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INTERRUZIONE VOLONTARIA DI
GRAVIDANZA (legge 194/78)
Art. 4: “Per l’interruzione volontaria della gravidanza
entro i primi 90 gg la donna che accusi circostanze per
le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la
maternità comporterebbe un serio pericolo per la sua
salute fisica o psichica, in relazione al suo stato di
salute o alle sue condizioni economiche, sociali o
familiari o alle circostanze in cui è avvenuto il
concepimento o a previsioni di anomalie o
malformazioni del concepito, si rivolge ad un
consultorio pubblico o ad una struttura socio-sanitaria
o ad un medico di fiducia”
L’art. 5 della 194/78 sancisce che la struttura socio sanitaria, oltre a
garantire gli idonei accertamenti, deve prospettare le possibili
soluzioni alternative all’interruzione, cercando di rimuovere le cause
che porterebbero a tale decisione, offrendo alla donna gli aiuti
necessari per la gravidanza e la maternità. Quando la gravida si
rivolge al suo medico di fiducia, questi ha il dovere di compiere gli
accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà
della donna, prospettandole i diritti che possiede come madre e
esaminando le possibili alternative.
Qualora non venga riscontrato il caso di urgenza, e la donna intenda
interrompere la gravidanza, al termine del dialogo, il medico rilascia
un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di
gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per 7
giorni.
Trascorsi i 7 giorni, la donna si reca presso le strutture autorizzate e si
sottopone all’interruzione di gravidanza.
Il legislatore, nel succitato articolo 5, pone l’attenzione sul ruolo del
medico, che non deve essere un semplice compilatore, né un
investigatore, né deve partecipare con disinteresse alla
richiesta della donna in un momento drammatico della sua
scelta.
La condotta del medico deve, inoltre, essere improntata sulla
obiettività clinica, sulla veridicità della gestazione e sulla
mancata sussistenza di serio pericolo per la vita della donna.
Il medico, in definitiva, deve verificare ed accertare:
- l’identità e l’età della donna;
- l’esistenza della gravidanza;
- l’epoca della stessa (non devono essere trascorsi 90 giorni);
- la richiesta, i motivi, l’avvenuta informazione sia sui diritti di
madre che di lavoratrice;
- l’avvenuta informazione sulle strutture cui può rivolgersi per
l’interruzione;
- la data del rilascio del documento.
L’interruzione volontaria di gravidanza è una scelta che
riguarda la sfera privatissima della donna e per tale
motivo, il legislatore dà pochissima importanza al
padre del concepito, demandando alla volontà della
donna la partecipazione di quest’ultimo alla sua
decisione.
Infatti dall’art. 5 si legge “… esaminare con la donna e
con il padre del concepito, ove la donna lo consenta,
nel rispetto della dignità e della riservatezza della
medesima, o della persona indicata come padre del
concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti
…”.
INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA IN CASO DI
MALFORMAZIONI FETALI
La legge introduce un aspetto mai contemplato, quello dell’aborto
profilattico o preventivo.
La norma consente di impedire la nascita di soggetti affetti da
malattie ereditarie o anomalie e difetti congeniti, non mirando
ad una selezione eugenetica, poiché ciò che rileva sono i
riflessi sulla salute della madre.
L’aborto preventivo può essere giustificabile quando lo studio
prenatale del feto fornisca la certezza o un’elevata probabilità
di malformazioni. Tale certezza è stabilita dagli esami
strumentali che si effettuano dopo il 90° giorno.
Pertanto il rischio di una malformazione è ipotetico nei primi 90
giorni e si sacrificherebbe il diritto alla vita del concepito.
INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA
DOPO IL 90° GIORNO
L’art. 6 della 194/78 stabilisce che l’ I.V.G. dopo il 90° giorno può
essere praticata quando:
 la gravidanza ed il parto comportino un grave pericolo per la
vita della donna (ipertensione arteriosa grave, diabete, obesità,
cardiopatie, anemia, gestosi, abuso di sostanze psicotrope,
carcinoma dell’utero, della mammella, del colon-retto …);
 siano accertati processi patologici (tra cui quelli relativi a
rilevanti anomalie e/o malformazioni del nascituro) che
determinino un grave pericolo per la salute fisica e psichica
della donna.
L’accertamento dei processi patologici citati deve essere effettuato
da uno specialista ginecologo-ostetrico della stessa struttura
autorizzata in cui verrà compiuta l’interruzione, che può
avvalersi della collaborazione di specialisti (art. 7).
In ogni caso la scelta di abortire spetta unicamente alla donna.
INTERRUZIONE DELLA GRAVIDANZA QUANDO
SUSSISTA LA POSSIBILITA’ DI VITA
AUTONOMA DEL FETO (art. 7)
Ove tale possibilità sussista (età di vita intrauterina intorno
ai 180 gg), fermo restando che l’interruzione può essere
praticata solo quando la gravidanza o il parto comportino
un grave pericolo per la vita della donna, il medico che
esegue l’intervento deve fare tutto il necessario per
salvare la vita del feto.
Se sussiste una concreta possibilità che il feto viva di vita
autonoma, l’interruzione deve essere praticata nel rispetto
e nella salvaguardia della vita del nascituro, a differenza
dei casi visti in precedenza in cui la finalità che si
persegue è la salvaguardia della salute fisica e psichica
della donna.
INTERRUZIONE VOLONTARIA DELLA
GRAVIDANZA IN MINORENNE (art. 12)
In caso di volontà di una minorenne ad effettuare l’interruzione, è
necessario l’assenso dei entrambi i genitori o di chi esercita
sulla giovane la patria potestà o la tutela.
La legge prevede che se la minore ritiene di non dover informare
i genitori, potrà da sola recarsi o da un medico di fiducia
ovvero in un consultorio.
Nei primi 90 giorni, quando vi siano “seri motivi” per non
informare i genitori o se questi, interpellati, esprimano pareri
difformi, il medico rilascia un certificato in cui sono citate la
richiesta e le motivazioni della minore e il convinto rifiuto alla
prosecuzione della gravidanza.
Entro 7 giorni dalla richiesta, il medico trasmette il certificato,
corredato di un suo parere, al Giudice Tutelare il quale, entro 5
giorni,sentita la minore, la autorizza a recarsi presso le
strutture autorizzate per espletare l’intervento. Oltre i 90 giorni
la procedura è identica a quella per le donne maggiorenni.
La Corte costituzionale ha precisato che il genitore della
minore può non essere interpellato quando, valutate le
circostanze del fatto in specie è ragionevole presumere che
tale consultazione sia inopportuna nelle circostanze del
singolo caso.
In conclusione se una minorenne vuole abortire può farlo
contro la volontà dei genitori e senza che vi sia un reale
pericolo per lei o per il nascituro.
Il mancato assenso dei genitori viene sostituito dal Giudice
Tutelare che accerta se le intenzioni della donna sono
chiare e decise e se tale decisione è presa nel pieno
convincimento dell’atto che sta per compiere.
Al giudice tutelare non è consentita l’obiezione di coscienza.
(art. 13)
Se la gestante è interdetta per infermità di mente la richiesta di
interruzione volontaria di gravidanza può essere presentata:
- dalla donna stessa, sentito il tutore;
- dal tutore personalmente, con la conferma della donna,
- dal marito non tutore e non legalmente separato, con l’assenso
della moglie e il parere del tutore.
Il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria o il
medico di fiducia deve trasmettere al giudice tutelare, entro 7
giorni dalla presentazione della richiesta, una relazione
contenente notizie precise circa la domanda, l’atteggiamento
assunto dalla donna, la specie, la gravità dell’infermità di
mente nonché il parere del tutore, se espresso.
Il Giudice Tutelare sentiti se ritiene opportuno gli interessati,
decide, entro 5 giorni l’accoglimento o meno della richiesta. Il
provvedimento, che non è soggetto a reclamo, è valido per
ottenere in via d’urgenza l’intervento e, se necessario, il
ricovero.
OBIEZIONE DI COSCIENZA (art.9)
Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie
non è tenuto a rendere parte alle procedure in
interruzione quando abbia sollevato obiezione di
coscienza.
L’obiezione deve essere dichiarata alle autorità
competenti e prevede che il medico obiettore è
esonerato dal compimento di tutte le procedure e le
attività necessariamente e dirette determinare
l’interruzione di gravidanza (comprese quelle
certificative).
L’obiezione non esime il sanitario dal prestare
assistenza alla gestante, quando la gravidanza
rappresenta un pericolo per la sua vita e la sua salute.
Art. 43 codice deontologico
(Interruzione volontaria di
gravidanza)
 Gli atti medici connessi all’interruzione
volontaria di gravidanza operati al di fuori
dell’ordinamento, sono vietati e costituiscono
grave infrazione deontologica tanto più se
compiuti a scopo di lucro. L’obiezione di
coscienza si esprime nell’ambito e nei limiti
dell’ordinamento e non esime il medico dagli
obblighi e dai doveri inerenti alla relazione di
cura nei confronti della donna.

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  • 1. INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA (legge 194/78) Art. 4: “Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 gg la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbe un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione al suo stato di salute o alle sue condizioni economiche, sociali o familiari o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico o ad una struttura socio-sanitaria o ad un medico di fiducia”
  • 2. L’art. 5 della 194/78 sancisce che la struttura socio sanitaria, oltre a garantire gli idonei accertamenti, deve prospettare le possibili soluzioni alternative all’interruzione, cercando di rimuovere le cause che porterebbero a tale decisione, offrendo alla donna gli aiuti necessari per la gravidanza e la maternità. Quando la gravida si rivolge al suo medico di fiducia, questi ha il dovere di compiere gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna, prospettandole i diritti che possiede come madre e esaminando le possibili alternative. Qualora non venga riscontrato il caso di urgenza, e la donna intenda interrompere la gravidanza, al termine del dialogo, il medico rilascia un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per 7 giorni. Trascorsi i 7 giorni, la donna si reca presso le strutture autorizzate e si sottopone all’interruzione di gravidanza.
  • 3. Il legislatore, nel succitato articolo 5, pone l’attenzione sul ruolo del medico, che non deve essere un semplice compilatore, né un investigatore, né deve partecipare con disinteresse alla richiesta della donna in un momento drammatico della sua scelta. La condotta del medico deve, inoltre, essere improntata sulla obiettività clinica, sulla veridicità della gestazione e sulla mancata sussistenza di serio pericolo per la vita della donna. Il medico, in definitiva, deve verificare ed accertare: - l’identità e l’età della donna; - l’esistenza della gravidanza; - l’epoca della stessa (non devono essere trascorsi 90 giorni); - la richiesta, i motivi, l’avvenuta informazione sia sui diritti di madre che di lavoratrice; - l’avvenuta informazione sulle strutture cui può rivolgersi per l’interruzione; - la data del rilascio del documento.
  • 4. L’interruzione volontaria di gravidanza è una scelta che riguarda la sfera privatissima della donna e per tale motivo, il legislatore dà pochissima importanza al padre del concepito, demandando alla volontà della donna la partecipazione di quest’ultimo alla sua decisione. Infatti dall’art. 5 si legge “… esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della medesima, o della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti …”.
  • 5. INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA IN CASO DI MALFORMAZIONI FETALI La legge introduce un aspetto mai contemplato, quello dell’aborto profilattico o preventivo. La norma consente di impedire la nascita di soggetti affetti da malattie ereditarie o anomalie e difetti congeniti, non mirando ad una selezione eugenetica, poiché ciò che rileva sono i riflessi sulla salute della madre. L’aborto preventivo può essere giustificabile quando lo studio prenatale del feto fornisca la certezza o un’elevata probabilità di malformazioni. Tale certezza è stabilita dagli esami strumentali che si effettuano dopo il 90° giorno. Pertanto il rischio di una malformazione è ipotetico nei primi 90 giorni e si sacrificherebbe il diritto alla vita del concepito.
  • 6. INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA DOPO IL 90° GIORNO L’art. 6 della 194/78 stabilisce che l’ I.V.G. dopo il 90° giorno può essere praticata quando:  la gravidanza ed il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna (ipertensione arteriosa grave, diabete, obesità, cardiopatie, anemia, gestosi, abuso di sostanze psicotrope, carcinoma dell’utero, della mammella, del colon-retto …);  siano accertati processi patologici (tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie e/o malformazioni del nascituro) che determinino un grave pericolo per la salute fisica e psichica della donna. L’accertamento dei processi patologici citati deve essere effettuato da uno specialista ginecologo-ostetrico della stessa struttura autorizzata in cui verrà compiuta l’interruzione, che può avvalersi della collaborazione di specialisti (art. 7). In ogni caso la scelta di abortire spetta unicamente alla donna.
  • 7. INTERRUZIONE DELLA GRAVIDANZA QUANDO SUSSISTA LA POSSIBILITA’ DI VITA AUTONOMA DEL FETO (art. 7) Ove tale possibilità sussista (età di vita intrauterina intorno ai 180 gg), fermo restando che l’interruzione può essere praticata solo quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna, il medico che esegue l’intervento deve fare tutto il necessario per salvare la vita del feto. Se sussiste una concreta possibilità che il feto viva di vita autonoma, l’interruzione deve essere praticata nel rispetto e nella salvaguardia della vita del nascituro, a differenza dei casi visti in precedenza in cui la finalità che si persegue è la salvaguardia della salute fisica e psichica della donna.
  • 8. INTERRUZIONE VOLONTARIA DELLA GRAVIDANZA IN MINORENNE (art. 12) In caso di volontà di una minorenne ad effettuare l’interruzione, è necessario l’assenso dei entrambi i genitori o di chi esercita sulla giovane la patria potestà o la tutela. La legge prevede che se la minore ritiene di non dover informare i genitori, potrà da sola recarsi o da un medico di fiducia ovvero in un consultorio. Nei primi 90 giorni, quando vi siano “seri motivi” per non informare i genitori o se questi, interpellati, esprimano pareri difformi, il medico rilascia un certificato in cui sono citate la richiesta e le motivazioni della minore e il convinto rifiuto alla prosecuzione della gravidanza. Entro 7 giorni dalla richiesta, il medico trasmette il certificato, corredato di un suo parere, al Giudice Tutelare il quale, entro 5 giorni,sentita la minore, la autorizza a recarsi presso le strutture autorizzate per espletare l’intervento. Oltre i 90 giorni la procedura è identica a quella per le donne maggiorenni.
  • 9. La Corte costituzionale ha precisato che il genitore della minore può non essere interpellato quando, valutate le circostanze del fatto in specie è ragionevole presumere che tale consultazione sia inopportuna nelle circostanze del singolo caso. In conclusione se una minorenne vuole abortire può farlo contro la volontà dei genitori e senza che vi sia un reale pericolo per lei o per il nascituro. Il mancato assenso dei genitori viene sostituito dal Giudice Tutelare che accerta se le intenzioni della donna sono chiare e decise e se tale decisione è presa nel pieno convincimento dell’atto che sta per compiere. Al giudice tutelare non è consentita l’obiezione di coscienza.
  • 10. (art. 13) Se la gestante è interdetta per infermità di mente la richiesta di interruzione volontaria di gravidanza può essere presentata: - dalla donna stessa, sentito il tutore; - dal tutore personalmente, con la conferma della donna, - dal marito non tutore e non legalmente separato, con l’assenso della moglie e il parere del tutore. Il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria o il medico di fiducia deve trasmettere al giudice tutelare, entro 7 giorni dalla presentazione della richiesta, una relazione contenente notizie precise circa la domanda, l’atteggiamento assunto dalla donna, la specie, la gravità dell’infermità di mente nonché il parere del tutore, se espresso. Il Giudice Tutelare sentiti se ritiene opportuno gli interessati, decide, entro 5 giorni l’accoglimento o meno della richiesta. Il provvedimento, che non è soggetto a reclamo, è valido per ottenere in via d’urgenza l’intervento e, se necessario, il ricovero.
  • 11. OBIEZIONE DI COSCIENZA (art.9) Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a rendere parte alle procedure in interruzione quando abbia sollevato obiezione di coscienza. L’obiezione deve essere dichiarata alle autorità competenti e prevede che il medico obiettore è esonerato dal compimento di tutte le procedure e le attività necessariamente e dirette determinare l’interruzione di gravidanza (comprese quelle certificative). L’obiezione non esime il sanitario dal prestare assistenza alla gestante, quando la gravidanza rappresenta un pericolo per la sua vita e la sua salute.
  • 12. Art. 43 codice deontologico (Interruzione volontaria di gravidanza)  Gli atti medici connessi all’interruzione volontaria di gravidanza operati al di fuori dell’ordinamento, sono vietati e costituiscono grave infrazione deontologica tanto più se compiuti a scopo di lucro. L’obiezione di coscienza si esprime nell’ambito e nei limiti dell’ordinamento e non esime il medico dagli obblighi e dai doveri inerenti alla relazione di cura nei confronti della donna.