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B I S C E G L I E (B T)
COMUNICATO STAMPA
Tutela degli Habitat e del Lupo
Il Governo Renzi sfida l’Unione Europea in materia di salvaguardia degli Habitat
naturali e dell’avifauna selvatica con il tentativo di svuotare la normativa di tutela.
Le associazioni ecologiste Federazione Nazionale Pro Natura e Gruppo d’Intervento Giuridico
onlus hanno chiesto (20 febbraio 2016) alla Commissione europea e alla Commissione “petizioni”
del Parlamento europeo di esaminare le nuove disposizioni di cui alla legge n. 221/2015 per
verificarne la rispondenza alla normativa comunitaria in materia di salvaguardia degli Habitat e
dell’avifauna selvatica. Il rischio ora è quello dell’apertura di una procedura di infrazione per
violazione della normativa comunitaria sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la
fauna, la flora (direttiva n. 92/43/CEE) e, in conseguenza di eventuale sentenza di condanna da
parte della Corte di Giustizia europea, di una pesante sanzione pecuniaria a carico dell’Italia (e
per essa alle amministrazioni pubbliche che hanno causato le violazioni), grazie soprattutto a
omissioni o pressapochismo in materia di tutela ambientale, nonostante le tante istanze
ecologiste. [1]
Che cosa accade in questi casi?
Se non viene rispettata la normativa comunitaria, la Commissione europea – su ricorso o d’ufficio
– avvia una procedura di infrazione (art. 258 Trattato U.E. versione unificata): se lo Stato membro
non si adegua ai “pareri motivati” comunitari, la Commissione può inoltrare ricorso alla Corte di
Giustizia europea, che, in caso di violazioni del diritto comunitario, dispone sentenza di
condanna con una sanzione pecuniaria (oltre alle spese del procedimento) commisurata alla
gravità della violazione e al periodo di durata.
Si ricorda che le sanzioni pecuniarie conseguenti a una condanna al termine di una procedura di
infrazione sono state fissate recentemente dalla Commissione europea con la Comunicazione
Commissione SEC 2005 (1658): la sanzione minima per l’Italia è stata determinata in 9.920.000
euro, mentre la penalità di mora può oscillare tra 22.000 e 700.000 euro per ogni giorno di
ritardo nel pagamento, in base alla gravità dell’infrazione.
Fino a qualche anno fa le sentenze della Corte di Giustizia europea avevano solo valore
dichiarativo, cioè contenevano l’affermazione dell’avvenuta violazione della normativa
comunitaria da parte dello Stato membro, senza ulteriori conseguenze. Ora non più.
Attualmente sono ben 91 le procedure di infrazione aperte contro l’Italia dalla Commissione
europea. Di queste addirittura 20 (quasi un quinto) riguardano materie ambientali.
L’esecuzione delle sentenze della Corte di Giustizia per gli aspetti pecuniari avviene molto
rapidamente: la Commissione europea decurta direttamente i trasferimenti finanziari dovuti allo
Stato membro condannato: in Italia gli effetti della sanzione pecuniaria vengono scaricati
sull’Ente pubblico territoriale o altra amministrazione pubblica responsabile dell’illecito
comunitario (art. 16 bis della legge n. 11/2005 e s.m.i.).
Ovviamente gli amministratori e/o funzionari pubblici che hanno compiuto gli atti che hanno
sostanziato l’illecito comunitario ne risponderanno in sede di danno erariale.
“In questo quadro preoccupante ricordiamo che il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del
Territorio e del Mare – afferma il Presidente della Federazione Nazionale Pro Natura - Gruppo
R.A.P. di Bisceglie Giacomo Squiccimarro - sta portando avanti un’assurda ipotesi di possibile
riapertura di caccia controllata al Lupo (Canis lupus) nell’ambito del Piano di conservazione e
gestione del lupo in Italia in esame dal 16 febbraio 2016 presso il relativo Comitato paritetico
Stato – Regioni e in adozione entro il prossimo mese di marzo 2016 da parte della Conferenza
Stato – Regioni e Province autonome”.
“La precedente edizione del Piano, risalente al 2002, - aggiunge Mauro Sasso, Consigliere della
Federazione Nazionale Pro Natura - Gruppo R.A.P. di Bisceglie - prevedeva esclusivamente misure
di salvaguardia del Lupo, quella attualmente in discussione prevede la possibilità di abbattere il
5% della popolazione stimata di Lupo in Italia per risolvere con il piombo eventuali situazioni di
conflitto locali con gli allevatori. Si consideri che non si ha contezza del numero di esemplari, forse
sono 2000 circa, per cui si metterebbe in atto un Piano di abbattimento che potrebbe
compromettere la sopravvivenza del Lupo in Italia”.
“Mi chiedo se coloro che fanno certe proposte hanno chiaro il concetto di BIODIVERSITÀ – conclude
Pasquale Perruccio, Consigliere della Federazione Nazionale Pro Natura - Gruppo R.A.P. di
Bisceglie. Ho l’impressione di no, se non di vaghe reminiscenze scolastiche. Pertanto, inviterei
costoro a frequentare un corso accelerato sui principi naturali che regolano un ecosistema”.
Bruxelles è molto più vicina di quanto possiamo pensare.
Il Governo Renzi, le Giunte regionali, gli Enti locali riusciranno a capirlo in tempo?
Bisceglie (BT), 25 FEBBRAIO 2016
Federazione Nazionale Pro Natura - Gruppo R.A.P. di Bisceglie
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Stefano Deliperi
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B I S C E G L I E (B T)
APPROFONDIMENTI
[1] La direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna, e
la flora ha avviato e comportato la realizzazione della Rete Natura 2000, mediante l’individuazione
dei siti di importanza comunitaria (S.I.C.) e delle zone di protezione speciale (Z.P.S.) ai sensi della
direttiva n. 09/147/CE sulla tutela dell’avifauna selvatica.
Stabilisce poi, all’art. 6, comma 3°, che “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e
necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito,
singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna
valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del
medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il
paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto
soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se
del caso, previo parere dell'opinione pubblica”.
L’Italia ha provveduto a darvi attuazione con il D.P.R. n. 357/1997 e s.m.i. Nello specifico, l'art.
5, comma 8°, disponeva testualmente: “l'autorità competente al rilascio dell'approvazione
definitiva del piano o dell'intervento acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza,
eventualmente individuando modalita' di consultazione del pubblico interessato dalla
realizzazione degli stessi".
Ora l’art. 57, comma 2°, della legge 28 dicembre 2015, n. 221 testualmente stabilisce: “le
disposizioni dell'articolo 5, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, si applicano esclusivamente ai
piani”.
E’ una bella furbata, visto che è del tutto evidente la sottrazione dello svolgimento della
necessaria, preventiva e vincolante riguardo tutti gli interventi ricadenti in aree S.I.C. e Z.P.S. in
palese violazione della disciplina comunitaria.
Ed è una furbata che può costare molto cara.
Infatti, già nel 2014 la Commissione europea – Direzione generale “Ambiente” ha aperto la
procedura di indagine EU Pilot 6730/14/ENVI [2] “diretta ad accertare se esista in Italia una
prassi di sistematica violazione dell'articolo 6 della direttiva Habitat” a causa di svariate attività e
progetti realizzati in assenza di adeguata procedura di valutazione di incidenza ambientale in
aree S.I.C. e Z.P.S.
In seguito la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche europee –
Struttura di missione per le Procedure di infrazione ha coinvolto (nota n. 3253 del 27 marzo 2015)
i Ministeri competenti e la Conferenza permanente Stato – Regioni – Province autonome
riguardo le ulteriori contestazioni e richieste delle Istituzioni europee.
La Commissione europea – DG Ambiente ha già evidenziato, in particolare, carenze qualitative
nelle relazioni di incidenza ambientale, carenze nelle procedure di V.INC.A., elusioni, mancanza
di trasparenza, scarso coinvolgimento degli enti di gestione di S.I.C./Z.P.S., carenze nei riscontri
dell’effettivo rispetto delle conclusioni della procedura di V.INC.A., carenze di professionalità
nella predisposizione delle relazioni di incidenza ambientale, assenza di sanzioni per il mancato
rispetto della normativa e delle conclusioni della procedura di V.INC.A.
[2] nell’ambito della procedura di indagine sono state considerate ipotesi di violazione della
normativa comunitaria diversi casi oggetto di ricorsi inoltrati dall’associazione ecologista Gruppo
d’Intervento Giuridico onlus, spesso insieme alle associazioni ecologiste Amici della Terra, Lega
per l’Abolizione della Caccia, E.N.P.A., WWF. Precisamente:
* calendario venatorio regionale sardo 2012-2013 e calendario venatorio regionale sardo
2013-2014 in assenza di procedura di V.INC.A. pur prevedendo la caccia anche entro S.I.C. e
Z.P.S. (nota prot. n. ENV.D.2/LS/vf/EU-Pilot/6730/14/ENVI del 15 luglio 2014);
* caccia con appostamenti fissi a ridosso del S.I.C. e Z.P.S. “Torbiere del Sebino”, sul lago
d’Iseo (BS, BG) in assenza di procedura di V.INC.A. (nota prot. n. ENV.D.2/LS/vf/EU-
Pilot/6730/14/ENVI del 15 luglio 2014);

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  • 1. mail: ripaltaareaprotetta@gmail.com facebook.com/pantanoripalta info 347.86.51.465 B I S C E G L I E (B T) COMUNICATO STAMPA Tutela degli Habitat e del Lupo Il Governo Renzi sfida l’Unione Europea in materia di salvaguardia degli Habitat naturali e dell’avifauna selvatica con il tentativo di svuotare la normativa di tutela. Le associazioni ecologiste Federazione Nazionale Pro Natura e Gruppo d’Intervento Giuridico onlus hanno chiesto (20 febbraio 2016) alla Commissione europea e alla Commissione “petizioni” del Parlamento europeo di esaminare le nuove disposizioni di cui alla legge n. 221/2015 per verificarne la rispondenza alla normativa comunitaria in materia di salvaguardia degli Habitat e dell’avifauna selvatica. Il rischio ora è quello dell’apertura di una procedura di infrazione per violazione della normativa comunitaria sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna, la flora (direttiva n. 92/43/CEE) e, in conseguenza di eventuale sentenza di condanna da parte della Corte di Giustizia europea, di una pesante sanzione pecuniaria a carico dell’Italia (e per essa alle amministrazioni pubbliche che hanno causato le violazioni), grazie soprattutto a omissioni o pressapochismo in materia di tutela ambientale, nonostante le tante istanze ecologiste. [1] Che cosa accade in questi casi? Se non viene rispettata la normativa comunitaria, la Commissione europea – su ricorso o d’ufficio – avvia una procedura di infrazione (art. 258 Trattato U.E. versione unificata): se lo Stato membro non si adegua ai “pareri motivati” comunitari, la Commissione può inoltrare ricorso alla Corte di Giustizia europea, che, in caso di violazioni del diritto comunitario, dispone sentenza di condanna con una sanzione pecuniaria (oltre alle spese del procedimento) commisurata alla gravità della violazione e al periodo di durata. Si ricorda che le sanzioni pecuniarie conseguenti a una condanna al termine di una procedura di infrazione sono state fissate recentemente dalla Commissione europea con la Comunicazione Commissione SEC 2005 (1658): la sanzione minima per l’Italia è stata determinata in 9.920.000 euro, mentre la penalità di mora può oscillare tra 22.000 e 700.000 euro per ogni giorno di ritardo nel pagamento, in base alla gravità dell’infrazione. Fino a qualche anno fa le sentenze della Corte di Giustizia europea avevano solo valore dichiarativo, cioè contenevano l’affermazione dell’avvenuta violazione della normativa comunitaria da parte dello Stato membro, senza ulteriori conseguenze. Ora non più.
  • 2. Attualmente sono ben 91 le procedure di infrazione aperte contro l’Italia dalla Commissione europea. Di queste addirittura 20 (quasi un quinto) riguardano materie ambientali. L’esecuzione delle sentenze della Corte di Giustizia per gli aspetti pecuniari avviene molto rapidamente: la Commissione europea decurta direttamente i trasferimenti finanziari dovuti allo Stato membro condannato: in Italia gli effetti della sanzione pecuniaria vengono scaricati sull’Ente pubblico territoriale o altra amministrazione pubblica responsabile dell’illecito comunitario (art. 16 bis della legge n. 11/2005 e s.m.i.). Ovviamente gli amministratori e/o funzionari pubblici che hanno compiuto gli atti che hanno sostanziato l’illecito comunitario ne risponderanno in sede di danno erariale. “In questo quadro preoccupante ricordiamo che il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare – afferma il Presidente della Federazione Nazionale Pro Natura - Gruppo R.A.P. di Bisceglie Giacomo Squiccimarro - sta portando avanti un’assurda ipotesi di possibile riapertura di caccia controllata al Lupo (Canis lupus) nell’ambito del Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia in esame dal 16 febbraio 2016 presso il relativo Comitato paritetico Stato – Regioni e in adozione entro il prossimo mese di marzo 2016 da parte della Conferenza Stato – Regioni e Province autonome”. “La precedente edizione del Piano, risalente al 2002, - aggiunge Mauro Sasso, Consigliere della Federazione Nazionale Pro Natura - Gruppo R.A.P. di Bisceglie - prevedeva esclusivamente misure di salvaguardia del Lupo, quella attualmente in discussione prevede la possibilità di abbattere il 5% della popolazione stimata di Lupo in Italia per risolvere con il piombo eventuali situazioni di conflitto locali con gli allevatori. Si consideri che non si ha contezza del numero di esemplari, forse sono 2000 circa, per cui si metterebbe in atto un Piano di abbattimento che potrebbe compromettere la sopravvivenza del Lupo in Italia”. “Mi chiedo se coloro che fanno certe proposte hanno chiaro il concetto di BIODIVERSITÀ – conclude Pasquale Perruccio, Consigliere della Federazione Nazionale Pro Natura - Gruppo R.A.P. di Bisceglie. Ho l’impressione di no, se non di vaghe reminiscenze scolastiche. Pertanto, inviterei costoro a frequentare un corso accelerato sui principi naturali che regolano un ecosistema”. Bruxelles è molto più vicina di quanto possiamo pensare. Il Governo Renzi, le Giunte regionali, gli Enti locali riusciranno a capirlo in tempo? Bisceglie (BT), 25 FEBBRAIO 2016 Federazione Nazionale Pro Natura - Gruppo R.A.P. di Bisceglie Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Stefano Deliperi
  • 3. mail: ripaltaareaprotetta@gmail.com facebook.com/pantanoripalta info 347.86.51.465 B I S C E G L I E (B T) APPROFONDIMENTI [1] La direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna, e la flora ha avviato e comportato la realizzazione della Rete Natura 2000, mediante l’individuazione dei siti di importanza comunitaria (S.I.C.) e delle zone di protezione speciale (Z.P.S.) ai sensi della direttiva n. 09/147/CE sulla tutela dell’avifauna selvatica. Stabilisce poi, all’art. 6, comma 3°, che “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica”. L’Italia ha provveduto a darvi attuazione con il D.P.R. n. 357/1997 e s.m.i. Nello specifico, l'art. 5, comma 8°, disponeva testualmente: “l'autorità competente al rilascio dell'approvazione definitiva del piano o dell'intervento acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza, eventualmente individuando modalita' di consultazione del pubblico interessato dalla realizzazione degli stessi". Ora l’art. 57, comma 2°, della legge 28 dicembre 2015, n. 221 testualmente stabilisce: “le disposizioni dell'articolo 5, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, si applicano esclusivamente ai piani”. E’ una bella furbata, visto che è del tutto evidente la sottrazione dello svolgimento della necessaria, preventiva e vincolante riguardo tutti gli interventi ricadenti in aree S.I.C. e Z.P.S. in palese violazione della disciplina comunitaria. Ed è una furbata che può costare molto cara. Infatti, già nel 2014 la Commissione europea – Direzione generale “Ambiente” ha aperto la procedura di indagine EU Pilot 6730/14/ENVI [2] “diretta ad accertare se esista in Italia una prassi di sistematica violazione dell'articolo 6 della direttiva Habitat” a causa di svariate attività e progetti realizzati in assenza di adeguata procedura di valutazione di incidenza ambientale in aree S.I.C. e Z.P.S. In seguito la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche europee – Struttura di missione per le Procedure di infrazione ha coinvolto (nota n. 3253 del 27 marzo 2015) i Ministeri competenti e la Conferenza permanente Stato – Regioni – Province autonome riguardo le ulteriori contestazioni e richieste delle Istituzioni europee.
  • 4. La Commissione europea – DG Ambiente ha già evidenziato, in particolare, carenze qualitative nelle relazioni di incidenza ambientale, carenze nelle procedure di V.INC.A., elusioni, mancanza di trasparenza, scarso coinvolgimento degli enti di gestione di S.I.C./Z.P.S., carenze nei riscontri dell’effettivo rispetto delle conclusioni della procedura di V.INC.A., carenze di professionalità nella predisposizione delle relazioni di incidenza ambientale, assenza di sanzioni per il mancato rispetto della normativa e delle conclusioni della procedura di V.INC.A. [2] nell’ambito della procedura di indagine sono state considerate ipotesi di violazione della normativa comunitaria diversi casi oggetto di ricorsi inoltrati dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, spesso insieme alle associazioni ecologiste Amici della Terra, Lega per l’Abolizione della Caccia, E.N.P.A., WWF. Precisamente: * calendario venatorio regionale sardo 2012-2013 e calendario venatorio regionale sardo 2013-2014 in assenza di procedura di V.INC.A. pur prevedendo la caccia anche entro S.I.C. e Z.P.S. (nota prot. n. ENV.D.2/LS/vf/EU-Pilot/6730/14/ENVI del 15 luglio 2014); * caccia con appostamenti fissi a ridosso del S.I.C. e Z.P.S. “Torbiere del Sebino”, sul lago d’Iseo (BS, BG) in assenza di procedura di V.INC.A. (nota prot. n. ENV.D.2/LS/vf/EU- Pilot/6730/14/ENVI del 15 luglio 2014);