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Nel prima parte dell’articolo, pubblicato sul numero 25 di INGENIO, si sono considerati aspetti
elementari ma fondamentali dei sistemi di ritenuta composti da barriere prefabbricate tipo New
Jersey. Se ne sono evidenziate le essenziali caratteristiche geometriche e meccaniche e
attraverso una modellazione numerica ad elementi finiti si sono sviluppate delle simulazioni
dinamiche che hanno permesso di evidenziarne le caratteristiche prestazionali.
In questo secondo articolo saranno invece prese in considerazione due diverse tipologie di
barriere, una tipologia più recente denominata TIPOLOGIA A confrontata con una sviluppata
all’inizio degli Anni ‘90, denominata TIPOLOGIA B. Per quest’ultima, sarà considerata accanto alla
configurazione nominale una configurazione degradata come presumibilmente si ha dopo circa
vent’anni di assenza di manutenzione.
MODELLAZIONE
I modelli realizzati sono di due tipologie:
A. La tipologia di New Jersey classe H4b della fine degli Anni ’90, dotato di vano tasselli, è
detta “TIPOLOGIA A” e il modello verrà denominato “MODELLO A”;
B. La tipologia di New Jersey dei primi Anni ’90, in cui è assente il vano tasselli e di
conseguenza si ha un comportamento più rigido, è detta “TIPOLOGIA B” e il modello verrà
denominato “MODELLO B”.
La geometria, i materiali e i collegamenti orizzontali sono i medesimi per entrambi i modelli (Fig.
14). Dettagli specifici delle varie parti strutturali sono presentati nelle Figg.15, 16, 17, 18 e 19.
Complessivamente, il singolo modulo di barriera New Jersey ha qualche centinaia di migliaia di
gradi di libertà.
Relativamente ai legami costitutivi, il calcestruzzo è stato ritenuto elastico mentre per le varie parti
metalliche si sono considerati legami costitutivi elasto-plastici al fine di valutarne la dissipazione.
Questa scelta è basata sul fatto che la gran parte delle non linearità, e quindi proprio della
dissipazione, avviene negli inserti metallici, mentre danneggiamenti, e quindi dissipazioni di
energia, nel calcestruzzo sono limitati.
Ai fini di simulare le dissipazioni, sono invece essenziali i fenomeni di attrito fra le differenti parti
costituenti la barriera e fra questa e il piano di appoggio dell’impalcato del ponte. Si sono
considerati, quindi, i contatti tra le superfici dei vari elementi finiti, a contatto tra loro per
costruzione o che possono venire a contatto a seguito dell’urto agente sulla barriera, con
appropriati valori di coefficienti di attrito. Si hanno in particolare:
4. 2
• Contatto tra cordolo del ponte e New Jersey;
• Contatto tra le testate maschio-femmina dei New Jersey;
• Contatto tra la piastra bullonata al piede e il New Jersey;
• Contatto tra il piede del New Jersey e piastra del tassello;
• Contatto tra il tassello e il New Jersey;
• Contatto tra il tassello e la camera di espansione;
• Contatto tra la piastra di base del montante e il New Jersey.
Su entrambi i modelli è stata applicata una forza di tipo impulsivo equivalente ad un veicolo
pesante (autoarticolato) di massa pari a 38 tonnellate che urta contro la barriera con angolo di
impatto pari a 20° e velocità pari a 65 km/h. Questa configurazione d’urto è quella prevista dai
crash test full scale ai fini dell’omologazione delle barriere di classe H4b. Gli aspetti specifici di
modellazione della forza d’urto sono presentati in Fig. 20. In tale figura è in particolare evidenziata
l’impronta della barriera su cui si ipotizza avvenga applicata la forza d’impatto.
Dal punto di vista computazionale, si affronta un problema dinamico veloce che richiede
integrazione con schema esplicito capace di tenere in conto non linearità di materiale e di contatto
oltre a grandi spostamenti [7, 8, 9, 10, 11, 12].
Figura 14 – Modellazione complessiva del sistema di ritenuta.
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Figura 15 – Modellazione solida del singolo modulo di New Jersey con particolari delle testate.
Figura 16 – Modellazione solida del singolo modulo di New Jersey con dettagli dei vani tassello per
la tipologia “A” e “B”.
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Figura 17 - Dettagli del modello relativi al tassello di ancoraggio al cordolo.
Figura 18 - Dettagli del modello relativi alla barra rullata e alla piastra al piede.
7. 5
Figura 19 - Dettagli del modello relativi al mancorrente anti-ribaltamento.
Figura 20 - Dettagli della modellazione della forza d’urto e della sua zona di impatto.
8. SIMULAZIONI DELLE TIPOLOGIE DI BARRIERE
Con i modelli visti precedentemente si sono svolte differenti simulazioni. Scopo primario di queste
analisi è verificare che la forza d’urto applicata non determinasse la rottura, bensì spostamenti
della barriera accettabili in termini di larghezza operativa. Infatti, si presume che qualsiasi barriera
omologata abbia superato positivamente le prove di “crash full scale” previste dalla normativa e sia
pertanto in grado di contenere l’energia d’urto in maniera efficiente.
Un aspetto preliminare delle analisi è la scelta del numero di moduli da considerare. Per il
MODELLO A, si è scelta una stesa di barriera pari a 30 m, composta da cinque moduli di New
Jersey (Fig. 21), accertatosi che il comportamento deformativo fosse circoscritto ai tre moduli
centrali, risultando nulle le traslazioni dei moduli di estremità. Per il MODELLO B invece, essendo
questo caratterizzato da una rigidezza di gran lunga maggiore rispetto al MODELLO A in quanto
non dotato del vano tasselli al piede, si è scelta una stesa di 18 m ovvero tre moduli di New Jersey
(Fig. 22). Tale configurazione è risultata accettabile in quanto lo spostamento del modulo centrale
interessato dall'urto è risultato di pochi centimetri e le traslazioni dei due moduli di estremità
trascurabili.
Figura 21 – Serie di 5 New Jersey considerati per la simulazione d’urto su 30 m di barriera di
TIPOLOGIA A.
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9. Figura 22 – Serie di 3 New Jersey considerati per la simulazione d’urto su 18 m di barriera di
TIPOLOGIA B.
Simulazione per la TIPOLOGIA A.
Un sintesi della simulazione dell’urto sulla barriera di questa tipologia si legge nella Fig. 23.
Considerando i vari punti sull’altezza della barriera, si nota una traslazione laterale con valore
massimo pari a 100 mm.
Si individua inoltre intorno a 0.3 s l’entrata in tensione dei tasselli. Infatti, facendo riferimento alla
Fig. 24 dove sono rappresentati i tasselli di tutta la stesa di barriera considerata
(complessivamente 20 tasselli, ovvero 4 tasselli per i 5 moduli di New Jersey), si nota che i 4
tasselli relativi al modulo centrale della barriera si plasticizzano. Da osservare che fino a circa 0.3
s, le deformazioni assiali dei tasselli sono modeste.
Altre plasticizzazioni si possono osservare nella Fig. 25: qui si nota la formazione di cerniere
plastiche nella barra rullata e le deformazioni plastiche per flessione delle piastre al piede dei New
Jersey.
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Figura 23 – Spostamenti laterali della sezione centrale della barriera di TIPOLOGIA A.
10. Figura 24 – Tensioni e deformazioni dei tasselli lungo la stesa di 5 moduli della barriera di
TIPOLOGIA A.
Figura 25 – Plasticizzazioni nella barra rullata e nelle piastre bullonate al piede lungo la stesa di 5
moduli della barriera di TIPOLOGIA A.
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11. Simulazione per la TIPOLOGIA B.
Per questa tipologia, dalla Fig. 26 si può notare come gli spostamenti laterali siano modesti, quasi
un decimo di quelli registrati per la TIPOLOGIA A, e come i tasselli entrino subito in funzione come
mostrato in Fig. 27. Si ha quindi un unico tipo di comportamento meccanico, non avendo le due
fasi della TIPOLOGIA A.
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Figura 26 – Spostamenti laterali della sezione centrale della barriera di TIPOLOGIA B.
Figura 27 – Tensioni e deformazioni dei tasselli lungo la stesa di 3 moduli della barriera di
TIPOLOGIA B.
12. SIMULAZIONE IN PRESENZA DI DEGRADO.
E’ esperienza comune notare il degrado di barriere New Jersey non adeguatamente manutenute.
In particolare, lo stato della barriera può risultare il seguente:
• TASSELLI DI ANCORAGGIO AL CORDOLO: in avanzato stato di corrosione,
probabilmente a causa dei sali anti-gelo utilizzati sulle strade/autostrade nelle stagioni
invernali;
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• BARRE RULLATE: manicotti di giunzione assenti o totalmente arrugginiti;
• PIASTRE DI CONNESSIONE AL PIEDE: in vari tratti assenti, probabilmente a causa di un
numero elevato di collisioni di veicoli contro le barriere di sicurezza nel corso degli anni
che, seppur a bassa energia, hanno provocato nel tempo la rottura delle piastre stesse;
• MANCORRENTE: in buone condizioni rispetto agli altri elementi di connessione.
Una simulazione sulla TIPOLOGIA B in stato di degrado può essere sviluppata sulle seguenti
ipotesi:
• tasselli di ancoraggio al cordolo corrosi al 20%: riduzione della sezione utile (il diametro è
stato ridotto da
16 a
12,8 mm);
• assenza delle piastre al piede e delle barre rullate;
• mancorrente integro.
L'analisi condotta su questa configurazione degradata lunga 18 m e composta da 3 moduli di New
Jersey, ha portato al collasso del sistema, ovvero alla sua fuoriuscita dal bordo dell’impalcato,
come illustrato nella Fig. 28.
Figura 28 – Fuoriuscita della stesa di 3 moduli della barriera di TIPOLOGIA B in condizioni
degradate.
In particolare, in questa configurazione identica alla TIPOLOGIA A ma degradata come descritto
sopra, si ha la rottura dei tasselli di ancoraggio, il disaccoppiamento delle testate di elementi
contigui (maschio-femmina) e la fuoriuscita totale della barriera dal cordolo, in quanto il solo
mancorrente superiore, supposto integro, non è sufficiente a dissipare l’energia d’urto.
13. Questo risultato dimostra l’importanza dei tasselli di ancoraggio, ma al contempo anche dei
collegamenti tra moduli mediante le piastre al piede e le barre rullate che, se assenti, determinano
la mancata deformazione a cerniera e pertanto una perdita di continuità della superficie del New
Jersey. Una discontinuità tra moduli di New Jersey (disaccoppiamento delle testate maschio-femmina)
potrebbe risultare fatale per un veicolo in collisione, in quanto questo, non avendo a
disposizione una superficie regolare e continua che ne favorisca il rendirizzamento in carreggiata,
potrebbe impattare contro una discontinuità e provocare la rottura dell’intera barriera con la
conseguente fuoriuscita e disconnessione dal cordolo del viadotto.
In termini generali, appare critica l’opera di manutenzione di questi sistemi di ritenuta.
CONCLUSIONI.
In questi contributi si sono considerati aspetti elementari ma fondamentali dei sistemi di ritenuta
composti da barriere prefabbricate tipo New Jersey. Se ne sono evidenziate le essenziali
caratteristiche geometriche e meccaniche e attraverso una modellazione numerica ad elementi
finiti si sono sviluppate delle simulazioni dinamiche che hanno permesso di evidenziarne le
caratteristiche prestazionali.
Si sono considerate due diverse tipologie di barriere, una tipologia più recente denominata
TIPOLOGIA A confrontata con una sviluppata all’inizio degli Anni ‘90, denominata TIPOLOGIA B.
Per quest’ultima, è stata considerata accanto alla configurazione nominale una configurazione
degradata come presumibilmente si ha dopo circa vent’anni di assenza di manutenzione.
È importante sottolineare non solo la coerenza dei risultati ottenuti con i criteri di progetto fissati,
ma nel caso della configurazione degradata, come questa sia risultata non più capace di reggere
l’impatto previsto.
RINGRAZIAMENTI
Si ringrazia l’Ing. Pietro Pavesi di ABESCA per le informazioni fornite e l’Ing. Alessandra Lo Cane
del MIT costante ispiratrice anche del presente lavoro, parzialmente supportato dal fondo “FILAS -
POR FESR LAZIO 2007/2013 - Support for the research spin off” fornito a StroNGER s.r.l..
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Regional Pooled Fund Research Program. 2009 - 2010 (Year 20).