Comunicazione Museale, 2020-2021, Dal Fatto-in-Italia al Made in Italy, Lezioni 7 e 8
1. Tessuti Fatti-a-Genova e arazzi Fatti-a-Roma
Prof. Paolo Coen
Comunicazione Museale
Titolo del Corso: Dal Fatto-in-Italia al Made in Italy
2020-2021
2. Genova e altre città nel XVII secolo
• Genova, Milano, Firenze e Venezia producono tessuti di pregio molto ricercati
• 1665 il capo dei mercanti di Lione se ne lamenta con Jean-Baptiste Colbert, primo ministro del re
Luigi XIV: i mercanti di Lione comprano in Italia e poi li spacciano per francesi «à la façon de
Gênnes»
• particolarmente ricercati i damaschi genovesi
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3. Genova: una tradizione relativamente breve
• partita tardi rispetto ad altre città italiane
• 1303 due tessitori lucchesi s’insediano in città
• Nel secondo Cinquecento 38.000 abitanti su 60.000 impiegati nell’industria della seta
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4. Ottavio Semino (disegno) – Francesco de Ursio (ricamatore), Paliotto, 1564, Genova, Museo
Diocesano
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5. I segreti del successo
• Alto magistero tecnico, i telai si moltiplicano
• Puntare su una domanda di alto livello, sia interna che esterna
• Agevolazioni fiscali della Repubblica nell’import di materie prime e nell’export di prodotti finiti
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6. Pieter Paul Rubens, Ritratto di Maria Serra Pallavicino, 1606, Kingston Lacy - National Trust
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7. Antoon van Dyck, Ritratto di Paolina Adorno- Brignole-Sale, 1627, Genova, Musei di Palazzo
Rosso
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8. Antoon van Dyck, Ritratto di Paolina Adorno- Brignole-Sale, 1627, Genova, Musei di Palazzo
Rosso
• Le nobildonne e i nobiluomini genovesi si fanno ritrarre con
vestiti e tessuti genovesi
• Strumento di affermazione sociale ed economica
• Ruolo di testimonial
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9. La crisi di metà XVIII secolo
• Spietata concorrenza della Francia (Lione e Tours), che imitano i concorrenti di Genova
• Episodi di spionaggio industriale dei lionesi
• Richieste di trasferimento di tessitori genovesi in Francia
• 1740 Giuseppe Solari e figli s’installano in Francia e fanno fortuna
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10. Partiamo dalla fine, cioè da oggi: lo strano caso dell’arazzeria Scassa
https://www.youtube.com/watch?v=o_PIeSp2IVc&t=5s
Ugo Scassa, in memoriam
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11. Che cos’è un arazzo?
• L’arazzo è un tessuto artistico particolare: tecnicamente la trama ricopre completamente l’ordito
• La parola deriva da Arras, una città della Francia settentrionale che nel Medioevo si distinse per
questo genere di manifattura
• È una manufatto complesso, che prevede un cartone, uno o più telai e operai specializzati
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12. Come si fabbrica un arazzo? Il cartone
• Il punto di partenza è il cartone, che ha le stesse dimensioni del prodotto finito e riporta il disegno
da tradurre
• Il cartone viene posto dietro l’ordito e la trama, in modo che il tessitore possa trasporlo
agevolmente
• Nel cartone si concentra la componente stilistica, ovvero la ricerca propriamente linguistica
• Di solito è affidato a un artista di fama
• Grandi artisti disegnarono cartoni, come per esempio Raffaello, Rubens, Goya o più di recente
Pablo Picasso, Johan Mirò, Giuseppe Capogrossi e Corrado Cagli, fino a Renzo Piano
• Nei processi moderni può essere sostituito proiettando la composizione direttamente sull’ordito, sul
quale vengono segnate le linee principali
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13. Un arazziere traduce il cartone in tessuto nella Fabbrica Reale di Arazzi di Madrid
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14. Raffaello, La pesca miracolosa, 1512, Londra, Victoria & Albert Museum
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16. Come si fabbrica un arazzo? Il telaio, le navette e i materiali
• Per fabbricare occorre un telaio, che contiene l’ordito
• A seconda delle scuole, il telaio può essere verticale (ad alto liccio) oppure orizzontale (a basso
liccio)
• Le navette, o navettine, contengono il filo della trama, che viene incrociato con l’ordito di base
• A ciascuna navettina corrisponde un colore
• Tradizionalmente s’impiegano la lana e in alternativa la seta
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17. Un lavoro di squadra
• Al contrario di altre tecniche – es. la ceramica – l’arazzo prevede una squadra di lavoro e varie
specializzazioni
• Artista per il cartone
• Maestro tessitore per organizzare il lavoro nelle varie fasi
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18. L’arazzo nel Medioevo
• Fa parte del corredo di qualsiasi grande corte
• Valenza funzionale – sottolineata da Johann Huizinga: serve a tenere al caldo ambienti umidi e
freddi; può riporsi facilmente in cassoni
• Valenza rappresentativa – simbolica: attesta la potenza economica del proprietario
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19. Robert Poisson, La bestia del Mare, 1373-1377, dal ciclo dell’Apocalisse, Angers, Castello
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20. Robert Poisson, Il ciclo dell’Apocalisse, 1373-1377, Angers, Castello
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21. L’arazzo nel Rinascimento
• È il momento d’oro dell’arazzo europeo
• Si sviluppano molte e importanti manifatture, in particolare nelle Fiandre e in Francia
• Grandi collezionisti di arazzi furono i signori italiani, per esempio i Gonzaga a Mantova
• In Italia una manifatture importanti si sviluppano grazie all’importazione di maestri:
- a Ferrara il duca Ercole I chiama nel 1536 i fratelli fiamminghi Giovanni e Nicola Karcher
- a Firenze il duca Cosimo I fonda nel 1545 un’arazzeria, diretta dallo stesso Nicola Karcher e
Giovanni Rost
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22. Nicolas Karcher, I mesi dell'anno - Marzo, aprile, maggio, 1552, Firenze, Galleria degli Uffizi
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23. L’arte dell’arazzo a Roma
• Precedente: arazzi Barberini
• 1686 nasce il Conservatorio dei Ragazzi a Ripa Grande, per accogliere gli orfani: è il futuro
Ospizio del San Michele a Ripa Grande
• scopo principale del Conservatorio: insegnare ai fanciulli poveri come lavorare
• i giovani indigenti sono ricoverati, poi s’insegnano loro i rudimenti del calcolo, della lettura e della
scrittura; successivamente sono avviati alla pratica di qualche mestiere, organizzandoli in laboratori
di falegnameria, di rilegatura, di calzature e di cordami
• 1703 viene istituito il lanificio, a seguire l’arazzeria, la stamperia ed una scuola per le arti liberali,
in cui vi insegnano personalità artistiche di rilievo
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24. Il complesso di San Michele a Ripa Grande, Roma
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25. La fabbrica degli arazzi
• 1710 si deve all’iniziativa di Clemente XI Albani (1700-1720)
• è fondamentalmente al servizio delle richieste della corte pontificia e della nobiltà
• i modelli iconografici e linguistici rispondono alle esigenze esigenze del Pontefice
• 1714 maestro tessitore Jean Simonet, francese
• 1717-1770 direttore artistico Pietro Ferloni
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26. Pietro Ferloni (disegno) – Arazzeria del San Michele, I Crociati giungono a Gerusalemme, 1732-
1739, New York, Metropolitan Museum of Art
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27. Pietro Ferloni (disegno) – Arazzeria del San Michele, Vergine Annunciata, c. 1750, New York,
Metropolitan Museum of Art
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28. L’Arazzeria del San Michele nel XIX secolo: sopravvivere all’industria
• 1830 Monsignor Tosti, dal 1834 cardinale, succede alla direzione
• lunga sopravvivenza della scuola artistica del San Michele
• alla lunga non riuscirà a tenere testa alla concorrenza, soprattutto con lo scemare delle commissioni
pontificie
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29. L’Arazzeria pennese
• Fondata nel 1965 e attiva fino al 1998
• Legata alla collaborazione col pittore Enrico Accatino
• Accatino due insegnanti della sezione tessuti del locale Istituto d’arte, Fernando di Nicola e Nicola
Tonelli
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30. Fine della prima parte della lezione
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31. L'impatto della rivoluzione industriale sulle arti: dalle arti applicate al design
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32. Le precondizioni generali
• Sviluppo demografico – la popolazione europea cresce di 70 milioni – e aumento della vita media,
anche grazie a un miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie e dell’alimentazione
• Ceto borghese dotato collettivamente di un notevole potere d’acquisto
• Almeno in alcuni paesi (Inghilterra, Germania), ceto aristocratico che investe sull’impresa,
l’industria e sul miglioramento della resa agricola
• Ampliamento dell’orizzonte dei traffici: tre quarti dei traffici del pianeta sono controllati
dall’Europa, soprattutto da Gran Bretagna e Francia
• Disponibilità, grazie alle colonie, di materie prime a costi molto ridotti, es. cotone e poi caucciù
• Sviluppo tecnologico: es. le macchine a vapore, le nuove fonderie
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33. La rivoluzione industriale
• Cambiamento drastico nel sistema di produzione
• Grazie al vapore, le macchine producono le merci, a partire dai tessuti, in quantità crescenti
• Le industrie sorgono a Londra o in qualsiasi altro contesto favorevole: sorgono città e distretti
industriali nuovi, es. Manchester, la Ruhr
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34. Adam Smith e la teoria economica ‘classica’
• Suddivisione del lavoro: ridurre operazioni complesse in una serie di operazioni semplici e
destinare a ciascuna di queste ultime uno o più operai aumenta considerevolmente la produttività
generale
• Libertà totale d’intraprendere. La ‘mano invisibile’, ovvero la teoria della regolazione spontanea
dello scambio e delle attività produttive: il sistema economico non richiede interventi esterni per
regolarsi
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35. La rivoluzione industriale
• Merci a basso e infimo costo: anche i ceti inferiori iniziano a consumare beni
• La meccanizzazione dell’agricoltura rende disponibili un ampio numero di ex contadini, che
emigrano in città in cerca di lavoro
• Nasce un ceto operaio industriale ed estrattivo: è sotto-specializzato e sottosviluppato, analfabeta e
privo di cultura materiale, sradicato e vulnerabile
• Suddivisione del lavoro: ogni persona realizza solo una piccola parte del prodotto finito, attraverso
un’azione semplice e ripetitiva
• Sorgere di una borghesia industriale, con valori, strumenti e obiettivi diversi dalla precedente
borghesia mercantile
• Crisi del concetto di homo faber e del sistema produttivo artigianale, ormai fuori mercato: nascita
dell’alienazione
• Costituzione di un ceto ristretto di magnati, non sempre di estrazione aristocratica
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36. I cambiamenti nel ‘sistema dell’arte’
• La borghesia si propone con forza in qualità di consumatrice d’arte. Si rivolge quasi sempre al
mercato ‘anonimo’: es. William Hogarth
• Si sviluppa un’esigenza decorativa diffusa a livello capillare, anche nei ceti medio e basso
• I soggetti rappresentati – ovvero l’iconografia – si modificano per venire incontro alla nuova
domanda d’arte
• La piramide degli oggetti disponibili si amplia ulteriormente: al vertice gli oggetti ‘su misura’,
realizzati in materiali preziosi da artisti di grido, alla base gli oggetti corsivi di consumo realizzati
dall’industria. Fra questi due estremi vi è spazio per una larga quantità di alternative
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37. Le arti applicate prima dell’industria: memento
• Tradizionalmente l’uomo si era circondato di oggetti prodotti da sé oppure acquistati da artigiani:
in ogni caso sono manufatti, cioè fatti a mano
• Fino al XVIII secolo fra un quadro d’altare, una scultura, una brocca in ceramica, un drappo
dipinto, un apparato di scenografia o un gioiello non vi è tecnicamente e concettualmente soluzione
di continuità
• La continuità è confermata dalla pratica della bottega: artisti di età rinascimentale come Cellini o
barocca come Bernini utilizzano ogni materia e ogni tecnica per la produzione di oggetti
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38. Benvenuto Cellini, Saliera, 1540-1543
Giovan Lorenzo Bernini, Riproduzione dell’apparato festivo per la nascita del Gran Delfino, 1661
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39. Le arti applicate
• L’avvento dell’industria crea una frattura tra chi progetta e chi realizza gli oggetti
• Chi progetta o disegna l’opera resta un uomo: questi viene automaticamente elevato di rango
sociale ed artistico, ma si distacca dal momento materiale della creazione
• Chi realizza l’oggetto può essere una squadra di operai, ciascuno sempre meno specializzato per
via della suddivisione del lavoro, o addirittura una macchina
• Già nella seconda metà del XVIII secolo si venne dunque a costituire una nuova dimensione, dove
la responsabilità sul piano artistico deve suddividersi fra il proprietario della fabbrica e il
progettista del singolo oggetto, o designer
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41. Josiah Wedgwood (1730-1795)
• Figlio di un vasaio, studia anche chimica e scienza dei
materiali
• Approfondisce le proprie nozioni attraverso una serie di
esperimenti e di confronti con chimici professionisti
• 1759 fonda l’omonima manifattura di ceramica
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42. La Josiah Wedgwood Ldt.
• È prima una manifattura e presto una fabbrica di ceramica, fondata nel 1759 a Stoke-on-Trent,
nello Staffordshire, nei pressi di Manchester, nel cuore dell’Inghilterra, in un distretto
tradizionalmente votato a tale produzione
• Per la domanda di oggetti farà ampio riferimento all’alta e media borghesia industriale di
Manchester
• Socio di Wedgwood è l’uomo d’affari Thomas Bentley, che appartiene all’alta società ed è dotato
di ottimo gusto estetico
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43. La Josiah Wedgwood Ldt.
• Wedgwood continua incessantemente alla sperimentazione tecnica e scientifica
• 1760-1770 la Wedgwood evolve la catena produttiva e diventa una fabbrica di ceramica
• Tipica della fabbrica sono ceramiche che recano sovrapposte decorazioni realizzate da designer di
talento – come John Flaxman o William Hackwood – e poi replicate su scala industriale
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44. William Hackwood per Wedgwood Ltd., Copia del Vaso Portland, c. 1790, Londra, Victoria and
Albert Museum
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45. Wedgwood and sons, Scodella, 1785-1795, Londra, Victoria & Albert Museum
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46. Wedgwood and sons, Scodella, 1785-1795, Londra, Victoria & Albert Museum
• Il marchio di fabbrica è la finitura superficiale in
blu, che diventa il «Wedgwood blue»
• Le decorazioni in rilievo bianche sono prodotte
con metodo industriale a stampo – anziché a mano
– e successivamente applicate
• È un compromesso che tiene insieme eleganza,
qualità e prezzi relativamente economici
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47. Il senso della Wedgwood e il segreto del suo successo
Conoscenza approfondita della chimica della ceramica, che consente all’industria di sviluppare e/o
perfezionare una gamma di nuovi materiali, tra cui gres fine (Jasper)
Scegliere importanti artisti, architetti o collezionisti per il design: in questo modo viene garantito il
costante aggiornamento della ricerca linguistica, in questo periodo ovviamente calibrato sul neo-
classicismo
Strategie di marketing innovative ed efficaci, perfette per il ceto medio-alto emergente: la copia
perfezionata dal Vaso Portland è esposta a Londra nel 1790
Il risultato è una fabbrica di ceramiche alla moda, che s’impone in Gran Bretagna e all’estero
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49. Anche l’architettura e persino gli spazi urbani diventano seriali
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50. Thomas F. Pritchard, Iron Bridge, 1777-1779, Coalbrookdale, Shropshire
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51. Thomas F. Pritchard, Iron Bridge, 1777-1779, Coalbrookdale, Shropshire
• È in ghisa: sfrutta le qualità del materiale in
compressione
• Punto di partenza nella storia dell’architettura in
metallo
• È interamente pre-fabbricato nelle vicine
fonderie di Coalbrookdale
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52. Louis-Alexandre de Cessart - Jacques Dillon, Pont des Arts, 1804, Parigi
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53. Louis-Alexandre de Cessart - Jacques Dillon, Pont des Arts, 1804, Parigi
• È in ghisa (completamente rimpiazzata nel
1984)
• Ingresso dell’architettura in metallo in una
grande città
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54. Charles Bage, Ditherington Flax Mill, 1797, Ditherington, Shrewsbury
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55. Charles Bage, Ditherington Flax Mill, 1797, Ditherington, Shrewsbury
• Prima applicazione del metallo a un edificio,
anziché a una struttura
• Sfruttamento intensivo delle superfici e dei
volumi, grazie a pilastri sottili
• Da allora usato ovunque per architetture
industriali e poi per teatri, chiese e sinagoghe
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57. Edward Holl, Commissioner’s House, c. 1820, Bermuda
• L’architettura in ghisa poteva facilmente
prefabbricarsi
• La Commissioner’s House fu disegnata
costruita in Inghilterra, trasportata al di là
dell’Oceano Atlantico e montata nella colonia
britannica di Bermuda
• Nel 1852 Frank Foster disegnerà a Londra il
mercato centrale, costruito a Brighton, spedito
e rimontato a Santiago del Cile
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58. Joseph Paxton, La grande serra, 1836-1840, Chatsworth House, Derbyshire
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59. Joseph Paxton, Crystal Palace, 1850-1851, già Londra, Hyde Park
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60. La ghisa divenne la struttura di sostegno standard nella costruzione di edifici
sempre più grandi.
La ghisa fu rapidamente adattata per consentire tetti in vetro su un'ampia
varietà di strutture, sia a Londra che a Parigi, come sale di mercato, stazioni
ferroviarie e grandi magazzini.
Entro la fine del XIX secolo quasi tutti i nuovi mercati coperti in Europa – e
anche in America Latina – avevano tetti in vetro e ghisa.
Al di là delle soluzioni avveniristiche, queste strutture non avevano un
linguaggio proprio e definito. A seconda delle circostanze, queste coperture
vennero gettate su invasi neoclassici, neogotici o neorinascimentali.
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61. Benjamin Baker, Forth Bridge, 1890, Fiordo di Forth, Scozia orientale
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64. A Chicago l’architettura il metallo – la ghisa e l’acciaio – avrebbero trovato
una nuova consapevolezza, in quanto materiali da costruzione. Sarebbe stata
l’alba di un nuovo modo di costruire, anzi di concepire l’architettura.
Taluni continuano a pensare al grattacielo come una scorciatoia, come una
soluzione alla mancanza di terreno, o in termini meramente economici.
È un errore. Il grattacielo – con la sua anima in metallo – è il manifesto di una
nuova civiltà: la civiltà statunitense.
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65. Charles C. Ebbets, Pranzo in cima a un grattacielo di Manhattan, 1932
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