Ldb altroveperincludere bari 12 giugno 2014 - stefano capparucci
1. Laboratorio dal basso "Altrove per includere" - Bari, 12 giugno 2014
Stefano Capparucci
1) INTRO
Sono contento oggi di parlare di un tema di rilievo come il lavoro delle persone con disabilità.
Sono contento di farlo qui, nell’ambito del Laboratorio dal Basso “Altrove per includere”. Può
sembrare strano parlare qui di lavoro, ma è invece pienamente appropriato proprio per interro-
garci e riflettere insieme su come il lavoro inneschi per le persone con disabilità (e non solo per
loro) un percorso che aiuta ad uscire dalla dipendenza e a conquistare l’autonomia.
Mi fa piacere ragionarne con le persone che oggi sono coinvolte in questo seminario, soprattutto
di come questo percorso di inserimento lavorativo si possa e si debba avviare sin dal momento
della scuola e di come integrazione scolastica e inserimento lavorativo rappresentino un percorso
virtuoso verso l’autonomia per le persone disabili.
2) L’IMPATTO DELLA CRISI SUI LAVORATORI DISABILI
Oggi parliamo di lavoro: un tema di assoluta attualità. Come tutti sappiamo, la disoccupazione
cresce, in Italia ed in Europa. La crisi economica si sente dappertutto e con forza. Se sei disabile, il
problema del lavoro diventa tre, quattro volte più grave.
In tutto il mondo è così ed anche in Italia le cose non vanno bene. L’impatto della crisi ha portato
ad un netto peggioramento negli inserimenti lavorativi: sono diminuiti da circa 31 mila del 2007 a
quasi 21 mila nel 20091
. In 2 anni, abbiamo perduto un inserimento su tre. I risultati relativi al
2010-2011 sono però migliori: nonostante la crisi economica ed occupazionale degli ultimi anni gli
avviamenti al lavoro delle persone disabili sono lievemente aumentati, superando in entrambi gli
anni 2010 e 2011 quota 22 mila. Una notizia positiva, che ci invita a sperare.
A livello nazionale ci sono differenze significative e purtroppo si accentua il divario tra Mezzogior-
no e il resto del Paese. Nel Nord-Est si registrano nel 2011 il 34% del totale degli avviamenti,
seguito dal Nord-Ovest (33,1%) e dal Centro (21,6%). Nel Sud e nelle isole abbiamo solo il 10% del
totale.
In questo scenario di luci e ombre, è molto interessante quello che accade nelle aziende con me-
no di 15 dipendenti, che non sono soggette ad obbligo di assunzione di disabili [l’inserimento
lavorativo delle persone con disabilità è previsto dalla legge 68 del 1999]. Negli ultimi due anni il
dato degli avviamenti è rimasto costante sul 10% del totale, senza quindi risentire ulteriormente
della crisi. Queste aziende non hanno obblighi di assunzione di persone con disabilità e quindi li
chiamano perché rispondenti alle esigenze della loro attività produttiva. È un dato significativo.
Tuttavia, sono molte le persone con disabilità che il lavoro non riescono a trovarlo, al punto che
per tanti rischia di rimanere un sogno irrealizzabile. I dati sulle liste di disoccupazione sono molto
chiari in questo senso. Questo provoca una grande sofferenza esistenziale. Infatti, la difficoltà a
trovare un lavoro è uno dei sintomi più chiari della mancata inclusione sociale.
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Esattamente da 31.535 del 2007 sono scesi a 20.830.
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2. 3) UN DISCORSO INADATTO AD UN TEMPO DI CRISI?
Si potrebbe dire: in un tempo di crisi come questo, non è un po’ un lusso ragionare di inserimento
dei disabili? Ebbene, noi vorremmo adottare una prospettiva diversa. Pensare a questo tema non
come un lusso – ossia di qualcosa che si può fare quando ci sono risorse in più – ma come un aiu-
to al nostro Paese e al suo sistema economico.
L’esperienza della Comunità di Sant’Egidio ci ha portato a trovare un nuovo punto di vista. Sco-
prendo che far lavorare persone con disabilità non è un lusso che ci si può permette quando
l’economia va bene; al contrario, può aiutare il Paese in un tempo di crisi.
Per questo siamo contenti oggi di raccontarvi la nostra esperienza. E di ascoltare le vostre iniziati-
ve e idee, sapendo che questo è un territorio ricco di risorse e potenzialità. Per confrontarci
insieme fra imprenditori, volontariato, istituzioni e famiglie. Per cercare nuove idee, per tanti che
le aspettano.
4) LA STORIA DELLA TRATTORIA
La nostra esperienza inizia negli anni Settanta, quando inizia l’amicizia fra la Comunità di
Sant’Egidio e tante persone con disabilità intellettiva, che dura fino ad oggi. Nel corso di quasi 40
anni abbiamo fatto tante cose: laboratori d’arte, case famiglia, aiuto ai disabili condannati a mor-
te, etc. Ma sin dall’inizio il lavoro è stato centrale, una delle aspettative più grandi.
All’inizio non è stato facile. Sant’Egidio non aveva (e non ha) una mentalità imprenditoriale. Nes-
sun membro della Comunità riceve un salario per quello che fa, ma neanche un rimborso spese.
Però, nell’amicizia con tante persone disabili, abbiamo compreso che qualcosa bisognava fare. CI
siamo messi in gioco: abbiamo studiato le leggi, le possibilità che avevamo e nel 1991 abbiamo
fatto il primo tentativo: abbiamo aperto “Pane amore e fantasia”. Una insalateria/paninoteca in
un locale molto piccolo, organizzata come associazione culturale. 5 dipendenti assunti: 4 disabili,
1 direttore, un gruppo di persone di Sant’Egidio - fra i quali c’ero anch’io – che collaborava in for-
ma volontaria.
Una volta aperta questa paninoteca, abbiamo iniziato a vedere che l’iniziativa era possibile dal
punto di vista economico: si formò una discreta clientela e molta simpatia per l’iniziativa. E tocca-
vamo con mano – giorno dopo giorno – che il lavoro restituiva fiducia e segnava una svolta nella
vita di chi ci lavorava.
Pensate: nel gruppo promotore nessuno era un imprenditore; su 5 dipendenti 4 erano disabili;
eppure le cose andavano bene. Per questo, dopo qualche anno abbiamo cambiato sede e siamo
diventati un vero e proprio ristorante. Per dirla in estrema sintesi “quello che all’inizio sembrava
impossibile, si dimostrava invece possibile”.
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3. 5) SANT’EGIDIO E LE SFIDE IMPOSSIBILI
Questa espressione – l’impossibile può diventare possibile – aiuta a capire cosa sia Sant’Egidio.
Perché è una realtà composita, che opera in ambiti diversi e fa molte cose diverse. Ma lo spirito
della Comunità è lo stesso e si può sintetizzare così: non aver timore di affrontare sfide che sem-
brano impossibili.
Per affrontarle c’è bisogno di due cose: la prima è pensare che il tuo problema è anche il mio. .
La seconda è provare a lavorare insieme, mettendo insieme tutte le risorse che servono, cercando
quelle che non abbiamo.
Per noi, tutto questo passa da una convinzione: Ogni vita ha un grande valore! Non bisogna avere
timore di affrontare sfide che sembrano impossibili. Se lo si fa insieme, con l’aiuto di tanti, si può
riuscire.
6) LA TRATTORIA E LE CAPACITA’ DEI DISABILI
Tornando al nostro ristorante, un altro passaggio importante è avvenuto nel 2001, quando ab-
biamo ricevuto finalmente la licenza pubblica per passare da associazione culturale a ristorante.
In quel momento è cambiata la storia. La Trattoria si è aperta al grande pubblico, con l’ambizione
di diventare un locale non solo “diversamente” buono, ma più buono degli altri. Un’ambizione ed
anche una necessità: il mercato della ristorazione a Roma è piuttosto competitivo.
In questo passaggio abbiamo avuto bisogno di aiuto. Con alcuni esperti nel settore abbiamo lavo-
rato per creare uno standard alto, abbiamo iniziato a collaborare con una società ci consulenza
enogastronomica, ma anche è stato fondamentale il sostegno di vari ristoratori romani di qualità.
Volevamo che i clienti della Trattoria potessero trovare qualcosa in più, altrimenti sarebbero an-
dato da un’altra parte. Una logica di mercato? Sì, però applicata alla solidarietà. Possibile? Sì, è
possibile: e lo snodo è stato quello di trasformare la difficoltà in una chance.
Aggiungo che la Trattoria degli Amici funziona non nonostante i disabili, ma che il segreto del suo
successo, anche economico, sono proprio i disabili. C’è infatti un valore aggiunto e nella nostra
esperienza, infatti, abbiamo scoperto che la disabilità può essere una grande risorsa per realizzare
qualcosa di meglio e di più degli altri, anche in una logica di mercato.
I nostri lavoratori si sono dimostrati entusiasti, motivati, appassionati, capaci di conquistarsi i
clienti. Abbiamo toccato con mano che c’è un “capitale umano” troppo spesso sottovalutato. Con
una buona formazione e la scelta delle mansioni adatte, la disabilità può passare da problema a
risorsa.
Basta mangiare una volta nella Trattoria degli Amici, per scoprire immediatamente come i disabili
possano lavorare in modo professionale, con motivazione e produttività. Questo noi vorremmo
trasmetterlo a chi fa impresa. Alle grandi imprese, che devono tenere conto per legge della disabi-
lità. Ma anche alle piccole, che non devono farlo per legge, ma può farlo più degli altri, può capire
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4. più degli altri che conviene, che è bello e crea impresa.
Pensate: nonostante la crisi, la Trattoria degli Amici sta continuando a crescere ed è segnalata in
tutte le guide alla ristorazione e su Trip Advisor andiamo fortissimi. Negli ultimi 12 mesi abbiamo
ampliato il locale ed oggi i coperti sono 90 all’interno e 30 in un richiestissimo spazio esterno. At-
tualmente lavorano in Trattoria 16 persone disabili. 13 sono assunti a tempo indeterminato e 3
che si stanno inserendo con un tirocinio. Nella forma giuridica eravamo e siamo sempre una Coo-
perativa Sociale di tipo B. Rappresentano la gran parte dei dipendenti. Insieme a loro operano un
gruppo di amici di Sant’Egidio, che continuano ad aiutare volontariamente, e alcuni professionisti.
Il nostro locale è divenuto anche un centro di formazione che moltiplica questa avventura. Su
questo vedremo tra poco un documentario di grande bellezza che si intitola” Valgo anch’io” , che
racconta (certo meglio di me) questi corsi e più in generale lo spirito dell’iniziativa.
Il corso dello scorso anno ha avuto un grande successo: su 26 corsisti più di 10 hanno trovato la-
voro in imprese legate alla ristorazione. E 3 a Eataly, considerato oggi il tempio della gastronomia
italiana. Quest’anno abbiamo avuto 3 aule da 15 corsisti ciascuna, ma abbiamo dovuto dir di no a
tantissima gente. Il gran numero di richieste ricevute ci ha fatto riflettere sulla assoluta mancanza
di prospettive ed iniziative per disabili giovani-adulti…
7) SUPERARE I PREGIUDIZI VERSO I LAVORATORI DISABILI
La storia della Trattoria dimostra che c’è bisogno di superare una certa idea di disabilità.
Certo, non bisogna negare che ci sono delle difficoltà, piccole e grandi. Ma ognuno di noi ha le sue
difficoltà. Pensiamo a quante persone sono intrattabili caratterialmente. Ed è molto difficile lavo-
rarci insieme. Questo, a mio modo di vedere, è un handicap nel lavoro; in alcuni casi di difficile
superamento, anche maggiore di altre forme di disabilità.
Tante persone credono che per una persona con disabilità è molto difficile, se non impossibile, es-
sere lavoratori produttivi. Senza interrogarsi sulle possibili mansioni, sulla formazione, in modo
molto semplicistico. C’è una pre-comprensione, che finisce per pesare più dello stesso handicap.
Tante volte i disabili devono subire un atteggiamento della società che aggrava le loro difficoltà,
aggiungendo ad esse i limiti che sono attribuiti loro – quasi “imposti” – dalla società.
Quando diciamo che bisogna “abbattere le barriere”, non dobbiamo pensare solo a quelle archi-
tettoniche. Ci sono anche barriere “mentali” (fra virgolette) da far cadere.
Sul lavoro dei disabili bisogna fare un salto culturale. L’inserimento lavorativo è previsto dalle leg-
ge in certe quote ed è importante che siano rispettate. A partire dalla Pubblica Amministrazione.
Ma possiamo fare passi avanti, superare l’idea che sia qualcosa di esterno alla logica economica.
La Trattoria degli Amici – di cui vi ho parlato – non ha successo nonostante ci lavorino soprattutto
disabili, ma proprio per questo!
Occorre includere le persone con disabilità nella risposta alla crisi. Questo è vero sia a livello micro
– ossia nelle singole aziende – sia macro, cioè per il paese. Se adottiamo questa prospettiva, crea-
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5. re lavoro di qualità per i disabili non è un lusso, ma aiuta l’economia a crescere. Un recente rap-
porto di un organismo internazionale spiega come il mancato inserimento lavorativo delle
persone con disabilità costi alcuni punti di PIL (fino a 7 in alcuni Paesi). Su questo dato pesa la
mancata produzione ed il costo assistenziale delle persone inoccupate.
Ogni disabile inserito nel mondo del lavoro, non è più un costo per i conti pubblici ma una risorsa.
Se ha un salario adeguato, non percepisce più la pensione ma paga le tasse. Oltre al grande cam-
biamento esistenziale che il lavoro porta con sé. Voglio ribadirlo, non si tratta solo di un
imperativo morale, pur fondamentale, ma di una chance economica da non lasciar cadere.
Siamo nel pieno di una crisi economica, che è anche crisi culturale: è l’idea che i soldi si fanno solo
in un certo modo. Tutto questo sta portando il mondo al disastro. Noi crediamo che sia possibile
un altro punto di vista. Quando si fa una cosa giusta, si fa più impresa e impresa di lungo termine.
Può essere un modo di fare business, che è un regalo al nostro tempo.
8) LE NOSTRE PROPOSTE
Per questo, in conclusione, voglio formulare alcune proposte.
La prima è la formazione, sulla quale puntare. Molte aziende hanno recepito l’importanza di as-
sumere disabili adeguatamente formati: nonostante la crisi economica e la diminuzione degli
inserimenti lavorativi di cui abbiamo parlato, dal 2006 i tirocini finalizzati all’assunzione (come
previsti dalla legge 68 ex art.13) risultano in costante aumento da circa 1.200 nel 2006 ai 4.000 at-
tivati nelle imprese private e pubbliche nel 20092
. Per le persone con disabilità una formazione di
qualità è decisiva.
Sulla spesa pubblica, si possono immaginare alcuni cambiamenti. Se esaminiamo l’impegno eco-
nomico degli enti pubblici nel sostenere l’inserimento lavorativo, vediamo che il contributo per
questo scopo è 1/4 della spesa che i comuni destinano ad integrazione della retta dei centri diur-
ni: 1.547,00 pro-capite per l’inserimento e 5.425,00 per integrazione retta – dati ISTAT 2011
riferimento 2008. Insomma, si spende di più per un centro diurno che per avviare una persona
con disabilità al lavoro.
In questo senso, bisogna considerare anche un altro aspetto che abbiamo colto nei nostri inseri-
menti lavorativi. Spesso un inserimento part time di 12 ore dà una svolta decisiva alla vita di una
persona disabile: riempie la vita, la valorizza. Veramente fa uscire da quel percorso assistenziale,
che pure è fondamentale in tante situazioni; ma a volte il lavoro fa scoprire che si può essere pro-
duttivi e non solo un costo per la sanità e l’assistenza, come spesso i disabili sono tout court
considerati.
Un’ultima cosa vorrei sottolineare e mi preme farlo proprio in questo luogo ed è il valore anche
riabilitativo del lavoro: in questi anni abbiamo visto i disabili che lavorano in Trattoria recuperare
capacità che erano come “atrofizzate” dal non essere stati impiegati: persone che hanno per
esempio imparato a muoversi autonomamente nella città per arrivare al lavoro, come Fabrizio,
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3596 privati e 458 pubblici.
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6. che un anno fa veniva alla Trattoria accompagnato dal papà e aveva paura di parlare con i clienti e
ora è in grado di arrivare da solo ed è un cameriere intraprendente e simpatico o come Federica
che vive in istituto e la cui vita sembrava destinata a svolgersi solo fra centro diurno e istituto e
che ora lavora in una mensa e per arrivare al lavoro prende tutti i giorni l’autobus da sola.
Forse vi starete chiedendo quanto costa. Ecco le cifre. Nella nostra Trattoria il costo lordo (com-
prensivo di INAIL, ecc.) di un disabile part time per 12 ore è di euro 488,09. Riceve uno stipendio
di quasi 400 Euro3
. Lo stesso disabile in un centro diurno di Roma costa 45,00 Euro al giorno per 5
giorni a settimana, cioè 900,00 Euro al mese. Chiaramente non si tratta di sminuire la funzione dei
centri diurni; forse gli stessi, che sono per lo più centri riabilitativi, potrebbero inserire anche il la-
voro come fine della riabilitazione.
Il problema è, mi sembra, non essere rinunciatari in partenza. Bisogna investire sulla fiducia, sulle
possibilità, sul futuro. Bisogna fare un salto culturale: se non si fa questo salto, non si riesce a ve-
dere dall’altra parte. La Trattoria de Gli Amici, nel suo piccolo, dimostra che è possibile. Affrontare
i problemi e le difficoltà insieme, è possibile. E se altri vorranno farlo – nella ristorazione, ma an-
che in altri ambiti – noi saremo al loro fianco. L’economia è in crisi? Ebbene noi proponiamo una
alternativa: costruire un’economia più umana, investendo su un capitale umano troppo spesso
sottovalutato.
Possiamo rispondere al bisogno di tanti disabili. E offrire un contributo fattivo al rilancio
dell’economia. Vi assicuro che non è fantascienza.
Si può fare… già da domani!
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Per l’esattezza € 380,64.
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