SlideShare a Scribd company logo
1 of 237
Download to read offline
F. W. J. SCHELLING
L'EMPIRISMO FILOSOFICO
E ALTRI SCRITTI
Presentazione e traduzione
di GIULIO PRETI
LA NUOVA ITALIA EDITRICE
FIRENZE
PROPRIETA LETTERARIA RISERVATA
P· edizione: maggio 1967
Il presente volume raccoglie la traduzione dei seguenti
scritti:
Einleitung zu den Ideen zu einer Philosophie der Natur;
Abhandlu11g iiber das Verhiiltnis des Realen und Idealen
in der Natur; Stuttgarte1· Privatvorlesungen; Darstellung
des philosophischen Empirismus. Aus der Einleitung in die
Philosophie; tutti compresi in Siimmtliche Werke, Stutt­
gart u. Augsburg, Cotta'scher Verlag, 1856-61.
PRINTED IN ITALY
Copyright 1967 by «La Nuova Italia» Editrice, Firenze
PRESENTAZIONE
N
el pensier oe nel l'o
pe ra di Fr i
edric h W
il h
elm ]o
sep h
S
c h
elling (1775-1854) s i r
itr o
v a
n otut ti i p rob
lemi , t
utt ii
mo
ment i, t u
tte le esper i
en z
e del pens i
er ode ll'
ide a
l i
sm o ro­
m a
ntic o, tut ta l ag ra
nde zza di q
uel peri o
d o, e tutti i l i
mi ti
d i ess o. D a un a p a
rte q
uel t
ines a
ur ibi
le ric ch
e zza d i espe ­
r i
en z
e spiritu a
li , q
uell a c
u r
i o
sit àines a
ust a, q
uel c o
r a
gg ionel ­
l 'aff
r o
nt a
re le pi u a
rdite a
vventu r
e spe c
ul a
tive ch
e , ma
lg ra
d o
t
utt o, fa
nn os i c h
e q
uel per io
d oe q
uel m o
viment oese r
c i
tin o
t
uttora·
un i
nd i
scut ibi
le fa
s c
in o sulle m
ent i de i pens a
t ori e
degli studi o
s i c o
nte m
p ora
nei , e ch
e ess osi present i a
ll an o­
st
r a m
ente co
n il ri
c h
i amo n o
st a
lgi cod i un aperdut a aurea
aetas dell a fi
l o
s ofia; d a
ll 'a
ltr aq
uel di a
letti zza
re a
str a
tt o, q
ue i
giu ochi ver ba
li , q
uegl i arb
itr i dedutt i
vi , q
uell 'o
scur a
ment o
d o
g ma
tic ode ipr obl
emi crit i
c i, ch
e ta
nt o c
i dispi a
cev a
n one ­
gl iepig o
n idell '
ide a
lism o- en tra
m biq
uesti a
spett isi r i
tr o­
v a
n one l
l 'op
er adell oSch
e ll
ing. Last or
i adel su opens i
e roè
u np o' l ast or
i adi t
utt al a fi
l o
s ofiam o
de r
n a, isu oip rob
lemi
s o
n o in g ra
n pa
r t
e i n o
str i p rob
lemi , isu o
i di f
etti s o
n o i
di f
etti , res iq
ui ev i
denti d a
l fa
tt ostess odi essere es a
sper a
t i,
d itutt ol '
ide a
l ism o ingenere .
No
n st a
r ò q
u i a
d e s
p o
rre l a vit ae i v a
ri « sis
te mi » del
n o
str oAu to
re , c h
e il lett o
re pu ò tr o
v a
re in q
u a
lsi a
s i st o
ri a
de lla fi
l o
s ofia, sen za co
n ta
re le e c
cellent i mo
n o
gr afi
e sull ' a
r ­
g o
men to1. Q
u e
st i « s
is t
e nzi» ch
e se co
nd o g li st o
r i
c i de l
l a
fi
l o
s ofia il No
st ro a
vre bb
e el abora
t i so
n o t r
e , o c
inq
ue , o
1 Ricorderò soltanto lo Schelling di E. BRÉHIER, Paris 1912, e
quello di M. LosAcco, Palermo, Sandron [s. d., ma 1914].
VI GIULIO PRETI
sette. L}aspetto piu disperante per gli autori di monografie
sullo Schelling è proprio questo: che, si può dire1 ognuna
delle sue non poche opere presenta una diversa sistemazione
metafisica. Anche in opere redatte negli stessi anni1 e quasi
negli stessi mesi, si trovano oscillazioni e differenze notevoli.
Tuttavia nel pensiero dello Schelling ci sono sempre due
strati: uno è) per cosi dire, la scorza1 lo strato superiore, co­
stituito da una metafisica-dialettica sempre instabile e varia­
bile, sempre lirica e in fondo arbitraria, fatta spesso di va­
riazioni intuitivo-poetiche intorno a certi temi fondamentali}
il predominare dei quali è appunto il criterio di identifica­
zione volta per volta delle tre, o cinque o sette fasi del suo
pensiero. Questo strato è il piu appariscente, quello su cui
piu volentieri si è soffernzata tattenzione degli storici, _quello
cui lo Schelling stesso doveva dare maggiore importanza.
Contiene indubbiamente profonde e interessanti intuizioni
filosofiche: ma è proprio quello che ci lascia il piu delle
volte freddi e perplessi, quello che il piu delle volte ci fa na­
scere il dubbio se siamo di fronte ad un reale pensamento
di esperienze culturali e assetto sistematico di concetti filo­
sofici o a giuochi di vuota abilità verbale. Come teologo me­
tafisica Schelling non è certo pari a Ficbte; come dialettico
è infinitamente inferiore a Hegel: ed è per questo che noi,
che abbiamo visto finora neltidealismo classico tedesco lo
sviluppo di una metafisica dialettica, al termine « idealismo »
associamo im1nediatamente i nomi di Fichte e di Hegel, e
solo secondariamente quello di Schelling.
Il secondo strato è invece, per noi} oggi, molto piu inte­
ressa�te. Li troviamo il vero Schelling, filosofo nel senso piu
pieno della parola/ erede attivo e creativo della grande tra­
dizione. kantiana. Questo strato attraversa costantemente
tutta la sua opera senza differenze di periodi e sistemi, e si
L'iene via via c_hiarendo come philosophia prima, come il
P.r.qblema da cui la filosofia prende le mosse, come punto di
partenza problematico della filosofia. Cosi nel pensiero di
S.chelling il pensiero filosofico viene ad essere costituito di
due momenti: . un primo momento} propedeutico e proble­
matico, elabora il « fatto » del conoscere e corrisponde al-
PRESENTAZIONE VII
f« empirismo_filosofico »; il..J_�çQJJdo m_omento) dogmatico)
prende le· mosse dai risultati dell'empirismo filos()fico e pro­
cede alla costruzione del sistema--ipeculativo che_pa_Pft:_ og­
getto fAssoluto, il fondamento sovraempirico del reale.
Ma in che cosa consiste propriamente questo « empiri­
smo filosofico >>? E quale è il suo problema? {.�e,mp��-�!mo
filosofico_-� quella parte.-della filoJofia che oggi) sulle tracce
e-sotto l
)
influsso di Ed. Husserl, chiameremmo f. e n o.m .e­
n o l o g i a. Esso deve partire dal
-
�_jatto » del conoscere)
�ssia dal probTerria- del
-
con:osce��' porne i termin{�e- descri­
verne trascendentalmente (vale a dire risalendo dal « fatto »
alle condizioni "che lo rendono possibile)_ i presupposti im­
pliciti. La principale differenza trala_f�nome!'lologia di Hus­
serl e quella di Schelling è fondamentalmente questa: che
Husserl parte da un'impostazione psicologistica del problenta
fenomenologico per arrivare infine alfimpostazione trascen­
dentalistica)· mentre invece là ··schelling imposta i m m e­
t}_i a t a m e n 1- e-il-problema___f;nomenolagic"orome-t'icerca
delle strutture (ossia condizioni) _trascendentali del �<fatto_!>_
dél conoscere. Questo non è un singolo atto di conoscenza,
né un aspetto particolare del sapere/ ma è un « fatto » of­
ferto) si, dall'esperienza, ma da un'esperienza sui generis, e
già filosoficamente elaborato) ossia idealizzato. Il fatto del
conoscere da cui parte lo Schelling è quello che Husserl,
Banfi e la fenomenologia moderna chiamerebbero la i d e a
del conoscere. Ogni scienza r i d u c e i fatti dell'esperien­
za secondo un proprio procedimento e attuando certe sue
determinate categorie: il fatto fisico è il fatto della scienza
fisica, ossia r i d o t t o secondo le categorie della Fisica ad
avere un significato per questa scienza; cosi il fatto sociolo­
gico è un fatto di esperienza qualsiasi ma r i d o t t o se­
condo le categorie della scienza sociologica al suo significato
sociologico, ecc. Anche la Filosofia del conoscere parte da
un fatto: è il fatto del conoscere, che già è ridotto al suo
sign_ificato filosofico, secondo le sue categorie fondamentali.
Ora gli atti psicologici di conoscenza vanno ridotti a ciò che
in essi costituisce propriamente il problema filosofico del
conoscere) vanno quindi considerati come attuazioni partico-
VIII GIULIO PRETI
lari e perciò emptrzcamente contaminate di un atto o rap­
porto ideale, del conoscere in quanto tale, ossia dell' i d e a
del conoscere. Sappiamo che nessun atto particolare di cono­
scenza, nessun patrimonio, per quanto esteso, di sapere, rea­
lizzano mai completamente la conoscenza e il sapere: onde
nel conoscere e nel sapere empirico vi è uno sviluppo. La
legge costitutiva di questo sviluppo, che insieme costituisce
il fine immanente dello sviluppo stesso, ossia, in termini ari­
stotelici, la fo r m a del conoscere è l'idea del conoscere -
quello che Schelling chianza il « fatto », filosoficamente ela­
borato, della conoscenza.
E questo fa t t o della conoscenza, che è compito della
filosofia spiegare, consiste principalmente in ciò: che vi è un
s o g g e t t o conoscente e un o.� g e tto conosciuto, un
ideale e un reale, uno spirito e una natura. Il « fatto » della
conoscenza dal punto di vista filosofico è dunque l'antinonzia
di soggetto e oggetto. Con ciò Schelling pone precisamente
il problema critico del conoscere, anticipando le future po­
sizioni della Scuola di Marburg, di Husserl, di Banfi, e acco­
standosi alla migliore tradizione kantiana.
Compito della filosofia è di risalire alle condizioni tra­
scendentali della conoscenza, alle condizioni che rendono
possibile il conosc.ere malgrado l'antinomia, ed entro essa:
ma prima l'antinomia va completamente riconosciuta nel­
l'irriducibile tensione dei suoi due poli. Perciò lo Schelling
critica a piu riprese i due tentativi dogmatici di risolvere
l'antitesi in uno dei suoi poli: il realismo scientifico e l'idea­
lismo « relativo » (come egli lo chiama). Egli con lunga ana­
lisi mette in evidenza la contraddittorietà dei tentativi, fatti
dai newtoniani e poi da molti kantiani minori, di far deri­
vare la rappresentazione soggettiva da un influsso causale
esercitàto sul soggetto dalla « cosa in sé », tentativo che urta
nel fatto che esso deve introdurre nella « cosa in sé » cate­
gorie (successione, finalismo, ecc.) che sono evidentemente
forme del pensiero. Ma dall'altro lato, dapprima timidamen­
te, poi con sempre maggiore energia, critica anche l'idea­
lismo di Fichte, rappresentante l'atteggiamento dogmatico
opposto, ma come questo insostenibile: il tentativo di riso!-
PRESENTAZIONE IX
vere i lc o
noscere ne llaso la a
ttivit à d
e ls ogg
etto urt apr o
prio
co
ntr oci ò, c h
e i ls ogg
ett oè t al
e so l
o in q
u a
nt o, essen d
o s og
­
g
ett o d
e lc o
noscere , ha d
i f
ronte as é l'ogg
etto .
M alg
r ad
o q
uesto viv osens o d
e llaport a
t acritic a d
e lp r
o ­
bl
em a, l'
imp o
s taz
ione sc h
e ll
in gh
i a
n a non è pur a, m a fo
rte ­
mente vi z
i a
t a d
i psic olog
ism o: o
ssi a, i lso gg
ett oe l'ogg
etto ,
i d
ue po l
i d
e ll'a
ntitesi , non s o
no c o
nsi d
er a
ti sec o
n d
o lapur a
i d
e atr a
scen d
ent al
e d
e lc o
noscere , m a g
i àsu d
i un pi a
no d
i
a
ttu al
it àesisten z
i al
e , g
i à c o
nt a
min a
ti da c o
ntenuti empirici
e d a
ssio l
o g
ici . Ilso gg
ett oè già laperson aum a
n ain q
u a
nto
d
ot a
t a d
i c a
p a
cit àc o
nos c
itive , e l 'ogg
etto è g
i ài lcomp l
esso
d
e ll
e cose , lan a
tur a. N
essun amer a
vi gl
i a, q
uin d
i , c h
e i lpro ­
bl
em a f
en o
meno log
ic o si convert a imme d
i a
t a
mente , ne ll
e
m a
ni d
e ll
o Sch
e ll
in g, in un pro bl
em amet afi
si ca, e ch
e i v a
rii
g
r ad
i d
e l proce d
im e
nto da l
u i se g
uito per puri fica
re i ter ­
m
ini d
e ll'a
ntino mia d
i v
en ga
n o ent i
t à met afi
sic h
e , a
nto l
o g
i­
c a
men t
e concepite come m o
menti d
e ll'A
ss ol
uto , o p ot e n -
z é d
i esso . N
e lla1'
icerc a d
e lf
on da
mento tr a
scen d
ent al
e d
e l
c
on o
scere si ven go
no af
on d
ere e acont a
min a
re d
ue esi g
en z
e
d
iverse : l'
un aè c h
e , se i ls ogg
etto e l 'ogg
etto son o d
ue en­
tit à in un certo s .e
nso re al
i , « essenti », so gg
ett o e og.�
etto
poss o
no unirsi ne lla sintesi co
n o
scitiv a so l
o in q
u a
nto la
l
oro d
i ff
eren za è d
i al
ettic a, f
enomenic a, m a entr a
m b
i s
ono
m a
ni f
est az
i o
ni d
i un a ter za entit à re al
e e d essente , c h
e l
i
prece d
e e
ntr amb
i e c h
e in essi s i m a
ni f
est a: l'
Asso l
uto ; la
secon da è ch
e , se so gg
etto e ogg
etto sono d
ue entit à « es­
senti » e pe r
t a
nto entr amb
i o gg
ett o d
i con o
scen za, in en­
tr a
m b
i si d
eve trov a
re lame d
esim apr obl
em a
ticit à, la m
e d
e ­
sim a a
n t
in o
mi a: b
is og
n aris al
ire ad un 'a
ntin om
i api u f
on da­
ment al
e e pi u pur a, c h
e non d
eve essere pi u c o
ncepit aco m
e
o
pposi z
ione d
i enti , m a d
i m o
menti tr a
s c
en d
ent al
i . Ed ecco
c h
e l'a
ntin o
mi aè tr a
sf
erit a, in v a
ri a m a
nier a, ne ll'
Assoluto ,
i lq
u al
e , pur essen d
o i n s é, ossi asecon do lasu as o
st a
n za,
i n di f fe r e n t e , t
utt a
vi a d
eve o contenere o da
re ori ­
g
in e alla d
i ff
eren zac o
me d
i ff
eren za d
i al
ettico -
tr as
cen d
ent a
le ,
x GIULIO PRETI
p ro
p ria n o
n al su o e
ss e
r e, ma al suo d
iv e
nir e, al suo far
si ,
al lasu a a
uto c
t i
si .
H e
g el ha m
ostr a
to l'ins ol
u b
i l
it à d
i un si m
il e pr obl
e ma,·
maSchel
ling v
i si è t ra
v a
g l
i a
top e
r t
utt a l asu a v
it a, ed ha
te
nt a
t e v ar
i e sol uz
i o
ni me
t afi
sic he, v
i a v
i a a
ppro f
on d
it e e
p o
i abba
n donat
e . La p r
i ma s ol
u z
ion e è l a s o
lu zio
n e i deali­
sti ca, laq
u a
l evu o
l e da
ppri ma e
ss ereso lt a
nt oun « m
i gl
i o
r a­
me
n to» delsist ema fich
ti a
no . E
ss aè int e
r e
ss a
nt epe rché co­
st i
tuis c
e un asp ec
i e d
i a
ttu a
li smo« a
v a
nt l a le
ttr e», es i to r­
me
nt ane lla mede
si map r
o blema
ti ca. F'
i ch
t e eHegelc e
r ca
n o
la sin te
si d op o l 'a
ntit e
si / Schel
ling e Ge
nti le p r i m a.
Post o l'A
ss ol
ut o c
o meS
p i
rito , co meIdea, e
sso t
utt a
vi anon
p
u ò e
ss ereposto c
o meq
u el so g
g e
tt o che ha d
i f
ronte a s é
l'
o g
g e
tto , 1na c
o me q
u ell'
Asso l
uto S
pirito che è i mmed
i a
t a
i de
nti tà d
i sogg e
tto eogg e
t
to , d
i i dea
l e. er ea
l e. M aun ata
l e
c
o ncez
ion esi a
p rei mm
e d
i a
t ame
nt esu d
i un 'altra, l a conc e­
zio
n ep a
nt e
ist ica der
iv a
t a daun inn e
st o delp e
ns ierodiS
pi ­
n oza e d
i Le
i b
ni z sulfo
n d
o i deal
isti c
o . Q
u ell'Assolu t
o , q
u el­
l'Asso
lu taId
e a, d
ev e es
s ere l'
in fi
nit a e
ssen zain cu i si r
i sol­
v o
n osi a la co
sc ie
n za che la rea
lt à, si a l '
i deal
it àc he la rea
l i
t à:
p e
ns i
e ro e ma
te r
i ade
v o
n o e
ss ere in l
u i, n ell'A
ss ol
ut o, n o
n
c omeq
u a
lit à che lo de
t ermi
n a
n o, be
n si c omep r
in c
ip ii del
l a
su a a
ttu az
ion e ed a
ut ode
te
r m
in az
i o
n e. La co
n cez
i o
n e sp i
no ­
z
i a
n a de
gli at tr i bu t i v
i e
n esup era
t a in q
ue l
l a, cara
tt e­
r
isti came11
t e s chelling h
i a
n a, del
l e p o t en z e , m
o me
nti
d
i ale
tt ic
i p rod
uttivi del r eale sotto c
ui pu ò p or
si tutt a la
ca
p ac
it à dell'A
s so
lu to- oramaii de
nti fica
t oc o
n D
i o- s e
n za
e
s a
u rir
v i
s i. So
tto q
uest a t eor
i a delle« p o
t e
n ze» la f
en ome­
n olo
g ias che
l l
in ghia
n a ha fa
tto n o
t e
vo l
i progr e
ssi , a
n che s e
o sc
u ra
t a dallas o
vr a
struttu ra deis ig
ni fica
ti me
t afi
si c
i ; e
ss a ha
s co
p er
t o l'
i deale ei lreale, l '
i dea e la ma
t er
i a, co
m e s tr u t­
tu r e au
t o
no me, ossi api a
ni esist e1n
i d
i c o
n ce
tti , r a
p po
rti ,
e
c ce
t era, in c
ui i l p e
nsi er
o pu ò riso l
v eretot a
l me
nt e lar eal
t à
em
piric a. M ail me
t od
o me
t afi
sic a d
og ma
ti c
o c o
n i l q
u ale
l'
Autor e a
rriv a a
ll ascop e
rt a, fo
n dame
nt ale da
l punto d
i v
i ­
s ta c
ritico , d
i t al
i s fe
r e d
i a
utono m
i a della r a
gion e è scon ­
ta
to dal r e
si d
uo me
t afi
si ca del p ar a ll e li s mo , l'
i ll
u ­
sio
n e cioè d
i p o
t ert rad
u r
r ei ls i
st ema de
i r a
pp or
ti dellana-
PRESENTAZIONE XI
tur a n el sist e
m a de
i r a
pp o
rti d
i un a m e
t afi
si ca fi
n ali
sti ca­
m e
nt e o
ri e
nt a
t a. M a n ello st e
ss o e
rr o
r e c ad
r à a
n che Hegel
a
ppunt o pe
r d
i fe
tt o d
i a
n a
lisi critic a del signi fi
c a
t o dell'a
u ­
t o
n o
mi a, c ontesist e
m ain d
ip e
n de
nt e d
i m e
t od
i e d
i ca
t e
g o
ri e
t
r a
s ce
n de
nt ali.
La fa
s e de
l p e
nsi ero s che
llin gh
i a
n o pi u feconda, q
u e
ll a
dovei lm e
t odo. fe
n o
m e
n o
l ogi
c o em e
t afi
sic api u fel
i ce
m e
n te
si fo
n d
on o in un ap o
t e
nt e int e
rp re
t az
i o
n e de
i p rob
l e
mi p o­
sti da
ll 'es
p e
ri e
n za spiritu a
l e, è q
u e
ll a c he p o
tr e
mm o ch
i a­
m a
r e es i s t en zi a li s t i c a. Il d
i fe
tt o del
l a d
i alet
ti ca
i dea
listic a è s
t a
t o in g e
n e
r e q
u el
l o del
l a misti ficaz
i o
n e, ci oè
q
u e
ll o d
i t
r a
s fo
rm a
r e a
str a
tt a
ment eJo
r 1n
ul e in a
lt refo
rmu le
m ed
i a
nt e q
u e
ll asp e
ci e d
i ars l
ulli a
n a cheè a
ppunt o ladia­
le
ttic a/ e d
i fa
r c orr
isp o
n derep o
i ad o
gnun o de
i « m o
m e
nti »
co
s i o
tt e
nuti un a fo
rm a d
i rea
lt à e
mpiric a, in m a
ni erapi u o
m e
n o a
r b
it ra
ri a, m a s e
mpr e p e
r ò in m a
ni e
r a a
str a
tt a, ché
c o
mpl e
ss e fo
rm e d
i e
sp e
ri e
n za fi
ni va
n o p e
r ve
nir ri do
tt e a
l
lo
r o m o
m e
nt o d
i a
l e
ttic o, co
n un ac o
mpl e
t a tr a
s c
ur a
n za d
i
tutt a la v
it a che era in esse. Schel
ling ha s e
m p
r e av
ut o in
s o
mm o gr ado q
u e
st o d
i fe
tt o. U
n a vo
lt a sc o
p e
rt a ov
unq
u e
l'a
n t
in o
mi a co
m e co
stitutri ce d
i tutt e le i dee a
ttr ave
rs o l e
q
u a
li n o
i p e
nsi a
m o l'e
sp e
ri e
n za, v
i si è p e
r d
ut o d
i e
t roin un
fa
rr ag
in o
s o g
i oco verba
l e. Ma in q
u e
st a fa
s e l'a
ntin o
mi a
n o
n n a
s cepi u dau n'a
st razio
n et eo
r e
tic a, be
ns i da
l l'
int e
rpr e­
t az
i o
n e i dea
listi ca
m e
nt e c oe
r e
nt e d
i un a rad
ic a
l e e
sp e
ri e
n za
u nzana; n a
s ce da
l fa
tt o c he lo Sche
lling si acco
rg e d
i q
u el
p rob
l e
m ac hes e
mpr esi p o
n e d
i f
r o
nt e aq
u a
ls ia
si p o
si z
i o
n e
i dea
lis t
i ca: l 'i r r azi on al e. Se i l r ea
l e e l '
i dea
l e s o
n o
i de
nti c
i ) q
u e
ll o n o
n pu ò o
pp o
rsi a q
u e
sto n e
ppur e dia
l e
tti ­
canze
nt e) m a deve ri so
l verv
isi c onz
p le
t a
m e
nt e. T
utt avia f
r a
lar ea
lt à e l'
i dea
lit à c'è q
u a
l co
s a d
i o
p aco, d
i oscu
r o) d
i irri ­
duc
i b
i le. È il p rob
l en1ac he do
p ol am o
rt e d
i H e
g els a
r à al
l a
base del p e
nsi ero d
i Fe
u e
r ba
c h e M a
rx c o
m e d
i Scho
p e
n ­
haue
r ; c he do
p o las c
u o
l a d
i Ma
r b
u r
g eHuss erlsi p o
r ra
nn o
N. Ha
rtm a
nn ed E. La
sk. Q
u e
st o q
u a
lc o
s a d
i o
p aco si o
p ­
p o
n e ve
r a
m e
nt e a
ll '
i dea
l e n o
n c o
m e a
ltr a p o
si z
i o
n e de
l l'
i ­
de
a lest e
ss o, m a c o
m ep o
t e
n za ve
r a
m e
nt e o
pp o
sta, a
ppunto
p erchéo
p a
c a, r e
sist e
nt e. I
nt e
rpr e
t a
n doin q
u e
st os e
nso l'a
n -
XII GIULIO PRETI
t ico pe
n s
i e
ro p
it a
gor ico -p
l a
ton ico , lo S
c he
lling inter p
r e
t a
q
u es
to 1n
om e
nto di re si s
ten zacome i
l Il� ov, come l a m a-
t e r i a�· l a op p
o si zion e s
i trov aovunq
ue p e
rc hé e ssaè g ià
a
ll a s
org e
nte delle co s
e , i
n Di
o. C
ome g i à p
er Bo h
me , il
dr a
mm a del b
ene e del m a
le , del pa
r a
d i s
o e dell 'i
n fe
rno ,
d e
ll a sa
gg ezza e d e
ll af
oll i a si trov ag i à i
n Di
o - e p
o i
c hé
D
io è tutte le co s
e � si trov a in tutte le co s
e , i
n tutte le e sp
e ­
rien z
e , i
n tutti i momenti dell av it adello Spirito . S
e i
n q
ue ­
s
to modo i
l pro b
lem a teor e
t i
co , nello s
t ess
o momento c h
e
è vi s
to in un a pro spe
tt i
v a cr it i
c a a
ncor p iu r a
d i
c a
le , è irri­
me d
i ab
ilm e
nte cont a
m i
n a
to , è c e
rto c h
e si tr a
tt a d e
ll a p iu
fe
lice delle cont a
m in azioni s
c he
ll i
ng hi a
ne , di q
uell a c he p iu
r im a
n e a
d e
r e
nte a
ll '
e s
per i e
n za.
A
cc a
nto a
ll a f
eno me
nologi a, un ' a
ltr a p
r e
occu pazione
pre ss
oc hé co s
t a
nte d e
ll '« e
m pi
r is
mo fi
lo s
o fi
co » d e
llo S
c h
el ­
lin g è s
t a
t al a fi l o so fi a d e l l a n at u r a. P
ro b
lem a
c h
e p erò v aperdendo d i im p
ort a
n za am a
no a m a
no c h
e la
s
u a spe
cul az
ione si v a a
llont a
n a
ndo d a
ll '
or i
g i
n a
r ia impo s
t a­
zion e fi
c h
ti a
n a.
Dapr i
nc i
p i
o , i nfa
tt i , il p
ro b
lem adell a fi
lo s
o fiadell an a­
tur a co i
ncide con il p
ro b
lem a dell '
o g ge t t
o d e l c o ­
n o sc e r e (il « non -I
o »): conce pire l '
o g
g e
tto (
o ss
i al an a­
tur a) come r ea
le e o pp
o s
to a
l s
og g
etto , m a i
n m a
n i
er a ta
le
c h
e e ss
o si a, c ionono s
t a
nte , cono s
c i bile e r e al m e n t e co ­
no s
c i bi
l e. La s
olu zi
one : c h
e è l an a
tur a s
te ssa, l '
oggetto , c h
e
med ia
nte i
l s
uo s
vilu p
po fi
n a
l i s
tic a
m e
nte conce p
ito , a
ll a fi
ne
produce i
n sé l acono s
c e
n zad i sé , a
pre l a s
tr a
d a a
lle s
ucce s­
si
ve p o_s
i z
ion i de llo S
c h
ell i
ng , e in pa
rt i
col a
re a
l l'
i d
e a
l i s
m o
ass
oluto e a
l pa
nt eis
mo . M a, g i
unto aq
ue s
te po sizioni , ilpro ­
b
lem ade l
l an a
tur a s
i s
vuot adell a s
u a i
mport a
n za; l an a
tur a
d iv i
ene l 'i
mm a
gine re a
le d e
ll '
un i
v e
r s
o , come laco s
c i
en za n e
div i
en el 'imm a
g i
ne i
d ea
le - i
l p a
r a
llel is
mo fi
n is
ce col s
o ff
o ­
c a
re i
l p
ro b
l e
m a or i
g i
n a
r i
o , f
or za
ndolo entro un a v isi
one
dogm a
t i
c a i
n cu i s
v a
n is
cono tutt ii p
ro b
lem i i
n un b
u i
o dal
q
u a
le em e
rge s
olt a
nto un 'as
tr a
tt ad i a
lett i
c a v e
r ba
le .
PRESENTAZIONE XIII
S
i s v
olg e allo ra in s e
no a llas pec
ula zi
on e s c
h e
l li
ngh ia
n a
una nuo va fi
loso fiade l
la n at
u ra p rev
al e
n te
m e
n te simbol ico­
te
oso fica. Il mom e
n t
o di passaggio è s e
gn at
o dalla lun gafa
se
es i
s te
n zia
l i
s t
i ca, ma g
i àessa si annun c
i anella f
ase dell'idea­
li
smo a
ssolu t
o . I
l p r
obl e
ma d e
ll a fi
loso fiad ella n at
u ra si è
s v
u ota
to di ogn iv er
o c
on te
nu t
o s c
i e
n t
i fic
o : la pol e
mi c
a a
n ­
t
inew t
oniana , c
h en e
ll apr
ima fi
loso fiad e
ll ana t
u ra av
e v
a un
senso , ed a
n z
i un a no tev
ol e i
mpo rt
an za cr
i t
i ca, nel Bruno
diviene un c
o nfl
i tt
o d i g
us ti e d im e
n t
ali tà, l an e
g az
i o
ne d og­
m at
i c
a d e
i di ritt
i d e
ll as ci
en zain q
uan t
o ta
l e, e non un a r
i­
cerca d e
i limi t
i del sa pere s c
i e
n t
i fic
o di retta a
d in te
g r
a r
e i
limiti s t
ess i.
Ne
l pre
s e
n t
e volum e abbi a
mo tr
ado tt
i a
l c
uni s critti fi­
no r
a p
o c
o no ti, m a di no t
e v
ole i
m p
o rt
an z
a in tr
ins ec
a , di ­
rett
i amos tr
a 1·e, in v
a r
ie epo c
he d ell
o s v
iluppo d e
l p e
ns iero
s c
h e
llin g
hi a
n o, l 'i
mpos tazion
e e i
l me to
d odi tr
a tt
a z
i o
ne d e
i
p r
o b
l e
mi d e
ll '« e
m p
i r
ism ofi
loso fic
o » o f
enom e
nol o
gi a, n
el
s e
nso so pra c
h iar
i to.
Il te
s t
o segui t
o è q
u ello c
on t
enu t
o ne
lle Sammtliche
Werke (St
u ttgart.
u. Augsbu r
g , C
o tta'
s c
h er Ver
la g, 1856-
1861, 14 vo
ll .) a çura del fi
gli odi Sc
hell i
n g; ed iz
i o
ne fo
n ­
d a
m e
n t
ale che è s tata poi ri
p r
odo tta, con or
din e d i
ve r
s o,
nell '
edi z
ione d e
ll o Sc
h r
o t
e r (Schellings Werke... in neuer
Anordnung herausgegeben von M. Schroter, Mii
n c
h e
n 1927-
1928, 6 Hauptbde.).
Il p ri
m odegli scritti tradotti è l '« Intro
du z
ion e a
l l
e Idee
per una Filosofia della Natura» (Einleitung zu den Ideen zu
einer Philosophie der Natur), c
he è la p art
e fi
loso fic
am ente
ess e
n zia
l e della prima grande o
pe ra d e
l N
os tro. Occ
up a le
pag g. 5-73 del l o vo
l ., 1a se ri
e , d e
ll '
edi z
ione d i St
o ccar
d a
(
pp. 661 ss. d el I Hauptbd. d e
ll '
ed izi
one Sc
h r
o t
e r). Lo
s cr
i tt
o era stato pubblicato in p ri
m a edizione nel 1797, i
n
s ec
ond aedi zi
on enel1803, quando il pensie rod e
ll oSc
h e
llin g
a v
e va g
i àsu b
i t
o u nano t
e v
o l
e ev o
lu z
ione , ed e ra già gi
un to
a ll'
id e
alismo a
ssolu to (
l a Darstellung meines Systems è d e
l
XIV GIULIO PRETI
1801, il Bruno del 1802, le Vorlesungen iiber die Methode
des akademischen Studiums sono appunto del 1803). Lase­
conda edizione contiene un'« Aggiunt a a
ll 'I
ntr od
u z
i o
ne »
che appunto riflette questa nuova fase, ed imposta il proble­
ma della filosofia della natura da quest o nuovo punt o di
vista.
Il terzo scritto, su « Il rapporto del Reale e dell'Ideale
nella Natura» (Abhandlung iiber das Verhaltnis des Realen
und Idealen in der Natur: oder Entwickelung der ersten
Grundsatze der Naturphilosophie aus den Prinzipien der
Schwere und des Lichts) è uno scritto affatto indipendente
premesso alla seconda edizione (1806) dell'opera Von der
Weltseele. Occupa le pp. 357-378 dello stesso lo vol., r" se­
rie delle Sammtliche Werke (pp. 425 ss. del I Hauptbd.
dell'edizione S
c h
roter ). Siamo già nella fase « esistenziali­
stica » del pensiero schellinghiano, la quale, come è noto, è
rappresentata principalmente dallo scritto Untersuchungen
i.iber das Wesen der menschlichen Freiheit (1809).
Pure a questa fase appartengono le « Lezioni di Stoc­
carda » (Stuttgarter Privatvorlesungen), inedite, e pubblica­
te postume per la prima volta nel vol. VII, la serie, delle
Satnmtliche Werke, pp. 417�484 (pp. 309 ss. del IV
Hauptbd. dell'edizione Schroter). Il g
rande in t
eresse di que­
ste lezioni, tenute ne l1809-1810, sta ne lfatto che esse con­
tengono una completa esposizione sistematica di questa fase
del pensiero schellinghiano, ingiustamente poco conosciuta,
mentre forse è la piu interessante pe r la cultura della n o­
s
tr aetà.
Il quinto scritto, la « Esposizione dell'empirismo filoso­
fico» (Darstellung des philosophischen Empirismus. Aus der
Einleitung in die Philosophie), è pure un inedito, pubblicato
postumo, a pp. 225-286 del vol. X, 11 serie delle Sammtliche
Werke (V Hauptbd., pp. 271 ss. dell'edizione Schroter) 1.
l Della « Esposizione dell'empirismo filosofico » esiste già una
traduzione italiana (a cura di G. Durante) in: F. W. J. ScHELLING,
Lezioni monachesi sulla storia della filosofia moderna ed Esposiztone
dell'empirismo filosofico, Firenze, Sansoni [s. a., ma 1950].
PRESENTAZIONE xv
Sono lezioni tenute a Monaco verso il 1836, e dovevano ser�
vire, con le celebri lezioni sulla storia della filosofia moderna,
come propedeutica alla vera e propria filosofia� intesa ora�
mai come teosofia. In questo importantissimo testo (l'unico
che documenti questa fase del pensiero schellinghiano) il ca­
rattere «fenomenologico >>, e perciò propedeutico1 pre-me­
tafisico dell'empirismo filosofico, rivolto all'analisi di ciò che
è implicito nel «fatto » del conoscere, è completamente
chiarito. Questo scritto getta luce su tutto il pensiero prece�
dente dello Schelling, e perciò lo abbiamo usato per dare il
titolo a tutto il nostro volume.
GIULIO PRETI
INTRODUZIONE ALLE IDEE PER UNA FILOSOFIA
DELLA NATURA
Che cosa sia in generale la Filosofia, è una domanda alla
quale non si può rispondere cosi immediatamente. Se fosse
possibile accordarsi su di un determinato concetto di Filo·
sofia, basterebbe analizzare questo concetto per venire in
possesso di una Filosofia universalmente valevole. La cosa
sta cosi: la Filosofia non è qualcosa che sia presente origina­
riamente e per natura al nostro spirito senza bisogno di al­
cuna attività da parte di questo; ma essa è invece opera della
libertà. Essa è per ciascuno soltanto ciò che egli fa; e perciò
anche l'idea di Filosofia è soltanto il risultato della Filosofia
stessa, la quale, in quanto è una scienza infinita, è insieme
la scienza di se st�ssa 1•
Quindi, invece di premettere un concetto qualsiasi di Fi­
losofia in generale, o di Filosofia della Natura in particolare,
per poi risolverlo nelle sue parti, mi sforzerò di f a r s o r ­
g e r e davanti agli occhi del lettore un tale concetto.
Ma poiché bisogna pur prendere le mosse da qualche
cosa, io presuppongo che una Filosofia della Natura d e b -
h a dedurre da principii la possibilità di una Natura, cioè
del mondo complessivo dell'esperienza. Ma questo concetto
non lo tratterò analiticamente, né, presupponendolo come
l « E perciò anche l'idea di Filosofia è soltanto il risultato della
Filosofia stessa: invece una Filosofia universalmente valida è un'oscura
chimera» (la _ed.).
2 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
giusto, vorrò trarne delle conseguenze: tna prima di tutto
ricercherò se abbia in generale realtà, o se esprima qualcosa
che si possa r e a l i z z a r e .
SUI PROBLE.l.1;1 CHE DEVE RISOLVERE UNA FILOSOFIA DELLA
NATURA
Chi è immerso nello studio della Natura o nel mero go-­
dimento del suo regno non si chiede se una Natura ed una
esperienza siano possibili. Per lui essa è là, e tanto basta,.
egli l'ha resa molto reale con l' a z i o n e ; e la domanda
« che cosa sia possibile » la fa solo chi non crede di tenere
in mano la realtà. Epoche intere sono trascorse nell'indagine·
della natura, e non si è ancora stanchi di essa. Individui han­
no dedicata tutta la loro vita a questa impresa e non hanno
ancora cessato di adorare la dea velata. Grandi spiriti, senza
curarsi di esaminare i principii su cui erano fondate le loro
scoperte, sono vissuti nel loro proprio mondo: e che cosa è
tutta quanta la gloria dell'acuto genio di colui che dubita in
confronto alla vita di un uomo che ha portato un mondo nel
suo cervello e tutta quanta la natura nella sua immagina-­
zione?
Come sia possibile un mondo fuori di noi, come sia pos­
sibile una natura e con essa un'esperienza, sono domande·
che dobbiamo alla Filosofia : o meglio, con queste domande
è nata la Filosofia. Prima gli uomini erano allo stato di na­
tura (in senso filosofico). Allora l'uomo era ancora uno con
sé e con il mondo che lo circondava. In oscure reminiscenze
questo stato si presenta ancora agli occhi anche di quei pen­
satori che piu se ne sono sviati. Molti non Io abbandonereb­
bero mai e sarebbero felici in se stessi, se non li seducesse il
màlo esempio; perché la natura non libera spontaneamente
nessuno dalla sua tutela, e nessuno è n a t o figlio della li­
bertà 1• Non si potrebbe neppure concepire come l'uomo
l « I maggiori filosofi furono sempre i primi a ritornarvi: e SoM
crate (come narra Platone) dopo che per tutta la notte era stato in
PROBLEMI DI UNA FILOSOFIA DELLA NATURA 3
avesse potuto uscire da quello stato, se non sapessimo che il
suo spirito, il cui elemento è la l i h e r t à , aspira a ren­
dersi libero, e doveva prima svincolarsi dai ceppi della na­
tura e dalle cure di essa, !asciandola all'inconsapevole sorte
delle sue proprie forze, per poter poi ritornare come vinci­
tore e per opera propria a quello stato in cui, inconscio di
sé, aveva vissuto la fanciullezza della sua ragione.
Non appena l'uomo si pone in opposizione con il mondo
esterno (e come faccia lo vedremo in seguito), è fatto il pri­
mo passo verso la Filosofia. Con quella separazione ha inizio
la riflessione 1; d'ora in poi egli separa ciò che la natura
aveva unito per sempre, separa l'oggetto dall'intuizione, il
concetto dall'immagine, e alla fine, facendosi oggetto a se
stesso, separa sé da sé.
Ma questa separazione è soltanto m e z z o , non f i -
n e . Perché l'essenza dell'uomo è l'azione. Ma quanto meno
egli riflette su di sé, tanto piu è attivo. La sua attività piu
alta è quella che non conosce se stessa. Non appena egli si
è fatto oggetto di sé, non è piu tutto quanto l'uomo che agi­
sce: egli ha annullato una parte della sua attività per poter
riflettere sull'altra. L'uomo non è nato per sciupare la sua
forza spirituale nella lotta contro il fantasma di un mondo
immaginario, ma per usare tutte le sue forze nei confronti
con un mondo che influisce su di lui, ne mette a prova la
potenza e sul quale egli può agire di rimando; quindi fra lui
e il mondo non deve essere aperto nessun abisso; fra di essi
deve essere possibile il contatto e l'azione reciproca - ché
solo cosf l'uomo diventa uomo. Originariamente nell'uomo
vi è un assoluto equilibrio delle forze e della coscienza; ma
egli mediante la libertà può distruggere questo equilibrio,
per poi ristabilirlo mediante la libertà. Ma solo nell,equi­
librio delle forze vi è sanità.
La mera riflessione è dunque una malattia dello spirito
piedi immerso in meditazione, all'alba salutò con la preghiera il sole
nascente». (Aggiunta della prima edizione).
l Nella prima edizione al posto di «riflessione » era « specula­
zione », al posto di « riflettere », « speculare ».
4 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
dell'uomo, soprattutto in quanto essa instaura la sua signo­
ria su tutto quanto l'uomo, signoria che uccide in embrione
la sua piu alta esistenza e alle radici la sua vita spirituale,
che rampolla soltanto dall'identità. Essa è un male, che ac­
compagna l'uomo nella vita e distrugge in lui ogni intuizio­
ne anche per i piu comuni oggetti di conoscenza. La sua
opera di separazione non si limita al mondo fenomenico;
separando da questo il principio spirituale, riempie il mon­
do intellettuale di chimere contro le quali non è possibile
lotta alcuna, perché esse stanno del tutto al di là della ra­
gione. Essa rende permanente la separazione dell'uomo dal
mondo, considerando quest'ultimo come una cosa in sé, che
né intuizione né immaginazione, né intelletto né ragione rie­
scono a raggiungere 1.
Di fronte ad essa sta la Filosofia, che considera la rifles­
sione in generale semplicemente come un mezzo. La Filoso­
fia deve presupporre quella separazione originaria, ché senza
di quella non avremmo bisogno di filosofare.
Perciò essa non accorda alla riflessione che un valore
n e g a t i v o . Parte da quella separazione originaria per
tornare ad unire mediante la l i b e r t à ciò che nello spi­
rito umano era originariamente unito s e c o n d o n e c e s -
s i t à , cioè per superare per sempre quella separazione. E
l Questo capoverso nella prima edizione era: « La m e r a spe�
culazione è dunque una malattia dello spirito dell'uomo, ed inoltre
la piu pericolosa, che uccide l'embrione della sua esistenza, e sradica
l'essere. Essa è un demonio che, una volta divenuta preponderante,
non si può piu scacciare, né mediante gli stimoli della natura (infatti,
che possono questi su di un'anima spenta?), né mediante il fragore
della vita.
Scandit aeratas vitiosa naves
Cura nec turmas equitum relinquit.
Contro una filosofia che non considera la speculazione come m e z z o
ma come f i n e , ogni arma è buona. Ché essa tormenta la ragione
umana con chimere, contro le quali non è possibile lotta alcuna poi�
ché esse stanno al di là della ragione. Essa rende p e r m a n e n t e
la separazione dell'uomo dal mondo, considerando quest'ultimo come
una c o s a i n s é che né intuizione né immaginazione, né intelletto
né ragione riescono a raggiungere».
LA RIFLESSIONE 5
poiché si è fatta essa stessa necessariamente mediante quella
separazione - e ciò pure era soltanto un male necessario,
una disciplina della ragione traviata -, da questo punto di
vista lavora alla distruzione di sé. Quel filosofo che avesse
speso tutta o una parte della sua vita a seguire la @osofia
di riflessione nel suo infinito duplicarsi, per poi superarlo
nelle sue ultime opposizioni, per questo servigio, che anche
se negativo dovrebbe essere considerato pari agli altri piu
elevati, si guadagnerebbe il posto piu degno, anche se non
avesse potuto arrivare alla gioia di vedere la filosofia nella
sua forma piu assoluta risorgere dalle lacerazioni introdotte
dalla riflessione per sé 1. - L'esposizione piu semplice di pro­
blemi complessi è sempre la migliore: chi per primo fece
attenzione a ciò, che egli poteva distinguere se stesso dalle
cose esterne, e quindi le sue rappresentazioni dagli oggetti,
e viceversa, fu il primo filosofo. Per primo egli ruppe il mec­
canismo del suo pensiero, distrusse l'equilibrio della coscien­
za nella quale soggetto ed oggetto sono uniti nella maniera
piu intima.
In quanto mi rappresento l'oggetto, oggetto e rappre­
sentazione sono una e la medesima cosa. È proprio in que­
sta incapacità di distinguere, nell'atto della rappresentazione,
l'oggetto dalla rappresentazione, che si fonda per l'intelletto
comune la convinzione della realtà delle cose esterne, di cui
tuttavia ha notizia soltanto attraverso rappresentazioni.
Questa identità dell'oggetto e della rappresentazione vie­
ne tolta dal filosofo, in quanto egli chiede: come si for­
mano in noi le rappresentazioni di cose esterne? Mediante
questa domanda trasportiamo le cose f u o r i di noi, le
presupponiamo come indipendenti dalle nostre rappresenta-
1 « Il filosofo che spende tutta o una parte della sua vita a se­
guire la filosofia speculativa nei suoi abissi senza fondo per scavarne
ivi il fondamento piu profondo, offre all'umanità un olocausto che,
poiché è sacrificio di quanto di piu nobile egli abbia, forse deve es­
sere considerato alla pari degli altri piu elevati. Felice davvero se
riesce ad allargare tanto la filosofia da fare sparire per sempre dalla
memoria degli uomini anche l'esigenza ultima di essa come scienza
particolare, e quindi anche il nome » (la ed.).
6 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
zioni. E quindi ci deve essere fra loro e le nostre rappresen­
tazioni un rapporto. Ma noi non conosciamo altro rapporto
r e a l e fra cose d i v e r s e che quello di c a u s a ed
e f f e t t o ; perciò la prima ricerca della filosofia consiste
nel cercare di porre oggetto e rappresentazione nel rapporto
di causa ed effetto.
Ma abbiamo espressamente poste le cose come indipen­
denti da noi. Tuttavia ci sentiamo dipendenti dagli oggetti,
perché la nostra rappresentazione è r e a l e solo in quanto
noi siamo necessitati ad ammettere una concordanza fra
essa e le cose: perciò non possiamo considerare le cose come
effetti delle nostre rappresentazioni. Quindi non rimane al­
tro che considerare le rappresentazioni come dipendenti dal­
le cose, queste come cause, quelle come effetti.
-· Ma subito a prima vista si scorge che con questo tenta­
tivo non otteniamo quello che volevamo. Volevamo spie­
gare come avvenga che in noi oggetto e rappresentazione
siano uniti in maniera inseparabile, poiché solo in questa
unione sta la realtà del nostro sapere di cose esterne, ed è
proprio questa realtà che il filosofo deve esporre. Solo se
sono c a u s a delle nostre rappresentazioni le cose possono
p r e c e d e r e le rappresentazioni : ma con ciò la separa­
zione delle une dalle altre diviene permanente. Ma noi, dopo
avere separati mediante la libertà oggetto e rappresentazio­
ne, volevamo di nuovo mediante la libertà riunirli; vole­
vamo sapere che, e perché, fra di essi non v'è or i g i n a ­
r i a m e n t e separazione alcuna.
Inoltre non conosciamo le cose che mediante le nostre
rappresentazioni, e in esse: e perciò non abbiamo alcun con­
cetto di che cosa mai siano esse in quanto precedenti le
nostre rappresentazioni, cioè in quanto non rappresentate.
Infine, se io chiedo come avviene che io abbia rappre­
sentazioni, pongo me stesso a l d i s o p r a della rappre­
sentazione; mediante questa stessa dotnanda io divengo un
essere che si sente originariamente l iber o nei riguardi
di ogni attività rappresentatrice, che contempla a l d i
so t t o di sé la stessa rappresentazione e tutte le connes­
sioni fra le sue rappresentazioni. Attraverso questa stessa
OGGETTO E RAPPRESENTAZIONE 7
domanda io divengo un essere che, indipendentemente dalle
cose esterne, ha un E s s e r e i n s e s t e s s o .
Quindi con questa domanda io mi tiro fuori dalla serie
delle mie rappresentazioni, mi dico sciolto dal rapporto con
le cose, pervengo ad un punto ove alcuna forza esterna non
può raggiungermi; ed ora per la prima volta si scindono due
entità nemiche, lo Spiri t o e la M a t e r i a . Io le col­
loco in due mondi diversi fra i quali non è piu possibile rap­
porto alcuno. Per il fatto che esco dalla serie delle mie rap­
presentazioni, anche causa ed effetto sono concetti che con­
templo a l d i s o t t o di me: infatti essi risultano solo
dalla necessaria successione delle mie rappresentazioni, dalla
quale io mi sono sciolto. Come posso dunque sottopormi a
mia volta a questi concetti, e fare agire su di me le cose che
sono fuori di me? 1
Oppure è possibile fare il tentativo opposto, lasciare che
le cose esterne operino su di noi e poi spiegare come noi,
malgrado ciò, perveniamo alla domanda « come siano pos­
�ibili in noi le rappresentazioni »?
A dire il vero, non è concepibile come le cose possano
agire su di me (un essere libero). Concepisco solo come le
cose agiscano sulle cose. Ma in quanto io sono liber� (ed io
l o s o n o , in quanto mi elevo al di sopra dell'insieme delle
cose, e mi chiedo .come questo stesso insieme sia possibile)­
io non sono una c o s a , un o h i e t t o . Io vivo in un
mondo che è tutto mio proprio, sono un essere, che non esi­
ste per altri esseri, ma solo p e r s e s t e s s o . In me pos­
sono essere solo atto e attività; da me possono soltanto
a v e r e i n i zio azioni, ma non può esservi alcun p a ­
t i r e , perché p a t ir e si ha solo là ove sia azione e rea­
zione, e questa è solo nel rapporto delle cose, al di sopra
l Ciò è stato fin dal principio obiettato alla filosofia kantiana da
alcuni uomini acuti. Questa filosofia fa nascere tutti i concetti di
causa ed effetto nel nostro spirito, nelle nostre rappresentazioni, e
poi di nuovo fa causare in me dalle cose esterne le rappresentazioni
stesse, secondo la legge di causalità. Una volta ciò non lo si voleva
sentire; ma ora lo si dovrà pur udire. [N. d. A.].
8 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
delle quali io mi sono innalzato. Supponiamo pure che sia
cosi, che io sia una c o s a confusa anch'essa nella serie delle
cause e degli effetti, e tutto quanto il sistema delle mie rap­
presentazioni sia un mero risultato delle molteplici azioni
che hanno operato su di me dall'esterno - in breve, che
anch'io sia una mera opera del meccanismo. Ma ciò che è
compreso nel meccanismo, non può uscire dal medesimo e
chiedere: come è stato possibile tutto ciò? Q u i , in seno
alla serie dei fenomeni, l'assoluta necessità gli ha assegnato
il suo posto: se esso lo abbandona, non è piu questo essere,
e non si comprende piu come una qualunque causa esterna
possa agire su questo essere indifferente, completo e perfetto
in se stesso.
Per potere filosofare bisogna dunque essere c a p a c i
di quella stessa domanda, con la quale ha inizio ogni filo­
sofia. E questa domanda non è tale che si possa ripetere ad
altri senza un'attività da parte di questi: essa è un problema
liberamente posto, spontaneamente impostato. Il fatto che·
io sia capace di sollevare questa questione dimostra a suffi­
cienza che in quanto tale sono indipendente dalle cose ester-.
ne : altrimenti non avrei potuto chiedere come siano possi­
bili per me, nella mia rappresentazione, queste stesse cose.
Si dovrebbe dunque pensare che chi anche soltanto pone
questa domanda, proprio per ciò rinuncia a spiegare le sue
rappresentazioni come effetti dell'azione di cose esterne. Ma
questa domanda è caduta in mano di persone che erano com­
pletamente incapaci di porsela da sé; e nel passare sulle loro
labbra essa ha preso un senso diverso, o meglio ha perduto
ogni senso e significato. E s s i sono esseri che non si co­
noscono se non in quanto leggi causali ne dispongono a loro
piacimento: I o , in quanto pongo quella domanda, mi sono
innalzato al di sopra di queste leggi. E s s i sono implicati
nel meccanismo del loro pensiero e delle loro rappresenta-­
zioni : I o ho spezzato questo meccanismo. Come possono
essi intendermi?
Chi per se stesso non è altro che ciò che hanno fatto di
lui cose e circostanze; chi, privo di potere sulle sue proprie
rappresentazioni, è travolto e trascinato dal torrente delle
LA LIBERTÀ 9
cause e degli effetti - come può sapere donde viene, dove
va, e come è divenuto ciò che è? Lo sa forse l'onda che va
alla deriva con la corrente? Egli non ha neppure il diritto di
dire di essere il risultato dell'azione concomitante delle cose
esterne, perché per poter dire ciò deve presupporre di cono­
scere se stesso e quindi di e s s e r e q u a l c o s a p e r s e
s t e s s o : ma egli non lo è. Egli è solo per altri esseri ra­
gionevoli - non esiste per sé, è un mero o g g e t t o che fa
parte del mondo, ed è utile per lui e per la scienza che egli
non abbia mai sentito altro, né altro si sia immaginato.
Dai tempi piu remoti gli uomini comuni hanno opposto
ai maggiori filosofi cose che anche i bambini e gli infanti ca­
pirebbero. Si sta a sentire, si legge, e ci si meraviglia che sf
grandi uomini abbiano ignorato cose sf comuni che uomini
notoriamente piccoli avrebbero potuto insegnare loro. Nes­
suno pensa che probabilmente essi tutte queste cose le sape­
vano, altrimenti come avrebbero potuto nuotare in tal modo
contro la corrente dell'evidenza? Molti sono convinti che
Platone, se avesse potuto leggere· Locke, sarebbe scappato
vergognosamente; parecchi credono che anche Leibniz, se
potesse risuscitare dal mondo dei morti per andare a scuola
da loro anche per un'ora, si convertirebbe; e quanti sono
gli scemi che hanno cantato inni di vittoria sul sepolcro di
Spinoza?
Allora cos'è stato, chiederete voi, ciò che ha spinto tutti
questi uomini ad abbandonare le opinioni comuni della loro
età e ad elaborare sistemi che sono cosi in contrasto con
quello che i piu hanno sempre creduto e si sono immagi­
nato? È stato un libero slancio, che li ha innalzati ad un
piano in cui voi non potete piu comprenderne neppure i pro­
blemi, mentre ad essi diventano inconcepibili molte cose che
a voi sembrano estremamente semplici e comprensibili 1.
1 « È stato un libero slancio, che essi diedero a se stessi, e che
Ii ha innalzati ad un punto in cui le plumbee ali della vostra imma­
ginazione non potrebbero portarvi. Dopodiché essi si furono cosi in­
nalzati sopra il corso della natura, divennero inconcepibili per loro
molte cose che per voi sono cosi ben concepibili » (ln ed.).
10 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
Per loro era impossibile connettere e porre in contatto
cose che in voi natura e meccanismo hanno unito per sem­
pre. Similmente erano incapaci di negare sia che vi fosse un
mondo fuori di loro sia che vi fosse in loro uno spirito, e
tuttavia non appariva loro possibile alcun rapporto fra i
-due. - A voi, anche se pensate a quei problemi, non viene
mai fatto di tramutare il mondo in un giuoco di concetti o
lo spirito in voi in un morto specchio delle cose 1 •
Per molto tempo lo spirito umano (ancora giovane di
forze, e appena nato dagli dei) si era perduto in mitologie
e fantasie poetiche sull'origine del mondo, e tutte le reli­
gioni erano fondate su quella lotta fra spirito e materia,
quando un genio felice - il primo filosofo - trovò i con­
cetti con i quali tutte le epoche successive compresero e :fis­
sarono i due poli del nostro sapere. I maggiori pensatori del­
l'antichità non osarono uscire da quell'antinomia. P l a t o ­
n e ancora pone la materia come un « altro » 2 di fronte a
Dio. :Q_pri!J}Q che considerò con pie�onsa��voJ��pir.ito
-e materia come una cosa sola, pensierò--e-é
f
estensione . come
modtfìca�z!orli dello stesso prlncipiq:fu s Pfn -� z a . Il suo
sist
ema f� la prima·-·ardffi"
"conce
-
zioilecli"-uìi;ìmmaginazione
-creatrice, che ricomprese immediatamente il finito nell'idea
dell'infinito, concepito puramente come tale, e riconobbe
quello solo in questo 3. Poi venne L e i b n i z e percorse
la strada opposta. È venuto il tempo che si può restaurare
la sua :filosofia. Il suo spirito disdegnava le pastoie della
scuola : non c'è quindi da meravigliarsi se egli fra di noi è
sopravvissuto solo in pochi Spiriti a lui affini e fra tutti gli
altri è divenuto da molto tempo uno straniero. Egli appar­
teneva alla piccola schiera di coloro che trattano anche la
scienza come un'opera della libertà 4; aveva in sé lo spirito
1 « Tramutare... in materia » (la ed.).
2 << un ente indipendente » (la ed.).
3 « di un'immaginazione creatrice, che operò il passaggio dal�
l'infinito dell'idea al finito dell'intuizione » (lo. ed.).
4 « che rimirano sotto di sé tutto, ed anche la stessa verità »
( 111 ed.).
PENSIERO ED ESSERE 1 1
universale del mondo che si rivela in molteplici forme e dove
giunge porta vita. Perciò è due volte ingiusto che si pretenda
di aver trovate solo ora le parole giuste per la sua filosofia, e
·che la scuola kantiana gli appioppi le sue invenzioni, facen-
dogli dir cose esattamente contrarie a ciò che egli ha inse­
_gnato. Non c'è cosa da cui Leibniz potesse essere tanto lon­
tano quanto dalla chiusura speculativa di un mondo di cose
in sé che, sebbene nessuno spirito lo conosca e lo intuisca,
tuttavia opera su di noi producendo tutte le rappresenta­
zioni. La prima idea, da cui egli prese le mosse, fu « che le
rappresentazioni delle cose esterne sorgerebbero nella nostra
anima in virtu delle sue proprie leggi c o m e i n u n u n i -
v e r s o p a r t i c o l a r e , come se non esistessero altro
che Dio (Pinfìnito) e l'anima ( l'intuizione dell'Infinito) ». -
Ancora nei suoi ultimi scritti egli sottolineò l'impossibilità
-dell'azione di una causa esterna sull'intimo di uno spirito;
.affermò che di conseguenza tutte le intuizioni, tutto il suc­
·cedersi delle percezioni e delle rappresentazioni in uno spi­
rito non potevano sorgere che da un principio interno. Quan-
do Leibniz diceva queste cose, parlava a filosofi; ma oggi si
.sono date a filosofare persone che avevano testa per tutto
tranne che per la filosofia, e di conseguenza chi di noi dice
·che non possono sorgere in noi rappresentazioni per effetto
-d'un'azione esterna no#n finisce di essere guardato con mera­
viglia. Oggi è ritenuto filosofico il credere che le monadi ab­
biano finestre dalle quali le cose possano entrare ed uscire 1•
È facile mettere nell'imbarazzo con questioni d'ogni ge­
nere anche il piu deciso sostenitore delle cose in sé come
-causa efficiente delle rappresentazioni. Gli si può dire: capi­
sco come la materia possa operare sulla materia, ma non
·Come una realtà in sé possa operare su di un'altra, poiché
nella sfera dell'intelligibile non possono esserci cause ed ef­
fetti, né come questa legge di un mondo possa operare in
un altro del tutto diverso, ed anzi opposto 2; dunque tu
t LEIBNITII, Princip. Philosoph. [Monadologia] § 7. [N. d. A.].
2 Le parole: << né come... opposto » mancano nella prima edi�
.zione.
12 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
dovresti, se io dipendo da . impressioni esterne, ammettere·
che io stesso non sono altro che materia, una specie di cri-·
stalla, in cui si rifrange il raggio luminoso dell'universo. Ma
il cristallo non vede se stesso, è soltanto un mezzo nelle·
mani dell'essere dotato di ragione. Che è dunque quella
certa cosa in tne che ritiene che si sia esercitata su di me
un'impressione? Di nuovo, sono io, che dunque, in quanto·
giudico, non sono passivo, ma attivo - quindi qualcosa in
me che si sente libero dall'impressione, la conosce, la conce-·
pisce, la eleva alla coscienza.
Inoltre, nell'atto dell'intuizione non sorge alcun dubbio·
sulla realtà dell'intuizione esterna. Ma poi viene l'intelletto,
che comincia a dividere, e divide all'infinito. Se la materia
fuori di noi è reale, deve constare di infinite parti. Se consta
di infinite parti, dovrebbe essere composta di queste. Ma
per questa composizione la nostra immaginazione ha solo
una misura finita; quindi una composizione infinita dovreb­
be essere fatta in un tempo finito. Oppure la composizione·
è cominciata da qualche parte, cioè ci sono parti ultime della
materia : allora io nella divisione devo imbattermi in que­
ste parti ; ma io trovo sempre e di nuovo corpi uniformi e
non vado mai oltre la superficie; il reale sembra sfuggirmi o
dileguarmisi fra le tnani, e la materia, il fondamento primo
di ogni esperienza, diventa la cosa piu insostanziale che co­
nosciamo.
Oppure questa contraddizione esiste soltanto per illu­
minarci sopra noi stessi ? Forse l'intuizione è soltanto un
sogno, che fa apparire agli esseri ragionevoli una falsa realtà;
e a questa è dato l'intelletto soltanto per svegliarli di tanto
in tanto - perché si ricordino quello che sono e che la loro
esistenza (poiché mi pare abbastanza evidente che noi siamo
esseri intermedi) è divisa fra il sonno e la veglia? Ma un
tale sogno originario non lo concepisco; tutti i sogni sono
di solito otnbre della realtà, « ricordi di un mondo che fu ».
Se si ammettesse che un Essere superiore manda in noi que­
ste immagini umbratili della realtà, si ripresenterebbe anche
qui la questione circa la reale possibilità del concetto di una
tale relazione; poiché in questo campo non ho mai cono-
LA MATERIA 13
sciuto nulla che possa seguire da alcunché come una causa
dall'effetto, e poiché quell'Essere mi comunicherebbe qual­
cosa che egli stesso avrebbe prodotto, quindi, presuppo­
nendo, com'è necessario, che esso non può esercitare alcuna
azione transitiva su di me, non resterebbe altra possibilità
se non che io abbia conseguite quelle immagini umbratili
·semplicemente come una limitazione o modificazione dell'as­
soluta produttività di esso - e perciò, entro questi limiti, di
11uovo mediante produzione 1 .
La materia non è insostanziale, voi dite, perché essa ha
delle f o r z e originarie, che non possono venire distrutte
-da alcuna divisione. « La materia ha forze »: so che questa
espressione è assai usuale. Ma che significa « la materia ha »?
Essa viene dunque qui presupposta come un quid che sus­
siste indipendentemente dalle sue forze. Perciò queste forze
-sarebbero in essa soltanto accidentali? Poiché la materia esi­
ste f u o r i d i v o i , essa deve anche ricevere le sue forze
da una causa esterna. Esse vi sono forse state, come dicono
alcuni newtoniani, immesse da una mano superiore? Ma
delle operazioni mediante le quali le forze vengono i m -
m e s s e non avete alcun concetto. Voi sapete soltanto come
la materia opera sulla materia, cioè le forze nei confronti
delle forze; come si possa operare su qualcosa che origina­
riamente non è forza poi non lo possiamo concepire. Queste
cose quindi si possono ben dire, e possono ben passare di
bocca in bocca, ma non diventeranno mai reali pensieri nella
testa di un uomo, perché nessuna testa umana è in grado di
pensarle. Quindi non potete pensare la materia priva di
forza.
Inoltre: quelle forze sono forze di attrazione e repulsio­
ne. - « Attrazione e repulsione » : ma può aver luogo nello
spazio vuoto, o non presuppone invece uno spazio riem-
t « Posto anche che un Essere superiore si beffasse di noi con
tali immagini umbratili, non capisco tuttavia come esso potrebbe de·
-stare in me anche solo un'immagine dellil realtà senza che io avessi
già precedentemente conosciuta la realtà - l'intero sistema è cosi
pazzo, che nessuno avrebbe mai potuto sol)tenerlo seriamente » ( 11 ed. ).
14 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
pito, cioè la materia? Dovete quindi confessare che non
ci si può rappresentare né forze senza materia, né materia
senza forze. Ma la materia è il substrato ultimo della nostra
conoscenza, oltre il quale non potete andare : e poiché non
potete spiegare quelle forze partendo dalla materia, non po­
tete affatto spiegarle non empiricamente, cioè partendo da
qualcosa che è f u o r i d i v o i , il che tuttavia sarebbe
richiesto dalla coerenza del vostro sistema.
Malgrado ciò, nella Filosofia si chiede come sia p o s -
s i b i l e la materia fuori di noi, e quindi anche come siano
possibili quelle forze fuori di noi. Si può rinunciare del tutto
alla Filosofia (e volesse il Cielo, che cosi facessero coloro
che non ci capiscono niente); ma se volete proprio fare i
filosofi, non dovete tralasciare questo problema. Ma non po­
tete in nessun modo rendere comprensibile che cosa possa
essere una forza indipendentemente da voi. Perché la forza
in generale si manifesta unicamente al vostro s e n t i m e n ­
t o . Ma il sentin1ento da solo non vi dà alcun concetto
obiettivo. Infatti voi spiegate il movimento dei corpi co­
smici - i gravi universali - mediante le forze dell'attrazio­
ne, ed affermate di possedere in questa spiegazione un prin­
cipio assoluto di questi fenomeni. Ma nel vostro sistema la
forza di attrazione non ha né piu né meno che il valore di
una forza f i s i c a . Poiché la materia esiste indipendente­
mente da voi e fuori di voi, quali forze essa abbia lo potete
sapere soltanto mediante l'esperienza: ma come principio di
spiegazione fisica la forza di attrazione non è né piu né
meno che una qualità occulta. Però, esso ci permette prima­
mente di vedere se in generale principii empirici siano suffi­
cienti a dimostrare la possibilità di un sistema del mondo.
La domanda ha in sé la sua risposta negativa : perché l'estre­
ma conoscenza che si può attingere dall'esperienza è questa
- che esiste un universo. Questa proposizione rappresenta
il limite dell'esperienza: o, piuttosto, questa - che l'Uni­
verso esista - è essa stessa soltanto un' i d e a . E quindi
quel principio dell'equilibrio generale delle forze nell'uni­
verso, che avete attinto all'esperienza, deve essere qualcosa
di molto meno. Infatti: se essa è proprio un'idea, non po-
LA MATERIA 15
tete ricavarla dall'esperienza neppure per il singolo sistema,
ma dovete estenderla alla totalità mediante il ragionamento
analogico: ma un tale ragionamento dà soltanto una proba­
bilità, mentre le idee, quale è quella dell'equilibrio univer­
sale, devono essere vere in se stesse e quindi devono essere
prodotte, o fondarsi su qualcosa che è in se stesso assoluto,
e non dipendente dall'esperienza 1 • Dovete quindi convenire
che questa stessa idea invade un campo piu alto di quello
della mera scienza della natura. Newton, che a questa idea
non si affidò mai completamente e ricercò solo le cause effi­
cienti dell'attrazione, disse soltanto, e molto bene, che si
trovava ai limiti della Natura, dove si separavano due mon­
di. Raramente sono vissuti nella stessa epoca due grandi in­
gegni senza che essi collaborassero allo stesso scopo da punti
di vista affatto diversi. Mentre Leibniz fondava sull'armonia
prestabilita il sistema del mondo degli spiriti, Newton tro­
vava il fondamento di un mondo materiale nell'equilibrio­
delle forze dell'universo. Ma se in altri campi il nostro sa­
pere è unitario, e se in questi ci riesce di unificarne gli estre­
mi, dobbiamo sperare che anche qui, dove Leibniz e Newton
si separano, sorga un ingegno piu comprensivo che trovi il
centro attorno al quale si muove l
,
u n i v e r s o d e l n o -
s t r o s a p e r e (si muovono entrambi i mondi fra i quali
è ancora diviso il nostro sapere), sf. che l'armonia prestabi­
lita di Leibniz e il sist�ma della gravitazione di Newton ci
appaiano come identici, o almeno come diverse prospettive
delJo stesso sistema 2 •
Procedo. Soltanto la materia bruta, cioè la materia pen­
sata semplicemente come ciò che riempie lo spazio, è il so­
lido fondamento e il terreno su cui viene innalzato l'edificio
della Natura. La materia deve essere qualcosa di reale. Ma
ciò che è reale è oggetto di sensazione. Ora, come è possi­
bile in me la sensazione? Il dire, come fate voi, che viene
1 << Ma idee come quella eli un equilibrio universale sono soltanto
prodotti di una facoltà creativa in noi » ( la ed.).
2 « si che l'armonia prestabilita... dello stesso sistema » manca
nella prima edizione.
16 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
prodotta in me dal di fuori non è sufficiente : deve esserci
qualcosa in me che s e n t e , e fra questo e ciò che voi
presupponete fuori di me non è possibile alcun contatto.
Altrimenti, se questa cosa esterna agisce su di me, come la
materia sulla materia, io posso soltanto reagire (mediante
la forza repulsiva) su questa cosa esterna, ma non s u m e
s t e s s o ; e invece è proprio questo che deve accadere:
perché io devo s e n t i r e , devo portare questa sensazione
alla coscienza.
Ciò che della materia è oggetto della vostra sensazione,
lo chiamate q u a l i t à , e chiamate r e a l e la materia
solo in quanto essa ha una determinata qualità. Che i n
g e n e r a l e abbia qualità, è n e c e s s a r i o : ma che ab­
bia questa d e t e r m i n a t a qualità, vi sembra a c c i ­
d e n t a l e. . Se è cosi, la materia non può in generale avere
una sola e identica qualità: ci deve essere, quindi, una molte­
plicità di p r o p r i e t à , che conoscete tutte mediante la
mera sensazione. Ma che è ciò, che produce le sensazioni?
« Qualcosa di i n t e r n o , una proprietà interna della ma­
teria » . Queste sono parole, non cose. Infatti, dove è questa
« interiodtà » della materia? Potete dividere all'infinito e
non andrete mai oltre la superficie dei corpi. Tutto ciò vi era
chiaro da molto tempo; e perr1() già da tempo avete stabilito
che ciò che è oggetto di una sensazione abbia il proprio fon­
damento solo nel vostro modo di sentire. Ma ciò è troppo
poco: perché l'ammissione che non deve esistere fuori di
voi nulla che sia in sé dolce o salato, non rende piu com·
prensibile la sensazione; giacché ammettete pur sempre una
c a u s a che, reale fuori di voi, produce in voi questa sen­
sazione. Ma, posto pure che vi si conceda l'influsso dal di
fuori, che hanno in comune con il vostro spirito i colori,
gli odori, ecc., o le cause esterne di queste sensazioni? Voi
ricercate con· molta acutezza come la luce, irraggiata dai
corpi, operi sui vostri nervi visivi, ed anche come l'imma­
gine, che sulla vostra retina è rovesciata, appaia nella vostra
anima non rovesciata ma diritta. Ma che cos'è che in voi
vede quest'immagine sulla retina e ricerca come essa abbia
potuto giungere nell'anima raggiustata? Evidentemente è
LA MATERIA 17
qualcosa che è completamente indipendente da questa im­
pressione esterna, ed al quale questa impressione non è sco­
nosciuta. Allora, come ha fatto l'impressione a giungere in
·questa regione della vostra anima in cui vi sentite del tutto
liberi e indipendenti da impressioni? Potete introdurre fra
l'impressione dei vostri nervi, del vostro cervello, ecc., e la
rappresentazione di una cosa esterna fuori di voi tanti ter­
mini intermedi quanti volete, ma riuscirete soltanto ad in­
_gannare voi stessi; perché, secondo le vostre stesse opinioni
il passaggio dal corpo all'anima non può avvenire con con­
tinuità, ma mediante un salto, che tuttavia voi pretendete
di evitare.
Inoltre, una massa agisce su di un'altra in virtu del sem­
plice movimento (per l'impenetrabilità), e ciò lo chiamate
u r t o o movimento meccanico. Oppure una materia opera
su di un'altra anche senza la condizione di un movimento
precedente, in modo che il moto nasce dalla quiete l, me­
diante l'attrazione; e ciò lo chiamate g r a v i t à . Pensate
anche la materia come i n e r t e , cioè come qualcosa che
non è capace di movimento autonomo ma può essere mosso
solo da cause esterne.
Di piu, la gravità che attribuite ai corpi la ponete uguale,
come peso specifico, alla quantità di materia, prescindendo
dal volume ·2• ,
Ma trovate che un corpo può imprimere del movimento
ad un altro senza esser mosso a sua volta, cioè senza agire
:su di esso mediante urto.
E osservate anche che due corpi possono attrarsi reci­
procamente in maniera affatto indipendente dal rapporto
.delle loro masse, cioè indipendentemente dalle leggi di gra­
vità.
Io ammetto dunque che la ragione di questa attrazione
non possa trovarsi né nella gravità né sulla superficie del
l « anche senza la condizione... quiete », manca nella la ed.
2 « Inoltre i cotpi hanno un peso specifico, cioè la quantità del­
l'attrazione è uguale alla quantità della materia, prescindendo dal vo­
lume » {lo ed.).
18 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
corpo mosso in tale modo, che la ragione debba _essere · in-­
terna e dipendere dalla qualità del corpo. Però voi non avete
ancora spiegato che intendiate con i n t e r n o di un corpo;
e per di piu è dimostrato che la qualità esiste soltanto in
rapporto alla vostra sensazione. Ma qui non si tratta della
vostra sensazione, ma di un fatto obiettivo, che avviene
fuori di voi, che voi cogliete coi vostri sensi e il vostro in­
telletto vuoi tradurre in concetti intelligibili. Posto dunque
che noi ammettiamo che la qualità sia qualcosa che non con...
siste soltanto della vostra sensazione, ma ha un fondamento
nei corpi fuori di voi - posto pure ciò, che vogliono dire le
parole: « un corpo attira l'altro in virtu delle sue qualità » ?·
Perché, ciò che in questa attrazione vi è di r e a l e , cioè
tale che lo possiate percepire, è soltanto... il movimento del
corpo. Ma il movimento è una grandezza puramente mate­
matica, e può essere determinato in maniera puramente fo­
ronomica. Che relazione ha questo movimento esterno con
una qualità interna? Voi prendete in prestito dalla vita
espressioni immaginose, per esempio quella dell'affinità : ma
sareste ben imbarazzati se voleste tradurre quest'imtnagine
in un concetto intelligibile. E inoltre accumulate sostanze
fondamentali su sostanze fondamentali: ma queste non sono
altro che altrettanti asili della vostra ignoranza. Che mai)
infatti, pensate mediante esse? Non la materi� stessa, per
esempio il carbone, ma qualcosa che in questa materia non
solo è contenuto ma addirittura nascosto, e le comunica que...
ste qualità. E in quale parte del corpo si trova, alla fine,
questa sostanza fondamentale? L' avete trovata mediante
qualche partizione o scissione? Finora non avete potuto ren�
dere sensibile neppure una di queste sostanze. Ma posto an­
che che ne accettiamo l'esistenza, che cosa ci guadagnamo?
Forse ·che con ciò viene spiegata la qualità della materia? Io
ragiono cosi: o la qualità appartiene alle sostanze fonda­
mentali stesse, che poi la partecipano ai corpi, o no. Nel pri�
mo caso non avete spiegato nulla, perché il problema era
proprio questo: come sorgono le qualità? Nel secondo caso,
pure non avete spiegato nulla: perché io capisco come un
corpo possa (meccanicamente) urtare contro l'altro e cosi
LA MATERIA 19
comunicargli il movimento; ma come un corpo del tutto de­
stituito di qualità possa comunicare delle qualità ad un al­
tro, questo non lo capisce nessuno e nessuno può renderlo
intelligibile. Infatti la qualità è in generale qualcosa, di cui
finora non siete stati in grado di dare un concetto obiettivo,
e di cui tuttavia fate, per lo meno nella Chimica, un uso
obiettivo.
Questi sono gli elementi del nostro sapere empirico. In­
fatti, se presupponiamo prima la materia e con essa le forze
di attrazione e repulsione, e in un secondo tempo un'infinita
molteplicità di materie che si differenziano le une dalle altre
mediante qualità, abbiamo, seguendo la guida della tavola
delle categorie:
1 . movimento q u a n t i t a t i v o , che è proporzio­
nale alla quantità della materia: g r a v i t à ;
2. movimento q u a l i t a t i v o , che dipende dalle
proprietà interne della materia: movimento c h i ­
m i c o ;
3. movimento r e l a t i v o , che viene comunicato ai
corpi mediante un'azione dall'esterno (l'urto): mo­
vimento m e c c a n i c o .
Questi sono i tre possibili movimenti sui quali si erige
e in cui consiste tutto quanto il sistema della natura.
Quella parte della Fisica che si occupa del primo si chia­
ma « Statica » ; quella che si occupa del terzo « Meccanica » :
questa è la parte piu importante della Fisica, perché in so­
stanza tutta quanta la Fisica non è altro che meccanica ap­
plicata 1 . Quella parte che si occupa della seconda specie di
movimento, ha nella Fisica soltanto una funzione seconda­
ria: intendo la « Chimica » che ha propriamente per oggetto
l Nella Meccanica possono venir prese in considerazione anche
le proprietà generali dei corpi, quali l'elasticità, la durezza, la densità,
in quanto esse influiscono nel movimento meccanico. Ma la teoria
g e n e r a l e del movimento non appartiene alla scienza empirica del­
Ia natura. Credo che con questa divisione la Fisica consegua una si­
stemazione molto piu semplice e naturale di quella che abbia finora
ricevuta nella maggior parte dei trattati [N. d. A.].
20 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
la deduzione della differenza specifica della materia; essa sola
fornisce alla Meccanica (che in sé è una scienza del tutto
formale) contenuto e molteplicità di applicazioni. Infatti co­
sterebbe poca fatica il dedurre dai principii della Chimica
gli oggetti principali che la Fisica studia dal punto di vista
dei loro movimenti meccanici e dinamici; per esempio, dal
fatto che si riscontra un'attrazione chimica fra i corpi si può
concludere che deve esserci una materia che si espande ed
opera in senso contrario all'inerzia: luce e calore; e inoltre,
che ci sono sostanze che si attraggono scambievolmente, e,
per ottenere la massima semplicità, che ci sia un'unica so­
stanza fondamentale che è attratta da tutte le altre. E poi­
ché la natura stessa per poter durare necessita di molti pro­
cessi chimici, queste condizioni dei processi chimici devono
essere ovunque presenti: quindi deve esserci l'aria vitale l,
prodotta dalla luce e dalla sostanza fondamentale. E poiché
quest'aria alimenta troppo la potenza del fuoco, esaurirebbe
troppo i nostri organi : è quindi necessaria una miscela di
essa e di una specie d'aria ad essa direttamente antagoni­
sta - l'aria atmosferica, ecc.
Questa è senza dubbio la via per la quale si può condurre
a perfezione la scienza della Natura. Ma noi non dobbiamo
occuparci dell'esposizione di un tale sistema, se esso esiste,
ma di come in generale un tale sistema possa esistere. Il
problema non è se e come esista realmente f u o r i d i n o i
quelrinsieme di fenomeni e quella serie di cause ed effetti
che chiamiamo corso della natura, ma come esso divenga rea­
le p e r n o i , come quel sistema e quelrinsieme di feno­
meni abbiano trovata la via per giungere al nostro spirito, e
come essi nella nostra rappresentazione conseguano quella
necessità con la quale noi siamo assolutamente necessitati a
pensarli. Perché dobbiamo presupporre come fatto innega­
bile che la rappresentazione di una successione di cause ed
effetti fuori di noi è tanto necessaria al nostro spirito come
se appartenesse al suo essere e alla sua essenza. Spiegare
questa necessità è il problema fondamentale di ogni Filoso..
l L'ossigeno [N. d. T. ] .
LA CONNESSIONE DEI FENOMENI DELLA NATURA 21
fia. Non si chiede se questo problema in generale debba esi­
stere, ma come esso, dal momento che esjste, debba venire
risolto.
E, prima di tutto, che vuoi dire che noi dobbiamo pen­
sare una successione di fenomeni che è assolutamente n e ­
c e s s a r i a ? Evidentemente ciò: che questi fenomeni pos­
sono seguirsi l'uno all'altro soltanto in questa d e t e r m i ­
n a t a successione, e viceversa, che in questa successione
possono susseguirsi solo questi d e t e r m i n a t i fenomeni.
Perché del fatto che queste determinate rappresentazioni si
seguano in questo determinato ordine, per esempio che il
lampo preceda e non segua il tuono, non cerchiamo la ra­
gione i n n o i - non dipende da noi il modo con cui le
rappresentazioni si susseguono in noi; la ragione deve dun­
que essere n e I l e c o s e ; e noi affermiamo che questa
determinata successione è una successione d e I l e c o s e
s t e s s e , non semplicemente delle rappresentazioni che ne
abbiamo, solo perché i fenomeni i n s e s t e s s i si susse­
guono cosf e non altrimenti, perché siamo necessitati a rap­
presentarli in questo ordine; e questa successione è s o g ­
g e t t i v a m e n t e necessaria solo perché e in quanto è
o b i e t t i v a m e n t e necessaria.
Ne consegue, inoltre, che questa determinata successione
non può venir separata, da questi determinati fenomeni; la
successione deve quindi farsi e sussistere con i fenomeni, e,
viceversa, i fenomeni con la successione; l'una e gli altri,
successione e fenomeni, sono quindi in una relazione di reci·
procità, l'una e gli altri sono vicendevolmente, l'una in rela­
zione agli altri, e viceversa, necessarii.
Basta analizzare i giudizi piu comuni che ad ogni mo­
mento pronunciamo sull'insieme dei fenomeni, per trovare
che vi sono impliciti quei presupposti.
Poiché né i fenomeni sono separabili dalla loro succes­
sione, né la successione dai suoi fenomeni, sono possibili
soltanto questi due casi :
o la successione e i fenomeni esistono contemporanea·
mente e unitamente f u o r i di noi;
22 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
oppure essi esistono contemporaneamente e unitalnen­
te i n noi.
Solo in questi due casi la successione che ci rappresen­
tiamo è una reale successione di cose e non semplicemente
un ideale susseguirsi delle nostre rappresentazioni.
La pri1na asserzione è quella del senso comune degli uo�
mini, ed anche dei filosofi Reid, Beattie ecc. formalmente
opposti allo scetticismo di Hume. In questo sistema le cose
si susseguono in sé le une alle altre, e a noi non resta che lo
scorgere ciò: ma come mai possa giungerne in noi la rappre­
sentazione, questo è un problema troppo elevato per questo
sistema. Ma noi non vogliamo sapere come la successione
sia possibile fuori di noi, bensi come mai questa determinata
successione, che si svolge del tutto indipendentemente da
noi, possa venir da noi rappresentata come tale e quindi con
assoluta necessità. A questo problema quel sistema non pre­
sta alcuna attenzione, e quindi non è suscettibile di alcuna
-critica filosofica : non ha in comune con la filosofia neppure
un punto, dal quale noi possiamo analizzarlo, provarlo o con­
futarlo perché esso non si occupa punto di quel problema la
cui soluzione è il vero e proprio scopo della Filosofia.
Quel sistema, per poterlo anche soltanto giudicare, si
dovrebbe prima rendere filosofico. Ma in questo caso si corre
il pericolo di combattere contro una mera finzione, perché il
senso comune non è cosf conseguente e un sistema che rap­
presentasse il senso comune reso conseguente non è mai esi­
stito di fatto nella mente di alcuno, giacché non appena si
cerca di dargli un'espressione filosofica diventa completa­
mente inintelligibile. Esso parla di una successione, che, i n ­
d i p e n d e n t e m e n t e da me, deve aver luogo f u o r i
di me : ma come una successione (di rappresentazioni) abbia
luogo -i n m e , questo lo comprendo; invece una succes­
sione che si svolga nelle cose stesse, indipendentemente dalle
rappresentazioni finite mi è del tutto incomprensibile. Sup­
poniamo infatti un essere che non fosse finito, perché in
questo caso sarebbe legato alla successione delle rappresen­
tazioni, ma tale che potesse abbracciare in una sola intuizione
tutto il presente e il futuro: per questo essere non ci sarebbe
LA CONNES SIONE DEI FENOMENI DELLA NATURA 23
nelle cose fuori di lui alcuna successione; quest'ultima c'è
·quindi in generale a condizione che la rappresentazione sia
finita. Ma se la successione avesse un fondamento nelle cose
in sé, ed esistesse indipendentemente da ogni rappresenta­
zione, dovrebbe esserci una successione anche per quell'es­
sere che abbiamo supposto in quel modo - il che è contrad­
dittorio.
Perciò finora tutti i filosofi hanno concordemente affer­
mato che la successione è una cosa la quale non può venir
pensata se non come dipendente dalle rappresentazioni di
uno spirito finito. Ma abbiamo stabilito che, perché la rap...
presentazione di una successione sia necessaria, essa debba
nascere contemporaneamente alle cose, e viceversa; e che la
successione senza le cose è altrettanto poco possibile quanto
le cose senza la successione. Quindi se la successione è una
·cosa che è possibile solo nelle nostre rappresentazioni, si
-deve scegliere fra questi due casi :
l ) O si tiene per fermo che le cose esistano fuori di
noi, indipendentemente dalle nostre sensazioni. Allora la ne­
cessità obiettiva con la quale noi ci rappresentiamo una de..
terminata successione delle cose si spiega come una mera il­
lusione, poiché si nega che la successione abbia luogo nelle
,cose stesse.
2) O p p u r e ci 'si decide per l'affermazione che an­
che i fenomeni nascono e si formano insieme alla successione
solo nelle nostre rappresentazioni, e che soltanto in questo
senso l'ordine secondo il quale essi si susseguono è un vero
ordine obiettivo.
La prima affermazione conduce evidentemente al piu
stravagante sistema che sia mai esistito e che è stato soste­
nuto per la prima volta nella nostra epoca da alcuni pochi,
senza che essi stessi lo sapessero. È giunto il momento di
·confutare completamente l'assioma che le cose agiscono su
di noi dal di fuori. Ci si chieda una buona voita: che cosa
sono le cose fuori di noi, indipendenti dalle nostre rappre­
sentazioni? - Prima di tutto dobbiamo spogliarle di tutto
<:iò che appartiene alla peculiarità della nostra facoltà rap-
24 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
presentativa. A questa appartengono non soltanto la succes­
sione, ma anche tutti i concetti di causa ed effetto; e, se si
vuole essere conseguenti, anche tutte le rappresentazioni di
spazio e di estensione, le quali senza il tempo, da cui noi ab­
biamo staccate le cose in sé, non sono punto rappresentabilL
Tuttavia queste cose in sé, sebbene totalmente inaccessibili
alla nostra intuizione, dovrebbero esserci realmente, non si
sa come e dove - forse negli intermundia di Epicuro; e que­
ste cose dovrebbero agire su di me producendo le mie rap­
presentazioni. Certamente non ci si è mai presi la briga di
meditare quale rappresentazione si abbia veramente di tali
cose. Il rispondere che non sono rappresentabili è una via
di scampo che si taglia subito. Se se ne parla, bisogna pure
averne una rappresentazione, oppure si parla di cosa di cui
non si deve parlare. Anche del nulla si ha una rappresenta­
zione; si pensa per lo meno al vuoto assoluto come qualcosa
di puramente formale, ecc. Si potrebbe supporre che la rap-­
presentazione della cosa in sé fosse una rappresentazione di
questo genere; ma, mentre la rappresentazione del nulla si
può rendere intuitiva mediante lo schema dello spazio vuoto,
le cose in sé vengono espressamente separate dal tempo e
dallo spazio perché questi ultimi appartengono soltanto alla
forma specifica della facoltà rappresentativa degli esseri fi­
niti. Non rimane dunque altro che una rappresentazione che
oscilla fra il qualcosa e il nulla, cioè non ha neppure il pre­
gio di essere l'assoluto nulla. In realtà si stenta a credere­
che possa essere stata concepita dalla mente di un uomo una
tale sintesi contraddittoria di cose che, private di tutte le
determinazioni sensibili, ciononostante devono agire come
cose sensibili 1• - Difatti : se si toglie tutto ciò che appar­
tiene alle rappresentazioni di un mondo obiettivo, che cosa
rimane ·che io possa comprendere? Evidentemente, rimango
solo i o s t e s s o . Quindi tutte le rappresentazioni di un
mondo esterno dovrebbero uscire da me stesso; poiché, se
l La verità è che Kant ha ricevuta dalla tradizione l'idea di cosa
in sé, e nel seguito essa ha perduto qualsiasi senso [N. d. A.; manca.
nella l:r. ed.] .
LA CONNESS IONE DEI FENOMENI DELLA NATURA 25
la successione, la causa, l'effetto, ecc. sono aggiunte alle cose
solo nelle mie rappresentazioni, non si riesce a capire che
cosa possano essere quei concetti senza le cose, e le cose
senza quei concetti. Da questa difficoltà deriva la strana spie­
gazione dell'origine delle rappresentazioni che questo sistema
è stato costretto a dare. Alle cose in sé esso contrappone uno
spirito, e questo spirito contiene in sé certe forme a priori,
le quali rispetto alle cose in sé presentano solo questo van­
taggio, che perlomeno esse possono venir raggruppate come
qualcosa di assolutamente vuoto. Le cose vengono incluse in
queste forme nell'atto in cui noi ce le rappresentiamo; e con
ciò gli oggetti senza forma acquistano una forma, e le forme
vuote un contenuto. Ma come possa succedere, che vengano
rappresentate in generale delle cose - su ciò, silenzio pro­
fondo. Esso dice soltanto che noi ci rappresentiamo cose
fuori di noi, ma che solo nella rappresentazione conferiamo
ad esse spazio e tempo, e poi i concetti di sostanza e acci­
dente, causa ed effetto, ecc. ; cosi sorge in noi la successione
delle nostre rappresentazioni, e precisamente una successione
necessaria; e questa successione autoprodotta, creata solo con
la coscienza, la si chiama il « corso della Natura » .
Questo sistema non ha bisogno di essere confutato: ba­
sta esporlo per rovesciarlo dai fondamenti. Realmente supe­
riore ad esso, e con esso non paragonabile, è lo scetticismo
humeano. Hume, fedele ai propri principi, lascia completa­
mente insoluta la questione se alle nostre rappresentazioni
corrispondano o no cose fuori di noi. In ogni caso egli deve
ammettere che la successione dei fenomeni si trova nelle no­
stre rappresentazioni; e spiega il fatto che noi pensiamo que­
sta d e t e r m i n a t a successione come n e c e s s a r i a ,
dichiarandola una mera illusione. Ma si ha il diritto di chie­
dere a Hume, che egli almeno spieghi l'origine di questa il­
lusione. Perché egli non può negare che noi pensiamo real­
mente come necessario un susseguirsi di cause ed effetti, e
che su ciò si fondino tutte le nostre scienze empiriche, la
teoria della natura e la storia (di cui egli stesso fu un grande
maestro). Di dove viene, a sua volt"a, questa illusione? -
Hume risponde: « dall'abitudine; p e r i I f a t t o c h e i
26 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
f e n o m e n i s i s o n o f i n o r a s u s s e g u i t i i n
q u e s t o o r d i n e , l'immaginazione si è abituata ad aspet­
tarsi anche per il futuro lo stesso ordine, e questa aspetta­
tiva, come ogni altra vecchia abitudine, è alla fine divenuta
in noi una s e c o n d a n a t u r a » . Ma questa spiegazione
cade in un circolo vizioso. Infatti si dovrebbe aver già spie­
gato p e r c h é l e c o s e s i s o n o f i n o r a s u s s e -
g u i t e i n q u e s t o o r d i n e (il che Hume non nega).
Questa successione era forse nelle cose fuori di noi? Ma
fuori delle nostre rappresentazioni non c'è successione al­
cuna. Oppure essa era semplicemente una successione delle
nostre rappresentazioni, ma in tal caso deve darsi una ra­
gione della costanza di questa successione. Ciò che esiste in­
dipendentemente da me, io posso anche non saperlo spie­
gare; ma di ciò che avviene soltanto i n m e si deve trovare
in me la ragione. Hume può dire : è cosi, e questo mi basta.
Ma ciò non è fare della filosofia. Non dico che Hume d e h ­
b a fare della filosofia, ma se pretende di volerne fare non
può respingere la domanda.
Non rimane, dunque, che il tentativo di derivare dalla
natura del nostro spirito, e cioè di uno spirito finito in ge­
nerale, la necessità di una successione delle sue rappresenta­
zioni; e, poiché questa successione è veramente obiettiva, di
far nascere e svolgere in esso le cose stesse insieme a questa
successione.
Fra tutti i sistemi fin qui prospettati non ne conosco che
due - quello di Spinoza e quello di Leibniz - che non sol­
tanto hanno intrapreso questo tentativo, ma la cui filosofia
tutta quanta non è altro che questo tentativo. E poiché in
questi tempi si è fatto molto dubitare e parlare sulla rela­
zione di questi due sistemi - se si contraddicano l'uno con
l'altro, .o se, e come, si accordino - sembra opportuno pre­
mettere qualcosa su questo argomento.
S p i n o z a , che a quanto sembra si preoccupò assai pre­
sto del rapporto delle nostre idee con le cose fuori di noi,
non poteva ammettere la separazione che si era posta fra di
esse. Egli intu{ che nella nostra natura l'ideale e il reale (il
pensiero e l'oggetto) sono intimamente fusi. Il fatto che noi
SPINOZA 27
abbiamo rappresentazioni di cose fuori di noi, e che per di
piu le nostre rappresentazioni vanno o l t r e queste, egli
non poteva spiegarlo che mediante la nostra n a t u r a i ..
-d e a l e ; ma il fatto che a queste rappresentazioni corri­
.spondano c o s e r e a l i egli doveva spiegarlo mediante le
a f f e z i o n i e d e t e r m i n a z i o n i dell'ideale in noi.
Noi non potremmo, quindi, acquistare coscienza del reale
.se non in contrapposizione all'ideale, e ugualmente non po­
tremmo acquistare coscienza dell'ideale se non in contrappo­
.sizione al reale. Di conseguenza non poteva sussistere alcuna
.separazione fra le cose reali e le rappresentazioni che noi ab­
biamo di esse. Concetti e cose, pensiero ed estensione, per­
�iò, erano per lui la stessa cosa, ed entrambi erano soltanto
modificazioni di una e medesima natura ideale.
Ma invece di immergersi nel profondo della sua autoco­
.scienza e di H assistere alla nascita dei due mondi in noi -
.delPideale e del reale - egli saltò al di là di se stesso; in­
vece di spiegare mediante la nostra natura come il finito e
l'infinito, originariamente uniti in noi, si stacchino l'uno
dall'altro, egli si perdette subito nell'idea di un Infinito fuori
di noi. In questo Infinito sorsero, o meglio erano originaria­
mente - ma non si saprebbe dire dove - affezioni e modi­
ficazioni e con queste una serie senza fine di cose finite. Poi­
ché nel suo sistema no,n c'era nessun ponte di passaggio dal­
l'infinito al finito, per lui era altrettanto incomprensibile un
principio del divenire come un principio dell'essere. Però il
fatto che questa successione senza fine sia rappresentata da
me, e rappresentata con n e c e s s i t à , derivava dal fatto
che le cose e le mie rappresentazioni erano originariamente
una sola e identica cosa. Io stesso ero un pensiero dell'Infi­
nito, o meglio soltanto una successione continua di rappre­
sentazioni. Ma come a mia volta io potessi divenire cosciente
di questa successione, Spinoza non poté renderlo intelligibile.
Perciò il suo sistema, cosi come è uscito dalle sue mani,
è il piu incomprensibile che sia mai esistito. Bisogna trasfe­
rire questo sistema in se stessi, porre noi stessi al posto
della sua Sostanza infinita, per conoscere che l'infinito e il
finito non sono fuori di noi, ma in noi, non sorgono, ma v i
28 INTRODUZIONE A UNA FILOS OI;IA DELLA NATURA
s o n o originariamente e inseparatamente, e che la natura
del nostro spirito e di tutta quanta la nostra esistenza spi-·
rituale è fondata da questa unione originaria. Poiché noi co­
nosciamo immediatamente soltanto il nostro proprio essere,
e soltanto noi stessi siamo intelligibili a noi. Come in un as­
soluto fuori di me siano e possano essere affezioni e deter­
minazioni, io non lo comprendo. Ma che in me non ci po­
trebbe essere nulla di i n f i n i t o senza che questo fosse
insieme f i n i t o , lo comprendo. Perché in me, senza mio
intervento attivo, è, esiste, questa unità necessaria dell'ideale
e del reale, dell'attività assoluta e della passività assoluta che
'Spinoza poneva in una sostanza infinita fuori di me - e pro­
prio in ciò consiste la mia natura 1.
Fu questa la via percorsa da L e i h n i z ; ed è qui il
punto in cui egli si stacca da Spinoza e concorda con lui. È
impossibile comprendere Leibniz se non ci si pone da que­
sto punto di vista. Jacobi ha mostrato che tutto quanto il
suo sistema ha nel concetto di i n d i v i d u a l i t à il punto
di partenza e di arrivo. Solo nel concetto di individualità si
trova originariamente unito ciò che tutte le altre filosofie se­
parano, il positivo e il negativo, l'attività e la passività della
nostra natura. Spinoza non poteva render comprensibile co­
me nell'Infinito fuori di noi potessero essere delle d e t e r ­
m i n a z i o n i , e indarno cercava di schivare il problema
del passaggio dall'infinito al finito. Questo passaggio si evita
solo dove il finito e l'infinito sono o r i g i n a r i a m e n t e
uniti, e questa unione originaria non è che nell'essenza di
una natura individuale. Perciò Leibniz non passò né dall'in­
finito al finito, né da questo a quello, ma l'uno e l'altro fu­
rono resi reali ad un tempo con un solo identico atto dello
spirito - ugualmente con il medesimo svolgimento della no­
stra natura.
Che le rappresentazioni si susseguano in noi l'una dal-
l Ma un'attenta considerazione insegnerà subito a tutti, che sia
ogni posizione in me dell'assoluta identità del finito e dell'infinito sia
la posizione fuori di me di essa dipende dal mio porre, e che quindi
essa i n s é non è né in me né fuori di me (Aggiunta della 2!1 ed.).
LEIBNIZ 29
l'altra è una conseguenza necessaria della nostra finitezza; ma
il fatto che questa serie sia infinita dimostra che essa deriva
da un essere nella cui natura finitezza e infinità sono unite.
Il fatto che questa successione sia n e c e s s a r i a con­
segue nella filosofia di Leibniz da ciò, che le cose insieme
alle rappresentazioni sorgono in virtu delle semplici leggi
della nostra natura, secondo un principio interno in noi,
come in un proprio universo. Ciò che Leibniz ritenne come
unici esseri originariamente reali e dotati i n s é di realtà
effettuale furono gli esseri che hanno rappresentazioni, per­
ché solo in essi era come originaria quella u n i t à dalla
quale nasce e si sviluppa tutto ciò che si chiama effettuai­
mente reale. Infatti tutto ciò che è reale fuori di noi è un
essere finito, e perciò non è pensabile senza qualcosa di po­
sitivo che gli conferisca realtà e qualcosa di negativo che gli
ponga dei limiti. Ma questa unità di attività positiva e nega­
tiva non è o r i g i n a r i a che nella natura di un individuo.
Le cose esterne non e r a n o reali in s e s t e s s e , ma lo
-sono d i v e n t a t e mediante le rappresentazioni delle na­
ture spirituali; ma solo quella cosa da cui nasce primamcnte
tutto ciò che esiste, vale a dire l'essere dotato di rappresen­
tazioni, deve contenere in sé la fonte e l'origine della propria
esistenza.
Ora, se tutta quanta la successione delle rappresentazioni
sorge dalla natura dello spirito finito, si deve poter dedurre
-da essa anche tutta quanta la serie delle nostre esperienze.
Il fatto che tutti gli esseri della nostra specie si rappresen­
tino i fenomeni dell'universo con la stessa successione neces­
saria si può comprendere unicamente come la conseguenza
-della nostra natura comune. Ma il voler spiegare questa con­
cordanza della nostra natura mediante l'armonia prestabilita,
significa non spiegare effettivamente nulla, perché questa pa­
rola vuoi dire soltanto che sussiste una tale concordanza, ma
non dice come e perché. Ma è implicito nel sistema stesso
·di Leibniz che dali'essenza delle nature finite in generale se­
gua quella concordanza : se infatti ciò non fosse, lo spirito
dovrebbe rinunciare ad essere l'assoluto autofondamento del
:·suo sapere e della sua conoscenza. Esso dovrebbe di nuovo
30 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
cercare fuori di sé la ragione delle sue rappresentazioni, e
saremmo ritornati a quel punto in cui eravamo da principio·
e che avevamo abbandonato; Puniverso e il suo ordinamento
sarebbero per noi contingenti e la rappresentazione di essi ci
verrebbe dal di fuori. E con ciò usciamo inevitabilmente dai
limiti di ciò che possiamo comprendere. Perché se una n1ano­
superiore ci avesse regolato in modo che noi fossimo co­
stretti a rappresentarci un tale universo e un tale ordine dei
fenomeni, prescindendo dal fatto che questa ipotesi è per·
noi completamente inconcepibile, tutto quanto questo uni­
verso sarebbe di nuovo un'illusione; un gesto di quella mano
potrebbe togliercelo o cambiarcelo in un ordinamento tutto
diverso delle cose; e diventerebbe anche completamente pro­
blematica l'esistenza di altri esseri della nostra specie (aventi
le stesse rappresentazioni che noi). Dunque Leibniz non deve·
aver annessa alle parole « armonia prestabilita » la stessa
idea che ordinariamente vi si annette. Infatti egli asserisce
espressamente che nessuno spirito potrebbe essere p r o -
d o t t o , cioè che ad uno spirito non si possono affatto ap-·
plicare i concetti di causa ed effetto. Esso è assoluto autofon­
damento del suo essere e del suo sapere, e per il fatto che
esso in generale è, è anche ciò che è, cioè un essere alla cui
natura appartiene anche questo determinato sistema di rap­
presentazioni di cose esterne. La filosofia dunque non è al­
tro che una t e o r i a d e I l a n a t u r a d e l n o s t r o­
s p i r i t o . Da ora in poi ogni dogmatismo è scalzato dalle
fondamenta; noi consideriamo il sistema delle nostre rappre­
sentazioni non nel suo e s s e r e , ma nel suo d i v e n i -­
r e , e la filosofia diviene g e n e t i c a , cioè fa sorgere e·
insieme scorrere davanti ai nostri occhi l'intera serie neces­
saria delle nostre rappresentazioni. Da ora in poi non c'è piu
separazione alcuna fra esperienza e speculazione. Il sistema
della natura è insieme il sistema del nostro spirito, ed oggi
per la prima volta da quando è stata compiuta la grande sin-­
tesi il nostro pensiero ritorna all'analisi ( alla ricerca e all'in-­
dagine ). Ma questo sistema non esiste ancora; molti spiriti
poco coraggiosi ne dubitano in precedenza, poiché parlano,
d'un sistema della n o s t r a natura ( la cui grandezza essi
LEIBNIZ .3 1
non conoscono) non altrimenti che se si discorresse di un si­
stema [L
e h
r g
e b
aude] 1 di nostri concetti.
Il dogmatico, che presuppone tutto come g i à e s i ­
s t e n t e fin dall'origine fuori di noi (e non come qualcosa
che s i f a e s o r g e da noi), deve per lo meno prendersi
l'impegno di spiegare ciò che è fuori di noi mediante cause
che pure siano esterne. E ciò gli riesce finché si mantiene in
seno al rapporto di causa ed effetto; ma non potrà
·
mai ren­
dere comprensibile come questa relazione di causa ed effetto
sia stata, a s u a v o l t a , prodotta. Non appena egli si
innalza al di sopra del singolo fenomeno, tutta la sua filosofia
è finita: i limiti del tneccanismo sono anche i limiti del suo
sistema.
Ma il meccanismo è lungi dal costituire esso solo la Na­
tura. Infatti, non appena noi entriamo nel campo della N a ..
t u r a o r g a n i c a ci viene a mancare qualunque collega­
mento di causa ed effetto. Ogni prodotto organico sussiste
p e r s e s t e s s o , la sua esistenza non dipende da alcu­
n'altra esistenza. Ma la causa non è mai la stessa cosa del­
l'effetto, e solo per cose diverse è possibile un rapporto di
causa ed effetto: invece l'organismo produce s e s t e s s o ,
deriva da s e s t e s s o ; ogni singola pianta è prodotta
soltanto da un individuo della sua specie, e cosi ogni sin­
golo organismo continMa a produrre e a riprodurre all'infi­
nito soltanto il suo genere. Quindi nessun organismo pro­
segue in avanti, ma ritorna sempre in se stesso all'infinito.
Perciò un organismo come tale non è mai né causa né ef­
fetto di una cosa fuori di sé, e quindi non è cosa che possa
essere compresa nel sistema del meccanismo. Ogni prodotto
organico porta in sé la ragione del proprio essere, ed è causa
ed effetto di se stesso. Nessuna parte singola potrebbe sus­
sistere se non in questo tutto, e questo tutto stesso censi-
l Negli scritti e nelle traduzioni dei primi tempi del purismo­
tedesco si trovano molto spesso le espressioni : << sistema [Lehrge­
biiude] delle essenze », « sistema [Lehrg. ] della natura ». Peccato che
i nostri filosofi moderni abbiano lasciato andare in desuetudine que­
ste espressioni. [N. d. A.].
32 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA
ste solo nell'azione reciproca delle parti. In ogni altro og­
getto le parti sono a r b i t r a r i e : esse esistono in quan­
to io divido; invece nell'essere organizzato esse sono r e a ..
l i , esistono senza mia attività, perché fra esse e il tutto vi
è una relazione o b i e t t i v a . Quindi a fondamento di
ogni organismo sta un c o n c e t t o - poiché si ha c o n ..
c e t t o appunto là ove sussiste una relazione necessaria del
tutto con le parti e delle parti con il tutto. Questo concetto
sta nell'organismo stesso, non può venirne separato - è
l ' o r g a n i s m o c h e o r g a n i z z a s e s t e s s o , e
non è un'opera d'arte il cui concetto stia fuori di essa, nella
mente dell'artista. Non soltanto la sua forma, ma il suo es­
sere stesso è conforme a scopi: esso non potrebbe organiz­
zarsi se non fosse già organizzato. La pianta si nutre e si
mantiene in vita mediante l'assimilazione di sostanze esterne,
ma essa non potrebbe assimilare nulla se non fosse già orga�
nizzata. Il mantenersi in vita del corpo vivente è legato alla
respirazione. L'ossigeno che esso introduce col respiro viene
scomposto dai suoi organi per fargli poi percorrere i nervi
,come un fluido elettrico. Ma per rendere possibile questo
processo deve esserci già l'organizzazione, la quale a sua
volta senza questo processo non si mantiene in vita. E quin­
di l'organizzazione si forma solo dall'organizzazione. A causa
di ciò nel prodotto organico la forma e la materia sono inse­
parabili; questa determinata materia potrebbe farsi e sussi­
stere solo con - e insieme a - questa determinata forma, e
viceversa. Ogni organismo è quindi un tutto; la sua unità
sta in lui stesso, e non dipende dal nostro arbitrio il pen­
sarlo come una unità o una molteplicità. Il rapporto di causa
ed effetto è qualcosa di transitorio, di dileguante, è pura
a p p a r e n z a ( nel senso comune della parcla): l'organi­
smo invece non è pura apparenza, ma è e s s o s t e s s o
oggetto, un oggetto che sussiste per se stesso, intero in se
stesso, indivisibile; e poiché in esso la materia non è sepa­
rabile dalla forma, si può altrettanto poco spiegare mecca­
nicamente l'origine di un organismo in quanto tale, quanto
poco si può spiegarne l'origine dalla materia.
Se quindi deve essere spiegato il finalismo del prodotto
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf
Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf

More Related Content

Similar to Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf

R. Villano - Tempo scolpito in silenzio eternità - Euristica di storiografia ...
R. Villano - Tempo scolpito in silenzio eternità - Euristica di storiografia ...R. Villano - Tempo scolpito in silenzio eternità - Euristica di storiografia ...
R. Villano - Tempo scolpito in silenzio eternità - Euristica di storiografia ...Raimondo Villano
 
Tributo a Kurt Lewin
Tributo a Kurt LewinTributo a Kurt Lewin
Tributo a Kurt LewinEva Zenith
 
7. la reazione_al_positivismo__bergson__1
7. la reazione_al_positivismo__bergson__17. la reazione_al_positivismo__bergson__1
7. la reazione_al_positivismo__bergson__1Elisa2088
 
Tributo a Kurt lewin
Tributo a Kurt lewinTributo a Kurt lewin
Tributo a Kurt lewinEva Zenith
 
Hegel - le tesi di fondo del Sistema
Hegel - le tesi di fondo del SistemaHegel - le tesi di fondo del Sistema
Hegel - le tesi di fondo del Sistemagiovanni quartini
 
Schopenhauer e la musica
Schopenhauer e la musicaSchopenhauer e la musica
Schopenhauer e la musicaNicola Camurri
 
Heidegger stein gioia contro angoscia mons dal covolo dibattito presso pontif...
Heidegger stein gioia contro angoscia mons dal covolo dibattito presso pontif...Heidegger stein gioia contro angoscia mons dal covolo dibattito presso pontif...
Heidegger stein gioia contro angoscia mons dal covolo dibattito presso pontif...DailyFocusNews
 
Vento spirito fantasma
Vento spirito fantasmaVento spirito fantasma
Vento spirito fantasmamiddio
 
Jung e-la-letteratura c
Jung e-la-letteratura cJung e-la-letteratura c
Jung e-la-letteratura cimartini
 
Tutto Aristotele by lucia gangale
Tutto Aristotele by lucia gangaleTutto Aristotele by lucia gangale
Tutto Aristotele by lucia gangalereportages1
 
Friedrich Schelling - presentazione sintetica
Friedrich Schelling - presentazione sinteticaFriedrich Schelling - presentazione sintetica
Friedrich Schelling - presentazione sinteticagiovanni quartini
 
POST KANT PHILOSOPHY (Italian version)
POST KANT PHILOSOPHY (Italian version)POST KANT PHILOSOPHY (Italian version)
POST KANT PHILOSOPHY (Italian version)Lisa Raffi
 

Similar to Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf (20)

Hegel
HegelHegel
Hegel
 
R. Villano - Tempo scolpito in silenzio eternità - Euristica di storiografia ...
R. Villano - Tempo scolpito in silenzio eternità - Euristica di storiografia ...R. Villano - Tempo scolpito in silenzio eternità - Euristica di storiografia ...
R. Villano - Tempo scolpito in silenzio eternità - Euristica di storiografia ...
 
Tributo a Kurt Lewin
Tributo a Kurt LewinTributo a Kurt Lewin
Tributo a Kurt Lewin
 
7. la reazione_al_positivismo__bergson__1
7. la reazione_al_positivismo__bergson__17. la reazione_al_positivismo__bergson__1
7. la reazione_al_positivismo__bergson__1
 
La scoperta della complessità
La scoperta della complessitàLa scoperta della complessità
La scoperta della complessità
 
Tributo a Kurt lewin
Tributo a Kurt lewinTributo a Kurt lewin
Tributo a Kurt lewin
 
Hegel - le tesi di fondo del Sistema
Hegel - le tesi di fondo del SistemaHegel - le tesi di fondo del Sistema
Hegel - le tesi di fondo del Sistema
 
Schopenhauer e la musica
Schopenhauer e la musicaSchopenhauer e la musica
Schopenhauer e la musica
 
HEGEL - Fenomenologia dello Spirito
HEGEL - Fenomenologia dello SpiritoHEGEL - Fenomenologia dello Spirito
HEGEL - Fenomenologia dello Spirito
 
Heidegger stein gioia contro angoscia mons dal covolo dibattito presso pontif...
Heidegger stein gioia contro angoscia mons dal covolo dibattito presso pontif...Heidegger stein gioia contro angoscia mons dal covolo dibattito presso pontif...
Heidegger stein gioia contro angoscia mons dal covolo dibattito presso pontif...
 
Vento spirito fantasma
Vento spirito fantasmaVento spirito fantasma
Vento spirito fantasma
 
Thesis
ThesisThesis
Thesis
 
Jung e-la-letteratura c
Jung e-la-letteratura cJung e-la-letteratura c
Jung e-la-letteratura c
 
2.spinoza 2
2.spinoza 22.spinoza 2
2.spinoza 2
 
Tutto Aristotele by lucia gangale
Tutto Aristotele by lucia gangaleTutto Aristotele by lucia gangale
Tutto Aristotele by lucia gangale
 
Fare arte
Fare arteFare arte
Fare arte
 
1. hegel 1
1. hegel 11. hegel 1
1. hegel 1
 
Friedrich Schelling - presentazione sintetica
Friedrich Schelling - presentazione sinteticaFriedrich Schelling - presentazione sintetica
Friedrich Schelling - presentazione sintetica
 
POST KANT PHILOSOPHY (Italian version)
POST KANT PHILOSOPHY (Italian version)POST KANT PHILOSOPHY (Italian version)
POST KANT PHILOSOPHY (Italian version)
 
Intervista
IntervistaIntervista
Intervista
 

More from frank0071

Torres, A. - El otro posible y demás ensayos historiográficos [2021].pdf
Torres, A. - El otro posible y demás ensayos historiográficos [2021].pdfTorres, A. - El otro posible y demás ensayos historiográficos [2021].pdf
Torres, A. - El otro posible y demás ensayos historiográficos [2021].pdffrank0071
 
Gribbin, John. - Historia de la ciencia, 1543-2001 [EPL-FS] [2019].pdf
Gribbin, John. - Historia de la ciencia, 1543-2001 [EPL-FS] [2019].pdfGribbin, John. - Historia de la ciencia, 1543-2001 [EPL-FS] [2019].pdf
Gribbin, John. - Historia de la ciencia, 1543-2001 [EPL-FS] [2019].pdffrank0071
 
Lacalle Rodríguez, Raquel. - Los símbolos de la Prehistoria [EPL-FS] [2016].pdf
Lacalle Rodríguez, Raquel. - Los símbolos de la Prehistoria [EPL-FS] [2016].pdfLacalle Rodríguez, Raquel. - Los símbolos de la Prehistoria [EPL-FS] [2016].pdf
Lacalle Rodríguez, Raquel. - Los símbolos de la Prehistoria [EPL-FS] [2016].pdffrank0071
 
Mari, Manuela. - L'età ellenistica. Società, polica, cultura [ocr] [2019].pdf
Mari, Manuela. - L'età ellenistica. Società, polica, cultura [ocr] [2019].pdfMari, Manuela. - L'età ellenistica. Società, polica, cultura [ocr] [2019].pdf
Mari, Manuela. - L'età ellenistica. Società, polica, cultura [ocr] [2019].pdffrank0071
 
Delsol, Chantal. - Populismos. Una defensa de lo indefendible [sólo pp. 1-97]...
Delsol, Chantal. - Populismos. Una defensa de lo indefendible [sólo pp. 1-97]...Delsol, Chantal. - Populismos. Una defensa de lo indefendible [sólo pp. 1-97]...
Delsol, Chantal. - Populismos. Una defensa de lo indefendible [sólo pp. 1-97]...frank0071
 
Lewis, R. - Las SS... 1919-1945 [EPL-FS] [2023].pdf
Lewis, R. - Las SS... 1919-1945 [EPL-FS] [2023].pdfLewis, R. - Las SS... 1919-1945 [EPL-FS] [2023].pdf
Lewis, R. - Las SS... 1919-1945 [EPL-FS] [2023].pdffrank0071
 
AA.VV. - España ante sus críticos. Las claves de la Leyenda Negra [EPL-FS] [2...
AA.VV. - España ante sus críticos. Las claves de la Leyenda Negra [EPL-FS] [2...AA.VV. - España ante sus críticos. Las claves de la Leyenda Negra [EPL-FS] [2...
AA.VV. - España ante sus críticos. Las claves de la Leyenda Negra [EPL-FS] [2...frank0071
 
Harris, Marvin. - Caníbales y reyes. Los orígenes de la cultura [ocr] [1986].pdf
Harris, Marvin. - Caníbales y reyes. Los orígenes de la cultura [ocr] [1986].pdfHarris, Marvin. - Caníbales y reyes. Los orígenes de la cultura [ocr] [1986].pdf
Harris, Marvin. - Caníbales y reyes. Los orígenes de la cultura [ocr] [1986].pdffrank0071
 
Mörner, Magnus. - Estado, razas y cambio social en la Hispanoamérica colonial...
Mörner, Magnus. - Estado, razas y cambio social en la Hispanoamérica colonial...Mörner, Magnus. - Estado, razas y cambio social en la Hispanoamérica colonial...
Mörner, Magnus. - Estado, razas y cambio social en la Hispanoamérica colonial...frank0071
 
Woods, Thomas E. - Cómo la Iglesia construyó la Civilización Occidental [ocr]...
Woods, Thomas E. - Cómo la Iglesia construyó la Civilización Occidental [ocr]...Woods, Thomas E. - Cómo la Iglesia construyó la Civilización Occidental [ocr]...
Woods, Thomas E. - Cómo la Iglesia construyó la Civilización Occidental [ocr]...frank0071
 
Orellana, M. - Historia y antropología de la Isla de La Laja [ocr] [1992].pdf
Orellana, M. - Historia y antropología de la Isla de La Laja [ocr] [1992].pdfOrellana, M. - Historia y antropología de la Isla de La Laja [ocr] [1992].pdf
Orellana, M. - Historia y antropología de la Isla de La Laja [ocr] [1992].pdffrank0071
 
Mata, S. - Kriegsmarine. La flota de Hitler [2017].pdf
Mata, S. - Kriegsmarine. La flota de Hitler [2017].pdfMata, S. - Kriegsmarine. La flota de Hitler [2017].pdf
Mata, S. - Kriegsmarine. La flota de Hitler [2017].pdffrank0071
 
Mann, Thomas. - Considerazioni di un impolitico [ocr] [2005].pdf
Mann, Thomas. - Considerazioni di un impolitico [ocr] [2005].pdfMann, Thomas. - Considerazioni di un impolitico [ocr] [2005].pdf
Mann, Thomas. - Considerazioni di un impolitico [ocr] [2005].pdffrank0071
 
Holland, Tom - Milenio. El fin del mundo y el origen del cristianismo [2010].pdf
Holland, Tom - Milenio. El fin del mundo y el origen del cristianismo [2010].pdfHolland, Tom - Milenio. El fin del mundo y el origen del cristianismo [2010].pdf
Holland, Tom - Milenio. El fin del mundo y el origen del cristianismo [2010].pdffrank0071
 
Harvey, David. - Paris capital de la modernidad [2008].pdf
Harvey, David. - Paris capital de la modernidad [2008].pdfHarvey, David. - Paris capital de la modernidad [2008].pdf
Harvey, David. - Paris capital de la modernidad [2008].pdffrank0071
 
Gavira, Ma. C. - Población indígena, sublevación y minería [ocr] [2008] [2015...
Gavira, Ma. C. - Población indígena, sublevación y minería [ocr] [2008] [2015...Gavira, Ma. C. - Población indígena, sublevación y minería [ocr] [2008] [2015...
Gavira, Ma. C. - Población indígena, sublevación y minería [ocr] [2008] [2015...frank0071
 
Cagiao & Portillo (coords.) - Entre imperio y naciones - Iberoamérica y el Ca...
Cagiao & Portillo (coords.) - Entre imperio y naciones - Iberoamérica y el Ca...Cagiao & Portillo (coords.) - Entre imperio y naciones - Iberoamérica y el Ca...
Cagiao & Portillo (coords.) - Entre imperio y naciones - Iberoamérica y el Ca...frank0071
 
Plokhi, Serhii. - El último imperio. Los días finales de la Unión Soviética [...
Plokhi, Serhii. - El último imperio. Los días finales de la Unión Soviética [...Plokhi, Serhii. - El último imperio. Los días finales de la Unión Soviética [...
Plokhi, Serhii. - El último imperio. Los días finales de la Unión Soviética [...frank0071
 
Piccato, P. - Historia mínima de la violencia en México [2022].pdf
Piccato, P. - Historia mínima de la violencia en México [2022].pdfPiccato, P. - Historia mínima de la violencia en México [2022].pdf
Piccato, P. - Historia mínima de la violencia en México [2022].pdffrank0071
 
AA.VV. - Reinvención de la metrópoli: 1920-1940 [2024].pdf
AA.VV. - Reinvención de la metrópoli: 1920-1940 [2024].pdfAA.VV. - Reinvención de la metrópoli: 1920-1940 [2024].pdf
AA.VV. - Reinvención de la metrópoli: 1920-1940 [2024].pdffrank0071
 

More from frank0071 (20)

Torres, A. - El otro posible y demás ensayos historiográficos [2021].pdf
Torres, A. - El otro posible y demás ensayos historiográficos [2021].pdfTorres, A. - El otro posible y demás ensayos historiográficos [2021].pdf
Torres, A. - El otro posible y demás ensayos historiográficos [2021].pdf
 
Gribbin, John. - Historia de la ciencia, 1543-2001 [EPL-FS] [2019].pdf
Gribbin, John. - Historia de la ciencia, 1543-2001 [EPL-FS] [2019].pdfGribbin, John. - Historia de la ciencia, 1543-2001 [EPL-FS] [2019].pdf
Gribbin, John. - Historia de la ciencia, 1543-2001 [EPL-FS] [2019].pdf
 
Lacalle Rodríguez, Raquel. - Los símbolos de la Prehistoria [EPL-FS] [2016].pdf
Lacalle Rodríguez, Raquel. - Los símbolos de la Prehistoria [EPL-FS] [2016].pdfLacalle Rodríguez, Raquel. - Los símbolos de la Prehistoria [EPL-FS] [2016].pdf
Lacalle Rodríguez, Raquel. - Los símbolos de la Prehistoria [EPL-FS] [2016].pdf
 
Mari, Manuela. - L'età ellenistica. Società, polica, cultura [ocr] [2019].pdf
Mari, Manuela. - L'età ellenistica. Società, polica, cultura [ocr] [2019].pdfMari, Manuela. - L'età ellenistica. Società, polica, cultura [ocr] [2019].pdf
Mari, Manuela. - L'età ellenistica. Società, polica, cultura [ocr] [2019].pdf
 
Delsol, Chantal. - Populismos. Una defensa de lo indefendible [sólo pp. 1-97]...
Delsol, Chantal. - Populismos. Una defensa de lo indefendible [sólo pp. 1-97]...Delsol, Chantal. - Populismos. Una defensa de lo indefendible [sólo pp. 1-97]...
Delsol, Chantal. - Populismos. Una defensa de lo indefendible [sólo pp. 1-97]...
 
Lewis, R. - Las SS... 1919-1945 [EPL-FS] [2023].pdf
Lewis, R. - Las SS... 1919-1945 [EPL-FS] [2023].pdfLewis, R. - Las SS... 1919-1945 [EPL-FS] [2023].pdf
Lewis, R. - Las SS... 1919-1945 [EPL-FS] [2023].pdf
 
AA.VV. - España ante sus críticos. Las claves de la Leyenda Negra [EPL-FS] [2...
AA.VV. - España ante sus críticos. Las claves de la Leyenda Negra [EPL-FS] [2...AA.VV. - España ante sus críticos. Las claves de la Leyenda Negra [EPL-FS] [2...
AA.VV. - España ante sus críticos. Las claves de la Leyenda Negra [EPL-FS] [2...
 
Harris, Marvin. - Caníbales y reyes. Los orígenes de la cultura [ocr] [1986].pdf
Harris, Marvin. - Caníbales y reyes. Los orígenes de la cultura [ocr] [1986].pdfHarris, Marvin. - Caníbales y reyes. Los orígenes de la cultura [ocr] [1986].pdf
Harris, Marvin. - Caníbales y reyes. Los orígenes de la cultura [ocr] [1986].pdf
 
Mörner, Magnus. - Estado, razas y cambio social en la Hispanoamérica colonial...
Mörner, Magnus. - Estado, razas y cambio social en la Hispanoamérica colonial...Mörner, Magnus. - Estado, razas y cambio social en la Hispanoamérica colonial...
Mörner, Magnus. - Estado, razas y cambio social en la Hispanoamérica colonial...
 
Woods, Thomas E. - Cómo la Iglesia construyó la Civilización Occidental [ocr]...
Woods, Thomas E. - Cómo la Iglesia construyó la Civilización Occidental [ocr]...Woods, Thomas E. - Cómo la Iglesia construyó la Civilización Occidental [ocr]...
Woods, Thomas E. - Cómo la Iglesia construyó la Civilización Occidental [ocr]...
 
Orellana, M. - Historia y antropología de la Isla de La Laja [ocr] [1992].pdf
Orellana, M. - Historia y antropología de la Isla de La Laja [ocr] [1992].pdfOrellana, M. - Historia y antropología de la Isla de La Laja [ocr] [1992].pdf
Orellana, M. - Historia y antropología de la Isla de La Laja [ocr] [1992].pdf
 
Mata, S. - Kriegsmarine. La flota de Hitler [2017].pdf
Mata, S. - Kriegsmarine. La flota de Hitler [2017].pdfMata, S. - Kriegsmarine. La flota de Hitler [2017].pdf
Mata, S. - Kriegsmarine. La flota de Hitler [2017].pdf
 
Mann, Thomas. - Considerazioni di un impolitico [ocr] [2005].pdf
Mann, Thomas. - Considerazioni di un impolitico [ocr] [2005].pdfMann, Thomas. - Considerazioni di un impolitico [ocr] [2005].pdf
Mann, Thomas. - Considerazioni di un impolitico [ocr] [2005].pdf
 
Holland, Tom - Milenio. El fin del mundo y el origen del cristianismo [2010].pdf
Holland, Tom - Milenio. El fin del mundo y el origen del cristianismo [2010].pdfHolland, Tom - Milenio. El fin del mundo y el origen del cristianismo [2010].pdf
Holland, Tom - Milenio. El fin del mundo y el origen del cristianismo [2010].pdf
 
Harvey, David. - Paris capital de la modernidad [2008].pdf
Harvey, David. - Paris capital de la modernidad [2008].pdfHarvey, David. - Paris capital de la modernidad [2008].pdf
Harvey, David. - Paris capital de la modernidad [2008].pdf
 
Gavira, Ma. C. - Población indígena, sublevación y minería [ocr] [2008] [2015...
Gavira, Ma. C. - Población indígena, sublevación y minería [ocr] [2008] [2015...Gavira, Ma. C. - Población indígena, sublevación y minería [ocr] [2008] [2015...
Gavira, Ma. C. - Población indígena, sublevación y minería [ocr] [2008] [2015...
 
Cagiao & Portillo (coords.) - Entre imperio y naciones - Iberoamérica y el Ca...
Cagiao & Portillo (coords.) - Entre imperio y naciones - Iberoamérica y el Ca...Cagiao & Portillo (coords.) - Entre imperio y naciones - Iberoamérica y el Ca...
Cagiao & Portillo (coords.) - Entre imperio y naciones - Iberoamérica y el Ca...
 
Plokhi, Serhii. - El último imperio. Los días finales de la Unión Soviética [...
Plokhi, Serhii. - El último imperio. Los días finales de la Unión Soviética [...Plokhi, Serhii. - El último imperio. Los días finales de la Unión Soviética [...
Plokhi, Serhii. - El último imperio. Los días finales de la Unión Soviética [...
 
Piccato, P. - Historia mínima de la violencia en México [2022].pdf
Piccato, P. - Historia mínima de la violencia en México [2022].pdfPiccato, P. - Historia mínima de la violencia en México [2022].pdf
Piccato, P. - Historia mínima de la violencia en México [2022].pdf
 
AA.VV. - Reinvención de la metrópoli: 1920-1940 [2024].pdf
AA.VV. - Reinvención de la metrópoli: 1920-1940 [2024].pdfAA.VV. - Reinvención de la metrópoli: 1920-1940 [2024].pdf
AA.VV. - Reinvención de la metrópoli: 1920-1940 [2024].pdf
 

Schelling, F. W. J. - L'empirismo filosofico e altri scritti [ocr] [1967].pdf

  • 1.
  • 2.
  • 3. F. W. J. SCHELLING L'EMPIRISMO FILOSOFICO E ALTRI SCRITTI Presentazione e traduzione di GIULIO PRETI LA NUOVA ITALIA EDITRICE FIRENZE
  • 4. PROPRIETA LETTERARIA RISERVATA P· edizione: maggio 1967 Il presente volume raccoglie la traduzione dei seguenti scritti: Einleitung zu den Ideen zu einer Philosophie der Natur; Abhandlu11g iiber das Verhiiltnis des Realen und Idealen in der Natur; Stuttgarte1· Privatvorlesungen; Darstellung des philosophischen Empirismus. Aus der Einleitung in die Philosophie; tutti compresi in Siimmtliche Werke, Stutt­ gart u. Augsburg, Cotta'scher Verlag, 1856-61. PRINTED IN ITALY Copyright 1967 by «La Nuova Italia» Editrice, Firenze
  • 5. PRESENTAZIONE N el pensier oe nel l'o pe ra di Fr i edric h W il h elm ]o sep h S c h elling (1775-1854) s i r itr o v a n otut ti i p rob lemi , t utt ii mo ment i, t u tte le esper i en z e del pens i er ode ll' ide a l i sm o ro­ m a ntic o, tut ta l ag ra nde zza di q uel peri o d o, e tutti i l i mi ti d i ess o. D a un a p a rte q uel t ines a ur ibi le ric ch e zza d i espe ­ r i en z e spiritu a li , q uell a c u r i o sit àines a ust a, q uel c o r a gg ionel ­ l 'aff r o nt a re le pi u a rdite a vventu r e spe c ul a tive ch e , ma lg ra d o t utt o, fa nn os i c h e q uel per io d oe q uel m o viment oese r c i tin o t uttora· un i nd i scut ibi le fa s c in o sulle m ent i de i pens a t ori e degli studi o s i c o nte m p ora nei , e ch e ess osi present i a ll an o­ st r a m ente co n il ri c h i amo n o st a lgi cod i un aperdut a aurea aetas dell a fi l o s ofia; d a ll 'a ltr aq uel di a letti zza re a str a tt o, q ue i giu ochi ver ba li , q uegl i arb itr i dedutt i vi , q uell 'o scur a ment o d o g ma tic ode ipr obl emi crit i c i, ch e ta nt o c i dispi a cev a n one ­ gl iepig o n idell ' ide a lism o- en tra m biq uesti a spett isi r i tr o­ v a n one l l 'op er adell oSch e ll ing. Last or i adel su opens i e roè u np o' l ast or i adi t utt al a fi l o s ofiam o de r n a, isu oip rob lemi s o n o in g ra n pa r t e i n o str i p rob lemi , isu o i di f etti s o n o i di f etti , res iq ui ev i denti d a l fa tt ostess odi essere es a sper a t i, d itutt ol ' ide a l ism o ingenere . No n st a r ò q u i a d e s p o rre l a vit ae i v a ri « sis te mi » del n o str oAu to re , c h e il lett o re pu ò tr o v a re in q u a lsi a s i st o ri a de lla fi l o s ofia, sen za co n ta re le e c cellent i mo n o gr afi e sull ' a r ­ g o men to1. Q u e st i « s is t e nzi» ch e se co nd o g li st o r i c i de l l a fi l o s ofia il No st ro a vre bb e el abora t i so n o t r e , o c inq ue , o 1 Ricorderò soltanto lo Schelling di E. BRÉHIER, Paris 1912, e quello di M. LosAcco, Palermo, Sandron [s. d., ma 1914].
  • 6. VI GIULIO PRETI sette. L}aspetto piu disperante per gli autori di monografie sullo Schelling è proprio questo: che, si può dire1 ognuna delle sue non poche opere presenta una diversa sistemazione metafisica. Anche in opere redatte negli stessi anni1 e quasi negli stessi mesi, si trovano oscillazioni e differenze notevoli. Tuttavia nel pensiero dello Schelling ci sono sempre due strati: uno è) per cosi dire, la scorza1 lo strato superiore, co­ stituito da una metafisica-dialettica sempre instabile e varia­ bile, sempre lirica e in fondo arbitraria, fatta spesso di va­ riazioni intuitivo-poetiche intorno a certi temi fondamentali} il predominare dei quali è appunto il criterio di identifica­ zione volta per volta delle tre, o cinque o sette fasi del suo pensiero. Questo strato è il piu appariscente, quello su cui piu volentieri si è soffernzata tattenzione degli storici, _quello cui lo Schelling stesso doveva dare maggiore importanza. Contiene indubbiamente profonde e interessanti intuizioni filosofiche: ma è proprio quello che ci lascia il piu delle volte freddi e perplessi, quello che il piu delle volte ci fa na­ scere il dubbio se siamo di fronte ad un reale pensamento di esperienze culturali e assetto sistematico di concetti filo­ sofici o a giuochi di vuota abilità verbale. Come teologo me­ tafisica Schelling non è certo pari a Ficbte; come dialettico è infinitamente inferiore a Hegel: ed è per questo che noi, che abbiamo visto finora neltidealismo classico tedesco lo sviluppo di una metafisica dialettica, al termine « idealismo » associamo im1nediatamente i nomi di Fichte e di Hegel, e solo secondariamente quello di Schelling. Il secondo strato è invece, per noi} oggi, molto piu inte­ ressa�te. Li troviamo il vero Schelling, filosofo nel senso piu pieno della parola/ erede attivo e creativo della grande tra­ dizione. kantiana. Questo strato attraversa costantemente tutta la sua opera senza differenze di periodi e sistemi, e si L'iene via via c_hiarendo come philosophia prima, come il P.r.qblema da cui la filosofia prende le mosse, come punto di partenza problematico della filosofia. Cosi nel pensiero di S.chelling il pensiero filosofico viene ad essere costituito di due momenti: . un primo momento} propedeutico e proble­ matico, elabora il « fatto » del conoscere e corrisponde al-
  • 7. PRESENTAZIONE VII f« empirismo_filosofico »; il..J_�çQJJdo m_omento) dogmatico) prende le· mosse dai risultati dell'empirismo filos()fico e pro­ cede alla costruzione del sistema--ipeculativo che_pa_Pft:_ og­ getto fAssoluto, il fondamento sovraempirico del reale. Ma in che cosa consiste propriamente questo « empiri­ smo filosofico >>? E quale è il suo problema? {.�e,mp��-�!mo filosofico_-� quella parte.-della filoJofia che oggi) sulle tracce e-sotto l ) influsso di Ed. Husserl, chiameremmo f. e n o.m .e­ n o l o g i a. Esso deve partire dal - �_jatto » del conoscere) �ssia dal probTerria- del - con:osce��' porne i termin{�e- descri­ verne trascendentalmente (vale a dire risalendo dal « fatto » alle condizioni "che lo rendono possibile)_ i presupposti im­ pliciti. La principale differenza trala_f�nome!'lologia di Hus­ serl e quella di Schelling è fondamentalmente questa: che Husserl parte da un'impostazione psicologistica del problenta fenomenologico per arrivare infine alfimpostazione trascen­ dentalistica)· mentre invece là ··schelling imposta i m m e­ t}_i a t a m e n 1- e-il-problema___f;nomenolagic"orome-t'icerca delle strutture (ossia condizioni) _trascendentali del �<fatto_!>_ dél conoscere. Questo non è un singolo atto di conoscenza, né un aspetto particolare del sapere/ ma è un « fatto » of­ ferto) si, dall'esperienza, ma da un'esperienza sui generis, e già filosoficamente elaborato) ossia idealizzato. Il fatto del conoscere da cui parte lo Schelling è quello che Husserl, Banfi e la fenomenologia moderna chiamerebbero la i d e a del conoscere. Ogni scienza r i d u c e i fatti dell'esperien­ za secondo un proprio procedimento e attuando certe sue determinate categorie: il fatto fisico è il fatto della scienza fisica, ossia r i d o t t o secondo le categorie della Fisica ad avere un significato per questa scienza; cosi il fatto sociolo­ gico è un fatto di esperienza qualsiasi ma r i d o t t o se­ condo le categorie della scienza sociologica al suo significato sociologico, ecc. Anche la Filosofia del conoscere parte da un fatto: è il fatto del conoscere, che già è ridotto al suo sign_ificato filosofico, secondo le sue categorie fondamentali. Ora gli atti psicologici di conoscenza vanno ridotti a ciò che in essi costituisce propriamente il problema filosofico del conoscere) vanno quindi considerati come attuazioni partico-
  • 8. VIII GIULIO PRETI lari e perciò emptrzcamente contaminate di un atto o rap­ porto ideale, del conoscere in quanto tale, ossia dell' i d e a del conoscere. Sappiamo che nessun atto particolare di cono­ scenza, nessun patrimonio, per quanto esteso, di sapere, rea­ lizzano mai completamente la conoscenza e il sapere: onde nel conoscere e nel sapere empirico vi è uno sviluppo. La legge costitutiva di questo sviluppo, che insieme costituisce il fine immanente dello sviluppo stesso, ossia, in termini ari­ stotelici, la fo r m a del conoscere è l'idea del conoscere - quello che Schelling chianza il « fatto », filosoficamente ela­ borato, della conoscenza. E questo fa t t o della conoscenza, che è compito della filosofia spiegare, consiste principalmente in ciò: che vi è un s o g g e t t o conoscente e un o.� g e tto conosciuto, un ideale e un reale, uno spirito e una natura. Il « fatto » della conoscenza dal punto di vista filosofico è dunque l'antinonzia di soggetto e oggetto. Con ciò Schelling pone precisamente il problema critico del conoscere, anticipando le future po­ sizioni della Scuola di Marburg, di Husserl, di Banfi, e acco­ standosi alla migliore tradizione kantiana. Compito della filosofia è di risalire alle condizioni tra­ scendentali della conoscenza, alle condizioni che rendono possibile il conosc.ere malgrado l'antinomia, ed entro essa: ma prima l'antinomia va completamente riconosciuta nel­ l'irriducibile tensione dei suoi due poli. Perciò lo Schelling critica a piu riprese i due tentativi dogmatici di risolvere l'antitesi in uno dei suoi poli: il realismo scientifico e l'idea­ lismo « relativo » (come egli lo chiama). Egli con lunga ana­ lisi mette in evidenza la contraddittorietà dei tentativi, fatti dai newtoniani e poi da molti kantiani minori, di far deri­ vare la rappresentazione soggettiva da un influsso causale esercitàto sul soggetto dalla « cosa in sé », tentativo che urta nel fatto che esso deve introdurre nella « cosa in sé » cate­ gorie (successione, finalismo, ecc.) che sono evidentemente forme del pensiero. Ma dall'altro lato, dapprima timidamen­ te, poi con sempre maggiore energia, critica anche l'idea­ lismo di Fichte, rappresentante l'atteggiamento dogmatico opposto, ma come questo insostenibile: il tentativo di riso!-
  • 9. PRESENTAZIONE IX vere i lc o noscere ne llaso la a ttivit à d e ls ogg etto urt apr o prio co ntr oci ò, c h e i ls ogg ett oè t al e so l o in q u a nt o, essen d o s og ­ g ett o d e lc o noscere , ha d i f ronte as é l'ogg etto . M alg r ad o q uesto viv osens o d e llaport a t acritic a d e lp r o ­ bl em a, l' imp o s taz ione sc h e ll in gh i a n a non è pur a, m a fo rte ­ mente vi z i a t a d i psic olog ism o: o ssi a, i lso gg ett oe l'ogg etto , i d ue po l i d e ll'a ntitesi , non s o no c o nsi d er a ti sec o n d o lapur a i d e atr a scen d ent al e d e lc o noscere , m a g i àsu d i un pi a no d i a ttu al it àesisten z i al e , g i à c o nt a min a ti da c o ntenuti empirici e d a ssio l o g ici . Ilso gg ett oè già laperson aum a n ain q u a nto d ot a t a d i c a p a cit àc o nos c itive , e l 'ogg etto è g i ài lcomp l esso d e ll e cose , lan a tur a. N essun amer a vi gl i a, q uin d i , c h e i lpro ­ bl em a f en o meno log ic o si convert a imme d i a t a mente , ne ll e m a ni d e ll o Sch e ll in g, in un pro bl em amet afi si ca, e ch e i v a rii g r ad i d e l proce d im e nto da l u i se g uito per puri fica re i ter ­ m ini d e ll'a ntino mia d i v en ga n o ent i t à met afi sic h e , a nto l o g i­ c a men t e concepite come m o menti d e ll'A ss ol uto , o p ot e n - z é d i esso . N e lla1' icerc a d e lf on da mento tr a scen d ent al e d e l c on o scere si ven go no af on d ere e acont a min a re d ue esi g en z e d iverse : l' un aè c h e , se i ls ogg etto e l 'ogg etto son o d ue en­ tit à in un certo s .e nso re al i , « essenti », so gg ett o e og.� etto poss o no unirsi ne lla sintesi co n o scitiv a so l o in q u a nto la l oro d i ff eren za è d i al ettic a, f enomenic a, m a entr a m b i s ono m a ni f est az i o ni d i un a ter za entit à re al e e d essente , c h e l i prece d e e ntr amb i e c h e in essi s i m a ni f est a: l' Asso l uto ; la secon da è ch e , se so gg etto e ogg etto sono d ue entit à « es­ senti » e pe r t a nto entr amb i o gg ett o d i con o scen za, in en­ tr a m b i si d eve trov a re lame d esim apr obl em a ticit à, la m e d e ­ sim a a n t in o mi a: b is og n aris al ire ad un 'a ntin om i api u f on da­ ment al e e pi u pur a, c h e non d eve essere pi u c o ncepit aco m e o pposi z ione d i enti , m a d i m o menti tr a s c en d ent al i . Ed ecco c h e l'a ntin o mi aè tr a sf erit a, in v a ri a m a nier a, ne ll' Assoluto , i lq u al e , pur essen d o i n s é, ossi asecon do lasu as o st a n za, i n di f fe r e n t e , t utt a vi a d eve o contenere o da re ori ­ g in e alla d i ff eren zac o me d i ff eren za d i al ettico - tr as cen d ent a le ,
  • 10. x GIULIO PRETI p ro p ria n o n al su o e ss e r e, ma al suo d iv e nir e, al suo far si , al lasu a a uto c t i si . H e g el ha m ostr a to l'ins ol u b i l it à d i un si m il e pr obl e ma,· maSchel ling v i si è t ra v a g l i a top e r t utt a l asu a v it a, ed ha te nt a t e v ar i e sol uz i o ni me t afi sic he, v i a v i a a ppro f on d it e e p o i abba n donat e . La p r i ma s ol u z ion e è l a s o lu zio n e i deali­ sti ca, laq u a l evu o l e da ppri ma e ss ereso lt a nt oun « m i gl i o r a­ me n to» delsist ema fich ti a no . E ss aè int e r e ss a nt epe rché co­ st i tuis c e un asp ec i e d i a ttu a li smo« a v a nt l a le ttr e», es i to r­ me nt ane lla mede si map r o blema ti ca. F' i ch t e eHegelc e r ca n o la sin te si d op o l 'a ntit e si / Schel ling e Ge nti le p r i m a. Post o l'A ss ol ut o c o meS p i rito , co meIdea, e sso t utt a vi anon p u ò e ss ereposto c o meq u el so g g e tt o che ha d i f ronte a s é l' o g g e tto , 1na c o me q u ell' Asso l uto S pirito che è i mmed i a t a i de nti tà d i sogg e tto eogg e t to , d i i dea l e. er ea l e. M aun ata l e c o ncez ion esi a p rei mm e d i a t ame nt esu d i un 'altra, l a conc e­ zio n ep a nt e ist ica der iv a t a daun inn e st o delp e ns ierodiS pi ­ n oza e d i Le i b ni z sulfo n d o i deal isti c o . Q u ell'Assolu t o , q u el­ l'Asso lu taId e a, d ev e es s ere l' in fi nit a e ssen zain cu i si r i sol­ v o n osi a la co sc ie n za che la rea lt à, si a l ' i deal it àc he la rea l i t à: p e ns i e ro e ma te r i ade v o n o e ss ere in l u i, n ell'A ss ol ut o, n o n c omeq u a lit à che lo de t ermi n a n o, be n si c omep r in c ip ii del l a su a a ttu az ion e ed a ut ode te r m in az i o n e. La co n cez i o n e sp i no ­ z i a n a de gli at tr i bu t i v i e n esup era t a in q ue l l a, cara tt e­ r isti came11 t e s chelling h i a n a, del l e p o t en z e , m o me nti d i ale tt ic i p rod uttivi del r eale sotto c ui pu ò p or si tutt a la ca p ac it à dell'A s so lu to- oramaii de nti fica t oc o n D i o- s e n za e s a u rir v i s i. So tto q uest a t eor i a delle« p o t e n ze» la f en ome­ n olo g ias che l l in ghia n a ha fa tto n o t e vo l i progr e ssi , a n che s e o sc u ra t a dallas o vr a struttu ra deis ig ni fica ti me t afi si c i ; e ss a ha s co p er t o l' i deale ei lreale, l ' i dea e la ma t er i a, co m e s tr u t­ tu r e au t o no me, ossi api a ni esist e1n i d i c o n ce tti , r a p po rti , e c ce t era, in c ui i l p e nsi er o pu ò riso l v eretot a l me nt e lar eal t à em piric a. M ail me t od o me t afi sic a d og ma ti c o c o n i l q u ale l' Autor e a rriv a a ll ascop e rt a, fo n dame nt ale da l punto d i v i ­ s ta c ritico , d i t al i s fe r e d i a utono m i a della r a gion e è scon ­ ta to dal r e si d uo me t afi si ca del p ar a ll e li s mo , l' i ll u ­ sio n e cioè d i p o t ert rad u r r ei ls i st ema de i r a pp or ti dellana-
  • 11. PRESENTAZIONE XI tur a n el sist e m a de i r a pp o rti d i un a m e t afi si ca fi n ali sti ca­ m e nt e o ri e nt a t a. M a n ello st e ss o e rr o r e c ad r à a n che Hegel a ppunt o pe r d i fe tt o d i a n a lisi critic a del signi fi c a t o dell'a u ­ t o n o mi a, c ontesist e m ain d ip e n de nt e d i m e t od i e d i ca t e g o ri e t r a s ce n de nt ali. La fa s e de l p e nsi ero s che llin gh i a n o pi u feconda, q u e ll a dovei lm e t odo. fe n o m e n o l ogi c o em e t afi sic api u fel i ce m e n te si fo n d on o in un ap o t e nt e int e rp re t az i o n e de i p rob l e mi p o­ sti da ll 'es p e ri e n za spiritu a l e, è q u e ll a c he p o tr e mm o ch i a­ m a r e es i s t en zi a li s t i c a. Il d i fe tt o del l a d i alet ti ca i dea listic a è s t a t o in g e n e r e q u el l o del l a misti ficaz i o n e, ci oè q u e ll o d i t r a s fo rm a r e a str a tt a ment eJo r 1n ul e in a lt refo rmu le m ed i a nt e q u e ll asp e ci e d i ars l ulli a n a cheè a ppunt o ladia­ le ttic a/ e d i fa r c orr isp o n derep o i ad o gnun o de i « m o m e nti » co s i o tt e nuti un a fo rm a d i rea lt à e mpiric a, in m a ni erapi u o m e n o a r b it ra ri a, m a s e mpr e p e r ò in m a ni e r a a str a tt a, ché c o mpl e ss e fo rm e d i e sp e ri e n za fi ni va n o p e r ve nir ri do tt e a l lo r o m o m e nt o d i a l e ttic o, co n un ac o mpl e t a tr a s c ur a n za d i tutt a la v it a che era in esse. Schel ling ha s e m p r e av ut o in s o mm o gr ado q u e st o d i fe tt o. U n a vo lt a sc o p e rt a ov unq u e l'a n t in o mi a co m e co stitutri ce d i tutt e le i dee a ttr ave rs o l e q u a li n o i p e nsi a m o l'e sp e ri e n za, v i si è p e r d ut o d i e t roin un fa rr ag in o s o g i oco verba l e. Ma in q u e st a fa s e l'a ntin o mi a n o n n a s cepi u dau n'a st razio n et eo r e tic a, be ns i da l l' int e rpr e­ t az i o n e i dea listi ca m e nt e c oe r e nt e d i un a rad ic a l e e sp e ri e n za u nzana; n a s ce da l fa tt o c he lo Sche lling si acco rg e d i q u el p rob l e m ac hes e mpr esi p o n e d i f r o nt e aq u a ls ia si p o si z i o n e i dea lis t i ca: l 'i r r azi on al e. Se i l r ea l e e l ' i dea l e s o n o i de nti c i ) q u e ll o n o n pu ò o pp o rsi a q u e sto n e ppur e dia l e tti ­ canze nt e) m a deve ri so l verv isi c onz p le t a m e nt e. T utt avia f r a lar ea lt à e l' i dea lit à c'è q u a l co s a d i o p aco, d i oscu r o) d i irri ­ duc i b i le. È il p rob l en1ac he do p ol am o rt e d i H e g els a r à al l a base del p e nsi ero d i Fe u e r ba c h e M a rx c o m e d i Scho p e n ­ haue r ; c he do p o las c u o l a d i Ma r b u r g eHuss erlsi p o r ra nn o N. Ha rtm a nn ed E. La sk. Q u e st o q u a lc o s a d i o p aco si o p ­ p o n e ve r a m e nt e a ll ' i dea l e n o n c o m e a ltr a p o si z i o n e de l l' i ­ de a lest e ss o, m a c o m ep o t e n za ve r a m e nt e o pp o sta, a ppunto p erchéo p a c a, r e sist e nt e. I nt e rpr e t a n doin q u e st os e nso l'a n -
  • 12. XII GIULIO PRETI t ico pe n s i e ro p it a gor ico -p l a ton ico , lo S c he lling inter p r e t a q u es to 1n om e nto di re si s ten zacome i l Il� ov, come l a m a- t e r i a�· l a op p o si zion e s i trov aovunq ue p e rc hé e ssaè g ià a ll a s org e nte delle co s e , i n Di o. C ome g i à p er Bo h me , il dr a mm a del b ene e del m a le , del pa r a d i s o e dell 'i n fe rno , d e ll a sa gg ezza e d e ll af oll i a si trov ag i à i n Di o - e p o i c hé D io è tutte le co s e � si trov a in tutte le co s e , i n tutte le e sp e ­ rien z e , i n tutti i momenti dell av it adello Spirito . S e i n q ue ­ s to modo i l pro b lem a teor e t i co , nello s t ess o momento c h e è vi s to in un a pro spe tt i v a cr it i c a a ncor p iu r a d i c a le , è irri­ me d i ab ilm e nte cont a m i n a to , è c e rto c h e si tr a tt a d e ll a p iu fe lice delle cont a m in azioni s c he ll i ng hi a ne , di q uell a c he p iu r im a n e a d e r e nte a ll ' e s per i e n za. A cc a nto a ll a f eno me nologi a, un ' a ltr a p r e occu pazione pre ss oc hé co s t a nte d e ll '« e m pi r is mo fi lo s o fi co » d e llo S c h el ­ lin g è s t a t al a fi l o so fi a d e l l a n at u r a. P ro b lem a c h e p erò v aperdendo d i im p ort a n za am a no a m a no c h e la s u a spe cul az ione si v a a llont a n a ndo d a ll ' or i g i n a r ia impo s t a­ zion e fi c h ti a n a. Dapr i nc i p i o , i nfa tt i , il p ro b lem adell a fi lo s o fiadell an a­ tur a co i ncide con il p ro b lem a dell ' o g ge t t o d e l c o ­ n o sc e r e (il « non -I o »): conce pire l ' o g g e tto ( o ss i al an a­ tur a) come r ea le e o pp o s to a l s og g etto , m a i n m a n i er a ta le c h e e ss o si a, c ionono s t a nte , cono s c i bile e r e al m e n t e co ­ no s c i bi l e. La s olu zi one : c h e è l an a tur a s te ssa, l ' oggetto , c h e med ia nte i l s uo s vilu p po fi n a l i s tic a m e nte conce p ito , a ll a fi ne produce i n sé l acono s c e n zad i sé , a pre l a s tr a d a a lle s ucce s­ si ve p o_s i z ion i de llo S c h ell i ng , e in pa rt i col a re a l l' i d e a l i s m o ass oluto e a l pa nt eis mo . M a, g i unto aq ue s te po sizioni , ilpro ­ b lem ade l l an a tur a s i s vuot adell a s u a i mport a n za; l an a tur a d iv i ene l 'i mm a gine re a le d e ll ' un i v e r s o , come laco s c i en za n e div i en el 'imm a g i ne i d ea le - i l p a r a llel is mo fi n is ce col s o ff o ­ c a re i l p ro b l e m a or i g i n a r i o , f or za ndolo entro un a v isi one dogm a t i c a i n cu i s v a n is cono tutt ii p ro b lem i i n un b u i o dal q u a le em e rge s olt a nto un 'as tr a tt ad i a lett i c a v e r ba le .
  • 13. PRESENTAZIONE XIII S i s v olg e allo ra in s e no a llas pec ula zi on e s c h e l li ngh ia n a una nuo va fi loso fiade l la n at u ra p rev al e n te m e n te simbol ico­ te oso fica. Il mom e n t o di passaggio è s e gn at o dalla lun gafa se es i s te n zia l i s t i ca, ma g i àessa si annun c i anella f ase dell'idea­ li smo a ssolu t o . I l p r obl e ma d e ll a fi loso fiad ella n at u ra si è s v u ota to di ogn iv er o c on te nu t o s c i e n t i fic o : la pol e mi c a a n ­ t inew t oniana , c h en e ll apr ima fi loso fiad e ll ana t u ra av e v a un senso , ed a n z i un a no tev ol e i mpo rt an za cr i t i ca, nel Bruno diviene un c o nfl i tt o d i g us ti e d im e n t ali tà, l an e g az i o ne d og­ m at i c a d e i di ritt i d e ll as ci en zain q uan t o ta l e, e non un a r i­ cerca d e i limi t i del sa pere s c i e n t i fic o di retta a d in te g r a r e i limiti s t ess i. Ne l pre s e n t e volum e abbi a mo tr ado tt i a l c uni s critti fi­ no r a p o c o no ti, m a di no t e v ole i m p o rt an z a in tr ins ec a , di ­ rett i amos tr a 1·e, in v a r ie epo c he d ell o s v iluppo d e l p e ns iero s c h e llin g hi a n o, l 'i mpos tazion e e i l me to d odi tr a tt a z i o ne d e i p r o b l e mi d e ll '« e m p i r ism ofi loso fic o » o f enom e nol o gi a, n el s e nso so pra c h iar i to. Il te s t o segui t o è q u ello c on t enu t o ne lle Sammtliche Werke (St u ttgart. u. Augsbu r g , C o tta' s c h er Ver la g, 1856- 1861, 14 vo ll .) a çura del fi gli odi Sc hell i n g; ed iz i o ne fo n ­ d a m e n t ale che è s tata poi ri p r odo tta, con or din e d i ve r s o, nell ' edi z ione d e ll o Sc h r o t e r (Schellings Werke... in neuer Anordnung herausgegeben von M. Schroter, Mii n c h e n 1927- 1928, 6 Hauptbde.). Il p ri m odegli scritti tradotti è l '« Intro du z ion e a l l e Idee per una Filosofia della Natura» (Einleitung zu den Ideen zu einer Philosophie der Natur), c he è la p art e fi loso fic am ente ess e n zia l e della prima grande o pe ra d e l N os tro. Occ up a le pag g. 5-73 del l o vo l ., 1a se ri e , d e ll ' edi z ione d i St o ccar d a ( pp. 661 ss. d el I Hauptbd. d e ll ' ed izi one Sc h r o t e r). Lo s cr i tt o era stato pubblicato in p ri m a edizione nel 1797, i n s ec ond aedi zi on enel1803, quando il pensie rod e ll oSc h e llin g a v e va g i àsu b i t o u nano t e v o l e ev o lu z ione , ed e ra già gi un to a ll' id e alismo a ssolu to ( l a Darstellung meines Systems è d e l
  • 14. XIV GIULIO PRETI 1801, il Bruno del 1802, le Vorlesungen iiber die Methode des akademischen Studiums sono appunto del 1803). Lase­ conda edizione contiene un'« Aggiunt a a ll 'I ntr od u z i o ne » che appunto riflette questa nuova fase, ed imposta il proble­ ma della filosofia della natura da quest o nuovo punt o di vista. Il terzo scritto, su « Il rapporto del Reale e dell'Ideale nella Natura» (Abhandlung iiber das Verhaltnis des Realen und Idealen in der Natur: oder Entwickelung der ersten Grundsatze der Naturphilosophie aus den Prinzipien der Schwere und des Lichts) è uno scritto affatto indipendente premesso alla seconda edizione (1806) dell'opera Von der Weltseele. Occupa le pp. 357-378 dello stesso lo vol., r" se­ rie delle Sammtliche Werke (pp. 425 ss. del I Hauptbd. dell'edizione S c h roter ). Siamo già nella fase « esistenziali­ stica » del pensiero schellinghiano, la quale, come è noto, è rappresentata principalmente dallo scritto Untersuchungen i.iber das Wesen der menschlichen Freiheit (1809). Pure a questa fase appartengono le « Lezioni di Stoc­ carda » (Stuttgarter Privatvorlesungen), inedite, e pubblica­ te postume per la prima volta nel vol. VII, la serie, delle Satnmtliche Werke, pp. 417�484 (pp. 309 ss. del IV Hauptbd. dell'edizione Schroter). Il g rande in t eresse di que­ ste lezioni, tenute ne l1809-1810, sta ne lfatto che esse con­ tengono una completa esposizione sistematica di questa fase del pensiero schellinghiano, ingiustamente poco conosciuta, mentre forse è la piu interessante pe r la cultura della n o­ s tr aetà. Il quinto scritto, la « Esposizione dell'empirismo filoso­ fico» (Darstellung des philosophischen Empirismus. Aus der Einleitung in die Philosophie), è pure un inedito, pubblicato postumo, a pp. 225-286 del vol. X, 11 serie delle Sammtliche Werke (V Hauptbd., pp. 271 ss. dell'edizione Schroter) 1. l Della « Esposizione dell'empirismo filosofico » esiste già una traduzione italiana (a cura di G. Durante) in: F. W. J. ScHELLING, Lezioni monachesi sulla storia della filosofia moderna ed Esposiztone dell'empirismo filosofico, Firenze, Sansoni [s. a., ma 1950].
  • 15. PRESENTAZIONE xv Sono lezioni tenute a Monaco verso il 1836, e dovevano ser� vire, con le celebri lezioni sulla storia della filosofia moderna, come propedeutica alla vera e propria filosofia� intesa ora� mai come teosofia. In questo importantissimo testo (l'unico che documenti questa fase del pensiero schellinghiano) il ca­ rattere «fenomenologico >>, e perciò propedeutico1 pre-me­ tafisico dell'empirismo filosofico, rivolto all'analisi di ciò che è implicito nel «fatto » del conoscere, è completamente chiarito. Questo scritto getta luce su tutto il pensiero prece� dente dello Schelling, e perciò lo abbiamo usato per dare il titolo a tutto il nostro volume. GIULIO PRETI
  • 16.
  • 17. INTRODUZIONE ALLE IDEE PER UNA FILOSOFIA DELLA NATURA Che cosa sia in generale la Filosofia, è una domanda alla quale non si può rispondere cosi immediatamente. Se fosse possibile accordarsi su di un determinato concetto di Filo· sofia, basterebbe analizzare questo concetto per venire in possesso di una Filosofia universalmente valevole. La cosa sta cosi: la Filosofia non è qualcosa che sia presente origina­ riamente e per natura al nostro spirito senza bisogno di al­ cuna attività da parte di questo; ma essa è invece opera della libertà. Essa è per ciascuno soltanto ciò che egli fa; e perciò anche l'idea di Filosofia è soltanto il risultato della Filosofia stessa, la quale, in quanto è una scienza infinita, è insieme la scienza di se st�ssa 1• Quindi, invece di premettere un concetto qualsiasi di Fi­ losofia in generale, o di Filosofia della Natura in particolare, per poi risolverlo nelle sue parti, mi sforzerò di f a r s o r ­ g e r e davanti agli occhi del lettore un tale concetto. Ma poiché bisogna pur prendere le mosse da qualche cosa, io presuppongo che una Filosofia della Natura d e b - h a dedurre da principii la possibilità di una Natura, cioè del mondo complessivo dell'esperienza. Ma questo concetto non lo tratterò analiticamente, né, presupponendolo come l « E perciò anche l'idea di Filosofia è soltanto il risultato della Filosofia stessa: invece una Filosofia universalmente valida è un'oscura chimera» (la _ed.).
  • 18. 2 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA giusto, vorrò trarne delle conseguenze: tna prima di tutto ricercherò se abbia in generale realtà, o se esprima qualcosa che si possa r e a l i z z a r e . SUI PROBLE.l.1;1 CHE DEVE RISOLVERE UNA FILOSOFIA DELLA NATURA Chi è immerso nello studio della Natura o nel mero go-­ dimento del suo regno non si chiede se una Natura ed una esperienza siano possibili. Per lui essa è là, e tanto basta,. egli l'ha resa molto reale con l' a z i o n e ; e la domanda « che cosa sia possibile » la fa solo chi non crede di tenere in mano la realtà. Epoche intere sono trascorse nell'indagine· della natura, e non si è ancora stanchi di essa. Individui han­ no dedicata tutta la loro vita a questa impresa e non hanno ancora cessato di adorare la dea velata. Grandi spiriti, senza curarsi di esaminare i principii su cui erano fondate le loro scoperte, sono vissuti nel loro proprio mondo: e che cosa è tutta quanta la gloria dell'acuto genio di colui che dubita in confronto alla vita di un uomo che ha portato un mondo nel suo cervello e tutta quanta la natura nella sua immagina-­ zione? Come sia possibile un mondo fuori di noi, come sia pos­ sibile una natura e con essa un'esperienza, sono domande· che dobbiamo alla Filosofia : o meglio, con queste domande è nata la Filosofia. Prima gli uomini erano allo stato di na­ tura (in senso filosofico). Allora l'uomo era ancora uno con sé e con il mondo che lo circondava. In oscure reminiscenze questo stato si presenta ancora agli occhi anche di quei pen­ satori che piu se ne sono sviati. Molti non Io abbandonereb­ bero mai e sarebbero felici in se stessi, se non li seducesse il màlo esempio; perché la natura non libera spontaneamente nessuno dalla sua tutela, e nessuno è n a t o figlio della li­ bertà 1• Non si potrebbe neppure concepire come l'uomo l « I maggiori filosofi furono sempre i primi a ritornarvi: e SoM crate (come narra Platone) dopo che per tutta la notte era stato in
  • 19. PROBLEMI DI UNA FILOSOFIA DELLA NATURA 3 avesse potuto uscire da quello stato, se non sapessimo che il suo spirito, il cui elemento è la l i h e r t à , aspira a ren­ dersi libero, e doveva prima svincolarsi dai ceppi della na­ tura e dalle cure di essa, !asciandola all'inconsapevole sorte delle sue proprie forze, per poter poi ritornare come vinci­ tore e per opera propria a quello stato in cui, inconscio di sé, aveva vissuto la fanciullezza della sua ragione. Non appena l'uomo si pone in opposizione con il mondo esterno (e come faccia lo vedremo in seguito), è fatto il pri­ mo passo verso la Filosofia. Con quella separazione ha inizio la riflessione 1; d'ora in poi egli separa ciò che la natura aveva unito per sempre, separa l'oggetto dall'intuizione, il concetto dall'immagine, e alla fine, facendosi oggetto a se stesso, separa sé da sé. Ma questa separazione è soltanto m e z z o , non f i - n e . Perché l'essenza dell'uomo è l'azione. Ma quanto meno egli riflette su di sé, tanto piu è attivo. La sua attività piu alta è quella che non conosce se stessa. Non appena egli si è fatto oggetto di sé, non è piu tutto quanto l'uomo che agi­ sce: egli ha annullato una parte della sua attività per poter riflettere sull'altra. L'uomo non è nato per sciupare la sua forza spirituale nella lotta contro il fantasma di un mondo immaginario, ma per usare tutte le sue forze nei confronti con un mondo che influisce su di lui, ne mette a prova la potenza e sul quale egli può agire di rimando; quindi fra lui e il mondo non deve essere aperto nessun abisso; fra di essi deve essere possibile il contatto e l'azione reciproca - ché solo cosf l'uomo diventa uomo. Originariamente nell'uomo vi è un assoluto equilibrio delle forze e della coscienza; ma egli mediante la libertà può distruggere questo equilibrio, per poi ristabilirlo mediante la libertà. Ma solo nell,equi­ librio delle forze vi è sanità. La mera riflessione è dunque una malattia dello spirito piedi immerso in meditazione, all'alba salutò con la preghiera il sole nascente». (Aggiunta della prima edizione). l Nella prima edizione al posto di «riflessione » era « specula­ zione », al posto di « riflettere », « speculare ».
  • 20. 4 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA dell'uomo, soprattutto in quanto essa instaura la sua signo­ ria su tutto quanto l'uomo, signoria che uccide in embrione la sua piu alta esistenza e alle radici la sua vita spirituale, che rampolla soltanto dall'identità. Essa è un male, che ac­ compagna l'uomo nella vita e distrugge in lui ogni intuizio­ ne anche per i piu comuni oggetti di conoscenza. La sua opera di separazione non si limita al mondo fenomenico; separando da questo il principio spirituale, riempie il mon­ do intellettuale di chimere contro le quali non è possibile lotta alcuna, perché esse stanno del tutto al di là della ra­ gione. Essa rende permanente la separazione dell'uomo dal mondo, considerando quest'ultimo come una cosa in sé, che né intuizione né immaginazione, né intelletto né ragione rie­ scono a raggiungere 1. Di fronte ad essa sta la Filosofia, che considera la rifles­ sione in generale semplicemente come un mezzo. La Filoso­ fia deve presupporre quella separazione originaria, ché senza di quella non avremmo bisogno di filosofare. Perciò essa non accorda alla riflessione che un valore n e g a t i v o . Parte da quella separazione originaria per tornare ad unire mediante la l i b e r t à ciò che nello spi­ rito umano era originariamente unito s e c o n d o n e c e s - s i t à , cioè per superare per sempre quella separazione. E l Questo capoverso nella prima edizione era: « La m e r a spe� culazione è dunque una malattia dello spirito dell'uomo, ed inoltre la piu pericolosa, che uccide l'embrione della sua esistenza, e sradica l'essere. Essa è un demonio che, una volta divenuta preponderante, non si può piu scacciare, né mediante gli stimoli della natura (infatti, che possono questi su di un'anima spenta?), né mediante il fragore della vita. Scandit aeratas vitiosa naves Cura nec turmas equitum relinquit. Contro una filosofia che non considera la speculazione come m e z z o ma come f i n e , ogni arma è buona. Ché essa tormenta la ragione umana con chimere, contro le quali non è possibile lotta alcuna poi� ché esse stanno al di là della ragione. Essa rende p e r m a n e n t e la separazione dell'uomo dal mondo, considerando quest'ultimo come una c o s a i n s é che né intuizione né immaginazione, né intelletto né ragione riescono a raggiungere».
  • 21. LA RIFLESSIONE 5 poiché si è fatta essa stessa necessariamente mediante quella separazione - e ciò pure era soltanto un male necessario, una disciplina della ragione traviata -, da questo punto di vista lavora alla distruzione di sé. Quel filosofo che avesse speso tutta o una parte della sua vita a seguire la @osofia di riflessione nel suo infinito duplicarsi, per poi superarlo nelle sue ultime opposizioni, per questo servigio, che anche se negativo dovrebbe essere considerato pari agli altri piu elevati, si guadagnerebbe il posto piu degno, anche se non avesse potuto arrivare alla gioia di vedere la filosofia nella sua forma piu assoluta risorgere dalle lacerazioni introdotte dalla riflessione per sé 1. - L'esposizione piu semplice di pro­ blemi complessi è sempre la migliore: chi per primo fece attenzione a ciò, che egli poteva distinguere se stesso dalle cose esterne, e quindi le sue rappresentazioni dagli oggetti, e viceversa, fu il primo filosofo. Per primo egli ruppe il mec­ canismo del suo pensiero, distrusse l'equilibrio della coscien­ za nella quale soggetto ed oggetto sono uniti nella maniera piu intima. In quanto mi rappresento l'oggetto, oggetto e rappre­ sentazione sono una e la medesima cosa. È proprio in que­ sta incapacità di distinguere, nell'atto della rappresentazione, l'oggetto dalla rappresentazione, che si fonda per l'intelletto comune la convinzione della realtà delle cose esterne, di cui tuttavia ha notizia soltanto attraverso rappresentazioni. Questa identità dell'oggetto e della rappresentazione vie­ ne tolta dal filosofo, in quanto egli chiede: come si for­ mano in noi le rappresentazioni di cose esterne? Mediante questa domanda trasportiamo le cose f u o r i di noi, le presupponiamo come indipendenti dalle nostre rappresenta- 1 « Il filosofo che spende tutta o una parte della sua vita a se­ guire la filosofia speculativa nei suoi abissi senza fondo per scavarne ivi il fondamento piu profondo, offre all'umanità un olocausto che, poiché è sacrificio di quanto di piu nobile egli abbia, forse deve es­ sere considerato alla pari degli altri piu elevati. Felice davvero se riesce ad allargare tanto la filosofia da fare sparire per sempre dalla memoria degli uomini anche l'esigenza ultima di essa come scienza particolare, e quindi anche il nome » (la ed.).
  • 22. 6 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA zioni. E quindi ci deve essere fra loro e le nostre rappresen­ tazioni un rapporto. Ma noi non conosciamo altro rapporto r e a l e fra cose d i v e r s e che quello di c a u s a ed e f f e t t o ; perciò la prima ricerca della filosofia consiste nel cercare di porre oggetto e rappresentazione nel rapporto di causa ed effetto. Ma abbiamo espressamente poste le cose come indipen­ denti da noi. Tuttavia ci sentiamo dipendenti dagli oggetti, perché la nostra rappresentazione è r e a l e solo in quanto noi siamo necessitati ad ammettere una concordanza fra essa e le cose: perciò non possiamo considerare le cose come effetti delle nostre rappresentazioni. Quindi non rimane al­ tro che considerare le rappresentazioni come dipendenti dal­ le cose, queste come cause, quelle come effetti. -· Ma subito a prima vista si scorge che con questo tenta­ tivo non otteniamo quello che volevamo. Volevamo spie­ gare come avvenga che in noi oggetto e rappresentazione siano uniti in maniera inseparabile, poiché solo in questa unione sta la realtà del nostro sapere di cose esterne, ed è proprio questa realtà che il filosofo deve esporre. Solo se sono c a u s a delle nostre rappresentazioni le cose possono p r e c e d e r e le rappresentazioni : ma con ciò la separa­ zione delle une dalle altre diviene permanente. Ma noi, dopo avere separati mediante la libertà oggetto e rappresentazio­ ne, volevamo di nuovo mediante la libertà riunirli; vole­ vamo sapere che, e perché, fra di essi non v'è or i g i n a ­ r i a m e n t e separazione alcuna. Inoltre non conosciamo le cose che mediante le nostre rappresentazioni, e in esse: e perciò non abbiamo alcun con­ cetto di che cosa mai siano esse in quanto precedenti le nostre rappresentazioni, cioè in quanto non rappresentate. Infine, se io chiedo come avviene che io abbia rappre­ sentazioni, pongo me stesso a l d i s o p r a della rappre­ sentazione; mediante questa stessa dotnanda io divengo un essere che si sente originariamente l iber o nei riguardi di ogni attività rappresentatrice, che contempla a l d i so t t o di sé la stessa rappresentazione e tutte le connes­ sioni fra le sue rappresentazioni. Attraverso questa stessa
  • 23. OGGETTO E RAPPRESENTAZIONE 7 domanda io divengo un essere che, indipendentemente dalle cose esterne, ha un E s s e r e i n s e s t e s s o . Quindi con questa domanda io mi tiro fuori dalla serie delle mie rappresentazioni, mi dico sciolto dal rapporto con le cose, pervengo ad un punto ove alcuna forza esterna non può raggiungermi; ed ora per la prima volta si scindono due entità nemiche, lo Spiri t o e la M a t e r i a . Io le col­ loco in due mondi diversi fra i quali non è piu possibile rap­ porto alcuno. Per il fatto che esco dalla serie delle mie rap­ presentazioni, anche causa ed effetto sono concetti che con­ templo a l d i s o t t o di me: infatti essi risultano solo dalla necessaria successione delle mie rappresentazioni, dalla quale io mi sono sciolto. Come posso dunque sottopormi a mia volta a questi concetti, e fare agire su di me le cose che sono fuori di me? 1 Oppure è possibile fare il tentativo opposto, lasciare che le cose esterne operino su di noi e poi spiegare come noi, malgrado ciò, perveniamo alla domanda « come siano pos­ �ibili in noi le rappresentazioni »? A dire il vero, non è concepibile come le cose possano agire su di me (un essere libero). Concepisco solo come le cose agiscano sulle cose. Ma in quanto io sono liber� (ed io l o s o n o , in quanto mi elevo al di sopra dell'insieme delle cose, e mi chiedo .come questo stesso insieme sia possibile)­ io non sono una c o s a , un o h i e t t o . Io vivo in un mondo che è tutto mio proprio, sono un essere, che non esi­ ste per altri esseri, ma solo p e r s e s t e s s o . In me pos­ sono essere solo atto e attività; da me possono soltanto a v e r e i n i zio azioni, ma non può esservi alcun p a ­ t i r e , perché p a t ir e si ha solo là ove sia azione e rea­ zione, e questa è solo nel rapporto delle cose, al di sopra l Ciò è stato fin dal principio obiettato alla filosofia kantiana da alcuni uomini acuti. Questa filosofia fa nascere tutti i concetti di causa ed effetto nel nostro spirito, nelle nostre rappresentazioni, e poi di nuovo fa causare in me dalle cose esterne le rappresentazioni stesse, secondo la legge di causalità. Una volta ciò non lo si voleva sentire; ma ora lo si dovrà pur udire. [N. d. A.].
  • 24. 8 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA delle quali io mi sono innalzato. Supponiamo pure che sia cosi, che io sia una c o s a confusa anch'essa nella serie delle cause e degli effetti, e tutto quanto il sistema delle mie rap­ presentazioni sia un mero risultato delle molteplici azioni che hanno operato su di me dall'esterno - in breve, che anch'io sia una mera opera del meccanismo. Ma ciò che è compreso nel meccanismo, non può uscire dal medesimo e chiedere: come è stato possibile tutto ciò? Q u i , in seno alla serie dei fenomeni, l'assoluta necessità gli ha assegnato il suo posto: se esso lo abbandona, non è piu questo essere, e non si comprende piu come una qualunque causa esterna possa agire su questo essere indifferente, completo e perfetto in se stesso. Per potere filosofare bisogna dunque essere c a p a c i di quella stessa domanda, con la quale ha inizio ogni filo­ sofia. E questa domanda non è tale che si possa ripetere ad altri senza un'attività da parte di questi: essa è un problema liberamente posto, spontaneamente impostato. Il fatto che· io sia capace di sollevare questa questione dimostra a suffi­ cienza che in quanto tale sono indipendente dalle cose ester-. ne : altrimenti non avrei potuto chiedere come siano possi­ bili per me, nella mia rappresentazione, queste stesse cose. Si dovrebbe dunque pensare che chi anche soltanto pone questa domanda, proprio per ciò rinuncia a spiegare le sue rappresentazioni come effetti dell'azione di cose esterne. Ma questa domanda è caduta in mano di persone che erano com­ pletamente incapaci di porsela da sé; e nel passare sulle loro labbra essa ha preso un senso diverso, o meglio ha perduto ogni senso e significato. E s s i sono esseri che non si co­ noscono se non in quanto leggi causali ne dispongono a loro piacimento: I o , in quanto pongo quella domanda, mi sono innalzato al di sopra di queste leggi. E s s i sono implicati nel meccanismo del loro pensiero e delle loro rappresenta-­ zioni : I o ho spezzato questo meccanismo. Come possono essi intendermi? Chi per se stesso non è altro che ciò che hanno fatto di lui cose e circostanze; chi, privo di potere sulle sue proprie rappresentazioni, è travolto e trascinato dal torrente delle
  • 25. LA LIBERTÀ 9 cause e degli effetti - come può sapere donde viene, dove va, e come è divenuto ciò che è? Lo sa forse l'onda che va alla deriva con la corrente? Egli non ha neppure il diritto di dire di essere il risultato dell'azione concomitante delle cose esterne, perché per poter dire ciò deve presupporre di cono­ scere se stesso e quindi di e s s e r e q u a l c o s a p e r s e s t e s s o : ma egli non lo è. Egli è solo per altri esseri ra­ gionevoli - non esiste per sé, è un mero o g g e t t o che fa parte del mondo, ed è utile per lui e per la scienza che egli non abbia mai sentito altro, né altro si sia immaginato. Dai tempi piu remoti gli uomini comuni hanno opposto ai maggiori filosofi cose che anche i bambini e gli infanti ca­ pirebbero. Si sta a sentire, si legge, e ci si meraviglia che sf grandi uomini abbiano ignorato cose sf comuni che uomini notoriamente piccoli avrebbero potuto insegnare loro. Nes­ suno pensa che probabilmente essi tutte queste cose le sape­ vano, altrimenti come avrebbero potuto nuotare in tal modo contro la corrente dell'evidenza? Molti sono convinti che Platone, se avesse potuto leggere· Locke, sarebbe scappato vergognosamente; parecchi credono che anche Leibniz, se potesse risuscitare dal mondo dei morti per andare a scuola da loro anche per un'ora, si convertirebbe; e quanti sono gli scemi che hanno cantato inni di vittoria sul sepolcro di Spinoza? Allora cos'è stato, chiederete voi, ciò che ha spinto tutti questi uomini ad abbandonare le opinioni comuni della loro età e ad elaborare sistemi che sono cosi in contrasto con quello che i piu hanno sempre creduto e si sono immagi­ nato? È stato un libero slancio, che li ha innalzati ad un piano in cui voi non potete piu comprenderne neppure i pro­ blemi, mentre ad essi diventano inconcepibili molte cose che a voi sembrano estremamente semplici e comprensibili 1. 1 « È stato un libero slancio, che essi diedero a se stessi, e che Ii ha innalzati ad un punto in cui le plumbee ali della vostra imma­ ginazione non potrebbero portarvi. Dopodiché essi si furono cosi in­ nalzati sopra il corso della natura, divennero inconcepibili per loro molte cose che per voi sono cosi ben concepibili » (ln ed.).
  • 26. 10 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA Per loro era impossibile connettere e porre in contatto cose che in voi natura e meccanismo hanno unito per sem­ pre. Similmente erano incapaci di negare sia che vi fosse un mondo fuori di loro sia che vi fosse in loro uno spirito, e tuttavia non appariva loro possibile alcun rapporto fra i -due. - A voi, anche se pensate a quei problemi, non viene mai fatto di tramutare il mondo in un giuoco di concetti o lo spirito in voi in un morto specchio delle cose 1 • Per molto tempo lo spirito umano (ancora giovane di forze, e appena nato dagli dei) si era perduto in mitologie e fantasie poetiche sull'origine del mondo, e tutte le reli­ gioni erano fondate su quella lotta fra spirito e materia, quando un genio felice - il primo filosofo - trovò i con­ cetti con i quali tutte le epoche successive compresero e :fis­ sarono i due poli del nostro sapere. I maggiori pensatori del­ l'antichità non osarono uscire da quell'antinomia. P l a t o ­ n e ancora pone la materia come un « altro » 2 di fronte a Dio. :Q_pri!J}Q che considerò con pie�onsa��voJ��pir.ito -e materia come una cosa sola, pensierò--e-é f estensione . come modtfìca�z!orli dello stesso prlncipiq:fu s Pfn -� z a . Il suo sist ema f� la prima·-·ardffi" "conce - zioilecli"-uìi;ìmmaginazione -creatrice, che ricomprese immediatamente il finito nell'idea dell'infinito, concepito puramente come tale, e riconobbe quello solo in questo 3. Poi venne L e i b n i z e percorse la strada opposta. È venuto il tempo che si può restaurare la sua :filosofia. Il suo spirito disdegnava le pastoie della scuola : non c'è quindi da meravigliarsi se egli fra di noi è sopravvissuto solo in pochi Spiriti a lui affini e fra tutti gli altri è divenuto da molto tempo uno straniero. Egli appar­ teneva alla piccola schiera di coloro che trattano anche la scienza come un'opera della libertà 4; aveva in sé lo spirito 1 « Tramutare... in materia » (la ed.). 2 << un ente indipendente » (la ed.). 3 « di un'immaginazione creatrice, che operò il passaggio dal� l'infinito dell'idea al finito dell'intuizione » (lo. ed.). 4 « che rimirano sotto di sé tutto, ed anche la stessa verità » ( 111 ed.).
  • 27. PENSIERO ED ESSERE 1 1 universale del mondo che si rivela in molteplici forme e dove giunge porta vita. Perciò è due volte ingiusto che si pretenda di aver trovate solo ora le parole giuste per la sua filosofia, e ·che la scuola kantiana gli appioppi le sue invenzioni, facen- dogli dir cose esattamente contrarie a ciò che egli ha inse­ _gnato. Non c'è cosa da cui Leibniz potesse essere tanto lon­ tano quanto dalla chiusura speculativa di un mondo di cose in sé che, sebbene nessuno spirito lo conosca e lo intuisca, tuttavia opera su di noi producendo tutte le rappresenta­ zioni. La prima idea, da cui egli prese le mosse, fu « che le rappresentazioni delle cose esterne sorgerebbero nella nostra anima in virtu delle sue proprie leggi c o m e i n u n u n i - v e r s o p a r t i c o l a r e , come se non esistessero altro che Dio (Pinfìnito) e l'anima ( l'intuizione dell'Infinito) ». - Ancora nei suoi ultimi scritti egli sottolineò l'impossibilità -dell'azione di una causa esterna sull'intimo di uno spirito; .affermò che di conseguenza tutte le intuizioni, tutto il suc­ ·cedersi delle percezioni e delle rappresentazioni in uno spi­ rito non potevano sorgere che da un principio interno. Quan- do Leibniz diceva queste cose, parlava a filosofi; ma oggi si .sono date a filosofare persone che avevano testa per tutto tranne che per la filosofia, e di conseguenza chi di noi dice ·che non possono sorgere in noi rappresentazioni per effetto -d'un'azione esterna no#n finisce di essere guardato con mera­ viglia. Oggi è ritenuto filosofico il credere che le monadi ab­ biano finestre dalle quali le cose possano entrare ed uscire 1• È facile mettere nell'imbarazzo con questioni d'ogni ge­ nere anche il piu deciso sostenitore delle cose in sé come -causa efficiente delle rappresentazioni. Gli si può dire: capi­ sco come la materia possa operare sulla materia, ma non ·Come una realtà in sé possa operare su di un'altra, poiché nella sfera dell'intelligibile non possono esserci cause ed ef­ fetti, né come questa legge di un mondo possa operare in un altro del tutto diverso, ed anzi opposto 2; dunque tu t LEIBNITII, Princip. Philosoph. [Monadologia] § 7. [N. d. A.]. 2 Le parole: << né come... opposto » mancano nella prima edi� .zione.
  • 28. 12 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA dovresti, se io dipendo da . impressioni esterne, ammettere· che io stesso non sono altro che materia, una specie di cri-· stalla, in cui si rifrange il raggio luminoso dell'universo. Ma il cristallo non vede se stesso, è soltanto un mezzo nelle· mani dell'essere dotato di ragione. Che è dunque quella certa cosa in tne che ritiene che si sia esercitata su di me un'impressione? Di nuovo, sono io, che dunque, in quanto· giudico, non sono passivo, ma attivo - quindi qualcosa in me che si sente libero dall'impressione, la conosce, la conce-· pisce, la eleva alla coscienza. Inoltre, nell'atto dell'intuizione non sorge alcun dubbio· sulla realtà dell'intuizione esterna. Ma poi viene l'intelletto, che comincia a dividere, e divide all'infinito. Se la materia fuori di noi è reale, deve constare di infinite parti. Se consta di infinite parti, dovrebbe essere composta di queste. Ma per questa composizione la nostra immaginazione ha solo una misura finita; quindi una composizione infinita dovreb­ be essere fatta in un tempo finito. Oppure la composizione· è cominciata da qualche parte, cioè ci sono parti ultime della materia : allora io nella divisione devo imbattermi in que­ ste parti ; ma io trovo sempre e di nuovo corpi uniformi e non vado mai oltre la superficie; il reale sembra sfuggirmi o dileguarmisi fra le tnani, e la materia, il fondamento primo di ogni esperienza, diventa la cosa piu insostanziale che co­ nosciamo. Oppure questa contraddizione esiste soltanto per illu­ minarci sopra noi stessi ? Forse l'intuizione è soltanto un sogno, che fa apparire agli esseri ragionevoli una falsa realtà; e a questa è dato l'intelletto soltanto per svegliarli di tanto in tanto - perché si ricordino quello che sono e che la loro esistenza (poiché mi pare abbastanza evidente che noi siamo esseri intermedi) è divisa fra il sonno e la veglia? Ma un tale sogno originario non lo concepisco; tutti i sogni sono di solito otnbre della realtà, « ricordi di un mondo che fu ». Se si ammettesse che un Essere superiore manda in noi que­ ste immagini umbratili della realtà, si ripresenterebbe anche qui la questione circa la reale possibilità del concetto di una tale relazione; poiché in questo campo non ho mai cono-
  • 29. LA MATERIA 13 sciuto nulla che possa seguire da alcunché come una causa dall'effetto, e poiché quell'Essere mi comunicherebbe qual­ cosa che egli stesso avrebbe prodotto, quindi, presuppo­ nendo, com'è necessario, che esso non può esercitare alcuna azione transitiva su di me, non resterebbe altra possibilità se non che io abbia conseguite quelle immagini umbratili ·semplicemente come una limitazione o modificazione dell'as­ soluta produttività di esso - e perciò, entro questi limiti, di 11uovo mediante produzione 1 . La materia non è insostanziale, voi dite, perché essa ha delle f o r z e originarie, che non possono venire distrutte -da alcuna divisione. « La materia ha forze »: so che questa espressione è assai usuale. Ma che significa « la materia ha »? Essa viene dunque qui presupposta come un quid che sus­ siste indipendentemente dalle sue forze. Perciò queste forze -sarebbero in essa soltanto accidentali? Poiché la materia esi­ ste f u o r i d i v o i , essa deve anche ricevere le sue forze da una causa esterna. Esse vi sono forse state, come dicono alcuni newtoniani, immesse da una mano superiore? Ma delle operazioni mediante le quali le forze vengono i m - m e s s e non avete alcun concetto. Voi sapete soltanto come la materia opera sulla materia, cioè le forze nei confronti delle forze; come si possa operare su qualcosa che origina­ riamente non è forza poi non lo possiamo concepire. Queste cose quindi si possono ben dire, e possono ben passare di bocca in bocca, ma non diventeranno mai reali pensieri nella testa di un uomo, perché nessuna testa umana è in grado di pensarle. Quindi non potete pensare la materia priva di forza. Inoltre: quelle forze sono forze di attrazione e repulsio­ ne. - « Attrazione e repulsione » : ma può aver luogo nello spazio vuoto, o non presuppone invece uno spazio riem- t « Posto anche che un Essere superiore si beffasse di noi con tali immagini umbratili, non capisco tuttavia come esso potrebbe de· -stare in me anche solo un'immagine dellil realtà senza che io avessi già precedentemente conosciuta la realtà - l'intero sistema è cosi pazzo, che nessuno avrebbe mai potuto sol)tenerlo seriamente » ( 11 ed. ).
  • 30. 14 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA pito, cioè la materia? Dovete quindi confessare che non ci si può rappresentare né forze senza materia, né materia senza forze. Ma la materia è il substrato ultimo della nostra conoscenza, oltre il quale non potete andare : e poiché non potete spiegare quelle forze partendo dalla materia, non po­ tete affatto spiegarle non empiricamente, cioè partendo da qualcosa che è f u o r i d i v o i , il che tuttavia sarebbe richiesto dalla coerenza del vostro sistema. Malgrado ciò, nella Filosofia si chiede come sia p o s - s i b i l e la materia fuori di noi, e quindi anche come siano possibili quelle forze fuori di noi. Si può rinunciare del tutto alla Filosofia (e volesse il Cielo, che cosi facessero coloro che non ci capiscono niente); ma se volete proprio fare i filosofi, non dovete tralasciare questo problema. Ma non po­ tete in nessun modo rendere comprensibile che cosa possa essere una forza indipendentemente da voi. Perché la forza in generale si manifesta unicamente al vostro s e n t i m e n ­ t o . Ma il sentin1ento da solo non vi dà alcun concetto obiettivo. Infatti voi spiegate il movimento dei corpi co­ smici - i gravi universali - mediante le forze dell'attrazio­ ne, ed affermate di possedere in questa spiegazione un prin­ cipio assoluto di questi fenomeni. Ma nel vostro sistema la forza di attrazione non ha né piu né meno che il valore di una forza f i s i c a . Poiché la materia esiste indipendente­ mente da voi e fuori di voi, quali forze essa abbia lo potete sapere soltanto mediante l'esperienza: ma come principio di spiegazione fisica la forza di attrazione non è né piu né meno che una qualità occulta. Però, esso ci permette prima­ mente di vedere se in generale principii empirici siano suffi­ cienti a dimostrare la possibilità di un sistema del mondo. La domanda ha in sé la sua risposta negativa : perché l'estre­ ma conoscenza che si può attingere dall'esperienza è questa - che esiste un universo. Questa proposizione rappresenta il limite dell'esperienza: o, piuttosto, questa - che l'Uni­ verso esista - è essa stessa soltanto un' i d e a . E quindi quel principio dell'equilibrio generale delle forze nell'uni­ verso, che avete attinto all'esperienza, deve essere qualcosa di molto meno. Infatti: se essa è proprio un'idea, non po-
  • 31. LA MATERIA 15 tete ricavarla dall'esperienza neppure per il singolo sistema, ma dovete estenderla alla totalità mediante il ragionamento analogico: ma un tale ragionamento dà soltanto una proba­ bilità, mentre le idee, quale è quella dell'equilibrio univer­ sale, devono essere vere in se stesse e quindi devono essere prodotte, o fondarsi su qualcosa che è in se stesso assoluto, e non dipendente dall'esperienza 1 • Dovete quindi convenire che questa stessa idea invade un campo piu alto di quello della mera scienza della natura. Newton, che a questa idea non si affidò mai completamente e ricercò solo le cause effi­ cienti dell'attrazione, disse soltanto, e molto bene, che si trovava ai limiti della Natura, dove si separavano due mon­ di. Raramente sono vissuti nella stessa epoca due grandi in­ gegni senza che essi collaborassero allo stesso scopo da punti di vista affatto diversi. Mentre Leibniz fondava sull'armonia prestabilita il sistema del mondo degli spiriti, Newton tro­ vava il fondamento di un mondo materiale nell'equilibrio­ delle forze dell'universo. Ma se in altri campi il nostro sa­ pere è unitario, e se in questi ci riesce di unificarne gli estre­ mi, dobbiamo sperare che anche qui, dove Leibniz e Newton si separano, sorga un ingegno piu comprensivo che trovi il centro attorno al quale si muove l , u n i v e r s o d e l n o - s t r o s a p e r e (si muovono entrambi i mondi fra i quali è ancora diviso il nostro sapere), sf. che l'armonia prestabi­ lita di Leibniz e il sist�ma della gravitazione di Newton ci appaiano come identici, o almeno come diverse prospettive delJo stesso sistema 2 • Procedo. Soltanto la materia bruta, cioè la materia pen­ sata semplicemente come ciò che riempie lo spazio, è il so­ lido fondamento e il terreno su cui viene innalzato l'edificio della Natura. La materia deve essere qualcosa di reale. Ma ciò che è reale è oggetto di sensazione. Ora, come è possi­ bile in me la sensazione? Il dire, come fate voi, che viene 1 << Ma idee come quella eli un equilibrio universale sono soltanto prodotti di una facoltà creativa in noi » ( la ed.). 2 « si che l'armonia prestabilita... dello stesso sistema » manca nella prima edizione.
  • 32. 16 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA prodotta in me dal di fuori non è sufficiente : deve esserci qualcosa in me che s e n t e , e fra questo e ciò che voi presupponete fuori di me non è possibile alcun contatto. Altrimenti, se questa cosa esterna agisce su di me, come la materia sulla materia, io posso soltanto reagire (mediante la forza repulsiva) su questa cosa esterna, ma non s u m e s t e s s o ; e invece è proprio questo che deve accadere: perché io devo s e n t i r e , devo portare questa sensazione alla coscienza. Ciò che della materia è oggetto della vostra sensazione, lo chiamate q u a l i t à , e chiamate r e a l e la materia solo in quanto essa ha una determinata qualità. Che i n g e n e r a l e abbia qualità, è n e c e s s a r i o : ma che ab­ bia questa d e t e r m i n a t a qualità, vi sembra a c c i ­ d e n t a l e. . Se è cosi, la materia non può in generale avere una sola e identica qualità: ci deve essere, quindi, una molte­ plicità di p r o p r i e t à , che conoscete tutte mediante la mera sensazione. Ma che è ciò, che produce le sensazioni? « Qualcosa di i n t e r n o , una proprietà interna della ma­ teria » . Queste sono parole, non cose. Infatti, dove è questa « interiodtà » della materia? Potete dividere all'infinito e non andrete mai oltre la superficie dei corpi. Tutto ciò vi era chiaro da molto tempo; e perr1() già da tempo avete stabilito che ciò che è oggetto di una sensazione abbia il proprio fon­ damento solo nel vostro modo di sentire. Ma ciò è troppo poco: perché l'ammissione che non deve esistere fuori di voi nulla che sia in sé dolce o salato, non rende piu com· prensibile la sensazione; giacché ammettete pur sempre una c a u s a che, reale fuori di voi, produce in voi questa sen­ sazione. Ma, posto pure che vi si conceda l'influsso dal di fuori, che hanno in comune con il vostro spirito i colori, gli odori, ecc., o le cause esterne di queste sensazioni? Voi ricercate con· molta acutezza come la luce, irraggiata dai corpi, operi sui vostri nervi visivi, ed anche come l'imma­ gine, che sulla vostra retina è rovesciata, appaia nella vostra anima non rovesciata ma diritta. Ma che cos'è che in voi vede quest'immagine sulla retina e ricerca come essa abbia potuto giungere nell'anima raggiustata? Evidentemente è
  • 33. LA MATERIA 17 qualcosa che è completamente indipendente da questa im­ pressione esterna, ed al quale questa impressione non è sco­ nosciuta. Allora, come ha fatto l'impressione a giungere in ·questa regione della vostra anima in cui vi sentite del tutto liberi e indipendenti da impressioni? Potete introdurre fra l'impressione dei vostri nervi, del vostro cervello, ecc., e la rappresentazione di una cosa esterna fuori di voi tanti ter­ mini intermedi quanti volete, ma riuscirete soltanto ad in­ _gannare voi stessi; perché, secondo le vostre stesse opinioni il passaggio dal corpo all'anima non può avvenire con con­ tinuità, ma mediante un salto, che tuttavia voi pretendete di evitare. Inoltre, una massa agisce su di un'altra in virtu del sem­ plice movimento (per l'impenetrabilità), e ciò lo chiamate u r t o o movimento meccanico. Oppure una materia opera su di un'altra anche senza la condizione di un movimento precedente, in modo che il moto nasce dalla quiete l, me­ diante l'attrazione; e ciò lo chiamate g r a v i t à . Pensate anche la materia come i n e r t e , cioè come qualcosa che non è capace di movimento autonomo ma può essere mosso solo da cause esterne. Di piu, la gravità che attribuite ai corpi la ponete uguale, come peso specifico, alla quantità di materia, prescindendo dal volume ·2• , Ma trovate che un corpo può imprimere del movimento ad un altro senza esser mosso a sua volta, cioè senza agire :su di esso mediante urto. E osservate anche che due corpi possono attrarsi reci­ procamente in maniera affatto indipendente dal rapporto .delle loro masse, cioè indipendentemente dalle leggi di gra­ vità. Io ammetto dunque che la ragione di questa attrazione non possa trovarsi né nella gravità né sulla superficie del l « anche senza la condizione... quiete », manca nella la ed. 2 « Inoltre i cotpi hanno un peso specifico, cioè la quantità del­ l'attrazione è uguale alla quantità della materia, prescindendo dal vo­ lume » {lo ed.).
  • 34. 18 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA corpo mosso in tale modo, che la ragione debba _essere · in-­ terna e dipendere dalla qualità del corpo. Però voi non avete ancora spiegato che intendiate con i n t e r n o di un corpo; e per di piu è dimostrato che la qualità esiste soltanto in rapporto alla vostra sensazione. Ma qui non si tratta della vostra sensazione, ma di un fatto obiettivo, che avviene fuori di voi, che voi cogliete coi vostri sensi e il vostro in­ telletto vuoi tradurre in concetti intelligibili. Posto dunque che noi ammettiamo che la qualità sia qualcosa che non con... siste soltanto della vostra sensazione, ma ha un fondamento nei corpi fuori di voi - posto pure ciò, che vogliono dire le parole: « un corpo attira l'altro in virtu delle sue qualità » ?· Perché, ciò che in questa attrazione vi è di r e a l e , cioè tale che lo possiate percepire, è soltanto... il movimento del corpo. Ma il movimento è una grandezza puramente mate­ matica, e può essere determinato in maniera puramente fo­ ronomica. Che relazione ha questo movimento esterno con una qualità interna? Voi prendete in prestito dalla vita espressioni immaginose, per esempio quella dell'affinità : ma sareste ben imbarazzati se voleste tradurre quest'imtnagine in un concetto intelligibile. E inoltre accumulate sostanze fondamentali su sostanze fondamentali: ma queste non sono altro che altrettanti asili della vostra ignoranza. Che mai) infatti, pensate mediante esse? Non la materi� stessa, per esempio il carbone, ma qualcosa che in questa materia non solo è contenuto ma addirittura nascosto, e le comunica que... ste qualità. E in quale parte del corpo si trova, alla fine, questa sostanza fondamentale? L' avete trovata mediante qualche partizione o scissione? Finora non avete potuto ren� dere sensibile neppure una di queste sostanze. Ma posto an­ che che ne accettiamo l'esistenza, che cosa ci guadagnamo? Forse ·che con ciò viene spiegata la qualità della materia? Io ragiono cosi: o la qualità appartiene alle sostanze fonda­ mentali stesse, che poi la partecipano ai corpi, o no. Nel pri� mo caso non avete spiegato nulla, perché il problema era proprio questo: come sorgono le qualità? Nel secondo caso, pure non avete spiegato nulla: perché io capisco come un corpo possa (meccanicamente) urtare contro l'altro e cosi
  • 35. LA MATERIA 19 comunicargli il movimento; ma come un corpo del tutto de­ stituito di qualità possa comunicare delle qualità ad un al­ tro, questo non lo capisce nessuno e nessuno può renderlo intelligibile. Infatti la qualità è in generale qualcosa, di cui finora non siete stati in grado di dare un concetto obiettivo, e di cui tuttavia fate, per lo meno nella Chimica, un uso obiettivo. Questi sono gli elementi del nostro sapere empirico. In­ fatti, se presupponiamo prima la materia e con essa le forze di attrazione e repulsione, e in un secondo tempo un'infinita molteplicità di materie che si differenziano le une dalle altre mediante qualità, abbiamo, seguendo la guida della tavola delle categorie: 1 . movimento q u a n t i t a t i v o , che è proporzio­ nale alla quantità della materia: g r a v i t à ; 2. movimento q u a l i t a t i v o , che dipende dalle proprietà interne della materia: movimento c h i ­ m i c o ; 3. movimento r e l a t i v o , che viene comunicato ai corpi mediante un'azione dall'esterno (l'urto): mo­ vimento m e c c a n i c o . Questi sono i tre possibili movimenti sui quali si erige e in cui consiste tutto quanto il sistema della natura. Quella parte della Fisica che si occupa del primo si chia­ ma « Statica » ; quella che si occupa del terzo « Meccanica » : questa è la parte piu importante della Fisica, perché in so­ stanza tutta quanta la Fisica non è altro che meccanica ap­ plicata 1 . Quella parte che si occupa della seconda specie di movimento, ha nella Fisica soltanto una funzione seconda­ ria: intendo la « Chimica » che ha propriamente per oggetto l Nella Meccanica possono venir prese in considerazione anche le proprietà generali dei corpi, quali l'elasticità, la durezza, la densità, in quanto esse influiscono nel movimento meccanico. Ma la teoria g e n e r a l e del movimento non appartiene alla scienza empirica del­ Ia natura. Credo che con questa divisione la Fisica consegua una si­ stemazione molto piu semplice e naturale di quella che abbia finora ricevuta nella maggior parte dei trattati [N. d. A.].
  • 36. 20 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA la deduzione della differenza specifica della materia; essa sola fornisce alla Meccanica (che in sé è una scienza del tutto formale) contenuto e molteplicità di applicazioni. Infatti co­ sterebbe poca fatica il dedurre dai principii della Chimica gli oggetti principali che la Fisica studia dal punto di vista dei loro movimenti meccanici e dinamici; per esempio, dal fatto che si riscontra un'attrazione chimica fra i corpi si può concludere che deve esserci una materia che si espande ed opera in senso contrario all'inerzia: luce e calore; e inoltre, che ci sono sostanze che si attraggono scambievolmente, e, per ottenere la massima semplicità, che ci sia un'unica so­ stanza fondamentale che è attratta da tutte le altre. E poi­ ché la natura stessa per poter durare necessita di molti pro­ cessi chimici, queste condizioni dei processi chimici devono essere ovunque presenti: quindi deve esserci l'aria vitale l, prodotta dalla luce e dalla sostanza fondamentale. E poiché quest'aria alimenta troppo la potenza del fuoco, esaurirebbe troppo i nostri organi : è quindi necessaria una miscela di essa e di una specie d'aria ad essa direttamente antagoni­ sta - l'aria atmosferica, ecc. Questa è senza dubbio la via per la quale si può condurre a perfezione la scienza della Natura. Ma noi non dobbiamo occuparci dell'esposizione di un tale sistema, se esso esiste, ma di come in generale un tale sistema possa esistere. Il problema non è se e come esista realmente f u o r i d i n o i quelrinsieme di fenomeni e quella serie di cause ed effetti che chiamiamo corso della natura, ma come esso divenga rea­ le p e r n o i , come quel sistema e quelrinsieme di feno­ meni abbiano trovata la via per giungere al nostro spirito, e come essi nella nostra rappresentazione conseguano quella necessità con la quale noi siamo assolutamente necessitati a pensarli. Perché dobbiamo presupporre come fatto innega­ bile che la rappresentazione di una successione di cause ed effetti fuori di noi è tanto necessaria al nostro spirito come se appartenesse al suo essere e alla sua essenza. Spiegare questa necessità è il problema fondamentale di ogni Filoso.. l L'ossigeno [N. d. T. ] .
  • 37. LA CONNESSIONE DEI FENOMENI DELLA NATURA 21 fia. Non si chiede se questo problema in generale debba esi­ stere, ma come esso, dal momento che esjste, debba venire risolto. E, prima di tutto, che vuoi dire che noi dobbiamo pen­ sare una successione di fenomeni che è assolutamente n e ­ c e s s a r i a ? Evidentemente ciò: che questi fenomeni pos­ sono seguirsi l'uno all'altro soltanto in questa d e t e r m i ­ n a t a successione, e viceversa, che in questa successione possono susseguirsi solo questi d e t e r m i n a t i fenomeni. Perché del fatto che queste determinate rappresentazioni si seguano in questo determinato ordine, per esempio che il lampo preceda e non segua il tuono, non cerchiamo la ra­ gione i n n o i - non dipende da noi il modo con cui le rappresentazioni si susseguono in noi; la ragione deve dun­ que essere n e I l e c o s e ; e noi affermiamo che questa determinata successione è una successione d e I l e c o s e s t e s s e , non semplicemente delle rappresentazioni che ne abbiamo, solo perché i fenomeni i n s e s t e s s i si susse­ guono cosf e non altrimenti, perché siamo necessitati a rap­ presentarli in questo ordine; e questa successione è s o g ­ g e t t i v a m e n t e necessaria solo perché e in quanto è o b i e t t i v a m e n t e necessaria. Ne consegue, inoltre, che questa determinata successione non può venir separata, da questi determinati fenomeni; la successione deve quindi farsi e sussistere con i fenomeni, e, viceversa, i fenomeni con la successione; l'una e gli altri, successione e fenomeni, sono quindi in una relazione di reci· procità, l'una e gli altri sono vicendevolmente, l'una in rela­ zione agli altri, e viceversa, necessarii. Basta analizzare i giudizi piu comuni che ad ogni mo­ mento pronunciamo sull'insieme dei fenomeni, per trovare che vi sono impliciti quei presupposti. Poiché né i fenomeni sono separabili dalla loro succes­ sione, né la successione dai suoi fenomeni, sono possibili soltanto questi due casi : o la successione e i fenomeni esistono contemporanea· mente e unitamente f u o r i di noi;
  • 38. 22 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA oppure essi esistono contemporaneamente e unitalnen­ te i n noi. Solo in questi due casi la successione che ci rappresen­ tiamo è una reale successione di cose e non semplicemente un ideale susseguirsi delle nostre rappresentazioni. La pri1na asserzione è quella del senso comune degli uo� mini, ed anche dei filosofi Reid, Beattie ecc. formalmente opposti allo scetticismo di Hume. In questo sistema le cose si susseguono in sé le une alle altre, e a noi non resta che lo scorgere ciò: ma come mai possa giungerne in noi la rappre­ sentazione, questo è un problema troppo elevato per questo sistema. Ma noi non vogliamo sapere come la successione sia possibile fuori di noi, bensi come mai questa determinata successione, che si svolge del tutto indipendentemente da noi, possa venir da noi rappresentata come tale e quindi con assoluta necessità. A questo problema quel sistema non pre­ sta alcuna attenzione, e quindi non è suscettibile di alcuna -critica filosofica : non ha in comune con la filosofia neppure un punto, dal quale noi possiamo analizzarlo, provarlo o con­ futarlo perché esso non si occupa punto di quel problema la cui soluzione è il vero e proprio scopo della Filosofia. Quel sistema, per poterlo anche soltanto giudicare, si dovrebbe prima rendere filosofico. Ma in questo caso si corre il pericolo di combattere contro una mera finzione, perché il senso comune non è cosf conseguente e un sistema che rap­ presentasse il senso comune reso conseguente non è mai esi­ stito di fatto nella mente di alcuno, giacché non appena si cerca di dargli un'espressione filosofica diventa completa­ mente inintelligibile. Esso parla di una successione, che, i n ­ d i p e n d e n t e m e n t e da me, deve aver luogo f u o r i di me : ma come una successione (di rappresentazioni) abbia luogo -i n m e , questo lo comprendo; invece una succes­ sione che si svolga nelle cose stesse, indipendentemente dalle rappresentazioni finite mi è del tutto incomprensibile. Sup­ poniamo infatti un essere che non fosse finito, perché in questo caso sarebbe legato alla successione delle rappresen­ tazioni, ma tale che potesse abbracciare in una sola intuizione tutto il presente e il futuro: per questo essere non ci sarebbe
  • 39. LA CONNES SIONE DEI FENOMENI DELLA NATURA 23 nelle cose fuori di lui alcuna successione; quest'ultima c'è ·quindi in generale a condizione che la rappresentazione sia finita. Ma se la successione avesse un fondamento nelle cose in sé, ed esistesse indipendentemente da ogni rappresenta­ zione, dovrebbe esserci una successione anche per quell'es­ sere che abbiamo supposto in quel modo - il che è contrad­ dittorio. Perciò finora tutti i filosofi hanno concordemente affer­ mato che la successione è una cosa la quale non può venir pensata se non come dipendente dalle rappresentazioni di uno spirito finito. Ma abbiamo stabilito che, perché la rap... presentazione di una successione sia necessaria, essa debba nascere contemporaneamente alle cose, e viceversa; e che la successione senza le cose è altrettanto poco possibile quanto le cose senza la successione. Quindi se la successione è una ·cosa che è possibile solo nelle nostre rappresentazioni, si -deve scegliere fra questi due casi : l ) O si tiene per fermo che le cose esistano fuori di noi, indipendentemente dalle nostre sensazioni. Allora la ne­ cessità obiettiva con la quale noi ci rappresentiamo una de.. terminata successione delle cose si spiega come una mera il­ lusione, poiché si nega che la successione abbia luogo nelle ,cose stesse. 2) O p p u r e ci 'si decide per l'affermazione che an­ che i fenomeni nascono e si formano insieme alla successione solo nelle nostre rappresentazioni, e che soltanto in questo senso l'ordine secondo il quale essi si susseguono è un vero ordine obiettivo. La prima affermazione conduce evidentemente al piu stravagante sistema che sia mai esistito e che è stato soste­ nuto per la prima volta nella nostra epoca da alcuni pochi, senza che essi stessi lo sapessero. È giunto il momento di ·confutare completamente l'assioma che le cose agiscono su di noi dal di fuori. Ci si chieda una buona voita: che cosa sono le cose fuori di noi, indipendenti dalle nostre rappre­ sentazioni? - Prima di tutto dobbiamo spogliarle di tutto <:iò che appartiene alla peculiarità della nostra facoltà rap-
  • 40. 24 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA presentativa. A questa appartengono non soltanto la succes­ sione, ma anche tutti i concetti di causa ed effetto; e, se si vuole essere conseguenti, anche tutte le rappresentazioni di spazio e di estensione, le quali senza il tempo, da cui noi ab­ biamo staccate le cose in sé, non sono punto rappresentabilL Tuttavia queste cose in sé, sebbene totalmente inaccessibili alla nostra intuizione, dovrebbero esserci realmente, non si sa come e dove - forse negli intermundia di Epicuro; e que­ ste cose dovrebbero agire su di me producendo le mie rap­ presentazioni. Certamente non ci si è mai presi la briga di meditare quale rappresentazione si abbia veramente di tali cose. Il rispondere che non sono rappresentabili è una via di scampo che si taglia subito. Se se ne parla, bisogna pure averne una rappresentazione, oppure si parla di cosa di cui non si deve parlare. Anche del nulla si ha una rappresenta­ zione; si pensa per lo meno al vuoto assoluto come qualcosa di puramente formale, ecc. Si potrebbe supporre che la rap-­ presentazione della cosa in sé fosse una rappresentazione di questo genere; ma, mentre la rappresentazione del nulla si può rendere intuitiva mediante lo schema dello spazio vuoto, le cose in sé vengono espressamente separate dal tempo e dallo spazio perché questi ultimi appartengono soltanto alla forma specifica della facoltà rappresentativa degli esseri fi­ niti. Non rimane dunque altro che una rappresentazione che oscilla fra il qualcosa e il nulla, cioè non ha neppure il pre­ gio di essere l'assoluto nulla. In realtà si stenta a credere­ che possa essere stata concepita dalla mente di un uomo una tale sintesi contraddittoria di cose che, private di tutte le determinazioni sensibili, ciononostante devono agire come cose sensibili 1• - Difatti : se si toglie tutto ciò che appar­ tiene alle rappresentazioni di un mondo obiettivo, che cosa rimane ·che io possa comprendere? Evidentemente, rimango solo i o s t e s s o . Quindi tutte le rappresentazioni di un mondo esterno dovrebbero uscire da me stesso; poiché, se l La verità è che Kant ha ricevuta dalla tradizione l'idea di cosa in sé, e nel seguito essa ha perduto qualsiasi senso [N. d. A.; manca. nella l:r. ed.] .
  • 41. LA CONNESS IONE DEI FENOMENI DELLA NATURA 25 la successione, la causa, l'effetto, ecc. sono aggiunte alle cose solo nelle mie rappresentazioni, non si riesce a capire che cosa possano essere quei concetti senza le cose, e le cose senza quei concetti. Da questa difficoltà deriva la strana spie­ gazione dell'origine delle rappresentazioni che questo sistema è stato costretto a dare. Alle cose in sé esso contrappone uno spirito, e questo spirito contiene in sé certe forme a priori, le quali rispetto alle cose in sé presentano solo questo van­ taggio, che perlomeno esse possono venir raggruppate come qualcosa di assolutamente vuoto. Le cose vengono incluse in queste forme nell'atto in cui noi ce le rappresentiamo; e con ciò gli oggetti senza forma acquistano una forma, e le forme vuote un contenuto. Ma come possa succedere, che vengano rappresentate in generale delle cose - su ciò, silenzio pro­ fondo. Esso dice soltanto che noi ci rappresentiamo cose fuori di noi, ma che solo nella rappresentazione conferiamo ad esse spazio e tempo, e poi i concetti di sostanza e acci­ dente, causa ed effetto, ecc. ; cosi sorge in noi la successione delle nostre rappresentazioni, e precisamente una successione necessaria; e questa successione autoprodotta, creata solo con la coscienza, la si chiama il « corso della Natura » . Questo sistema non ha bisogno di essere confutato: ba­ sta esporlo per rovesciarlo dai fondamenti. Realmente supe­ riore ad esso, e con esso non paragonabile, è lo scetticismo humeano. Hume, fedele ai propri principi, lascia completa­ mente insoluta la questione se alle nostre rappresentazioni corrispondano o no cose fuori di noi. In ogni caso egli deve ammettere che la successione dei fenomeni si trova nelle no­ stre rappresentazioni; e spiega il fatto che noi pensiamo que­ sta d e t e r m i n a t a successione come n e c e s s a r i a , dichiarandola una mera illusione. Ma si ha il diritto di chie­ dere a Hume, che egli almeno spieghi l'origine di questa il­ lusione. Perché egli non può negare che noi pensiamo real­ mente come necessario un susseguirsi di cause ed effetti, e che su ciò si fondino tutte le nostre scienze empiriche, la teoria della natura e la storia (di cui egli stesso fu un grande maestro). Di dove viene, a sua volt"a, questa illusione? - Hume risponde: « dall'abitudine; p e r i I f a t t o c h e i
  • 42. 26 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA f e n o m e n i s i s o n o f i n o r a s u s s e g u i t i i n q u e s t o o r d i n e , l'immaginazione si è abituata ad aspet­ tarsi anche per il futuro lo stesso ordine, e questa aspetta­ tiva, come ogni altra vecchia abitudine, è alla fine divenuta in noi una s e c o n d a n a t u r a » . Ma questa spiegazione cade in un circolo vizioso. Infatti si dovrebbe aver già spie­ gato p e r c h é l e c o s e s i s o n o f i n o r a s u s s e - g u i t e i n q u e s t o o r d i n e (il che Hume non nega). Questa successione era forse nelle cose fuori di noi? Ma fuori delle nostre rappresentazioni non c'è successione al­ cuna. Oppure essa era semplicemente una successione delle nostre rappresentazioni, ma in tal caso deve darsi una ra­ gione della costanza di questa successione. Ciò che esiste in­ dipendentemente da me, io posso anche non saperlo spie­ gare; ma di ciò che avviene soltanto i n m e si deve trovare in me la ragione. Hume può dire : è cosi, e questo mi basta. Ma ciò non è fare della filosofia. Non dico che Hume d e h ­ b a fare della filosofia, ma se pretende di volerne fare non può respingere la domanda. Non rimane, dunque, che il tentativo di derivare dalla natura del nostro spirito, e cioè di uno spirito finito in ge­ nerale, la necessità di una successione delle sue rappresenta­ zioni; e, poiché questa successione è veramente obiettiva, di far nascere e svolgere in esso le cose stesse insieme a questa successione. Fra tutti i sistemi fin qui prospettati non ne conosco che due - quello di Spinoza e quello di Leibniz - che non sol­ tanto hanno intrapreso questo tentativo, ma la cui filosofia tutta quanta non è altro che questo tentativo. E poiché in questi tempi si è fatto molto dubitare e parlare sulla rela­ zione di questi due sistemi - se si contraddicano l'uno con l'altro, .o se, e come, si accordino - sembra opportuno pre­ mettere qualcosa su questo argomento. S p i n o z a , che a quanto sembra si preoccupò assai pre­ sto del rapporto delle nostre idee con le cose fuori di noi, non poteva ammettere la separazione che si era posta fra di esse. Egli intu{ che nella nostra natura l'ideale e il reale (il pensiero e l'oggetto) sono intimamente fusi. Il fatto che noi
  • 43. SPINOZA 27 abbiamo rappresentazioni di cose fuori di noi, e che per di piu le nostre rappresentazioni vanno o l t r e queste, egli non poteva spiegarlo che mediante la nostra n a t u r a i .. -d e a l e ; ma il fatto che a queste rappresentazioni corri­ .spondano c o s e r e a l i egli doveva spiegarlo mediante le a f f e z i o n i e d e t e r m i n a z i o n i dell'ideale in noi. Noi non potremmo, quindi, acquistare coscienza del reale .se non in contrapposizione all'ideale, e ugualmente non po­ tremmo acquistare coscienza dell'ideale se non in contrappo­ .sizione al reale. Di conseguenza non poteva sussistere alcuna .separazione fra le cose reali e le rappresentazioni che noi ab­ biamo di esse. Concetti e cose, pensiero ed estensione, per­ �iò, erano per lui la stessa cosa, ed entrambi erano soltanto modificazioni di una e medesima natura ideale. Ma invece di immergersi nel profondo della sua autoco­ .scienza e di H assistere alla nascita dei due mondi in noi - .delPideale e del reale - egli saltò al di là di se stesso; in­ vece di spiegare mediante la nostra natura come il finito e l'infinito, originariamente uniti in noi, si stacchino l'uno dall'altro, egli si perdette subito nell'idea di un Infinito fuori di noi. In questo Infinito sorsero, o meglio erano originaria­ mente - ma non si saprebbe dire dove - affezioni e modi­ ficazioni e con queste una serie senza fine di cose finite. Poi­ ché nel suo sistema no,n c'era nessun ponte di passaggio dal­ l'infinito al finito, per lui era altrettanto incomprensibile un principio del divenire come un principio dell'essere. Però il fatto che questa successione senza fine sia rappresentata da me, e rappresentata con n e c e s s i t à , derivava dal fatto che le cose e le mie rappresentazioni erano originariamente una sola e identica cosa. Io stesso ero un pensiero dell'Infi­ nito, o meglio soltanto una successione continua di rappre­ sentazioni. Ma come a mia volta io potessi divenire cosciente di questa successione, Spinoza non poté renderlo intelligibile. Perciò il suo sistema, cosi come è uscito dalle sue mani, è il piu incomprensibile che sia mai esistito. Bisogna trasfe­ rire questo sistema in se stessi, porre noi stessi al posto della sua Sostanza infinita, per conoscere che l'infinito e il finito non sono fuori di noi, ma in noi, non sorgono, ma v i
  • 44. 28 INTRODUZIONE A UNA FILOS OI;IA DELLA NATURA s o n o originariamente e inseparatamente, e che la natura del nostro spirito e di tutta quanta la nostra esistenza spi-· rituale è fondata da questa unione originaria. Poiché noi co­ nosciamo immediatamente soltanto il nostro proprio essere, e soltanto noi stessi siamo intelligibili a noi. Come in un as­ soluto fuori di me siano e possano essere affezioni e deter­ minazioni, io non lo comprendo. Ma che in me non ci po­ trebbe essere nulla di i n f i n i t o senza che questo fosse insieme f i n i t o , lo comprendo. Perché in me, senza mio intervento attivo, è, esiste, questa unità necessaria dell'ideale e del reale, dell'attività assoluta e della passività assoluta che 'Spinoza poneva in una sostanza infinita fuori di me - e pro­ prio in ciò consiste la mia natura 1. Fu questa la via percorsa da L e i h n i z ; ed è qui il punto in cui egli si stacca da Spinoza e concorda con lui. È impossibile comprendere Leibniz se non ci si pone da que­ sto punto di vista. Jacobi ha mostrato che tutto quanto il suo sistema ha nel concetto di i n d i v i d u a l i t à il punto di partenza e di arrivo. Solo nel concetto di individualità si trova originariamente unito ciò che tutte le altre filosofie se­ parano, il positivo e il negativo, l'attività e la passività della nostra natura. Spinoza non poteva render comprensibile co­ me nell'Infinito fuori di noi potessero essere delle d e t e r ­ m i n a z i o n i , e indarno cercava di schivare il problema del passaggio dall'infinito al finito. Questo passaggio si evita solo dove il finito e l'infinito sono o r i g i n a r i a m e n t e uniti, e questa unione originaria non è che nell'essenza di una natura individuale. Perciò Leibniz non passò né dall'in­ finito al finito, né da questo a quello, ma l'uno e l'altro fu­ rono resi reali ad un tempo con un solo identico atto dello spirito - ugualmente con il medesimo svolgimento della no­ stra natura. Che le rappresentazioni si susseguano in noi l'una dal- l Ma un'attenta considerazione insegnerà subito a tutti, che sia ogni posizione in me dell'assoluta identità del finito e dell'infinito sia la posizione fuori di me di essa dipende dal mio porre, e che quindi essa i n s é non è né in me né fuori di me (Aggiunta della 2!1 ed.).
  • 45. LEIBNIZ 29 l'altra è una conseguenza necessaria della nostra finitezza; ma il fatto che questa serie sia infinita dimostra che essa deriva da un essere nella cui natura finitezza e infinità sono unite. Il fatto che questa successione sia n e c e s s a r i a con­ segue nella filosofia di Leibniz da ciò, che le cose insieme alle rappresentazioni sorgono in virtu delle semplici leggi della nostra natura, secondo un principio interno in noi, come in un proprio universo. Ciò che Leibniz ritenne come unici esseri originariamente reali e dotati i n s é di realtà effettuale furono gli esseri che hanno rappresentazioni, per­ ché solo in essi era come originaria quella u n i t à dalla quale nasce e si sviluppa tutto ciò che si chiama effettuai­ mente reale. Infatti tutto ciò che è reale fuori di noi è un essere finito, e perciò non è pensabile senza qualcosa di po­ sitivo che gli conferisca realtà e qualcosa di negativo che gli ponga dei limiti. Ma questa unità di attività positiva e nega­ tiva non è o r i g i n a r i a che nella natura di un individuo. Le cose esterne non e r a n o reali in s e s t e s s e , ma lo -sono d i v e n t a t e mediante le rappresentazioni delle na­ ture spirituali; ma solo quella cosa da cui nasce primamcnte tutto ciò che esiste, vale a dire l'essere dotato di rappresen­ tazioni, deve contenere in sé la fonte e l'origine della propria esistenza. Ora, se tutta quanta la successione delle rappresentazioni sorge dalla natura dello spirito finito, si deve poter dedurre -da essa anche tutta quanta la serie delle nostre esperienze. Il fatto che tutti gli esseri della nostra specie si rappresen­ tino i fenomeni dell'universo con la stessa successione neces­ saria si può comprendere unicamente come la conseguenza -della nostra natura comune. Ma il voler spiegare questa con­ cordanza della nostra natura mediante l'armonia prestabilita, significa non spiegare effettivamente nulla, perché questa pa­ rola vuoi dire soltanto che sussiste una tale concordanza, ma non dice come e perché. Ma è implicito nel sistema stesso ·di Leibniz che dali'essenza delle nature finite in generale se­ gua quella concordanza : se infatti ciò non fosse, lo spirito dovrebbe rinunciare ad essere l'assoluto autofondamento del :·suo sapere e della sua conoscenza. Esso dovrebbe di nuovo
  • 46. 30 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA cercare fuori di sé la ragione delle sue rappresentazioni, e saremmo ritornati a quel punto in cui eravamo da principio· e che avevamo abbandonato; Puniverso e il suo ordinamento sarebbero per noi contingenti e la rappresentazione di essi ci verrebbe dal di fuori. E con ciò usciamo inevitabilmente dai limiti di ciò che possiamo comprendere. Perché se una n1ano­ superiore ci avesse regolato in modo che noi fossimo co­ stretti a rappresentarci un tale universo e un tale ordine dei fenomeni, prescindendo dal fatto che questa ipotesi è per· noi completamente inconcepibile, tutto quanto questo uni­ verso sarebbe di nuovo un'illusione; un gesto di quella mano potrebbe togliercelo o cambiarcelo in un ordinamento tutto diverso delle cose; e diventerebbe anche completamente pro­ blematica l'esistenza di altri esseri della nostra specie (aventi le stesse rappresentazioni che noi). Dunque Leibniz non deve· aver annessa alle parole « armonia prestabilita » la stessa idea che ordinariamente vi si annette. Infatti egli asserisce espressamente che nessuno spirito potrebbe essere p r o - d o t t o , cioè che ad uno spirito non si possono affatto ap-· plicare i concetti di causa ed effetto. Esso è assoluto autofon­ damento del suo essere e del suo sapere, e per il fatto che esso in generale è, è anche ciò che è, cioè un essere alla cui natura appartiene anche questo determinato sistema di rap­ presentazioni di cose esterne. La filosofia dunque non è al­ tro che una t e o r i a d e I l a n a t u r a d e l n o s t r o­ s p i r i t o . Da ora in poi ogni dogmatismo è scalzato dalle fondamenta; noi consideriamo il sistema delle nostre rappre­ sentazioni non nel suo e s s e r e , ma nel suo d i v e n i -­ r e , e la filosofia diviene g e n e t i c a , cioè fa sorgere e· insieme scorrere davanti ai nostri occhi l'intera serie neces­ saria delle nostre rappresentazioni. Da ora in poi non c'è piu separazione alcuna fra esperienza e speculazione. Il sistema della natura è insieme il sistema del nostro spirito, ed oggi per la prima volta da quando è stata compiuta la grande sin-­ tesi il nostro pensiero ritorna all'analisi ( alla ricerca e all'in-­ dagine ). Ma questo sistema non esiste ancora; molti spiriti poco coraggiosi ne dubitano in precedenza, poiché parlano, d'un sistema della n o s t r a natura ( la cui grandezza essi
  • 47. LEIBNIZ .3 1 non conoscono) non altrimenti che se si discorresse di un si­ stema [L e h r g e b aude] 1 di nostri concetti. Il dogmatico, che presuppone tutto come g i à e s i ­ s t e n t e fin dall'origine fuori di noi (e non come qualcosa che s i f a e s o r g e da noi), deve per lo meno prendersi l'impegno di spiegare ciò che è fuori di noi mediante cause che pure siano esterne. E ciò gli riesce finché si mantiene in seno al rapporto di causa ed effetto; ma non potrà · mai ren­ dere comprensibile come questa relazione di causa ed effetto sia stata, a s u a v o l t a , prodotta. Non appena egli si innalza al di sopra del singolo fenomeno, tutta la sua filosofia è finita: i limiti del tneccanismo sono anche i limiti del suo sistema. Ma il meccanismo è lungi dal costituire esso solo la Na­ tura. Infatti, non appena noi entriamo nel campo della N a .. t u r a o r g a n i c a ci viene a mancare qualunque collega­ mento di causa ed effetto. Ogni prodotto organico sussiste p e r s e s t e s s o , la sua esistenza non dipende da alcu­ n'altra esistenza. Ma la causa non è mai la stessa cosa del­ l'effetto, e solo per cose diverse è possibile un rapporto di causa ed effetto: invece l'organismo produce s e s t e s s o , deriva da s e s t e s s o ; ogni singola pianta è prodotta soltanto da un individuo della sua specie, e cosi ogni sin­ golo organismo continMa a produrre e a riprodurre all'infi­ nito soltanto il suo genere. Quindi nessun organismo pro­ segue in avanti, ma ritorna sempre in se stesso all'infinito. Perciò un organismo come tale non è mai né causa né ef­ fetto di una cosa fuori di sé, e quindi non è cosa che possa essere compresa nel sistema del meccanismo. Ogni prodotto organico porta in sé la ragione del proprio essere, ed è causa ed effetto di se stesso. Nessuna parte singola potrebbe sus­ sistere se non in questo tutto, e questo tutto stesso censi- l Negli scritti e nelle traduzioni dei primi tempi del purismo­ tedesco si trovano molto spesso le espressioni : << sistema [Lehrge­ biiude] delle essenze », « sistema [Lehrg. ] della natura ». Peccato che i nostri filosofi moderni abbiano lasciato andare in desuetudine que­ ste espressioni. [N. d. A.].
  • 48. 32 INTRODUZIONE A UNA FILOSOFIA DELLA NATURA ste solo nell'azione reciproca delle parti. In ogni altro og­ getto le parti sono a r b i t r a r i e : esse esistono in quan­ to io divido; invece nell'essere organizzato esse sono r e a .. l i , esistono senza mia attività, perché fra esse e il tutto vi è una relazione o b i e t t i v a . Quindi a fondamento di ogni organismo sta un c o n c e t t o - poiché si ha c o n .. c e t t o appunto là ove sussiste una relazione necessaria del tutto con le parti e delle parti con il tutto. Questo concetto sta nell'organismo stesso, non può venirne separato - è l ' o r g a n i s m o c h e o r g a n i z z a s e s t e s s o , e non è un'opera d'arte il cui concetto stia fuori di essa, nella mente dell'artista. Non soltanto la sua forma, ma il suo es­ sere stesso è conforme a scopi: esso non potrebbe organiz­ zarsi se non fosse già organizzato. La pianta si nutre e si mantiene in vita mediante l'assimilazione di sostanze esterne, ma essa non potrebbe assimilare nulla se non fosse già orga� nizzata. Il mantenersi in vita del corpo vivente è legato alla respirazione. L'ossigeno che esso introduce col respiro viene scomposto dai suoi organi per fargli poi percorrere i nervi ,come un fluido elettrico. Ma per rendere possibile questo processo deve esserci già l'organizzazione, la quale a sua volta senza questo processo non si mantiene in vita. E quin­ di l'organizzazione si forma solo dall'organizzazione. A causa di ciò nel prodotto organico la forma e la materia sono inse­ parabili; questa determinata materia potrebbe farsi e sussi­ stere solo con - e insieme a - questa determinata forma, e viceversa. Ogni organismo è quindi un tutto; la sua unità sta in lui stesso, e non dipende dal nostro arbitrio il pen­ sarlo come una unità o una molteplicità. Il rapporto di causa ed effetto è qualcosa di transitorio, di dileguante, è pura a p p a r e n z a ( nel senso comune della parcla): l'organi­ smo invece non è pura apparenza, ma è e s s o s t e s s o oggetto, un oggetto che sussiste per se stesso, intero in se stesso, indivisibile; e poiché in esso la materia non è sepa­ rabile dalla forma, si può altrettanto poco spiegare mecca­ nicamente l'origine di un organismo in quanto tale, quanto poco si può spiegarne l'origine dalla materia. Se quindi deve essere spiegato il finalismo del prodotto