Il rapporto tra malattia e organi viventi ha come fulcro la cura e il farmaco (e, in tempi recenti, la tutela e la prevenzione); la relazione uomo-malattia-cura (e/o tutela-prevenzione) è una relazione tra uomini e civiltà, sintesi di osmosi e baricentrici equilibri di competenze e prospettive tecniche, scientifiche, professionali, politiche, sociali, economiche, culturali e religiose.
R. Villano - Manuale sanitario: detrazioni fiscali
R. Villano - L’uomo e le epidemie: sec. I-XI
1. Raimondo Villano Uomo - Malattia - Cura: storia, analisi e profili evolutivi
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L’uomo e le epidemie
Dal I secolo d.C. alla fine dell’Alto Medioevo
2. Raimondo Villano - Uomo - Malattia - Cura: storia, analisi e profili evolutivi. Sezione D: Preambolo
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Raimondo Villano, Uomo - Malattia - Cura: storia, analisi e profili
evolutivi. Holding tutorial: Villano International Business Team;
Direzione: VIBT Dpt no. 13 - Arte & Cultura; Supervisione:
Fondazione Chiron; Coordinamento editoriale: Chiron Edizioni;
Elaborazione tecnica: Chiron Dpt Ph@rma. LCC RA418-418.5,
CDD 303 VIL uom 2020 it ed 1c. Prima edizione: 303 VIL uom 2020
it, LCC RA418-418.5, pp. 1.116, maggio 2020; Seconda edizione: 303
VIL uom 2020 it, LCC RA418-418.5, ISBN 978-88-97303-33-6, pp.
1.116, agosto 2020; volume: euro 95,00; cd-rom : euro 50,00.
Sintesi: il libro si sviluppa in 9 capitoli, con il 10° inerente riflessioni conclusive cui segue un apparato
di sezioni tecniche dettagliate di ausilio, riferimento e approfondimento specifico. Nel capitolo 1 dopo
cenni inerenti le principali condizioni morbose dell’umanità, se ne descrivono gli episodi salienti dalla
preistoria ai giorni nostri, all’occorrenza approfondendo anche le significative evoluzioni demografiche
e taluni importanti aspetti e fattori sociologici e chiudendo con una ricognizione di attualità e proiezione
prospettica. Nel capitolo 2 si approfondiscono gli sviluppi e le difficoltà degli aspetti teorici,
sperimentali e pragmatici della scienza deputata allo studio e alla scoperta di prodotti capaci di
prevenire, alleviare e guarire gli stati morbosi dell’uomo, da quando erano considerati misteriose
influenze esterne penetrate nel corpo alle attuali rigorose e precise diagnostica e terapia. Nel capitolo 3 si
approfondiscono aspetti, modalità e contenuti della lotta che dalla notte dei tempi l’uomo deve
combattere contro le malattie: analisi, provvedimenti tecnici e legislativi, azioni politiche, fenomeni
sociali e cenni prospettici futuri. Nel capitolo 4 si descrivono gli aspetti salienti di ricerca, produzione e
sviluppo dei farmaci a livello nazionale ed internazionale: una realtà dietro la quale è assiepato, peraltro,
un eccezionale mercato, che muove enormi capitali, quarto per importanza e fatturato dopo carburanti,
fonti energetiche e armi. Nei capitoli 5 e 6 si inquadrano analiticamente i principali articolati aspetti
pratici d’uso e tecnici di gestione inerenti il farmaco, la sua filiera e le istituzioni che lo regolano nonché
le rilevanti evoluzioni e le complesse prospettive future. Nel capitolo 7 si effettua un inquadramento
della spesa della sanità e del suo trend, si individuano i parametri di definizione e allocazione delle
risorse economiche necessarie e si approfondiscono i problemi e gli strumenti di valutazione degli
equilibri e dei processi di attuazione per i servizi e l’assistenza concludendo con un’analisi degli scenari
futuri. Nei capitoli 8 e 9 si sviluppa una disamina di ordine etico e morale sulle formidabili
responsabilità da affrontare e sugli immensi problemi da risolvere affinché che l’opera della scienza e
del farmaco per la cura delle malattie assolvano con lealtà ed onestà d’intenti la loro delicata missione,
peraltro non fine a se stessa ma con ragion d’essere nella promozione dell’uomo e animata da spirito di
servizio. Non appartiene infine ad un ambito ideologico precostituito lo sviluppo analitico delle varie
problematiche, in quanto non ci si rifiuta di considerarne oggettivamente tutti i principali aspetti.
Storia delle epidemie e delle scoperte farmacologiche,
analisi delle problematiche attuali
e tratteggio di scenari del futuro imminente.
Il rapporto tra malattia e organi viventi ha come fulcro la cura e il farmaco (e, in tempi recenti, la tutela
e la prevenzione); la relazione uomo-malattia-cura (e/o tutela-prevenzione) è una relazione tra uomini e
civiltà, sintesi di osmosi e baricentrici equilibri di competenze e prospettive tecniche, scientifiche,
professionali, politiche, sociali, economiche, culturali e religiose.
3. Raimondo Villano Uomo - Malattia - Cura: storia, analisi e profili evolutivi
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L’uomo e le epidemie
Dal I secolo d.C. alla fine dell’Alto Medioevo
Nel corso del I secolo d.C. e per circa quattro secoli fanno la loro comparsa
nel mondo occidentale dominato da Roma imperiale una serie di violente ed
estese epidemie.
Al I-IV secolo, secondo un recente studio internazionale, esistono evidenze
documentate di malaria a Roma.
In generale, però, in Italia la diffusione della malaria è abilmente ostacolata
dai Romani con bonifiche e cura dei campi agricoli.
Nel I secolo d.C. il vaiolo entra in Cina da Sud-Ovest e diventa stabile nella
popolazione.
Nel 61 per mezzo dei legionari di ritorno dall’Egitto è importata la lebbra
dall’Oriente (dove prospera endemicamente in Cina, India, Mesopotamia,
Palestina, Fenicia).
Nel 65 un’epidemia descritta da Tacito uccide 30 mila persone a Roma.
Nel 165-180 una pandemia presumibilmente di vaiolo (denominata peste
antonina), portata a Roma dalle truppe dell’imperatore Lucio Vero di ritorno
vittoriose dalla campagna in Mesopotamia, uccide cinque milioni di persone,
si diffonde in gran parte d’Europa e per circa 15 anni ricompare con ritmi
stagionali passando da una regione all’altra: sulla base delle descrizioni
4. Raimondo Villano - Uomo - Malattia - Cura: storia, analisi e profili evolutivi. Sezione D: Preambolo
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pervenute, l’ipotesi causale più probabile è il vaiolo (anche se taluni
ipotizzano il morbillo o persino la dengue).
Nel 189 scoppia una nuova pandemia che interessa tutto l’Occidente e a Roma
uccide circa 2.000 persone al giorno; essa è preceduta da una carestia e i
sospetti più plausibili chiamano in causa il morbillo, benché possa trattarsi
anche di scarlattina mentre alcuni autori pensano ad un ritorno del vaiolo.
Il morbillo è una malattia infettiva molto contagiosa provocata da
un virus (genere: morbillivirus; ordine: mononegavirales;
famiglia: paramyxoviridae), con decorso iniziale ricorda un raffreddore e poi
con rash cutaneo rosso-brunastro tipico; è a trasmissione aerea o indiretta (su
superfici contaminate da droplets) e colpisce soprattutto i bambini tra i 12
mesi e i 4 anni, con annidamento e replicazione orale e polmonare e poi
diffusione nel resto dell’organismo. Le complicazioni più severe legate al
morbillo sono: bronchite, polmonite, convulsioni febbrili, epatite, strabismo,
meningite, encefalite, neurite ottica, gravi problemi cardiaci e al sistema
nervoso e panencefalite sclerosante subacuta (colpisce 1 malato ogni
25.000).
Nel 232 e nel 238 sono descritte altre gravi epidemie in Dalmazia.
Fra il 251 e il 266 si verifica il picco di una seconda gravissima pandemia di
vaiolo (o di una pestilenza setticemica) detta “di Cipriano” che fa vacillare,
insieme all’aggressione delle tribù germaniche, tutto l’Impero romano in
Africa, Asia ed Europa con punte a Roma di 5.000 morti al giorno.
Tra il 265 e il 420 risale probabilmente il primo caso di febbre dengue mai
documentato in riferimento a un “veleno acquoso” associato a insetti volanti,
riportato nell’enciclopedia medica cinese realizzata durante la Dinastia Jìn(4)
.
La febbre dengue, più conosciuta semplicemente come dengue, è una malattia
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infettiva tropicale causata dal virus Dengue. Il virus esiste in
cinque sierotipi differenti (DENV-1, DENV-2, DENV-3, DENV-4, DENV-5)
e generalmente l’infezione con un tipo garantisce un’immunità a vita per quel
tipo, mentre comporta solamente una breve e non duratura immunità nei
confronti degli altri. L’ulteriore infezione con un altro sierotipo comporta un
aumento del rischio di complicanze gravi. Nell’emisfero occidentale il vettore
principale della malattia è la zanzara genere Aedes, in particolar modo
la specie Aedes aegypti, anche se si sono registrati casi trasmessi da Aedes
albopictus. Non si ha quindi contagio diretto tra esseri umani, anche se l’uomo
è il principale ospite del virus. Il virus circola nel sangue della persona infetta
per 2-7 giorni, e in questo periodo la zanzara può prelevarlo e trasmetterlo ad
altri. Si presenta con febbre, cefalea, dolore muscolare e articolare, oltre al
caratteristico esantema simile a quello del morbillo. In una piccola percentuale
dei casi si sviluppa una febbre emorragica pericolosa per la vita,
con trombocitopenia, emorragie e perdita di liquidi, che può evolvere in shock
circolatorio e morte. Non esistendo una vaccinazione efficace,
la prevenzione si ottiene mediante l’eliminazione delle zanzare e del
loro habitat, per limitare l’esposizione al rischio di trasmissione. La terapia è
di supporto e si basa sull’idratazione in caso di una forma lieve-moderata di
malattia e, nei casi più gravi, sulla somministrazione endovenosa di liquidi e
sull’emotrasfusione.
Nel 302 e nel 312 scoppiano nei Balcani una serie di epidemie di ‘pustole
maligne’.
Nel 376 ancora gravi pestilenze colpiscono i Balcani e quindi accompagnano
le calate dei cosiddetti ‘barbari’ a sud del Danubio.
Dal V secolo aumenta la lebbra.
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Tra il 400 e il 1600 il ceppo di Variola maior si diffonde partendo dall’Asia
ed è responsabile della forma più grave di vaiolo.
Tra il 408 e il 410 Roma è sconvolta da epidemie in concomitanza con
l’assedio dei Visigoti.
Al V secolo, all’incirca in concomitanza con la caduta dell’Impero romano
d’Occidente, risale un’evidenza storico-archeologica dell’arrivo in Europa del
malarico Plasmodium falciparum, individuata nella valle del Tevere.
Alto Medioevo
Dopo la caduta dell’Impero romano per molti secoli si verifica un netto calo
del livello d’igiene ed i sistemi idraulici romani vanno in disuso: persino
l’utilizzo dell’acqua per lavarsi non è più affatto scontato!
Alla decadenza dell’Impero romano non è estranea anche la malaria, nella sua
forma più grave del Plasmodium falciparum, con l’infestazione della rete
idrica romana ad opera di zanzare anofele importate dall’Africa dove
compaiono nell’acqua tra i solchi del terreno coltivato a patate dolci, dopo
vaste deforestazioni.
Dalla metà del V secolo gli scambi commerciali diminuiscono e cominciano a
spopolarsi le grandi città con l’arrivo di eserciti invasori che, peraltro, portano
nuove malattie o favoriscono la diffusione di infezioni come conseguenza
della destabilizzazione sociale ed economica.
Fino al VI secolo le cronache riportano meno epidemie ma si registra una
crescente preoccupazione per alcune endemie, in particolare per la lebbra.
Dal V secolo fino alla fine del VI l’aumento della lebbra è tale che può essere
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considerata stabilmente insediata in Europa Occidentale, determinando anche
l’introduzione di misure di segregazione e l’obbligo per i vescovi di assistere i
lebbrosi. Nell’Alto Medioevo la lebbra è una patologia endemica a focolai
sparsi o dispersi; i luoghi della sua concentrazione sono esclusivamente raduni
di lebbrosi raminghi, espulsi in alternativa alla segregazione dal consorzio dei
sani, aggregati da solidarietà spontanea tra malati emarginati: dunque, la
diagnosi di lebbra è una vera e propria morte civile! Le cose poi cambieranno
con esplicita menzione o sanzione nel Canone XXIII del III Concilio
lateranense celebrato nel 1179 da Papa Alessandro III: “L’apostolo (Paolo)
dice ‘Bisogna onorare maggiormente coloro che soffrono’. (...) Noi stabiliamo
dunque, in virtù della benignità apostolica, che dovunque questi uomini (i
lebbrosi) siano riuniti in numero sufficiente per condurre vita in comune,
possano disporre di una chiesa e di un cimitero e beneficiare di un prete(5)
”.
Poco dopo il 500 d.C. si verificano casi frequenti di morbillo che, tuttavia,
richiede una popolazione suscettibile maggiore di 500.000 individui per
sostenere un’epidemia, situazione che si verifica solo in seguito alla crescita
delle città medievali europee.
Sempre nel 500, a causa sia di pestilenze che carestie continue, la
popolazione italiana cala dai circa 7,4 milioni di abitanti di inizio era
cristiana a 4 milioni mentre quella europea passa da 32,8 milioni a 27,5. Lo
storico Procopio di Cesarea negli anèkdota stima che in Italia i morti siano
addirittura 15 milioni. Questo tracollo demografico si completa nel 650
allorché la popolazione italiana si contrae addirittura a 2,5 milioni mentre
quella europea a 18.
Nel VI sec. il vaiolo passa dalla Cina al Giappone; all’incirca dal 541 in
Occidente fa periodiche comparse in Europa senza diventarvi stabile, fino al
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momento in cui la popolazione non aumenta di numero e gli spostamenti delle
persone non diventano più intensi.
Tra il 541 e il 542 per la prima volta compare la peste bubbonica (la ‘grande
peste di Giustiniano’). La peste (dal latino pestis, “distruzione, grande
malattia”) è una malattia infettiva di origine batterica causata
dal bacillo Yersinia pestis; è una zoonosi, il cui bacino è costituito da varie
specie di roditori e il cui unico vettore è la pulce dei ratti (Xenopsylla
cheopis), che può essere trasmessa anche da uomo a uomo. Si manifesta sotto
forma di tre principali quadri clinici, distinti in base ai diversi apparati
dell’organismo in cui si sviluppa l’infezione. La peste bubbonica, causata
da Y. pestis attraverso la cute a seguito del morso di una pulce infetta; il
bacillo, dal sistema immunitario e fagocitato dai leucociti è smaltito attraverso
il sistema linfatico fino ai linfonodi, dove però resta attivo e continua ad
accumularsi moltiplicandosi. Ciò provoca una adenite prossimale
(infiammazione di uno o più linfonodi, solitamente ascellari o inguinali più
prossimi alla zona della puntura). I linfonodi colpiti divengono rigonfiamenti
dolorosi (bubboni) che non ascessi ma edemi: non contengono pus ma sangue
e tessuto edematoso-necrotico, che però in fase di remissione della malattia
possono divenire infetti (purulenti). Quando i linfonodi non sono più in grado
di contenere la malattia, il bacillo può diffondersi in tutto l’organismo, dando
luogo così alla seconda forma, la peste setticemica il cui quadro clinico è
molto più grave: il bacillo trasportato dal flusso ematico raggiunge i
principali organi causando una sepsi diffusa che, se non curata, è fatale in
breve tempo. Il terzo quadro clinico è la variante detta peste polmonare:
estremamente grave, si sviluppa nell’apparato respiratorio e, a differenza della
forma bubbonica, si trasmette per via aerea. I sintomi della malattia
9. Raimondo Villano Uomo - Malattia - Cura: storia, analisi e profili evolutivi
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comprendono febbre tra i 38 e i 41 °C, mal di testa, dolori
articolari, nausea e vomito, sete, diarrea, tumefazione dei linfonodi e generale
sensazione di malessere. Nelle forme setticemiche e polmonari possono
verificarsi: ipotensione, segni neurologici quali sonnolenza, letargia, delirio, e,
nella forma polmonare, dispnea tale da conferire al malato un
colorito cianotico. La sindrome da coagulazione intravascolare
disseminata che può insorgere nella forma setticemica ha come sintomo
vistoso l’ischemia e la necrosi delle estremità (dita, piedi o mani) che
diventano nere: ciò ha probabilmente contribuito a coniare il nome ‘peste
nera’ e, di solito, è anche la causa del decesso. Tra le altre forme di peste
figurano quelle da i batteri: Yersinia pseudotuberculosis (rara nell’uomo), con
quadro subacuto o cronicizzante e sintomi prevalentemente gastroenterologici;
localizzazione in linfonodi profondi in area addominale causa di adenite
mesenterica, condizione che potrebbe indurre a sospettare tubercolosi;
Yersinia enterocolitica (molto più frequente nell'uomo), colpisce
principalmente il basso tratto digerente ed ha sintomi gastroenterologici più
chiaramente conclamati rispetto a Y. p.
La peste funesta Costantinopoli (dove arriva da Egitto e Mar Rosso); secondo
lo storico bizantino Procopio, muore quasi la metà degli abitanti della città, a
un ritmo di 10.000 vittime al giorno e destabilizza l’Impero Romano
d’Oriente; si diffonde, poi, ben oltre i suoi confini nei territori circostanti
(uccidendo complessivamente un quarto degli abitanti delle regioni del Mar
Mediterraneo occidentale) e giunge a Roma nel 543 generando terrore per
ferocia distruttiva ricondotta al castigo divino, il flagellum Dei(6)
: “Per questo
flagello, però, non si riesce a esprimere a parole né a ipotizzare col
ragionamento una radice qualsiasi: non resta che ricondurlo a Dio [...]
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Sembrava procedere secondo una regola e sostare dovunque per un periodo
determinato, non danneggiando nessuno in modo superficiale, ma
diffondendosi nelle due parti del mondo fino all’estremità della terra, quasi
temendo che le sfuggisse qualche decesso(7)
”. Nella logica dell’Avvento della
Città di Dio, fame, guerra e peste hanno un preciso ruolo semantico ma,
laddove ferro, fuoco e fame appartengono al consueto itinerario storico
costantemente sperimentato dagli uomini, la peste rappresenta il nuovo,
l’inatteso, l’inesplicabile. All’interno della visione cristiana della storia la
teoria del “flagellum Dei” quale spiegazione delle catastrofi ha una sua logica
inoppugnabile e fornisce, oltretutto, sul piano psicologico la non indifferente
gratificazione di poter motivare l’inutilità delle proprie difese con
l’onnipotenza di Colui che ha potuto vanificarle.
Complessivamente dal 542 al 767 si susseguono circa 20 ondate di peste, che
poi scompare sia dall’Europa che da Asia ed Africa.
Dal 565 al 566 è documentata da San Gregorio Magno nelle “Cronache” la
diffusione di peste in Italia: la calamitas calamitatum spopola dapprima la
Grecia e successivamente devasta città e campagne in Italia colpendo
mortalmente persino Papa Pelagio II.
Nel corso del VII secolo la lebbra regredisce.
Nel 570 il Vescovo Mario di Avenches in Svizzera chiama il vaiolo “variola”,
forse dal termine latino varus (pustola) o varius (macchiato).
Dal VII secolo in poi nelle città d’Europa i lebbrosi sono costretti a vivere
nei lebbrosari al di fuori delle città.
È da notare, poi, che la “religione di legge” scritta nel Corano (soprattutto nei
detti e nei fatti del Profeta dell’Islam) è ricca di norme deontologiche,
prescrizioni igieniche, regole sanitarie costituenti la “medicina del Profeta”:
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l’Islam, concepito come guida per l’intera varietà della vita umana, si occupa
anche dei principi più generali di medicina e igiene. Numerosi sono, infatti, i
versetti coranici e i detti del Profeta in cui si fa riferimento a salute e malattia,
ad assistenza e continenza, a digiuno ed astinenza dal coito nel mese del
Ramadan, a dieta e pratica del lavarsi. Per questo l’uomo medievale islamico,
diversamente dal coevo occidentale cristiano, lava molto se stesso e la sua
biancheria evitando di contrarre varie malattie che, invece, colpiscono la
cristianità. Un altro esempio di grande influenza della religione sulla
medicina araba emerge dal concetto del Corano che induce a non toccare il
corpo umano per evitare che violandolo ne fuoriesca il sangue e con esso
anche l’anima: ciò pone un veto alla possibilità di eseguire dissezioni.
Dall’VIII secolo la lebbra riprende a diffondersi in modo ancora più grave.
Nel 735-737 si stima che l’epidemia di vaiolo in Giappone uccida un terzo
della popolazione.
Durante l’Alto Medioevo il vaiolo si presenta con epidemie periodiche, ma
non diviene endemico finché la popolazione non cresce, aiutato anche dai
grandi movimenti di persone del periodo delle crociate.
Nell’anno 857 si diffonde in Europa, devastando soprattutto Germania,
Francia e Fiandre, il crudelissimo morbo dell’ergotismo, intossicazione da
consumo di Segale cornuta (qualità di grano sconosciuta agli antichi ed
importata solo nel Medioevo) che per i suoi alcaloidi vasocostrittori tossici
provoca necrosi delle dita di mani e piedi; l’Italia è risparmiata in quanto la
cerealicoltura dispone di grano di orzo e frumento.
Tra il IX e l’XI secolo la lebbra regredisce di nuovo.
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Note
_________________
(4) Etymologia: dengue, in Emerg. Infec. Dis., vol. 12, nº 6, giugno 2006, p. 893. Gubler DJ, Dengue
and dengue hemorrhagic fever, in Clin. Microbiol. Rev., vol. 11, nº 3, luglio 1998, pp. 480–
96, PMC 88892, PMID 9665979.
(5) Cosmacini Giorgio, L’arte lunga-Storia della medicina dall’antichità a oggi, GLF Editori Laterza,
Roma-Bari, p. 112, 1997.
(6) (Paolo Aldo Rossi - La città assediata dall'interno da un nemico invisibile - Storia del Pensiero
Scientifico - Univ. di Genova Anthropos & Iatria Anno II Numero V Set/ Ott 1998).
(7) Procopio di Cesarea, De Bello Gotico, 1, 2, cap. XX.
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“Dove la storia modella compiutamente non occorre la mano dell’uomo che l’assecondi
ma soltanto la sua reverente parola che narri” (Stefan Zweig, Momenti eccelsi)
Abs. dalle conclusioni: con la ricerca storica “non sono le cose passate che diventano chiare, poiché
esse non sono più, ma diventa chiaro quello che di esse, nell’hic et nunc, non è ancora passato”
(Droysen). Fotografare poi le criticità sanitarie dell’emergenza Covid-19 può far trarre insegnamenti
utili a rilanciare una visione differente della futura organizzazione strategica ed organica dell’assistenza
ospedaliera e territoriale pubblica e privata. Inoltre, occorre anche un’alleanza tra scienza e politica, per
anni interrotta. Vi sono poi da superare questioni delicate e spinose relative ai cruciali problemi
globali di condivisione dei virus a potenziale pandemico e di accesso equo ai vaccini. Nel corso
della trattazione nel volume è poi emerso con evidenza che i biorischi sono una rilevante criticità futura,
peraltro che può accadere in ogni momento. La crisi da Covid-19 mette in luce anche un problema di
assenza totale di gestione del rischio. Dopo la crisi, poi, le catene di valore non potranno certo
scomparire, dato che il loro interesse economico resta considerevole, ma si dovrebbe assistere ad una
parziale rimessa in discussione delle principali modalità di dinamica. D’altro canto va ristabilita la
capacità strategica dello Stato di anticipare e preparare la società ad affrontare sfide di questo
tipo.In effetti, ampliando l’orizzonte analitico, vi sono temi fondamentali del nuovo ordine mondiale
post-Covid.
“Ci sono cose che sappiamo di non sapere e altre che non sappiamo di non sapere.
E sono quelle che tendono a essere le più problematiche”
Donald Rumsfeld
Raimondo Villano - Ruoli: farmacista in Albo (da 1986), Cavaliere di Grazia Magistrale del S. M.
Ordine di Malta (da 2002); impegnato inattività diplomatica in prestigiosi organi di cultura,
operosità, scambi economici e solidarietà in Italia e nel mondo; si occupa di cooperazione e temi
internazionali di rilevanza strategica quali: dinamiche geopolitiche, economia e governance globale,
sicurezza e difesa, energia, sanità, integrazione UE, politica estera (da 2004); Hon. Assoc. Prof. in
History of Health Adm. Pharmaceutical Dpt University of Florida State (da 2014). Accademie:
International Society History of Pharmacy (da 2001); Italiana Storia Farmacia (da 2001); Storia Arte
Sanitaria-Ministero B.C. (da 2006); già pontificia Tiberina (da 2009); Medical Tradition Smithsonian
Institution-LA-USA (da 2011); Fondazione Treccani (da 2016); Fondazione Italia USA (da 2019);
Nobile Collegio Chimico Farmaceutico Universitas Aromatariorum Urbis (ad honorem, da 2006). È
stato: Consigliere Diplomatico ENVA (2011-15); Segretario International Committee
Biothecnologies Wabt-Unesco (Parigi, 2008-13); dirigente distrettuale, nazionale e internazionale
(Italia - ex-Jugoslavia - Albania; Europa/Africa; Evanston-USA) del Rotary International (1990-2007); rappresentante on.
naz.le AgifarNa c/o Fenagifar (dal 1990); dal 1987 al 1990: Coordinatore naz.le e cofondatore Fenagifar; Delegato del
Comitato Naz.le Coordinamento Agifar alle Assemblee di Farmindustria; Rappresentante naz.le Sindacato Federativo;
fondatore e Presidente Agifar Napoli (1986-90).Socio (1978-85), contitolare (1986-97) e titolare (1997-2010) di importante
farmacia privata urbana, dove istituisce un apprezzatissimo centro di ascolto riservato, incentrato principalmente su un
complesso processo di consuelling e servizi di assistenza sociosanitaria e supporto (anche personalizzati e/o domiciliari) per
anziani, malati e bisognosi (che all’occorrenza sono presi in carico per risolverne i bisogni) stabilmente operativo dal 1978 al
2010; da dirigente locale e nazionale dei giovani Farmacisti italiani e del Sindacato sostiene diffusione e ampliamento di tali
iniziative sul territorio, auspicando e favorendo (tra i pochi antesignani degli anni ‘80) l’avvento di un’effettiva ‘farmacia dei
servizi’ (1985-90). Pur contrario alla farmacia mercantile, è eccellente imprenditore e in ca. 2 anni sestuplica il fatturato
paterno. Riconoscimenti: alcune lauree ad honorem enumerosi premi scientifici e socioculturali in Italia e all’estero, tra cui:
Premio Aesculapius-Sanità Patroc. Presidenza Consiglio Ministri (Rm 1987); alcuni Premi Piccinini Asas-Mi.BAC; Premio
Stramezzi; Premio Serono; Premio Capitolino e alcuni Tiberini;Benemerenza al merito della Sanità pubblica (Roma, DPR
2013); Medaglia d’Argento al merito della Sanità pubblica (Roma, DPR 2016), con motivazione che esordisce recitando:
“Persona virtuosa e proba, ha sempre disinteressatamente sviluppato azioni di alto profilo pubblico sanitario con
competenza, passione, dedizione e costanza ammirevoli”. Autore di molte pubblicazioni sanitarie, professionali, scientifiche,
storiche con editori e patrocini prestigiosi; è in importanti Cataloghi internazionali scientifici, accademici, istituzionali,
religiosi. Vari libri hanno apprezzamenti da Autorità istituzionali, tra cui alcuni Sovrani di Paesi europei e più volte il Capo
dello Stato e il Santo Padre.
“Ho imparato così tanto da voi, Uomini…
Ho imparato che ognuno vuole vivere sulla cima della montagna,
senza sapere che la vera felicità sta nel come questa montagna è stata scalata”
Gabriel Garcia Marquez