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Analisi storica e psicoanalitica del simbolo come espressione di potere.
La parola "simbolo" deriva dal latino symbolum (segno) che a sua volta deriva dal tema del verbo
symballo avente il significato approssimativo di "mettere insieme" due parti distinte. Il simbolo
contiene di per sé quello che vuole significare e può essere di due tipi:
 convenzionale, in virtù di una convenzione sociale;
 analogico, capace di evocare una relazione tra un oggetto concreto e un'immagine mentale.
Ad esempio, il linguaggio parlato consiste di distinti elementi uditivi adoperati per rappresentare
concetti simbolici (parole) e disposti in un ordine che precisa ulteriormente il loro significato. I
simboli possiedono un forte carattere intersoggettivo, in quanto sono condivisi da un gruppo sociale
o da comunità culturali, politiche e religiose.Ilsimbolo è performativo (produttivo, produce qualcosa
nella realtà, trasforma la cultura), intransitivo (non traducibile) e quindi è infinitamente
interpretabile.
Diventa importante distinguere il simbolo dal semplice segno: il segno, infatti, è convenzionale,
comprensibile a tutti, mentre il simbolo esprime un significato inesauribile razionalmente, in cui
può apparire per nulla simbolico a colui che lo ha prodotto, ma che tale invece sembri a un’altra
coscienza.
I simboli vengono da sempre utilizzati dall’uomo, fin dalle società primitive per trovare poi un’
ampia applicazione nella religione, nell’antropologia culturale, nella filosofia, nella letteratura,
nelle scienze, fino alle riflessioni romantiche sul mito per arrivare al simbolismo dei sogni nella
psicoanalisi di Freud e nella psicologia del profondo di Jung.
Se, come sostiene René Alleau, una società senza simboli non può evitare di cadere al livello delle
società infraumane, poiché la funzione simbolica è un modo di stabilire una relazione tra il
sensibile e il sovrasensibile, sulla interpretazione dei simboli e sul loro impiego da sempre gli
uomini sono divisi. Tale atteggiamento è spesso dovuto al fatto che spesso l'uomo tenta di trovare
un significato ad un simbolo anche se questo non ne ha; può evocare e focalizzare, riunire e
concentrare, in modo analogicamente polivalente, una molteplicità di sensi che non si riducono a
un unico significato e neppure ad alcuni significati soltanto. All'interno del medesimo simbolo vi
sono evocazioni simboliche molteplici e gerarchicamente sovrapposte che non si escludono
reciprocamente, ma sono anzi concordanti tra loro, perché in realtà esprimono le applicazioni di
uno stesso principio a ordini diversi. Ed in tal modo si completano e si corroborano, integrandosi
nell'armonia della sintesi totale. Questo rende il simbolismo un linguaggio meno limitato del
linguaggio comune ed adatto per l'espressione e la comunicazione di certe verità, facendone il
linguaggio iniziatico per eccellenza ed il veicolo indispensabile di ogni insegnamento tradizionale.
È necessario poi specificare la differenza fra simbolo, marchio e allegoria: il marchio è un segno che
ha esclusivamente significato soggettivo e che viene utilizzato per esprimere un origine fattuale;
l’allegoria è invece un segno che non contiene di per sé il contenuto alla cui trasmissione è
finalizzata. Il simbolo è un segno che ha un aspetto di convenzionalità maggiore rispetto agli altri
segnali poiché chi esprime il simbolo lo usa come alternativa al segno con cui s'identifica. Dunque,
se l’allegoria può essere soggetta a discussione critica nella fase di interpretazione non avendo
valore assoluto, il simbolo assume una valenza metafisica nascosta espressa da un intimo rapporto
tra la raffigurazione sensibile espressa nel simbolo e la sua valenza ideale.
Mi appresto dunque ad analizzare l'insegna del potere da un punto di vista storico, focalizzando
l'attenzione poi sugli aspetti più inerenti alla sfera privata del singolo e sul l'influenza che hanno su
questo.
Il simbolo riesce ad assolvere alla sua funzione “universale” all'interno di una comunità grazie alla
empatia sociale, la quale è la funzione che permette a coscienze separate, diversamente pensanti,
di associare ad una stessa immagine, uno stesso significato.
Questa interconnettività tra gli individui è stata sfruttata da chi detiene il potere per inculcare nelle
menti della popolazione i concetti desiderati, spesso al fine di sottomettere anche sul piano
psicologico il popolo.
Aquila imperiale:
L’aquila imperiale è un simbolo tra i più antichi e più utilizzati sia nei tempi passati che in quelli
moderni. Il suo utilizzo come simbolo del potere nasce dal fatto che viene considerata la “regina
dei cieli”, dal fatto che vola a quote molto alte, ciò probabilmente indusse i romani ad adottarla
come insegna. Sopratutto venne contrapposta alla croce dopo la nascita del cristianesimo.
Storicamente l'aquila,dopo il suo utilizzo in contrapposizione alla croce, vide un calo di popolarità
dopo che Costantino le affiancò, alla vigilia della battaglia di ponte Milvio, la croce. L'aquila di
Roma si evolse poi nel medioevo in quella bicipite. Una fantasiosa tradizione ne attribuisce
l'invenzione ad Armin, condottiero dei germani, che sorprese il console Quinto Varo e lo annientò
nella selva di Teutoburgo; in tale circostanza egli legò insieme le aquile che ornavano i labari delle
legioni distrutte e le esibì a lungo come trofeo, prima di essere a sua volta sconfitto ed esiliato da
Tiberio. L'ipotesi più credibile pare, tuttavia, essere quella per cui furono proprio i bizantini ad
inventarla al fine di rappresentare la pretesa di ricostruire l'unità dell'Impero Romano, peraltro mai
realmente avvenuta. Di tale emblema esistettero nel corso dei secoli due versioni: una bianca su
fondo rosso (tipica, per es., di Serbia e Montenegro) ed una nera su fondo oro (Grecia, Impero
Asburgico, Russia Zarista, ecc.); pare ne esistesse anche una versione dorata su fondo nero, ma le
testimonianze in merito sono piuttosto scarse. Ad ogni buon conto, la diffusione dell'aquila quale
emblema statale in area germanica e in area slava derivò in primo luogo dalla creazione del Sacro
Romano Impero, che Carlo Magno istituì su sollecito di Papa Leone III subito dopo la sua
incoronazione (Roma, 25 Dicembre 800 d.C.): in segno di omaggio verso gli imperatori romani, dei
quali si considerava erede e continuatore, Carlo Magno adottò l'aquila, facendola incidere sul
sigillo imperiale; questo spiega come mai l'attuale stemma di Stato tedesco raffiguri un'aquila nera
col rostro e le zampe rosse su fondo oro, ispirando in tal modo anche la bandiera nazionale tedesca
a strisce orizzontali nero-rosso-oro. L'aquila fu poi ripresa dagli Hofenstahuen, la dinastia di
Federico I “il barbarossa” e Federico II, questa passò poi agli Hoenzollern che con gli altri
condivideano l'origine reniana e la radice del cognome, per poi divenire principi di Brandeburgo, re
di Prussia e, infine, imperatori di Germania (1871-1918): in quest'ultima circostanza il cancelliere
prussiano Otto von Bismarck creò la nuova bandiera del Reich, che ai colori prussiani (nero e
bianco) unì quelli anseatici (bianco e rosso) a significare che, pur sotto l'egida prussiana, il nuovo
Impero nasceva con una struttura federale. Anche Napoleone adottò l'aquila come simbolo del
proprio Impero, facendola raffigurare di tre quarti di colore dorato su fondo azzurro son la corona
imperiale in capo, uno scudetto con la cifra "N" sul petto ed il turcasso di Giove (in origine un fascio
di fulmini, poi ridotto a due tortiglioni fiammeggianti) tra gli artigli. Agli inizi del '900 Germania e
Italia utilizzarono questo rapace come simbolo di potenza: in particolare Mussolini decise nel '43 di
inserirla nel tricolore italiano per creare la bandiera dell'RSI. Nel ventennio l'aqulla fu utilizzata per
simboleggiare una sorta di ponte fra l'Italia fascista e la Roma antica. Utilizzando questo simbolo si
richiama dunque la potenza miltare dei romani e in particolare i successi che ottennero, quasi
fossero eventi destinati a ripetersi grazie alla lungimiranza del duce. In particolare il richiamo a
Roma divenne richiamo alla potenza dell'impero: Mussolini fondò l'impero italiano con le
conquiste nel corno d'Africa. Nei suoi ideali l'impero italiano, se adeguatamente sostenuto dalla
popolazione, avrebbe raggiunto i fasti dell'età romana, a patto che però il popolo concedesse nelle
istituzioni statali la fiducia più totale dando così al Duce i mezzi per formare quell'identità
nazionale che avrebbe permesso di superare qualsiasi nemico, interno o esterno. Gli USA decisero,
invece, di adottare come proprio simbolo l'aquila di mare (meglio conosciuta come aquila
americana) contrapponendola al leone, simbolo della Gran Bretagna, Paese allora dominante le
tredici colonie d'oltreoceano. Tale decisione derivò dal fatto che molti degli Stati e dei governi
europei (primo tra tutti la Francia , che però all'epoca usava tre gigli d'oro su fondo azzurro) che
sostenevano la ribellione avevano l'aquila come simbolo, e che essa era abbastanza facile da
riprodurre; ma l'aquila era, insieme al lupo e all'orso, anche uno dei principali simboli dei
pellerossa, che la associavano al culto del sole, rendendo in questo gli indigeni del Nuovo mondo
simili agli antichi egizi. Ad ogni modo, il simbolo portò, alla lunga, fortuna agli americani, tanto da
essere ancora oggi il simbolo della potenza e della democrazia statunitense, e da essere portata
persino sulle uniformi dei colonnelli e dei capitani di vascello dell esercito statunitense. Sebbene
questi siano gli esempi principali della diffusione che ha avuto questo emblema attraverso i secoli,
non sono, però, gli unici: gli stessigoti e longobardi rappresentarono l'aquila nelle proprie insegne
militari e civili, ma anche in ornamenti e gioielli sia maschili che femminili, molti dei quali giunti
sino a noi (da studi recenti pare, però, che si tratti più di fenici che di aquile), ed anche l'Indonesia
ha come proprio emblema l'aquila, simbolo di Garuda (una divinità locale molto antica, da cui
prende il nome anche la compagnia aerea di bandiera locale). Inoltre molti Paesi musulmani
riconoscono l'aquila come proprio simbolo. Ne esistono due versioni: quella quraish, che prende il
nome dalla tribù di cui faceva parte il profeta Maometto, e quella cosiddetta "di Saladino", più
stilizzata, adottata - tra gli altri - dai palestinesi e dall'Iraq.
Il successo che questo uccello ha riscosso nei secoli è da attribuire in larga parte al messaggio che
essa rappresenta: essa infatti vola in alto nei cieli e osserva tutto, non solo può controllare ogni
evento sottostante, ma è anche l'unica che può avere na visione globale della situazione.
Metaforicamente qui l'aquila è chiaramente alter ego dello stato totalitario del '900, dove la res
publica ha la pretesa di controllare tutto e la convinzione che non ci sono altre verità al di fuori
della propria. Questo uccello rapace, tanto elegante e maestoso quanto potente e spietato al
momento dell'attacco ha rappresentato così la potenza delle istituzioni, in particolare nel
medioevo, quando il prestigio militare era il più importante parametro di benessere, pubblico e
privato.
Le più importanti interpretazioni dell'aquila sono le seguenti:
• l'aquila vola ad ali spiegate, simbolo di mestosità e nobiltà;
• è il più grande e terribile dei rapaci, chiramente dunque riferimento alla potenza militare;
• sconfigge draghi e serpenti, chi se ne fregia aspira dunque a diventare garante del bene e
nemico del male;
• fissa il sole che la ringiovanirebbe, indica dunque l'elevazione a Dio di cui è capace;
• vola nel cielo più alto, ovvero contempla tutto ed ha la maggior saggezza e sapienza.
La croce uncinata
La croce unciniata, più celebre in tempi moderni come svastica, com' è noto, è il simbolo che Hitler
scelse come emblema del partito nazionalsocialista e, più tardi, del suo Terzo Reich; essa consiste
in una croce i cui bracci terminano con dei segmenti, 'simil-uncini', ad angolo retto, volti da destra
verso sinistra: da qui il nome 'croce uncinata'. Hitler la scelse perché adottata da molti gruppi
antisemiti agli inizi del '900 che attribuivano alla croce uncinata un' origine ariana (a torto, come
vedremo).
Il motivo della svastica, in realtà, ha origini abbondantemente anteriori: essa risale infatti al tardo
Neolitico; la svastica si è poi ampiamente diffusa soprattutto nell' età del ferro. La si ritrova poi
nelle ceramiche dell' Elam (regione situata lungo il corso inferiore del Tigri), su alcuni idoletti
femminili della Troade (in Asia minore), su vari oggetti della regione danubiana, in Grecia sui vasi,
di stile geometrico, di Dipylon, su alcune statuette della Beozia e sui vasi dipinti di Rodi, e in Italia,
sui vasi cinerari e sulle urne a capanna del Villanoviano.
Il significato preciso di questo simbolo antichissimo e diffusissimo, come abbiamo visto, in Europa
e in Asia (e come vedremo in tutto il mondo), è incerto, tuttavia la maggior parte degli studiosi lo
riferisce alla simbologia solare e ai contenuti soprannaturali attribuiti nell' antichità all' astro del
giorno. Tale aspetto è però effettivamente documentato solo in India, dove la croce uncinata
assume nel tempo il significato di benessere e di vita (il termine svastica deriva dal sanscrito
'svasti', che vuol dire appunto salute, felicità). In ogni caso è probabile che in molti posti sia stata
usata come semplice motivo ornamentale.
La grafia della svasticaha subìto parecchie variazioni e trasformazioni: talvolta appare come una
doppia S incrociata (a Troia e nell' arte micenea); in molti casi la svastica è posta nel verso opposto
rispetto a quella nazista; nel Tibet i lama rossi della setta del Bon adottarono per primi la svastica
nel verso hitleriano ma con dei puntini al centro.
L' uso della svastica resistette nel tempo: si hanno rinvenimenti di croci uncinate in Africa, nelle
Americhe, dove la si trova addirittura su monumenti aztechi e incaici, e anche nell' arte funeraria
cristiana dal II secolo dopo Cristo in poi, forse come semplice rafforzamento della croce cristiana o
forse come rimanescenza pagana. Addirittura, altra beffa della storia, è stata trovata una svastica in
un tempio ebraico in Palestina.
Proprio la sua forma a croce ispirerà la satira di oppositori e delatori del nazismo che vedranno in
essa il simbolo del destino dei cristiani nella Germania di Hitler: essere schiacciati dal peso di
quella terribile croce, ancora più scomoda e pesante di quella normale. In ambito buddhista il
simbolo dello svastika indica il Dharmacakra, la "Ruota della dottrina".
Nel Buddhismo cinese il carattere 卐 o 卍 o anche 萬 (wàn, giapponese mandarino) rende il
termine sanscrito svastika (reso anche come 塞縛悉底迦 sāifúxīdǐjiā) con il significato di "10.000"
ovvero di "miriadi" o "infinito" o "tutte le cose" che si manifesta nella coscienza di un buddha (佛
, Fó); per tale ragione esso è spesso posto nelle statue rappresentanti un buddha sul suo petto
all'altezza del cuore.
Nel Buddhismo Zen il carattere 卐 o 卍 rappresenta il 佛心印 (busshin-in) ovvero il "sigillo della
mente-cuore del Buddha" trasmesso da patriarca a patriarca nel lignaggio di questa scuola.
In ambito induista il simbolo destrorso (卐) è associato con il Sole e con la ruota del mondo che
gira intorno ad un centro immobile, e quindi emblema di Viṣṇu. Secondo lo studioso ed esoterista
francese René Guénon esso rappresenterebbe il "Principio originante" della realtà nella sua azione
vivificante-ordinante (il Verbo greco o l'Oṃhindu). È in altri termini un simbolo del "Polo" o del
"Centro", analogo all'Axis Mundi,del principio inamovibile che è presente in tutte le cose e si
esprime in esse come vita originandole, e al quale tutte le cose tornano.
Analizziamo però lo sviluppo che ebbe la croc uncinata con il nazismo. La svastica orientata in
senso antiorario è un simbolo distruttivo. La svastica orientata in senso orario è un grande simbolo
creativo. I nazisti cercarono per tre anni un simbolo, poiché un simbolo non è solo un simbolo:
preso da una tradizione profonda, esso diviene un legame. Perciò Hìtler inviò varie spedizioni di
ricercatori nel Tibet per scoprire uno dei simboli più antichi della razza ariana. Con quel simbolo, si
sapeva (esotericamente) che era possibile porsi in contatto con molte cose nascoste. Perciò fu
prescelta la svastica, ma rovesciata. Il simbolo della svastica era stato usato per migliaia di anni,
praticamente in ogni gruppo di umani sul pianeta. Era noto alle tribù germaniche come "Croce di
Thor", ed è interessante che il Nazismo non abbia usato quel termine che appartiene alla storia
della Germania, ma abbia invece preferito "rubare" il termine indiano "svastica". Come "Croce di
Thor", il simbolo fu anche introdotto in Gran Bretagna, nel Lincolnshire e nello Yorkshire, dai
colonizzatori scandinavi, molto prima di Hitler. L'introduzione in Germania e in Austria avvenne
grazie al monaco Adolf Lanz che, nel 1895 in un viaggio in India, aveva acquistato nei dintorni di
Calcutta un anello venduto da un santone per pochi soldi dove era impresso questo simbolo,
considerato un simbolo di vita eterna e per questo il simbolo supremo del predominio della casta
ariana, che aveva dominato l'India fin dall'antichità. Lo stesso Hitler era uno studioso. Aveva
conoscenze esoteriche che lo conducevano a credere che gli Ariani fossero superiori in quanto
semidei, e a pensare che il suo popolo doveva a tutti i costi riguadagnare la sua superiorità
perduta.
Le sue idee lo conducevano inoltre a vedere negli ebrei dei nemici in quanto popolo che non
utilizzava la svastica, eredità degli Arii che ne avevano diffuso il culto ovunque:
«La svastica era il Sole e gli ebrei erano devoti alla luna, dunque nemici del simbolo e degli Ariani».
L’esoterismo fu studiato da Hitler con l’intento di sviluppare una società “mistico-politica”; un
esempio di queste attenzioni lo si può avere osservando i colori ufficiali del vessillo nazista, il nero
il rosso ed il bianco, colori sacri all’alchimia.
La croce uncinata simboleggia dunque la purezza della razza ariana, la quale per Hitler, come dice
nel suo “Mein Kampf”, è l'unica rappresentate il genere umano, ed è l'unica in grado di poter
sconfiggere le altre razze infraumane, dando così inizio ad una nuova era, dominata dalla razza
umana (ariana) a cui sono assoggettate, se non già sterminate, le altre razze. E' un'ideologia
chiaramente rispettata dal Fuhrer, il quale fondò su questa utopia la sua politica, interna ed estera.
Il conflitto scatenatosi nel '39 fu mosso da motivazioni inerenti questo tema: il popolo tedesco
doveva conquistarsi lo “spazio vitale”, ovvero conquistare territori ad est ed ad ovest in modo da
poter raggiungere l'autosufficienza propedeutica alla purificazione-conquista del mondo intero,
flagellato dal complottismo giudaico. Emblema di questa lotta per il dominio razziale fu lo
sterminio degli ebrei attuato nei campi di concentramento: Hitler cominciò così a pulire il mondo
da quella razza da lui considerata indegna e non pura come invece era la razza ariana, pura come il
sole richiamato dalla svastica, suo emblema.
La falce e il martello
L'origine dello stemma sovietico non è univoca. Inizialmente ne furono elaborate diverse varianti:
falce e martello, martello e rastrello, martello e forcone, martello e aratro. Tradizionalmente, nei
paesi europei il martello era sempre stato il simbolo degli operai. Insieme a un attrezzo agricolo,
avrebbe dovuto rappresentare il famoso slogan di Lenin sull'unione dei proletari e dei lavoratori
delle campagne. Nell'aprile del 1918 venne approvata la versione definitiva dell'emblema: ne fu
autore il pittore moscovita Evgenij Kamzolkin. Nell'estate del 1918 il quinto Congresso dei Soviet
adottò ufficialmente questo simbolo. Il fatto interessante è che Kamzolkin non solo non era
comunista, ma era anzi un uomo di grande fede religiosa e proveniva da una famiglia agiata. Per
oltre un decennio era stato membro della Società mistico-artistica "Leonardo da Vinci", ed era un
profondo conoscitore del significato dei simboli. In primo luogo, la falce e il martello possono
essere associati al simbolo massonico del martello e cesello. Questi utensili rappresentavano un
fine chiaramente individuato (il cesello) e la fermezza nella sua realizzazione (il martello). Nella
simbologia religiosa europea il martello è associato al vigore maschile e all'aggressività, alla forza
fisica (il martello del fabbro Efesto in Grecia) e alla violenza distruttiva; lo impugnano gli dei del
tuono, come lo slavo Svarog e lo scandinavo Thor. In Cina e in India il martello simboleggia il trionfo
distruttivo delle forze del male.
E' difficile dire se Kamzolkin volesse riunire in un simbolo le forze motrci del movimento comunista,
o se volesse invece esprimere la propria convinzione su quella che doveva essere la prerogativa
dello stato per goverare bene: fatto sta che molti la pensarono come il filosofo Losev, il quale
affermava che questo era un simbolo importantissimo, che andava ben oltre il semplice essere
emblema, era infatti un'insegna capace di mobilitare le masse popolari, colpendole nel profondo e
cogliendo la loro essenza.
In diverse religioni la falce viene interpretata come un simbolo di morte. I covoni e la mietitura nel
mondo cristiano vengono associati alle anime degli uomini che il Mietitore, ovvero Dio, raccoglierà
alla fine del mondo. È interessante notare come nel Medioevo la Morte veniva raffigurata non con
la falce fienaia, ma appunto con un falcetto da mietitura. Nella cultura pagana di diversi popoli
indoeuropei e slavi esiste la dea Mara o Morana, la signora della morte, che tradizionalmente tiene
nella mano sinistra un falcetto. Nell'induismo la dea della morte Kali, sorella di Shiva, regge un
falcetto nella mano sinistra. Curiosamente, sullo stemma dell'Austria rivoluzionaria anche l'aquila
stringeva un falcetto nella zampa sinistra. E anche nello stemma sovietico la falce è posizionata
dalla stessa parte.
Il nome di "Serp i molot" ("Falce e martello") venne dato a moltissimi villaggi, paesi e piccole
stazioni ferroviarie sul territorio delle attuali Russia, Ucraina, Bielorussia e Kazakistan. Una delle più
grandi acciaierie e stabilimenti metallurgici di Mosca, che prima della Rivoluzione era appartenuta
al mercante francese Julij Goujon, venne in seguito ribattezzata "Falce e martello". Esisteva persino
una speciale medaglia d'oro denominata "Falce e martello", realizzata dall'architetto e arredatore
personale di Stalin, Miron Merzhanov. La medaglia veniva conferita agli eroi del lavoro socialistico
e ai cavalieri dell'ordine di Lenin, ed era considerata la più alta onorificenza in URSS. Fu concessa in
totale a diciannovemila cittadini sovietici. La falce e il martello aveva colpito in pieno l'imortante
compito per cui era stata realizzata, da semplice insegna statale era diventata un riassunto
iconografico dell'ideologia comunista che aveva ormai pervaso tutta la società.
Questo simbolo comparve per la prima volta sulla copertina della prima edizione de “Il manifesto
del partito comunista” di Marx-Engels (1848) su ispirazione dei parigini che lo innalzarono sulle
barricate durante le rivolte dello stesso anno, anche se non nella forma che gli conferirà Kamzolin:
infatti i due strumenti non erano incrociati. Fonti meno accreditate attribuiscono invece la nascita
dell'emblema all'età napoleonica, in particolare ad una insegna di un battaglione durante la
battaglia di Austerlitz (1805), altre ancora che fosse già in uso nel secondo decennio del '500 in
Germania. Nei tempi moderni, in particolare trattando il “post-rivoluzione di ottobre”, la falce e il
martello sono stati utilizzati nelle bandiere di quegli stati che rientravano, direttamente o
indirettamente, nell'orbita sovietica, e dai partiti filo-comunisti. In Italia ad esempio il partito
comunista (PCI) e quello socialista (PSI) adottarono entrambi i due strumenti incrociati come
emblema, con la differenza che il PCI aggiunse una stella al di sopra di questi ad indicare l'adesione
del partito ai dictat imposti dalla III internazionale (1919).
La falce e il martello rappresentavano alla perfezione i motori ideologici del comunismo,
richiamando i principi marxisti: il potere doveva essere del proletariato, ovvero della classe
operaia, riassumibile in addetti alle macchine (martello) e in contadini (falce); il proletariato doveva
conquistare tramite una rivoluzione, necessariamente violenta a causa della reazione opposta dalla
borghesia-aristocrazia, successivamente instaurare una “dittatura del proletariato”, indispensabile
al fine di preparare le istituzioni e l'economia al socialismo. Una volta organizzato così lo stato e
preparata la situazione, le istituzioni si sarebbero dissolte lasciando il proletariato a governare se
stesso, senza differenze di classi, soprattutto senza proprietà privata, causa di ogni male ab
originibus.
Emblema della repubblica italiana
Venendo ai tempi contemporanei ritengo giusto soffermarsi sul simbolo dello stato italiano.
Il parto di questa effige non fu scontato e univocamente accettato come si può pensare di primo
acchito: furono indetti 2 concorsi per la presentazone dei bozzetti, uno nel '46 e uno nel '48. Nel
'46 la commissione per lo studio dell'emblema della repubblica, presieduta da Ivanoe Bonomi,
ricevette 647 disegni da parte di 341 artisti. I risultati però disattesero le aspettative, e allora i
giurati chiesero ai concorrenti di modificare i bozzetti dandogli degli elementi necessariamente da
aggiungere ai disegni, inserendo una “cinta turrita” che simboleggiasse la resistenza partigiana
contro i nazifascisti, e un riferimento al mare. Il 13 gennaio 1947 il disegno ripresentato da Paolo
Paschetto venne scelto come il vincitore: mostrava una corona turrita (con otto torri merlate) e
cinta da foglie di ulivo cariche di frutti, le linee ondulate del mare e la scritta unità e libertà; ma
nemmeno questa fu la versione definitiva, infatti il numero di torri passò da sei a otto, e scomparve
la merlatura e le scritte furono ridotte. Quando il simbolo fu diffuso ufficialmente, nel febbraio
1947, ma l’opera di Paschetto fu stroncata. Un giornale romano definì l’emblema «una tinozza»
sfondata e capovolta, e al giudizio estetico si aggiunsero le obiezioni espresse dalle parti politiche: i
democristiani avrebbero voluto vedere la croce, i comunisti la falce e il martello, i repubblicani
l’edera, i socialisti libri aperti e soli nascenti.
Il 19 gennaio del '48 questo bozzetto fu affossato definitivamente. Il 21 gennaio la nuova
commissione, presieduta da Giovanni Conti, bandì un secondo concorso e fra i 197 disegni fu scelta
nuovamente una delle quattro proposte presentate da Paschetto. Rispetto al bozzetto precedente,
al posto della cinta muraria compariva la stella raggiante – lo “stellone”, come fu soprannominato –
sovrapposta a una ruota dentata d’acciaio, circondata da rami di ulivo e di quercia (specie tipiche
italiane che alludono alla vocazione alla pace e alla forza della nazione). Il 31 gennaio il disegno fu
accettato dalla Costituente, senza troppa convinzione. Terracini commentò il nuovo simbolo
dicendo: «credo che qualunque emblema, quando ci saremo abituati a vederlo, finirà per
l’apparirci caro» . Così nacque il simbolo che siamo abituati a vedere su tutti i valori bollati, gestiti
dal monopolio di stato o nelle note ufficiali del governo.
E' un'immagine che a quasi tutti i cittadini sembra scontata, appare in particolare una logica
conseguenza del primo articolo della costituzione nata nel 1946, la quale così recita:
“L'italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. [Comma 2] La sovranità appartiene al
popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione.”
Abbiamo infatti riuniti all'interno di questo emblema i valori fondanti dello stato. Il cittadino ha il
diritto e il dovere di lavorare, il lavoro è la base della società e del benessere civile e privato, questo
è simboleggiato dalla ruota dentata, l'ingranaggio, chiaro riferimento all'attività lavorativa. Ma la
ruota include un altro messaggio più implicito ma non per questo meno importante. I denti
dell'ingranaggio sono tutti uguali, e devono essere tutti uguali affinchè ci sia giustizia, equità e
salute. Si racchiude così in questo simbolo un'altro principio inprescindibile, il diritto
all'uguaglianza, esplicitato nel art.3 comma 1,2 della costituzione:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
[Comma 2] È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e
sociale del Paese”. Di conseguenza, dato che al cittadino, che viene adesso chiamato “lavoratore”
ad indicare l'importanza che assume il lavoro, viene concesso il diritto all'uguaglianza, formale nel
comma 1 e sostanziale nel comma 2, adesso questo può contribuire a formare una società equa e
virtuosa, sia nel collettivo che nel singolo. Così dunque lo stato tutela il cittadino che può in questo
modo, insieme agli altri migliorare la società per farla eccellere, e può emendare se stesso per
raggiungere un altrettanto elevata eccellenza; eccellenza che fa parte della storia italiana e la
attraversa in toto: ciò è rappresentato nella corona di ulivo e quercia che similmente all'alloro può
cingere la testa dei valorosi. In particolare la quercia è richiamo alle tradizioni e al bagaglio storico-
culturale che il popolo italiano ha ricevuto in eredità e di cui deve essere fiero, nonché prenderne
ispirazione per compiere gesta di pari, se non superiore importanza. La corona crea anche un filo
che collega quest'emblema all'inno del paese, “L'inno di Mameli”, in cui l'Italia, destatasi, si è “cinta
la testa” grazie al suo valore. La stella infine racchiude il vigore, la forza e la fierezza di questo
popolo che nel corso della storia ha avuto i suoi picchi di massima gloria (antica Roma) che poi è
decaduta e, dopo secoli di sottomissione da parte di altri popoli, è ritornata ad essere grande,
destinata ad aumentare sempre, grazie al valore dei cittadini, che riesce sempre ad emergere. In
particolare il riferimento è all'evento storico più recente che ha visto gli italiani opporsi
strenuamente al nemico: si tratta della resistenza partigiana, vanto della repubblica, nata dalle
ceneri del fascismo grazie al valore dei partigiani. Un simbolo dunque tanto familiare quanto quasi
scontato nasconde invece molto di più, superata la mera apparenza, è un sinolo di concetti
importantissimi di cui non si dovrebbe mai fare a meno per vivere bene, pubblicamente e
privatamente, perchè lo stato è il cittadino.
Bibliografia:
• La scienza dei simboli, Rene Alleau, Firenze, Sansoni editore, 1983;
• Il simbolo e l'uomo, Carlo Sini, Egea, Milano, 1991;
• www.wikipedia.it;
• www.imperobizantino.net;
• www.associazionedecimamas.it;
• www.portalearaldica.it;
• Storia del Terzo Reich, WilliamL. Shirer Fabbri Editori, Milano, 1978;
• L'Enciclopedia della storia universale, De Agostini, Novara, 1995.
• www.storiaepolitica.it;
• www.favis.org;
• www.pmli.it;
• www.ilpost.it;
• www.governo.it;
della squadra e del compasso ha un altro Tuttiicittadini hanno paridignità sociale e sono eguali davanti alla legge,
senzwwwadistinzionedi sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni person
significato, ancora più celato. Il compasso, infatti, disegna una forma circolare, la squadra invece, è
utilizzata per disegnare quadrati. Sovrapponendo queste due figure allo stesso modo con cui si
sovrappongono i due strumenti di disegno, si forma un cerchio inscritto in un quadrato. Troviamo
queste due figure insieme anche nel 47° problema di Euclide, quello sulla "quadratura del cerchio",
uno tra gli obiettivi primari dell'arte massonica. In questo caso, riprendendo il discorso sul rapporto
tra materia e Spirito, troviamo celato in queste immagini sovrapposte un significato ancor più
profondo: la quadratura del cerchio, infatti, è riferibile all'istintiva ricerca dell'uomo di armonizzare
la propria natura sia fisica che spirituale. La squadra e il compasso simboleggiano dunque lo stato
dell'uomo come eterna anima che si manifesta in un corpo mortale. Il eerchio è il lato spirituale
che non può essere visto; la perfezione quindi si cela dentro di noi, nella nostra anima, ed è
protetta dal corpo, dal quadrato.All'interno della squadra e del compasso troviamo spesso una "G";
i significati attribuiti a questa lettera sono molteplici, come ad esempio "Generazione",
"Geometria", "Gravità", o anche "GADU" (Grande Architetto dell'Universo). Dandogli una lettura
inglese potrebbe significare "God" (Dio).

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Tesina qqwaesdfghj

  • 1. Analisi storica e psicoanalitica del simbolo come espressione di potere. La parola "simbolo" deriva dal latino symbolum (segno) che a sua volta deriva dal tema del verbo symballo avente il significato approssimativo di "mettere insieme" due parti distinte. Il simbolo contiene di per sé quello che vuole significare e può essere di due tipi:  convenzionale, in virtù di una convenzione sociale;  analogico, capace di evocare una relazione tra un oggetto concreto e un'immagine mentale. Ad esempio, il linguaggio parlato consiste di distinti elementi uditivi adoperati per rappresentare concetti simbolici (parole) e disposti in un ordine che precisa ulteriormente il loro significato. I simboli possiedono un forte carattere intersoggettivo, in quanto sono condivisi da un gruppo sociale o da comunità culturali, politiche e religiose.Ilsimbolo è performativo (produttivo, produce qualcosa nella realtà, trasforma la cultura), intransitivo (non traducibile) e quindi è infinitamente interpretabile. Diventa importante distinguere il simbolo dal semplice segno: il segno, infatti, è convenzionale, comprensibile a tutti, mentre il simbolo esprime un significato inesauribile razionalmente, in cui può apparire per nulla simbolico a colui che lo ha prodotto, ma che tale invece sembri a un’altra coscienza. I simboli vengono da sempre utilizzati dall’uomo, fin dalle società primitive per trovare poi un’ ampia applicazione nella religione, nell’antropologia culturale, nella filosofia, nella letteratura, nelle scienze, fino alle riflessioni romantiche sul mito per arrivare al simbolismo dei sogni nella psicoanalisi di Freud e nella psicologia del profondo di Jung. Se, come sostiene René Alleau, una società senza simboli non può evitare di cadere al livello delle società infraumane, poiché la funzione simbolica è un modo di stabilire una relazione tra il sensibile e il sovrasensibile, sulla interpretazione dei simboli e sul loro impiego da sempre gli uomini sono divisi. Tale atteggiamento è spesso dovuto al fatto che spesso l'uomo tenta di trovare un significato ad un simbolo anche se questo non ne ha; può evocare e focalizzare, riunire e concentrare, in modo analogicamente polivalente, una molteplicità di sensi che non si riducono a un unico significato e neppure ad alcuni significati soltanto. All'interno del medesimo simbolo vi sono evocazioni simboliche molteplici e gerarchicamente sovrapposte che non si escludono reciprocamente, ma sono anzi concordanti tra loro, perché in realtà esprimono le applicazioni di uno stesso principio a ordini diversi. Ed in tal modo si completano e si corroborano, integrandosi nell'armonia della sintesi totale. Questo rende il simbolismo un linguaggio meno limitato del linguaggio comune ed adatto per l'espressione e la comunicazione di certe verità, facendone il linguaggio iniziatico per eccellenza ed il veicolo indispensabile di ogni insegnamento tradizionale. È necessario poi specificare la differenza fra simbolo, marchio e allegoria: il marchio è un segno che ha esclusivamente significato soggettivo e che viene utilizzato per esprimere un origine fattuale; l’allegoria è invece un segno che non contiene di per sé il contenuto alla cui trasmissione è finalizzata. Il simbolo è un segno che ha un aspetto di convenzionalità maggiore rispetto agli altri segnali poiché chi esprime il simbolo lo usa come alternativa al segno con cui s'identifica. Dunque, se l’allegoria può essere soggetta a discussione critica nella fase di interpretazione non avendo valore assoluto, il simbolo assume una valenza metafisica nascosta espressa da un intimo rapporto tra la raffigurazione sensibile espressa nel simbolo e la sua valenza ideale. Mi appresto dunque ad analizzare l'insegna del potere da un punto di vista storico, focalizzando l'attenzione poi sugli aspetti più inerenti alla sfera privata del singolo e sul l'influenza che hanno su questo. Il simbolo riesce ad assolvere alla sua funzione “universale” all'interno di una comunità grazie alla empatia sociale, la quale è la funzione che permette a coscienze separate, diversamente pensanti, di associare ad una stessa immagine, uno stesso significato.
  • 2. Questa interconnettività tra gli individui è stata sfruttata da chi detiene il potere per inculcare nelle menti della popolazione i concetti desiderati, spesso al fine di sottomettere anche sul piano psicologico il popolo. Aquila imperiale: L’aquila imperiale è un simbolo tra i più antichi e più utilizzati sia nei tempi passati che in quelli moderni. Il suo utilizzo come simbolo del potere nasce dal fatto che viene considerata la “regina dei cieli”, dal fatto che vola a quote molto alte, ciò probabilmente indusse i romani ad adottarla come insegna. Sopratutto venne contrapposta alla croce dopo la nascita del cristianesimo. Storicamente l'aquila,dopo il suo utilizzo in contrapposizione alla croce, vide un calo di popolarità dopo che Costantino le affiancò, alla vigilia della battaglia di ponte Milvio, la croce. L'aquila di Roma si evolse poi nel medioevo in quella bicipite. Una fantasiosa tradizione ne attribuisce l'invenzione ad Armin, condottiero dei germani, che sorprese il console Quinto Varo e lo annientò nella selva di Teutoburgo; in tale circostanza egli legò insieme le aquile che ornavano i labari delle legioni distrutte e le esibì a lungo come trofeo, prima di essere a sua volta sconfitto ed esiliato da Tiberio. L'ipotesi più credibile pare, tuttavia, essere quella per cui furono proprio i bizantini ad inventarla al fine di rappresentare la pretesa di ricostruire l'unità dell'Impero Romano, peraltro mai realmente avvenuta. Di tale emblema esistettero nel corso dei secoli due versioni: una bianca su fondo rosso (tipica, per es., di Serbia e Montenegro) ed una nera su fondo oro (Grecia, Impero Asburgico, Russia Zarista, ecc.); pare ne esistesse anche una versione dorata su fondo nero, ma le testimonianze in merito sono piuttosto scarse. Ad ogni buon conto, la diffusione dell'aquila quale emblema statale in area germanica e in area slava derivò in primo luogo dalla creazione del Sacro Romano Impero, che Carlo Magno istituì su sollecito di Papa Leone III subito dopo la sua incoronazione (Roma, 25 Dicembre 800 d.C.): in segno di omaggio verso gli imperatori romani, dei quali si considerava erede e continuatore, Carlo Magno adottò l'aquila, facendola incidere sul sigillo imperiale; questo spiega come mai l'attuale stemma di Stato tedesco raffiguri un'aquila nera col rostro e le zampe rosse su fondo oro, ispirando in tal modo anche la bandiera nazionale tedesca a strisce orizzontali nero-rosso-oro. L'aquila fu poi ripresa dagli Hofenstahuen, la dinastia di Federico I “il barbarossa” e Federico II, questa passò poi agli Hoenzollern che con gli altri condivideano l'origine reniana e la radice del cognome, per poi divenire principi di Brandeburgo, re di Prussia e, infine, imperatori di Germania (1871-1918): in quest'ultima circostanza il cancelliere prussiano Otto von Bismarck creò la nuova bandiera del Reich, che ai colori prussiani (nero e bianco) unì quelli anseatici (bianco e rosso) a significare che, pur sotto l'egida prussiana, il nuovo Impero nasceva con una struttura federale. Anche Napoleone adottò l'aquila come simbolo del proprio Impero, facendola raffigurare di tre quarti di colore dorato su fondo azzurro son la corona imperiale in capo, uno scudetto con la cifra "N" sul petto ed il turcasso di Giove (in origine un fascio di fulmini, poi ridotto a due tortiglioni fiammeggianti) tra gli artigli. Agli inizi del '900 Germania e Italia utilizzarono questo rapace come simbolo di potenza: in particolare Mussolini decise nel '43 di inserirla nel tricolore italiano per creare la bandiera dell'RSI. Nel ventennio l'aqulla fu utilizzata per simboleggiare una sorta di ponte fra l'Italia fascista e la Roma antica. Utilizzando questo simbolo si richiama dunque la potenza miltare dei romani e in particolare i successi che ottennero, quasi fossero eventi destinati a ripetersi grazie alla lungimiranza del duce. In particolare il richiamo a
  • 3. Roma divenne richiamo alla potenza dell'impero: Mussolini fondò l'impero italiano con le conquiste nel corno d'Africa. Nei suoi ideali l'impero italiano, se adeguatamente sostenuto dalla popolazione, avrebbe raggiunto i fasti dell'età romana, a patto che però il popolo concedesse nelle istituzioni statali la fiducia più totale dando così al Duce i mezzi per formare quell'identità nazionale che avrebbe permesso di superare qualsiasi nemico, interno o esterno. Gli USA decisero, invece, di adottare come proprio simbolo l'aquila di mare (meglio conosciuta come aquila americana) contrapponendola al leone, simbolo della Gran Bretagna, Paese allora dominante le tredici colonie d'oltreoceano. Tale decisione derivò dal fatto che molti degli Stati e dei governi europei (primo tra tutti la Francia , che però all'epoca usava tre gigli d'oro su fondo azzurro) che sostenevano la ribellione avevano l'aquila come simbolo, e che essa era abbastanza facile da riprodurre; ma l'aquila era, insieme al lupo e all'orso, anche uno dei principali simboli dei pellerossa, che la associavano al culto del sole, rendendo in questo gli indigeni del Nuovo mondo simili agli antichi egizi. Ad ogni modo, il simbolo portò, alla lunga, fortuna agli americani, tanto da essere ancora oggi il simbolo della potenza e della democrazia statunitense, e da essere portata persino sulle uniformi dei colonnelli e dei capitani di vascello dell esercito statunitense. Sebbene questi siano gli esempi principali della diffusione che ha avuto questo emblema attraverso i secoli, non sono, però, gli unici: gli stessigoti e longobardi rappresentarono l'aquila nelle proprie insegne militari e civili, ma anche in ornamenti e gioielli sia maschili che femminili, molti dei quali giunti sino a noi (da studi recenti pare, però, che si tratti più di fenici che di aquile), ed anche l'Indonesia ha come proprio emblema l'aquila, simbolo di Garuda (una divinità locale molto antica, da cui prende il nome anche la compagnia aerea di bandiera locale). Inoltre molti Paesi musulmani riconoscono l'aquila come proprio simbolo. Ne esistono due versioni: quella quraish, che prende il nome dalla tribù di cui faceva parte il profeta Maometto, e quella cosiddetta "di Saladino", più stilizzata, adottata - tra gli altri - dai palestinesi e dall'Iraq. Il successo che questo uccello ha riscosso nei secoli è da attribuire in larga parte al messaggio che essa rappresenta: essa infatti vola in alto nei cieli e osserva tutto, non solo può controllare ogni evento sottostante, ma è anche l'unica che può avere na visione globale della situazione. Metaforicamente qui l'aquila è chiaramente alter ego dello stato totalitario del '900, dove la res publica ha la pretesa di controllare tutto e la convinzione che non ci sono altre verità al di fuori della propria. Questo uccello rapace, tanto elegante e maestoso quanto potente e spietato al momento dell'attacco ha rappresentato così la potenza delle istituzioni, in particolare nel medioevo, quando il prestigio militare era il più importante parametro di benessere, pubblico e privato. Le più importanti interpretazioni dell'aquila sono le seguenti: • l'aquila vola ad ali spiegate, simbolo di mestosità e nobiltà; • è il più grande e terribile dei rapaci, chiramente dunque riferimento alla potenza militare; • sconfigge draghi e serpenti, chi se ne fregia aspira dunque a diventare garante del bene e nemico del male; • fissa il sole che la ringiovanirebbe, indica dunque l'elevazione a Dio di cui è capace; • vola nel cielo più alto, ovvero contempla tutto ed ha la maggior saggezza e sapienza. La croce uncinata La croce unciniata, più celebre in tempi moderni come svastica, com' è noto, è il simbolo che Hitler scelse come emblema del partito nazionalsocialista e, più tardi, del suo Terzo Reich; essa consiste in una croce i cui bracci terminano con dei segmenti, 'simil-uncini', ad angolo retto, volti da destra verso sinistra: da qui il nome 'croce uncinata'. Hitler la scelse perché adottata da molti gruppi antisemiti agli inizi del '900 che attribuivano alla croce uncinata un' origine ariana (a torto, come vedremo).
  • 4. Il motivo della svastica, in realtà, ha origini abbondantemente anteriori: essa risale infatti al tardo Neolitico; la svastica si è poi ampiamente diffusa soprattutto nell' età del ferro. La si ritrova poi nelle ceramiche dell' Elam (regione situata lungo il corso inferiore del Tigri), su alcuni idoletti femminili della Troade (in Asia minore), su vari oggetti della regione danubiana, in Grecia sui vasi, di stile geometrico, di Dipylon, su alcune statuette della Beozia e sui vasi dipinti di Rodi, e in Italia, sui vasi cinerari e sulle urne a capanna del Villanoviano. Il significato preciso di questo simbolo antichissimo e diffusissimo, come abbiamo visto, in Europa e in Asia (e come vedremo in tutto il mondo), è incerto, tuttavia la maggior parte degli studiosi lo riferisce alla simbologia solare e ai contenuti soprannaturali attribuiti nell' antichità all' astro del giorno. Tale aspetto è però effettivamente documentato solo in India, dove la croce uncinata assume nel tempo il significato di benessere e di vita (il termine svastica deriva dal sanscrito 'svasti', che vuol dire appunto salute, felicità). In ogni caso è probabile che in molti posti sia stata usata come semplice motivo ornamentale. La grafia della svasticaha subìto parecchie variazioni e trasformazioni: talvolta appare come una doppia S incrociata (a Troia e nell' arte micenea); in molti casi la svastica è posta nel verso opposto rispetto a quella nazista; nel Tibet i lama rossi della setta del Bon adottarono per primi la svastica nel verso hitleriano ma con dei puntini al centro. L' uso della svastica resistette nel tempo: si hanno rinvenimenti di croci uncinate in Africa, nelle Americhe, dove la si trova addirittura su monumenti aztechi e incaici, e anche nell' arte funeraria cristiana dal II secolo dopo Cristo in poi, forse come semplice rafforzamento della croce cristiana o forse come rimanescenza pagana. Addirittura, altra beffa della storia, è stata trovata una svastica in un tempio ebraico in Palestina. Proprio la sua forma a croce ispirerà la satira di oppositori e delatori del nazismo che vedranno in essa il simbolo del destino dei cristiani nella Germania di Hitler: essere schiacciati dal peso di quella terribile croce, ancora più scomoda e pesante di quella normale. In ambito buddhista il simbolo dello svastika indica il Dharmacakra, la "Ruota della dottrina". Nel Buddhismo cinese il carattere 卐 o 卍 o anche 萬 (wàn, giapponese mandarino) rende il termine sanscrito svastika (reso anche come 塞縛悉底迦 sāifúxīdǐjiā) con il significato di "10.000" ovvero di "miriadi" o "infinito" o "tutte le cose" che si manifesta nella coscienza di un buddha (佛 , Fó); per tale ragione esso è spesso posto nelle statue rappresentanti un buddha sul suo petto all'altezza del cuore. Nel Buddhismo Zen il carattere 卐 o 卍 rappresenta il 佛心印 (busshin-in) ovvero il "sigillo della mente-cuore del Buddha" trasmesso da patriarca a patriarca nel lignaggio di questa scuola. In ambito induista il simbolo destrorso (卐) è associato con il Sole e con la ruota del mondo che gira intorno ad un centro immobile, e quindi emblema di Viṣṇu. Secondo lo studioso ed esoterista francese René Guénon esso rappresenterebbe il "Principio originante" della realtà nella sua azione vivificante-ordinante (il Verbo greco o l'Oṃhindu). È in altri termini un simbolo del "Polo" o del "Centro", analogo all'Axis Mundi,del principio inamovibile che è presente in tutte le cose e si esprime in esse come vita originandole, e al quale tutte le cose tornano. Analizziamo però lo sviluppo che ebbe la croc uncinata con il nazismo. La svastica orientata in senso antiorario è un simbolo distruttivo. La svastica orientata in senso orario è un grande simbolo creativo. I nazisti cercarono per tre anni un simbolo, poiché un simbolo non è solo un simbolo: preso da una tradizione profonda, esso diviene un legame. Perciò Hìtler inviò varie spedizioni di ricercatori nel Tibet per scoprire uno dei simboli più antichi della razza ariana. Con quel simbolo, si sapeva (esotericamente) che era possibile porsi in contatto con molte cose nascoste. Perciò fu prescelta la svastica, ma rovesciata. Il simbolo della svastica era stato usato per migliaia di anni, praticamente in ogni gruppo di umani sul pianeta. Era noto alle tribù germaniche come "Croce di
  • 5. Thor", ed è interessante che il Nazismo non abbia usato quel termine che appartiene alla storia della Germania, ma abbia invece preferito "rubare" il termine indiano "svastica". Come "Croce di Thor", il simbolo fu anche introdotto in Gran Bretagna, nel Lincolnshire e nello Yorkshire, dai colonizzatori scandinavi, molto prima di Hitler. L'introduzione in Germania e in Austria avvenne grazie al monaco Adolf Lanz che, nel 1895 in un viaggio in India, aveva acquistato nei dintorni di Calcutta un anello venduto da un santone per pochi soldi dove era impresso questo simbolo, considerato un simbolo di vita eterna e per questo il simbolo supremo del predominio della casta ariana, che aveva dominato l'India fin dall'antichità. Lo stesso Hitler era uno studioso. Aveva conoscenze esoteriche che lo conducevano a credere che gli Ariani fossero superiori in quanto semidei, e a pensare che il suo popolo doveva a tutti i costi riguadagnare la sua superiorità perduta. Le sue idee lo conducevano inoltre a vedere negli ebrei dei nemici in quanto popolo che non utilizzava la svastica, eredità degli Arii che ne avevano diffuso il culto ovunque: «La svastica era il Sole e gli ebrei erano devoti alla luna, dunque nemici del simbolo e degli Ariani». L’esoterismo fu studiato da Hitler con l’intento di sviluppare una società “mistico-politica”; un esempio di queste attenzioni lo si può avere osservando i colori ufficiali del vessillo nazista, il nero il rosso ed il bianco, colori sacri all’alchimia. La croce uncinata simboleggia dunque la purezza della razza ariana, la quale per Hitler, come dice nel suo “Mein Kampf”, è l'unica rappresentate il genere umano, ed è l'unica in grado di poter sconfiggere le altre razze infraumane, dando così inizio ad una nuova era, dominata dalla razza umana (ariana) a cui sono assoggettate, se non già sterminate, le altre razze. E' un'ideologia chiaramente rispettata dal Fuhrer, il quale fondò su questa utopia la sua politica, interna ed estera. Il conflitto scatenatosi nel '39 fu mosso da motivazioni inerenti questo tema: il popolo tedesco doveva conquistarsi lo “spazio vitale”, ovvero conquistare territori ad est ed ad ovest in modo da poter raggiungere l'autosufficienza propedeutica alla purificazione-conquista del mondo intero, flagellato dal complottismo giudaico. Emblema di questa lotta per il dominio razziale fu lo sterminio degli ebrei attuato nei campi di concentramento: Hitler cominciò così a pulire il mondo da quella razza da lui considerata indegna e non pura come invece era la razza ariana, pura come il sole richiamato dalla svastica, suo emblema. La falce e il martello L'origine dello stemma sovietico non è univoca. Inizialmente ne furono elaborate diverse varianti: falce e martello, martello e rastrello, martello e forcone, martello e aratro. Tradizionalmente, nei paesi europei il martello era sempre stato il simbolo degli operai. Insieme a un attrezzo agricolo, avrebbe dovuto rappresentare il famoso slogan di Lenin sull'unione dei proletari e dei lavoratori delle campagne. Nell'aprile del 1918 venne approvata la versione definitiva dell'emblema: ne fu autore il pittore moscovita Evgenij Kamzolkin. Nell'estate del 1918 il quinto Congresso dei Soviet adottò ufficialmente questo simbolo. Il fatto interessante è che Kamzolkin non solo non era comunista, ma era anzi un uomo di grande fede religiosa e proveniva da una famiglia agiata. Per oltre un decennio era stato membro della Società mistico-artistica "Leonardo da Vinci", ed era un profondo conoscitore del significato dei simboli. In primo luogo, la falce e il martello possono essere associati al simbolo massonico del martello e cesello. Questi utensili rappresentavano un fine chiaramente individuato (il cesello) e la fermezza nella sua realizzazione (il martello). Nella simbologia religiosa europea il martello è associato al vigore maschile e all'aggressività, alla forza fisica (il martello del fabbro Efesto in Grecia) e alla violenza distruttiva; lo impugnano gli dei del tuono, come lo slavo Svarog e lo scandinavo Thor. In Cina e in India il martello simboleggia il trionfo distruttivo delle forze del male.
  • 6. E' difficile dire se Kamzolkin volesse riunire in un simbolo le forze motrci del movimento comunista, o se volesse invece esprimere la propria convinzione su quella che doveva essere la prerogativa dello stato per goverare bene: fatto sta che molti la pensarono come il filosofo Losev, il quale affermava che questo era un simbolo importantissimo, che andava ben oltre il semplice essere emblema, era infatti un'insegna capace di mobilitare le masse popolari, colpendole nel profondo e cogliendo la loro essenza. In diverse religioni la falce viene interpretata come un simbolo di morte. I covoni e la mietitura nel mondo cristiano vengono associati alle anime degli uomini che il Mietitore, ovvero Dio, raccoglierà alla fine del mondo. È interessante notare come nel Medioevo la Morte veniva raffigurata non con la falce fienaia, ma appunto con un falcetto da mietitura. Nella cultura pagana di diversi popoli indoeuropei e slavi esiste la dea Mara o Morana, la signora della morte, che tradizionalmente tiene nella mano sinistra un falcetto. Nell'induismo la dea della morte Kali, sorella di Shiva, regge un falcetto nella mano sinistra. Curiosamente, sullo stemma dell'Austria rivoluzionaria anche l'aquila stringeva un falcetto nella zampa sinistra. E anche nello stemma sovietico la falce è posizionata dalla stessa parte. Il nome di "Serp i molot" ("Falce e martello") venne dato a moltissimi villaggi, paesi e piccole stazioni ferroviarie sul territorio delle attuali Russia, Ucraina, Bielorussia e Kazakistan. Una delle più grandi acciaierie e stabilimenti metallurgici di Mosca, che prima della Rivoluzione era appartenuta al mercante francese Julij Goujon, venne in seguito ribattezzata "Falce e martello". Esisteva persino una speciale medaglia d'oro denominata "Falce e martello", realizzata dall'architetto e arredatore personale di Stalin, Miron Merzhanov. La medaglia veniva conferita agli eroi del lavoro socialistico e ai cavalieri dell'ordine di Lenin, ed era considerata la più alta onorificenza in URSS. Fu concessa in totale a diciannovemila cittadini sovietici. La falce e il martello aveva colpito in pieno l'imortante compito per cui era stata realizzata, da semplice insegna statale era diventata un riassunto iconografico dell'ideologia comunista che aveva ormai pervaso tutta la società. Questo simbolo comparve per la prima volta sulla copertina della prima edizione de “Il manifesto del partito comunista” di Marx-Engels (1848) su ispirazione dei parigini che lo innalzarono sulle barricate durante le rivolte dello stesso anno, anche se non nella forma che gli conferirà Kamzolin: infatti i due strumenti non erano incrociati. Fonti meno accreditate attribuiscono invece la nascita dell'emblema all'età napoleonica, in particolare ad una insegna di un battaglione durante la battaglia di Austerlitz (1805), altre ancora che fosse già in uso nel secondo decennio del '500 in Germania. Nei tempi moderni, in particolare trattando il “post-rivoluzione di ottobre”, la falce e il martello sono stati utilizzati nelle bandiere di quegli stati che rientravano, direttamente o indirettamente, nell'orbita sovietica, e dai partiti filo-comunisti. In Italia ad esempio il partito comunista (PCI) e quello socialista (PSI) adottarono entrambi i due strumenti incrociati come emblema, con la differenza che il PCI aggiunse una stella al di sopra di questi ad indicare l'adesione del partito ai dictat imposti dalla III internazionale (1919). La falce e il martello rappresentavano alla perfezione i motori ideologici del comunismo, richiamando i principi marxisti: il potere doveva essere del proletariato, ovvero della classe operaia, riassumibile in addetti alle macchine (martello) e in contadini (falce); il proletariato doveva conquistare tramite una rivoluzione, necessariamente violenta a causa della reazione opposta dalla borghesia-aristocrazia, successivamente instaurare una “dittatura del proletariato”, indispensabile al fine di preparare le istituzioni e l'economia al socialismo. Una volta organizzato così lo stato e preparata la situazione, le istituzioni si sarebbero dissolte lasciando il proletariato a governare se stesso, senza differenze di classi, soprattutto senza proprietà privata, causa di ogni male ab originibus.
  • 7. Emblema della repubblica italiana Venendo ai tempi contemporanei ritengo giusto soffermarsi sul simbolo dello stato italiano. Il parto di questa effige non fu scontato e univocamente accettato come si può pensare di primo acchito: furono indetti 2 concorsi per la presentazone dei bozzetti, uno nel '46 e uno nel '48. Nel '46 la commissione per lo studio dell'emblema della repubblica, presieduta da Ivanoe Bonomi, ricevette 647 disegni da parte di 341 artisti. I risultati però disattesero le aspettative, e allora i giurati chiesero ai concorrenti di modificare i bozzetti dandogli degli elementi necessariamente da aggiungere ai disegni, inserendo una “cinta turrita” che simboleggiasse la resistenza partigiana contro i nazifascisti, e un riferimento al mare. Il 13 gennaio 1947 il disegno ripresentato da Paolo Paschetto venne scelto come il vincitore: mostrava una corona turrita (con otto torri merlate) e cinta da foglie di ulivo cariche di frutti, le linee ondulate del mare e la scritta unità e libertà; ma nemmeno questa fu la versione definitiva, infatti il numero di torri passò da sei a otto, e scomparve la merlatura e le scritte furono ridotte. Quando il simbolo fu diffuso ufficialmente, nel febbraio 1947, ma l’opera di Paschetto fu stroncata. Un giornale romano definì l’emblema «una tinozza» sfondata e capovolta, e al giudizio estetico si aggiunsero le obiezioni espresse dalle parti politiche: i democristiani avrebbero voluto vedere la croce, i comunisti la falce e il martello, i repubblicani l’edera, i socialisti libri aperti e soli nascenti. Il 19 gennaio del '48 questo bozzetto fu affossato definitivamente. Il 21 gennaio la nuova commissione, presieduta da Giovanni Conti, bandì un secondo concorso e fra i 197 disegni fu scelta nuovamente una delle quattro proposte presentate da Paschetto. Rispetto al bozzetto precedente, al posto della cinta muraria compariva la stella raggiante – lo “stellone”, come fu soprannominato – sovrapposta a una ruota dentata d’acciaio, circondata da rami di ulivo e di quercia (specie tipiche italiane che alludono alla vocazione alla pace e alla forza della nazione). Il 31 gennaio il disegno fu accettato dalla Costituente, senza troppa convinzione. Terracini commentò il nuovo simbolo dicendo: «credo che qualunque emblema, quando ci saremo abituati a vederlo, finirà per l’apparirci caro» . Così nacque il simbolo che siamo abituati a vedere su tutti i valori bollati, gestiti dal monopolio di stato o nelle note ufficiali del governo. E' un'immagine che a quasi tutti i cittadini sembra scontata, appare in particolare una logica conseguenza del primo articolo della costituzione nata nel 1946, la quale così recita: “L'italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. [Comma 2] La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione.” Abbiamo infatti riuniti all'interno di questo emblema i valori fondanti dello stato. Il cittadino ha il diritto e il dovere di lavorare, il lavoro è la base della società e del benessere civile e privato, questo è simboleggiato dalla ruota dentata, l'ingranaggio, chiaro riferimento all'attività lavorativa. Ma la ruota include un altro messaggio più implicito ma non per questo meno importante. I denti dell'ingranaggio sono tutti uguali, e devono essere tutti uguali affinchè ci sia giustizia, equità e salute. Si racchiude così in questo simbolo un'altro principio inprescindibile, il diritto all'uguaglianza, esplicitato nel art.3 comma 1,2 della costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. [Comma 2] È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Di conseguenza, dato che al cittadino, che viene adesso chiamato “lavoratore” ad indicare l'importanza che assume il lavoro, viene concesso il diritto all'uguaglianza, formale nel
  • 8. comma 1 e sostanziale nel comma 2, adesso questo può contribuire a formare una società equa e virtuosa, sia nel collettivo che nel singolo. Così dunque lo stato tutela il cittadino che può in questo modo, insieme agli altri migliorare la società per farla eccellere, e può emendare se stesso per raggiungere un altrettanto elevata eccellenza; eccellenza che fa parte della storia italiana e la attraversa in toto: ciò è rappresentato nella corona di ulivo e quercia che similmente all'alloro può cingere la testa dei valorosi. In particolare la quercia è richiamo alle tradizioni e al bagaglio storico- culturale che il popolo italiano ha ricevuto in eredità e di cui deve essere fiero, nonché prenderne ispirazione per compiere gesta di pari, se non superiore importanza. La corona crea anche un filo che collega quest'emblema all'inno del paese, “L'inno di Mameli”, in cui l'Italia, destatasi, si è “cinta la testa” grazie al suo valore. La stella infine racchiude il vigore, la forza e la fierezza di questo popolo che nel corso della storia ha avuto i suoi picchi di massima gloria (antica Roma) che poi è decaduta e, dopo secoli di sottomissione da parte di altri popoli, è ritornata ad essere grande, destinata ad aumentare sempre, grazie al valore dei cittadini, che riesce sempre ad emergere. In particolare il riferimento è all'evento storico più recente che ha visto gli italiani opporsi strenuamente al nemico: si tratta della resistenza partigiana, vanto della repubblica, nata dalle ceneri del fascismo grazie al valore dei partigiani. Un simbolo dunque tanto familiare quanto quasi scontato nasconde invece molto di più, superata la mera apparenza, è un sinolo di concetti importantissimi di cui non si dovrebbe mai fare a meno per vivere bene, pubblicamente e privatamente, perchè lo stato è il cittadino. Bibliografia: • La scienza dei simboli, Rene Alleau, Firenze, Sansoni editore, 1983; • Il simbolo e l'uomo, Carlo Sini, Egea, Milano, 1991; • www.wikipedia.it; • www.imperobizantino.net; • www.associazionedecimamas.it; • www.portalearaldica.it; • Storia del Terzo Reich, WilliamL. Shirer Fabbri Editori, Milano, 1978; • L'Enciclopedia della storia universale, De Agostini, Novara, 1995. • www.storiaepolitica.it; • www.favis.org; • www.pmli.it; • www.ilpost.it; • www.governo.it; della squadra e del compasso ha un altro Tuttiicittadini hanno paridignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senzwwwadistinzionedi sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni person significato, ancora più celato. Il compasso, infatti, disegna una forma circolare, la squadra invece, è utilizzata per disegnare quadrati. Sovrapponendo queste due figure allo stesso modo con cui si sovrappongono i due strumenti di disegno, si forma un cerchio inscritto in un quadrato. Troviamo queste due figure insieme anche nel 47° problema di Euclide, quello sulla "quadratura del cerchio", uno tra gli obiettivi primari dell'arte massonica. In questo caso, riprendendo il discorso sul rapporto tra materia e Spirito, troviamo celato in queste immagini sovrapposte un significato ancor più
  • 9. profondo: la quadratura del cerchio, infatti, è riferibile all'istintiva ricerca dell'uomo di armonizzare la propria natura sia fisica che spirituale. La squadra e il compasso simboleggiano dunque lo stato dell'uomo come eterna anima che si manifesta in un corpo mortale. Il eerchio è il lato spirituale che non può essere visto; la perfezione quindi si cela dentro di noi, nella nostra anima, ed è protetta dal corpo, dal quadrato.All'interno della squadra e del compasso troviamo spesso una "G"; i significati attribuiti a questa lettera sono molteplici, come ad esempio "Generazione", "Geometria", "Gravità", o anche "GADU" (Grande Architetto dell'Universo). Dandogli una lettura inglese potrebbe significare "God" (Dio).