1. L'importanza del banchetto
Per gli antichi Romani la cena banchetto, che si protraeva fino a tarda notte, era il pasto
più importante della giornata. Ad esso erano invitati tutti e cinque i sensi: oltre a
vedere, toccare e gustare si parlava e si ascoltava.
Se la cerimonialità trovava il suo culmine nella condivisione della carne, la
spettacolarità era garantita da scene di danza, musica e teatro.
La cena era aperta da gustatio, abbondanti antipasti, chiamati anche promulsis (da
mulsum, il vino mielato che li accompagnava).
Uova, verdure e pesci conditi con molte salse erano gli alimenti che componeva
questa parte del banchetto.
Seguiva la prima mensa durante la quale venivano servite diverse fercula (portate) di
maiale, agnello, pollame, selvaggina e pesce.
Il menù si completava con la secunda mensa, termine derivante dall’antica usanza
greca di cambiare l’apparecchiatura della tavola. In questa parte venivano offerti frutti
freschi o secchi, dolci, e a volte cibi salati come salsicce (Marziale) o focacce al
formaggio (Petronio).
L’abitudine romana di aprire il banchetto con l’uovo e chiuderlo con frutti quali la mela
diede vita al proverbio riportato da Orazio «ab ovo usque ad mala», riferito a qualcosa
fatto «dal principio alla fine».
Anche se durante il pasto si era bevuto abbondante vino, soprattutto i grandi convivi si
concludevano con la commissatio: una bevuta generale di vino sottoposta a regole
ferree. Potremmo definire quest’usanza un “dopo cena” al quale potevano aggiungersi
ospiti non presenti fino a quel momento della serata.