nel rapporto tra
loro, o interi o parti, o identici o diversi» (ET Teorema 66).
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 43
Neoplatonismo: Proclo (III)
• Nel monumentale Commentario al Parmenide il filosofo di Costantinopoli critica
l’approccio meramente logico-argomentativo al dialogo, dall’altro apprezza coloro che da
esso sanno dedurre la teoria della trascendenza tra causa e causato, da lui
analogicamente estesa a tutti i livelli ontologici, e non solo al rapporto tra Uno ed Intelletto
come avveniva in Plotino e in parte in Porfirio.
• In Proclo matura una visione che si potrebbe definire iper-dialettica. Romano distingue
infatti tre «strutture metodologiche fondamentali, che costituiscono, in maniera più o meno
esplicita, l’ossatura di ogni suo discorso metafisico o teologico» (1):
– la dialettica (dialettica positiva o discendente),
– l’analitica (dialettica negativa o ascendente),
– la simbolica,
• Esse corrispondono rispettivamente ad un grado logico positivo, negativo, ipernegativo.
– L’analitica rimane necessariamente imprigionata al livello epistemico proprio della dialettica, di cui
fa parte: si rende quindi necessaria una trascendenza ontologica, quell’ulteriorità metafisica che
solo il simbolo può offrire.
– La simbolica, essendo rivelazione dell’ineffabile ed in quanto tale legata all’ascesa teurgica
dell’anima verso il divino, non può che impiegare un tipo di linguaggio a-semantico, ossia l’unico
modo di rappresentazione del Principio e di ogni realtà ad esso in qualche modo legata.
• In Proclo l’aspetto mistico/teurgico è marcatamente sottolineato
– In lui la fede, la pi/stij, è sinonimo di unione, contatto, comunione.
• La visione di Proclo è indubitabilmente apofatica, la quale «trova nella pi/stij il concetto-
limite rappresentativo della vita nell’assoluto e nell’assoluto» (2)
– Essa non mancherà di influenzare i più acuti e profondi mistici cristiani, d’Oriente e d’Occidente, in
primis Dionigi pseudo-Aeropagita, qui comunque omesso.
Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale
Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 44
• Infine lo studioso evidenzia la fondamentale istanza filosofica di Proclo:
«una teologia scientifica, la quale fa da supporto a una visione religiosa,
anch’essa di ordine filosofico (intellettuale: religio mentis), che a sua
volta rappresenta il “senso” overossia il fondamento stesso, ovviamente
non scientifico, di questa stessa teologia […] al limite si può dire che la
vera teologia di Proclo è una teologia simbolica come elaborazione e
superamento della teologia scientifica del neoplatonismo […] Proclo si
muoverebbe lungo una direttrice di pensiero che lo porta da una visione
scientifico-didattica verso una visione mistico simbolica attraverso
l’intermediario del momento analitico del suo metodo» (432-433).

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  • 2. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 1 Peculiarità del platonismo • Una tradizione di pensiero è sempre un insieme di diverse e variegate interpretazioni di un nucleo originario talora non ben definito ne fissato nei suoi contorni – Le modificazioni possono essere di natura e intensità tali da consentire salti di qualità. • Platonismo è quella filosofia che, pur nella maggiore o minore differenziazione teorica, considera Platone punto di riferimento obbligato e univoco: è ciò che costituisce la “tradizione”. – Sotto di esso potrebbe essere collocato anche il neoplatonismo, nonché tutta una serie di altri movimenti di pensiero, quali il platonismo cristiano dei Padri e tutte le forme di platonismo moderne e contemporanee • Ciò che caratterizza teoricamente il platonismo è il postulato secondo cui le Idee sono Principi, ovvero il principio o la realtà di ogni cosa non è altro che la sua idea i)de/a o ei)=doj), cioè la sua pura intelligibilità, e nessun altro Principio esiste al di là dell'Idea (anche il Bene è Idea, cioè ou)si/a nel senso pieno del termine).
  • 3. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 2 Medioplatonismo: generalità • Il medioplatonismo è un rinnovamento sui generis del platonismo classico, mediato da elementi aristotelici e soprattutto neopitagorici. La tradizione platonica si mantiene sostanzialmente omogenea e coerente con i presupposti teoretici di fondo che l'avevano caratterizzata sin dalle origini: – Idee di trascendenza degli intelligibili (o idee) – Pluralità dei principi – Identificazione o coincidenza tra intelligibile ed essenza – Corrispondenza/affinità tra idee e numeri (matematizzazione della realtà metafisica) • La "riduzione", in termini platonici, della dottrina dell'intelletto divino che aveva caratterizzato la speculazione metafisica aristotelica, ha avuto come conseguenza la identificazione del cosmo intelligibile platonico con il pensiero assoluto o pensiero di pensiero aristotelico • Cio ha aperto per la speculazione dei platonici la possibilità innanzitutto di stabilire un rapporto gerarchico tra i Primi Principi, e quindi di superare la pluralità di questi ultimi in un unico Principio, isolato ed assolutamente trascendente. • Il termine medioplatonismo – e conseguentemente i medioplatonici – si è imposto nel XX secolo, al fine di indicare i Platonici compresi tra Antioco e Plotino: esso indica un movimento di pensiero consapevolmente ancorato alle dottrine di Platone, che si estende cronologicamente tra la metà del I sec. a.C. (Antioco) e i primi decenni del III sec. d.C. (poco prima della speculazione plotiniana).
  • 4. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 3 Medioplatonismo: distanza con il neoplatonismo • Oggi non si esita a considerare il medioplatonismo come la fase iniziale del neoplatonismo, malgrado spetti a Plotino il merito di avere dato sistemazione alle anticipazioni neoplatoniche, causando quella “rottura teoretica nella tradizione neoplatonica” che attua il passaggio da ciò che può essere definito medioplatonismo a ciò che può essere definito neoplatonismo. • Sotto il profilo più squisitamente teorico, la distanza tra medioplatonismo e platonismo, per cui il primo prepara la rottura neoplatonica, risiede soprattutto nella teoria – di derivazione aristotelica – secondo la quale il mondo delle Idee altro non è che il mondo dei Pensieri dell'Intelletto divino.  Il medioplatonismo rappresenta il momento in cui le Idee platoniche diventano gli Intelligibili: la teoria che vuole le Idee quali forme immanenti all'Intelletto divino diviene patrimonio comune sia delle Scuole neoplatoniche pagane, sia di quel Platonismo medievale prodotto della tradizione diretta, ossia medioplatonizzante, di Platone tramite l'influenza del Timeo attraverso Calcidio e Agostino.
  • 5. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 4 Nuclei teoretici comuni a medioplatonismo e neoplatonismo (I) I maggiori elementi teorici di origine platonico/medioplatonica che hanno influenzato il neoplatonismo sono: • Relazione tra archetipo ed immagine: – Nel Fedone, prima, e nel Timeo tutta la dottrina platonica del rapporto tra mondo sensibile e mondo delle Idee, con la teoria, da essa derivata, della creazione del mondo da parte del demiurgo divino, si basa sostanzialmente sulla distinzione tra modello e imitazione, ovverosia sulla esistenza di una relazione necessaria tra l'essere per sé e l'essere per partecipazione. – Le Idee sono altrettanti modelli eterni, rappresentando ciascuna una qualità assoluta e diversa da tutte le altre, della molteplicità infinita degli enti che esistono solo per partecipazione e imitazione di quei modelli o forme che ne costituiscono i principi o fondamenti per la loro stessa realtà ontologica e oggettività gnoseologica.  I neoplatonici si attaccheranno al principio secondo il quale ogni ente è in quanto ha ricevuto, per imitazione o partecipazione, il suo essere da una causa a lui distinta e superiore, che tale essere possiede immanente e nella sua pienezza.
  • 6. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 5 Nuclei teoretici comuni a medioplatonismo e neoplatonismo (II) • Tripartizione ontologica – L’essere viene distinto in intelligibile, sensibile ed intermedio. – L'essere intelligibile è naturalmente l'essere dei modelli o delle forme trascendenti. – L'essere sensibile è quello che appartiene agli enti che imitano gli intelligibili. – L'essere intermedio è, infine, quello che appartiene agli enti matematici, che costituiscono una sfera ontologica il cui essere non è né intelligibile né sensibile e quindi mediano tra i due. • Trascendenza dell’intelligibile – Le forme intelligibili, in quanto modelli ideali di tutto ciò che esiste nel mondo sensibile, trascendono ciò di cui sono forme. – La nozione di trascendenza assume vari significati nel platonismo: anzitutto quello di separatezza – xwrismo/j: se la forma è trascendente rispetto ciò di cui è forma, essa è separata e non unita a ciò di cui è forma
  • 7. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 6 Nuclei teoretici comuni a medioplatonismo e neoplatonismo (III) • Impartecipazione – Il principio di “trascendenza dell'intelligibile” assume anche un altro significato, oltre a quello della "separatezza" rispetto al corporeo, e cioè il significato di "non-partecipazione". – Qualsiasi principio trascendente, anche quando viene partecipato e si trova immanente nel suo partecipante, conserva sempre una condizione di "impartecipato", nel senso che il partecipato presuppone necessariamente l'impartecipato, così come il partecipante presuppone necessariamente il partecipato. – La nozione non è originariamente platonica, nel senso di tale formulazione, ma i neoplatonici ricavarono dal Parmenide e dal Sofista tutta una complessa teoria dei tre livelli dell'essere in ordine alla partecipazione, in cui il termine "impartecipato" gioca un ruolo primario al di sopra degli altri due termini "partecipato" e "partecipante“  Il neoplatonismo ha trasformato una nozione tipicamente platonica come quella della partecipazione in qualcosa che postula la dipendenza della stessa partecipazione dal suo esatto contrario.
  • 8. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 7 Nuclei teoretici comuni a medioplatonismo e neoplatonismo (IV) • Uno-Bene – È di un elemento teorico che in Platone ha assunto una valenza metafisica importante ma non strutturale – La teoria dell'Uno-Bene può essere schematizzata nei seguenti termini: l'idea costituisce, nel suo significato primario, secondo Platone, il fondamento "unitario" di una data molteplicità, rappresenta cioè l'unità della (o nella) molteplicità – La molteplicità, tuttavia, non è proprietà solo della realtà sensibile, bensì anche di quella intelligibile – occorre allora, pensa Platone, trovare un'idea delle idee che costituisca il fondamento unitario della loro molteplicità; tale fondamento è l'idea di Bene, la quale viene definita dallo stesso Platone come il "principio di ogni conoscenza ed essenza”, collocato, per dignità e potenza “al di sopra dell’essenza” (1) – Il Bene dunque, è la parte più elevata dell’Essere e quindi delle idee che sono appunto l'essere in sé e per sé.  I neoplatonici daranno molta rilevanza a tale nozione platonica di Bene e al suo carattere di unità e superessenzialità: Plotino per primo chiamerà "Uno-Bene" il Primo Principio.
  • 9. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 8 Medioplatonismo: Attico • Fra i testi dei medioplatonici è particolarmente notevole un frammento di Attico, dal quale appare come lo sforzo di sistemazione fosse ormai pervenuto nel II sec. d.C. a risultati sufficientemente stabili: «il complesso della filosofia si divide dunque in tre parti, nel campo che si denomina etico, in quello fisico e in quello logico. Il primo fa di ognuno di noi un uomo perfettamente buono, dirige al miglior fine le famiglie intere e inoltre regola anche tutto il popolo con la costituzione più eccellente e con le leggi più accurate; il secondo si estende alla conoscenza delle realtà divine, sia i princìpi in sé e le cause che le altre cose che da queste derivano - quelle cose che Platone chiamò "ricerca sulla natura" — mentre il terzo si aggiunge per assicurare il giudizio e la scoperta di quegli altri due. Ora, che Platone, per primo e più di tutti raccogliendo in unità le parti della filosofia, che fino ad allora erano disperse e lacerate, come qualcuno ha detto, al modo delle membra di Penteo, abbia mostrato che la filosofia è come un corpo, e un corpo vivente, è cosa chiara a chiunque appena la si dice... Uomo compiutamente formato dalla natura e di molto superiore, Platone, inviato veramente dagli dèi perché la filosofia da lui professata si rivelasse nella sua completa integrità, non trascurò nulla e approfondì ogni cosa, senza rimanere in difetto rispetto alla misura del necessario, né andare a finire nell'inutilmente superfluo» (1) • La filosofia di Platone appare dunque ad Attico e lato sensu ai medioplatonici come un complesso organicamente uno, articolato innanzitutto secondo la tripartizione, originariamente stoica, ma ormai universalmente diffusa in etica, fisica e logica.
  • 10. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 9 Medioplatonismo: Numenio di Apamea (I) • Numenio (fine II sec. d.C.) rappresenta il momento culminante del medioplatonismo come preparazione al neoplatonismo. Egli condivide quasi tutte le idee che avevano scandito il percorso del medioplatonismo e del neopitagorismo, correnti di pensiero che egli vede profondamente unitarie e connaturate reciprocamente. • L'opera principale di Numenio si intitolava Sul Bene: Numenio postula l'esistenza di tre principi, che gli chiama "dei" 1. Primo dio, Padre Bene 2. Secondo dio, Figlio creatore 3. Terzo dio, creazione • Le divinità non sono altro che personificazioni di ritmi spirituali scanditi per dar vita al cosmo, esso stesso divino in quanto corpo disteso del dio. Le tre processioni appaiono quindi come momenti di un unico atto creativo che vede, quale principio trascendente e non agente, il Padre, semplicità assoluta ed unitaria, puro Bene, Uno-Bene o Uno-Bene- Intelletto • Ciò che è nel Padre è assoluto, e si invera nel mondo come relativo, copia delle idee intelligibili: è questa la funzione del creatore, o Figlio, posto da un lato di fronte all'eterna contemplazione del non-agente Bene, dall'altro rivolto verso il mondo, alla cui esistenza concorre inverando creativamente gli attributi divini, le idee, rendendo perciò il mondo "divino". • La terza processione divina, la creazione, costituisce il frutto dell'attività della seconda deità, che a questo livello agisce operativamente la sua azione demiurgica, per cui essa va distinta dalla materia, in cui si attua l'estrema forma di negazione dall'incorporeo.
  • 11. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 10 Medioplatonismo: Numenio di Apamea (II) • Il divenire si manifesta come materia, che è degradazione estrema di quell'essenza immutabile che in un certo qual modo, a livello etico, è colto quale male, negazione estrema dell'eterna purità incontaminata dell'essere. • Il mondo quindi come processione creativa procedente dall'Intelligibile; l'Essere tuttavia non agisce direttamente, in quanto la sua azione procede attraverso una articolazione che media per gradi gerarchici la sua attività fino alla platonica "Anima del mondo" che dà ordine.  • Il precorrimento neoplatonico di Numenio è legato alla sua concezione del primo Dio, l’Uno-Bene. • Esso è il puro Bene, contemplato solo nelle vette della mistica, che è possibile vedere esplicitamente nel mondo solo per imitazione, cioè attraverso la riproduzione degli attributi divini. • Tuttavia non c'è comunque ancora la distinzione tra Primo Principio ed Intelletto, né distinzione tra Intelletto ed Essere (o Essenza): è questo il segno più evidente della sua immersione nel medioplatonismo. • È quindi vero che tra Numenio e Plotino vi sono più differenze che somiglianze, anche se le interpretazioni a cui il primo poteva essere sottoposto avrebbero dato luogo a qualcosa di rivoluzionario.
  • 12. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 11 Il passaggio dal medioplatonismo al neoplatonismo (I) • Il neoplatonismo costituisce il punto finale dell’evoluzione della filosofia pagana, soprattutto ellenica, costituendone altresì il canto del cigno sotto molti aspetti. • La sua origine più profonda è dovuta sia a contingenze esterne, in relazione a situazioni storico-culturali, sia a necessità interne, dovute al naturale sbocco di una speculazione – quella classica – che si era venuta sempre più arricchendo di spunti, indirizzi e dottrine e che stava convergendo in un punto finale di raccolta organica e sistematica di tutto quanto prodotto nei secoli precedenti. • Pierre Hadot, in un fondamentale articolo, ha fatto vedere come la sistematizzazione della teologia prodottasi in epoca tardo-antica non fu altro che l’emergere consapevole di un’occulta ansia di razionalizzazione religiosa, causata dalla crisi della mitologia greco- romana prodottasi all’apogeo della civiltà classica (V-IV sec. a. C.)
  • 13. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 12 Il passaggio dal medioplatonismo al neoplatonismo (II) • Hadot sottolinea come teologia pagana riconoscesse tre fonti per la propria speculazione: – il lógos, ossia la teologia razionale (trattazione filosofica) – il mythos, ossia la teologia mitica (racconti dal carattere immaginativo-poetico) – il nomos, ossia la teologia civile o politica (leggi e usanze civile, dal carattere sociale e cultuale). • Le ultime due costituiscono una fruizione "diretta", immediata dei contenuti della teologia, e compito della prima forma di teologia sarà quello di effettuare l'esegesi dei dati contenuti in esse, criticandoli, come avvenne inizialmente, o giustificandoli razionalmente, strada intrapresa nella tarda antichità. • In altre parole il contenuto degli antichi miti, ma non solo quello, dovette essere rivisitato e riletto alla luce di nuove esigenze, più sistematiche dal punto di vista razionale, per poterne estrapolare i contenuti metafisicamente ed eticamente necessari alla sopravvivenza della spiritualità ellenica, sempre più minacciata dalla nascente religione cristiana. • Lo sforzo di sistematizzazione e razionalizzazione della realtà si accompagna però ad elementi teorici di segno opposto, tanto più evidenti quanto più ci si addentra in epoca ellenistica: «l'erompere del discorso teologico, il moltiplicarsi delle figure di dei e semidei e di personaggi demonici, ai quali spetta il compito di saldare mondo celeste e mondo sensibile, la personificazione e divinizzazione degli astri, il risolversi dell'astronomia in astrolatria» (1)
  • 14. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 13 Il passaggio dal medioplatonismo al neoplatonismo (III) • Sarà tuttavia l'insanabile attrito tra lógos e mythos/nomos a provocare, secondo la condivisibile opinione dello studioso francese, la “fine del paganesimo”. • Ciò che effettivamente avvenne in tutta la temperie spirituale dell’epoca – pagani, cristiani, gnostici – fu uno spostamento verso valori differenti, che pose l’accento sulla insufficienza della ragione.  Si può pertanto affermare, con buona verosimiglianza, come i Neoplatonici costituirono l’estremo tentativo del mondo pagano di dare vita a una forma di teoresi sistematica e omnicomprensiva: non è un caso che il neoplatonismo fu, tra tutte le correnti filosofiche dell’antichità, quella maggiormente aperta alle tradizioni spirituali sia endogene sia esogene, o perlomeno lontane, al mondo classico, apertura causata dalla qualitativamente maggiore strumentazione ermeneutica di cui tale scuola era dotata.
  • 15. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 14 Neoplatonismo e platonismo: continuità e rottura • Il Neoplatonismo si pone in linea con la tradizione platonica, ma non in continuità – Come ha evidenziato Francesco Romano, la nozione di tradizione non include necessariamente la nozione di continuità, mentre quest’ultima presuppone la prima. – In altre parole, mentre la continuità è intelligibile solo all'interno di una tradizione, questa al contrario può sussistere anche là dove si ha rottura anziché continuità (1). Tradizione continuità rottura
  • 16. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 15 Neoplatonismo e platonismo: soluzione di continuità teoretica • La filosofia dei neoplatonici nasce, si sviluppa e vive per mezzo e all’interno dell’insegnamento della dottrina platonica nelle sue diverse accezioni ermeneutiche, che nel loro insieme costituiscono quello che si può chiamare la “tradizione” platonico-neoplatonica. • Neoplatonismo si deve intendere come la parte della tradizione platonica che, rifacendosi a Platone, ha modificato la sua dottrina al punto da farle fare un salto di qualità teorica non sovrapponibile a quella del platonismo classico, antico e medio. – Per buona parte del secolo scorso tale salto di qualità è stato considerato opera di Plotino, ma oggi si pensa ad alcuni medioplatonici del II sec. d.C. come Albino e Alcinoo, fino ad arrivare addirittura ad Antioco di Ascalona, filosofo accademico eclettico del I° sec. d.C., il primo platonico che ricondusse il platonismo alla sua forma dogmatica originaria, eliminandone le componenti scetticheggianti.
  • 17. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 16 Neoplatonismo: identità • I neoplatonici si consideravano ed erano considerati a tutti gli effetti dei platonici: – il termine Platwniko/j nelle fonti, soprattutto tarde, indica sempre i medio e i neoplatonici, a differenza dei termine 'Akadem(a)iko/jche invece è quasi sempre riferito ai membri dell'Accademia e quindi agli antichi platonici • Il cosiddetto “salto” speculativo, che la storiografia moderna attribuisce al passaggio tra platonismo antico o medio e neoplatonismo non fu comunque sentito dagli scrittori tardo- antichi, che si limitarono a sviluppare e ad esplicare una verità che proprio per il suo carattere divino non era accessibile e comprensibile a tutti. • Il dogmatismo, la fedeltà alla dottrina, il senso di appartenenza, già sviluppato dai medioplatonici, fu dai neoplatonici sublimato nella coscienza di appartenere ad un vero e proprio movimento di riscoperta e di rivalutazione del pensiero del maestro, assoluto depositario della verità, talora associato a Pitagora, Omero o a qualche altra figura tanto illustre quanto arcaica: fu Proclo ad esporre compiutamente tale modo di sentire • Emblematico, in tal senso, un passo della sua Teologia Platonica, in cui il filosofo di Costantinopoli sostiene che la filosofia di Platone è apparsa all’inizio come luce improvvisa grazie alla volontà degli dei, volontà che è della stessa natura del Bene, e che poi si è “ritirata in se stessa”, rendendosi invisibile alla maggior parte dei filosofi di professione, ed infine è alla fine tornata in auge per opera di alcuni interpreti, i quali «hanno dispiegato per noi i santissimi insegnamenti del divino maestro» (1) • Romano, commentando il passo, afferma: «Filosofia divina e segreta, dunque, trasmessa ed illustrata da divini interpreti, i quali si distinguono tra la moltitudine dei filosofi: ecco la sostanza dell’insegnamento filosofico dei neoplatonici» (2)
  • 18. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 17 Neoplatonismo: finalità • La speculazione neoplatonica non fu primariamente un’attività razionale induttiva compiuta sulla base di un dato oggettivo, immanente e sensibile, come poteva avvenire secondo i principi dell’epistemologia aristotelica • Essa fu precipuamente un’attività deduttiva noetica mossa a partire da un’esperienza soggettiva e trascendente: per questo impose e lasciò in eredità, come dice Romano, un «concetto di filosofia non più rigorosamente definita come gradino supremo del cammino dell’anima, ma vista come risultante di una cooperazione tra lo sforzo di elevazione dell’uomo e l’illuminazione-rivelazione di Dio». • In questa rivelazione «l’ineffabile è pur tuttavia apprendibile anche se non per via dei segni del linguaggio razionale. L’insegnamento diviene puro, si sgancia dal suo connubio con l’interpretare e procede per via rivelativa, come dire che il comunicare non è più merito di chi parla, bensì di un terzo che interviene tra il maestro e il discepolo, quello stesso Primo Principio che è in grado di comunicare la sua stessa ineffabilità» (1).
  • 19. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 18 Neoplatonismo e aristotelismo (I) • La contrapposizione di principio tra platonismo e aristotelismo risalente alle origini, almeno a partire dalle aspre polemiche tra Aristotele e la Prima Accademia, rafforzatasi nella prima età medioplatonica e ancora persistente in una qualche misura con Plotino, cessa del tutto a partire da Porfirio. • La teoria, presente in tutte le scuole neoplatoniche a partire da Porfirio, che fu il primo ad esprimerla compiutamente, dichiara come Aristotele sia il "filosofo" e Platone sia il "teologo": – la filosofia pertanto prepara e introduce alla teologia, nella differenza del loro ruolo gerarchico, in quanto la filosofia, e Aristotele quindi, nulla può insegnare sul divino né sull'origine demiurgica del mondo • Il ruolo dell’Attico rispetto allo Stagirita sarà sempre gerarchicamente superiore: si assiste cioè - a fini didattici - ad una vera e propria gerarchizzazione dei due massimi pensatori classici, definibile quale «sfruttamento neoplatonico di Aristotele». • Si inaugura quindi quella stagione di conversione e programmazione dell'utilizzo dell'Organon quale "propedeutica" per lo studio della dottrina di Platone
  • 20. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 19 Neoplatonismo e aristotelismo (II) • Come dice Romano: «l’esegesi neoplatonica del testo di Aristotele […] deve mirare istituzionalmente a rendere la lettura e lo studio dei testi aristotelici il più possibile funzionali alla lettura e allo studio dei testi platonici» (1). – si tratta di scoprire le attitudini scolastiche di alcuni testi aristotelici, procedendo nella loro comprensione oltre i confini teorici stabiliti dallo stesso Aristotele verso la formazione di un più ampio quadro dottrinale capace di coinvolgere l'intera speculazione dei due grandi maestri della classicità • Da un punto di vista tecnico-operativo ciò condusse: – da una parte quella negativa e discriminatrice, consistente nello smussare o, più raramente, nell’eliminare la divergenza di vedute tra le due “verità” (platonica e aristotelica) solo apparentemente contrapposte o perlomeno distanti in alcuni punti. – dall’altra, che è la più importante, quella positiva ed armonizzante, capace di giustificare teoreticamente la concordanza tra i due filosofi e le rispettive scuole • Quest’ultima (concordanza) fu propria in linea generale a tutta la scuola di Alessandria, in modo particolare a Simplicio, mentre la prima strada (discriminatrice) fu percorsa soprattutto da Proclo e dalla scuola di Atene.
  • 21. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 20 Neoplatonismo e aristotelismo (III) • Intelletto – L’intelletto, in Aristotele, ragiona, giudica e conosce ciò che è intelligibile: gli intelligibili fanno tutt’uno con l’intelletto che li conosce in atto. – Questa teoria generale della facoltà intellettiva dell'anima sarà sfruttata sia dai medioplatonici sia dai neoplatonici che la applicheranno all'Intelletto divino, ipostatizzandolo. Ipostasi neoplatonica. – L'elemento aristotelico relativo alla nozione di intelletto storicamente ha agito sul neoplatonismo attraverso Alessandro di Afrodisia, autore di un importante trattato Sull'anima che ha certamente influito non poco su Plotino e quindi sull'intera tradizione neoplatonica. • Potenza/atto – I neoplatonici la dottrina aristotelica della causalità e la sottopongono a due fondamentali trasformazioni: 1. anzitutto la estendono oltre il mondo sensibile e la applicano per analogiam al mondo dei "principi spirituali"; 2. la combinano con la teoria dell'emanazione (cioè della processione), dentro la quale alcuni aspetti della dottrina aristotelica sono conservati intatti, altri modificati o addirittura rovesciati di significato.
  • 22. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 21 Neoplatonismo e aristotelismo (IV) • Dialettica – I neoplatonici hanno fatto uso abbondante della dialettica aristotelica tutte le volte che il loro discorso non si richiamava esplicitamente al problema dei Primi Principi. – Secondo Aristotele dialettica è scienza del ragionamento fondato su premesse non dimostrate, quale punto di partenza di una dimostrazione – Tutte le volte che le forme sono considerate nella loro natura immanente alle cose come forme cioè degli enti reali e non come modelli in senso platonico di essi, i neoplatonici trattano l'argomento in chiave aristotelizzante, cioè applicando il criterio che lo stesso Aristotele aveva applicato nella sua critica contro Platone e i platonici. – Secondo tale criterio le forme immanenti sono generi e specie e come tali oggetto della scienza dialettica. Questa infatti si basa sulla predicabilità del genere rispetto alle sue specie e sulla sussumibilità logica delle specie nel genere che le comprende: le forme non sono altro che modi di predicabilità delle cose viste nei loro reciproci rapporti classificatori. – Questo modo di intendere la dialettica fu fatto proprio dai neoplatonici, ma solo per un aspetto del loro discorso logico, e cioè per quanto riguarda soltanto la logica delle realtà sensibili. • I neoplatonici tennero sempre ben distinta tale nozione aristotelica di dialettica da quella loro attribuita a Platone, che concerneva le realtà trascendenti, tanto che secondo il loro punto di vista esistono due dialettiche: quella di origine aristotelica che classifica gli enti secondo generi e specie, e l'altra di origine platonica che invece «contempla i principi degli enti».
  • 23. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 22 Neoplatonismo e stoicismo (I) • Anima del mondo – Secondo gli stoici tutta la realtà è costituita da due principi, l’uno agente e l'altro paziente. • Il principio agente è una ragione universale, che essi chiamano lo/goj, la quale nella sua eternità è capace di generare ogni cosa e mantenerla coesa e strutturalmente armonizzata con tutte le altre; • il principio paziente è la materia, cioè la sostanza priva di qualità, capace di ricevere qualunque forma da parte del principio agente e divino. – Tra l'uno e l'altro principio, tra la Ragione e la Materia, c'è un rapporto di tensione, definito to/noj, tale da assicurare l'unità di ciascun ente e dell'insieme degli enti che costituiscono il cosmo ordinato e indistruttibile. – Solo la ragione universale è indistruttibile ed eterna, mentre il cosmo materiale è ciclicamente ricondotto al suo stato originario di pura potenza materiale, per essere di nuovo rigenerato secondo periodi temporali determinati dalla necessità della legge razionale universale. – Il tutto avviene tramite l'azione delle ragioni seminali [lo/goispermatikoi/] che sono altrettante potenze vitali per mezzo delle quali la ragione universale agisce sulla materia.  • Una tale struttura logico-cosmologica pervade l'intera dottrina neoplatonica del cosmo inteso appunto come un tutto unitario, ordinato e governato dall'Anima universale generata dall'Intelletto divino. • A differenza degli stoici, i neoplatonici pensano che anche la materia, cioè il principio paziente e privo di qualità, sia anch'essa generata dal principio agente, nel senso che i due principi di tutta la realtà mondana, quello formale e quello materiale, procedono sostanzialmente dall'unico principio intelligente e trascendente, cioè dall'Uno.
  • 24. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 23 Neoplatonismo e stoicismo (II) • Provvidenza – La nozione stoica di provvidenza pervade la dottrina neoplatonica, intorno alla problematica dei rapporti tra mondo umano e mondo divino, la quale coinvolge la libertà dell’uomo rispetto alla necessità naturale. – Plotino strategicamente compie un operazione di rovesciamento del "materialismo" stoico (identità di provvidenza e destino): • Plotino infatti considera la provvidenza come l'aspetto superiore, divino, del destino. • Provvidenza e destino sono quindi due aspetti della medesima realtà o – ciò che è la stessa cosa – due momenti della vita del Tutto, dei quali il secondo è subordinato al primo. – Tale idea di subordinazione del destino alla provvidenza, nata appunto con la critica antistoica di Plotino, ritorna e si precisa teoricamente con Proclo, il quale dedica ben due trattati a questo argomento, precisamente il De decem dubitationibus circa providentiam e il De providentia et fato. • Proclo infatti ritiene che l'anima razionale dell'uomo, a differenza di quella irrazionale sia capace di elevarsi al di sopra del destino in direzione della provvidenza divina. • Anche nell'uomo sussiste una subordinazione del destino alla provvidenza: per la sua parte inferiore, irrazionale, egli è soggetto al destino, mentre per la sua parte superiore, razionale, egli sfugge ad esso.
  • 25. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 24 Neoplatonismo e pitagorismo (I) • Il pitagorismo è sempre stato intimamente legato al platonismo, fin dalle origini, come attesta il Timeo platonico. • Il legame si è andato poi vieppiù rafforzando nelle ultime fasi della tradizione platonica per via dell'elaborazione dottrinale che di questa ha compiuto il neoplatonismo. • Con il termine neopitagorismo si indica la storia del pitagorismo a partire dal I sec a.C., quando, secondo la testimonianza di Cicerone, Nigido Figulo rinnovò l'antica dottrina che in qualche modo si era estinta. – Per un paio di secoli, il (neo)pitagorismo conobbe una stagione eccelsa, con personalità di spicco quali Moderato di Cadice, Nicomaco di Gerasa, Apollonio di Tiana. • Come nel caso del passaggio dall'Accademia antica al medioplatonismo, anche in quello della transizione tra antico e nuovo pitagorismo le fonti sono molto scarse.
  • 26. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 25 Neoplatonismo e pitagorismo (II) • Contrapposizione dialettica tra Uno e Molti – La lettura neoplatonica del Parmenide si è, per così dire, abbeverata dalla rielaborazione operata dai neopitagorici in merito ai rapporti tra Uno e Molti, rielaborazione che ha insistito sulla trascendenza del primo rispetto ai secondi • Autonomia degli enti matematici – La novità dell'elemento neopitagorico, intrinseco al platonismo, rispetto a quello pitagorico classico consiste in una accentuazione della distinzione tra idee e idee- numeri, quale "autonomia degli enti matematici". • Simbolismo matematico – I neopitagorici accentuarono l'aspetto teologizzante della dottrina dei numeri degli antichi Pitagorici, nel senso che consideravano i numeri, oltre che essenze delle cose, anche simboli della loro natura non fisica. – Le dottrine neopitagoriche riducevano le matematiche, soprattutto l'aritmetica, a scienze teologiche, una teologia da intendersi in senso largo, come “scienza delle proprietà etiche e divine degli enti”. – In tale concezione i numeri erano "simboli" di quelle proprietà, ovverosia strumenti di rappresentazione e di conoscenza della natura nascosta delle cose quali prodotti delle potenze divine. – Da questa esigenza era nata tutta una serie di studi e teorie di cui la tradizione ci ha lasciato ampie testimonianze nei cosiddetti Theologoumena arithmeticae, quasi sempre anonimi e attribuiti ora a questo ora a quel filosofo neopitagorico – Da questo humus sorge l’”aritmologia”, che già presente nella cultura antica, attraverso la letteratura neopitagorica si estese anche ad altre culture di età tardoantica e medievale, prima fra tutte le culture giudaica e cristiana.
  • 27. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 26 Neoplatonismo e pitagorismo (III) • Opposizione e contrarietà – L'antico pitagorismo si caratterizzava soprattutto per la teoria degli opposti (o dei contrari) distribuiti a coppie e queste determinate nel loro numero di dieci. – La teoria pitagorica degli opposti continuò a caratterizzare la tradizione neopitagorica, da cui passò al neoplatonismo. • Armonia – Negli antichi pitagorici l’armonia è legata al numero, ed entrambe rappresentano l’aspetto più universale delle cose. – L'armonia universale si esprime nelle relazioni delle sfere celesti, cioè nel rapporto tra le distanze e i movimenti che emettono suoni corrispondenti alle stesse sfere (armonia delle sfere). In generale, però, l'armonia pitagorica costituisce la conciliazione degli opposti, soprattutto della coppia limite/illimitato • Gerarchia-serialità – Il concetto di numero contiene in sé, fin dall’antico pitagorismo, quello di ordine (ta/cij). – Nel neoplatonismo la nozione di "gerarchia" investe soprattutto la teoria dei Principi e anzitutto la questione del rapporto tra il Principio e tutto ciò che da esso deriva, è sostanzialmente diversa da quella platonica classica, la quale ha valore esclusivamente ontologico ed è concepibile soltanto tra due piani, l'intelligibile e il sensibile, il divino e il mondano – La gerarchia è invece una nozione radicalmente diversa nel neoplatonismo, in quanto costituisce l'ossatura stessa di tutto ciò che esiste a partire dal Principio. L'ordine gerarchico, più che una mediazione ontologica, è una catena di subordinazioni senza soluzione di continuità: «Ogni principio produttivo - scrive Proclo - è superiore alla natura di ciò che esso produce» – Tutti gli ordini o serie sono coordinati tra loro si da formare un tutto continuo dal Principio impartecipato fino agli enti ultimi. Mentre nel platonismo classico tale nozione è limitata alla distinzione e subordinazione di due soli ordini, nel neoplatonismo contiene una serie indefinita di ordini.
  • 28. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 27 Neoplatonismo, cardini teorici: assiologia • Il neoplatonismo scavalca il postulato platonico per il quale le Idee sono Principi, nel senso che lo integra e lo subordina a un diverso postulato, henologico, (teoria dell’Uno), basato su due enunciazioni apodittiche (irrefutabili, incontrovertibili): 1. qualunque teoria dei Principi in quanto tale è falsa, e semmai rappresenta una determinazione particolare della teoria del Principio unico e assoluto; il vero e unico Principio è l'Uno a cui qualsiasi altro principio è subordinato 2. il Principio, l'unico vero Principio, cioè l'Uno, è veramente e)pe/keina th=j ou)si/aj, nel senso che trascende ogni distinzione tra essere e non-essere e perciò è produttivo dell'essere-idea, ovvero della esistenza e della intelligibilità di ogni cosa. • Sotto questo profilo il platonismo si trasforma in una dottrina del Principio che precede qualsiasi dottrina dell'essere, la quale non può non ricevere fondamento dalla prima, all'interno della quale si situa e opera.
  • 29. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 28 Neoplatonismo, cardini teorici: trascendenza/immanenza • Il Principio di Trascendenza, postulato dall'antico platonismo si conserva e si rafforza nel neoplatonismo, ma in una forma del tutto diversa in virtù di un principio nuovo, il principio della pro/odoj, sovente espresso con la metafora della illuminazione o dell’efflusso o emanazione, da cui l'erronea interpretazione del neoplatonismo come "emanazionismo". • Infatti, mentre nel platonismo gli Intelligibili trascendono il sensibile in maniera statica, nel senso che rappresentano i modelli preesistenti alla creazione del mondo con cui hanno rapporto solo attraverso l'opera del Demiurgo, nel neoplatonismo invece gli Intelligibili e in genere tutti i principi sono trascendenti in funzione della loro monh/, che è una posizione dinamica, nel senso che rappresenta appunto l'aspetto trascendente insito nella processione – pro/odoj - e quindi ad essa legata dialetticamente. • La trascendenza in senso neoplatonico è governata dalla legge universale della causalità che Proclo formula cosi: «Ogni principio produttivo è superiore alla natura di ciò che esso produce» (1), e in quest'altro modo: «Ogni causa propriamente detta trascende il suo effetto» (2). • Il neoplatonismo aggiunge in tale contesto teorico la nozione di impartecipabile, assente del tutto nel platonismo, a significare che la vera e assoluta Trascendenza sta nella impartecipabilità del Primo Principio, l'Uno, da cui deriva il carattere di trascendenza proprio di ogni principio di ordine gerarchico inferiore. • Mentre nel platonismo l’immanenza presuppone la relazione con il trascendente, nel neoplatonismo, invece, ha solo il significato di "riflesso" del Principio nel principiato sotto forma di unificazione di ciò che procede in funzione dell'unità del principio da cui procede, sia essa l'unità del Primo Principio, l'Uno, o l'unità della Enade che sta a capo di ogni ordine o serie processionale. – Le Enadi sono i principi che procedono direttamente dal Primo Principio e trascendono, quindi, anche l'essere, cioè l'ordine intelligibile. Anche sotto questo profilo il neoplatonismo rappresenta una rottura con il platonismo.
  • 30. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 29 Neoplatonismo, cardini teorici: gerarchia • La nozione di gerarchia tra i principi, anzitutto tra il Principio e il resto, differenzia e distacca il neoplatonismo dal platonismo. – Per quest'ultimo la gerarchia ontologica è concepibile soltanto tra due piani, l'intelligibile e il sensibile, il divino e il mondano. • La gerarchia è invece una nozione radicalmente diversa nel neoplatonismo, in quanto costituisce l'ossatura stessa di tutto ciò che esiste a partire dal Principio: – «Ogni principio produttivo è superiore alla natura di ciò che esso produce» (1); – «Tutti gli enti procedono da una causa unica che è la prima […] c'è una causa prima degli enti, dalla quale ciascun ente procede come da una radice, trovandosi gli uni vicino ad essa, gli altri a maggiore distanza. Che questo principio debba essere unico, si è già dimostrato quando si è detto che ogni pluralità sussiste per derivazione dall'Uno» (2); – «Ogni ordine ha inizio da una monade e procede verso una molteplicità che è coordinata con la monade, e la molteplicità di ogni ordine risale a un'unica monade» (3). • Tutti gli ordini o serie sono coordinati tra loro si da formare un tutto continuo, dal Principio impartecipato fino agli enti ultimi.  • Appare allora evidente la distanza che separa la nozione platonica di gerarchia da quella neoplatonica: si tratta in sostanza di una nozione che nel platonismo classico è limitata alla distinzione e subordinazione di due soli ordini, mentre nel neoplatonismo contiene una serie indefinita di ordini.
  • 31. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 30 Neoplatonismo, cardini teorici: ontocosmologia • Il neoplatonismo ha fatto uscire il platonismo classico fuori della “gabbia aristotelica” cui era stato confinato per molti secoli, la prigione dell'ontologia o filosofia prima, con una operazione di rovesciamento della vecchia metafisica aristotelica dentro una ipermetafisica che rappresenta esattamente l'opposto dell'ontologia classica, e che talora è stata chiamata me-ontologia. • Infatti il neoplatonismo teorizza che l'essere anche nella sua forma più universale, che è quella dell'intelligibile, è ipostasi non di livello primario, bensì di livello derivato dai principi • Si giunge alla paradossale asserzione che la vera realtà è quella che precede l'essere e che si raggiunge non per via conoscitiva, bensì analogica e simbolica, attraverso la negazione della negazione (negatio negationis) . • Sul piano della cosmologia la rottura neoplatonica produce il rovesciamento della complessa teoria dei rapporti Demiurgo/Intelletto/Anima/Natura. – Nel Timeo la demiurgia del cosmo presuppone che il Demiurgo crei anzitutto l'Anima contenente l'Intelletto e quindi il Corpo: ambedue questi prodotti dell'azione demiurgica costituirebbero insieme il Cosmo. Il Demiurgo dunque è sovraordinato all'Anima e all'Intelletto . • Nel neoplatonismo, invece, la complessa trama dialettica in cui Platone aveva collocato il problema dei rapporti Demiurgo/Intelletto/Anima/Cosmo viene sciolta in una teoria nella quale: – da un lato il Demiurgo si identifica con l'Intelletto, che diviene cosi una ipostasi trascendente quella dell'Anima; – dall'altro lato l'Anima esce dalla sua immanenza nel Cosmo. • In tal modo il Cosmo risulta essere subordinato a tutte le Ipostasi che lo precedono, e cioè all'Intelletto, all'Anima e alla Natura. Il tutto è rafforzato da quel concetto di gerarchia che, nato nel platonismo, acquista, come si è visto, nel neoplatonismo una portata e una importanza teoriche universali.
  • 32. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 31 Neoplatonismo, cardini teorici: teurgia • A partire dal III secolo il paganesimo allargò le maglie alle rivelazioni caldaiche e alle pratiche teosofiche, proprio mentre il cristianesimo si sforzava di elaborare un'impalcatura filosofica al messaggio evangelico. • Ulteriore rottura operata dal neoplatonismo nei confronti del platonismo consiste quindi nella sua disposizione a lasciarsi permeare da parte delle cosiddette “scienze occulte”: precisamente Magia, Mantica, Teurgia, Ermetismo, Orfismo, Oracoli Caldaici ecc. –, fenomeno questo a cui era rimasto estraneo il platonismo classico. – Ne sono testimonianza, da un lato una ricca terminologia desunta da quelle letterature e, dall'altro lato, tutta la teoria imperniata sulla nozione, centrale nel neoplatonismo, di Ineffabile e Segreto [a)/rrhton e a)po/rrhton]. • La letteratura che maggiormente ha esercitato questo ruolo è certamente quella dei cosiddetti Oracoli Caldaici, raccolta frammentaria della II° metà del II sec. d.C. di non chiara provenienza, che sono stati tramandati quasi esclusivamente dai filosofi neoplatonici, i loro maggiori fruitori, in particolare a partire da Giamblico. – Giamblico infatti introduce nel neoplatonismo la dimensione teurgica: la teurgia è una disciplina spirituale derivata dalla teologia degli Oracoli Caldaici, che consisteva nell'esecuzione di pratiche cultuali accompagnate talora dal pronunciamento di nomi o incantamenti magici che provocavano l'apparizione di determinate divinità e permettevano all'anima dell'officiante, una volta purificata, l'unione al divino. – Ciò aveva poco a che fare con il primo neoplatonismo di Plotino, rigoroso e sistematico: Porfirio, suo discepolo e di tendenza aristotelizzante, non a caso polemizzò con queste concezioni giamblichee, anche se con scarsi risultati.
  • 33. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 32 Neoplatonismo, cardini teorici: mitologia e simbolismo (I) • A causa di tale incidenza delle Scienze Occulte, ma anche della sua forte dipendenza dalla teoria dell'Ineffabile, il neoplatonismo si caratterizza anche qui – in contraddizione con il platonismo – come filosofia aperta agli universi del mito e del simbolo. – La prima di tali nozioni, pur presente nel platonismo classico, assume nel neoplatonismo un significato molto più positivo di quanto non ne avesse in quello; la seconda è fattore teorico assolutamente nuovo rispetto al platonismo. • Una certa allegorizzazione filosofica della mitologia, finalizzata a principi etici, si trova in realtà già in Platone, laddove nella Repubblica egli sottolinea la necessità di fornire un criterio morale per una corretta interpretazione dei racconti antichi. • Il medioplatonico Celso conferma la validità del metodo esegetico effettuato sui miti greci, ma tiene ben fermo il principio che questo metodo allegorico non sia applicabile a tutti i racconti: esso va applicato solo a quelli che recano un'enigmaticità passibile di traslazione nel mondo intelligibile, come i misteri Egizi e i misteri Persiani di Mitra. Questi misteri avevano infatti due vantaggi rispetto a quelli cristiani: – si poteva compiere su di essi un'ermeneutica pienamente filosofica; – il loro culto era compatibile con quello dell'imperatore.
  • 34. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 33 Neoplatonismo, cardini teorici: mitologia e simbolismo (II) • I neoplatonici, in parte sollecitati dalle critiche cristiane alle scabrosità esposte nei miti, spingono al limite estremo questa finalizzazione, stabilendo l'analogia tra mito e mistero e tra filosofia ed iniziazione: l’"assurdità", da un punto di vista letterale e materiale, del mito significava la necessità di un suo contenuto iniziatico, costituendo quindi una potente sollecitazione alla ricerca, all'esercizio esegetico, all'affinamento ermeneutico. Venne stabilita una duplice lettura del mito: – a prima vista, il mito appare una serie di eventi senza una razionalità intrinseca; – ad una lettura più approfondita, il mito agisce sull'anima e la eleva fino alla suprema unione con il divino. • Il più lineare e sistematico manuale di esegesi neoplatonica resta comunque il testo Sugli dèi e il mondo di Salustio, amico profondo e stretto collaboratore dell'imperatore Giuliano. – Sulla scia dei manuali di scuola platonici di età imperiale (Albino, Apuleio, Massimo di Tiro), il trattato riecheggia concezioni squisitamente platoniche, come la dottrina della perfezione degli Dei, l'idea che la causa prima dell'Universo sia Esistente come puro Bene, la tripartizione sia antropologica – razionalità/passionalità/sensibilità – sia politica – monarchia/aristocrazia/democrazia –, il ruolo dei punitori delle anime colpevoli. – Inoltre sono numerose pure le concordanze con Numenio, con le Enneadi di Plotino, con il De Mysteriis di Giamblico, con le opere di Giuliano stesso, di altri autori antichi o coevi, di trattati mistico-teurgici. • Le affermazioni mitiche – dice Sallustio – sono spesso basate su coppie di opposti: da una parte il significato esplicito, diretto, essoterico; dall’altra il significato implicito, differito, esoterico, che conduce alle verità supreme nascoste ma accessibili e desiderate dai soli filosofi (1)
  • 35. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 34 Neoplatonismo, cardini teorici: esegetica (I) • Dal I sec. d.C. era divenuto preponderante nell'insegnamento filosofico genere letterario del commentario, soprattutto in greco, ma anche in latino • I neoplatonici ereditano la tradizione commentaria di età altoimperiale (medioplatonismo) imperniata sulla duplice esegesi Aristotele-Platone, il primo propedeutico al secondo, come la logica alla teologia. • I successori di Plotino, specialmente Porfirio - il fondatore dei commentari neoplatonici posteriori -, Proclo e Simplicio, scrissero numerosi commentari, ovviamente a Platone, soprattutto sulla Repubblica e sul Timeo, ma anche ad Aristotele e a Omero. – Francesco Romano ha detto infatti che "il commentario è uno degli aspetti essenziali dell'attività didattica e formativa dei maestri neoplatonici" e "il tipo assoluto di scrittura filosofica neoplatonica". • Questi commentari, di cui si è conservata solo una piccola parte, possono interessare sia la totalità di un'opera, ad esempio Proclo nei commenti al Timeo e all''Alcibiade, sia soltanto parti di essa, come nel caso – in ambito latino - di Calcidio o Macrobio, oppure ancora di Proclo, che nel Commento alla Repubblica riunisce diciassette trattazioni indipendenti le une dalle altre, sebbene esse rispettino l'ordine tematico seguito da Platone. – La filosofia non si impara più con un libero dialogo con il maestro, ma attraverso la lettura di testi autoritativi che vengono commentati.
  • 36. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 35 Neoplatonismo, cardini teorici: esegetica (II) • Il commentario finirà per costituire l'essenziale dell'insegnamento filosofico, il tipo assoluto della trattazione neoplatonica. Fondamentale è – la subordinazione gerarchica, tranne che in Simplicio, dello studio dei testi aristotelici rispetto allo studio di quelli platonici: i neoplatonici solevano definire il livello dei "piccoli misteri" lo studio dei testi aristotelici, livello dei "grandi misteri" lo studio dei testi platonici, sorta di iniziazione teurgica che doveva condurre poi all'epopteia realizzativa finale. • Romano distingue due categorie di discepoli: – da una parte i semplici uditori, – dall'altra i discepoli stabili e stimati dal maestro, che entravano poi a far parte del novero dei suoi collaboratori e, se si rivelavano idonei all'insegnamento, potevano succedergli nella dignitas didascalica – Le stesse risposte dei discepoli potevano offrire l'occasione di apportare modifiche e ripensamenti teoretici al commentario del professore, tanto che spesso il commentario non si rivelò essere un'opera scritta direttamente dal suo autore per così dire ufficiale ma, tramite interpolazioni e successivi ampliamenti, dagli stessi discepoli. • Per quanto riguarda i tipi di commentario, si possono distinguere: – Commentario pedagogico, di livello elementare; – Commentario scientifico, di livello elevato; – Commentario continuo o perpetuo, condotto su un testo unitario (dialogo, trattato, ecc.); – Commentario tematico, condotto su più testi relativi allo stesso argomento • Per quanto riguarda la tecnica, dapprima si lavorava "filologicamente", ossia si correggevano e si emendavano i testi, chiarendone il significato e ricostruendone il contesto letterario. • I neoplatonici in genere si rivelavano ottimi esegeti, poiché la loro preparazione era molto spesso retorico-letteraria
  • 37. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 36 Neoplatonismo, cardini teorici: esegetica (III) Primo ciclo (dopo l’Organon) 1. Alcibiade (Introduzione) 2. Gorgia Etica 3. Fedone Etica 4. Cratilo Logica 5. Teeteto Logica 6. Sofista Fisica 7. Politico Fisica 8. Fedro Teologia 9. Simposio Teologia 10. Filebo (epilogo) Secondo ciclo 1. Timeo Fisica 2. Parmenide Teologia Terzo ciclo Oracoli Caldaici Teurgia
  • 38. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 37 Neoplatonismo: Plotino (I) • Si formò alla scuola alessandrina di Ammonio Sacca. • Il pensiero di Plotino – trasmesso attraverso le Enneadi - poggia su alcuni cardini: • L’Uno. – Plotino, con la sua teoria dell'Uno come Primo Principio, ha determinato il punto di partenza della nuova filosofia platonica: il neoplatonismo, nella sua origine plotiniana, sta tutto nella teoria dell'Uno come Principio unico e assolutamente trascendente i Principi, nozione questa che nasce da una nuova interpretazione del Parmenide platonico. – L'Uno è il principio dell'unità di ogni cosa, giacchè per essere se stessa ogni cosa dev'essere una, ma l'Uno in sé non si identifica con l'unità di nessun ente, neppure con l'Essere in sé. Le varie proprietà che Plotino attribuisce al Primo Principio sono: Bene, Altissimo, Trascendente, Primo, Assolutamente Semplice, Ineffabile, Autosufficiente. • Gli Intelligibili – Il mondo intelligibile è l’Intelletto assoluto che si identifica con l'Essere suo e delle cose che pensa, cioè con gli Intelligibili; qualunque altra dottrina dei generi dell'essere vale solo per il mondo del divenire. – Conseguentemente l'Intelletto in quanto pensiero è l'Essere, ovvero l'insieme degli enti, giacchè dal punto di vista intelligibile pensare ed essere sono la stessa cosa. – Pertanto l'Intelletto e gli Intelligibili fanno un tutt'uno, poiché tra loro non esiste alcuna differenza. • La Dialettica – La dialettica neoplatonica non significa "scienza del ragionamento", bensì "scienza dei principi": è qui il recupero del significato platonico della dialettica contro quella aristotelica. – Plotino rielabora la stessa dialettica platonica: mentre questa valeva solo per le Idee quali intelligibili non identici all'Intelletto, la dialettica plotiniana vale per gli Intelligibili in quanto identici all'Intelletto.
  • 39. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 38 Neoplatonismo: Plotino (II) • La dialettica presenta una struttura triadica: – La monè lo stato in cui un principio resta immobile e immutabile in se stesso nell'atto di generare qualcosa di altro da se. La legge della manenza è anzitutto da Plotino applicata all'Uno, che è "potenza di ogni cosa", dnamivtnpntwn, causa generante di tutto ciò che esiste. Il principio del tutto agisce senza agire, rimanendo cioè immobile e immutabile in se stesso nel momento in cui si producono gli effetti della sua azione. Questo stesso discorso vale per i due Principi primi, l'Intelletto e l'Anima. Tutti e tre i Principi primi producono quindi senza mutamento alcuno nella loro rispettiva natura – La prodoj esprime lo stato per cui un principio, pur permanendo in se stesso, procede in quanto sovrabbonda fuori di sé per dar luogo a qualcos'altro da sé: chi procede lo fa in quando è in sovrappiù della sua realtà. Ciò che genera è comunque sempre più semplice di ciò che è generato, perché esiste a un livello superiore. – La teoria plotiniana della "conversione dialettica" è la logica e necessaria conseguenza della "teoria della manenza": a partire dall'Intelletto fino agli estremi limiti della gerarchia ontologica, tutto si converte verso l'Uno, mentre quest'ultimo non si converte affatto, o si converte solo ed eternamente verso se stesso. – I tre momenti dialettici non devono essere considerati in nessuno modo l'uno separato dall'altro: la processione è legata alla manenza, la conversione è insita nella processione e quindi alla manenza del principio. • Ogni momento della "processione dialettica", da un lato è rivolto verso il basso per il suo potere generante, dall'altro lato è rivolto verso l'alto per la necessità che ha di mantenere il suo rapporto con chi lo ha generato. • In Plotino il percorso di risalita, la conversione, è un processo articolato in tre tappe: – Allontanamento dalla materia verso la forma della ragione discorsiva (dianois), che è al contempo purificazione dal sensibile (katarsis) – Allontanamento dalla forma discorsiva verso la forma intellettiva (noesis) superamento della dimostrazione e attingimento diretto e immediato delle idee nell'Intelletto – Allontanamento dalla forma intellettiva, che è attingimento dell'Uno e unione o rapporto diretto con lui (ekstasis), che Plotino esprime in un passaggio dal sapore misteriosofico
  • 40. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 39 Neoplatonismo: Porfirio (I) • Porfirio accede alla scuola di Plotino a Roma verso il 264, quando il maestro insegnava da una ventina d’anni – Egli dimostrò attitudini di varia natura: filologica, dossografica, apologetica, polemica, biografica, storiografica, mistico-religiosa, scientifica e medico-biologica. • Porfirio non possedeva l'originalità di Plotino, ed era quindi meno "filosofo" dell'egiziano, ma la sua erudizione e la sua capacità di organizzazione del lavoro scientifico lo sostenevano sufficientemente per un’opera di elaborazione dottrinale ed sistemazione testuale – le Enneadi sono opera di Plotino e Porfirio insieme, per il fatto che quest'ultimo aveva dato il contributo maggiore per la stesura del testo abbozzato dal maestro. • Con Porfirio il neoplatonismo si consolida nella sua funzione storica di fattore dominante della storia del pensiero tardoantico, e di precorrimento di quello medievale, ma al contempo muta la prospettiva in ordine al rapporto tra aristotelismo e platonismo, assumendo una impostazione nuova e definitiva rispetto a quella di Plotino – L'interesse di Porfirio nei riguardi del pensiero di Aristotele è secondo solo a quello per il pensiero di Plotino; la gran parte delle opere di Porfirio dedicate allo stagirita riguardano la sua produzione logica, per esplicitare ciò che debba essere il ruolo e la funzione della logica aristotelica all'interno della formazione del filosofo neoplatonico. – La filosofia di Platone non può non essere compatibile con un fondamento metodologico in cui le tecniche e le regole logiche di Aristotele giocano un ruolo essenziale (cf. supra).
  • 41. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 40 Neoplatonismo: Porfirio (II) • Porfirio sembra che ritorni a quella identità di Essere e Uno che fondava aristotelicamente la posizione medioplatonica; – ciò in virtù dei frammenti di un anonimo Commentario al Parmenide di Platone da Hadot identificato in Porfirio, probabilmente alla sua fase preplotiniana e maggiormente medioplatonica. – Porfirio non abbandona comunque del tutto la tesi neoplatonica di un Primo Principio, l'Uno trascendente, ma cerca piuttosto di esaminare da un duplice punto di vista il rapporto Uno-Essere (Pensiero), dando luogo a una concezione dell'Uno ora considerato come Uno puro e trascendente - Primo Uno, l’Uno privo di sostanza - ora come Uno-Essere - secondo Uno è l’Uno nella sostanza. – I due sono funzionalmente diversi, perché il primo è causa del secondo, ma sono anche sostanzialmente identici, in virtù del principio che una realtà derivata è in un certo modo la stessa realtà da cui proviene. – Porfirio connette quindi le prime due ipotesi del Parmenide alle prime due ipostasi plotiniane, Uno e Nous, mantenendovi la gerarchizzazione funzionale ma non la separazione sostanziale • La teologia porfiriana è caratterizzata da un'accentuata utilizzazione della razionalità e, di conseguenza, da un uso più spregiudicato e antisuperstizioso della ragione critica nei confronti dei temi e dei problemi religiosi. – Questo aspetto del Porfirio teologo si manifestò in maniera più efficace nella battaglia che egli ingaggiò contro le superstizioni magiche, teurgiche e religiose del suo tempo, nel cui ambito Porfirio faceva rientrare anche il cristianesimo. • In Porfirio l'anima umana ha come suo fine ultimo la conversione al suo principio: – esiste quindi una gerarchia di virtù che culminano nell'ordine delle virtù paradigmatiche, che si riferiscono alle forme dell'Intelletto divino, di cui anche le virtù dell'anima sono immagini e imitazioni. – A tale ordine di virtù sono subordinate le virtù degli ordini inferiori, cioè le virtù politiche, le virtù purificatrici e le virtù contemplative. – Ne consegue che il fine ultimo di ogni attività morale è l'assimilazione a Dio.
  • 42. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 41 Neoplatonismo: Proclo (I) • Nato a Costantinopoli da famiglia Licia, a circa venti anni andò ad Atene, ove studiò con i maggiori maestri neoplatonici del tempo. • La Teologia platonica rappresenta la più estesa e sistematica analisi dell'intera tradizione platonico-neoplatonica mai compiuta. – Gli ordinamenti gerarchici comprendono tutta la serie delle mediazioni neoplatoniche: Uno, Enadi, dèi intelligibili, dèi intelligibili-intellettivi, dèi intellettivi, dèi ipercosmici, dèi encosmici, anime universali, esseri superiori, (angeli, dei, demoni). – Questa classificazione è frutto di una lunga tradizione delle esegesi del Parmenide, che Proclo poteva attingere dall'insegnamento di Siriano. • Negli Elementi di Teologia Proclo ha condensato tutto l'essenziale della sua filosofia. – I cardini della teologia di Proclo hanno come oggetto una serie sistematica di temi che esauriscono l'intera dottrina neoplatonica. – In 211 teoremi Proclo enuncia e dimostra l'intera metafisica neoplatonica: si tratta di tante verità fondamentali enunciate e dimostrate secondo un criterio rigorosamente apodittico, e articolate e coordinate tra loro in modo da formare una sintesi strumentale per ogni tipo di ricerca filosofica
  • 43. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 42 Neoplatonismo: Proclo (II) • La processione gerarchica comincia dall'Uno, che rappresenta la monade delle monadi, e quindi il principio di ogni ordine della gerarchia ontologica, e che tuttavia non appartiene a questa, e procede da un lato secondo un criterio di subordinazione gerarchica all'interno di ogni singolo ordine e del complesso di tutti gli ordini, dall'altro lato secondo un criterio di partecipazione: «Ogni partecipante è inferiore al partecipato, e ogni partecipato è inferiore all'impartecipato» (ET teorema 24). • Tra tutti gli enti che ricevono l'essere, cioè procedono dall'Uno, alcuni, i principi o cause delle singole gerarchie ontologiche, hanno uno statuto ben distinto e superiore a quello di tutti gli altri enti, partecipati e partecipanti, perché sono autocostituentesi e autosufficienti. – Per essi la processione da parte della Causa prima non significa ricevere da altro il proprio essere, bensì ottenere che se lo diano da sé: sono quindi causati come tutti gli enti che non sono l'Uno, ma non sono per questo generati. – Tale teoria coincide con quella delle Enadi: le Enadi infatti procedono immediatamente dall'Uno, e gli sono più affini e vicini di tutti gli altri, perché non esiste termine medio tra essi e l'Uno. • Poiché l'ontologia neoplatonica è governata da due criteri assoluti, l'unità e la molteplicità, ogni ente può essere considerato o come un tutt'uno in sé (identità) o come parte di una molteplicità (diversità): «Tutti gli enti sono, nel rapporto tra loro, o interi o parti, o identici o diversi» (ET Teorema 66).
  • 44. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 43 Neoplatonismo: Proclo (III) • Nel monumentale Commentario al Parmenide il filosofo di Costantinopoli critica l’approccio meramente logico-argomentativo al dialogo, dall’altro apprezza coloro che da esso sanno dedurre la teoria della trascendenza tra causa e causato, da lui analogicamente estesa a tutti i livelli ontologici, e non solo al rapporto tra Uno ed Intelletto come avveniva in Plotino e in parte in Porfirio. • In Proclo matura una visione che si potrebbe definire iper-dialettica. Romano distingue infatti tre «strutture metodologiche fondamentali, che costituiscono, in maniera più o meno esplicita, l’ossatura di ogni suo discorso metafisico o teologico» (1): – la dialettica (dialettica positiva o discendente), – l’analitica (dialettica negativa o ascendente), – la simbolica, • Esse corrispondono rispettivamente ad un grado logico positivo, negativo, ipernegativo. – L’analitica rimane necessariamente imprigionata al livello epistemico proprio della dialettica, di cui fa parte: si rende quindi necessaria una trascendenza ontologica, quell’ulteriorità metafisica che solo il simbolo può offrire. – La simbolica, essendo rivelazione dell’ineffabile ed in quanto tale legata all’ascesa teurgica dell’anima verso il divino, non può che impiegare un tipo di linguaggio a-semantico, ossia l’unico modo di rappresentazione del Principio e di ogni realtà ad esso in qualche modo legata. • In Proclo l’aspetto mistico/teurgico è marcatamente sottolineato – In lui la fede, la pi/stij, è sinonimo di unione, contatto, comunione. • La visione di Proclo è indubitabilmente apofatica, la quale «trova nella pi/stij il concetto- limite rappresentativo della vita nell’assoluto e nell’assoluto» (2) – Essa non mancherà di influenzare i più acuti e profondi mistici cristiani, d’Oriente e d’Occidente, in primis Dionigi pseudo-Aeropagita, qui comunque omesso.
  • 45. Storia della Filosofia Medievale - A.A. 2009-2010 - Corso di Laurea Triennale Lezione 2: Dal medioplatonismo al neoplatonismo - Scheda 44 • Infine lo studioso evidenzia la fondamentale istanza filosofica di Proclo: «una teologia scientifica, la quale fa da supporto a una visione religiosa, anch’essa di ordine filosofico (intellettuale: religio mentis), che a sua volta rappresenta il “senso” overossia il fondamento stesso, ovviamente non scientifico, di questa stessa teologia […] al limite si può dire che la vera teologia di Proclo è una teologia simbolica come elaborazione e superamento della teologia scientifica del neoplatonismo […] Proclo si muoverebbe lungo una direttrice di pensiero che lo porta da una visione scientifico-didattica verso una visione mistico simbolica attraverso l’intermediario del momento analitico del suo metodo» (432-433).