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C O M E E R A V A M O
66 puntoeffe
to largamente dalla ceramica meno fragi-
le e più decorativa.
A partire dal XIII secolo, i vasi in ceramica
sostituiscono quasi completamente i reci-
pienti fabbricati con altro materiale.
IL BASSO MEDIOEVO
Nei secoli XV e XVI la ceramica opacizza-
ta con rivestimento a smalto stannifero
bianco è denominata maiolica e quella
francese di faiences per la bellezza dei
prodotti faentini. Verso il 1430 a Firenze
per opera di Luca della Robbia e nel 1540
a Pesaro da parte di Orazio Fontana, la
produzione di maiolica o terra invetriata
raggiunge un alto grado di perfezione, ta-
le da suscitare l’attenzione dei Duchi di
Toscana e, in modo particolare, quella di
Guidobaldo di Rovera che ne incoraggia
la fabbricazione. I prodotti italiani diventa-
no pregevoli e ricercatissimi. Dalla fine del
Quattrocento la produzione del vasellame
da farmacia italiana si differenzia nella
decorazione introducendo sia il cartiglio
(fregio o decoro che racchiude l’iscrizione
del contenuto del recipiente) sia motivi or-
namentali vegetali, soggetti umani e ani-
mali. Dal Cinquecento in poi compaiono
in Italia le maioliche istoriate e irrompe il
raffaellismo. La committenza desidera mi-
niaturizzate sulle ceramiche i grandi cicli
di affreschi, specialmente romani. A metà
Cinquecento, dopo la grande stagione po-
licroma, il gusto cambia. Le ceramiche di-
ventano bianche e il bianco diventa faian-
ce. Per dar lustro si usa un’iridescenza,
pellicola sottilissima di piccole particelle
metalliche ottenuta applicando sull’ogget-
to finito un preparato di sali che possono
essere d’argento o di rame, a seconda che
Damasco, la valle del Giordano, la Palesti-
na e la Galilea. Nei successivi millenni
l’arte ceramica si diffonde e si perfeziona
in larghe aree del globo raggiungendo li-
velli anche pregevolissimi presso le im-
portanti civiltà cinese, egizia, greca, etru-
sca, romana, araba.
Nel 200 a. C. circa i Greci migliorano gli
impasti d’argilla rendendoli più omogenei
e con l’invenzione del tornio del vasaio le
ceramiche diventano reperti che docu-
mentano l’evoluzione dell’uomo. Da Sa-
mo sembra nasca l’arte della lucidatura
dell’argilla ferrosa perfezionata, poi, in Ita-
lia con la tecnica dei vasai aretini.
Per tutto il Medioevo l’arte della lavorazio-
ne della ceramica non subisce particolari
cambiamenti. Con la conquista del baci-
no mediterraneo la medicina araba rag-
giunge il massimo suo splendore soprat-
tutto in Spagna. Anche le officine di cera-
mica proliferano in maniera notevole con-
centrandosi prevalentemente nei porti; in
effetti, il nome stesso di maiolica sembra
derivare dall’isola di Maiorca nell’arcipe-
lago delle Baleari, il cui porto costituì un
grande centro di smistamento dei prodot-
ti ceramici spagnoli e nord-africani desti-
nati all’Europa medievale. Dopo l’anno
Mille molti centri italiani conoscono l’arte
della maiolica, caratterizzata in tutta la
Penisola da manufatti di colore verde bru-
no su fondo bianco definiti ceramiche ar-
caiche. Nelle spezierie medievali, accan-
to ai vasi di ceramica, sono usualmente
adoperati anche recipienti di ferro, sta-
gno, piombo e vetro. Quest’ultimo mate-
riale è destinato prevalentemente a con-
tenere materie prime e, mal prestandosi
alle iscrizioni e alle decorazioni, è sostitui-
In epoca remota l’uomo utilizza per la
conservazione e il trasporto di so-
stanze liquide le zucche cave o gli
otri in pelle mentre per le sostanze solide
sono impiegati panieri in fibre intrecciate.
Nel Paleolitico l’argilla si indurisce a con-
tatto con il fuoco, come testimoniano le fi-
gurine zoomorfe in terracotta fabbricate
in Moravia dai cacciatori di mammuth.
La ceramica più antica è fabbricata in
Giappone nel 10.000 a.C. Nel Neolitico si
cominciano a produrre recipienti in terra-
cotta in culture preceramiche dell’Asia
Occidentale, della Grecia e del Sud Ame-
rica. Nel VI millennio a. C., poi, si assesta
l’epoca delle culture ceramiche evolute.
Intorno al VII secolo a. C. un centro im-
portante per le industrie ceramiche è il
grosso insediamento neolitico di Biblo, la
cui produzione è caratterizzata da deco-
razioni incise, ottenute generalmente con
l’ausilio di conchiglie sulla superficie bru-
nita color camoscio, grigio, bruno o rosso.
Altri centri sono: Tell Sukas e Tell Ramad,
L’arte
della conservazione
Le tante facce della ceramica,
dalla maiolica alla porcellana,
e l’evolversi del vasellame
farmaceutico
nel corso dei secoli.
E il prevalere,
anche in questo ambito,
dell’italian style
DI RAIMONDO VILLANO
puntoeffe 67
gres, ceramica con impasto colorato
compatto; terrecotte, laterizi, vasi da
giardino; terrecotte con rivestimento di
invetriatura, per rendere l’oggetto im-
permeabile; porcellane, argille bian-
che, ceramiche a impasto bianco com-
patto, cotte ad alta temperatura; maio-
liche, terrecotte smaltate con rivesti-
mento bianco coprente vetroso imper-
meabile e lucido, detto smalto maioli-
co, costituito da ossidi di piombo e di
stagno miscelati insieme.
LA PORCELLANA
Agli inizi dell’Ottocento, la moda della
porcellana, su imitazione dei prodotti ci-
nesi, contaminò anche il vasellame della
farmacia. L’impiego della porcellana in
luogo della maiolica e della terraglia non
è dettato solo da esigenze estetiche ma
deriva anche dalle migliori caratteristi-
che di durezza e di resistenza all’azione
dei prodotti chimici; la minore porosità
consente, inoltre, una perfetta igiene
della superficie. In tutti gli inventari di
spezieria, fino ai primi del Novecento, è
presente una sezione dedicata al corre-
do di vasi e recipienti che, insieme alle
attrezzature e ai mobili, costituivano i co-
siddetti “capitali morti”. Intorno agli an-
ni Settanta, però, in seguito alla tra-
sformazione delle aziende farmaceuti-
che, dietro la spinta degli enti mutuali-
stici e delle nuove strategie di marke-
ting, le poche sostanze “obbligatorie”
sono relegate in laboratorio, all’interno
di anonimi recipienti di vetro o plasti-
ca. Le produzioni italiane di maioliche e
ceramiche farmaceutiche sviluppate nei
secoli si contraddistinguono per il fatto di
unire elementi funzionali, storici e artisti-
ci. Le forme dei vasi sono sempre state
studiate e suggerite dagli speziali per es-
sere funzionali a contenere i differenti
medicamenti. Le iscrizioni e i cartigli, tal-
volta apparentemente misteriosi o di dif-
ficile interpretazione, hanno contribuito
a fornire una significativa documentazio-
ne storica sulle varie tipologie di medica-
menti usati, sulle terapie applicate e sul-
l’evoluzione della medicina e della far-
macia. Le qualità pittoriche e decorative
di molti maestri vasai italiani hanno
spesso trasformato in opere d’arte i vasi
di farmacia, riconosciuti tra i più belli del
mondo per decoro e manifattura.
la decomposi-
zione del feld-
spato o di rocce
che lo conten-
gono), la cui
scoperta è, poi,
opera dell’al-
chimista Bottger
(1682-1719), ritenu-
to l’inventore della
porcellana tedesca.
Dalla fine del XVI secolo,
avendo la Chiesa una
grande influenza ed es-
sendo l’unica fonte di cul-
tura accessibile a tutti, so-
vente vengono commissio-
nate immagini di santi sui vasi in
modo che il messaggio del potere
taumaturgico del loro contenuto me-
dicamentoso sia agevolmente rece-
pibile. In effetti, la prima importante in-
dustria di porcellana sorge nel 1710 circa
nei pressi di Dresda a Meissen, mezzo se-
colo prima che a Berlino e Sevres.
Tuttavia con la scoperta di Bottger la pro-
duzione ceramica da artistico-religiosa si
orienta all’uso domestico e strumentale.
Verso la fine del XVIII secolo per fronteg-
giare la crisi economica e per abbreviare i
tempi di lavoro non di rado si comincia a
diffondere l’applicazione di nuove tecni-
che di lavorazione che ricorrono all’uso
dello stampo, della mascherina, dello
spolvero, determinando la scomparsa del
disegno a mano libera e la conseguente
omologazione dei manufatti.
Generalmente sono esposte nei vasi le
forme farmaceutiche più pregiate, per
esempio cerotti, conserve, elettuari,
estratti, pomate, che richiedono lunghe e
laboriose manipolazioni. Le droghe come
tali, con funzione di materie prime, sono
invece conservate in scatole di legno
(abete o faggio) e poste nel magazzino,
non in vista. Anche le acque, gli sciroppi e
gli oli trovano posto in appositi contenitori
di ceramica o, successivamente, in vetro.
La ceramica è tutto ciò che è fatto d’ar-
gilla manipolato dall’uomo e consolidato
a caldo con l’azione della fornace, que-
sto concetto è universale e accomuna i
popoli di tutte le civiltà. A seconda del-
l’argilla utilizzata e del grado di cottura, vi
sono diversi tipi di ceramica: terraglie,
ceramiche a impasto bianco poroso;
si voglia ottenere un riflesso argentato o
rosso. L’oggetto così trattato è posto a cuo-
cere. Terminata la cottura, la superficie
degli oggetti è strofinata con panni.
Questa è un’antica tecnica di origine ara-
ba già nota in Persia e in Mesopotamia
prima dell'anno Mille, come testimoniato
da ritrovamenti di anfore. Attraverso l’I-
slam questo metodo arriva e si diffonde
nell’Africa Settentrionale e da qui, poi,
giunge ai Mori di Spagna. Le fornaci di
Deruta e di Gubbio si impossessano della
formula araba e si specializzano, agli inizi
del Cinquecento, in questa tecnica del lu-
stro metallico (o “del lustro”) che caratte-
rizza la produzione italiana, al punto tale
che per maioliche si intendono proprio
queste ceramiche commercializzate at-
traverso l’isola di Maiorca. Solo dopo il no-
me maiolica inizia a indicare, in senso
estensivo, il prodotto maiolicato.
All’incirca a metà XVI secolo arrivano in Eu-
ropa i lucenti e coloratissimi vasi cinesi de-
nominati porcellane, subito imitate in Italia:
a Venezia, Urbino, Ferrara e in Piemonte la
produzione di porcellane costituisce un au-
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Raimondo Villano - Arte maiolica e funzione dei vasi farmaceutici

  • 1. C O M E E R A V A M O 66 puntoeffe to largamente dalla ceramica meno fragi- le e più decorativa. A partire dal XIII secolo, i vasi in ceramica sostituiscono quasi completamente i reci- pienti fabbricati con altro materiale. IL BASSO MEDIOEVO Nei secoli XV e XVI la ceramica opacizza- ta con rivestimento a smalto stannifero bianco è denominata maiolica e quella francese di faiences per la bellezza dei prodotti faentini. Verso il 1430 a Firenze per opera di Luca della Robbia e nel 1540 a Pesaro da parte di Orazio Fontana, la produzione di maiolica o terra invetriata raggiunge un alto grado di perfezione, ta- le da suscitare l’attenzione dei Duchi di Toscana e, in modo particolare, quella di Guidobaldo di Rovera che ne incoraggia la fabbricazione. I prodotti italiani diventa- no pregevoli e ricercatissimi. Dalla fine del Quattrocento la produzione del vasellame da farmacia italiana si differenzia nella decorazione introducendo sia il cartiglio (fregio o decoro che racchiude l’iscrizione del contenuto del recipiente) sia motivi or- namentali vegetali, soggetti umani e ani- mali. Dal Cinquecento in poi compaiono in Italia le maioliche istoriate e irrompe il raffaellismo. La committenza desidera mi- niaturizzate sulle ceramiche i grandi cicli di affreschi, specialmente romani. A metà Cinquecento, dopo la grande stagione po- licroma, il gusto cambia. Le ceramiche di- ventano bianche e il bianco diventa faian- ce. Per dar lustro si usa un’iridescenza, pellicola sottilissima di piccole particelle metalliche ottenuta applicando sull’ogget- to finito un preparato di sali che possono essere d’argento o di rame, a seconda che Damasco, la valle del Giordano, la Palesti- na e la Galilea. Nei successivi millenni l’arte ceramica si diffonde e si perfeziona in larghe aree del globo raggiungendo li- velli anche pregevolissimi presso le im- portanti civiltà cinese, egizia, greca, etru- sca, romana, araba. Nel 200 a. C. circa i Greci migliorano gli impasti d’argilla rendendoli più omogenei e con l’invenzione del tornio del vasaio le ceramiche diventano reperti che docu- mentano l’evoluzione dell’uomo. Da Sa- mo sembra nasca l’arte della lucidatura dell’argilla ferrosa perfezionata, poi, in Ita- lia con la tecnica dei vasai aretini. Per tutto il Medioevo l’arte della lavorazio- ne della ceramica non subisce particolari cambiamenti. Con la conquista del baci- no mediterraneo la medicina araba rag- giunge il massimo suo splendore soprat- tutto in Spagna. Anche le officine di cera- mica proliferano in maniera notevole con- centrandosi prevalentemente nei porti; in effetti, il nome stesso di maiolica sembra derivare dall’isola di Maiorca nell’arcipe- lago delle Baleari, il cui porto costituì un grande centro di smistamento dei prodot- ti ceramici spagnoli e nord-africani desti- nati all’Europa medievale. Dopo l’anno Mille molti centri italiani conoscono l’arte della maiolica, caratterizzata in tutta la Penisola da manufatti di colore verde bru- no su fondo bianco definiti ceramiche ar- caiche. Nelle spezierie medievali, accan- to ai vasi di ceramica, sono usualmente adoperati anche recipienti di ferro, sta- gno, piombo e vetro. Quest’ultimo mate- riale è destinato prevalentemente a con- tenere materie prime e, mal prestandosi alle iscrizioni e alle decorazioni, è sostitui- In epoca remota l’uomo utilizza per la conservazione e il trasporto di so- stanze liquide le zucche cave o gli otri in pelle mentre per le sostanze solide sono impiegati panieri in fibre intrecciate. Nel Paleolitico l’argilla si indurisce a con- tatto con il fuoco, come testimoniano le fi- gurine zoomorfe in terracotta fabbricate in Moravia dai cacciatori di mammuth. La ceramica più antica è fabbricata in Giappone nel 10.000 a.C. Nel Neolitico si cominciano a produrre recipienti in terra- cotta in culture preceramiche dell’Asia Occidentale, della Grecia e del Sud Ame- rica. Nel VI millennio a. C., poi, si assesta l’epoca delle culture ceramiche evolute. Intorno al VII secolo a. C. un centro im- portante per le industrie ceramiche è il grosso insediamento neolitico di Biblo, la cui produzione è caratterizzata da deco- razioni incise, ottenute generalmente con l’ausilio di conchiglie sulla superficie bru- nita color camoscio, grigio, bruno o rosso. Altri centri sono: Tell Sukas e Tell Ramad, L’arte della conservazione Le tante facce della ceramica, dalla maiolica alla porcellana, e l’evolversi del vasellame farmaceutico nel corso dei secoli. E il prevalere, anche in questo ambito, dell’italian style DI RAIMONDO VILLANO
  • 2. puntoeffe 67 gres, ceramica con impasto colorato compatto; terrecotte, laterizi, vasi da giardino; terrecotte con rivestimento di invetriatura, per rendere l’oggetto im- permeabile; porcellane, argille bian- che, ceramiche a impasto bianco com- patto, cotte ad alta temperatura; maio- liche, terrecotte smaltate con rivesti- mento bianco coprente vetroso imper- meabile e lucido, detto smalto maioli- co, costituito da ossidi di piombo e di stagno miscelati insieme. LA PORCELLANA Agli inizi dell’Ottocento, la moda della porcellana, su imitazione dei prodotti ci- nesi, contaminò anche il vasellame della farmacia. L’impiego della porcellana in luogo della maiolica e della terraglia non è dettato solo da esigenze estetiche ma deriva anche dalle migliori caratteristi- che di durezza e di resistenza all’azione dei prodotti chimici; la minore porosità consente, inoltre, una perfetta igiene della superficie. In tutti gli inventari di spezieria, fino ai primi del Novecento, è presente una sezione dedicata al corre- do di vasi e recipienti che, insieme alle attrezzature e ai mobili, costituivano i co- siddetti “capitali morti”. Intorno agli an- ni Settanta, però, in seguito alla tra- sformazione delle aziende farmaceuti- che, dietro la spinta degli enti mutuali- stici e delle nuove strategie di marke- ting, le poche sostanze “obbligatorie” sono relegate in laboratorio, all’interno di anonimi recipienti di vetro o plasti- ca. Le produzioni italiane di maioliche e ceramiche farmaceutiche sviluppate nei secoli si contraddistinguono per il fatto di unire elementi funzionali, storici e artisti- ci. Le forme dei vasi sono sempre state studiate e suggerite dagli speziali per es- sere funzionali a contenere i differenti medicamenti. Le iscrizioni e i cartigli, tal- volta apparentemente misteriosi o di dif- ficile interpretazione, hanno contribuito a fornire una significativa documentazio- ne storica sulle varie tipologie di medica- menti usati, sulle terapie applicate e sul- l’evoluzione della medicina e della far- macia. Le qualità pittoriche e decorative di molti maestri vasai italiani hanno spesso trasformato in opere d’arte i vasi di farmacia, riconosciuti tra i più belli del mondo per decoro e manifattura. la decomposi- zione del feld- spato o di rocce che lo conten- gono), la cui scoperta è, poi, opera dell’al- chimista Bottger (1682-1719), ritenu- to l’inventore della porcellana tedesca. Dalla fine del XVI secolo, avendo la Chiesa una grande influenza ed es- sendo l’unica fonte di cul- tura accessibile a tutti, so- vente vengono commissio- nate immagini di santi sui vasi in modo che il messaggio del potere taumaturgico del loro contenuto me- dicamentoso sia agevolmente rece- pibile. In effetti, la prima importante in- dustria di porcellana sorge nel 1710 circa nei pressi di Dresda a Meissen, mezzo se- colo prima che a Berlino e Sevres. Tuttavia con la scoperta di Bottger la pro- duzione ceramica da artistico-religiosa si orienta all’uso domestico e strumentale. Verso la fine del XVIII secolo per fronteg- giare la crisi economica e per abbreviare i tempi di lavoro non di rado si comincia a diffondere l’applicazione di nuove tecni- che di lavorazione che ricorrono all’uso dello stampo, della mascherina, dello spolvero, determinando la scomparsa del disegno a mano libera e la conseguente omologazione dei manufatti. Generalmente sono esposte nei vasi le forme farmaceutiche più pregiate, per esempio cerotti, conserve, elettuari, estratti, pomate, che richiedono lunghe e laboriose manipolazioni. Le droghe come tali, con funzione di materie prime, sono invece conservate in scatole di legno (abete o faggio) e poste nel magazzino, non in vista. Anche le acque, gli sciroppi e gli oli trovano posto in appositi contenitori di ceramica o, successivamente, in vetro. La ceramica è tutto ciò che è fatto d’ar- gilla manipolato dall’uomo e consolidato a caldo con l’azione della fornace, que- sto concetto è universale e accomuna i popoli di tutte le civiltà. A seconda del- l’argilla utilizzata e del grado di cottura, vi sono diversi tipi di ceramica: terraglie, ceramiche a impasto bianco poroso; si voglia ottenere un riflesso argentato o rosso. L’oggetto così trattato è posto a cuo- cere. Terminata la cottura, la superficie degli oggetti è strofinata con panni. Questa è un’antica tecnica di origine ara- ba già nota in Persia e in Mesopotamia prima dell'anno Mille, come testimoniato da ritrovamenti di anfore. Attraverso l’I- slam questo metodo arriva e si diffonde nell’Africa Settentrionale e da qui, poi, giunge ai Mori di Spagna. Le fornaci di Deruta e di Gubbio si impossessano della formula araba e si specializzano, agli inizi del Cinquecento, in questa tecnica del lu- stro metallico (o “del lustro”) che caratte- rizza la produzione italiana, al punto tale che per maioliche si intendono proprio queste ceramiche commercializzate at- traverso l’isola di Maiorca. Solo dopo il no- me maiolica inizia a indicare, in senso estensivo, il prodotto maiolicato. All’incirca a metà XVI secolo arrivano in Eu- ropa i lucenti e coloratissimi vasi cinesi de- nominati porcellane, subito imitate in Italia: a Venezia, Urbino, Ferrara e in Piemonte la produzione di porcellane costituisce un au- tentico volano dell’economia cittadina. Tut- tavia, le porcellane italiane sono meno dure delle cinesi, mancando nella composizione unelementofondamentalesfuggitoagene- razionidiceramicistieuropei:ilcaolino(dal-