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Le funzioni del linguaggio 
In base al modello elaborato da Roman Jakobson in un lavoro del 1960 (si 
legge in traduzione italiana, con il titolo Linguistica e poetica,  nei suoi Saggi di 
linguistica generale,  Milano 1966, pp. 181­218), la comunicazione verbale può 
avere  sei  diverse  funzioni,  denominate  referenziale,  emotiva,  conativa,  fàtica, 
metalinguistica e poetica, le quali caratterizzano e differenziano tra loro i diversi 
enunciati. 
A  ciascuna  delle  sei  f u n z i o n i  Jakobson  riconduce  un  f a t t o r e 
costitutivo della comunicazione, in maniera tale che si possa costruire il seguente 
schema: 
Occorre premettere, con Jakobson, che è difficile produrre atti linguistici 
che  corrispondano a  una  sola  delle  funzioni del linguaggio: la  specificità di un 
dato enunciato non risiede tanto nel monopolio dell'una o dell'altra funzione, ma 
nella preminenza esercitata dalla funzione in esso saliente. 
Le  funzioni  principali  del  linguaggio  sono  le  prime  tre,  ovvero  la 
referenziale, l'emotiva e la conativa. 
La  funzione  r e f e r e n z i a l e , definita anche  denotativa  o cognitiva,  è 
orientata  verso  il  r e f e r e n t e  (o  contesto),  ossia  verso  la  realtà 
extralinguistica;  i  messaggi  prodotti  in conformità a  questa funzione  tendono a 
trasmetterci una informazione, una asserzione su un contenuto dell'esperienza, sia 
concreta (ad es. "oggi piove") sia mentale (come quando si dice "la felicità non 
esiste")  sia  persino  immaginaria  ("i  marziani  sono  verdi").  La  funzione 
referenziale trova espressione tipica nella terza persona verbale. 
La  funzione  e m o t i v a (o  espressiva)  è  invece  indirizzata  verso 
l'e m i t t e n t e ,  del  quale  proietta  in  primo  piano  una  determinata  emozione 
ovvero  l'atteggiamento  rispetto  a  ciò  di  cui  si  parla  ("Sono  stanco.  Non  ce  la
2 
faccio  più!";  "Come  sei  elegante!";  "Che  angoscia!").  Dal  punto  vista  delle 
strutture formali, gli enunciati in cui prevale la funzione emotiva si caratterizzano 
per la frequenza di frasi esclamative, interiezioni ecc. 
La  funzione  c o n a t i v a  (o  persuasiva)  è  orientata  verso  il 
d e s t i n a t a r i o .  Sono  messaggi  essenzialmente  conativi  quelli  che  trovano 
espressione grammaticale in frasi imperative ("Fai presto!"; "Alzati!"), esortative 
("Su, usciamo!") o nel vocativo ("Ma ti prego, cara, accetta questo regalo!"). La 
persona  verbale  tipica  di  tale  funzione  è  la  seconda; ma  possono aversi anche 
tecniche  comunicative  indirette  che  comportano  altre  strategie  ("non  sarebbe 
male se chiudessimo il finestrino"). 
L'individuazione  delle  tre  funzioni  fin  qui  esaminate  non  era  una  novità 
assoluta;  si  tratta  dell'ampliamento  di  un  precedente  schema  ternario  elaborato 
dal filosofo viennese Karl Bühler ed esposto in Sprachtheorie  (Jena 1934); tra le 
due proposte classificatorie c'era da registrare solo una differenza terminologica: 
a quelle che nella tipologia di Jakobson erano denominate funzione referenziale, 
emotiva  e  conativa  corrispondevano  nel  quadro  teorico    bühleriano 
rispettivamente  la  rappresentazione,  la  notifica  o  espressione,  il  richiamo  o 
appello. L'originalità del modello jakobsoniano risiede in realtà nell'aver attirato 
l'attenzione  su  tre  ulteriori  funzioni,  chiamate  rispettivamente  fàtica, 
metalinguistica  e poetica. 
La  funzione  f à t i c a  o  di  contatto,  si  esplica  in  messaggi,  privi  di 
autentica  carica  informativa  e  referenziale,  che  servono  essenzialmente  per 
stabilire,  prolungare e  mantenere o anche  riattivare la  comunicazione. Sono da 
considerare essenzialmente fàtici i convenevoli e gli enunciati di cortesia che si 
producono  nelle  comuni  interazioni  verbali  (ad  es.  "ciao,  come  va?";  ted. 
"Schöner Tag heute", "So, auch schon auf" ecc.), gli attacchi di conversazione, 
in  particolare  quelli  con  cui  si  dà  inizio  ad  una  telefonata  (it.  "Pronto!";  ted. 
"Hallo, hören Sie mich?", o semplicemente "Hallo"), le formule rituali e vuote di 
significato come ho capito, da intendere alla stregua di un segnale che significa 
"ti sento, continua pure". Sono fatici inoltre i cosiddetti Füllwörter  tedeschi (ja, 
eben, gewiss, schon  ecc.) 
La funzione fatica è dunque orientata sul  c a n a l e , quasi a verificare che 
il  circuito  comunicativo  sia  sempre  operante  e  a  prevenire  una  situazione  di 
silenzio, che il parlante avvertirebbe come inusuale e anomala. Jakobson riprende 
il  termine  dall'etnologo  B.  Malinowski,  il  quale  aveva  parlato  (1923)  di 
‘comunione  fatica’  (ingl.  phatic  communion)  in  riferimento  a  pratiche 
comunicative  proprie  delle  società  primitive:  mentre  nelle  società sviluppate la 
lingua è uno strumento del pensiero, in quelle comunità essa "diventa una forma
3 
di attività stessa" (Klein, Sociolinguistica, p. 14) mirata a stabilire o consolidare i 
rapporti sociali, per esempio la sera al fuoco. In realtà non è difficile trovare un 
corrispettivo  nelle  nostre  società:  basti  pensare  alle  conversazioni  futili,  come 
quelle  dei  parties,  "che  gli  individui  fanno  semplicemente  per  mostrare  che 
riconoscono l'uno la presenza dell'altro" (Hudson 19962, p. 116). 
La  funzione  m e t a l i n g u i s t i c a  si  ha  ogni  qual  volta  il  discorso  è 
focalizzato  sul  c o d i c e ;  il  messaggio  convoglia  informazioni  sulle  strutture 
linguistiche, fa del codice stesso l'oggetto della comunicazione. E' stata la logica 
moderna  che  ha  introdotto  la  distinzione  tra  due  livelli  di  linguaggio,  il 
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La  funzione  p o e t i c a  (o  estetica)  si  individua  in  quelle  produzioni 
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poesia,  ogni  qual  volta  cioè  si  desideri  produrre  un  enunciato  stilisticamente 
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linguaggio  poetico  pur  senza  assegnare  loro  il  ruolo  determinante,  che  essi 
svolgono  in  poesia:  ed  ecco  allora  filastrocche,  formazioni  rimate  e  vari 
procedimenti  ritmici,  nonché  l'uso  di  alcune  figure  foniche:  lo stesso Jakobson 
richiamava in particolare l'attenzione sullo slogan politico I like Ike, usato negli 
anni  Cinquanta  a  supporto  del  candidato  Eisenhower  durante  una  campagna 
elettorale per le presidenziali americane ed il cui successo si doveva alla struttura 
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funzione poetica di un testo non si tratta di controllare se i testi volta per volta 
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abbia in essi la funzione poetica" (Lepschy, Linguistica del Novecento, p. 149).
4 
Abbiamo del resto già ricordato che la specificità di un messaggio non si fonda 
sul monopolio, ma sull'importanza relativa di una determinata funzione

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Funzioni linguaggio v

  • 1. 1  Le funzioni del linguaggio  In base al modello elaborato da Roman Jakobson in un lavoro del 1960 (si  legge in traduzione italiana, con il titolo Linguistica e poetica,  nei suoi Saggi di  linguistica generale,  Milano 1966, pp. 181­218), la comunicazione verbale può  avere  sei  diverse  funzioni,  denominate  referenziale,  emotiva,  conativa,  fàtica,  metalinguistica e poetica, le quali caratterizzano e differenziano tra loro i diversi  enunciati.  A  ciascuna  delle  sei  f u n z i o n i  Jakobson  riconduce  un  f a t t o r e  costitutivo della comunicazione, in maniera tale che si possa costruire il seguente  schema:  Occorre premettere, con Jakobson, che è difficile produrre atti linguistici  che  corrispondano a  una  sola  delle  funzioni del linguaggio: la  specificità di un  dato enunciato non risiede tanto nel monopolio dell'una o dell'altra funzione, ma  nella preminenza esercitata dalla funzione in esso saliente.  Le  funzioni  principali  del  linguaggio  sono  le  prime  tre,  ovvero  la  referenziale, l'emotiva e la conativa.  La  funzione  r e f e r e n z i a l e , definita anche  denotativa  o cognitiva,  è  orientata  verso  il  r e f e r e n t e  (o  contesto),  ossia  verso  la  realtà  extralinguistica;  i  messaggi  prodotti  in conformità a  questa funzione  tendono a  trasmetterci una informazione, una asserzione su un contenuto dell'esperienza, sia  concreta (ad es. "oggi piove") sia mentale (come quando si dice "la felicità non  esiste")  sia  persino  immaginaria  ("i  marziani  sono  verdi").  La  funzione  referenziale trova espressione tipica nella terza persona verbale.  La  funzione  e m o t i v a (o  espressiva)  è  invece  indirizzata  verso  l'e m i t t e n t e ,  del  quale  proietta  in  primo  piano  una  determinata  emozione  ovvero  l'atteggiamento  rispetto  a  ciò  di  cui  si  parla  ("Sono  stanco.  Non  ce  la
  • 2. 2  faccio  più!";  "Come  sei  elegante!";  "Che  angoscia!").  Dal  punto  vista  delle  strutture formali, gli enunciati in cui prevale la funzione emotiva si caratterizzano  per la frequenza di frasi esclamative, interiezioni ecc.  La  funzione  c o n a t i v a  (o  persuasiva)  è  orientata  verso  il  d e s t i n a t a r i o .  Sono  messaggi  essenzialmente  conativi  quelli  che  trovano  espressione grammaticale in frasi imperative ("Fai presto!"; "Alzati!"), esortative  ("Su, usciamo!") o nel vocativo ("Ma ti prego, cara, accetta questo regalo!"). La  persona  verbale  tipica  di  tale  funzione  è  la  seconda; ma  possono aversi anche  tecniche  comunicative  indirette  che  comportano  altre  strategie  ("non  sarebbe  male se chiudessimo il finestrino").  L'individuazione  delle  tre  funzioni  fin  qui  esaminate  non  era  una  novità  assoluta;  si  tratta  dell'ampliamento  di  un  precedente  schema  ternario  elaborato  dal filosofo viennese Karl Bühler ed esposto in Sprachtheorie  (Jena 1934); tra le  due proposte classificatorie c'era da registrare solo una differenza terminologica:  a quelle che nella tipologia di Jakobson erano denominate funzione referenziale,  emotiva  e  conativa  corrispondevano  nel  quadro  teorico    bühleriano  rispettivamente  la  rappresentazione,  la  notifica  o  espressione,  il  richiamo  o  appello. L'originalità del modello jakobsoniano risiede in realtà nell'aver attirato  l'attenzione  su  tre  ulteriori  funzioni,  chiamate  rispettivamente  fàtica,  metalinguistica  e poetica.  La  funzione  f à t i c a  o  di  contatto,  si  esplica  in  messaggi,  privi  di  autentica  carica  informativa  e  referenziale,  che  servono  essenzialmente  per  stabilire,  prolungare e  mantenere o anche  riattivare la  comunicazione. Sono da  considerare essenzialmente fàtici i convenevoli e gli enunciati di cortesia che si  producono  nelle  comuni  interazioni  verbali  (ad  es.  "ciao,  come  va?";  ted.  "Schöner Tag heute", "So, auch schon auf" ecc.), gli attacchi di conversazione,  in  particolare  quelli  con  cui  si  dà  inizio  ad  una  telefonata  (it.  "Pronto!";  ted.  "Hallo, hören Sie mich?", o semplicemente "Hallo"), le formule rituali e vuote di  significato come ho capito, da intendere alla stregua di un segnale che significa  "ti sento, continua pure". Sono fatici inoltre i cosiddetti Füllwörter  tedeschi (ja,  eben, gewiss, schon  ecc.)  La funzione fatica è dunque orientata sul  c a n a l e , quasi a verificare che  il  circuito  comunicativo  sia  sempre  operante  e  a  prevenire  una  situazione  di  silenzio, che il parlante avvertirebbe come inusuale e anomala. Jakobson riprende  il  termine  dall'etnologo  B.  Malinowski,  il  quale  aveva  parlato  (1923)  di  ‘comunione  fatica’  (ingl.  phatic  communion)  in  riferimento  a  pratiche  comunicative  proprie  delle  società  primitive:  mentre  nelle  società sviluppate la  lingua è uno strumento del pensiero, in quelle comunità essa "diventa una forma
  • 3. 3  di attività stessa" (Klein, Sociolinguistica, p. 14) mirata a stabilire o consolidare i  rapporti sociali, per esempio la sera al fuoco. In realtà non è difficile trovare un  corrispettivo  nelle  nostre  società:  basti  pensare  alle  conversazioni  futili,  come  quelle  dei  parties,  "che  gli  individui  fanno  semplicemente  per  mostrare  che  riconoscono l'uno la presenza dell'altro" (Hudson 19962, p. 116).  La  funzione  m e t a l i n g u i s t i c a  si  ha  ogni  qual  volta  il  discorso  è  focalizzato  sul  c o d i c e ;  il  messaggio  convoglia  informazioni  sulle  strutture  linguistiche, fa del codice stesso l'oggetto della comunicazione. E' stata la logica  moderna  che  ha  introdotto  la  distinzione  tra  due  livelli  di  linguaggio,  il  'linguaggio­oggetto', che parla di entità estranee al linguaggio come tale e appunto  il  metalinguaggio  (termine  proposto  da  Alfred  Tarski  nel  1930)  che  parla  del  linguaggio  stesso.  Sono  innanzitutto  tipicamente  metalinguistici,  ad  esempio,  i  contenuti di una lezione di linguistica, le prescrizioni di una grammatica ovvero le  definizioni dei vocabolari; ma, "lungi dall'essere limitate alla sfera della scienza,  le operazioni metalinguistiche si dimostrano parte integrante delle nostre attività  linguistiche quotidiane": è ad esempio metalinguistico l'enunciato di un parlante  che    precisi    "Capisci  quello  che  voglio  dire?";  ed  ancora  fanno  sistematico  ricorso al metalinguaggio e a interpretazioni metalinguistiche i bambini nella fase  dell'apprendimento del linguaggio.  La  funzione  p o e t i c a  (o  estetica)  si  individua  in  quelle  produzioni  verbali nelle quali l'accento sia posto sul m e s s a g g i o  per se stesso. E' da far  rilevare, in linea con le concezioni di Jakobson, che la funzione poetica si ritrova  non solo in poesia, dove certo tale funzione predomina, ma anche all'infuori della  poesia,  ogni  qual  volta  cioè  si  desideri  produrre  un  enunciato  stilisticamente  ricercato ed esteticamente efficace.  Rientrano dunque a pieno titolo in tale funzione i moderni spot pubblicitari  e  in  generale  promozionali,  i  quali  si  servono  dei  dispositivi  formali  tipici  del  linguaggio  poetico  pur  senza  assegnare  loro  il  ruolo  determinante,  che  essi  svolgono  in  poesia:  ed  ecco  allora  filastrocche,  formazioni  rimate  e  vari  procedimenti  ritmici,  nonché  l'uso  di  alcune  figure  foniche:  lo stesso Jakobson  richiamava in particolare l'attenzione sullo slogan politico I like Ike, usato negli  anni  Cinquanta  a  supporto  del  candidato  Eisenhower  durante  una  campagna  elettorale per le presidenziali americane ed il cui successo si doveva alla struttura  fonica, basata sull'allitterazione (si succedono tre dittonghi /aI/, ognuno dei quali  è seguito da un suono consonantico). In definitiva per stabilire se sia in gioco la  funzione poetica di un testo non si tratta di controllare se i testi volta per volta  vagliati siano poetici o impoetici, quanto piuttosto di "appurare che peso e valore  abbia in essi la funzione poetica" (Lepschy, Linguistica del Novecento, p. 149).