31. R. Villano “Attività speziali e farmaceutiche nel Regno di Napoli” - presentazione del Presidente dell’Accademia Italiana di Storia della Farmacia Dott. Antonio Corvi. Il saggio che rappresenta un notevole sforzo di sintesi per una storia esaustiva della farmacia nel più antico Regno italiano in cui l’autore non dimentica neanche i primordi di una civiltà mediterranea che ha, poi, visto nascere in Campania la straordinaria Scuola Salernitana, di origine incerta ma di fondamentale importanza divulgativa, estesa da Bologna, con Guglielmo da Saliceto, a Parigi, con l’Antidotario di Nicolò, proclamato farmacopea ufficiale nel ‘400; evidenziato, poi, il primato della nascita della farmacia pubblica voluta da un Genio, studia i periodi successivi fino al XIX secolo e le influenze delle molte dinastie che si sono succedute in questo Stato forte nonché la fondamentale attività della Chiesa. Il volume è in molte Biblioteche specialistiche, tra cui: Ministero della Salute, Medica Statale, Nobile Collegio Chimico Farmaceutico Universitas Aromatariorum Urbis; Soprintendenza Beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Caserta e Benevento; Biblioteca di storia dell’arte Bruno Molajoli; Istituto Storico Italiano per il Medio Evo; Storia moderna e contemporanea di Roma; Studi meridionali Giustino Fortunato - Roma. (Chiron, ISBN 978-88-904235-74, LCC DG 831; CDD 615 VIL att 2010, pag. 112 (riccamente illustrato), 1^ ed. maggio 2010; 1^ rist. ottobre 2010 - presentata al Congresso Nazionale AISF (Bari, nov. 2010);
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Indice
Presentazione 9
Dalla fine dell’impero Romano al Ducato bizantino 13
Dal Regno ostrogoto al Ducato 17
Dai Normanni agli Svevi 27
L’epoca angioina 39
L’epoca aragonese e spagnola 49
Dagli Asburgo ai Borbone 69
Le produzioni ceramiche 97
Farmacie storiche 103
Appendice:
Epoche storiche 109
5. Raimondo Villano – Attività speziali e farmaceutiche nel Regno di Napoli 9
Presentazione
l presente saggio di Raimondo Villano, che si aggiunge ad altre indagini sull’arte
farmaceutica condotte su uno scenario ancora più vasto, rappresenta un notevole
sforzo di sintesi.
Il Regno delle due Sicilie ha trovato la sua unità, almeno a partire dal 1200, con la prima
monarchia moderna di Federico II.
L’Autore non dimentica neanche i primordi di una civiltà mediterranea che ha, poi, visto
nascere in Campania la straordinaria Scuola Salernitana, di origine incerta ma di
fondamentale importanza divulgativa, estesa da Bologna, con Guglielmo da Saliceto, a
Parigi, con l’Antidotario di Nicolò, proclamato farmacopea ufficiale nel ‘400.
Il primato della nascita della farmacia pubblica voluta da un Genio, pur ispirato da un
parziale precedente francese, condizionerà questo Stato a prestare grande attenzione alla
nostra arte, favorita dalla cultura monastica, dallo scriptorium di Cassiodoro
all’universalismo di Costantino l’Africano.
Molte dinastie si sono succedute in questo Paese senza però stravolgere le sue
caratteristiche, lasciando molto spazio alle baronie locali e all’attività della Chiesa. Per
questo motivo non è mai nato uno Stato forte e il prezioso aggiornamento legislativo
dovuto ad una Università, per questo famosa, è stato applicato saltuariamente e, forse, a
macchia di leopardo.
Si può spiegare così il monopolio delle farmacie conventuali benedettine a Napoli nel
‘700, come le impressioni degli stranieri che nell’800 lodavano magari il singolo speziale
per la sua onestà, ma rimarcavano le manchevolezze del sistema. Che, per esempio,
esploderanno con la legge di liberalizzazione Crispi alla fine del secolo: pur essendo in
vigore una pianta organica, che nelle regioni del nord limitò l’incondizionata
proliferazione degli esercizi, qui, vedi a Messina e Catania, centinaia di botteghe alzarono
un’insegna limitandosi alla raccolta delle ricette, convogliate all’unico farmacista dietro
compenso.
Lo studio documentato da Mario Zappalà sulla vicenda si unisce alle diverse fonti
consultate da Villano, con speciale riguardo alle opere di Andrea Russo e di Chichierchia
e Papa.
Partendo da questa base, l’Autore riuscirà a scrivere una storia esaustiva della farmacia
nel più antico Regno italiano che, anche nel decadente periodo ottocentesco, sarà il più
attento ad aggiornare i suoi Petitoria e Ricettari Napoletani rispetto agli altri Stati italiani.
Dott. Antonio Corvi
Presidente Accademia Italiana di Storia della Farmacia
I
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“Abbiamo la responsabilità
di mantenere vivo il passato
dal quale veniamo:
è allo stesso tempo
nostro padre e nostro figlio”
Carlos Fuentes
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Le produzioni ceramiche
Le produzioni ceramiche regnicole prevalentemente comprendono le aree cerretese,
napoletana e siciliana.
La maiolica cerretese. Molti vasi napoletani emigrano a Cerreto; è pertanto difficile
distinguere le produzioni di ceramica fine delle fabbriche di Cerreto da quelle
napoletane, mentre risulta più facile identificare come cerretesi quelle maioliche che
presentano una più marcata impronta rustica e popolaresca. Ad un ceramista napoletano
della famiglia Giustiniani, forse Domenico, va attribuita l’introduzione nel repertorio
delle fabbriche cerretesi della decorazione paesistica a chiaroscuro turchino (camaieu
bleu), peculiare delle fabbriche sei-settecentesche napoletane. Questa decorazione in
chiaroscuro turchino uniforma la considerevole produzione di vasi farmaceutici delle
fornaci di Cerreto dopo il 1721; esempi di tali corredi farmaceutici sono gli albarelli
attualmente conservati al Museo del Sannio, a Benevento.
A partire dalla seconda metà del ‘700, la produzione cerretese di artistici vasi da
spezieria si indirizza verso le più eleganti e sinuose forme rococò: i manufatti perdono la
svelta e semplice linea cilindrica degli albarelli per assumere la forma comunemente detta
“a pera capovolta”; la tavolozza diventa ricercata; raffinati accostamenti cromatici
vengono impiegati nelle rappresentazioni “alla cinese” e nei motivi “a rocaille” che le
racchiudono. Il repertorio è naturalmente mediato dalle vicine officine napoletane.
Celebre è la manifattura di Nicola Giustiniani, capostipite di una dinastia di ceramisti,
che appronta vasellame raffinato destinato alle spezierie dei monasteri (come, ad
esempio, l’Abbazia benedettina di Loreto di Monte Vergine in provincia di Avellino.
Intorno al 1754 Nicola Giustiniani trasferisce la sua bottega a Napoli, ove rimane aperta
per oltre un secolo.
Tra i ceramisti cerretesi si devono ricordare, inoltre, Giovanni Festa e Tommaso
Marchitto. Dopo i primi decenni del secolo diciannovesimo le fornaci cerretesi
decadono ed il processo è comune a tutti gli altri centri meridionali minori: quelli
abruzzesi, campani e salentini. L’attività dei figuli è continuata solo nelle sue più umili
forme e per il fabbisogno del semplice vasellame in terracotta verniciata.
La maiolica napoletana. La vitalità delle botteghe maiolicare napoletane nel
rinascimento è testimoniata non soltanto da cospicui esempi pavimentali, ma anche da
corredi di farmacia, come è stato dimostrato da approfondite ricerche effettuate da Guido
Donatone, illustre studioso della ceramica meridionale; prezioso vasellame, recante lo
stemma di Alfonso d’Aragona duca di Calabria, è nella spezieria del re in Castelnuovo
(Maschio Angioino), reggia e fortezza aragonese, e in altre spezierie delle reggie
aragonesi. Dalla spezieria monumentale di Castelnuovo ha avuto origine il gusto fastoso
delle spezierie napoletane dei secoli successivi. Oltre che a Napoli (Museo di
Capodimonte), albarelli di detta spezieria si trovano in vari Musei (Parigi: Louvre;
Londra: British Museum e Victoria & Albert Museum); Lione: Musée des Arts
Décoratifs) ed in collezioni private. La produzione di vasellame farmaceutico nel XVI
secolo è ragguardevole, con caratteri ornamentali e cromatici di particolare bellezza. Tra i
vasai partenopei attivi nel ‘500 a Napoli e di cui si è trovata documentazione sono da
ricordare Mastro Cesare “cretaro”, artefice del corredo farmaceutico della spezieria di
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San Domenico Maggiore, e Luca Iodice. Nel XVI secolo, inoltre, si registrano presenze
di maiolicari napoletani in alcune regioni centro settentrionali della penisola: Leonardo
Grilli, a Ravenna; Giovanni Maria da Capua, prima ad Anversa e poi a Milano; Gian
Pietro Leyna, a Milano. Per tutto l’arco del XVII e XVIII secolo Napoli ha fornito nuove
forme espressive all’arte ceramica attraverso le splendide realizzazioni dell’età barocca.
Nei primi decenni del Seicento la tradizione rinascimentale persiste a Napoli nella
produzione di vasellame di farmacia.
Sullo scorcio del XVII secolo si diffonde l’impiego della decorazione en camaieu bleu
per interi corredi di vasi da spezieria recanti figurazioni devozionali, rappresentazioni
paesistiche, scene mitologiche; ma la decorazione en camaieu bleu è impiegata per
programmi più contenuti, quali gli ambienti di piccole spezierie conventuali o private,
mentre nei cospicui corredi in maiolica delle grandi farmacie monumentali è affidato al
ceramista un ruolo di maggiore libertà inventiva. Nei vasti ambienti delle spezierie del
Santuario della Madonna dell’Arco, del Convento di S. Domenico Maggiore, della
Certosa di San Martino, del Monastero dei Santi Severino e Sossio, come in quella
settecentesca degli Incurabili, spesso impreziosite da eleganti affreschi e da soffitti
dipinti, si impone una decorazione a smalti policromi.
Nel Seicento i vasai napoletani producono corredi ceramici farmaceutici di gusto
compendiario, faentino e più ancora urbinate (tra l’altro, grandi idrie), con sommarie
figurazioni, desunte dal tradizionale repertorio manieristico e, poi, da quello barocco, e
circondate da un calligrafico ornato policromo; esse sono, inoltre, caratterizzate da
elaborate anse a tralci floreali. In piena età di viceregno si verifica un fenomeno
culturale particolarmente fecondo per l’arte della maiolica: quello della osmosi tra
Napoli e Castelli, famoso centro abruzzese; tra i migliori artefici castellani che si
trasferiscono a Napoli, la figura di maggiore rilievo è Carlo Antonio Grue, uno dei
protagonisti della maiolica italiana del Seicento. Negli ultimi decenni del secolo,
l’influenza della ceramica ligure sulle fabbriche napoletane riveste la stessa importanza
di quella delle manifatture abruzzesi: alcuni ricchi farmacisti napoletani ordinano, infatti,
l’intero corredo ceramico delle loro spezierie a fabbriche liguri. Spesso le manifatture
napoletane aderiscono al gusto della decorazione turchina producendo vasellame
farmaceutico “alla maniera di Genova”. In questo tipo di lavori emerge una personalità di
primo piano: Paolo Francesco Brandi.
La maiolica napoletana nel Settecento ha una straordinaria fioritura, con il fenomeno
dell’incessante immigrazione dei ceramisti abruzzesi di Castelli, intensificato alla fine del
Seicento e, poi, proseguito per tutto l’arco del Settecento.
La Farmacia degli Incurabili costituisce uno stupendo esempio del decorativismo
settecentesco napoletano: nel laboratorio dello speziale (controspezieria) che precede la
farmacia è conservata una prima serie di idrie ed albarelli (240 vasi circa, di varie misure)
decorati con paesaggi e figure in chiaro scuro turchino (camaieu bleu); alcuni vasi recano
lo stemma della Santa Casa degli Incurabili; nello stiglio del salone è conservato un raro
ed intatto corredo di oltre 400 vasi policromi di maiolica istoriati di cui i più grandi
recano dipinte scene bibliche mentre nei più piccoli sono rappresentate allegorie delle
virtù, delle stagioni e del lavoro; i vasi sono di tre dimensioni: di altezza 35 cm, 26 cm e
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24 cm, alcuni sono sormontati da coperchi a cupola con pomo, altri da coperchi
schiacciati e sono decorati solo nella parte anteriore; non portano iscrizione del nome del
medicamento. Alcuni vasi sono segnati per esteso dal ceramista Lorenzo Salandra, attivo
tra il 1727 ed il 1748; su di uno il Salandra ha anche scritto che Donato Massa (morto nel
1747) è stato il “Maestro di questi vasi”. Le storie dipinte sui vasi sono quelle dell’Antico
Testamento; la loro fonte iconografica è identificabile nelle incisioni a stampa tratte dagli
affreschi di Raffaello nelle Logge Vaticane. La tavolozza dei maiolicari napoletani ha
timbri pastosi ed i toni caldi, il repertorio si avvale di accostamenti del giallo arancio
(ottenuto con l’aggiunta all’ossido di antimonio dell’ossido di ferro) con il translucido
verde ramina, oltre che di misurati impieghi del blu e del paonazzo vinoso di manganese.
La maiolica siciliana. Nella maiolica siciliana dei secoli XVI e XVII ritroviamo lo
stemma dell’Ordine dei Domenicani e dei frati della Compagnia di Gesù; inoltre, sono
spesso dipinti i Santi invocati tradizionalmente contro le malattie più frequenti: San
Francesco che riceve le stimmate, San Sebastiano martire invocato contro le malattie più
gravi, San Lorenzo (di solito con la graticola e la palma del martirio), Sant’Antonio
Abate, Santa Lucia, Sant’Agata. Spesso il soggetto dipinto è associato al medicamento:
Sant’Agata, ad esempio, è raffigurata su una boccia (possibile contenitore di un
unguento contro le malattie al seno) con le tenaglie in mano a ricordarne il martirio;
Sant’Antonio abate, invocato per le sue proprietà taumaturgiche contro le affezioni
cutanee, è rappresentato su un cilindro palermitano; Santa Rosalia, invocata contro la
peste, è rappresentata in medaglioni di bocce probabilmente per la teriaca, medicamento
appunto contro il morbo.
Molto importante è, poi, la ceramica di Caltagirone(98)
che è influenzata per secoli dagli
arabi che caratterizzano, poi, irreversibilmente le tecniche produttive dal XVI al XVIII
secolo di invetraiatura dei manufatti con cromatismi e decorazioni tipici della tradizione
calatina.
_______________
(98) Caltagirone deriva il suo nome dall’attività cui gran parte della popolazione era dedita, la produzione
della ceramica: “qal’atghàrum” ovvero collina dei vasi o vasai.
12. Raimondo Villano – Attività speziali e farmaceutiche nel Regno di Napoli 105
APPENDICE
13. Raimondo Villano – Attività speziali e farmaceutiche nel Regno di Napoli 107
Epoche storiche
• Regno di Odoacre, fino al 493 (eruli ed altri)
• Regno Ostrogoto, fino al 542 circa (ostrogoti)
• Imp. Bizantino, fino al 763 (bizantini)
• Ducato di Napoli, fino al 1137
• Ducato di Napoli, fino al 1195 (normanni)
• Regno di Sicilia, fino al 1266 (svevi)
• Regno di Napoli, fino al 1442 (angioini, famiglia Durazzo)
• Regno di Napoli, fino al 1646 (aragonesi, spagnoli)
• Repubblica Napoletana, fino al 1647
• Regno di Napoli, fino al 1713 (spagnoli)
• Regno di Napoli, fino al 1734 (austriaci)
• Regno di Napoli, fino al 1799
• Repubblica Partenopea, 1799
• Regno di Napoli, fino al 1806
• Regno di Napoli, fino al 1815 (francesi)
• Regno delle Due Sicilie, fino al 1860
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