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2 STRADE & AUTOSTRADE 4-2016
C
hi è stato negli Stati Uniti sa che i paesaggi sono caratte-
rizzati da una precisa tipologia di ponti: si tratta di strut-
ture in acciaio basate su uno schema reticolare (Figura 2)
individuato cercando soluzioni tendenzialmente isostatiche, con
scelte opportune nella disposizione delle aste e dei vincoli ester-
ni; si hanno through-deck trusses nel caso di impalcato poggiato
al corrente superiore o deck trusses nel caso l’impalcato sia sul
corrente inferiore.
Dal punto di vista teorico, questa tipologia di strutture ha carat-
teristiche ben precise: uno schema reticolare prevede elementi
incernierati tra loro in modo che questi siano chiamati a soppor-
tare solamente sollecitazioni assiali di compressione e trazione;
è escluso, dunque, il comportamento flessionale.
ponti&viadotti Franco Bontempi(1)
, Chiara Crosti(2)
UNA VICENDA ESEMPLARE: PARTENDO DALLA DEBOLEZZA DI UN DETTAGLIO, L’ALLINEAMENTO
DI DIFFERENTI MANCANZE PORTA AL COLLASSO DI UN PONTE
TUTTA COLPA
DI UN FAZZOLETTO?
2. Differenti tipologie di ponti a struttura reticolare [1]
1.
PROGETTAZIONE STRUTTURALE
4-2016 STRADE & AUTOSTRADE 3
Nella pratica, è noto che realizzare nodi che si comportino come
cerniere è difficile se non impossibile o conveniente e, pertanto,
le connessioni fra le aste vengono realizzate mediante fazzoletti
in acciaio (gusset plates): in questo modo, gli elementi principali
sono ancora caricati primariamente da azioni assiali di trazione o
compressione, ma i gusset plates trasferiscono anche momenti
flettenti, considerati secondari.
In termini di collasso, questa tipologia di
ponti può essere soggetta a:
•	 instabilità (globale) di una intera
travatura reticolare, il cui corrente
compresso può sbandare fuori piano
nel caso in cui i telai trasversali non
siano abbastanza rigidi;
•	 instabilità (locale) di un singolo ele-
mento o rottura (locale) di un ele-
mento in trazione per raggiungimen-
to del carico di rottura;
•	 collasso di una connessione, come la
crisi di un gusset plate.
È evidente che, proprio per come è
concepita questa tipologia di ponti, con
nulla o scarsa iperstaticità, minima ridon-
danza e marginale capacità di ridistribu-
ire i carichi, anche la crisi di un singolo
elemento o di una singola connessione
può portare l’intera struttura alla rovina.
Uno di questi ponti è illustrato nelle
Figure 3A e 3B: lungo un asse appros-
simativamente Nord-Sud, superava il
Mississippi nell’agglomerato urbano di
Minneapolis – Saint Paul nel Minnesota
e risultava uno dei più trafficati della città.
L’I-35W Bridge # 9340 fu progettato,
con riguardo alle Normative AASHTO
del 1961, dalla Società Sverdrup & Par-
cel and Associates nel 1964 e aperto nel
1967. Lo schema in Figura 4 evidenzia un
through-deck truss bridge lungo circa
500 m: la parte scavalcante il Mississip-
pi era lunga 300 m, con tre arcate delle
quali quella centrale lunga circa 140 m [2].
A sostenere le otto corsie stradali, la struttura in acciaio era com-
posta da due travature reticolari Warren (una Est e una Ovest)
poste ad interasse di 22 m, connesse da telai trasversali posti ogni
11,6 m. Le connessioni tra le varie aste, diagonali e verticali, erano
realizzate tramite coppia di gusset plates, che connettevano le
aste mediante chiodi e bulloni usati per accelerare la realizzazione
del collegamento.
Da un punto globale, lo schema statico prevedeva un solo vin-
colo fisso alla traslazione lungo l’asse longitudinale del ponte in
corrispondenza della pila 7, mentre sulle restanti pile 5, 6, 8 erano
previsti solo appoggi verticali, in modo da permettere l’espansio-
ne libera del ponte per le variazioni termiche.
L’EVENTO
Il 1° Agosto del 2007, nell’orario di punta per il traffico sull’auto-
strada I-35W, il ponte è crollato improvvisamente con una sequen-
za drammatica ripresa da una telecamera di sicurezza (Figura 5).
Immediatamente, per l’elevato numero di vittime, per l’importan-
za del ponte, per l’impatto mediatico, sono state avviate inchieste
sull’evento e sulle sue cause.
4. La schematizzazione, 1064 ft = 324,3 m [2]
3A e 3B. La localizzazione del ponte
I-35W (https://en.wikipedia.org/wiki/I-35W_
Mississippi_River_bridge)
5. La sequenza del crollo (https://www.youtube.com/watch?v=z1uscpZt8EQ)
4 STRADE & AUTOSTRADE 4-2016
In generale, la ricostruzione di un collasso strutturale e la ricerca
delle sue cause sono attività complesse: devono essere organiz-
zate sviluppando una sequenza sistematica e minuziosa di passi,
a partire dall’esame dei reperti dell’incidente (Figura 6), nel qua-
dro dell’Ingegneria Forense [3]. Questa, in senso stretto, appli-
ca i principi e i metodi specifici dell’ingegneria alla soluzione di
problemi tecnici in ambito giudiziario: in effetti, in una visione più
ampia, questa disciplina vuole ricostruire i motivi per cui un’opera
di ingegneria non è risultata conforme alle aspettative, potendo
arrivare a produrre danni alle cose e alle persone, finanche, a
causa della gravità delle conseguenze, a produrre disastri.
Malgrado la molteplicità di oggetti, situazioni e contesti che pos-
sono presentarsi, è considerevole rilevare che esiste un modello
generale in grado di rappresentare in termini sintetici la genesi e
lo sviluppo di un incidente: si fa riferimento al modello introdotto
da Reason nel 1997 e idealmente rappresentato in Figura 7 [4].
Secondo Reason, si può immaginare che un qualsiasi sistema
dell’ingegneria sia caratterizzato da differenti fasi tali per cui
ordinatamente si possono avere concezione, progetto, analisi,
costruzione, utilizzo e manutenzione; in ciascuna di esse posso-
no essere presenti aspetti astratti o reali
con rimandi su caratteristiche materiali
o comportamenti umani. In termini ide-
ali, ciascuna di queste fasi può essere
pensata come uno strato (layer) di di-
fesa nei confronti dei pericoli (hazard)
che possono minacciare l’integrità del
sistema, ovvero che possono minarne
sicurezza e funzionalità. È però espe-
rienza comune che nessuna di esse sia
esente da errori o deficienze: le debo-
lezze di ciascuno strato rappresentano
delle falle (faults & errors) nelle difese
del sistema.
Ora, secondo Reason, se queste debo-
lezze si allineano, ovvero ci sono delle coincidenze nelle falle, il
sistema può essere perforato e quella che era solo una minaccia
(hazard) si concretizza in una crisi (failure).
Il modello generale di Reason, denominato in slang come Swiss
Cheese Model, può essere quindi così riassunto:
•	 un sistema strutturale può essere pensato come composto
da una serie di layer difensivi che ne proteggono l’integrità;
•	 ciascuno di questi layer ha delle imperfezioni ma, di per sé,
non è detto che queste singole mancanze portino alla crisi
del sistema;
•	 la crisi del sistema si realizza solo quando più mancanze si
accumulano in modo critico.
LE INDAGINI
Questo crollo ha scosso l’opinione pubblica tanto che la Federal
Highway Administration (FHWA) e il National Trasportation Safety
Board (NTSB) hanno rivolto la propria attenzione ai 465 ponti
della stessa tipologia, preoccupati per la loro sicurezza struttura-
le. Questi ponti sono stati così classificati come Fracture Critical
System a indicare che anche solo la crisi di un componente può
far collassare l’intero ponte a seguito della intrinseca scarsa o
addirittura nulla capacità di ridistribuzione dei carichi.
Nel 2008, dopo dettagliate investigazioni e analisi numeriche,
tali Enti sono arrivati a determinare le cause del crollo dell’I-35W
Bridge # 9340 [2]. Secondo quanto riportato dal NTSB, la causa
principale del collasso del ponte è individuata nell’inadeguatezza
del gusset plate in corrispondenza del nodo U10W (U sta per
6. La ricostruzione del collasso [2]
8. La localizzazione del nodo U10W [2]
7. Il modello generale di Reason per la
concretizzazione di un incidente in un sistema [4]
ponti&
viadotti
PROGETTAZIONE STRUTTURALE
4-2016 STRADE & AUTOSTRADE 5
Upper chord, 10 indica il decimo nodo, W sta per West - Figura 8).
Infatti, questo nodo possedeva da progetto spessori pari alla me-
tà di quello effettivamente necessario per sopportare finanche i
carichi di esercizio: questo sia per non idoneo dimensionamento
del nodo che per incompleta copertura normativa.
Attraverso modelli a elementi finiti particolarmente dettagliati,
NTSB ha dimostrato come già all’apertura la traffico nel 1967, sot-
to peso proprio e carichi di esercizio, il gusset plate sotto accusa
mostrava delle plasticizzazioni (Figure 9A, 9B e 9C).
Inoltre, nel corso degli anni, a seguito di operazioni di manuten-
zione, i carichi sulla struttura si sono incrementati notevolmente
(Figura 10): nel 1977 fu aggiunto uno spessore di calcestruzzo
sull’impalcato che aumentò il peso proprio di circa 13MN pari al
13,4%; nel 1988, lo spartitraffico fu sostituito come pure le bar-
riere stradali di sicurezza, con un incremento del peso proprio di
altri 5MN, ovvero del 6,1%. Questi incrementi hanno aggravato
lo stato del gusset plate, con progressiva estensione delle plasti-
cizzazioni (Figura 11).
Ad aggiungersi a ciò, ci fu anche la presenza del deposito di ma-
teriali e macchinari disposti proprio in corrispondenza del nodo
avente connessione più debole: al momento del collasso, infatti,
erano presenti sull’impalcato sia i carichi da traffico che quelli do-
vuti alla manutenzione che si stava svolgendo: NTSB ha stimato
esserci 820 kN di ghiaia, 884 kN di sabbia e 870 kN di macchinari
disposti proprio in prossimità del nodo U10W, mentre i carichi
da traffico arrivavano a 5.606 MN. Tutto ciò ha ampliato ancora la
zona di plasticizzazione e ha condotto all’instabilità elasto-plastica
del lato libero del gusset plate (Figura 11).
Va detto che, accanto alla spiegazione proposta da NTSB, ci sono
state altre opinioni. Dopo analisi alternative, la Società Thorton
Tomassetti assunta dai familiari delle vittime ha affermato che
il collasso non è avvenuto per via del buckling del gusset plate
quanto per instabilità della trave nel bottom chord (corrente in-
feriore) della trave reticolare principale che, solo successivamen-
te, ha comportato il collasso del gusset plate come indicato dal
NTSB.
Secondo la Thorton Tomassetti, infatti, la causa principale di tale
collasso è attribuibile alla corrosione che ha bloccato l’appoggio
della pila 6 riportata nella Figura 12, facendo sì che fosse impedita
l’espansione dovuta alle dilatazioni termiche, creando una azione
di compressione che ha portato alla instabilizzazione del bordo
inferiore della travatura del ponte.
10. L’aumento dei carichi nel corso degli anni [2]
11. Il modello ad elementi finiti che mostra l’instabilità del lato libero
del gusset plate del nodo U10W (tensione di snervamento 51,5 ksi) [2]
9A, 9B e 9C. I risultati di analisi ad elementi finiti del nodo U10W al passare degli anni (tensione di snervamento di 51,5 ksi) [2]
12. La corrosione del vincolo in corrispondenza della pila 6 [2]
ponti&
viadotti
6 STRADE & AUTOSTRADE 4-2016
La proposizione di spiegazioni alternative di un crollo è frequente
in un procedimento di Ingegneria Forense, essendoci conflitti di
interesse fra le varie parti coinvolte (Progettisti, Costruttori, Col-
laudatori, Amministratori e proprietari). In questo caso, è bene
tuttavia precisare che anche NTSB ha tenuto conto di questo
possibile scenario, concludendo però che i risultati delle analisi,
anche incorporando questo aspetto, non mostravano modifiche
nell’origine del collasso.
Un aspetto logico differente emerso nelle indagini evidenzia
invece che questo ponte, nel rispetto delle Normative AASHTO,
era stato oggetto di ispezioni annuali sin dal 1971. È inquietante
osservare che dai report delle ispezioni effettuate (Figura 13)
fino al 1990 non era apparso nessun tipo di allarme per il ponte,
tanto che questo era classificato come not deficent; solamente
nel 1991, è stato invece classificato come structural deficient a
causa della carenza strutturale attribuibile alla sovrastruttura:
questa classificazione non voleva significare che il ponte fos-
se prossimo al collasso, ma solo che presentava aspetti per i
quali erano da ritenersi necessari approfondimenti di analisi,
interventi di manutenzione e sostituzione di elementi; infatti,
nel Minnesota sono presenti ben 1.097 ponti classificati come
structural deficient e che questi sono nondimeno ritenuti sicuri.
Nell’ultima ispezione di questo ponte nel 2006, sono stati riportati
tutti i problemi trovati nella sovrastruttura ma nulla appare sullo
stato dei gusset plates, anche se già nel 1993 l’archivio delle foto
scattate durante l’ispezioni evidenzia l’evidente ingobbamento
(bowing) del gusset plate in esame (Figura 14).
14. Il nodo U10W scattate durante le ispezioni [2]
YEARA
DECK CONDITION
RATING
SUPERSTRUCTURE
CONDITION RATING
SUBSTRUCTURE
CONDITION RATING
SUFFICIENCY
RATING
STATUS
1983 6 7 6 80.1 Not deficient
1984 6 7 6 80.1 Not deficient
1985 6 7 6 80.1 Not deficient
1986 6 7 6 79.6 Not deficient
1987 6 7 6 79.8 Not deficient
1988 6 7 6 79.8 Not deficient
1989 6 8B 6 75.5 Not deficient
1990 6 7 6 75.5 Not deficient
1991 6 7 6 46.5 Structurally deficient
1992 6 7 6 46.5 Structurally deficient
1993 6 7 6 46.5 Structurally deficient
1994 6 7 6 46.5 Structurally deficient
1995 6 7 6 46.5 Structurally deficient
1996 6 7 6 49 Structurally deficient
1997 6 7 6 49 Structurally deficient
1998 6 7 6 49 Structurally deficient
1999 N/A N/A N/A 76 Not deficient
2001 6 7 6 48 Structurally deficient
2002 6 7 6 48 Structurally deficient
2003 6 7 6 50 Structurally deficient
2004 6 7 6 50 Structurally deficient
2005 6 7 6 50 Structurally deficient
2006 6 7 6 50 Structurally deficient
2007 6 7 6 50 Structurally deficient
13. Lo stralcio del report delle ispezioni annuali [2]
PROGETTAZIONE STRUTTURALE
4-2016 STRADE & AUTOSTRADE 7
Fatto notare questo agli Ispettori, essi hanno risposto che si erano
accorti dello sbandamento ma lo consideravano dovuto all’as-
semblaggio. Inoltre, presupponendo che i gusset plates fossero
progettati con un fattore di sicurezza pari a 2-3 e non essendoci
stati allarmi su queste parti, quali peeling paint (vernice scrostata)
o rifollamento della lamiera, hanno deciso di non riportare nulla,
ribadendo, inoltre, che il loro compito nelle ispezioni era quello
di segnalare eventuali deterioramenti della struttura, ma non in-
sufficienze progettuali o di realizzazione.
La Figura 15 mostra come tutti questi punti possono essere ripor-
tati nello schema di Reason, illustrando così come si è arrivati ad
avere 13 morti e 145 feriti.
LE LEZIONI
Per questa oggettiva insufficienza di conoscenza e di Normative
su questa tipologia di ponti e sulle loro connessioni, la FHWA si
è preoccupata immediatamente di fornire ai progettisti una me-
todologia corretta: dopo circa sei mesi dal crollo, nel Febbraio
del 2008, ha così pubblicato una bozza di Linee Guida e succes-
sivamente in Marzo ha fatto iniziare una campagna di ispezioni
su 25 ponti.
Da queste ispezioni è risultato che quattro ponti (Figure 16A, 16B,
16C e 16D) non soddisfacevano i requisiti di sicurezza, ma nessu-
no, fortunatamente, presentava lo stesso errore progettuale del
I-35W. In particolare solo uno, il St. Cloude Bridge, è stato chiuso
al traffico, mentre gli altri tre - Hastings Bridge, Winona Bridge
e Blatnik Bridge - hanno subito tuttavia impegnative attività di
manutenzione straordinaria [5].
Nell’ispezione dell’ Hastings Bridge, si è trovato nel lato libero
di alcuni gusset plates un imbozzamento probabilmente do-
vuto alla fase di montaggio e alla corrosione sviluppatasi; nel
Winona Bridge, invece, si è valutato che la corrosione aveva
ridotto il fattore di sicurezza in ben 15 connessioni, mentre nel
Blantink Bridge la stessa corrosione aveva creato problemi in
ben 29 connessioni; la manutenzione in questo ultimo ponte
ha portato a un lavoro di manutenzione straordinaria costato
circa 900.000 Euro [5].
Un anno dopo, nel Febbraio 2009, sono state pubblicate le Linee
Guida definitive della FHWA [6]: qui si forniscono formule che
permettono la stima della massima capacità portante dei gusset
plates soggetti a taglio, compressione, trazione e via dicendo.
Tuttavia, alcuni aspetti importanti, come ad esempio gli effetti15. La schematizzazione del modello di Reason per il collasso
strutturale del ponte
16A, 16B, 16C e 16D. I quattro ponti non risultati sicuri dopo le ispezioni del 2008 [6]: il St. Cloud Bridge (16A), l’Hastings Bridge (16B), il
Winona Bridge (16C) e il Blatnik Bridge (16D)
ponti&
viadotti
8 STRADE & AUTOSTRADE 4-2016
di imperfezioni strutturali sulla massima capacità portante, non
risultano pienamente affrontati [7].
Per questo motivo, il National Institute of Standards and Techno-
logy (NIST) ha concentrato l’attenzione allo studio di queste par-
ticolari connessioni in un programma specifico chiamato “NIST
Physical Infrastructure Program” a cui uno degli autori ha parte-
cipato come guest researcher [8].
IL NIST PHYSICAL INFRASTRUCTURE PROGRAM
Questo programma, in collaborazione tra FHWA e il Dipartimento
di Metallurgia del NIST (MSEL), si è occupato di due aspetti:
•	 tecniche di monitoraggio non distruttive applicate a test a
scala reale di gusset plate [9] (Figura 17);
•	 implementazione di modelli numerici semplificati per svolge-
re analisi che siano sufficientemente accurate ma non richie-
dano un proibitivo onere computazionale [7 e 10].
Su quest’ultimo punto, l’idea era quella di trovare soluzioni che
potessero essere intermedie tra le più avanzate e complesse mo-
dellazioni numeriche e le note formulazioni analitiche da svolgere
a mano. Un esempio delle analisi strutturali sviluppate, intese a
indagare in dettaglio il comportamento meccanico di una unione
con gusset plate, è riportato in Figura 18 dove il modello risulta
composto da 28.330 nodi e 27.670 elementi shell.
La Figura 18 riporta i risultati di analisi non lineari svolte [11] sul
modello del ponte avente in un caso tutti i nodi rigidi (rigid joints)
e nell’altro tutti i nodi rigidi ad eccezione proprio del nodo U10W,
modellato con i cinque elementi di connessione (semi-rigid joint).
Si nota come, introducendo non linearità anche solo in un nodo,
si produca una riduzione notevole del carico ultimo della struttura
in esame: nel caso di modello a nodi rigidi (rigid joints), il carico
ultimo risulta essere pari a 6,5 volte circa i carichi verticali e il
collasso avviene a seguito delle plasticizzazioni degli elementi
strutturali, mentre nel caso di modello con un solo nodo model-
lato come semirigido (semi-rigid joints) si nota che già per un
moltiplicatore pari a 0,92 il sistema strutturale inizia a perdere di
rigidezza fino ad arrivare al valore di collasso di 1,6.
La Figura 20 riporta le sollecitazioni e le massime capacità di re-
sistenza assiale dei cinque elementi componenti la connessione:
focalizzando l’attenzione sulla linea verde (connection 3) si nota
come in corrispondenza di un load factor pari a 0,9, l’elemento di
connessione diagonale raggiunge il suo massimo valore di capa-
cità per compressione e solo grazie a una ridistribuzione delle for-
ze, la struttura raggiunge un valore di moltiplicatore ultimo di 1,6.
20. Le sollecitazioni e capacità massime assiali degli elementi di
connessione [1]
21. L’aumento di conoscenza post-crollo [3]
17. I risultati delle tecniche di monitoraggio non distruttive [10]
18. Il modello dettagliato e semplificato della connessione U10W [1]
19. I risultati delle analisi non lineari [1]
PROGETTAZIONE STRUTTURALE
4-2016 STRADE & AUTOSTRADE 9
CONCLUSIONI
La vicenda dell’I-35W Bridge # 9340 crollato nell’Agosto del 2007
è esemplare. Nel ripercorrere i fatti che caratterizzano questo
evento e la sua incubazione, si riconosce che il modello genera-
le di Reason può fornire un quadro coerente di interpretazione
dell’incidente: si è arrivati al crollo per deficienze nelle Normative,
nel progetto, nella realizzazione, nelle ispezioni, nella manuten-
zione. Tutte queste mancanze si sono allineate e hanno consen-
tito la realizzazione dell’evento incidentale: allo stesso tempo,
se almeno una di queste fallacie fosse stata contrastata, il crollo
probabilmente non sarebbe avvenuto.
Questo è il lato triste che sempre accompagna le attività dell’In-
gegneria Forense: nella Figura 21 è riportato il percorso discen-
dente che dalla cosa arriva al perché di un crollo, stabilendo a chi
deve essere imputata la responsabilità.
Accanto a questa discesa, esiste però un processo in risalita, che
concerne tutto quanto si impara da un crollo, in termini di au-
mento di conoscenza sulla progettazione strutturale e sulla rea-
lizzazione e gestione delle opere: questo è la faccia positiva della
Ingegneria Forense [3].  n
(1)
Professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni nella
Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università
degli Studi di Roma La Sapienza
(2)
Ingegnere Strutturista, Dottore di Ricerca in Ingegneria
Strutturale, Co-founder  CEO StroNGER Srl
Bibliografia
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curate and affordable modelling of connections”, Tesi di Dottorato,
Sapienza Università di Roma, 2011.
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[3]. 	 Ingegneria Forense - “Crolli, Affidabilità Strutturale e Consolidamen-
to”, Atti del Convegno IF CRASC ‘15 - 14-16 Maggio 2015, Roma,
Editor: Nicola Augenti - Franco Bontempi, Dario Flaccovio, 2015.
[4]. 	 J.T. Reason - “Managing the risks of organizational accidents”,
Ashgate Publishing Limited, 1997.
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tural Engineering Conference Nov. 2, 2009.
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IF-09-014, Washington, D.C., 2009.
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msed/mechanical_performance/physical-infrastructure-connections.
cfm, 2009.
[9]. 	 M. Iadicola, J. Ocel, R. Zobel - “Quantitative Evaluation of Digital
Image Correlation for Large-Scale Gusset Plate Experiments”,
IABMAS2012, Stresa, Lake Maggiore, Italy, July 8-12, 2012.
[10]. 	C. Crosti, D. Duthinh - “A nonlinear model for gusset plate con-
nections”, Engineering Structures. Vol. 62-63, Pages 135-147, 15
March 2014.
[11]. 	STRAUS7, http://www.hsh.info/.
editoriale
9	 L’economia globale in calo ha inciso anche
	 sul rilancio delle nostre infrastrutture di trasporto?
Claudio Capocelli
stradeautostrade
10	 L’Osservatorio ANAS
A cura di Marina Capocelli
14	 Completato il lato Sud del Quadrilatero
Eugenio A. Merzagora
20	 Una rete autostradale ecosostenibile
Ufficio Stampa di Autovie Venete SpA
pavimentazionimanti
24	 Il ruolo dell’attivante di adesione – seconda parte
Loretta Venturini – Luca Baccellieri
28	 L’utilizzo della calce nei lavori di riciclaggio a freddo
Giuseppe Castiglione – Giacomo Betti – Giacomo Ridondelli
gallerietunnelling
36	 Galleria di Gallerie
A cura di Monica Sigismondo
42	 La talpa Masha è pronta a scavare
Ufficio Stampa di Infra.To.
45	 Il “Punto di Vista”. “Il mondo industriale 		
del tunnelling italiano: un futuro di successo 	
che si fonda su un solido passato”
Andrea Pigorini
46	 Conci energetici per il rivestimento delle gallerie
Marco Barla – Alice Di Donna
50	 Filo diretto con il cantiere – seconda parte
Marina Casati – Ezio Neve – Angelo Valsecchi
56	 Collegamenti ferroviari tra porti liguri 			
e linee del Nord Italia
Antonio Di Pietro – Aldo Bellone
58	 Avanzamenti in sotterraneo in India
Monica Sigismondo – Eugenio A. Merzagora
60	 Quattro TBM per la Linea Rossa di Tel Aviv
Piero Dangera – Monica Sigismondo
62	 Nuovi collegamenti sul Bosforo
Monica Sigismondo – Luigi Brighenti
pontiviadotti
64	 Il caso di ponte Grosso nell’Appennino Parmense
Piergiuseppe Froldi
68	 Tutta colpa di un fazzoletto?
Franco Bontempi – Chiara Crosti
76	 Analisi del degrado e del recupero di un cavalcavia
sulla S.S. 7bis
Ruggero Cervellini
ferroviemetropolitane
80	 Il passante ferroviario di Torino è “Made in Italy”
Alfredo Ingletti – Stefano Possati – Alberto Cecchini
84	 Il metodo Top-Down e Bottom-Up
Massimo Chiarelli
90	 Le vie del ferro
A cura di Gaetano Moroni
92	 Verso una totale liberalizzazione
	 del mercato ferroviario
Fabio Camnasio
aeroportihub
94	 Certificazione EASA, Risk Assestment e portanza
delle strip
Fabio Grande
portiidrovie
96	 L’ammodernamento del canale di Suez: 		
scenari e prospettive
Giuseppe Pascuzzi
COSTRUZIONE E MANUTENZIONE DI STRADE, AUTOSTRADE, PONTI, GALLERIE
Studi e Progetti • Grandi infrastrutture • Cantieri • Impianti • Ambiente • Macchine • Tecnologie • Materiali
SOMMARIO
119
5/2016
SETTEMBRE
OTTOBRE
cementicalcestruzzi
100	 La manutenzione dei giunti del viadotto dei Parchi
Marco Belli – Roberto Giorgini – Federico Laino
106	 Una cassaforma per tunnel con dimensioni da record
Ufficio Stampa di Peri SpA
108	 I tubi spinta CPL e Giunto Saldato
Ufficio Stampa di Coprem Srl
112	 Lo stabilimento di prefabbricazione di Salbertrand
Luigi Martinotti – Marco Giordano – Mauro Pelucchi –
Alfonso Ratti – Ugo Lai – Alessandro Lencioni
114	 Il calcestruzzo per attraversare i fiumi
Ufficio Stampa di Holcim (Italia) SpA
materialiinerti
116	 Materiali e pavimentazioni stradali: prove e ispezioni
Andrea Pugliaro
120	 Aggregati artificiali dal riciclaggio di imballaggi PET
Salvatore Lo Presti – Enrico Genova
tecnologiesistemi
124	 Tecnologia termica: analisi traffico e rilevazione eventi
Roberto Tognacca
macchine stradali
126	 La prima W 150 CFi è già al lavoro in Italia
Ufficio Marketing di Wirtgen Macchine Srl
130	 La Rolls Royce del catiere
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Tutta colpa di un fazzoletto.

  • 1. 2 STRADE & AUTOSTRADE 4-2016 C hi è stato negli Stati Uniti sa che i paesaggi sono caratte- rizzati da una precisa tipologia di ponti: si tratta di strut- ture in acciaio basate su uno schema reticolare (Figura 2) individuato cercando soluzioni tendenzialmente isostatiche, con scelte opportune nella disposizione delle aste e dei vincoli ester- ni; si hanno through-deck trusses nel caso di impalcato poggiato al corrente superiore o deck trusses nel caso l’impalcato sia sul corrente inferiore. Dal punto di vista teorico, questa tipologia di strutture ha carat- teristiche ben precise: uno schema reticolare prevede elementi incernierati tra loro in modo che questi siano chiamati a soppor- tare solamente sollecitazioni assiali di compressione e trazione; è escluso, dunque, il comportamento flessionale. ponti&viadotti Franco Bontempi(1) , Chiara Crosti(2) UNA VICENDA ESEMPLARE: PARTENDO DALLA DEBOLEZZA DI UN DETTAGLIO, L’ALLINEAMENTO DI DIFFERENTI MANCANZE PORTA AL COLLASSO DI UN PONTE TUTTA COLPA DI UN FAZZOLETTO? 2. Differenti tipologie di ponti a struttura reticolare [1] 1.
  • 2. PROGETTAZIONE STRUTTURALE 4-2016 STRADE & AUTOSTRADE 3 Nella pratica, è noto che realizzare nodi che si comportino come cerniere è difficile se non impossibile o conveniente e, pertanto, le connessioni fra le aste vengono realizzate mediante fazzoletti in acciaio (gusset plates): in questo modo, gli elementi principali sono ancora caricati primariamente da azioni assiali di trazione o compressione, ma i gusset plates trasferiscono anche momenti flettenti, considerati secondari. In termini di collasso, questa tipologia di ponti può essere soggetta a: • instabilità (globale) di una intera travatura reticolare, il cui corrente compresso può sbandare fuori piano nel caso in cui i telai trasversali non siano abbastanza rigidi; • instabilità (locale) di un singolo ele- mento o rottura (locale) di un ele- mento in trazione per raggiungimen- to del carico di rottura; • collasso di una connessione, come la crisi di un gusset plate. È evidente che, proprio per come è concepita questa tipologia di ponti, con nulla o scarsa iperstaticità, minima ridon- danza e marginale capacità di ridistribu- ire i carichi, anche la crisi di un singolo elemento o di una singola connessione può portare l’intera struttura alla rovina. Uno di questi ponti è illustrato nelle Figure 3A e 3B: lungo un asse appros- simativamente Nord-Sud, superava il Mississippi nell’agglomerato urbano di Minneapolis – Saint Paul nel Minnesota e risultava uno dei più trafficati della città. L’I-35W Bridge # 9340 fu progettato, con riguardo alle Normative AASHTO del 1961, dalla Società Sverdrup & Par- cel and Associates nel 1964 e aperto nel 1967. Lo schema in Figura 4 evidenzia un through-deck truss bridge lungo circa 500 m: la parte scavalcante il Mississip- pi era lunga 300 m, con tre arcate delle quali quella centrale lunga circa 140 m [2]. A sostenere le otto corsie stradali, la struttura in acciaio era com- posta da due travature reticolari Warren (una Est e una Ovest) poste ad interasse di 22 m, connesse da telai trasversali posti ogni 11,6 m. Le connessioni tra le varie aste, diagonali e verticali, erano realizzate tramite coppia di gusset plates, che connettevano le aste mediante chiodi e bulloni usati per accelerare la realizzazione del collegamento. Da un punto globale, lo schema statico prevedeva un solo vin- colo fisso alla traslazione lungo l’asse longitudinale del ponte in corrispondenza della pila 7, mentre sulle restanti pile 5, 6, 8 erano previsti solo appoggi verticali, in modo da permettere l’espansio- ne libera del ponte per le variazioni termiche. L’EVENTO Il 1° Agosto del 2007, nell’orario di punta per il traffico sull’auto- strada I-35W, il ponte è crollato improvvisamente con una sequen- za drammatica ripresa da una telecamera di sicurezza (Figura 5). Immediatamente, per l’elevato numero di vittime, per l’importan- za del ponte, per l’impatto mediatico, sono state avviate inchieste sull’evento e sulle sue cause. 4. La schematizzazione, 1064 ft = 324,3 m [2] 3A e 3B. La localizzazione del ponte I-35W (https://en.wikipedia.org/wiki/I-35W_ Mississippi_River_bridge) 5. La sequenza del crollo (https://www.youtube.com/watch?v=z1uscpZt8EQ)
  • 3. 4 STRADE & AUTOSTRADE 4-2016 In generale, la ricostruzione di un collasso strutturale e la ricerca delle sue cause sono attività complesse: devono essere organiz- zate sviluppando una sequenza sistematica e minuziosa di passi, a partire dall’esame dei reperti dell’incidente (Figura 6), nel qua- dro dell’Ingegneria Forense [3]. Questa, in senso stretto, appli- ca i principi e i metodi specifici dell’ingegneria alla soluzione di problemi tecnici in ambito giudiziario: in effetti, in una visione più ampia, questa disciplina vuole ricostruire i motivi per cui un’opera di ingegneria non è risultata conforme alle aspettative, potendo arrivare a produrre danni alle cose e alle persone, finanche, a causa della gravità delle conseguenze, a produrre disastri. Malgrado la molteplicità di oggetti, situazioni e contesti che pos- sono presentarsi, è considerevole rilevare che esiste un modello generale in grado di rappresentare in termini sintetici la genesi e lo sviluppo di un incidente: si fa riferimento al modello introdotto da Reason nel 1997 e idealmente rappresentato in Figura 7 [4]. Secondo Reason, si può immaginare che un qualsiasi sistema dell’ingegneria sia caratterizzato da differenti fasi tali per cui ordinatamente si possono avere concezione, progetto, analisi, costruzione, utilizzo e manutenzione; in ciascuna di esse posso- no essere presenti aspetti astratti o reali con rimandi su caratteristiche materiali o comportamenti umani. In termini ide- ali, ciascuna di queste fasi può essere pensata come uno strato (layer) di di- fesa nei confronti dei pericoli (hazard) che possono minacciare l’integrità del sistema, ovvero che possono minarne sicurezza e funzionalità. È però espe- rienza comune che nessuna di esse sia esente da errori o deficienze: le debo- lezze di ciascuno strato rappresentano delle falle (faults & errors) nelle difese del sistema. Ora, secondo Reason, se queste debo- lezze si allineano, ovvero ci sono delle coincidenze nelle falle, il sistema può essere perforato e quella che era solo una minaccia (hazard) si concretizza in una crisi (failure). Il modello generale di Reason, denominato in slang come Swiss Cheese Model, può essere quindi così riassunto: • un sistema strutturale può essere pensato come composto da una serie di layer difensivi che ne proteggono l’integrità; • ciascuno di questi layer ha delle imperfezioni ma, di per sé, non è detto che queste singole mancanze portino alla crisi del sistema; • la crisi del sistema si realizza solo quando più mancanze si accumulano in modo critico. LE INDAGINI Questo crollo ha scosso l’opinione pubblica tanto che la Federal Highway Administration (FHWA) e il National Trasportation Safety Board (NTSB) hanno rivolto la propria attenzione ai 465 ponti della stessa tipologia, preoccupati per la loro sicurezza struttura- le. Questi ponti sono stati così classificati come Fracture Critical System a indicare che anche solo la crisi di un componente può far collassare l’intero ponte a seguito della intrinseca scarsa o addirittura nulla capacità di ridistribuzione dei carichi. Nel 2008, dopo dettagliate investigazioni e analisi numeriche, tali Enti sono arrivati a determinare le cause del crollo dell’I-35W Bridge # 9340 [2]. Secondo quanto riportato dal NTSB, la causa principale del collasso del ponte è individuata nell’inadeguatezza del gusset plate in corrispondenza del nodo U10W (U sta per 6. La ricostruzione del collasso [2] 8. La localizzazione del nodo U10W [2] 7. Il modello generale di Reason per la concretizzazione di un incidente in un sistema [4] ponti& viadotti
  • 4. PROGETTAZIONE STRUTTURALE 4-2016 STRADE & AUTOSTRADE 5 Upper chord, 10 indica il decimo nodo, W sta per West - Figura 8). Infatti, questo nodo possedeva da progetto spessori pari alla me- tà di quello effettivamente necessario per sopportare finanche i carichi di esercizio: questo sia per non idoneo dimensionamento del nodo che per incompleta copertura normativa. Attraverso modelli a elementi finiti particolarmente dettagliati, NTSB ha dimostrato come già all’apertura la traffico nel 1967, sot- to peso proprio e carichi di esercizio, il gusset plate sotto accusa mostrava delle plasticizzazioni (Figure 9A, 9B e 9C). Inoltre, nel corso degli anni, a seguito di operazioni di manuten- zione, i carichi sulla struttura si sono incrementati notevolmente (Figura 10): nel 1977 fu aggiunto uno spessore di calcestruzzo sull’impalcato che aumentò il peso proprio di circa 13MN pari al 13,4%; nel 1988, lo spartitraffico fu sostituito come pure le bar- riere stradali di sicurezza, con un incremento del peso proprio di altri 5MN, ovvero del 6,1%. Questi incrementi hanno aggravato lo stato del gusset plate, con progressiva estensione delle plasti- cizzazioni (Figura 11). Ad aggiungersi a ciò, ci fu anche la presenza del deposito di ma- teriali e macchinari disposti proprio in corrispondenza del nodo avente connessione più debole: al momento del collasso, infatti, erano presenti sull’impalcato sia i carichi da traffico che quelli do- vuti alla manutenzione che si stava svolgendo: NTSB ha stimato esserci 820 kN di ghiaia, 884 kN di sabbia e 870 kN di macchinari disposti proprio in prossimità del nodo U10W, mentre i carichi da traffico arrivavano a 5.606 MN. Tutto ciò ha ampliato ancora la zona di plasticizzazione e ha condotto all’instabilità elasto-plastica del lato libero del gusset plate (Figura 11). Va detto che, accanto alla spiegazione proposta da NTSB, ci sono state altre opinioni. Dopo analisi alternative, la Società Thorton Tomassetti assunta dai familiari delle vittime ha affermato che il collasso non è avvenuto per via del buckling del gusset plate quanto per instabilità della trave nel bottom chord (corrente in- feriore) della trave reticolare principale che, solo successivamen- te, ha comportato il collasso del gusset plate come indicato dal NTSB. Secondo la Thorton Tomassetti, infatti, la causa principale di tale collasso è attribuibile alla corrosione che ha bloccato l’appoggio della pila 6 riportata nella Figura 12, facendo sì che fosse impedita l’espansione dovuta alle dilatazioni termiche, creando una azione di compressione che ha portato alla instabilizzazione del bordo inferiore della travatura del ponte. 10. L’aumento dei carichi nel corso degli anni [2] 11. Il modello ad elementi finiti che mostra l’instabilità del lato libero del gusset plate del nodo U10W (tensione di snervamento 51,5 ksi) [2] 9A, 9B e 9C. I risultati di analisi ad elementi finiti del nodo U10W al passare degli anni (tensione di snervamento di 51,5 ksi) [2] 12. La corrosione del vincolo in corrispondenza della pila 6 [2]
  • 5. ponti& viadotti 6 STRADE & AUTOSTRADE 4-2016 La proposizione di spiegazioni alternative di un crollo è frequente in un procedimento di Ingegneria Forense, essendoci conflitti di interesse fra le varie parti coinvolte (Progettisti, Costruttori, Col- laudatori, Amministratori e proprietari). In questo caso, è bene tuttavia precisare che anche NTSB ha tenuto conto di questo possibile scenario, concludendo però che i risultati delle analisi, anche incorporando questo aspetto, non mostravano modifiche nell’origine del collasso. Un aspetto logico differente emerso nelle indagini evidenzia invece che questo ponte, nel rispetto delle Normative AASHTO, era stato oggetto di ispezioni annuali sin dal 1971. È inquietante osservare che dai report delle ispezioni effettuate (Figura 13) fino al 1990 non era apparso nessun tipo di allarme per il ponte, tanto che questo era classificato come not deficent; solamente nel 1991, è stato invece classificato come structural deficient a causa della carenza strutturale attribuibile alla sovrastruttura: questa classificazione non voleva significare che il ponte fos- se prossimo al collasso, ma solo che presentava aspetti per i quali erano da ritenersi necessari approfondimenti di analisi, interventi di manutenzione e sostituzione di elementi; infatti, nel Minnesota sono presenti ben 1.097 ponti classificati come structural deficient e che questi sono nondimeno ritenuti sicuri. Nell’ultima ispezione di questo ponte nel 2006, sono stati riportati tutti i problemi trovati nella sovrastruttura ma nulla appare sullo stato dei gusset plates, anche se già nel 1993 l’archivio delle foto scattate durante l’ispezioni evidenzia l’evidente ingobbamento (bowing) del gusset plate in esame (Figura 14). 14. Il nodo U10W scattate durante le ispezioni [2] YEARA DECK CONDITION RATING SUPERSTRUCTURE CONDITION RATING SUBSTRUCTURE CONDITION RATING SUFFICIENCY RATING STATUS 1983 6 7 6 80.1 Not deficient 1984 6 7 6 80.1 Not deficient 1985 6 7 6 80.1 Not deficient 1986 6 7 6 79.6 Not deficient 1987 6 7 6 79.8 Not deficient 1988 6 7 6 79.8 Not deficient 1989 6 8B 6 75.5 Not deficient 1990 6 7 6 75.5 Not deficient 1991 6 7 6 46.5 Structurally deficient 1992 6 7 6 46.5 Structurally deficient 1993 6 7 6 46.5 Structurally deficient 1994 6 7 6 46.5 Structurally deficient 1995 6 7 6 46.5 Structurally deficient 1996 6 7 6 49 Structurally deficient 1997 6 7 6 49 Structurally deficient 1998 6 7 6 49 Structurally deficient 1999 N/A N/A N/A 76 Not deficient 2001 6 7 6 48 Structurally deficient 2002 6 7 6 48 Structurally deficient 2003 6 7 6 50 Structurally deficient 2004 6 7 6 50 Structurally deficient 2005 6 7 6 50 Structurally deficient 2006 6 7 6 50 Structurally deficient 2007 6 7 6 50 Structurally deficient 13. Lo stralcio del report delle ispezioni annuali [2]
  • 6. PROGETTAZIONE STRUTTURALE 4-2016 STRADE & AUTOSTRADE 7 Fatto notare questo agli Ispettori, essi hanno risposto che si erano accorti dello sbandamento ma lo consideravano dovuto all’as- semblaggio. Inoltre, presupponendo che i gusset plates fossero progettati con un fattore di sicurezza pari a 2-3 e non essendoci stati allarmi su queste parti, quali peeling paint (vernice scrostata) o rifollamento della lamiera, hanno deciso di non riportare nulla, ribadendo, inoltre, che il loro compito nelle ispezioni era quello di segnalare eventuali deterioramenti della struttura, ma non in- sufficienze progettuali o di realizzazione. La Figura 15 mostra come tutti questi punti possono essere ripor- tati nello schema di Reason, illustrando così come si è arrivati ad avere 13 morti e 145 feriti. LE LEZIONI Per questa oggettiva insufficienza di conoscenza e di Normative su questa tipologia di ponti e sulle loro connessioni, la FHWA si è preoccupata immediatamente di fornire ai progettisti una me- todologia corretta: dopo circa sei mesi dal crollo, nel Febbraio del 2008, ha così pubblicato una bozza di Linee Guida e succes- sivamente in Marzo ha fatto iniziare una campagna di ispezioni su 25 ponti. Da queste ispezioni è risultato che quattro ponti (Figure 16A, 16B, 16C e 16D) non soddisfacevano i requisiti di sicurezza, ma nessu- no, fortunatamente, presentava lo stesso errore progettuale del I-35W. In particolare solo uno, il St. Cloude Bridge, è stato chiuso al traffico, mentre gli altri tre - Hastings Bridge, Winona Bridge e Blatnik Bridge - hanno subito tuttavia impegnative attività di manutenzione straordinaria [5]. Nell’ispezione dell’ Hastings Bridge, si è trovato nel lato libero di alcuni gusset plates un imbozzamento probabilmente do- vuto alla fase di montaggio e alla corrosione sviluppatasi; nel Winona Bridge, invece, si è valutato che la corrosione aveva ridotto il fattore di sicurezza in ben 15 connessioni, mentre nel Blantink Bridge la stessa corrosione aveva creato problemi in ben 29 connessioni; la manutenzione in questo ultimo ponte ha portato a un lavoro di manutenzione straordinaria costato circa 900.000 Euro [5]. Un anno dopo, nel Febbraio 2009, sono state pubblicate le Linee Guida definitive della FHWA [6]: qui si forniscono formule che permettono la stima della massima capacità portante dei gusset plates soggetti a taglio, compressione, trazione e via dicendo. Tuttavia, alcuni aspetti importanti, come ad esempio gli effetti15. La schematizzazione del modello di Reason per il collasso strutturale del ponte 16A, 16B, 16C e 16D. I quattro ponti non risultati sicuri dopo le ispezioni del 2008 [6]: il St. Cloud Bridge (16A), l’Hastings Bridge (16B), il Winona Bridge (16C) e il Blatnik Bridge (16D)
  • 7. ponti& viadotti 8 STRADE & AUTOSTRADE 4-2016 di imperfezioni strutturali sulla massima capacità portante, non risultano pienamente affrontati [7]. Per questo motivo, il National Institute of Standards and Techno- logy (NIST) ha concentrato l’attenzione allo studio di queste par- ticolari connessioni in un programma specifico chiamato “NIST Physical Infrastructure Program” a cui uno degli autori ha parte- cipato come guest researcher [8]. IL NIST PHYSICAL INFRASTRUCTURE PROGRAM Questo programma, in collaborazione tra FHWA e il Dipartimento di Metallurgia del NIST (MSEL), si è occupato di due aspetti: • tecniche di monitoraggio non distruttive applicate a test a scala reale di gusset plate [9] (Figura 17); • implementazione di modelli numerici semplificati per svolge- re analisi che siano sufficientemente accurate ma non richie- dano un proibitivo onere computazionale [7 e 10]. Su quest’ultimo punto, l’idea era quella di trovare soluzioni che potessero essere intermedie tra le più avanzate e complesse mo- dellazioni numeriche e le note formulazioni analitiche da svolgere a mano. Un esempio delle analisi strutturali sviluppate, intese a indagare in dettaglio il comportamento meccanico di una unione con gusset plate, è riportato in Figura 18 dove il modello risulta composto da 28.330 nodi e 27.670 elementi shell. La Figura 18 riporta i risultati di analisi non lineari svolte [11] sul modello del ponte avente in un caso tutti i nodi rigidi (rigid joints) e nell’altro tutti i nodi rigidi ad eccezione proprio del nodo U10W, modellato con i cinque elementi di connessione (semi-rigid joint). Si nota come, introducendo non linearità anche solo in un nodo, si produca una riduzione notevole del carico ultimo della struttura in esame: nel caso di modello a nodi rigidi (rigid joints), il carico ultimo risulta essere pari a 6,5 volte circa i carichi verticali e il collasso avviene a seguito delle plasticizzazioni degli elementi strutturali, mentre nel caso di modello con un solo nodo model- lato come semirigido (semi-rigid joints) si nota che già per un moltiplicatore pari a 0,92 il sistema strutturale inizia a perdere di rigidezza fino ad arrivare al valore di collasso di 1,6. La Figura 20 riporta le sollecitazioni e le massime capacità di re- sistenza assiale dei cinque elementi componenti la connessione: focalizzando l’attenzione sulla linea verde (connection 3) si nota come in corrispondenza di un load factor pari a 0,9, l’elemento di connessione diagonale raggiunge il suo massimo valore di capa- cità per compressione e solo grazie a una ridistribuzione delle for- ze, la struttura raggiunge un valore di moltiplicatore ultimo di 1,6. 20. Le sollecitazioni e capacità massime assiali degli elementi di connessione [1] 21. L’aumento di conoscenza post-crollo [3] 17. I risultati delle tecniche di monitoraggio non distruttive [10] 18. Il modello dettagliato e semplificato della connessione U10W [1] 19. I risultati delle analisi non lineari [1]
  • 8. PROGETTAZIONE STRUTTURALE 4-2016 STRADE & AUTOSTRADE 9 CONCLUSIONI La vicenda dell’I-35W Bridge # 9340 crollato nell’Agosto del 2007 è esemplare. Nel ripercorrere i fatti che caratterizzano questo evento e la sua incubazione, si riconosce che il modello genera- le di Reason può fornire un quadro coerente di interpretazione dell’incidente: si è arrivati al crollo per deficienze nelle Normative, nel progetto, nella realizzazione, nelle ispezioni, nella manuten- zione. Tutte queste mancanze si sono allineate e hanno consen- tito la realizzazione dell’evento incidentale: allo stesso tempo, se almeno una di queste fallacie fosse stata contrastata, il crollo probabilmente non sarebbe avvenuto. Questo è il lato triste che sempre accompagna le attività dell’In- gegneria Forense: nella Figura 21 è riportato il percorso discen- dente che dalla cosa arriva al perché di un crollo, stabilendo a chi deve essere imputata la responsabilità. Accanto a questa discesa, esiste però un processo in risalita, che concerne tutto quanto si impara da un crollo, in termini di au- mento di conoscenza sulla progettazione strutturale e sulla rea- lizzazione e gestione delle opere: questo è la faccia positiva della Ingegneria Forense [3]. n (1) Professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni nella Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza (2) Ingegnere Strutturista, Dottore di Ricerca in Ingegneria Strutturale, Co-founder CEO StroNGER Srl Bibliografia [1]. C. Crosti - “Improving the safety of steel bridges through more ac- curate and affordable modelling of connections”, Tesi di Dottorato, Sapienza Università di Roma, 2011. [2]. NTSB - “Collapse of I-35 W Highway Bridge, Minneapolis, Minne- sota, August 1, 2007”, Accident Report, NTSB/HAR 08/03 PB 2008- 916213, Washington D.C., 2008. [3]. Ingegneria Forense - “Crolli, Affidabilità Strutturale e Consolidamen- to”, Atti del Convegno IF CRASC ‘15 - 14-16 Maggio 2015, Roma, Editor: Nicola Augenti - Franco Bontempi, Dario Flaccovio, 2015. [4]. J.T. Reason - “Managing the risks of organizational accidents”, Ashgate Publishing Limited, 1997. [5]. J. Zink - “Inspection of Gusset Plates in Steel Bridges”, ASCE Struc- tural Engineering Conference Nov. 2, 2009. [6]. Federal Highway Administration - “Load rating guidance and exam- ples for bolted and riveted gusset plates in truss bridges”, FHWA- IF-09-014, Washington, D.C., 2009. [7]. C. Crosti, D. Duthinh - “Instability of steel gusset plates in compres- sion”, Structure and Infrastructure Engineering, http://dx.doi.org/10 .1080/15732479.2013.786102, 2013. [8]. NIST Physical Infrastructure Program - http://www.nist.gov/mml/ msed/mechanical_performance/physical-infrastructure-connections. cfm, 2009. [9]. M. Iadicola, J. Ocel, R. Zobel - “Quantitative Evaluation of Digital Image Correlation for Large-Scale Gusset Plate Experiments”, IABMAS2012, Stresa, Lake Maggiore, Italy, July 8-12, 2012. [10]. C. Crosti, D. Duthinh - “A nonlinear model for gusset plate con- nections”, Engineering Structures. Vol. 62-63, Pages 135-147, 15 March 2014. [11]. STRAUS7, http://www.hsh.info/.
  • 9. editoriale 9 L’economia globale in calo ha inciso anche sul rilancio delle nostre infrastrutture di trasporto? Claudio Capocelli stradeautostrade 10 L’Osservatorio ANAS A cura di Marina Capocelli 14 Completato il lato Sud del Quadrilatero Eugenio A. Merzagora 20 Una rete autostradale ecosostenibile Ufficio Stampa di Autovie Venete SpA pavimentazionimanti 24 Il ruolo dell’attivante di adesione – seconda parte Loretta Venturini – Luca Baccellieri 28 L’utilizzo della calce nei lavori di riciclaggio a freddo Giuseppe Castiglione – Giacomo Betti – Giacomo Ridondelli gallerietunnelling 36 Galleria di Gallerie A cura di Monica Sigismondo 42 La talpa Masha è pronta a scavare Ufficio Stampa di Infra.To. 45 Il “Punto di Vista”. “Il mondo industriale del tunnelling italiano: un futuro di successo che si fonda su un solido passato” Andrea Pigorini 46 Conci energetici per il rivestimento delle gallerie Marco Barla – Alice Di Donna 50 Filo diretto con il cantiere – seconda parte Marina Casati – Ezio Neve – Angelo Valsecchi 56 Collegamenti ferroviari tra porti liguri e linee del Nord Italia Antonio Di Pietro – Aldo Bellone 58 Avanzamenti in sotterraneo in India Monica Sigismondo – Eugenio A. Merzagora 60 Quattro TBM per la Linea Rossa di Tel Aviv Piero Dangera – Monica Sigismondo 62 Nuovi collegamenti sul Bosforo Monica Sigismondo – Luigi Brighenti pontiviadotti 64 Il caso di ponte Grosso nell’Appennino Parmense Piergiuseppe Froldi 68 Tutta colpa di un fazzoletto? Franco Bontempi – Chiara Crosti 76 Analisi del degrado e del recupero di un cavalcavia sulla S.S. 7bis Ruggero Cervellini ferroviemetropolitane 80 Il passante ferroviario di Torino è “Made in Italy” Alfredo Ingletti – Stefano Possati – Alberto Cecchini 84 Il metodo Top-Down e Bottom-Up Massimo Chiarelli 90 Le vie del ferro A cura di Gaetano Moroni 92 Verso una totale liberalizzazione del mercato ferroviario Fabio Camnasio aeroportihub 94 Certificazione EASA, Risk Assestment e portanza delle strip Fabio Grande portiidrovie 96 L’ammodernamento del canale di Suez: scenari e prospettive Giuseppe Pascuzzi COSTRUZIONE E MANUTENZIONE DI STRADE, AUTOSTRADE, PONTI, GALLERIE Studi e Progetti • Grandi infrastrutture • Cantieri • Impianti • Ambiente • Macchine • Tecnologie • Materiali SOMMARIO 119 5/2016 SETTEMBRE OTTOBRE
  • 10. cementicalcestruzzi 100 La manutenzione dei giunti del viadotto dei Parchi Marco Belli – Roberto Giorgini – Federico Laino 106 Una cassaforma per tunnel con dimensioni da record Ufficio Stampa di Peri SpA 108 I tubi spinta CPL e Giunto Saldato Ufficio Stampa di Coprem Srl 112 Lo stabilimento di prefabbricazione di Salbertrand Luigi Martinotti – Marco Giordano – Mauro Pelucchi – Alfonso Ratti – Ugo Lai – Alessandro Lencioni 114 Il calcestruzzo per attraversare i fiumi Ufficio Stampa di Holcim (Italia) SpA materialiinerti 116 Materiali e pavimentazioni stradali: prove e ispezioni Andrea Pugliaro 120 Aggregati artificiali dal riciclaggio di imballaggi PET Salvatore Lo Presti – Enrico Genova tecnologiesistemi 124 Tecnologia termica: analisi traffico e rilevazione eventi Roberto Tognacca macchine stradali 126 La prima W 150 CFi è già al lavoro in Italia Ufficio Marketing di Wirtgen Macchine Srl 130 La Rolls Royce del catiere macchine movimento terra 132 Compatti da 3 e 4 t: potenza e massima precisione 138 Anteprima mondiale del dumper HD9 86.56 Euro VI 140 Polifunzionalità Maurizio Quaranta attrezzaturecomponenti 144 Facilità e velocità di montaggio con priorità assoluta alla sicurezza Riccardo De Mio segnaleticasicurezza 148 Barriere stradali di sicurezza in A22 – seconda parte Walter Pardatscher – Carlo Costa – Andrea Demozzi 154 Controllo e verifica in realtà virtuale di progetti per la sicurezza stradale – seconda parte Lorenzo Domenichini – Valentina Branzi 160 Rassegnaletica A cura di Eugenio A. Merzagora 162 Un occhio alla Sicurezza A cura di Gaetano Moroni trasportilogistica 163 Pubblicato il “Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti” Darma Lodigiani 164 ITS e Smart City A cura di Maria Predari ambienteterritorio 166 Verso le emissioni zero per una Green Mobility A cura di Piero Scotti 168 Botanica applicata nei progetti di infrastrutture viarie Giuliano Sauli – Paolo Cornelini – Paola Villani 176 Stabilizzazioni e controllo delle polveri Claudio Garbari normeleggi 180 L’UE informa A cura di Fabio Camnasio 182 Osservatorio Legale Infrastrutture Viarie A cura di Stefano Calzolari 184 Dall’OICE, alcune azioni per l’applicazione del nuovo Codice Appalti Marta Tenca incontriinterviste 188 L’uomo che… pianifica i trasporti Bruno Amatucci 194 La forza del Genio Lucio Garofalo manifestazioniformazione 198 Dove il mondo vende e compra macchinari Ufficio Stampa di Ritchie Bros. Auctioneers 200 Il Salone italiano per il tunnelling e del sottosuolo 204 ECOMONDO e KEY ENERGY sempre più unite rassegnenotiziari 206 Recensioni di libri e cd-rom 208 Il Notiziario LASSTRE A cura di Fabrizio D’Amico 210 Il Notiziario SITEB A cura di Michele Moramarco 212 Il Notiziario ERF A cura di Concetta Durso 214 Il Notiziario SIIV A cura di Gianluca Dell’Acqua 216 Il Notiziario ASSOSEGNALETICA A cura di Giusy Palladino 218 Il Notiziario ASIT A cura di Francesca Maltinti 220 Servizio ai Lettori 221 News dall’Europa 224 Indice Inserzionisti