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Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
FRANE IN ITALIA
Monitoraggi Strutturali delle Frane con Sensori a Fibre Ottiche
denominati “ auromilla “
ANNO 2018
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Prof. Ing. Leonardo Corbo
Nel 1965 entra nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ricoprendo in successione
l’incarico di Comandante nelle provincie di Sondrio, Lucca, Como e Milano.
Insignito nel 1987 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri del Premio della Cultura per
la sua attività di divulgatore e di illustratore di normative tecniche.
Dal 1991 al 1994 detiene l’incarico di Ispettore Regionale dei Vigili del Fuoco per la
Lombardia.
Dal 1994 al 1997 ricopre la carica di Prefetto della Repubblica di 1° classe e
contestualmente quella di Direttore Generale della Protezione Civile e dei Servizi
Antincendi.
Nel 1997 passa all’ufficio ispettivo del Ministero dell’Interno.
Ing. Diego Dell’Erba
Nel 1970 entra come Direttore Tecnico in Imprese generali di Costruzioni operanti in
Italia e all’’estero e percorre i vari gradi fino a Direttore Generale, Amministratore
Delegato per poi fondare una propria società di Ingegneria la “ Delco Engineering and
Design Office S.r.l. “ con cui opera in The World.
Sin dall’inizio della attività operative l’Ing. Diego Dell’Erba introduce sistemi di indagine e
monitoraggio ambientale e strutturale sulle opere di ingegneria con l’impiego dei satelliti
spaziali e tecnologie avanzate e di ultima generazione.
Da qualche decennio a oggi l’Ing. Diego Dell’Erba insieme a ricercatori ENEA e docenti
di UNIVERSITA’ Italiane e straniere si interessa del monitoraggio strutturale e della
manutenzione delle opere di ingegneria con l’applicazione di sensori di ultima
generazione.
Una vita passata a progettare, dirigere lavori, il tutto mirata alla SICUREZZA delle
persone e cose.
Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
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TECNOLOGIA DI MONITORAGGIO FRANE
EVENTI FRANOSI CENSITI IN ITALIA NEL 1992
Per frana si intende un distacco dal pendio di materiale o di roccia che, a causa della
forza di gravità, scende a valle e si accumula a quote più basse.
L’Italia è un Paese prevalentemente collinare (40%) e montuoso (39%): è il più franoso
del continente europeo e ciò impone una continua attenzione al problema delle frane;
infatti se la catena alpina ha risentito in modo preponderante l'influenza morfologica
dell'attività glaciale, che ha portato a modifiche spesso importanti dell'andamento delle
incisioni e dei versanti, la catena appenninica ha messo in mostra, per la presenza molto
diffusa di depositi argillosi, una debolezza intrinseca e una vulnerabilità altissima
all'attività erosiva dell'acqua.
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Su rocce e suoli argillosi sono diffusi fenomeni di degradazione del suolo, che
assumono localmente vari nomi e sono conosciuti a livello nazionale come "badlands"
(terre cattive): i calanchi e le biancane. Sono diffusi su tutto il territorio, ai margini della
catena appenninica, e sono distribuite essenzialmente in Piemonte, Emilia Romagna,
Toscana, Umbria e Lazio, Marche e Abruzzo, Basilicata e Calabria, Sicilia.
I calanchi sono formazioni di dimensioni ridotte, generalmente a forma di ventaglio o di
penna, suddivise in valli secondarie separate da creste; le biancane sono forme che
tipica-mente si presentano come cupole alte fino a 20 metri in versanti asimmetrici.
Nei territori interessati da questi fenomeni si presentano diverse forme di degradazione:
erosione superficiale (splash erosion) causata dall'impatto di gocce di pioggia, erosione
sotto-superficiale (piping o tunneling) causata da rivoli o da gole, movimenti di masse
modeste come microfrane, vere e proprie frane di diversa origine e smottamenti.
L’argilla è una roccia costituita da silicati, caratterizzata da granulometria fine e
finissima, che può essere definita un materiale pseudocoerente perché si comporta come
una roccia compatta allo stato secco, ma si trasforma rapidamente in fango non appena
si impregna di acqua. Tutti conoscono l'impraticabilità dei terreni argillosi in caso di
pioggia, l'impantamento di tutto ciò che li attraversa, per vederli poi durissimi e
secchissimi dopo qualche mese di assenza di pioggia.
Quando oltre a questo tipo di terreno si aggiungono la pendenza del versante e
l'erosione dei torrenti alla base del pendio, si preparano le condizioni per un "tracollo" e
un dissesto, non appena le precipitazioni sono intense e prolungate.
Le cause che determinano una frana sono molteplici, tra queste possiamo distinguere
alcuni fattori predisponenti:
 la natura e la struttura del terreno (rocce incoerenti o fratturate);
 la variazione del profilo del pendio e quindi un aumento della sua inclinazione;
 e alcuni fattori determinanti:
 un aumento del contenuto d'acqua del terreno (per forti o prolungate piogge);
 il congelamento notturno dell'acqua che circola nelle fessure delle rocce (come
può ca-pitare in inverno).
Altri fattori ancora sono causati dall'azione diretta dell'uomo sull'ambiente:
 un aumento del peso specifico della massa inclinata per sovraccarico (dovuto ad
esempio a una costruzione)
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 l'assenza di alberi (per diboscamento), poiché le radici delle piante consolidano il
terreno
 la presenza di cave abbandonate
 lavori di sbancamento del pendio per costruzioni, che lo rendono più ripido.
Le frane sono più diffuse nei periodi in cui le piogge sono più abbondanti: in primavera e
in autunno nell'Italia settentrionale, in inverno nell'Italia meridionale.
In generale i fenomeni franosi sono molto frequenti quando esistono condizioni
atmosferiche particolari (lunghi periodi di pioggia) e soprattutto dove esiste una
situazione di dissesto idrogeologico grave.
Credo sinceramente che le calamità naturali dovrebbero essere trattate come fenomeni
completi, da studiare nel modo più interdisciplinare possibile: solo in questa maniera
diventerà efficace combattere i loro effetti più dannosi, che sono molteplici, e costituire, e
costruire un più sicuro ambiente umano.
A questo proposito non si dovrebbero porre dei limiti alle varie discipline accademiche e
professionali in quanto questi potrebbero oscurare o impedire la ricerca sulle cause, sugli
effetti, sugli impatti, sulla vulnerabilità e su tutti gli altri problemi fondamentali connessi
con i disastri. Tuttora pochi hanno tentato di affrontare lo studio dell'intero campo delle
calamità naturali in modo comprensivo e tenendo conto di tutte le maggiori competenze e
discipline che interagiscono con il fenomeno del disastro. Solo in base allo sviluppo di
una veduta d'insieme diventerà possibile unificare una gamma di ricerche e strategie di
mitigazione finora troppo disparata e frammentata per rappresentare una vera disciplina
di studio dei fenomeni naturali di entità catastrofica.
Le politiche nazionali sviluppate appositamente in Italia per combattere le calamità
naturali tendono ad usufruire di quattro tipi di attività:
1. Il soccorso dei disastri: questa è una politica limitata che è specificamente valida
dove il rischio di grandi perdite dovute ad un pericolo particolare è basso. È un
metodo che non coincide con lo sviluppo di una politica nazionale per la
mitigazione del rischio. Dove un pericolo particolare produce soltanto un fastidio,
anziché un vero disastro, potrebbe ricevere scarsa attenzione da un governo già
preoccupato da altri problemi.
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Per questi motivi, ad esempio, il Canada decise esplicitamente di non avere una
politica nazionale della mitigazione delle alluvioni, ma di lasciare il problema alle
provincie ed alle città.
Inoltre, possono verificarsi dei conflitti d'interesse: ad esempio, l'opposizione degli
ambientalisti alla costruzione di una diga che potrebbe potenziare
l'approvvigionamento idrico durante un periodo di siccità ed anche ridurre le piene
durante un'alluvione.
In questo modo, dove il bisogno di un programma nazionale per la mitigazione del
pericolo non è elevato, la politica del governo sarà limitata al soccorso dei disastri.
Bisogna anche non ignorare la gente colpita anche soltanto marginalmente dal
disastro, che potrebbe soffrire gli effetti negativi senza ricevere una parte apposita
dell'aiuto destinato alle vittime. I paesi industrializzati dovrebbero cercare di
combinare la politica dei soccorsi con i programmi per la sicurezza dei gruppi
socialmente svantaggiati.
2. Il comando degli eventi naturali e dei loro effetti: esiste una gamma limitata degli
interventi tecnologici atti a combattere o a limitare l'impatto fisico dei disastri. Una
politica che include questo tipo di strategia inizia con il riconoscimento del fatto
che il rischio è tale da richiedere più del solo soccorso. Spesso queste politiche
danno eccessiva enfasi alla tecnologia, invece che alla flessibilità, ed esse
frequentemente non considerano le reazioni degli individui o della comunità. Tali
metodi potrebbero portare all'abbandono delle strategie tradizionali di mitigazione
sotto l'impressione, sempre sbagliata, che è sufficiente lasciare la responsabilità al
governo: così succede con la difesa contro l'erosione del suolo. È anche una
strategia che potrebbe peggiorare certi problemi, come nel caso dell'erosione
costiera, dove quasi tutti gli interventi ingegneristici finiscono nell'incoraggiamento
di uno squilibrio nell'asportazione dei sedimenti.
3. La riduzione complessiva dei danni: per questo si intende un complesso insieme
di metodi, compresi la cartografia del rischio, la pianificazione territoriale, la
regolamentazione urbanistica, la gestione delle emergenze, le opere
ingegneristiche, l'assicurazione contro i rischi, la raccolta e la disseminazione delle
informazioni sui pericoli, la previsione e la diffusione del preallarme. Per quanto
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riguarda tutti questi elementi, l'approccio generale deve essere ben integrato per
funzionare bene.
4. La gestione integrale dei rischi multipli: questa strategia tratta dell'ugualizzazione
dei rischi nei paesi industrializzati e della selezione dei rischi particolari da
mitigare nei paesi in via di sviluppo. Per quanto riguarda ciascun tipo di calamità
naturale o antropica, esiste una grande diversità nell'accettabilità dei rischi. Nei
paesi industrializzati la gestione delle calamità naturali deve essere relazionata
alla protezione dell'ambiente; nei paesi in via di sviluppo deve essere agganciata
ai programmi di sviluppo socio economico.
È maturata molto lentamente l'idea che, per la mitigazione delle calamità naturali, siano
necessarie politiche nazionali. La risposta più comune, invece, è quella di fornire aiuti
soltanto quando è chiaramente essenziale, come nella crisi provocata da un grande
disastro. La maggior parte delle agenzie e delle opere macroscopiche di mitigazione
risalgono a periodi successivi all'avvenimento di una grossa catastrofe.
In genere le politiche nazionali sono riuscite a frenare l'espansione della vulnerabilità. I
disastri tendono a ridefinire ed a far tornare l'attenzione sui programmi di mitigazione e di
soccorso: nei periodi tra le grosse calamità l'attenzione dell'opinione pubblica e dei
politici viene distratta da altre cose, con effetti spesso molto negativi per quanto riguarda
la formulazione di una strategia di difesa contro i disastri.
Non esiste un modello universale per una politica nazionale contro le calamità naturali.
Tutto dipende dalla configurazione dei pericoli, degli impatti e dalle domande competitive
sulle scarse risorse nazionali. I dirigenti politici ed i programmatori degli interventi devono
pesare i costi delle perdite contro quelli degli
interventi di difesa, in termini dei danni risparmiati da ogni intervento. Le perdite
economiche, comunque, non rappresentano il totale degli impatti, nelle quali vanno
inclusi anche gli effetti della morte, delle ferite, della privazione e dell'interruzione (o del
mutamento) della vita normale. I costi socio-economici dei disastri sono così grandi e
così crescenti che l'azione e le politiche delle pubbliche autorità sono spesso insufficienti
per mitigarli. La voragine esistente tra la mitigazione da una parte, e l'impatto e la
vulnerabilità, dall'altra, si sta ingrandendo. Intanto, il costo, e non la praticabilità, è
l'influenza principale sulle decisioni prese. Una buona strategia comprenderebbe un
piano di coordinamento nazionale insieme ad una forte partecipazione a livello delle
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autorità regionali e locali, con un'ottima struttura di coinvolgimento mutuo di tutti questi
enti.
Cosa serve per vivere a lavorare in sicurezza? Fortuna? Abilità?
Prima di tutto ... Cultura.
Un Dizionario ne riporta la seguente definizione ''Sviluppo delle capacità dell'uomo
attraverso l'esperienza e l'addestramento”: Siamo un po' come quel topolino chiuso in
gabbia insieme ad un pitone: sono tutti e due tranquilli!! Il topolino non sa che il pitone
mangia solo una volta al mese ...
Ma davanti al problema delle "Frane" il cittadino italiano, leggasi, il topolino, non sa
quando la frana travolgerà e distruggerà la sua casa e la sua vita!
Dal documento "il rischio idrogeologico in Italia" elaborato dal Ministero dell'Ambiente, si
comprende, in dettaglio, l'entità del dissesto idrogeologico in Italia dove 6.633 comuni
(1'81,9% dei comuni italiani) sono da considerarsi esposti a rischio idrogeologico.
Una fragilità che risulta particolarmente elevata in regioni come la Calabria, il Molise, la
Basilicata, l'Umbria, la Valle d'Aosta, e nella Provincia di Trento dove il 100% dei comuni
è classificato a rischio, subito seguite da Marche e Liguria (99% dei comuni a rischio) e
da Lazio e Toscana (98%). La dimensione del rischio è ovunque preoccupante, con una
superficie delle aree ad alta criticità geologica che si estende per 29.517 km.2, il 9,8%
del territorio nazionale.
Oltre a quanto detto, è da considerare che la penisola italiana, essendo geologicamente
"giovane", sia ancora soggetta a intensi processi morfogenetici che ne modellano in
modo sostanziale il paesaggio. Si comprende pertanto come i fenomeni di dissesto legati
al rischio idrogeologico possano manifestarsi, in relazione alle molteplici combinazioni
delle variabili in gioco, secondo diverse modalità.
Nell'ultimo triennio lo Stato italiano ha stanziato più di un miliardo di euro per le
emergenze causate da eventi calamitosi di natura idrogeologica in tredici Regioni. Cifre
molto elevate che coprono però solo una parte degli ingenti danni censiti in conseguenza
di frane e alluvioni.
In Sicilia, Veneto, Toscana, e Liguria, le regioni colpite dagli eventi più gravi in questi
ultimi tre anni, è andato 1'80% delle risorse stanziate. Il restante 20% dei fondi per
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l'emergenza è andato alla Calabria, la Campania, la Puglia, le Marche, l'Abbruzzo,
l'Emilia, il Piemonte, il Friuli e la Basilicata.
A fronte di una spesa prevista di 44 miliardi, negli ultimi 10 anni, per la prevenzione del
rischio idrogeologico sono stati erogati solo 2 miliardi di euro. La metà circa di queste
risorse è stata stanziata attraverso gli accordi di Programma siglati tra il Ministero
dell'Ambiente e le Regioni, dal 2010 al 2011. Ancora oggi dei 2 miliardi messi in campo
attraverso il cofinanziamento Ministero-Regioni, 178 milioni sono stati effettivamente
erogati e solo il 3% degli interventi previsti è stato realizzato o è in corso di realizzazione.
A margine, è da evidenziare che se da un lato c'è la volontà politica di considerare
strategica l'attività di prevenzione del rischio, dall'altra, appare evidente che gli Enti
preposti alla spesa, non sono riusciti a spendere quanto già destinato al capitolo
prevenzione. Oggi, con l'aumentata esigenza di sicurezza le popolazioni residenti in zone
classificate a rischio, stimolate dai propri amministratori, considerano prioritaria
quest'esigenza e crescenti sono le richieste d'informazione per munirsi in tempi ristretti di
sistemi di allerta.
Un indice qualitativo denominato "livello di attenzione per il rischio idrogeologico"
elaborato dal Ministero dell'Ambiente, ha consentito di individuare i comuni italiani a
maggiore criticità (indice "elevato" e "molto elevato"). Le carte di seguito riportate,
tralasciando quei comuni con classe di rischio "moderata" e "media" mostrano in maniera
inequivocabile un quadro allarmante.
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In definitiva, in Italia oltre 5 milioni di cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al
pericolo di frane e alluvioni e la pioggia è diventata ormai sinonimo di paura.
Purtroppo ciò è avvalorato dalle modifiche dei regimi meteorologici indotte dalle
variazioni climatiche in atto; infatti, le nostre latitudini sono caratterizzate da piogge
sempre più di breve durata, ma di maggiore intensità.
Monitoraggio delle frane:
Il decreto del Ministero delle infrastrutture del 14/01/2008 afferma al capitolo 6 (Stabilità
dei pendii naturali) "Lo studio della stabilità dei pendii natrali richiede osservazioni e rilievi
di superficie, raccolta di notizie storiche sull'evoluzione dello stato del pendio e su
eventuali danni subiti dalle strutture o infrastrutture esistenti, la constatazione di
movimenti eventualmente in atto e dei loro caratteri geometrici e cinematici, la raccolta
dei dati sulle precipitazioni meteoriche, sui caratteri idrogeologici della zona e sui
precedenti interventi di consolidamento."
Il monitoraggio delle frane ha come obiettivi:
• La profondità e la superficie del movimento franoso per valutarne il volume;
• L'eventuale esistenza di movimenti in atto e la loro collocazione spazio-temporale;
• Il controllo degli aspetti idrogeologici della frana;
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Un monitoraggio attento e continuo può essere molto proficuo dal punto di vista della
gestione del rischio nell'ambito della protezione civile.
Attraverso la strumentazione geotecnica è possibile valutare:
• L'apertura delle fratture (tramite estensimetri, fessurimetri, distometri, mire ottiche);
• La superficie di scivolamento, movimenti profondi e deformazioni (con tubi
inclinometrici, inclinometri)
• Il livello piezometrico della falda (attraverso i piezometri)
• GPS, Interferometria SAR terrestre (TinSAR) e sistemi topografici (si installano
una serie di pilastri in calcestruzzo sul corpo della frana per poi valutarne gli spostamenti
relativi) i quali forniscono informazioni sui movimenti superficiali della frana;
• Radiazione infrarossa per valutare il grado di umidità del terreno e quindi
controllare la situazione idrogeologica.
L'ampia diffusione dei fenomeni franosi è causa di un elevato numero di vittime e di
ingenti danni economici alle proprietà pubbliche e private in Italia e nel resto del mondo.
In particolare, se ci concentriamo sul caso italiano, gli eventi franosi costituiscono la
principale causa di morte tra tutti i rischi naturali; nonostante ciò, la loro pericolosità è
spesso sottostimata e scarsamente considerata dalla collettività. Al verificarsi di un
disastro, infatti, i danni prodotti dalle frane sono spesso inclusi in quelli derivanti dai
processi di attivazione (ad esempio inondazioni, terremoti, eruzioni vulcaniche), a
scapito, quindi, di una dettagliata informazione sul rischio da frana. A tale contesto va
aggiunto che la continua
evoluzione del sistema Terra (cambiamenti climatici, incontrollato uso del suolo,
urbanizzazione, deforestazione) rende ipotizzabile un aumento dei fenomeni franosi su
scala globale.
È quindi evidente la necessità di approntare efficaci misure di prevenzione e mitigazione
del rischio da frana tramite una conoscenza dettagliata della cinematica dell'evento
franoso e in particolar modo della distribuzione delle velocità attraverso la massa in
movimento.
Tecnologie di monitoraggio
Per colmare questa mancanza di copertura del rischio, a maggior ragione quando
bisogna tutelare la pubblica incolumità, le tecnologie di monitoraggio di cui si dispone
oggi in Italia, offrono un'interessante soluzione in termini d'immediata applicabilità. Tale
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opportunità è vantaggiosa sia dal punto di vista dell'impatto ambientale in quanto per
nulla invasiva, sia dall'impegno finanziario, infatti, a parità d'importo, rispetto ad un'opera
di difesa passiva, una maggiore porzione di territorio risulterebbe sottoposta al controllo
della stabilità. A tal proposito, le tecniche d'interferometria differenziale forniscono dati
preziosi che possono integrare efficacemente i metodi tradizionali de analisi della frana
permettendo l'individuazione, la mappatura e il monitoraggio dei movimenti dei versanti di
studio delle frane può trarre grandi vantaggi dalle tecniche in termini di analisi spaziale e
temporale dei fenomeni. L'approccio avanzato, grazie alla generazione di mappe di
velocità e serie storiche di deformazione,
permette analisi a scala sia regionale sia locale, che consentono di rilevare e di
concentrarsi sulla deformazione locale che insiste su singoli elementi a rischio.
Un'altra caratteristica delle tecnologie di monitoraggio è la capacità di sfruttare al meglio
grandi archivi di dati esistenti permettendo così di studiare i fenomeni deformativi su
lunghi intervalli temporali.
Il monitoraggio è uno strumento indispensabile in aree dove si manifestano fenomeni
franosi o sono presenti ammassi rocciosi instabili, non solo per il controllo di suolo e di
sottosuolo ma anche per le strutture antropiche presenti e interessate da questi eventi.
Le reti strumentali consentono di valutare e comprendere l'evoluzione dei fenomeni di
instabilità e conseguentemente gli interventi da mettere in atto per la sicurezza del
territorio.
L'innovazione del sistema di monitoraggio wireless permette di adottare strategie di
previsione e previsione basate sulla rilevazione puntuale dei dati provenienti dai sensori,
riducendo drasticamente gli interventi di riparazione del danno ed erogazione di
provvidenze.
La strumentazione permette di misurare in continuo i parametri geotecnici e strutturali
significativi per il controllo del movimento franoso.
Mediante i sistemi di acquisizione, i dati possono essere acquisiti in modalità automatica
e monitorati costantemente in real-time attraverso pagine web dedicate.
È possibile inoltre completare il sistema di monitoraggio con dispositivi che si attivano al
superamento di soglie di allerta e allarme per garantire la sicurezza del territorio.
Comodamente da casa è possibile visualizzare e graficare i dati, effettuare ricerche
mirate, impostare soglie di allerta e tempi di campionamento personalizzati.
Oggi in Italia, la tecnologia esistente assicura:
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• Progettazione del sistema di monitoraggio e definizione della rete strumentale
• Installazione della strumentazione di misura
• Esecuzione di misure di verifica e controllo
• Acquisizione dati in modalità automatica
• Gestione dei dati acquisiti su pagine web dedicate (Web Monitoring On-Line) ed
elaborazione dati con redazione di rapporti periodici e relazioni tecniche
• Assistenza tecnica per la manutenzione degli impianti di monitoraggio
• Perforazioni per l'installazione della strumentazione geotecnica
La suddetta tecnologia è utile anche nella fase preliminare di progettazione di un
intervento strutturale, ad esempio per decidere con più accuratezza su quali settori di
versante è necessario intervenire e dunque utilizzare al meglio i budget disponibili.
Inoltre, il suo utilizzo appare di fondamentale importanza
nell'aggiornamento delle mappe relative ai livelli di rischio, che rappresentano un
riferimento propedeutico a tutti i tipi di interventi che devono essere realizzati.
Per tutto quanto sopradetto posso affermare che la tecnologia esistente 1n Italia
risponde a specifica necessità ovvero all'ausilio per l'individuazione e previsione di
situazioni critiche che possano compromettere la sicurezza a seguito di eventi franosi,
consentendo di avviare piani di Protezione Civile per tutelare le vite umane. Il
monitoraggio è volto a definire e notificare regimi idraulici preparatori, antecedenti e/ o
prossimi all'innesco di fenomeni di frana.
Lo studio delle condizioni d'innesco di tali fenomeni, in crescente evoluzione, si basa su
tecniche e modellazioni matematiche, articolate e complesse, che utilizzano i dati
concernenti i parametri idromeccanici dei terreni potenzialmente coinvolgibili da eventi
franosi.
Tramite procedure automatizzate, possono essere raccolte le informazioni prevenienti
dalle stazioni di misura dislocate sul territorio, restituendole a richiesta tramite web o
applicazioni per dispositivi mobile, attraverso un'interfaccia semplice e intuitiva.
È particolarmente efficace nel riconoscere il verificarsi di condizioni di allerta,
configurabili dai tecnici, su cui impostare possibili allarmi o azioni di notifica.
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In allegato l’articolo, afferente il monitoraggio a fibre ottiche del costone in frana
nel Comune di Rocca D’Arce, firmato dal sottoscritto e dall’ing. Diego Dell’Erba –
Amm.re Unico della “Delco Engineering and Design Office S.r.l.” e Environmental
Safety Expert.
L’area dei Comuni di Arce e Rocca d’Arce è allineata lungo la direzione Arpino-Cassino.
Tale allineamento morfologicamente comprende il massiccio di Monte Cairo che
dovrebbe far parte dei Simbruini costituendone l’appendice sud-orientale. Ad un’analisi
più attenta, geologicamente Monte Cairo (il suo complesso) si distacca per avere
caratteri geologici propri e ben distinti.
Verso la Valle Latina il massiccio è limitato da una lunga faglia bordiera ad andamento
rettilineo che decorre da Roccasecca fino a Piedimonte S. Germano, mentre a NW lo
stesso è separato dai Simbruini dall’estrema placca dei “Conglomerati di Santopadre”
molto potenti nello spessore e riferibili al Pleistocene; tuttavia questi conglomerati sono
bordati tutto intorno da placche calcaree del Cretacico e Miocene che lasciano
intravedere la continuità del gruppo di Monte Cairo fino alla valle del Liri ed oltre. Tutto
ciò premesso, il paese di Rocca d’Arce si trova ubicato proprio su di una di queste
placche (cretacicomioceniche), sufficientemente elevato sopra i 500 metri s.l.m.; con i
versanti esposti a S/SE fortemente acclivi, intensamente fratturati da una microtettonica
assai persistente, e di conseguenza con una giacitura di stratificazione fortemente
alterata.
La particolare stratificazione da luogo a distacco di ammassi rocciosi che precipitano
sulla sottostante strada e alcuni di questi sono andati a colpire le abitazioni causando
uno stato di pericolo permanente per danni a persone e cose. Tecnologie di ultima
generazione sono state utilizzate nella progettazione e una particolare attenzione è stata
posta nell’impiego delle fibre ottiche per il monitoraggio strutturale e ambientale sui siti di
interesse.
Alcune note sugli interventi in roccia
La preparazione nel campo della geotecnica e geomeccanica, la conoscenza
delle caratteristiche tecniche dei materiali e delle strutture impiegate, il continuo
aggiornamento, le sperimentazioni sulle nuove tecniche, la conoscenza delle
difficoltà "ambientali" nelle quali si svolgono i lavori ed il continuo rapporto con il
settore operativo, questi sono i punti che ci consentono di programmare indagini,
progettare interventi ed indirizzare ricerche di nuovi sistemi di protezione.
Il piano delle indagini viene steso di volta in volta in relazione alle problematiche
da affrontare, utilizzando talora sopralluoghi preliminari eseguiti anche con
elicottero e l’impiego dei laser-scan. Le indagini si articolano con l'esecuzione di
carotaggi, di rilievi geomeccanici, con semplici ispezioni delle pareti. A supporto
possono essere eseguiti rilievi topografici o foto da elicottero con particolari
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obiettivi focali. L'ubicazione di strutture, quali barriere paramassi, vengono
verificate sia con simulazioni al calcolatore, sia con prove in sito (valutazione
delle traiettorie e delle velocità dei massi). Generalmente le ricerche e le
sperimentazioni prendono spunto dall'analisi critica di malfunzionamenti di opere
di protezione, da esigenze particolari di cantiere, dallo sviluppo di nuove idee. Il
settore si occupa anche della ricerca di nuovi materiali e della definizione delle
loro resistenze ultime. In tal senso sono le ricerche sui materiali (reti, acciai), la
definizione della resistenza degli ancoraggi anche in funzione dello stato dei fori,
lo sviluppo del metodo del Rafforzamento Corticale Attivo. Le prove vengono
eseguite generalmente in aree di
cava dismesse o in laboratorio. Sono in corso di sviluppo particolari applicazioni
delle reti ASM su pendici rocciose, una struttura fermaneve di facile installazione,
una barriera paramassi senza funi di controventatura verso monte. Nello specifico
settore d’intervento risulta, sempre, necessario utilizzare degli strumenti sia per
la rilevazione dei movimenti di zone instabili, sia per controllare particolari opere
eseguite per il consolidamento di aree dissestate. I sistemi di monitoraggio
possibili sono estremamente vari, sia per la tipologia degli strumenti, sia per la
possibilità di utilizzare trasduttori elettrici, sia per il tipo di raccolta e di
trasmissione dati. In generale i sistemi di monitoraggio con trasduttori elettrici
risultano, però, essere particolarmente sensibili alle sovratensioni causate da
scariche elettriche e quindi, seppur introducendo nei circuiti opportune protezioni,
sono necessari interventi di manutenzione e ripristino.
Montaggio dei sensori a fibra ottica
per il monitoraggio strutturale e la prevenzione dei movimenti franosi
I sensori a fibra ottica sono sotto rappresentati insieme al sistema
software di acquisizione dei parametri per la elaborazione dei dati
Una nuova tecnologia sul monitoraggio strutturale degli ammassi rocciosi, sperimentata ed
impiegata da alcuni anni in paesi esteri, prevede l’impiego delle fibre ottiche che sono immuni
dai problemi sopra evidenziati, come l’influenza dalle sovratensioni e dai campi elettroma-
gnetici. Le fibre ottiche permettono di monitorare gli ammassi rocciosi e di prevedere in an-
ticipo l’innesco di movimenti franosi.
Il monitoraggio a Fibre Ottiche di costoni in frana Permette di
Diagnosticare in Tempo Reale l’Innesco della Frana
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utili alla interpretazione dei movimenti
rocciosi ed alla prevenzione di
movimenti franosi.
Nella fig. 1 è rappresentato il sistema di rilevazione e misura dei dati, mentre nella fig.
2 è fotografata una barra di ancoraggio di un ammasso roccioso con al suo interno un
sensore a fibra ottica.
Il sensore a fibra ottica è solidale con la barra di acciaio, che è in leggera
precompressione.
Quando avviene un movimento della massa rocciosa, causato da un principio
di frammentazione dei materiali che formano la roccia, la barra si deforma e,
contestualmente,
si deforma il sensore a fibra ottica
che invia le informazioni sullo stato tensionale della barra.
Lo studio della variazione dello stato tensionale della barra in
acciaio ci permette di risalire alla presenza di una eventuale
formazione franosa in atto.
I movimenti in atto vengono riportati da una centralina, gsm o altro, a computer
in remoto
fig. 2 fig. 1
Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
Pag. 17 a 28
fig. 3
fig. 4
Rilevazione dei Sensori a Fibra Ottica delle attività in Frana
Il sensore a fibra ottica rappresentato in fig 3 è montato sulla barra in acciaio in maniera
solidale Impiegando delle resine epossidiche ad alta resistenza. Il sensore solidale con
la barra in acciaio si deforma quando la barra infissa nel terreno sia esso roccia o altra
tipologia di materiali si muove sotto l’azione dinamica di un evento franoso o altro tipo di
distacco o frammentazione dei materiali. Il raggio di luce entro il sensore cambia
angolazione e viene rilevata l’angolazione attraverso un software dedicato ( SISTEMA
SOFO ) fig 4 che traduce la misura dell’angolazione in numeri rappresentativi dello
stato tensionale delle barre infisse nel terreno. Lo studio di tali valori dello stato
tensionale delle barre in acciaio infisse nel terreno ci permette di conoscere se
nel terreno è in atto l’innesco di fenomeni franosi in maniera di prevenire in
tempo reale eventi disastrosi che possono causare danni a persone e cose.
Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
Pag. 18 a 28
Nei diagrammi sotto riportati sono evidenziati i valori della deformazione media che
subiscono i sensori infissi l terreno o sulle altre strutture che si intende monitorare. La
scienza delle costruzioni lega la deformazione allo stato tensionale cui è sottoposto il
materiale sollecitato a trazione e torsione e fornisce le leggi matematiche per l’esame
tecnico scientifico del problema da risolvere.
I sensori a fibra ottica sono in grado di prevenire
In tutta sicurezza l’innesco di eventi franosi e altre tipologie di danno legate ad
eventi dinamici.
Costone in frana nel Comune di Rocca D’Arce
Il costone nella foto ha subito un evento disastroso causato da un innesco di frana che
ha provocato un movimento nelle strutture edilizie
che sovrastano il costone.
I lavori sono stati appaltati ed è prevista la realizzazione di una paratia
in muratura armata con all’interno dei sensori a fibra ottica che monitoreranno in
continuazione lo stato di stabilità del complesso edilizio.
I dati del monitoraggio saranno inviati via gsm a computer in remoto dove
tecnici preposti valuteranno
la staticità del sistema
Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
Pag. 19 a 28
FIBRE OTTICHE
Sensori a fibre ottiche
denominati “auromilla “
nel monitoraggio strutturale e la
manutenzione delle Frane
Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
Pag. 20 a 28
Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
Pag. 21 a 28
Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
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Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
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Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
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Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
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Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
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Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
Pag. 27 a 28
Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba
Pag. 28 a 28
FIBRE OTTICHE
denominate “auromilla “
NEL MONITORAGGIO STRUTTURALE
E MANUTENZIONE DELLE OPERE DI
INGEGNERIA

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Tecnologia monitoraggio frane

  • 1. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba FRANE IN ITALIA Monitoraggi Strutturali delle Frane con Sensori a Fibre Ottiche denominati “ auromilla “ ANNO 2018
  • 2. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 2 a 28 Prof. Ing. Leonardo Corbo Nel 1965 entra nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ricoprendo in successione l’incarico di Comandante nelle provincie di Sondrio, Lucca, Como e Milano. Insignito nel 1987 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri del Premio della Cultura per la sua attività di divulgatore e di illustratore di normative tecniche. Dal 1991 al 1994 detiene l’incarico di Ispettore Regionale dei Vigili del Fuoco per la Lombardia. Dal 1994 al 1997 ricopre la carica di Prefetto della Repubblica di 1° classe e contestualmente quella di Direttore Generale della Protezione Civile e dei Servizi Antincendi. Nel 1997 passa all’ufficio ispettivo del Ministero dell’Interno. Ing. Diego Dell’Erba Nel 1970 entra come Direttore Tecnico in Imprese generali di Costruzioni operanti in Italia e all’’estero e percorre i vari gradi fino a Direttore Generale, Amministratore Delegato per poi fondare una propria società di Ingegneria la “ Delco Engineering and Design Office S.r.l. “ con cui opera in The World. Sin dall’inizio della attività operative l’Ing. Diego Dell’Erba introduce sistemi di indagine e monitoraggio ambientale e strutturale sulle opere di ingegneria con l’impiego dei satelliti spaziali e tecnologie avanzate e di ultima generazione. Da qualche decennio a oggi l’Ing. Diego Dell’Erba insieme a ricercatori ENEA e docenti di UNIVERSITA’ Italiane e straniere si interessa del monitoraggio strutturale e della manutenzione delle opere di ingegneria con l’applicazione di sensori di ultima generazione. Una vita passata a progettare, dirigere lavori, il tutto mirata alla SICUREZZA delle persone e cose.
  • 3. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 3 a 28 TECNOLOGIA DI MONITORAGGIO FRANE EVENTI FRANOSI CENSITI IN ITALIA NEL 1992 Per frana si intende un distacco dal pendio di materiale o di roccia che, a causa della forza di gravità, scende a valle e si accumula a quote più basse. L’Italia è un Paese prevalentemente collinare (40%) e montuoso (39%): è il più franoso del continente europeo e ciò impone una continua attenzione al problema delle frane; infatti se la catena alpina ha risentito in modo preponderante l'influenza morfologica dell'attività glaciale, che ha portato a modifiche spesso importanti dell'andamento delle incisioni e dei versanti, la catena appenninica ha messo in mostra, per la presenza molto diffusa di depositi argillosi, una debolezza intrinseca e una vulnerabilità altissima all'attività erosiva dell'acqua.
  • 4. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 4 a 28 Su rocce e suoli argillosi sono diffusi fenomeni di degradazione del suolo, che assumono localmente vari nomi e sono conosciuti a livello nazionale come "badlands" (terre cattive): i calanchi e le biancane. Sono diffusi su tutto il territorio, ai margini della catena appenninica, e sono distribuite essenzialmente in Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Lazio, Marche e Abruzzo, Basilicata e Calabria, Sicilia. I calanchi sono formazioni di dimensioni ridotte, generalmente a forma di ventaglio o di penna, suddivise in valli secondarie separate da creste; le biancane sono forme che tipica-mente si presentano come cupole alte fino a 20 metri in versanti asimmetrici. Nei territori interessati da questi fenomeni si presentano diverse forme di degradazione: erosione superficiale (splash erosion) causata dall'impatto di gocce di pioggia, erosione sotto-superficiale (piping o tunneling) causata da rivoli o da gole, movimenti di masse modeste come microfrane, vere e proprie frane di diversa origine e smottamenti. L’argilla è una roccia costituita da silicati, caratterizzata da granulometria fine e finissima, che può essere definita un materiale pseudocoerente perché si comporta come una roccia compatta allo stato secco, ma si trasforma rapidamente in fango non appena si impregna di acqua. Tutti conoscono l'impraticabilità dei terreni argillosi in caso di pioggia, l'impantamento di tutto ciò che li attraversa, per vederli poi durissimi e secchissimi dopo qualche mese di assenza di pioggia. Quando oltre a questo tipo di terreno si aggiungono la pendenza del versante e l'erosione dei torrenti alla base del pendio, si preparano le condizioni per un "tracollo" e un dissesto, non appena le precipitazioni sono intense e prolungate. Le cause che determinano una frana sono molteplici, tra queste possiamo distinguere alcuni fattori predisponenti:  la natura e la struttura del terreno (rocce incoerenti o fratturate);  la variazione del profilo del pendio e quindi un aumento della sua inclinazione;  e alcuni fattori determinanti:  un aumento del contenuto d'acqua del terreno (per forti o prolungate piogge);  il congelamento notturno dell'acqua che circola nelle fessure delle rocce (come può ca-pitare in inverno). Altri fattori ancora sono causati dall'azione diretta dell'uomo sull'ambiente:  un aumento del peso specifico della massa inclinata per sovraccarico (dovuto ad esempio a una costruzione)
  • 5. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 5 a 28  l'assenza di alberi (per diboscamento), poiché le radici delle piante consolidano il terreno  la presenza di cave abbandonate  lavori di sbancamento del pendio per costruzioni, che lo rendono più ripido. Le frane sono più diffuse nei periodi in cui le piogge sono più abbondanti: in primavera e in autunno nell'Italia settentrionale, in inverno nell'Italia meridionale. In generale i fenomeni franosi sono molto frequenti quando esistono condizioni atmosferiche particolari (lunghi periodi di pioggia) e soprattutto dove esiste una situazione di dissesto idrogeologico grave. Credo sinceramente che le calamità naturali dovrebbero essere trattate come fenomeni completi, da studiare nel modo più interdisciplinare possibile: solo in questa maniera diventerà efficace combattere i loro effetti più dannosi, che sono molteplici, e costituire, e costruire un più sicuro ambiente umano. A questo proposito non si dovrebbero porre dei limiti alle varie discipline accademiche e professionali in quanto questi potrebbero oscurare o impedire la ricerca sulle cause, sugli effetti, sugli impatti, sulla vulnerabilità e su tutti gli altri problemi fondamentali connessi con i disastri. Tuttora pochi hanno tentato di affrontare lo studio dell'intero campo delle calamità naturali in modo comprensivo e tenendo conto di tutte le maggiori competenze e discipline che interagiscono con il fenomeno del disastro. Solo in base allo sviluppo di una veduta d'insieme diventerà possibile unificare una gamma di ricerche e strategie di mitigazione finora troppo disparata e frammentata per rappresentare una vera disciplina di studio dei fenomeni naturali di entità catastrofica. Le politiche nazionali sviluppate appositamente in Italia per combattere le calamità naturali tendono ad usufruire di quattro tipi di attività: 1. Il soccorso dei disastri: questa è una politica limitata che è specificamente valida dove il rischio di grandi perdite dovute ad un pericolo particolare è basso. È un metodo che non coincide con lo sviluppo di una politica nazionale per la mitigazione del rischio. Dove un pericolo particolare produce soltanto un fastidio, anziché un vero disastro, potrebbe ricevere scarsa attenzione da un governo già preoccupato da altri problemi.
  • 6. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 6 a 28 Per questi motivi, ad esempio, il Canada decise esplicitamente di non avere una politica nazionale della mitigazione delle alluvioni, ma di lasciare il problema alle provincie ed alle città. Inoltre, possono verificarsi dei conflitti d'interesse: ad esempio, l'opposizione degli ambientalisti alla costruzione di una diga che potrebbe potenziare l'approvvigionamento idrico durante un periodo di siccità ed anche ridurre le piene durante un'alluvione. In questo modo, dove il bisogno di un programma nazionale per la mitigazione del pericolo non è elevato, la politica del governo sarà limitata al soccorso dei disastri. Bisogna anche non ignorare la gente colpita anche soltanto marginalmente dal disastro, che potrebbe soffrire gli effetti negativi senza ricevere una parte apposita dell'aiuto destinato alle vittime. I paesi industrializzati dovrebbero cercare di combinare la politica dei soccorsi con i programmi per la sicurezza dei gruppi socialmente svantaggiati. 2. Il comando degli eventi naturali e dei loro effetti: esiste una gamma limitata degli interventi tecnologici atti a combattere o a limitare l'impatto fisico dei disastri. Una politica che include questo tipo di strategia inizia con il riconoscimento del fatto che il rischio è tale da richiedere più del solo soccorso. Spesso queste politiche danno eccessiva enfasi alla tecnologia, invece che alla flessibilità, ed esse frequentemente non considerano le reazioni degli individui o della comunità. Tali metodi potrebbero portare all'abbandono delle strategie tradizionali di mitigazione sotto l'impressione, sempre sbagliata, che è sufficiente lasciare la responsabilità al governo: così succede con la difesa contro l'erosione del suolo. È anche una strategia che potrebbe peggiorare certi problemi, come nel caso dell'erosione costiera, dove quasi tutti gli interventi ingegneristici finiscono nell'incoraggiamento di uno squilibrio nell'asportazione dei sedimenti. 3. La riduzione complessiva dei danni: per questo si intende un complesso insieme di metodi, compresi la cartografia del rischio, la pianificazione territoriale, la regolamentazione urbanistica, la gestione delle emergenze, le opere ingegneristiche, l'assicurazione contro i rischi, la raccolta e la disseminazione delle informazioni sui pericoli, la previsione e la diffusione del preallarme. Per quanto
  • 7. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 7 a 28 riguarda tutti questi elementi, l'approccio generale deve essere ben integrato per funzionare bene. 4. La gestione integrale dei rischi multipli: questa strategia tratta dell'ugualizzazione dei rischi nei paesi industrializzati e della selezione dei rischi particolari da mitigare nei paesi in via di sviluppo. Per quanto riguarda ciascun tipo di calamità naturale o antropica, esiste una grande diversità nell'accettabilità dei rischi. Nei paesi industrializzati la gestione delle calamità naturali deve essere relazionata alla protezione dell'ambiente; nei paesi in via di sviluppo deve essere agganciata ai programmi di sviluppo socio economico. È maturata molto lentamente l'idea che, per la mitigazione delle calamità naturali, siano necessarie politiche nazionali. La risposta più comune, invece, è quella di fornire aiuti soltanto quando è chiaramente essenziale, come nella crisi provocata da un grande disastro. La maggior parte delle agenzie e delle opere macroscopiche di mitigazione risalgono a periodi successivi all'avvenimento di una grossa catastrofe. In genere le politiche nazionali sono riuscite a frenare l'espansione della vulnerabilità. I disastri tendono a ridefinire ed a far tornare l'attenzione sui programmi di mitigazione e di soccorso: nei periodi tra le grosse calamità l'attenzione dell'opinione pubblica e dei politici viene distratta da altre cose, con effetti spesso molto negativi per quanto riguarda la formulazione di una strategia di difesa contro i disastri. Non esiste un modello universale per una politica nazionale contro le calamità naturali. Tutto dipende dalla configurazione dei pericoli, degli impatti e dalle domande competitive sulle scarse risorse nazionali. I dirigenti politici ed i programmatori degli interventi devono pesare i costi delle perdite contro quelli degli interventi di difesa, in termini dei danni risparmiati da ogni intervento. Le perdite economiche, comunque, non rappresentano il totale degli impatti, nelle quali vanno inclusi anche gli effetti della morte, delle ferite, della privazione e dell'interruzione (o del mutamento) della vita normale. I costi socio-economici dei disastri sono così grandi e così crescenti che l'azione e le politiche delle pubbliche autorità sono spesso insufficienti per mitigarli. La voragine esistente tra la mitigazione da una parte, e l'impatto e la vulnerabilità, dall'altra, si sta ingrandendo. Intanto, il costo, e non la praticabilità, è l'influenza principale sulle decisioni prese. Una buona strategia comprenderebbe un piano di coordinamento nazionale insieme ad una forte partecipazione a livello delle
  • 8. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 8 a 28 autorità regionali e locali, con un'ottima struttura di coinvolgimento mutuo di tutti questi enti. Cosa serve per vivere a lavorare in sicurezza? Fortuna? Abilità? Prima di tutto ... Cultura. Un Dizionario ne riporta la seguente definizione ''Sviluppo delle capacità dell'uomo attraverso l'esperienza e l'addestramento”: Siamo un po' come quel topolino chiuso in gabbia insieme ad un pitone: sono tutti e due tranquilli!! Il topolino non sa che il pitone mangia solo una volta al mese ... Ma davanti al problema delle "Frane" il cittadino italiano, leggasi, il topolino, non sa quando la frana travolgerà e distruggerà la sua casa e la sua vita! Dal documento "il rischio idrogeologico in Italia" elaborato dal Ministero dell'Ambiente, si comprende, in dettaglio, l'entità del dissesto idrogeologico in Italia dove 6.633 comuni (1'81,9% dei comuni italiani) sono da considerarsi esposti a rischio idrogeologico. Una fragilità che risulta particolarmente elevata in regioni come la Calabria, il Molise, la Basilicata, l'Umbria, la Valle d'Aosta, e nella Provincia di Trento dove il 100% dei comuni è classificato a rischio, subito seguite da Marche e Liguria (99% dei comuni a rischio) e da Lazio e Toscana (98%). La dimensione del rischio è ovunque preoccupante, con una superficie delle aree ad alta criticità geologica che si estende per 29.517 km.2, il 9,8% del territorio nazionale. Oltre a quanto detto, è da considerare che la penisola italiana, essendo geologicamente "giovane", sia ancora soggetta a intensi processi morfogenetici che ne modellano in modo sostanziale il paesaggio. Si comprende pertanto come i fenomeni di dissesto legati al rischio idrogeologico possano manifestarsi, in relazione alle molteplici combinazioni delle variabili in gioco, secondo diverse modalità. Nell'ultimo triennio lo Stato italiano ha stanziato più di un miliardo di euro per le emergenze causate da eventi calamitosi di natura idrogeologica in tredici Regioni. Cifre molto elevate che coprono però solo una parte degli ingenti danni censiti in conseguenza di frane e alluvioni. In Sicilia, Veneto, Toscana, e Liguria, le regioni colpite dagli eventi più gravi in questi ultimi tre anni, è andato 1'80% delle risorse stanziate. Il restante 20% dei fondi per
  • 9. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 9 a 28 l'emergenza è andato alla Calabria, la Campania, la Puglia, le Marche, l'Abbruzzo, l'Emilia, il Piemonte, il Friuli e la Basilicata. A fronte di una spesa prevista di 44 miliardi, negli ultimi 10 anni, per la prevenzione del rischio idrogeologico sono stati erogati solo 2 miliardi di euro. La metà circa di queste risorse è stata stanziata attraverso gli accordi di Programma siglati tra il Ministero dell'Ambiente e le Regioni, dal 2010 al 2011. Ancora oggi dei 2 miliardi messi in campo attraverso il cofinanziamento Ministero-Regioni, 178 milioni sono stati effettivamente erogati e solo il 3% degli interventi previsti è stato realizzato o è in corso di realizzazione. A margine, è da evidenziare che se da un lato c'è la volontà politica di considerare strategica l'attività di prevenzione del rischio, dall'altra, appare evidente che gli Enti preposti alla spesa, non sono riusciti a spendere quanto già destinato al capitolo prevenzione. Oggi, con l'aumentata esigenza di sicurezza le popolazioni residenti in zone classificate a rischio, stimolate dai propri amministratori, considerano prioritaria quest'esigenza e crescenti sono le richieste d'informazione per munirsi in tempi ristretti di sistemi di allerta. Un indice qualitativo denominato "livello di attenzione per il rischio idrogeologico" elaborato dal Ministero dell'Ambiente, ha consentito di individuare i comuni italiani a maggiore criticità (indice "elevato" e "molto elevato"). Le carte di seguito riportate, tralasciando quei comuni con classe di rischio "moderata" e "media" mostrano in maniera inequivocabile un quadro allarmante.
  • 10. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 10 a 28 In definitiva, in Italia oltre 5 milioni di cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni e la pioggia è diventata ormai sinonimo di paura. Purtroppo ciò è avvalorato dalle modifiche dei regimi meteorologici indotte dalle variazioni climatiche in atto; infatti, le nostre latitudini sono caratterizzate da piogge sempre più di breve durata, ma di maggiore intensità. Monitoraggio delle frane: Il decreto del Ministero delle infrastrutture del 14/01/2008 afferma al capitolo 6 (Stabilità dei pendii naturali) "Lo studio della stabilità dei pendii natrali richiede osservazioni e rilievi di superficie, raccolta di notizie storiche sull'evoluzione dello stato del pendio e su eventuali danni subiti dalle strutture o infrastrutture esistenti, la constatazione di movimenti eventualmente in atto e dei loro caratteri geometrici e cinematici, la raccolta dei dati sulle precipitazioni meteoriche, sui caratteri idrogeologici della zona e sui precedenti interventi di consolidamento." Il monitoraggio delle frane ha come obiettivi: • La profondità e la superficie del movimento franoso per valutarne il volume; • L'eventuale esistenza di movimenti in atto e la loro collocazione spazio-temporale; • Il controllo degli aspetti idrogeologici della frana;
  • 11. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 11 a 28 Un monitoraggio attento e continuo può essere molto proficuo dal punto di vista della gestione del rischio nell'ambito della protezione civile. Attraverso la strumentazione geotecnica è possibile valutare: • L'apertura delle fratture (tramite estensimetri, fessurimetri, distometri, mire ottiche); • La superficie di scivolamento, movimenti profondi e deformazioni (con tubi inclinometrici, inclinometri) • Il livello piezometrico della falda (attraverso i piezometri) • GPS, Interferometria SAR terrestre (TinSAR) e sistemi topografici (si installano una serie di pilastri in calcestruzzo sul corpo della frana per poi valutarne gli spostamenti relativi) i quali forniscono informazioni sui movimenti superficiali della frana; • Radiazione infrarossa per valutare il grado di umidità del terreno e quindi controllare la situazione idrogeologica. L'ampia diffusione dei fenomeni franosi è causa di un elevato numero di vittime e di ingenti danni economici alle proprietà pubbliche e private in Italia e nel resto del mondo. In particolare, se ci concentriamo sul caso italiano, gli eventi franosi costituiscono la principale causa di morte tra tutti i rischi naturali; nonostante ciò, la loro pericolosità è spesso sottostimata e scarsamente considerata dalla collettività. Al verificarsi di un disastro, infatti, i danni prodotti dalle frane sono spesso inclusi in quelli derivanti dai processi di attivazione (ad esempio inondazioni, terremoti, eruzioni vulcaniche), a scapito, quindi, di una dettagliata informazione sul rischio da frana. A tale contesto va aggiunto che la continua evoluzione del sistema Terra (cambiamenti climatici, incontrollato uso del suolo, urbanizzazione, deforestazione) rende ipotizzabile un aumento dei fenomeni franosi su scala globale. È quindi evidente la necessità di approntare efficaci misure di prevenzione e mitigazione del rischio da frana tramite una conoscenza dettagliata della cinematica dell'evento franoso e in particolar modo della distribuzione delle velocità attraverso la massa in movimento. Tecnologie di monitoraggio Per colmare questa mancanza di copertura del rischio, a maggior ragione quando bisogna tutelare la pubblica incolumità, le tecnologie di monitoraggio di cui si dispone oggi in Italia, offrono un'interessante soluzione in termini d'immediata applicabilità. Tale
  • 12. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 12 a 28 opportunità è vantaggiosa sia dal punto di vista dell'impatto ambientale in quanto per nulla invasiva, sia dall'impegno finanziario, infatti, a parità d'importo, rispetto ad un'opera di difesa passiva, una maggiore porzione di territorio risulterebbe sottoposta al controllo della stabilità. A tal proposito, le tecniche d'interferometria differenziale forniscono dati preziosi che possono integrare efficacemente i metodi tradizionali de analisi della frana permettendo l'individuazione, la mappatura e il monitoraggio dei movimenti dei versanti di studio delle frane può trarre grandi vantaggi dalle tecniche in termini di analisi spaziale e temporale dei fenomeni. L'approccio avanzato, grazie alla generazione di mappe di velocità e serie storiche di deformazione, permette analisi a scala sia regionale sia locale, che consentono di rilevare e di concentrarsi sulla deformazione locale che insiste su singoli elementi a rischio. Un'altra caratteristica delle tecnologie di monitoraggio è la capacità di sfruttare al meglio grandi archivi di dati esistenti permettendo così di studiare i fenomeni deformativi su lunghi intervalli temporali. Il monitoraggio è uno strumento indispensabile in aree dove si manifestano fenomeni franosi o sono presenti ammassi rocciosi instabili, non solo per il controllo di suolo e di sottosuolo ma anche per le strutture antropiche presenti e interessate da questi eventi. Le reti strumentali consentono di valutare e comprendere l'evoluzione dei fenomeni di instabilità e conseguentemente gli interventi da mettere in atto per la sicurezza del territorio. L'innovazione del sistema di monitoraggio wireless permette di adottare strategie di previsione e previsione basate sulla rilevazione puntuale dei dati provenienti dai sensori, riducendo drasticamente gli interventi di riparazione del danno ed erogazione di provvidenze. La strumentazione permette di misurare in continuo i parametri geotecnici e strutturali significativi per il controllo del movimento franoso. Mediante i sistemi di acquisizione, i dati possono essere acquisiti in modalità automatica e monitorati costantemente in real-time attraverso pagine web dedicate. È possibile inoltre completare il sistema di monitoraggio con dispositivi che si attivano al superamento di soglie di allerta e allarme per garantire la sicurezza del territorio. Comodamente da casa è possibile visualizzare e graficare i dati, effettuare ricerche mirate, impostare soglie di allerta e tempi di campionamento personalizzati. Oggi in Italia, la tecnologia esistente assicura:
  • 13. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 13 a 28 • Progettazione del sistema di monitoraggio e definizione della rete strumentale • Installazione della strumentazione di misura • Esecuzione di misure di verifica e controllo • Acquisizione dati in modalità automatica • Gestione dei dati acquisiti su pagine web dedicate (Web Monitoring On-Line) ed elaborazione dati con redazione di rapporti periodici e relazioni tecniche • Assistenza tecnica per la manutenzione degli impianti di monitoraggio • Perforazioni per l'installazione della strumentazione geotecnica La suddetta tecnologia è utile anche nella fase preliminare di progettazione di un intervento strutturale, ad esempio per decidere con più accuratezza su quali settori di versante è necessario intervenire e dunque utilizzare al meglio i budget disponibili. Inoltre, il suo utilizzo appare di fondamentale importanza nell'aggiornamento delle mappe relative ai livelli di rischio, che rappresentano un riferimento propedeutico a tutti i tipi di interventi che devono essere realizzati. Per tutto quanto sopradetto posso affermare che la tecnologia esistente 1n Italia risponde a specifica necessità ovvero all'ausilio per l'individuazione e previsione di situazioni critiche che possano compromettere la sicurezza a seguito di eventi franosi, consentendo di avviare piani di Protezione Civile per tutelare le vite umane. Il monitoraggio è volto a definire e notificare regimi idraulici preparatori, antecedenti e/ o prossimi all'innesco di fenomeni di frana. Lo studio delle condizioni d'innesco di tali fenomeni, in crescente evoluzione, si basa su tecniche e modellazioni matematiche, articolate e complesse, che utilizzano i dati concernenti i parametri idromeccanici dei terreni potenzialmente coinvolgibili da eventi franosi. Tramite procedure automatizzate, possono essere raccolte le informazioni prevenienti dalle stazioni di misura dislocate sul territorio, restituendole a richiesta tramite web o applicazioni per dispositivi mobile, attraverso un'interfaccia semplice e intuitiva. È particolarmente efficace nel riconoscere il verificarsi di condizioni di allerta, configurabili dai tecnici, su cui impostare possibili allarmi o azioni di notifica.
  • 14. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 14 a 28 In allegato l’articolo, afferente il monitoraggio a fibre ottiche del costone in frana nel Comune di Rocca D’Arce, firmato dal sottoscritto e dall’ing. Diego Dell’Erba – Amm.re Unico della “Delco Engineering and Design Office S.r.l.” e Environmental Safety Expert. L’area dei Comuni di Arce e Rocca d’Arce è allineata lungo la direzione Arpino-Cassino. Tale allineamento morfologicamente comprende il massiccio di Monte Cairo che dovrebbe far parte dei Simbruini costituendone l’appendice sud-orientale. Ad un’analisi più attenta, geologicamente Monte Cairo (il suo complesso) si distacca per avere caratteri geologici propri e ben distinti. Verso la Valle Latina il massiccio è limitato da una lunga faglia bordiera ad andamento rettilineo che decorre da Roccasecca fino a Piedimonte S. Germano, mentre a NW lo stesso è separato dai Simbruini dall’estrema placca dei “Conglomerati di Santopadre” molto potenti nello spessore e riferibili al Pleistocene; tuttavia questi conglomerati sono bordati tutto intorno da placche calcaree del Cretacico e Miocene che lasciano intravedere la continuità del gruppo di Monte Cairo fino alla valle del Liri ed oltre. Tutto ciò premesso, il paese di Rocca d’Arce si trova ubicato proprio su di una di queste placche (cretacicomioceniche), sufficientemente elevato sopra i 500 metri s.l.m.; con i versanti esposti a S/SE fortemente acclivi, intensamente fratturati da una microtettonica assai persistente, e di conseguenza con una giacitura di stratificazione fortemente alterata. La particolare stratificazione da luogo a distacco di ammassi rocciosi che precipitano sulla sottostante strada e alcuni di questi sono andati a colpire le abitazioni causando uno stato di pericolo permanente per danni a persone e cose. Tecnologie di ultima generazione sono state utilizzate nella progettazione e una particolare attenzione è stata posta nell’impiego delle fibre ottiche per il monitoraggio strutturale e ambientale sui siti di interesse. Alcune note sugli interventi in roccia La preparazione nel campo della geotecnica e geomeccanica, la conoscenza delle caratteristiche tecniche dei materiali e delle strutture impiegate, il continuo aggiornamento, le sperimentazioni sulle nuove tecniche, la conoscenza delle difficoltà "ambientali" nelle quali si svolgono i lavori ed il continuo rapporto con il settore operativo, questi sono i punti che ci consentono di programmare indagini, progettare interventi ed indirizzare ricerche di nuovi sistemi di protezione. Il piano delle indagini viene steso di volta in volta in relazione alle problematiche da affrontare, utilizzando talora sopralluoghi preliminari eseguiti anche con elicottero e l’impiego dei laser-scan. Le indagini si articolano con l'esecuzione di carotaggi, di rilievi geomeccanici, con semplici ispezioni delle pareti. A supporto possono essere eseguiti rilievi topografici o foto da elicottero con particolari
  • 15. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 15 a 28 obiettivi focali. L'ubicazione di strutture, quali barriere paramassi, vengono verificate sia con simulazioni al calcolatore, sia con prove in sito (valutazione delle traiettorie e delle velocità dei massi). Generalmente le ricerche e le sperimentazioni prendono spunto dall'analisi critica di malfunzionamenti di opere di protezione, da esigenze particolari di cantiere, dallo sviluppo di nuove idee. Il settore si occupa anche della ricerca di nuovi materiali e della definizione delle loro resistenze ultime. In tal senso sono le ricerche sui materiali (reti, acciai), la definizione della resistenza degli ancoraggi anche in funzione dello stato dei fori, lo sviluppo del metodo del Rafforzamento Corticale Attivo. Le prove vengono eseguite generalmente in aree di cava dismesse o in laboratorio. Sono in corso di sviluppo particolari applicazioni delle reti ASM su pendici rocciose, una struttura fermaneve di facile installazione, una barriera paramassi senza funi di controventatura verso monte. Nello specifico settore d’intervento risulta, sempre, necessario utilizzare degli strumenti sia per la rilevazione dei movimenti di zone instabili, sia per controllare particolari opere eseguite per il consolidamento di aree dissestate. I sistemi di monitoraggio possibili sono estremamente vari, sia per la tipologia degli strumenti, sia per la possibilità di utilizzare trasduttori elettrici, sia per il tipo di raccolta e di trasmissione dati. In generale i sistemi di monitoraggio con trasduttori elettrici risultano, però, essere particolarmente sensibili alle sovratensioni causate da scariche elettriche e quindi, seppur introducendo nei circuiti opportune protezioni, sono necessari interventi di manutenzione e ripristino. Montaggio dei sensori a fibra ottica per il monitoraggio strutturale e la prevenzione dei movimenti franosi I sensori a fibra ottica sono sotto rappresentati insieme al sistema software di acquisizione dei parametri per la elaborazione dei dati Una nuova tecnologia sul monitoraggio strutturale degli ammassi rocciosi, sperimentata ed impiegata da alcuni anni in paesi esteri, prevede l’impiego delle fibre ottiche che sono immuni dai problemi sopra evidenziati, come l’influenza dalle sovratensioni e dai campi elettroma- gnetici. Le fibre ottiche permettono di monitorare gli ammassi rocciosi e di prevedere in an- ticipo l’innesco di movimenti franosi. Il monitoraggio a Fibre Ottiche di costoni in frana Permette di Diagnosticare in Tempo Reale l’Innesco della Frana
  • 16. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 16 a 28 utili alla interpretazione dei movimenti rocciosi ed alla prevenzione di movimenti franosi. Nella fig. 1 è rappresentato il sistema di rilevazione e misura dei dati, mentre nella fig. 2 è fotografata una barra di ancoraggio di un ammasso roccioso con al suo interno un sensore a fibra ottica. Il sensore a fibra ottica è solidale con la barra di acciaio, che è in leggera precompressione. Quando avviene un movimento della massa rocciosa, causato da un principio di frammentazione dei materiali che formano la roccia, la barra si deforma e, contestualmente, si deforma il sensore a fibra ottica che invia le informazioni sullo stato tensionale della barra. Lo studio della variazione dello stato tensionale della barra in acciaio ci permette di risalire alla presenza di una eventuale formazione franosa in atto. I movimenti in atto vengono riportati da una centralina, gsm o altro, a computer in remoto fig. 2 fig. 1
  • 17. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 17 a 28 fig. 3 fig. 4 Rilevazione dei Sensori a Fibra Ottica delle attività in Frana Il sensore a fibra ottica rappresentato in fig 3 è montato sulla barra in acciaio in maniera solidale Impiegando delle resine epossidiche ad alta resistenza. Il sensore solidale con la barra in acciaio si deforma quando la barra infissa nel terreno sia esso roccia o altra tipologia di materiali si muove sotto l’azione dinamica di un evento franoso o altro tipo di distacco o frammentazione dei materiali. Il raggio di luce entro il sensore cambia angolazione e viene rilevata l’angolazione attraverso un software dedicato ( SISTEMA SOFO ) fig 4 che traduce la misura dell’angolazione in numeri rappresentativi dello stato tensionale delle barre infisse nel terreno. Lo studio di tali valori dello stato tensionale delle barre in acciaio infisse nel terreno ci permette di conoscere se nel terreno è in atto l’innesco di fenomeni franosi in maniera di prevenire in tempo reale eventi disastrosi che possono causare danni a persone e cose.
  • 18. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 18 a 28 Nei diagrammi sotto riportati sono evidenziati i valori della deformazione media che subiscono i sensori infissi l terreno o sulle altre strutture che si intende monitorare. La scienza delle costruzioni lega la deformazione allo stato tensionale cui è sottoposto il materiale sollecitato a trazione e torsione e fornisce le leggi matematiche per l’esame tecnico scientifico del problema da risolvere. I sensori a fibra ottica sono in grado di prevenire In tutta sicurezza l’innesco di eventi franosi e altre tipologie di danno legate ad eventi dinamici. Costone in frana nel Comune di Rocca D’Arce Il costone nella foto ha subito un evento disastroso causato da un innesco di frana che ha provocato un movimento nelle strutture edilizie che sovrastano il costone. I lavori sono stati appaltati ed è prevista la realizzazione di una paratia in muratura armata con all’interno dei sensori a fibra ottica che monitoreranno in continuazione lo stato di stabilità del complesso edilizio. I dati del monitoraggio saranno inviati via gsm a computer in remoto dove tecnici preposti valuteranno la staticità del sistema
  • 19. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 19 a 28 FIBRE OTTICHE Sensori a fibre ottiche denominati “auromilla “ nel monitoraggio strutturale e la manutenzione delle Frane
  • 20. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 20 a 28
  • 21. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 21 a 28
  • 22. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 22 a 28
  • 23. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 23 a 28
  • 24. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 24 a 28
  • 25. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 25 a 28
  • 26. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 26 a 28
  • 27. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 27 a 28
  • 28. Prof. Ing. Leonardo Corbo Ing. Diego Dell’Erba Pag. 28 a 28 FIBRE OTTICHE denominate “auromilla “ NEL MONITORAGGIO STRUTTURALE E MANUTENZIONE DELLE OPERE DI INGEGNERIA