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2. Materiali e Metodi
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2. MATERIALI E METODI
In questo capitolo, partendo da un inquadramento generale della Regione Marche,
verranno presentate le zone oggetto di studio su cui sono stati eseguiti calcoli e misure, prima
facendo una descrizione del bacino di appartenenza, poi più nello specifico, saranno
evidenziati e descritti i transetti fluviali soggetti ai campionamenti. Inoltre successivamente
sarà presente una descrizione dei quattro differenti metodi (A, B, C, D) utilizzati per valutare
le risorse idriche dei transetti fluviali studiati.
2.1. INQUADRAMENTO DELLE AREE DI STUDIO: ANALISI
FISIOGRAFICA DELLA REGIONE MARCHE
Le Marche costituiscono la parte meridionale più esterna dell’Appennino settentrionale.
Sotto l’aspetto orografico la regione può suddividersi in tre fasce longitudinali, che da ovest
ad est sono:
• fascia pre-appenninica, di modesta estensione, si trova nella parte nordoccidentale
della Regione, da Castel d’Elci a nord fino alla Serra di Burano a sud. Le quote più
elevate sono quelle di M. Sodo Pulito (1.125 m s.l.m.) e Pian della Serra (1.020 m
s.l.m.);
• fascia appenninica, costituita da due dorsali montuose pressoché parallele (dorsale
interna Umbro-Marchigiana e dorsale Marchigiana esterna), il loro orientamento,
insieme al limitrofo Appennino umbro, sono la causa della nota forma arcuata
dell’Appennino Umbro-Marchigiano. Le due dorsali citate (i cui rilievi superano
mediamente i 1.000 m s.l.m., con la quota massima in corrispondenza del M. Catria,
1.701 m s.l.m.), sono separate da una fascia collinare sviluppata da Visso ad
Acqualagna (con rilievi che raramente superano i 600 m) ed all’altezza dei Monti
Sibillini si uniscono tra loro in una maggiore unità orografica con un rilievo più
elevato, quota massima in corrispondenza del M. Vettore (2.476 m s.l.m.);
2. Materiali e Metodi
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• fascia sub-appenninica, estesa sino al litorale adriatico, soprattutto collinare, fatta
eccezione della parte pedemontana che va da Cingoli fino ai Monti della Laga, dove si
raggiungono quote fino ai 1.954 m s.l.m. di Colle la Tana. Sono presenti altre locali
aree più elevate, quali i Monti della Cesana, il M. Conero, la dorsale di Cingoli, la
dorsale di Acquasanta, interrompono l’uniformità del paesaggio collinare di questa
fascia.
2.2. INQUADRAMENTO IDROLOGICO DELLE MARCHE
L’assetto orografico delle Marche, pressoché costante diminuzione di quote sempre
minori andando dal margine occidentale della regione verso il litorale, fa sì che la quasi
totalità dei corsi d’acqua presenti nella regione dreni nel Mare Adriatico. Fa eccezione il F.
Nera, che nasce in territorio marchigiano e supera il confine con l’Umbria per poi andare a
confluire nel F. Tevere.
Nel territorio marchigiano i fiumi principali sono: Esino, Musone, Meteauro, Tronto ecc...
Questi hanno in comune un andamento tra di loro sub-parallelo, foci non ramificate, un
regime torrentizio e la ridotta lunghezza del loro corso. Il carattere torrentizio dei corsi
d’acqua marchigiani può essere ben evidenziato osservando l’andamento nel tempo delle
portate, con piene sproporzionatamente grandi rispetto alle medie ed alle magre. Questo
andamento può essere ricondotto al clima presente nell’area, con presenza di estati secche e
piogge concentrate nel periodo autunnale ed invernale. Codesto carattere, inoltre, è dovuto
anche da un altro fattore ovvero alla diffusa presenza degli acquiferi calcarei che restituiscono
le acque piovane ai fiumi in tempi piuttosto brevi, non aiutando la stabilità delle portate.
L’andamento dei corsi d’acqua descritto ha determinato la formazione di letti ghiaiosi molto
ampi dove, le acque scorrono entro alvei di magra molto ridotti, ad eccezione dei brevi
periodi di maggior portata.
Anche per i principali corsi d’acqua si possono distinguere zone omogenee individuate per
l’orografia, muovendosi da Ovest ad Est verso la costa avremo:
o Nella prima fascia montuosa (dorsale interna Umbro-Marchigiana), affiorano terreni
calcarei più resistenti all’erosione ed hanno origine quasi tutti i principali fiumi
2. Materiali e Metodi
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marchigiani, ad eccezione del F. Misa e del F. Musone. In questa porzione di territorio
i corsi d’acqua hanno portate scarse, con regime tipicamente torrentizio questo è dato,
dall’elevata acclività dei versanti e la scarsa erodibilità del substrato, all’interno della
catena occidentale. A causa del rapido ed intenso sollevamento cui la zona è stata
sottoposta dalla sua emersione a oggi, la maggioranza delle valli montane è incisa, a
volte anche molto profondamente, risultando strette e generalmente prive di depositi
alluvionali, con aste fluviali che hanno pendenze medie piuttosto alte.
o Nella fascia collinare compresa tra le due dorsali calcaree si assiste ad una notevole
metamorfosi della morfologia delle valli fluviali, che si presentano larghe e con pendii
caratterizzati da minori acclività. Tutto questo è una conseguenza diretta delle
caratteristiche litologiche dei terreni affioranti, infatti in questa porzione di territorio
troviamo formazioni marnose e terrigene più recenti e molto più facilmente erodibili
dei calcari. Ai piedi dei rilievi sono frequenti depositi alluvionali costituiti
prevalentemente da ciottoli calcarei, spesso hanno un notevole spessore e continuità,
terrazzati a differenti altezze. La portata dei fiumi in questo settore risulta di poco
maggiore rispetto alla precedente, anche se durante il periodo di magra in molti casi la
circolazione idrica epigea scompare quasi totalmente, questo perché le acque scorrono
prevalentemente all’interno dei detriti di subalveo (ipogeo). (De Bernardi, 2017)
o Nella seconda fascia montuosa (dorsale Marchigiana esterna), si presenta una minore
omogeneità del rilievo che si collega ad una scarsa uniformità morfologica delle valli
fluviali il tutto sfocia in una maggiore variabilità delle caratteristiche dei corsi
d’acqua. I principali fiumi tagliano trasversalmente questa struttura dando origine a
gole strette e profonde, come ad esempio quelle incise dal F. Esino e dal F.
Candigliano, ma possiamo riscontrare anche vallate più ampie ,come avviene per i
fiumi Cesano, Potenza e Chienti. Soprattutto in corrispondenza dei rilievi maggiori, le
caratteristiche del reticolo idrografico risultano in genere assai simili a quelle descritte
per la catena montuosa più occidentale, con torrenti soggetti a secche stagionali (De
Bernardi, 2017). In questa fascia sono pressoché assenti i depositi alluvionali
terrazzati, sia lungo le valli delle aste principali sia lungo le valli dei loro affluenti.
2. Materiali e Metodi
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o Colline a morfologia generalmente dolce è la porzione più ampia modellata entro
terreni facilmente erodibili, prevalentemente argillosi e sabbiosi. A causa di un minor
rilievo si riscontra meno erosione del subalveo. I depositi alluvionali terrazzati ed
attuali hanno in questa zona il loro massimo sviluppo, ricoprendo porzioni ingenti
delle valli e giungendo, in prossimità delle foci, a diversi chilometri di estensione
laterale (Regione Marche, 1991).
2. Materiali e Metodi
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2.3. IDROGEOLOGIA GENERALE DELLA REGIONE MARCHE
Le conoscenze attuali che si hanno dell’idrogeologia regionale si basano principalmente sullo
“Schema Idrogeologico della Regione Marche in scala 1:100.000”, redatto dall’Università
degli Studi di Ancona in collaborazione con la Regione Marche.
Nel territorio regionale si rinvengono i seguenti principali complessi idrogeologici:
Fig.1 Complessi idrogeologici delle Marche (PTA,2010).
Osservando i complessi idrogeologici qui sopra, è possibile distinguere gli “acquiferi” dagli
“non acquiferi” (aquiclude). C’è da dire che per alcune tipologie dei complessi sopra citati le
caratteristiche di permeabilità di cui sono formati possono essere intermedie rispetto alle
2. Materiali e Metodi
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precedenti. Si può verificare inoltre che complessi idrogeologici generalmente impermeabili,
come potrebbero essere i complessi indicati con i codici 13 e 11 della fig.1, presentino
spessori ridotti e/o sono interessati da dislocazioni tettoniche tutto questo può far assumere
localmente il ruolo di “aquitard”, il quale consente lo scambio idraulico tra i complessi
acquiferi che normalmente sono separati. Allo stato attuale delle conoscenze mentre è
possibile individuare e delimitare con sufficiente precisione gli acquiferi delle pianure
alluvionali, non altrettanto si può affermare per gli acquiferi dei complessi idrogeologici
carbonatici (i.e. complessi del Massiccio, della Maiolica e della Scaglia calcarea), le cui
formazioni affiorano per lo più in corrispondenza della Dorsale interna Umbro-Marchigiana e
della Dorsale Marchigiana esterna e che costituiscono i principali acquiferi regionali per
potenzialità idrica (De Bernardi, 2017). Questo è dato da:
a) non sempre si hanno informazioni sufficienti riguardo: l’assetto geostrutturale delle
idrostrutture delle dorsali carbonatiche; ma neanche la perfetta delineazione delle
barriere idrauliche che separano acquiferi vicini;
b) le idrostrutture delle dorsali carbonatiche sono costituite da formazioni per lo più
calcaree, intensamente fratturate e tettonizzate. Tale assetto condiziona la possibilità di
identificare facilmente complessi idrogeologici carbonatici aventi acquiferi
indipendenti, con aree di alimentazione identificabili e limiti ben definiti.
Quanto detto in precedenza lo possiamo comprendere in maniera più chiara nella
rappresentazione schematica in Fig.2 basata non soltanto sui normali rapporti stratigrafici ma
anche sui peculiari e locali caratteri litologici di ogni singola formazione nonché
sull’implicazione che il contesto tettonico determina.
2. Materiali e Metodi
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Fig.2 Rappresentazione schematica dei rapporti tra i complessi idrogeologici relativi alla
serie Umbro Marchigiana stratigrafica.
2. Materiali e Metodi
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Fig.3 Schema dei principali complessi idrogeologici della Regione Marche (Nanni et al.,
2013)
2. Materiali e Metodi
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2.4. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E GEOLOGICO DEI
PRINCIPALI BACINI
Nella figura 4 sono rappresentate le tre macro aree che si sono scelte per la realizzazione di
questo lavoro di tesi, la zona nord corrisponde al bacino del fiume Metaruro e al torrente
Tarugo, la zona centrale corrisponde al bacino del fiume Aspio (r. Scaricalasino, t. Betelico, f.
Montacuto), infine l’area sud rappresenta il bacino del Tronto più precisamente al t.
Castellano.
Fig.4 Localizzazione delle aree studiate
2.4.1. BACINO FIUME ASPIO
Il Fiume Aspio nasce nelle vicinanze di Polverigi (AN), alle pendici del Monte Bogo (267 m
s.l.m.), segue una direttrice Ovest-Est nel primo tratto, per poi deviare all’altezza della località
Aspio Terme con direzione NO-SE. Il bacino idrografico è delimitato a Nord dalla città di
Ancona, a Sud dal corso del Fiume Musone nel quale l’Aspio confluisce, ad Ovest dai centri
abitati di Agugliano, Polverigi e Osimo, infine ad Est dal promontorio del Monte Conero e
2. Materiali e Metodi
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dalla costa sul mare Adriatico. Il bacino comprende un territorio prevalentemente collinare, ad
eccezione della parte ricadente nel Monte Conero (Tazioli et al., 2010, Tazioli et al., 2015).
Fig.5 Asta principale e reticolo idrografico del bacino del fiume Aspio su immagine (QGIS)
Per quanto riguarda la descrizione geologica del bacino grazie alla Fig.6 riportata in seguito
possiamo notare :
o Nella zona Nord-Est del bacino siano presenti le unità pelitiche del Pleistocene
terminale costituite da argille siltoso-sabbiose ed alternanze di arenarie e sabbie in
strati di 20-100cm con argille laminate a volte caoticizzate, le unità del Pleistocene
basale e del Pliocene superiore sommitale costituite da argille marnoso-siltose, le unità
del Pliocene inferiore e medio costituite da alternanze di argille marnose con
intercalate arenarie in strati e corpi canalizzati ed argille marnose con intercalati livelli
sabbiosi in strati lenticolari di spessore variabile da pochi centimetri ad oltre un metro,
argille a Colombacci costituite da argille marnose con alcune sottili intercalazioni
arenacee e due caratteristici livelli di calcare marnoso di origine chimica, le unità
Mioceniche costituite da marne calcaree e calcari marnosi in strati di 10-40cm, e
depositi eluvio colluviali a delimitare la pianura alluvionale; (De Bernardi , 2017)
2. Materiali e Metodi
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o nella zona Nord-Ovest del bacino affiorano in modo predominante le unità del
Pleistocene terminale formate per lo più da argille con arenarie in strati lenticolari, in
questa porzione inoltre sono presenti depositi eluvio-colluviali e accumuli di frana
limoso-argilloso-sabbiosi di spessore superiore ai 2 m che delimitano la pianura
alluvionale;
o nella zona del Monte Conero è prevalentemente costituita dai calcari come: Scaglia
bianca, rossa e variegata con noduli di selce , poi troviamo anche delle unità del
Miocene come l’alternanza di calcari marnosi, marne calcaree, marne argillose ed
argille marnose di colore bianco-grigiastro e affioramenti di Schlier.
o nella zona Sed-Est sono presenti le unità pelitiche del Pliocene terminale, le unità del
Pleistocene basale e superiore sommitale, i depositi di transizione arenaceo-
conglomeratici, ed infine le unità del Pliocene inferiore e medio costituite da argille
marnose azzurre con intercalari livelli sabbiosi in strati lenticolari di spessore variabile
da pochi cm ad oltre un metro;
o nella zona Sud-Ovest del bacino possiamo riscontrare le unità del pliocene terminale
costituite da argille con arenarie in strati lenticolari con corpi arenacei canalizzati, i
depositi di transizione arenaceo-conglomeratici composti da arenarie e sabbie ocracee
a stratificazione incrociata con livelli argilloso-siltoso-sabbiosi, le unità del
Pleistocene basale e del Pliocene superiore sommitale composte da argille marnoso-
siltose azzurrine ed ocracee e da argille .
2. Materiali e Metodi
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o la zona della pianura alluvionale è costituita da depositi alluvionali, terrazzati e non,
costituiti da ghiaie siltoso-sabbiose con intercalazioni sabbioso limose (Tazioli et al.,
2010, Tazioli et al., 2015).
2. Materiali e Metodi
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Fig.6 Carta Geologica bacino dell’Aspio (De Bernardi, 2017)
2.4.2. BACINO DEL F. METAURO
Il paesaggio attuale del bacino del Metauro fig.7 è causa del continuo susseguirsi degli eventi
geologici e climatici che si sono alternati soprattutto nell’ultimo periodo geologico
(Pleistocene). Il bacino si estende dalla dorsale umbro marchigiana romagnola ad Ovest fino
raggiunge il mare ad Est chiudendosi tra Fano e Marotta e segue a Sud sino alle città di
Monteacuto Frontone Pergola Montevecchi Fratte Rosa Barchi Mondavio e in fine San
Costanzo , mentre verso Nord il confine è identificabile con le città di Peglio, Urbino, Isola
del Piano, Monte Santa Maria, Mona del Piano , Monte Santa Maria, Monteciccaro e
Candelara.(http://www.lavalledelmetauro.it). Questo bacino ha una estensione di 1422,51
km2
. La lunghezza dell’asta principale è 98,4 km, con una quota minima di 0 m s.l.m. e una
quota massima di 1702 m s.l.m (Luchetti,2015.) . Il fiume Metauro nasce a Borgo Pace (469
2. Materiali e Metodi
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m s.l.m.) i fiumi più importanti sono il Tarugo e il Candigliano. Tra i principali affluenti in
destra idrografica c’è il fiume Candigliano che confluisce presso Calmazzo una frazione di
Fossombrone ed è l’affluente più importante del fiume Metauro.Mentre alla sinistra
idrografica troviamo il Rio Punto e il Rio Maggiore ad est dei monti della Cesana.( Regione
Marche Autorita’ Di Bacino 2011).
Fig.7 Asta principale e reticolo idrografico del bacino del fiume Metauro su immagine
OpenStreetMap (QGIS)
Passiamo ora l’aspetto geologico di questa area; aiutandoci con la figura fig.8 (bacino del
Metauro con carta geologica) la descrizione è in ordine cronologico decrescente:
Il calcare massiccio che si presenta generalmente intensamente fratturata e carsificata. La
stratificazione risulta netta con strati spessi ed affiora estesamente lungo l'alveo incassato del
fiume Candigliano caratterizzando interamente la Gola del Furlo,
2. Materiali e Metodi
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il gruppo del Bugarone affiora su entrambi i versanti, dell'area occidentale, della Gola del
Furlo ed è caratterizzato quasi per intero da litofacies calcaree nodulari e dalla costante
presenza a tutti i livelli di faune ad Ammoniti (Luchetti,2015);
la Corniola affiora in modo diffuso sul fianco orientale della struttura Monte Paganuccio -
Monte Pietralata ed è una formazione intensamente fratturata e dolomitizzata, la Maiolica è
costituita quasi esclusivamente da calcari micritici biancastri di spessore massimo pari a circa
150 m, affiora su entrambi i fianchi della macrostruttura M. Paganuccio -M. Pietralata e al
nucleo della struttura dei M. della Cesana,
Maiolica è costituita quasi esclusivamente da calcari biancastri, in strati medio-spessi dai 20
ai 70 cm associati a liste e noduli di selce nera e con sottili intercalazioni pelitiche che ne
segnano il passaggio con la sovrastante formazione delle Marne a Fucoidi. La formazione, di
spessore massimo pari a circa 150 m, affiora su entrambi i fianchi della macrostruttura M.
Paganuccio- M. Pietralata e al nucleo della struttura dei M. della Cesana.
le Marne a Fucoidi possono essere agevolmente suddivise in 2 membri: uno inferiore,
prevalentemente argilloso - marnoso ed uno superiore calcareo – marnoso, affiora su entrambi
i fianchi della macrostruttura Monte Paganuccio-Monte Pietralata ed al nucleo dell' anticlinale
dei Monti delle Cesane.
La Scaglia Bianca composta da calcari micritici e calcari marnosi bianchi, in strati sottili e
medi di circa 10 cm di spessore, affiora su entrambi i fianchi del Monte Paganuccio-Monte
Pietralata ed al nucleo dell' anticlinale dei Monti delle Cesane.
Scaglia Rossa è presente diffusamente lungo le anticlinali di Monte Paganuccio e dei Monti
delle Cesane, ed è costituita da tre membri: la parte basale da calcari marnosi rosati,
intermedia (che presenta spessori maggiori) da marne e marne calcaree infine nella porzione
sommitale da calcari e calcari marnosi rosati.
Scaglia Variegata è costituita da un’alternanza di calcari marnosi, marne calcaree e marne
policrome in strati medi e sottili intorno ai 10 – 20 cm ,questa formazione affiora
diffusamente sul Monte Paganuccio e i Monti delle Cesane.
2. Materiali e Metodi
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Scaglia Cinerea formazione costituita da marne calcaree, marne e marne argillose, nella
parte inferiore della formazione prevalgono le litofacies calcaree in strati sottili o medi mentre
nella parte superiore si osserva un progressivo aumento del contenuto marnoso argilloso, la
Scaglia Cinerea la troviamo lungo entrambi di fianchi delle strutture Paganuccio e Monti delle
Cesane.
Schlier questa formazione è costituita da un alternanza di marne e marne argillose ed argille
marnose. La formazione affiora diffusamente in entrambe le aree di studio (Paganuccio e
Cesane)
Depositi alluvionali terrazzati sono ghiaie e sabbie, ma anche argille in riempimento di canali
con corpi tabulari generalmente ricchi di strutture sedimentarie.
2. Materiali e Metodi
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Fig.8 Carta geologica sulla zona del bacino del Metauro (QGIS)
2.4.3 BACINO DELLA MONTAGNA DEI FIORI
Il bacino della Montagna dei Fiori interessa direttamente anche il bacino del Tronto il quale si
sviluppa per 1.192 km² tra i Monti della Laga (da cui sorge il fiume), e il mare Adriatico,
chiusa a nord dal gruppo dei monti Sibillini e dalla cima preappenninica dell'Ascensione,
mentre a sud si estende fino alle vette gemelle della Montagna dei Fiori e della Montagna di
Campli. Procedendo verso la foce, il fiume riceve l'apporto degli affluenti principali, in
particolare del torrente Castellano che incontra nei pressi di Ascoli Piceno il quale drena gran
parte del suo apporto idrico dalla Montagna dei fiori, questo torrente è stato oggetto di studio
infatti sono stati eseguiti calcoli e misure come si può vedere nei prossimi capitoli . La
struttura della Montagna dei Fiori fig.9 costituisce il nucleo Mesozoico più esterno affiorante
in questo settore dell’Appennino centrale e si trova tra il fronte dei Monti Sibillini e la catena
del Gran Sasso. La successione stratigrafica presente in quest’area è costituita da terreni della
facies Umbro-Marchigiana, presente sia in serie complete che lacunose (Farinacci et. Alii,
1981). All’interno della serie si riscontrano numerosi livelli detritici i quali differenziano la
successione della Montagna dei Fiori rispetto alle tipiche serie Umbre, i terreni affioranti
hanno età compresa il triassico inferiore ed il Miocene terminale (Mattei et. ali 1987).
2. Materiali e Metodi
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2. Materiali e Metodi
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Fig.9 Cartografia geologica della Monte dei Fiori (Appennino Centrale) M. Mattei
2. Materiali e Metodi
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Le formazioni caratteristiche di questa area sono:
Formazione del castelmanfrino è stata instituita da (Crescenti et alii 1969), definisce una
successione di dolomie secondarie di età trias-inferiore-lias inferiore ed affiora per l’appunto
nella Montagna dei Fiori, si estende anche nella zona del Monte Vettore, a questa formazione
sono state riferite gran parte delle sequenze di dolomie secondarie presenti alla base delle
successioni carbonatiche affioranti nell’Appennino centrale e Meridionale (Mattei et. ali
1987). La presenza è stata riscontrata soprattutto nella parte occidentale della struttura, ed
all’interno delle gole del fiume Salinello dove vi raggiunge lo spessore massimo di 400m.
Corniola questa formazione affiora nella parte occidentale della struttura essa fa da seguito
alle dolomie di Castelmanfrino, la base è soggetta a un intensa fratturazione ed è costituita da
calcari e calcari marnosi ben stratificati con spessore anche di 50-70 cm che tende a diminuire
verso l’alto, il suo massimo spessore lo raggiunge nei pressi di Castelmanfrino 300m.
Rosso Ammonitico questa formazione segue la Corniola nella stratigrafia ed è costituita da
calcari e calcara marnosi alternati ad argille e marne argillose generalmente di colore rosso
con banchi di spessore 20-30 cm, si riscontra l’affioramento nella parte settentrionale della
struttura, il suo massimo spessore lo raggiunge nella valle del fiume Salinello 70- 80 cm
(Mattei et. ali 1987).
Formazione del Salinello questa formazione definita da (Giannini et alii 1970), ha
un’estensione regionale molto limitata essendo stata riconosciuta in affioramento solo nella
montagna dei Fiori, il suo significato paleoambientale è però analogo a quello di altri
orizzonti detritici che sono segnalati in numerose aree dell’Appennino centrale (crescenti et
alii, 1969).
Maiolica costituita da calcari molto puri a frattura concoide, ben stratificati con strati che
variano da 30 ad 80 cm.
Marne a fucoidi il limite tra la Maiolica e le Marne a fucoidi è sottolineato dalla presenza di
un strato di detriti esteso su tutta l’area con spessore 20-30 m; questa formazione è costituita
da brecciole calcaree in banchi da 30-50 cm con clasti poco arrotondati di dimensioni variabili
dell’ordine del millimetro fino al centimetro, si nota un affioramento nella parte occidentale
2. Materiali e Metodi
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della struttura ma anche nel letto del Salinello. Le marne a fucoidi sono estese lungo tutta la
struttura della Montagna dei Fiori di cui costituiscono uno dei principali livelli di scollamento
tettonico a causa della loro grande plasticità (Mattei et. ali 1987).
Scaglia Rossa questa formazione affiora in modo diffuso nella struttura presa in esame
soprattutto nella parte orientale ed in parte nelle zone Nord e Sud, ma anche nel letto del
fiume Salinello, è costituita da strati di calcari e calcari marnosi spessi mediamente 20-30 cm.
Scaglia Cinerea nella struttura affiora in piccoli lembi sul fianco orientale ed occidentale ma
soprattutto a settentrione il passaggio dalla scaglia Rossa è graduale con un aumento graduale
dell’argilla, questa componente è costituita da calcari marnosi e marne con strati di 5 -10 cm.
Formazione della Laga questa formazione affiora nel settore orientale dell’area studiata,
costituita da arenarie in grossi banchi, il cui spessore può raggiungere 4-5 cm alternate ad
argille scure e alle marne, una caratteristica è la notevolissima presenza di gesso.
Depositi Continentali (travertini) i depositi di travertino affiora in modo frequente nella zone
settentrionale della struttura, affioramenti caratteristici sono : colle San Marco 600m (s.l.m.),
M. Pozzi 900m (s.l.m.) e nel paese di Castel Trosino 400m (s.l.m.) zona studiata in dettaglio
su questo lavoro; la genesi dei depositi di Colle San Marco è di ambiente fluviale ed è stata
favorita dalla risalita di acque termali la cui presenza è ancora oggi notevole nella zona
Acquasanta, la risalita delle acque è probabilmente controllata dalla discontinuità tettonica
che disposte parallelamente alla struttura principale la cui formazione è legata alle fasi
distensive terminali che hanno dislocato l’intera struttura (Mattei et. ali 1987).
Depositi alluvionali antichi presenti nel settore orientale della struttura deposti in due ordini di
terrazzi, il primo rodine è costituito da ghiaie medie e fini con ciottoli composti da arenarie e
calcare mentre il secondo da depositi ghiaiosi molto fini con ciottoli arrotondati, questi
depositi sono incisi fortemente dal Fiume Salinello.
Detrito di Falda affiora nel settore occidentale ed orientale ai piedi dei versanti più acclivi,
costituito da brecce talora cementate.
2. Materiali e Metodi
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2.5. TRANSETTI FLUVIALI SOGGETTI A CAMPIONAMENTI
2.5.1 (ASPIO)
SCARICALASINO
Il Torrente Scaricalasino nasce dall’unione tra il fosso di Offagna e il fosso di San Valentino
ed è uno degli affluenti principali del fiume Aspio insieme all’altro torrente in cui abbiamo
eseguito dei campionamenti ovvero il t. Betelico . Nello specifico il r. Scaricalasino è un
affluente di destra idrografica ( per individuare la destra o sinistra idrografica è sufficiente
dare le spalle alla sorgente, del fiume principale), che si immette nell’Aspio all’altezza della
frazione Stazione di Osimo, l’intero bacino in questione ricade nei territori comunali di Osimo
ed Offagna (CIMA, 2008).
Nella figura fig.10 è riportato il reticolo idrografico e la copertura delle regioni che ricadono
all’interno del bacino dello Scaricalasino, come si può notare con il punto rosso si è
evidenziato il tratto esatto dove sono stati svolti i campionamenti.
Fig.10 Bacino dello Scaricalasino con reticolo idrografico e copertura delle regioni
2. Materiali e Metodi
28
Per quanto riguarda l’aspetto geologico della zona fig.11 partendo da NO del bacino, si vede
la presenza di due formazioni geologiche: argille marnose verdastre stratificate nelle parti più
in quota e alternanza di lenti di sabbia con argille marnose azzurre nelle zone di versante che
ricadono tra Offagna e la località Montegallo e scendendo verso Sud fino al crinale di Santo
Stefano (Osimo). Spostandoci poco più in basso incontriamo le litologie di alveo e di
fondovalle sono depositi colluviali argillosi e sabbiosi come si vede sono posti soprattutto
lungo il corso del fiume. Infine nella parte Sud del bacino compaiono argille marnose ocracee
alla base e azzurre nella parte alta ed alternanze di argille marnose azzurro scuro e sabbie
grigiastre. Il rio Scaricalasino è mantenuto dall’acquifero a falda libera alimentato dalle acque
di pioggia. La presenza delle unità sabbioso-arenacee poco cementate nei crinali, il corpo di
paleofrana sabbioso di Offagna e le potenti coltri eluvio-colluviali alimentano la falda di
fondovalle e il corso d’acqua, anche in periodi secchi (Mattioli, 2013).
2. Materiali e Metodi
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Fig.11 Carta geologica del bacino dello Scaricalasino e legenda del bacino dell’Aspio
(QGIS).
Fosso di Montacuto
Il Fosso di Montacuto nasce nella località omonima Montacuto ed è uno degli affluenti
secondari del fiume Aspio, più dettagliatamente questo corso d’acqua è un affluente di sinistra
idrografica, si immette nell’Aspio all’altezza di Camerano , S, Domenico. (www.wikipedia.it).
Nella figura 12 sottostante è stato riportato il reticolo idrografico e la copertura delle regioni
che ricadono all’interno dell’area d’appartenenza del torrente, si nota inoltre che è stata
evidenziata la zona dei campionamenti svolti con il punto rosso.
2. Materiali e Metodi
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Fig.12 Area di studio F.montacuto con reticolo idrografico e copertura delle regioni (QGIS)
Descriviamo ora la geologia di questa zona partendo da Nord-Est dove sono presenti dei
piccoli affioramenti isolati di alternanza di argille marnose azzurro scuro e sabbie grigiastre, i
quali li ritroviamo spostandoci verso il basso, ancora più a sud incontriamo il corso d’acqua
che scorre attraverso i depositi colluviali argilloso-sabbiosi (Numana) i quali si estendono per
la maggior parte dell’area presa in considerazione.
2. Materiali e Metodi
31
Fig.13 Carta geologica del bacino del Fosso di montacuto (QGIS)
Betelico
Il torrente Betelico si trova sul versante Sud-occidentale del monte Conero ( dove si trova la
sue sorgente) ed è un affluente del fiume Aspio di sinistra idrografica, questo corso d’acqua è
lungo circa 7.5km e più precisamente sfocia nel tratto terminale del fiume Aspio . Il bacino
ha una forma allungata posizionandosi nella parte orientale del bacino principale.
2. Materiali e Metodi
32
Fig. 14 Area di studio t. Betelico con reticolo idrografico e copertura delle regioni (QGIS)
Passando alla geologia la prima formazione di questa zona partendo da Nord sono calcari
rosati a grana fine in starti di 5-30 cm di spessore alternati a marne calcaree la stessa si trova
anche nella parte più orientale dell’area di studio rimanendo nella parte superiore si nota la
presenza della Scaglia Bianca-calcari in bianchi compatti con strati di 10-40 cm di spessore.
Proseguendo verso Sud vicino al letto del fiume sono presenti le alluvioni recenti terrazzate
ghiaioso-sabbiose e depositi di spiaggia ghiaioso sabbiosi i quali si estendono per la gran
parte del bacino sino alla parte inferiore, altre formazioni da segnalare in presenza minore
sono Schlier-marne e marne calcaree grigiastre, biancastre in strati di spessore variabile ed
infine la Scaglia Cinerea-calcari marnosi in strati di 5-15 cm e marne di 20-40 cm.
2. Materiali e Metodi
33
Fig.15. Carta geologica del bacino del t. Betelico (QGIS)
2. Materiali e Metodi
34
2.5.2. METAURO
Nel bacino del Metauro si è scelto di studiare in maniera più approfondita le due aree
caratteristiche che riguardano il monte Paganuccio e i monti della Cesana ed un ultima area
più a sud riferita al t. Tarugo .
Fig.16 Area di studio Fossombrone con reticolo idrografico e copertura delle regioni (QGIS)
2. Materiali e Metodi
35
Fig.17 Carta geologica dell’area di studio Fossombrone più Legenda (QGIS)
2. Materiali e Metodi
36
Descrizione della geologia presente nell’area studiata :
Complesso Foreste delle Cesane, partendo con la descrizione della geologia da nord troviamo
la Scaglia variegata, proseguendo si notano degli affioramenti di coltre eluvio colluviale,
spostandoci verso meridione incontriamo la scaglia rossa, mentre lungo il corso del fiume
sono presenti depositi di varia origine come alluvionali attuali, alluvionali terrazzati e di frana,
si nota anche un minimo affioramento di marne e fucoidi e come si può osservare dalla
immagine fig.17 qui sopra in entrambi i versanti che si affacciano sul fiume ci sono
affioramenti di scaglia bianca.
Il secondo complesso preso in esame è quello del Monte Paganuccio, come si evince dalla
figura 17 la formazione più a settentrione corrisponde ad un affioramento in piccola parte di
Scaglia Variegata subito sotto affiora la Scaglia Rossa la quale è presente in grande quantità
nella parte Sud della nostra area di studio, dopo la Scaglia Rossa si notano le formazioni di
Scaglia Bianca, Marne e Fucoidi , Maiolica e Coriola le quali affiorano con la stessa
successione in entrambi i versanti che si affacciano sul fiume, nel letto del fiume ci sono sia i
depositi alluvionali attuali ma anche in gran parte il calcare massiccio, spostando l’occhio
poco sotto è presente la formazione della Coltre Eluvio Colluviale che affiora in modo più
evidente nella parte Sud-Ovest dell’area.
L’altro torrente studiato in zona è il Tarugo un affluente di destra idrografica del Metauro
lungo circa 21 Km, che nasce come Fosso delle Rave dal M. Paganuccio e si versa nel F.
Metauro poco a monte della frazione del comune di Montefelcino, Ponte degli Alberi. Un
altro ramo nasce più a Sud-Ovest, presso Molleone di Cagli. Il tratto più prossimo al Metauro
è quello che è stato maggiormente degradato a causa della costruzione della superstrada
Nuova Flaminia con relativi svincoli e di numerose fabbriche ed abitazioni
(www.lavalledelmetauro.it).
2. Materiali e Metodi
37
Fig 18 Bacino del t. Tarugo con reticolo idrografico e copertura delle regioni (QGIS)
Di seguito viene riportata fig.19 in cui si può osservare la porzione del t. Tarugo che è stata
oggetto di studio nel presente lavoro di tesi. Si tratta della parte iniziale fino alla frazione di
Cartoceto di Pergola. Si può osservare come il fiume scorre su sedimenti alluvionali ghiaiosi
o sabbiosi e limosi sino a Cartoceto di Pergola, dal paese di t. Tarugo sino a Cartoceto
attraversa prima una minima parte di substrato di detriti di versante fino al complesso delle
Scaglie Rosse e Variegate che caratterizzano l'anticlinale del M. Paganuccio, nella gola
calcarea. In alcuni tratti le acque scorrono in prossimità delle formazioni del Bisciaro e dello
Schlier. (De Bernardi, 2017)
2. Materiali e Metodi
38
Fig.19 Carta geologica dell’area di studio del t. Tarugo più Legenda (QGIS)
2.6. Metodi
In questo capitolo si descrive i vari metodi attraverso i quali si sono valutate le risorse idriche
dei molteplici transetti fluviali studiati, si sono previste quattro modalità:
A) Bilancio Diretto
B) Analisi WHAT
C) Bilancio Indiretto
D) Dati di letteratura
2.6.1. IDROLOGIA
La valutazione degli apporti meteorici è di fondamentale importanza per la caratterizzazione
degli acquiferi e la redazione di un bilancio idrologico. In uno studio idrogeologico è basilare
2. Materiali e Metodi
39
capire quali sono i volumi meteorici efficaci da confrontare con l’infiltrazione sulle strutture
che si vanno ad esaminare. Nel bilancio idrologico la determinazione dei parametri che
influenzano il clima (pioggia , neve , vento , temperatura umidità….) sono fondamentali per
l’acquisizione di una serie di dati necessari a stimare i quantitativi di acqua disponibile per il
deflusso superficiale, sotterrane e per l’infiltrazione.(Civita 1996). Bisogna mettere in
evidenza che nella Regione Marche le stazioni pluviometriche non sono sempre ben dislocate
nel territorio. Questo fatto rende maggiore l’errore nel calcolo finale in quanto in certe
situazioni (vedi Tarugo) per la scarsa presenza di pluviometri nell’area abbiamo preso come
riferimento il monte Paganuccio alto 900 m s.l.m. dove piove in quantità di gran lunga
superiore rispetto all’area effettivamente studiata. Accennato al fatto della non corretta
disposizione delle stazioni per calcolare il contributo pluviometrico si è ricorsi alle
interpolazioni tramite i poligoni di Voroni-Thiessen (Atsuyuki Okabe 2000).
2.6.2. IL BILANCIO IDROLOGICO
Il bilancio idrologico è stato affetto da errore essendo un modello matematico a ciò si
aggiunge che non sono presenti una quantità di dati sufficiente, questi fattori in alcuni casi
hanno causato un’imprecisione nei risultati finali.
2.6.3. EQUAZIONE DEL BILANCIO IDROLOGICO
L’equazione del bilancio è espressa dalla formula di continuità dei volumi entranti e uscenti
(Barazzuoli & Salleolini 1992) e (Barazzuoli et alii 1994, 1995).
Dove:
Pb = Afflussi meteorici totali [mm/a]
ETR = evapotraspirazione potenziale [mm/a]
S=Precipitazione efficace [mm/a]
2. Materiali e Metodi
40
Per effettuare tale bilancio il tempo di riferimento da prendere in considerazione è tipicamente
l’anno idrologico.
2.6.4. AFFLUSSO METEORICO TOTALE (P)
Per la valutazione degli afflussi meteorici è stata usata la maglia di stazioni riportata in figura
20. I dati meteorici sono stati presi dal sito della Protezione Civile della regione Marche
www.sirmiponline.com fanno eccezione i dati presi dalla stazione del Monte Conero che è una
stazione dell’Università Politecnica delle Marche; nelle figure 20 e 21 è illustrata l’interfaccia
grafica del sito. La rete delle stazioni termo pluviometriche usate sono state installate e gestite
attualmente dalla protezione Civile Marche.
Fig.20 Stazione pluviometriche usate per questo lavoro di tesi
Area Bacino Stazione Pluviometrica Anni
Cesane, Foresta
Nord Metauro Fossombrone 2013/2017
Monte Paganuccio
Osimo Monteragola
Centro Aspio Baraccola 2009/2017
Ancona regione
Conero
Mozzano
Sud Tronto Umito 2015/2017
Brecciarolo
2. Materiali e Metodi
41
Fig.21 Pagina principale del sito gestito dalla Protezione Civile Marche.
Fig.22 Interfaccia grafica della pagina dei regimi pluviometrici.
2. Materiali e Metodi
42
2.6.5. EVAPOTRASPIRAZIONE
L'evapotraspirazione è la risultante del concorso di più fattori dipendenti dalla natura del
terreno, dal clima, dai fattori pedologici, geologici, biologici ecc… L'unità di misura è il mm
(millimetro), inteso come altezza della massa d'acqua evaporata e traspirata, oppure il m³/ha
(metro cubo per ettaro). Essendo un fenomeno climatico inverso a quello delle precipitazioni,
per convenzione si usa il millimetro in modo da rendere la grandezza direttamente
comparabile con le precipitazioni.(www.wikipedia.it) . E’ fondamentale fare una distinzione
fra evapotraspirazione reale e potenziale. Evapotraspirazione reale: E’ il risultato
dell’interazione suolo-vegetazione-atmosfera che realmente avviene. Dipende essenzialmente
da:
1. potere evaporante dell’atmosfera;
2. vegetazione (tipo, sviluppo e stadio vegetativo);
3. contenuto idrico del suolo.
ETp - Evapotraspirazione potenziale: E’ l’evapotraspirazione che avviene quando il contenuto
idrico del suolo non costituisce fattore limitante per essa. La disponibilità d’acqua nel suolo è
almeno pari alla quantità d’acqua che il sistema suolo-vegetazione-atmosfera è in grado di
fare evaporare. Dipende solo da:
1. potere evaporante dell’atmosfera;
2. vegetazione.
Ovviamente è valida la relazione:
ET≤ETp
Per il calcolo della Evapotraspirazione reale la formula maggiormente usata è quella del Turc
(1954). Naturalmente non è l’unica formula esistente in idrogeologica ma è le più utilizzata
in campo pratico.
2. Materiali e Metodi
43
2.6.6. EVAPOTRASPIRAZIONE FORMULA DI TURC (EVAPOTRASPIRAZIONE
REALE)
Per la valutazione dell’evapotraspirazione reale Turc ha introdotto la seguente formula:
dove:
P = precipitazione media annua [mm/anno]
L = potere evaporante dell’atmosfera, uguale a: 300+25Tp +0,05Tp3 con Tp =Σ(Pi xTi)/P
Tp= temperatura fittizia media annua corretta in funzione di P [°C]
Pi = precipitazione media mensile del mese i-mo [mm/anno]
Ti = temperatura media mensile del mese i-mo [°C]
In questa formula del 1960 Turc prende in considerazione la temperatura e la precipitazione e
quindi la posizione geografica della stazione in esame.
2.6.7. IL BILANCIO IDROLOGICO DI UN BACINO
Il bacino è un “sistema aperto” con acqua in entrata (precipitazioni e contributi sotterranei dai
bacini adiacenti) ed acqua in uscita (evapotraspirazione, deflussi superficiali e perdite
sotterranee). Come possiamo vedere dalla figura 23 riferita ad un “sistema aperto” su ampia
scala, e bene lo stesso concetto lo ritroviamo a livello di bacino, infatti per quest’ultimo
valgono le stesse dinamiche descritte in figura. Il confronto tra entrate e uscite costituisce il
bilancio idrologico; di questo la voce deflussi superficiali è quella che permette di conoscere i
volumi d’acqua ed il ricambio idrico della zona umida (Luchetti, 2015). Per la definizione del
bilancio idrico di un bacino occorre un’analisi complessa, uno studio ecologico vero e
proprio. Le variabili che vanno considerate sono numerose e comprendono:
2. Materiali e Metodi
44
o Clima - condiziona le modalità delle precipitazioni, quasi sempre la principale voce
dell’acqua in entrata;
o Morfometria - la forma e le dimensioni del bacino influiscono sul ruscellamento e sul
tempo impiegato dall’acqua per giungere al reticolo idrografico; questo è più o meno
complesso ed influisce sulle modalità dei deflussi;
o Geologia - i bacini possono essere impermeabili, se costituiti da materiali non porosi o
non fessurati per cui non vi sono scambi sotterranei con bacini adiacenti, o permeabili,
se la circolazione delle acque sotterranee assume molta importanza rispetto a quella
delle acque superficiali.
Fig 23 Il ciclo Idrologico (Tazioli, 2015)
2.6.8. GIS
Il sistema GIS (Geographic Information System), come affermò Burrough, 1986 è un insieme
di strumenti per acquisire, archiviare, estrarre, elaborare e rappresentare dati spaziali nel
mondo reale. Le entità geografiche sono caratterizzate da una forma geometrica definita
2. Materiali e Metodi
45
secondo due modelli: Vettoriale: punti, linee e poligoni e Modello RASTER: celle a
dimensione costante. Inoltre tutte queste varianti sono descritte da degli attributi organizzati in
tabelle o data base. Grazie al software GIS ci è permesso di fare:
o catalogare ed elaborare (grazie al Computer) una quantità di dati enorme.
o È un sistema dinamico e flessibile, facilmente aggiornabile.
o I dati sono di natura differente (basta stesso sist. di coordinate) ed utilizzabili per
diversi scopi.
o Permette di lavorare a diverse scale
o Permette analisi complesse multidisciplinari
Il GIS opera rappresentando gli oggetti del mondo reale attraverso singole mappe (o tema,
layer). Ogni mappa contiene una singola tipologia di informazione come: strade, uso del
suolo, pozzi, geologia … . Le mappe sono archiviate con i comuni sistemi si coordinate ogni
elemento spaziale è collegato ai suoi attributi.
Fig.24 tabella attributi GIS
Utilizzando i temi è possibile rappresentare anche situazioni reali complesse, l’insieme di
varie tematiche può portare alla creazione di una cartografia tematica, come può essere la
carta geologica usata per questo studio.
2. Materiali e Metodi
46
Fig.25 Sovrapposizione di più layer nel GIS (http://www.humanitarianweb.org) .
2.6.9. MISURE DI PORTATA
La portata di un corso d'acqua è definita come il volume che defluisce nell'unità di tempo
attraverso una sezione data (Luchetti,2015). La misura di tale grandezza fisica può essere
calcolata per via indiretta andando a misurare una o più grandezze fisiche ad essa legate, per
la redazione della scala delle portate è necessario tarare le stazioni di misura ottenendo una
relazione univoca fra le altezze idrometriche e le portate. Per la taratura è necessario quindi
misurare più volte nelle sezioni fluviali dove sono installate le stazioni. Il procedimento
standard per la misura è: in primo luogo battere la sezione di misura e in secondo calcolare la
portata che può essere misurata in vari modi; in questa tesi sono state usate due metodologie
principali; la prima con il mulinello idrometrico la seconda con l’immissione puntuale di un
tracciante (fluoresceina o sale da cucina), noto il volume che attraversa la sezione nel tempo
considerato.
2. Materiali e Metodi
47
Dove.
Q(t)=è la portata defluente all’istante t nella sezione di interesse. Dimensione L3
/T. Le unità
di misura spesso utilizzate sono m3
/s.
2.6.10. Il Mulinello Idrometrico
Il mulinello idrometrico è composto da un’elica tarata che misura la velocità della corrente in
diversi punti di una sezione idrica (Tazioli, 2011). Ne esistono diversi tipi: principalmente ad
asse orizzontale o ad asse verticale. Vengono montati su pertiche per la misura da passerella o
da guado, altre volte sono sospesi ad un cavo. Alcuni mulinelli forniscono direttamente la
velocità della corrente v, come nel nostro caso altri la velocità angolare ω dell’elica.
La portata viene stimata discretizzando l’integrale riportato sopra: si determinano prima le
portate, per unità di larghezza in corrispondenza di un certo numero di verticali profonde H(l)
e distanti l da una sponda e successivamente si calcola la portata,
dove L `e la larghezza del pelo libero della corrente. Per non dover calcolare gli integrali nelle
verticali per la stima di q(l), alcuni autori suggeriscono di determinare la misura di velocità
media nelle verticali sollevando con velocità costante il mulinello lungo le verticali di
interesse e di moltiplicarla per la profondità H(l) corrispondente.
2. Materiali e Metodi
48
2.6.11. MISURA DI PORTATA DEL CORSO D’ACQUA CON METODO CHIMICO
PER DILUIZIONE ( I TRACCIANTI)
Il metodo consiste nel diluire nel flusso d’acqua una sostanza tracciante a concentrazione nota
e poi misurare la concentrazione a valle dove la soluzione è completamente miscelata con
l’acqua del fiume. Le misure sono compiute tramite iniezione istantanea (gulp injection) della
sostanza tracciante. In questo studio è stato usato il sale. Con questo metodo si giunge per
integrazione al valore della portata del corso d’acqua attraverso l’equazione di Shudel (Shudel
1998)
dove:
q è la portata di tracciante iniettato C2 la concentrazione del tracciante a valle.
C0 è la concentrazione di tracciante prima dell’iniezione.
2.6.12. PLUVIOMETRI
L’Analisi pluviometrica del bacino è stata effettuata partendo dai dati presenti dal sito
www.sirmipoline.com della Protezione Civile ed esaminando periodi che vanno dai 5 ai 7 anni
questo lasso di tempo dipende dai dati disponibili. Si è fatto riferimento a più stazioni per
ogni bacino alcune delle quali come detto precedentemente non posizionate in modo ideale
causando delle alterazioni sui risultati attesi. Per ogni stazione si sono presi in considerazione
i mm di pioggia cumulata giornaliera mensile. Per ogni anno si è poi calcolata l’altezza media
mensile e media annuale. Per terminare lo studio tramite il software freeware Qgis
(http://www.qgis.org/it/site/index.html) sono stati sviluppati i poligoni di Voronoi –thiessen
per valutare le aree di influenze delle differenti stazioni come si può vedere nell’esempio di
figura 26.
2. Materiali e Metodi
49
Fig.26 Poligoni di Voronoi sul Bacino dell’Aspio
2.6.13. BILANCIO DIRETTO (METODO A)
Lo scopo comune dei 4 metodi adottati è la valutazione dell’infiltrazione efficace all’interno
del singolo bacino. In questo punto lo abbiamo fatto attraverso il bilancio diretto, si ricorda
che il bilancio idrogeologico di un area continentale consente il calcolo delle acque
sotterranee in entrata e uscita dall’area di studio.
Nella fattispecie è necessario conoscere i parametri della espressione:
P: quantitativi d’acqua di precipitazione (mm/a)
ETR= quantitativi di acqua di evapotraspirazione (mm/a)
2. Materiali e Metodi
50
R= quantitativi di acqua di ruscellamento superficiale (mm/a)
I=quantitativi d’acqua di infiltrazione
∆v=perdite idriche (mm/a)
Le acque di ruscellamento superficiale (R) danno origine alle risorse idriche superficiali. Le
acque di infiltrazione efficace rappresentano le ricariche per i corpi idrici sotterranei. Per il
calcolo del bilancio idrologico si sono utilizzate le stesse stazioni idrometriche e
termometriche che sono state usate per redigere il bilancio idrologico quindi i dati
termometrici e pluviometrici hanno come fonte il sito della Protezione Civile Marche
ww.sirmiponline.com. Anche in questo caso per il calcolo della ETR si userà l’espressione di
Turc come spiegato nei capitoli precedenti.
Per tutte le stazione prese in considerazione si è svolto lo stesso procedimento ovvero:
o Scaricato i dati riguardanti i dati termometrici e pluviometrici di più anni dal sito della
protezione civile www.sirmiponline.com;
o Calcolo della Pi = precipitazione media mensile del mese i-mo [mm/anno], facendo
molto semplicemente la media di tutti i mesi di Gennaio, Febbraio ecc …. Presi in
considerazione, la stessa cosa eseguita per calcolare Ti = temperatura media mensile
del mese i-mo [°C];
o Moltiplicato le temperature e piogge medie (Pi*Ti) per ogni mese riportando il
risultato in tabella;
o Calcolo di P, ovvero la precipitazione media annua [mm/anno], ponderata per gli anni
presi in considerazione;
o Calcolo di Tp = temperatura fittizia media annua corretta in funzione di P [°C];
o Calcolo del coefficiente L = potere evaporante dell’atmosfera;
2. Materiali e Metodi
51
o ETR ovvero l’evapotraspirazione calcolata attraverso la formula di TURC (1948);
o Ottenere Pe (precipitazione efficace) sottraendo ETR alla Precipitazione.
2.6.14 IDROGRAMMI WHAT (METODO B)
Un idrogramma fluviale, in una data sezione, è dovuto in generale a tre diversi tipi di
deflusso: superficiale, ipodermico e sotterraneo. Questi, insieme, contribuiscono a definire il
deflusso globale, rappresentato dall’intera area sottesa dall’idrogramma. La separazione della
componente del deflusso sotterraneo (o deflusso di base), dalle restanti componenti
dell’idrogramma, consente di individuare e quantificare il contributo dovuto alle acque
sotterranee. L’idrogramma annuale di un corso d’acqua si può suddividere in due parti: una
curva di riempimento e una curva di svuotamento, quest’ultima successiva al picco di
massima piena annuale ed è successiva al flesso, detto questo si può affermare che quando
non si risente più l’effetto della ricarica, si definisce curva di esaurimento. Per quanto
riguarda la fase di separazione dei deflussi che compongono l’idrogramma è stato possibile
attraverso il software freeware disponibile sul sito internet www.engineering.purdue.edu
denominato WHAT acronimo di Web based Hydrograph Analysis Tool il ramo di
esaurimento dell’idrogramma può essere rappresentato da un’equazione esponenziale del tipo:
dove:
Qt [m3/s] è la portata al tempo t ≠ 0 [giorni];
Q0 [m3/s] è la portata all’inizio dello svuotamento;
e la base dei logaritmi neperiani, pari a 0.43429;
2. Materiali e Metodi
52
α [giorni-1] è un coefficiente che è funzione delle caratteristiche morfologiche e geologiche
del bacino.
L’applicazione del software WHAT in figura 27 ha permesso di separare l’idrogramma
superficiale dal flusso di base; il risultato di queste operazioni sarà descritto successivamente
però si nota che l’andamento del flusso di base segue abbastanza bene l’andamento
dell’idrogramma “totale” del corso d’acqua. Considerato che il deflusso di base così stabilito
tiene conto anche del ruscellamento di tipo ipodermico e altri fattori.
Fig.27 Prima pagina del software WHAT
2.6.15. BILANCIO INDIRETTO (METODO C)
Nel punto C si sono calcolate le risorse idriche dei transetti fluviali studiati attraverso la
minima assoluta (ipotesi 1) e la media delle minime ( ipotesi 2) relative al deflusso.
La media delle minime e le minima assoluta vengono utilizzate per il bacino dell’Aspio (AN)
zona centrale perché ha una geologia permeabile ovvero è formata da rocce porose, si lasciano
attraversare dal flusso idrico, quindi tutti i contributi o apporti idrici (quali possono essere:
piogge, ruscellamenti superficiali o sotterranei ecc...) vanno ad influenzare i corsi d’acqua che
2. Materiali e Metodi
53
si trovano in quest’area, detto questo grazie alla minima assoluta e alla media delle minime si
riesce a prendere in considerazione tutti questi fattori descritti ed a effettuare dei calcoli più
accurati. Per arrivare all’infiltrazione efficace è stato semplice, ovvero si sono moltiplicati i
valori delle minime assolute (ipotesi 1) per 365, i giorni in un anno e per 86400, i secondi in
un anno ottenendo così il volume in m3
/anno, questo procedimento si è svolto anche con i
valori delle medie delle minime (ipotesi 2), quindi alla fine avremo due valori di volume per
ogni transetto. Il passaggio successivo è stato quello di calcolare l’infiltrazione efficace (Ie),
dividendo ogni volume ottenuto per l’area ad esso corrispondente così da trovare il risultato in
mm/anno.
Nelle altre due zone NORD e SUD la litologia è differente in quanto sono presenti formazioni
compatte a volte frastagliate la loro caratteristica è l’impermeabilità ovvero non si lasciano
attraversare del flusso idrico quindi l’acqua scorre su di esse nel sottosuolo e potrebbe
sfociare nel transetto di fiume studiato, così da contribuire al flusso, per determinare il
contributo “esterno” si sono eseguite delle misure di portata direttamente da noi nel periodo di
magra nel corso di diversi anni. Tale metodo quindi costituisce una valutazione abbastanza
rappresentativa, dell’effettiva potenzialità idrica in un bacino in quanto i valori sono ricavati
da misure reali. In queste due zone per valutare l’infiltrazione efficace si è calcolato per prima
cosa il ∆Q ovvero la portata di monte (Q2) sottratta a quella di valle (Q1), esse sono state
calcolate come detto attraverso misure di portata in due punti differenti del fiume, uno
localizzato più a monte e l’altro più a valle sempre dello stesso corso d’acqua, si è fatto ciò
per eliminare un eventuale contributo di monte. Una volta trovata la ∆Q (m3
/s) si è svolto lo
stesso procedimento descritto in precedenza, quindi si è calcolato il volume (m3
/anno), ed
infine l’infiltrazione efficace (Ie) attraverso lo stesso metodo.
3.6.16. DATI DI LETTERATURA (METODO D)
Il metodo D prevede il calcolo dell’infiltrazione efficace attraverso dati di letteratura dei
coefficienti di infiltrazione per ogni formazione geologica, i dati di letteratura sono stati presi
da Boni et al., 1987 per quanto riguarda l’area del f. Castellano; nelle aree di Pesaro si è fatto
riferimento ai valori stabiliti da Nanni , Boni et al, 1987. Quest’ultimi ci forniscono un range
2. Materiali e Metodi
54
indicativo di infiltrazione e per questo lavoro si è scelto di prendere il valore centrale, infine
nella zona centrale i dati relativi all’infiltrazione si sono scelti attraverso la valutazione,
osservazione ma soprattutto con uscite in campagna nelle aree prese in esame. Si ricorda che
il coefficiente di infiltrazione ovviamente è stato assegnato alle formazioni che lasciano
passare/infiltrare l’acqua per le restanti non si prevedono questo dato vengono così chiamati
acquiclude. Per realizzare il punto D si è usato il GIS precedentemente illustrato con il quale
si è riuscito a sovrapporre i poligoni corrispondenti alle aree di studio alla mappa geologica e
con la funzione di taglio abbiamo estratto la geologia ricadente dentro le aree studiate, fatto
questo si è calcolato il volume annuo eseguendo questa operazione: area di estensione di una
determinata formazione geologica per il dato di infiltrazione (da letteratura) corrispondente.
Infine si è trovato il valore medio ponderato (mm/anno), facendo la somma dei volumi
dividendoli per la somma delle aree degli acquiferi corrispondenti.

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  • 1. 2. Materiali e Metodi 6 2. MATERIALI E METODI In questo capitolo, partendo da un inquadramento generale della Regione Marche, verranno presentate le zone oggetto di studio su cui sono stati eseguiti calcoli e misure, prima facendo una descrizione del bacino di appartenenza, poi più nello specifico, saranno evidenziati e descritti i transetti fluviali soggetti ai campionamenti. Inoltre successivamente sarà presente una descrizione dei quattro differenti metodi (A, B, C, D) utilizzati per valutare le risorse idriche dei transetti fluviali studiati. 2.1. INQUADRAMENTO DELLE AREE DI STUDIO: ANALISI FISIOGRAFICA DELLA REGIONE MARCHE Le Marche costituiscono la parte meridionale più esterna dell’Appennino settentrionale. Sotto l’aspetto orografico la regione può suddividersi in tre fasce longitudinali, che da ovest ad est sono: • fascia pre-appenninica, di modesta estensione, si trova nella parte nordoccidentale della Regione, da Castel d’Elci a nord fino alla Serra di Burano a sud. Le quote più elevate sono quelle di M. Sodo Pulito (1.125 m s.l.m.) e Pian della Serra (1.020 m s.l.m.); • fascia appenninica, costituita da due dorsali montuose pressoché parallele (dorsale interna Umbro-Marchigiana e dorsale Marchigiana esterna), il loro orientamento, insieme al limitrofo Appennino umbro, sono la causa della nota forma arcuata dell’Appennino Umbro-Marchigiano. Le due dorsali citate (i cui rilievi superano mediamente i 1.000 m s.l.m., con la quota massima in corrispondenza del M. Catria, 1.701 m s.l.m.), sono separate da una fascia collinare sviluppata da Visso ad Acqualagna (con rilievi che raramente superano i 600 m) ed all’altezza dei Monti Sibillini si uniscono tra loro in una maggiore unità orografica con un rilievo più elevato, quota massima in corrispondenza del M. Vettore (2.476 m s.l.m.);
  • 2. 2. Materiali e Metodi 7 • fascia sub-appenninica, estesa sino al litorale adriatico, soprattutto collinare, fatta eccezione della parte pedemontana che va da Cingoli fino ai Monti della Laga, dove si raggiungono quote fino ai 1.954 m s.l.m. di Colle la Tana. Sono presenti altre locali aree più elevate, quali i Monti della Cesana, il M. Conero, la dorsale di Cingoli, la dorsale di Acquasanta, interrompono l’uniformità del paesaggio collinare di questa fascia. 2.2. INQUADRAMENTO IDROLOGICO DELLE MARCHE L’assetto orografico delle Marche, pressoché costante diminuzione di quote sempre minori andando dal margine occidentale della regione verso il litorale, fa sì che la quasi totalità dei corsi d’acqua presenti nella regione dreni nel Mare Adriatico. Fa eccezione il F. Nera, che nasce in territorio marchigiano e supera il confine con l’Umbria per poi andare a confluire nel F. Tevere. Nel territorio marchigiano i fiumi principali sono: Esino, Musone, Meteauro, Tronto ecc... Questi hanno in comune un andamento tra di loro sub-parallelo, foci non ramificate, un regime torrentizio e la ridotta lunghezza del loro corso. Il carattere torrentizio dei corsi d’acqua marchigiani può essere ben evidenziato osservando l’andamento nel tempo delle portate, con piene sproporzionatamente grandi rispetto alle medie ed alle magre. Questo andamento può essere ricondotto al clima presente nell’area, con presenza di estati secche e piogge concentrate nel periodo autunnale ed invernale. Codesto carattere, inoltre, è dovuto anche da un altro fattore ovvero alla diffusa presenza degli acquiferi calcarei che restituiscono le acque piovane ai fiumi in tempi piuttosto brevi, non aiutando la stabilità delle portate. L’andamento dei corsi d’acqua descritto ha determinato la formazione di letti ghiaiosi molto ampi dove, le acque scorrono entro alvei di magra molto ridotti, ad eccezione dei brevi periodi di maggior portata. Anche per i principali corsi d’acqua si possono distinguere zone omogenee individuate per l’orografia, muovendosi da Ovest ad Est verso la costa avremo: o Nella prima fascia montuosa (dorsale interna Umbro-Marchigiana), affiorano terreni calcarei più resistenti all’erosione ed hanno origine quasi tutti i principali fiumi
  • 3. 2. Materiali e Metodi 8 marchigiani, ad eccezione del F. Misa e del F. Musone. In questa porzione di territorio i corsi d’acqua hanno portate scarse, con regime tipicamente torrentizio questo è dato, dall’elevata acclività dei versanti e la scarsa erodibilità del substrato, all’interno della catena occidentale. A causa del rapido ed intenso sollevamento cui la zona è stata sottoposta dalla sua emersione a oggi, la maggioranza delle valli montane è incisa, a volte anche molto profondamente, risultando strette e generalmente prive di depositi alluvionali, con aste fluviali che hanno pendenze medie piuttosto alte. o Nella fascia collinare compresa tra le due dorsali calcaree si assiste ad una notevole metamorfosi della morfologia delle valli fluviali, che si presentano larghe e con pendii caratterizzati da minori acclività. Tutto questo è una conseguenza diretta delle caratteristiche litologiche dei terreni affioranti, infatti in questa porzione di territorio troviamo formazioni marnose e terrigene più recenti e molto più facilmente erodibili dei calcari. Ai piedi dei rilievi sono frequenti depositi alluvionali costituiti prevalentemente da ciottoli calcarei, spesso hanno un notevole spessore e continuità, terrazzati a differenti altezze. La portata dei fiumi in questo settore risulta di poco maggiore rispetto alla precedente, anche se durante il periodo di magra in molti casi la circolazione idrica epigea scompare quasi totalmente, questo perché le acque scorrono prevalentemente all’interno dei detriti di subalveo (ipogeo). (De Bernardi, 2017) o Nella seconda fascia montuosa (dorsale Marchigiana esterna), si presenta una minore omogeneità del rilievo che si collega ad una scarsa uniformità morfologica delle valli fluviali il tutto sfocia in una maggiore variabilità delle caratteristiche dei corsi d’acqua. I principali fiumi tagliano trasversalmente questa struttura dando origine a gole strette e profonde, come ad esempio quelle incise dal F. Esino e dal F. Candigliano, ma possiamo riscontrare anche vallate più ampie ,come avviene per i fiumi Cesano, Potenza e Chienti. Soprattutto in corrispondenza dei rilievi maggiori, le caratteristiche del reticolo idrografico risultano in genere assai simili a quelle descritte per la catena montuosa più occidentale, con torrenti soggetti a secche stagionali (De Bernardi, 2017). In questa fascia sono pressoché assenti i depositi alluvionali terrazzati, sia lungo le valli delle aste principali sia lungo le valli dei loro affluenti.
  • 4. 2. Materiali e Metodi 9 o Colline a morfologia generalmente dolce è la porzione più ampia modellata entro terreni facilmente erodibili, prevalentemente argillosi e sabbiosi. A causa di un minor rilievo si riscontra meno erosione del subalveo. I depositi alluvionali terrazzati ed attuali hanno in questa zona il loro massimo sviluppo, ricoprendo porzioni ingenti delle valli e giungendo, in prossimità delle foci, a diversi chilometri di estensione laterale (Regione Marche, 1991).
  • 5. 2. Materiali e Metodi 10 2.3. IDROGEOLOGIA GENERALE DELLA REGIONE MARCHE Le conoscenze attuali che si hanno dell’idrogeologia regionale si basano principalmente sullo “Schema Idrogeologico della Regione Marche in scala 1:100.000”, redatto dall’Università degli Studi di Ancona in collaborazione con la Regione Marche. Nel territorio regionale si rinvengono i seguenti principali complessi idrogeologici: Fig.1 Complessi idrogeologici delle Marche (PTA,2010). Osservando i complessi idrogeologici qui sopra, è possibile distinguere gli “acquiferi” dagli “non acquiferi” (aquiclude). C’è da dire che per alcune tipologie dei complessi sopra citati le caratteristiche di permeabilità di cui sono formati possono essere intermedie rispetto alle
  • 6. 2. Materiali e Metodi 11 precedenti. Si può verificare inoltre che complessi idrogeologici generalmente impermeabili, come potrebbero essere i complessi indicati con i codici 13 e 11 della fig.1, presentino spessori ridotti e/o sono interessati da dislocazioni tettoniche tutto questo può far assumere localmente il ruolo di “aquitard”, il quale consente lo scambio idraulico tra i complessi acquiferi che normalmente sono separati. Allo stato attuale delle conoscenze mentre è possibile individuare e delimitare con sufficiente precisione gli acquiferi delle pianure alluvionali, non altrettanto si può affermare per gli acquiferi dei complessi idrogeologici carbonatici (i.e. complessi del Massiccio, della Maiolica e della Scaglia calcarea), le cui formazioni affiorano per lo più in corrispondenza della Dorsale interna Umbro-Marchigiana e della Dorsale Marchigiana esterna e che costituiscono i principali acquiferi regionali per potenzialità idrica (De Bernardi, 2017). Questo è dato da: a) non sempre si hanno informazioni sufficienti riguardo: l’assetto geostrutturale delle idrostrutture delle dorsali carbonatiche; ma neanche la perfetta delineazione delle barriere idrauliche che separano acquiferi vicini; b) le idrostrutture delle dorsali carbonatiche sono costituite da formazioni per lo più calcaree, intensamente fratturate e tettonizzate. Tale assetto condiziona la possibilità di identificare facilmente complessi idrogeologici carbonatici aventi acquiferi indipendenti, con aree di alimentazione identificabili e limiti ben definiti. Quanto detto in precedenza lo possiamo comprendere in maniera più chiara nella rappresentazione schematica in Fig.2 basata non soltanto sui normali rapporti stratigrafici ma anche sui peculiari e locali caratteri litologici di ogni singola formazione nonché sull’implicazione che il contesto tettonico determina.
  • 7. 2. Materiali e Metodi 12 Fig.2 Rappresentazione schematica dei rapporti tra i complessi idrogeologici relativi alla serie Umbro Marchigiana stratigrafica.
  • 8. 2. Materiali e Metodi 13 Fig.3 Schema dei principali complessi idrogeologici della Regione Marche (Nanni et al., 2013)
  • 9. 2. Materiali e Metodi 14 2.4. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E GEOLOGICO DEI PRINCIPALI BACINI Nella figura 4 sono rappresentate le tre macro aree che si sono scelte per la realizzazione di questo lavoro di tesi, la zona nord corrisponde al bacino del fiume Metaruro e al torrente Tarugo, la zona centrale corrisponde al bacino del fiume Aspio (r. Scaricalasino, t. Betelico, f. Montacuto), infine l’area sud rappresenta il bacino del Tronto più precisamente al t. Castellano. Fig.4 Localizzazione delle aree studiate 2.4.1. BACINO FIUME ASPIO Il Fiume Aspio nasce nelle vicinanze di Polverigi (AN), alle pendici del Monte Bogo (267 m s.l.m.), segue una direttrice Ovest-Est nel primo tratto, per poi deviare all’altezza della località Aspio Terme con direzione NO-SE. Il bacino idrografico è delimitato a Nord dalla città di Ancona, a Sud dal corso del Fiume Musone nel quale l’Aspio confluisce, ad Ovest dai centri abitati di Agugliano, Polverigi e Osimo, infine ad Est dal promontorio del Monte Conero e
  • 10. 2. Materiali e Metodi 15 dalla costa sul mare Adriatico. Il bacino comprende un territorio prevalentemente collinare, ad eccezione della parte ricadente nel Monte Conero (Tazioli et al., 2010, Tazioli et al., 2015). Fig.5 Asta principale e reticolo idrografico del bacino del fiume Aspio su immagine (QGIS) Per quanto riguarda la descrizione geologica del bacino grazie alla Fig.6 riportata in seguito possiamo notare : o Nella zona Nord-Est del bacino siano presenti le unità pelitiche del Pleistocene terminale costituite da argille siltoso-sabbiose ed alternanze di arenarie e sabbie in strati di 20-100cm con argille laminate a volte caoticizzate, le unità del Pleistocene basale e del Pliocene superiore sommitale costituite da argille marnoso-siltose, le unità del Pliocene inferiore e medio costituite da alternanze di argille marnose con intercalate arenarie in strati e corpi canalizzati ed argille marnose con intercalati livelli sabbiosi in strati lenticolari di spessore variabile da pochi centimetri ad oltre un metro, argille a Colombacci costituite da argille marnose con alcune sottili intercalazioni arenacee e due caratteristici livelli di calcare marnoso di origine chimica, le unità Mioceniche costituite da marne calcaree e calcari marnosi in strati di 10-40cm, e depositi eluvio colluviali a delimitare la pianura alluvionale; (De Bernardi , 2017)
  • 11. 2. Materiali e Metodi 16 o nella zona Nord-Ovest del bacino affiorano in modo predominante le unità del Pleistocene terminale formate per lo più da argille con arenarie in strati lenticolari, in questa porzione inoltre sono presenti depositi eluvio-colluviali e accumuli di frana limoso-argilloso-sabbiosi di spessore superiore ai 2 m che delimitano la pianura alluvionale; o nella zona del Monte Conero è prevalentemente costituita dai calcari come: Scaglia bianca, rossa e variegata con noduli di selce , poi troviamo anche delle unità del Miocene come l’alternanza di calcari marnosi, marne calcaree, marne argillose ed argille marnose di colore bianco-grigiastro e affioramenti di Schlier. o nella zona Sed-Est sono presenti le unità pelitiche del Pliocene terminale, le unità del Pleistocene basale e superiore sommitale, i depositi di transizione arenaceo- conglomeratici, ed infine le unità del Pliocene inferiore e medio costituite da argille marnose azzurre con intercalari livelli sabbiosi in strati lenticolari di spessore variabile da pochi cm ad oltre un metro; o nella zona Sud-Ovest del bacino possiamo riscontrare le unità del pliocene terminale costituite da argille con arenarie in strati lenticolari con corpi arenacei canalizzati, i depositi di transizione arenaceo-conglomeratici composti da arenarie e sabbie ocracee a stratificazione incrociata con livelli argilloso-siltoso-sabbiosi, le unità del Pleistocene basale e del Pliocene superiore sommitale composte da argille marnoso- siltose azzurrine ed ocracee e da argille .
  • 12. 2. Materiali e Metodi 17 o la zona della pianura alluvionale è costituita da depositi alluvionali, terrazzati e non, costituiti da ghiaie siltoso-sabbiose con intercalazioni sabbioso limose (Tazioli et al., 2010, Tazioli et al., 2015).
  • 13. 2. Materiali e Metodi 18 Fig.6 Carta Geologica bacino dell’Aspio (De Bernardi, 2017) 2.4.2. BACINO DEL F. METAURO Il paesaggio attuale del bacino del Metauro fig.7 è causa del continuo susseguirsi degli eventi geologici e climatici che si sono alternati soprattutto nell’ultimo periodo geologico (Pleistocene). Il bacino si estende dalla dorsale umbro marchigiana romagnola ad Ovest fino raggiunge il mare ad Est chiudendosi tra Fano e Marotta e segue a Sud sino alle città di Monteacuto Frontone Pergola Montevecchi Fratte Rosa Barchi Mondavio e in fine San Costanzo , mentre verso Nord il confine è identificabile con le città di Peglio, Urbino, Isola del Piano, Monte Santa Maria, Mona del Piano , Monte Santa Maria, Monteciccaro e Candelara.(http://www.lavalledelmetauro.it). Questo bacino ha una estensione di 1422,51 km2 . La lunghezza dell’asta principale è 98,4 km, con una quota minima di 0 m s.l.m. e una quota massima di 1702 m s.l.m (Luchetti,2015.) . Il fiume Metauro nasce a Borgo Pace (469
  • 14. 2. Materiali e Metodi 19 m s.l.m.) i fiumi più importanti sono il Tarugo e il Candigliano. Tra i principali affluenti in destra idrografica c’è il fiume Candigliano che confluisce presso Calmazzo una frazione di Fossombrone ed è l’affluente più importante del fiume Metauro.Mentre alla sinistra idrografica troviamo il Rio Punto e il Rio Maggiore ad est dei monti della Cesana.( Regione Marche Autorita’ Di Bacino 2011). Fig.7 Asta principale e reticolo idrografico del bacino del fiume Metauro su immagine OpenStreetMap (QGIS) Passiamo ora l’aspetto geologico di questa area; aiutandoci con la figura fig.8 (bacino del Metauro con carta geologica) la descrizione è in ordine cronologico decrescente: Il calcare massiccio che si presenta generalmente intensamente fratturata e carsificata. La stratificazione risulta netta con strati spessi ed affiora estesamente lungo l'alveo incassato del fiume Candigliano caratterizzando interamente la Gola del Furlo,
  • 15. 2. Materiali e Metodi 20 il gruppo del Bugarone affiora su entrambi i versanti, dell'area occidentale, della Gola del Furlo ed è caratterizzato quasi per intero da litofacies calcaree nodulari e dalla costante presenza a tutti i livelli di faune ad Ammoniti (Luchetti,2015); la Corniola affiora in modo diffuso sul fianco orientale della struttura Monte Paganuccio - Monte Pietralata ed è una formazione intensamente fratturata e dolomitizzata, la Maiolica è costituita quasi esclusivamente da calcari micritici biancastri di spessore massimo pari a circa 150 m, affiora su entrambi i fianchi della macrostruttura M. Paganuccio -M. Pietralata e al nucleo della struttura dei M. della Cesana, Maiolica è costituita quasi esclusivamente da calcari biancastri, in strati medio-spessi dai 20 ai 70 cm associati a liste e noduli di selce nera e con sottili intercalazioni pelitiche che ne segnano il passaggio con la sovrastante formazione delle Marne a Fucoidi. La formazione, di spessore massimo pari a circa 150 m, affiora su entrambi i fianchi della macrostruttura M. Paganuccio- M. Pietralata e al nucleo della struttura dei M. della Cesana. le Marne a Fucoidi possono essere agevolmente suddivise in 2 membri: uno inferiore, prevalentemente argilloso - marnoso ed uno superiore calcareo – marnoso, affiora su entrambi i fianchi della macrostruttura Monte Paganuccio-Monte Pietralata ed al nucleo dell' anticlinale dei Monti delle Cesane. La Scaglia Bianca composta da calcari micritici e calcari marnosi bianchi, in strati sottili e medi di circa 10 cm di spessore, affiora su entrambi i fianchi del Monte Paganuccio-Monte Pietralata ed al nucleo dell' anticlinale dei Monti delle Cesane. Scaglia Rossa è presente diffusamente lungo le anticlinali di Monte Paganuccio e dei Monti delle Cesane, ed è costituita da tre membri: la parte basale da calcari marnosi rosati, intermedia (che presenta spessori maggiori) da marne e marne calcaree infine nella porzione sommitale da calcari e calcari marnosi rosati. Scaglia Variegata è costituita da un’alternanza di calcari marnosi, marne calcaree e marne policrome in strati medi e sottili intorno ai 10 – 20 cm ,questa formazione affiora diffusamente sul Monte Paganuccio e i Monti delle Cesane.
  • 16. 2. Materiali e Metodi 21 Scaglia Cinerea formazione costituita da marne calcaree, marne e marne argillose, nella parte inferiore della formazione prevalgono le litofacies calcaree in strati sottili o medi mentre nella parte superiore si osserva un progressivo aumento del contenuto marnoso argilloso, la Scaglia Cinerea la troviamo lungo entrambi di fianchi delle strutture Paganuccio e Monti delle Cesane. Schlier questa formazione è costituita da un alternanza di marne e marne argillose ed argille marnose. La formazione affiora diffusamente in entrambe le aree di studio (Paganuccio e Cesane) Depositi alluvionali terrazzati sono ghiaie e sabbie, ma anche argille in riempimento di canali con corpi tabulari generalmente ricchi di strutture sedimentarie.
  • 17. 2. Materiali e Metodi 22 Fig.8 Carta geologica sulla zona del bacino del Metauro (QGIS) 2.4.3 BACINO DELLA MONTAGNA DEI FIORI Il bacino della Montagna dei Fiori interessa direttamente anche il bacino del Tronto il quale si sviluppa per 1.192 km² tra i Monti della Laga (da cui sorge il fiume), e il mare Adriatico, chiusa a nord dal gruppo dei monti Sibillini e dalla cima preappenninica dell'Ascensione, mentre a sud si estende fino alle vette gemelle della Montagna dei Fiori e della Montagna di Campli. Procedendo verso la foce, il fiume riceve l'apporto degli affluenti principali, in particolare del torrente Castellano che incontra nei pressi di Ascoli Piceno il quale drena gran parte del suo apporto idrico dalla Montagna dei fiori, questo torrente è stato oggetto di studio infatti sono stati eseguiti calcoli e misure come si può vedere nei prossimi capitoli . La struttura della Montagna dei Fiori fig.9 costituisce il nucleo Mesozoico più esterno affiorante in questo settore dell’Appennino centrale e si trova tra il fronte dei Monti Sibillini e la catena del Gran Sasso. La successione stratigrafica presente in quest’area è costituita da terreni della facies Umbro-Marchigiana, presente sia in serie complete che lacunose (Farinacci et. Alii, 1981). All’interno della serie si riscontrano numerosi livelli detritici i quali differenziano la successione della Montagna dei Fiori rispetto alle tipiche serie Umbre, i terreni affioranti hanno età compresa il triassico inferiore ed il Miocene terminale (Mattei et. ali 1987).
  • 18. 2. Materiali e Metodi 23
  • 19. 2. Materiali e Metodi 24 Fig.9 Cartografia geologica della Monte dei Fiori (Appennino Centrale) M. Mattei
  • 20. 2. Materiali e Metodi 25 Le formazioni caratteristiche di questa area sono: Formazione del castelmanfrino è stata instituita da (Crescenti et alii 1969), definisce una successione di dolomie secondarie di età trias-inferiore-lias inferiore ed affiora per l’appunto nella Montagna dei Fiori, si estende anche nella zona del Monte Vettore, a questa formazione sono state riferite gran parte delle sequenze di dolomie secondarie presenti alla base delle successioni carbonatiche affioranti nell’Appennino centrale e Meridionale (Mattei et. ali 1987). La presenza è stata riscontrata soprattutto nella parte occidentale della struttura, ed all’interno delle gole del fiume Salinello dove vi raggiunge lo spessore massimo di 400m. Corniola questa formazione affiora nella parte occidentale della struttura essa fa da seguito alle dolomie di Castelmanfrino, la base è soggetta a un intensa fratturazione ed è costituita da calcari e calcari marnosi ben stratificati con spessore anche di 50-70 cm che tende a diminuire verso l’alto, il suo massimo spessore lo raggiunge nei pressi di Castelmanfrino 300m. Rosso Ammonitico questa formazione segue la Corniola nella stratigrafia ed è costituita da calcari e calcara marnosi alternati ad argille e marne argillose generalmente di colore rosso con banchi di spessore 20-30 cm, si riscontra l’affioramento nella parte settentrionale della struttura, il suo massimo spessore lo raggiunge nella valle del fiume Salinello 70- 80 cm (Mattei et. ali 1987). Formazione del Salinello questa formazione definita da (Giannini et alii 1970), ha un’estensione regionale molto limitata essendo stata riconosciuta in affioramento solo nella montagna dei Fiori, il suo significato paleoambientale è però analogo a quello di altri orizzonti detritici che sono segnalati in numerose aree dell’Appennino centrale (crescenti et alii, 1969). Maiolica costituita da calcari molto puri a frattura concoide, ben stratificati con strati che variano da 30 ad 80 cm. Marne a fucoidi il limite tra la Maiolica e le Marne a fucoidi è sottolineato dalla presenza di un strato di detriti esteso su tutta l’area con spessore 20-30 m; questa formazione è costituita da brecciole calcaree in banchi da 30-50 cm con clasti poco arrotondati di dimensioni variabili dell’ordine del millimetro fino al centimetro, si nota un affioramento nella parte occidentale
  • 21. 2. Materiali e Metodi 26 della struttura ma anche nel letto del Salinello. Le marne a fucoidi sono estese lungo tutta la struttura della Montagna dei Fiori di cui costituiscono uno dei principali livelli di scollamento tettonico a causa della loro grande plasticità (Mattei et. ali 1987). Scaglia Rossa questa formazione affiora in modo diffuso nella struttura presa in esame soprattutto nella parte orientale ed in parte nelle zone Nord e Sud, ma anche nel letto del fiume Salinello, è costituita da strati di calcari e calcari marnosi spessi mediamente 20-30 cm. Scaglia Cinerea nella struttura affiora in piccoli lembi sul fianco orientale ed occidentale ma soprattutto a settentrione il passaggio dalla scaglia Rossa è graduale con un aumento graduale dell’argilla, questa componente è costituita da calcari marnosi e marne con strati di 5 -10 cm. Formazione della Laga questa formazione affiora nel settore orientale dell’area studiata, costituita da arenarie in grossi banchi, il cui spessore può raggiungere 4-5 cm alternate ad argille scure e alle marne, una caratteristica è la notevolissima presenza di gesso. Depositi Continentali (travertini) i depositi di travertino affiora in modo frequente nella zone settentrionale della struttura, affioramenti caratteristici sono : colle San Marco 600m (s.l.m.), M. Pozzi 900m (s.l.m.) e nel paese di Castel Trosino 400m (s.l.m.) zona studiata in dettaglio su questo lavoro; la genesi dei depositi di Colle San Marco è di ambiente fluviale ed è stata favorita dalla risalita di acque termali la cui presenza è ancora oggi notevole nella zona Acquasanta, la risalita delle acque è probabilmente controllata dalla discontinuità tettonica che disposte parallelamente alla struttura principale la cui formazione è legata alle fasi distensive terminali che hanno dislocato l’intera struttura (Mattei et. ali 1987). Depositi alluvionali antichi presenti nel settore orientale della struttura deposti in due ordini di terrazzi, il primo rodine è costituito da ghiaie medie e fini con ciottoli composti da arenarie e calcare mentre il secondo da depositi ghiaiosi molto fini con ciottoli arrotondati, questi depositi sono incisi fortemente dal Fiume Salinello. Detrito di Falda affiora nel settore occidentale ed orientale ai piedi dei versanti più acclivi, costituito da brecce talora cementate.
  • 22. 2. Materiali e Metodi 27 2.5. TRANSETTI FLUVIALI SOGGETTI A CAMPIONAMENTI 2.5.1 (ASPIO) SCARICALASINO Il Torrente Scaricalasino nasce dall’unione tra il fosso di Offagna e il fosso di San Valentino ed è uno degli affluenti principali del fiume Aspio insieme all’altro torrente in cui abbiamo eseguito dei campionamenti ovvero il t. Betelico . Nello specifico il r. Scaricalasino è un affluente di destra idrografica ( per individuare la destra o sinistra idrografica è sufficiente dare le spalle alla sorgente, del fiume principale), che si immette nell’Aspio all’altezza della frazione Stazione di Osimo, l’intero bacino in questione ricade nei territori comunali di Osimo ed Offagna (CIMA, 2008). Nella figura fig.10 è riportato il reticolo idrografico e la copertura delle regioni che ricadono all’interno del bacino dello Scaricalasino, come si può notare con il punto rosso si è evidenziato il tratto esatto dove sono stati svolti i campionamenti. Fig.10 Bacino dello Scaricalasino con reticolo idrografico e copertura delle regioni
  • 23. 2. Materiali e Metodi 28 Per quanto riguarda l’aspetto geologico della zona fig.11 partendo da NO del bacino, si vede la presenza di due formazioni geologiche: argille marnose verdastre stratificate nelle parti più in quota e alternanza di lenti di sabbia con argille marnose azzurre nelle zone di versante che ricadono tra Offagna e la località Montegallo e scendendo verso Sud fino al crinale di Santo Stefano (Osimo). Spostandoci poco più in basso incontriamo le litologie di alveo e di fondovalle sono depositi colluviali argillosi e sabbiosi come si vede sono posti soprattutto lungo il corso del fiume. Infine nella parte Sud del bacino compaiono argille marnose ocracee alla base e azzurre nella parte alta ed alternanze di argille marnose azzurro scuro e sabbie grigiastre. Il rio Scaricalasino è mantenuto dall’acquifero a falda libera alimentato dalle acque di pioggia. La presenza delle unità sabbioso-arenacee poco cementate nei crinali, il corpo di paleofrana sabbioso di Offagna e le potenti coltri eluvio-colluviali alimentano la falda di fondovalle e il corso d’acqua, anche in periodi secchi (Mattioli, 2013).
  • 24. 2. Materiali e Metodi 29 Fig.11 Carta geologica del bacino dello Scaricalasino e legenda del bacino dell’Aspio (QGIS). Fosso di Montacuto Il Fosso di Montacuto nasce nella località omonima Montacuto ed è uno degli affluenti secondari del fiume Aspio, più dettagliatamente questo corso d’acqua è un affluente di sinistra idrografica, si immette nell’Aspio all’altezza di Camerano , S, Domenico. (www.wikipedia.it). Nella figura 12 sottostante è stato riportato il reticolo idrografico e la copertura delle regioni che ricadono all’interno dell’area d’appartenenza del torrente, si nota inoltre che è stata evidenziata la zona dei campionamenti svolti con il punto rosso.
  • 25. 2. Materiali e Metodi 30 Fig.12 Area di studio F.montacuto con reticolo idrografico e copertura delle regioni (QGIS) Descriviamo ora la geologia di questa zona partendo da Nord-Est dove sono presenti dei piccoli affioramenti isolati di alternanza di argille marnose azzurro scuro e sabbie grigiastre, i quali li ritroviamo spostandoci verso il basso, ancora più a sud incontriamo il corso d’acqua che scorre attraverso i depositi colluviali argilloso-sabbiosi (Numana) i quali si estendono per la maggior parte dell’area presa in considerazione.
  • 26. 2. Materiali e Metodi 31 Fig.13 Carta geologica del bacino del Fosso di montacuto (QGIS) Betelico Il torrente Betelico si trova sul versante Sud-occidentale del monte Conero ( dove si trova la sue sorgente) ed è un affluente del fiume Aspio di sinistra idrografica, questo corso d’acqua è lungo circa 7.5km e più precisamente sfocia nel tratto terminale del fiume Aspio . Il bacino ha una forma allungata posizionandosi nella parte orientale del bacino principale.
  • 27. 2. Materiali e Metodi 32 Fig. 14 Area di studio t. Betelico con reticolo idrografico e copertura delle regioni (QGIS) Passando alla geologia la prima formazione di questa zona partendo da Nord sono calcari rosati a grana fine in starti di 5-30 cm di spessore alternati a marne calcaree la stessa si trova anche nella parte più orientale dell’area di studio rimanendo nella parte superiore si nota la presenza della Scaglia Bianca-calcari in bianchi compatti con strati di 10-40 cm di spessore. Proseguendo verso Sud vicino al letto del fiume sono presenti le alluvioni recenti terrazzate ghiaioso-sabbiose e depositi di spiaggia ghiaioso sabbiosi i quali si estendono per la gran parte del bacino sino alla parte inferiore, altre formazioni da segnalare in presenza minore sono Schlier-marne e marne calcaree grigiastre, biancastre in strati di spessore variabile ed infine la Scaglia Cinerea-calcari marnosi in strati di 5-15 cm e marne di 20-40 cm.
  • 28. 2. Materiali e Metodi 33 Fig.15. Carta geologica del bacino del t. Betelico (QGIS)
  • 29. 2. Materiali e Metodi 34 2.5.2. METAURO Nel bacino del Metauro si è scelto di studiare in maniera più approfondita le due aree caratteristiche che riguardano il monte Paganuccio e i monti della Cesana ed un ultima area più a sud riferita al t. Tarugo . Fig.16 Area di studio Fossombrone con reticolo idrografico e copertura delle regioni (QGIS)
  • 30. 2. Materiali e Metodi 35 Fig.17 Carta geologica dell’area di studio Fossombrone più Legenda (QGIS)
  • 31. 2. Materiali e Metodi 36 Descrizione della geologia presente nell’area studiata : Complesso Foreste delle Cesane, partendo con la descrizione della geologia da nord troviamo la Scaglia variegata, proseguendo si notano degli affioramenti di coltre eluvio colluviale, spostandoci verso meridione incontriamo la scaglia rossa, mentre lungo il corso del fiume sono presenti depositi di varia origine come alluvionali attuali, alluvionali terrazzati e di frana, si nota anche un minimo affioramento di marne e fucoidi e come si può osservare dalla immagine fig.17 qui sopra in entrambi i versanti che si affacciano sul fiume ci sono affioramenti di scaglia bianca. Il secondo complesso preso in esame è quello del Monte Paganuccio, come si evince dalla figura 17 la formazione più a settentrione corrisponde ad un affioramento in piccola parte di Scaglia Variegata subito sotto affiora la Scaglia Rossa la quale è presente in grande quantità nella parte Sud della nostra area di studio, dopo la Scaglia Rossa si notano le formazioni di Scaglia Bianca, Marne e Fucoidi , Maiolica e Coriola le quali affiorano con la stessa successione in entrambi i versanti che si affacciano sul fiume, nel letto del fiume ci sono sia i depositi alluvionali attuali ma anche in gran parte il calcare massiccio, spostando l’occhio poco sotto è presente la formazione della Coltre Eluvio Colluviale che affiora in modo più evidente nella parte Sud-Ovest dell’area. L’altro torrente studiato in zona è il Tarugo un affluente di destra idrografica del Metauro lungo circa 21 Km, che nasce come Fosso delle Rave dal M. Paganuccio e si versa nel F. Metauro poco a monte della frazione del comune di Montefelcino, Ponte degli Alberi. Un altro ramo nasce più a Sud-Ovest, presso Molleone di Cagli. Il tratto più prossimo al Metauro è quello che è stato maggiormente degradato a causa della costruzione della superstrada Nuova Flaminia con relativi svincoli e di numerose fabbriche ed abitazioni (www.lavalledelmetauro.it).
  • 32. 2. Materiali e Metodi 37 Fig 18 Bacino del t. Tarugo con reticolo idrografico e copertura delle regioni (QGIS) Di seguito viene riportata fig.19 in cui si può osservare la porzione del t. Tarugo che è stata oggetto di studio nel presente lavoro di tesi. Si tratta della parte iniziale fino alla frazione di Cartoceto di Pergola. Si può osservare come il fiume scorre su sedimenti alluvionali ghiaiosi o sabbiosi e limosi sino a Cartoceto di Pergola, dal paese di t. Tarugo sino a Cartoceto attraversa prima una minima parte di substrato di detriti di versante fino al complesso delle Scaglie Rosse e Variegate che caratterizzano l'anticlinale del M. Paganuccio, nella gola calcarea. In alcuni tratti le acque scorrono in prossimità delle formazioni del Bisciaro e dello Schlier. (De Bernardi, 2017)
  • 33. 2. Materiali e Metodi 38 Fig.19 Carta geologica dell’area di studio del t. Tarugo più Legenda (QGIS) 2.6. Metodi In questo capitolo si descrive i vari metodi attraverso i quali si sono valutate le risorse idriche dei molteplici transetti fluviali studiati, si sono previste quattro modalità: A) Bilancio Diretto B) Analisi WHAT C) Bilancio Indiretto D) Dati di letteratura 2.6.1. IDROLOGIA La valutazione degli apporti meteorici è di fondamentale importanza per la caratterizzazione degli acquiferi e la redazione di un bilancio idrologico. In uno studio idrogeologico è basilare
  • 34. 2. Materiali e Metodi 39 capire quali sono i volumi meteorici efficaci da confrontare con l’infiltrazione sulle strutture che si vanno ad esaminare. Nel bilancio idrologico la determinazione dei parametri che influenzano il clima (pioggia , neve , vento , temperatura umidità….) sono fondamentali per l’acquisizione di una serie di dati necessari a stimare i quantitativi di acqua disponibile per il deflusso superficiale, sotterrane e per l’infiltrazione.(Civita 1996). Bisogna mettere in evidenza che nella Regione Marche le stazioni pluviometriche non sono sempre ben dislocate nel territorio. Questo fatto rende maggiore l’errore nel calcolo finale in quanto in certe situazioni (vedi Tarugo) per la scarsa presenza di pluviometri nell’area abbiamo preso come riferimento il monte Paganuccio alto 900 m s.l.m. dove piove in quantità di gran lunga superiore rispetto all’area effettivamente studiata. Accennato al fatto della non corretta disposizione delle stazioni per calcolare il contributo pluviometrico si è ricorsi alle interpolazioni tramite i poligoni di Voroni-Thiessen (Atsuyuki Okabe 2000). 2.6.2. IL BILANCIO IDROLOGICO Il bilancio idrologico è stato affetto da errore essendo un modello matematico a ciò si aggiunge che non sono presenti una quantità di dati sufficiente, questi fattori in alcuni casi hanno causato un’imprecisione nei risultati finali. 2.6.3. EQUAZIONE DEL BILANCIO IDROLOGICO L’equazione del bilancio è espressa dalla formula di continuità dei volumi entranti e uscenti (Barazzuoli & Salleolini 1992) e (Barazzuoli et alii 1994, 1995). Dove: Pb = Afflussi meteorici totali [mm/a] ETR = evapotraspirazione potenziale [mm/a] S=Precipitazione efficace [mm/a]
  • 35. 2. Materiali e Metodi 40 Per effettuare tale bilancio il tempo di riferimento da prendere in considerazione è tipicamente l’anno idrologico. 2.6.4. AFFLUSSO METEORICO TOTALE (P) Per la valutazione degli afflussi meteorici è stata usata la maglia di stazioni riportata in figura 20. I dati meteorici sono stati presi dal sito della Protezione Civile della regione Marche www.sirmiponline.com fanno eccezione i dati presi dalla stazione del Monte Conero che è una stazione dell’Università Politecnica delle Marche; nelle figure 20 e 21 è illustrata l’interfaccia grafica del sito. La rete delle stazioni termo pluviometriche usate sono state installate e gestite attualmente dalla protezione Civile Marche. Fig.20 Stazione pluviometriche usate per questo lavoro di tesi Area Bacino Stazione Pluviometrica Anni Cesane, Foresta Nord Metauro Fossombrone 2013/2017 Monte Paganuccio Osimo Monteragola Centro Aspio Baraccola 2009/2017 Ancona regione Conero Mozzano Sud Tronto Umito 2015/2017 Brecciarolo
  • 36. 2. Materiali e Metodi 41 Fig.21 Pagina principale del sito gestito dalla Protezione Civile Marche. Fig.22 Interfaccia grafica della pagina dei regimi pluviometrici.
  • 37. 2. Materiali e Metodi 42 2.6.5. EVAPOTRASPIRAZIONE L'evapotraspirazione è la risultante del concorso di più fattori dipendenti dalla natura del terreno, dal clima, dai fattori pedologici, geologici, biologici ecc… L'unità di misura è il mm (millimetro), inteso come altezza della massa d'acqua evaporata e traspirata, oppure il m³/ha (metro cubo per ettaro). Essendo un fenomeno climatico inverso a quello delle precipitazioni, per convenzione si usa il millimetro in modo da rendere la grandezza direttamente comparabile con le precipitazioni.(www.wikipedia.it) . E’ fondamentale fare una distinzione fra evapotraspirazione reale e potenziale. Evapotraspirazione reale: E’ il risultato dell’interazione suolo-vegetazione-atmosfera che realmente avviene. Dipende essenzialmente da: 1. potere evaporante dell’atmosfera; 2. vegetazione (tipo, sviluppo e stadio vegetativo); 3. contenuto idrico del suolo. ETp - Evapotraspirazione potenziale: E’ l’evapotraspirazione che avviene quando il contenuto idrico del suolo non costituisce fattore limitante per essa. La disponibilità d’acqua nel suolo è almeno pari alla quantità d’acqua che il sistema suolo-vegetazione-atmosfera è in grado di fare evaporare. Dipende solo da: 1. potere evaporante dell’atmosfera; 2. vegetazione. Ovviamente è valida la relazione: ET≤ETp Per il calcolo della Evapotraspirazione reale la formula maggiormente usata è quella del Turc (1954). Naturalmente non è l’unica formula esistente in idrogeologica ma è le più utilizzata in campo pratico.
  • 38. 2. Materiali e Metodi 43 2.6.6. EVAPOTRASPIRAZIONE FORMULA DI TURC (EVAPOTRASPIRAZIONE REALE) Per la valutazione dell’evapotraspirazione reale Turc ha introdotto la seguente formula: dove: P = precipitazione media annua [mm/anno] L = potere evaporante dell’atmosfera, uguale a: 300+25Tp +0,05Tp3 con Tp =Σ(Pi xTi)/P Tp= temperatura fittizia media annua corretta in funzione di P [°C] Pi = precipitazione media mensile del mese i-mo [mm/anno] Ti = temperatura media mensile del mese i-mo [°C] In questa formula del 1960 Turc prende in considerazione la temperatura e la precipitazione e quindi la posizione geografica della stazione in esame. 2.6.7. IL BILANCIO IDROLOGICO DI UN BACINO Il bacino è un “sistema aperto” con acqua in entrata (precipitazioni e contributi sotterranei dai bacini adiacenti) ed acqua in uscita (evapotraspirazione, deflussi superficiali e perdite sotterranee). Come possiamo vedere dalla figura 23 riferita ad un “sistema aperto” su ampia scala, e bene lo stesso concetto lo ritroviamo a livello di bacino, infatti per quest’ultimo valgono le stesse dinamiche descritte in figura. Il confronto tra entrate e uscite costituisce il bilancio idrologico; di questo la voce deflussi superficiali è quella che permette di conoscere i volumi d’acqua ed il ricambio idrico della zona umida (Luchetti, 2015). Per la definizione del bilancio idrico di un bacino occorre un’analisi complessa, uno studio ecologico vero e proprio. Le variabili che vanno considerate sono numerose e comprendono:
  • 39. 2. Materiali e Metodi 44 o Clima - condiziona le modalità delle precipitazioni, quasi sempre la principale voce dell’acqua in entrata; o Morfometria - la forma e le dimensioni del bacino influiscono sul ruscellamento e sul tempo impiegato dall’acqua per giungere al reticolo idrografico; questo è più o meno complesso ed influisce sulle modalità dei deflussi; o Geologia - i bacini possono essere impermeabili, se costituiti da materiali non porosi o non fessurati per cui non vi sono scambi sotterranei con bacini adiacenti, o permeabili, se la circolazione delle acque sotterranee assume molta importanza rispetto a quella delle acque superficiali. Fig 23 Il ciclo Idrologico (Tazioli, 2015) 2.6.8. GIS Il sistema GIS (Geographic Information System), come affermò Burrough, 1986 è un insieme di strumenti per acquisire, archiviare, estrarre, elaborare e rappresentare dati spaziali nel mondo reale. Le entità geografiche sono caratterizzate da una forma geometrica definita
  • 40. 2. Materiali e Metodi 45 secondo due modelli: Vettoriale: punti, linee e poligoni e Modello RASTER: celle a dimensione costante. Inoltre tutte queste varianti sono descritte da degli attributi organizzati in tabelle o data base. Grazie al software GIS ci è permesso di fare: o catalogare ed elaborare (grazie al Computer) una quantità di dati enorme. o È un sistema dinamico e flessibile, facilmente aggiornabile. o I dati sono di natura differente (basta stesso sist. di coordinate) ed utilizzabili per diversi scopi. o Permette di lavorare a diverse scale o Permette analisi complesse multidisciplinari Il GIS opera rappresentando gli oggetti del mondo reale attraverso singole mappe (o tema, layer). Ogni mappa contiene una singola tipologia di informazione come: strade, uso del suolo, pozzi, geologia … . Le mappe sono archiviate con i comuni sistemi si coordinate ogni elemento spaziale è collegato ai suoi attributi. Fig.24 tabella attributi GIS Utilizzando i temi è possibile rappresentare anche situazioni reali complesse, l’insieme di varie tematiche può portare alla creazione di una cartografia tematica, come può essere la carta geologica usata per questo studio.
  • 41. 2. Materiali e Metodi 46 Fig.25 Sovrapposizione di più layer nel GIS (http://www.humanitarianweb.org) . 2.6.9. MISURE DI PORTATA La portata di un corso d'acqua è definita come il volume che defluisce nell'unità di tempo attraverso una sezione data (Luchetti,2015). La misura di tale grandezza fisica può essere calcolata per via indiretta andando a misurare una o più grandezze fisiche ad essa legate, per la redazione della scala delle portate è necessario tarare le stazioni di misura ottenendo una relazione univoca fra le altezze idrometriche e le portate. Per la taratura è necessario quindi misurare più volte nelle sezioni fluviali dove sono installate le stazioni. Il procedimento standard per la misura è: in primo luogo battere la sezione di misura e in secondo calcolare la portata che può essere misurata in vari modi; in questa tesi sono state usate due metodologie principali; la prima con il mulinello idrometrico la seconda con l’immissione puntuale di un tracciante (fluoresceina o sale da cucina), noto il volume che attraversa la sezione nel tempo considerato.
  • 42. 2. Materiali e Metodi 47 Dove. Q(t)=è la portata defluente all’istante t nella sezione di interesse. Dimensione L3 /T. Le unità di misura spesso utilizzate sono m3 /s. 2.6.10. Il Mulinello Idrometrico Il mulinello idrometrico è composto da un’elica tarata che misura la velocità della corrente in diversi punti di una sezione idrica (Tazioli, 2011). Ne esistono diversi tipi: principalmente ad asse orizzontale o ad asse verticale. Vengono montati su pertiche per la misura da passerella o da guado, altre volte sono sospesi ad un cavo. Alcuni mulinelli forniscono direttamente la velocità della corrente v, come nel nostro caso altri la velocità angolare ω dell’elica. La portata viene stimata discretizzando l’integrale riportato sopra: si determinano prima le portate, per unità di larghezza in corrispondenza di un certo numero di verticali profonde H(l) e distanti l da una sponda e successivamente si calcola la portata, dove L `e la larghezza del pelo libero della corrente. Per non dover calcolare gli integrali nelle verticali per la stima di q(l), alcuni autori suggeriscono di determinare la misura di velocità media nelle verticali sollevando con velocità costante il mulinello lungo le verticali di interesse e di moltiplicarla per la profondità H(l) corrispondente.
  • 43. 2. Materiali e Metodi 48 2.6.11. MISURA DI PORTATA DEL CORSO D’ACQUA CON METODO CHIMICO PER DILUIZIONE ( I TRACCIANTI) Il metodo consiste nel diluire nel flusso d’acqua una sostanza tracciante a concentrazione nota e poi misurare la concentrazione a valle dove la soluzione è completamente miscelata con l’acqua del fiume. Le misure sono compiute tramite iniezione istantanea (gulp injection) della sostanza tracciante. In questo studio è stato usato il sale. Con questo metodo si giunge per integrazione al valore della portata del corso d’acqua attraverso l’equazione di Shudel (Shudel 1998) dove: q è la portata di tracciante iniettato C2 la concentrazione del tracciante a valle. C0 è la concentrazione di tracciante prima dell’iniezione. 2.6.12. PLUVIOMETRI L’Analisi pluviometrica del bacino è stata effettuata partendo dai dati presenti dal sito www.sirmipoline.com della Protezione Civile ed esaminando periodi che vanno dai 5 ai 7 anni questo lasso di tempo dipende dai dati disponibili. Si è fatto riferimento a più stazioni per ogni bacino alcune delle quali come detto precedentemente non posizionate in modo ideale causando delle alterazioni sui risultati attesi. Per ogni stazione si sono presi in considerazione i mm di pioggia cumulata giornaliera mensile. Per ogni anno si è poi calcolata l’altezza media mensile e media annuale. Per terminare lo studio tramite il software freeware Qgis (http://www.qgis.org/it/site/index.html) sono stati sviluppati i poligoni di Voronoi –thiessen per valutare le aree di influenze delle differenti stazioni come si può vedere nell’esempio di figura 26.
  • 44. 2. Materiali e Metodi 49 Fig.26 Poligoni di Voronoi sul Bacino dell’Aspio 2.6.13. BILANCIO DIRETTO (METODO A) Lo scopo comune dei 4 metodi adottati è la valutazione dell’infiltrazione efficace all’interno del singolo bacino. In questo punto lo abbiamo fatto attraverso il bilancio diretto, si ricorda che il bilancio idrogeologico di un area continentale consente il calcolo delle acque sotterranee in entrata e uscita dall’area di studio. Nella fattispecie è necessario conoscere i parametri della espressione: P: quantitativi d’acqua di precipitazione (mm/a) ETR= quantitativi di acqua di evapotraspirazione (mm/a)
  • 45. 2. Materiali e Metodi 50 R= quantitativi di acqua di ruscellamento superficiale (mm/a) I=quantitativi d’acqua di infiltrazione ∆v=perdite idriche (mm/a) Le acque di ruscellamento superficiale (R) danno origine alle risorse idriche superficiali. Le acque di infiltrazione efficace rappresentano le ricariche per i corpi idrici sotterranei. Per il calcolo del bilancio idrologico si sono utilizzate le stesse stazioni idrometriche e termometriche che sono state usate per redigere il bilancio idrologico quindi i dati termometrici e pluviometrici hanno come fonte il sito della Protezione Civile Marche ww.sirmiponline.com. Anche in questo caso per il calcolo della ETR si userà l’espressione di Turc come spiegato nei capitoli precedenti. Per tutte le stazione prese in considerazione si è svolto lo stesso procedimento ovvero: o Scaricato i dati riguardanti i dati termometrici e pluviometrici di più anni dal sito della protezione civile www.sirmiponline.com; o Calcolo della Pi = precipitazione media mensile del mese i-mo [mm/anno], facendo molto semplicemente la media di tutti i mesi di Gennaio, Febbraio ecc …. Presi in considerazione, la stessa cosa eseguita per calcolare Ti = temperatura media mensile del mese i-mo [°C]; o Moltiplicato le temperature e piogge medie (Pi*Ti) per ogni mese riportando il risultato in tabella; o Calcolo di P, ovvero la precipitazione media annua [mm/anno], ponderata per gli anni presi in considerazione; o Calcolo di Tp = temperatura fittizia media annua corretta in funzione di P [°C]; o Calcolo del coefficiente L = potere evaporante dell’atmosfera;
  • 46. 2. Materiali e Metodi 51 o ETR ovvero l’evapotraspirazione calcolata attraverso la formula di TURC (1948); o Ottenere Pe (precipitazione efficace) sottraendo ETR alla Precipitazione. 2.6.14 IDROGRAMMI WHAT (METODO B) Un idrogramma fluviale, in una data sezione, è dovuto in generale a tre diversi tipi di deflusso: superficiale, ipodermico e sotterraneo. Questi, insieme, contribuiscono a definire il deflusso globale, rappresentato dall’intera area sottesa dall’idrogramma. La separazione della componente del deflusso sotterraneo (o deflusso di base), dalle restanti componenti dell’idrogramma, consente di individuare e quantificare il contributo dovuto alle acque sotterranee. L’idrogramma annuale di un corso d’acqua si può suddividere in due parti: una curva di riempimento e una curva di svuotamento, quest’ultima successiva al picco di massima piena annuale ed è successiva al flesso, detto questo si può affermare che quando non si risente più l’effetto della ricarica, si definisce curva di esaurimento. Per quanto riguarda la fase di separazione dei deflussi che compongono l’idrogramma è stato possibile attraverso il software freeware disponibile sul sito internet www.engineering.purdue.edu denominato WHAT acronimo di Web based Hydrograph Analysis Tool il ramo di esaurimento dell’idrogramma può essere rappresentato da un’equazione esponenziale del tipo: dove: Qt [m3/s] è la portata al tempo t ≠ 0 [giorni]; Q0 [m3/s] è la portata all’inizio dello svuotamento; e la base dei logaritmi neperiani, pari a 0.43429;
  • 47. 2. Materiali e Metodi 52 α [giorni-1] è un coefficiente che è funzione delle caratteristiche morfologiche e geologiche del bacino. L’applicazione del software WHAT in figura 27 ha permesso di separare l’idrogramma superficiale dal flusso di base; il risultato di queste operazioni sarà descritto successivamente però si nota che l’andamento del flusso di base segue abbastanza bene l’andamento dell’idrogramma “totale” del corso d’acqua. Considerato che il deflusso di base così stabilito tiene conto anche del ruscellamento di tipo ipodermico e altri fattori. Fig.27 Prima pagina del software WHAT 2.6.15. BILANCIO INDIRETTO (METODO C) Nel punto C si sono calcolate le risorse idriche dei transetti fluviali studiati attraverso la minima assoluta (ipotesi 1) e la media delle minime ( ipotesi 2) relative al deflusso. La media delle minime e le minima assoluta vengono utilizzate per il bacino dell’Aspio (AN) zona centrale perché ha una geologia permeabile ovvero è formata da rocce porose, si lasciano attraversare dal flusso idrico, quindi tutti i contributi o apporti idrici (quali possono essere: piogge, ruscellamenti superficiali o sotterranei ecc...) vanno ad influenzare i corsi d’acqua che
  • 48. 2. Materiali e Metodi 53 si trovano in quest’area, detto questo grazie alla minima assoluta e alla media delle minime si riesce a prendere in considerazione tutti questi fattori descritti ed a effettuare dei calcoli più accurati. Per arrivare all’infiltrazione efficace è stato semplice, ovvero si sono moltiplicati i valori delle minime assolute (ipotesi 1) per 365, i giorni in un anno e per 86400, i secondi in un anno ottenendo così il volume in m3 /anno, questo procedimento si è svolto anche con i valori delle medie delle minime (ipotesi 2), quindi alla fine avremo due valori di volume per ogni transetto. Il passaggio successivo è stato quello di calcolare l’infiltrazione efficace (Ie), dividendo ogni volume ottenuto per l’area ad esso corrispondente così da trovare il risultato in mm/anno. Nelle altre due zone NORD e SUD la litologia è differente in quanto sono presenti formazioni compatte a volte frastagliate la loro caratteristica è l’impermeabilità ovvero non si lasciano attraversare del flusso idrico quindi l’acqua scorre su di esse nel sottosuolo e potrebbe sfociare nel transetto di fiume studiato, così da contribuire al flusso, per determinare il contributo “esterno” si sono eseguite delle misure di portata direttamente da noi nel periodo di magra nel corso di diversi anni. Tale metodo quindi costituisce una valutazione abbastanza rappresentativa, dell’effettiva potenzialità idrica in un bacino in quanto i valori sono ricavati da misure reali. In queste due zone per valutare l’infiltrazione efficace si è calcolato per prima cosa il ∆Q ovvero la portata di monte (Q2) sottratta a quella di valle (Q1), esse sono state calcolate come detto attraverso misure di portata in due punti differenti del fiume, uno localizzato più a monte e l’altro più a valle sempre dello stesso corso d’acqua, si è fatto ciò per eliminare un eventuale contributo di monte. Una volta trovata la ∆Q (m3 /s) si è svolto lo stesso procedimento descritto in precedenza, quindi si è calcolato il volume (m3 /anno), ed infine l’infiltrazione efficace (Ie) attraverso lo stesso metodo. 3.6.16. DATI DI LETTERATURA (METODO D) Il metodo D prevede il calcolo dell’infiltrazione efficace attraverso dati di letteratura dei coefficienti di infiltrazione per ogni formazione geologica, i dati di letteratura sono stati presi da Boni et al., 1987 per quanto riguarda l’area del f. Castellano; nelle aree di Pesaro si è fatto riferimento ai valori stabiliti da Nanni , Boni et al, 1987. Quest’ultimi ci forniscono un range
  • 49. 2. Materiali e Metodi 54 indicativo di infiltrazione e per questo lavoro si è scelto di prendere il valore centrale, infine nella zona centrale i dati relativi all’infiltrazione si sono scelti attraverso la valutazione, osservazione ma soprattutto con uscite in campagna nelle aree prese in esame. Si ricorda che il coefficiente di infiltrazione ovviamente è stato assegnato alle formazioni che lasciano passare/infiltrare l’acqua per le restanti non si prevedono questo dato vengono così chiamati acquiclude. Per realizzare il punto D si è usato il GIS precedentemente illustrato con il quale si è riuscito a sovrapporre i poligoni corrispondenti alle aree di studio alla mappa geologica e con la funzione di taglio abbiamo estratto la geologia ricadente dentro le aree studiate, fatto questo si è calcolato il volume annuo eseguendo questa operazione: area di estensione di una determinata formazione geologica per il dato di infiltrazione (da letteratura) corrispondente. Infine si è trovato il valore medio ponderato (mm/anno), facendo la somma dei volumi dividendoli per la somma delle aree degli acquiferi corrispondenti.