Presentazione dei principali profili di diritto penale della figura del segretario comunale, con cenni alla responsabilità anti-corruzione ed alla responsabilità amministrativa davanti alla Corte dei conti
Corso segretario comunale - Reati contro la pubblica amministrazione
1. CORSO DI PREPARAZIONE
PER SEGRETARIO COMUNALE
Profili di diritto penale
AVV. FEDERICO FAVA
Bolzano, lì 1 ottobre 2016
2. L’INTERVENTO ODIERNO:
aspetti di natura “repressiva”, con l’analisi delle
principali fattispecie di reato contro la p.a. e della
recente giurisprudenza;
profili di natura “preventiva”, attraverso
l’illustrazione dei c.d. piani anticorruzione;
alcune questioni di natura “interdisciplinare”, con
riferimento alla responsabilità erariale (contabile) e
dirigenziale, in particolare in relazione alla figura del
segretario comunale.
4. LA RIFORMA DELLA
L. 190/2012
Introduzione di nuove fattispecie di reato (art. 319-
quater, art. 346-bis c.p.);
Modifica di fattispecie già esistenti (art. 318, art. 319
c.p., art. 2635 c.c.);
Generalizzato aumento sanzionatorio (anche di
natura accessoria): art. 314, art. 317, art. 319, art. 319-
ter, art. 323 c.p.)
Confisca anche per il profitto (art. 322-ter c.p.)
5. LA RIFORMA DELLA
L. 190/2012 - segue
La c.d. “legge Severino”, oltre alla modifica della
tutela penale della p.a., ha introdotto una serie di
norme in materia di trasparenza dell’attività
amministrativa, conoscibilità dei procedimenti da
parte dei cittadini, verificabilità degli incarichi
dirigenziali ed esterni, in quanto fattori determinanti
per favorire il controllo e la legalità dell’azione
amministrativa.
Ha introdotto l’obbligo dei piani anticorruzione.
6. LA “MINI-RIFORMA” DELLA
L. 69/2015
Ha previsto un generalizzato aumento sanzionatorio
dei reati dei pubblici ufficiali contro la p.a. (art. 314,
art. 317, artt. 318, 319, 319-ter c.p., art. 319-quater c.p.)
Ha introdotto una inedita riparazione pecuniaria (art.
322-quater c.p.) per i reati di cui sopra consistente
nel pagamento di una somma pari a quanto
indebitamente ricevuto
7. LA “MINI-RIFORMA” DELLA
L. 69/2015 – segue
Ha introdotto all’art. 323-bis c.p., co. 2 la nuova
circostanza attenuante della “collaborazione” (pena
diminuita da un terzo a due terzi - effetto speciale) per
chi si sia adoperato per evitare che l’attività
delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per
assicurare prove dei reati e l’individuazione degli altri
responsabili ovvero per il sequestro di somme o altre
utilità trasferite
8. LA “MINI-RIFORMA” DELLA
L. 69/2015 – segue
Sul piano processuale ha subordinato il
“patteggiamento” (nuovo co. 1-ter dell’art. 444
c.p.p.) per i reati di cui agli artt. 314, 317, 318, 319, 319-
ter, 319-quater e 322-bis c.p. alla restituzione integrale
del prezzo o del profitto del reato.
9. LE RIFORME DEL 2012
E DEL 2015
L’aumento, per molti reati, della pena minima a
quattro o a sei anni di reclusione comporta che per
raggiungere una pena nei limiti della sospensione
condizionale sarà necessario il riconoscimento di due
circostanze attenuanti o, in alternativa, di una
circostanza attenuante e della riduzione per un rito
alternativo (patteggiamento o abbreviato).
10. LE RIFORME DEL 2012
E DEL 2015 – segue
L’aumento delle pene massime comporta anche
l’aumento del tempo necessario per la prescrizione:
nel nostro sistema, dopo la L. 251/2005, il tempo
necessario a prescrivere è pari a quello della pena
massima prevista per il reato (art. 157 c.p.), salvo
sospensioni (art. 159 c.p.) e interruzioni (art. 160
c.p.).
11. I REATI DEI PUBBLICI
UFFICIALI CONTRO LA P.A.
Beni giuridici tutelati
Imparzialità e buon andamento della p.a. (art. 97
Cost.);
Patrimonio della p.a. (es: art. 314 c.p.);
Libertà morale e patrimonio del privato (es: art. 317
c.p.)
12. I REATI CONTRO LA P.A.:
LE QUALIFICHE SOGGETTIVE
I reati (dei pubblici ufficiali) contro la p.a. sono reati
propri.
Essi non possono essere commessi da chiunque, ma
soltanto da chi possieda una particolare qualifica
soggettiva.
Nel caso che ci occupa: pubblico ufficiale e incaricato
di un pubblico servizio.
13. I REATI CONTRO LA P.A.:
IL CONCORSO
DELL’ESTRANEO
Nei reati propri è possibile il concorso ex artt. 110, 117
c.p. dell’estraneo, cioè di chi non sia in possesso
della qualifica soggettiva.
L’estraneo risponderà dello stesso titolo di reato di
chi possiede la qualifica soggettiva.
14. I REATI CONTRO LA P.A.:
REATI A CONCORSO
NECESSARIO
Ci sono alcuni reati per cui si richiede la condotta di
(almeno) due o più agenti: sono i c.d. reati a concorso
necessario (es.: art. 416 c.p.);
Si pensi ai delitti di corruzione (artt. 318, 319, 321 c.p.) in
cui sono puniti corrotto e corruttore;
In taluni casi, il concorso necessario prevede però la
punizione soltanto di un concorrente, essendo l’altro
soggetto una vittima del reato: si pensi alla concussione
ex art. 317 c.p.;
In altri casi, infine, vi è una punizione “asimmetrica”: si
pensi all’art. 319-quater c.p.
15. PUBBLICO UFFICIALE
(ART. 357 C.P.)
[I] Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali
coloro i quali esercitano una pubblica funzione
legislativa, giudiziaria o amministrativa.
[II] Agli stessi effetti è pubblica la funzione
amministrativa disciplinata da norme di diritto
pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla
formazione e dalla manifestazione della volontà
della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi
per mezzo di poteri autoritativi o certificativi
16. INCARICATO DI UN PUBBLICO
SERVIZIO (ART. 358 C.P.)
[I] Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un
pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo,
prestano un pubblico servizio.
[II] Per pubblico servizio deve intendersi un’attività
disciplinata nelle stesse forme della pubblica
funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei
poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello
svolgimento di semplici mansioni di ordine e della
prestazione di opera meramente materiale.
17. FOCUS SUL PUBBLICO
UFFICIALE
La qualifica soggettiva è ispirata ad una concezione
oggettiva della pubblica funzione;
La qualifica soggettiva di pubblico ufficiale prescinde
dal rapporto di pubblico impiego;
Si considera pubblico ufficiale anche il c.d.
funzionario di fatto, ovvero colui che svolga in
maniera costante una pubblica funzione pur senza
aver ricevuto formale investitura
18. FOCUS SUL PUBBLICO
UFFICIALE
Casistica - I
Per quanto riguarda le società di diritto privato a
partecipazione pubblica la S.C. ha affermato la
qualifica soggettiva per i soggetti inseriti nella
struttura organizzativa quando l'attività della società
medesima sia disciplinata da una normativa
pubblicistica e persegua finalità pubbliche, pur se con
gli strumenti privatistici (Cass. pen., VI, 45908/2013);
Quanto precede vale anche per le società in-house,
in cui la partecipazione pubblica è totalitaria
(sentenza Teckal – Corte di Giust. UE).
19. FOCUS SUL PUBBLICO
UFFICIALE
Casistica - II
È stato ritenuto pubblico ufficiale anche il
componente di una commissione di collaudo di
un’opera pubblica, in quanto egli svolge un’attività
certificativa nell’interesse e sotto il controllo di un
ente pubblico (Cass. pen., II, 9053/2014).
20. IL SEGRETARIO
COMUNALE
Non vi sono dubbi che, nell’esercizio delle sue
funzioni, il segretario comunale sia pubblico ufficiale
e quindi, in linea di principio, soggetto attivo di tutti i
reati dei p.u. contro la pubblica amministrazione;
Può essere chiamato a rispondere come
responsabile anticorruzione (così come individuato
dall’art. 1, co. 7 L. 190/2012)
21. PECULATO (art. 314 c.p.)
[I] Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico
servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o
servizio il possesso o comunque la disponibilità di
denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria,
è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e
sei mesi.
[II] Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre
anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di
fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo
l'uso momentaneo, è stata immediatamente
restituita.
22. QUESTIONI CONTROVERSE:
IL PECULATO “TELEFONICO”
Si è verificato un contrasto interpretativo in
Cassazione sull’inquadramento del fenomeno:
-Peculato
-Peculato d’uso (art. 314, co. 2 c.p.)
-Abuso d’ufficio (art. 323 c.p.)
-Truffa aggravata ai danni dell’ente (art. 640-bis c.p.)
-Irrilevanza penale
23. La soluzione della Cassazione:
CASS. PEN., SEZ. UN., 19 DICEMBRE 2012, N. 19054
“la condotta del pubblico agente che, utilizzando
illegittimamente per fini personali il telefono
assegnatogli per ragioni di ufficio, produce un
apprezzabile danno al patrimonio della pubblica
amministrazione o di terzi o una concreta lesione alla
funzionalità dell’ufficio, è sussumibile nel delitto di
peculato d'uso di cui all'art. 314, comma secondo, cod.
pen.”
24. PECULATO E AUTO DI
SERVIZIO
L’uso temporaneo dell’auto di servizio per finalità non
istituzionali non integra il reato, nemmeno di peculato
d’uso, se non arreca un concreto danno all’ente ed alla
sua attività funzionale, in quanto episodico e
occasionale (Cass. pen., II, 7971/2013).
25. LO “SPACCHETTAMENTO”
DELLA CONCUSSIONE
(L. 190/2012)
In precedenza vi era un’unica fattispecie (art. 317
c.p.), che prevedeva un’unica pena per le ipotesi di
costrizione e di induzione da parte del pubblico
ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, i
quali – abusando delle loro qualità o dei loro poteri –
si facevano dare o promettere denaro o altro utilità.
Tale fattispecie è stata criticata a livello
internazionale, per l’impunità che veniva garantita al
“privato”, spesso – di fatto – complice del p.u.
26. CONCUSSIONE (ART. 317 C.P.)
Il pubblico ufficiale o l’incarico di un pubblico servizio
che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri,
costringe taluno a dare o a promettere
indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra
utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
CON LA L. 190/2012:
RESTA SOLO LA CONDOTTA COSTRITTIVA
VIENE AUMENTATA LA PENA MINIMA (6 ANNI)
VIENE RE-INTRODOTTO L’I.P.S. (L. 69/2015)
27. INDUZIONE INDEBITA A DARE O
PROMETTERE UTILITA’
(ART. 319-QUATER C.P.)
[I] Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il
pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio
che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri,
induce taluno a dare o a promettere indebitamente,
a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con
la reclusione da sei anni a dieci anni e sei mesi.
[II] Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o
promette denaro o altra utilità è punito con la
reclusione fino a tre anni.
28. Le novità del reato di
“induzione indebita”
-Residua soltanto la condotta induttiva
-La pena, inizialmente diminuita (da tre ad otto anni)
rispetto alla concussione, è stata ora aumentata (L.
69/2015) da sei anni a dieci anni e sei mesi;
-Ciò comporta un nuovo aumento dei termini di
prescrizione;
-Viene prevista per la prima volta la punibilità del privato
che dà o promette (anche se con pena inferiore); la
finalità è quella di incentivare comportamenti di resistenza
attiva nei confronti di tali fenomeni
29. Il contrasto interpretativo in
Cassazione sui due nuovi reati
Ad appena sei (!) mesi dall’entrata in vigore della
nuova normativa (L. 190/2012) si è verificato un
contrasto in Cassazione (con ben tre diversi
orientamenti) sull’interpretazione delle due nuove
fattispecie “spacchettate” della concussione.
La questione è stata rimessa alle Sezioni Unite,
chiamate a tracciare la linea di demarcazione tra la
fattispecie di concussione e quella, nuova, di
induzione indebita, soprattutto con riferimento alle
condotte di costrizione e di induzione.
30. La soluzione della Cassazione:
CASS. PEN., SEZ. UN., 24 OTTOBRE 2013, N. 12228
LA NUOVA “CONCUSSIONE” (ART. 317 C.P.):
“… viene attuata mediante violenza o, più di
frequente, minaccia, esplicita o implicita, di un danno
contra ius, da cui deriva una grave limitazione, senza
tuttavia annullarla del tutto, della libertà di
autodeterminazione del destinatario, che, senza alcun
vantaggio indebito per sé, è posto di fronte
all’alternativa secca di subire il male prospettato o di
evitarlo con la dazione/promessa dell’indebito”
31. La soluzione della Cassazione:
CASS. PEN., SEZ. UN., 24 OTTOBRE 2013, N. 12228
LA NUOVA “INDUZIONE INDEBITA”
(ART. 319-QUATER C.P.)
“… [consiste in] una condotta di persuasione, di
suggestione, di inganno…, di pressione morale, con
più tenue valore condizionante la libertà di
autodeterminazione del destinatario, il quale,
disponendo di più ampi margini decisionali, finisce per
prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione
non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di
conseguire un indebito tornaconto personale, il che lo
pone in una posizione di complicità col pubbl. agente”
32. CORRUZIONE PER
L’ESERCIZIO DELLA FUNZIONE
(ART. 318 C.P.)
Il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue
funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé
o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la
promessa è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Il reato è stato completamente riformulato dopo la
L. 190/2012 (e la pena è stata aumentata dalla L.
69/2015)
33. CORRUZIONE PER ESERCIZIO
DELLA FUNZIONE (segue)
Cancella la distinzione fra corruzione antecedente e
susseguente;
È sempre punibile anche il privato corruttore (art. 321
c.p.);
Dopo la riforma è venuto meno ogni riferimento
all’“atto”, restando ora invece alla “funzione”: non
servirà più individuare l’atto commesso dal p.u. o i.p.s.: si
vuole evitare l’asservimento della funzione ad interessi
privati;
L’accordo corruttivo impegna il p.u. a compiere od
omettere una serie indeterminata di atti.
34. LA NOZIONE DI
“ALTRA UTILITÀ”
La giurisprudenza ricomprende ogni tipo di
vantaggio, anche non patrimoniale: es., le
prestazioni sessuali (Cass. pen., VI, 9528/2009);
Il codice di comportamento p.a. (D.P.R. 62/2013):
vietato chiedere/accettare regali, compensi o altre
utilità, salvo quelli d’uso di modico valore (non
superiore a 150 euro), anche sotto forma di sconto. I
regali e le altre utilità comunque ricevuti sono
immediatamente messi a disposizione
dell’Amministrazione.
35. CORRUZIONE PER ATTO
CONTRARIO AI DOVERI
D’UFFICIO (ART. 319 C.P.)
Il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per
aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero
per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai
doveri d’ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro
ad altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con
la reclusione da sei a dieci anni.
36. CORRUZIONE PER ATTO
CONTRARIO AI DOVERI
D’UFFICIO (segue)
Si tratta della c.d. corruzione propria;
Il c.d. “atto contrario” non solo viola un obbligo
specifico del pubblico agente, ma anche l’obbligo
generico di fedeltà, obbedienza, segretezza,
imparzialità, onestà, vigilanza dello stesso, con
esclusione però dell’atto contrario al solo dovere di
correttezza
37. CORRUZIONE PER ATTO
CONTRARIO AI DOVERI
D’UFFICIO (segue)
Vi è da segnalare un contrasto giurisprudenziale sul
c.d. asservimento della funzione:
A) Rientra nell’ipotesi più grave dell’art. 319 c.p. e non
nell’art. 319 c.p. (Cass. pen., VI, 9883/2014);
B) Dopo la riforma del 2012 rientra nell’ipotesi più
lieve dell’art. 318 c.p. (Cass. pen., sez. VI,
49226/2014)
38. CORRUZIONE PER ATTO
CONTRARIO AI DOVERI
D’UFFICIO (segue)
Gli atti discrezionali:
l’art. 319 c.p. sanziona anche “l’uso distorto della
discrezionalità amministrativa” in quanto
l’imparziale comparazione degli interessi è sviata
dalla percezione di un indebito compenso finalizzato
ad un determinato esito (Cass. pen., VI, 23354/2014)
39. IL “CORRUTTORE”
L’art. 321 c.p. assoggetta alle stesse pene del p.u. o
dell’i.p.s. anche il corruttore – fra gli altri – nei reati di
cui agli artt. 318 e 319 c.p.
L’art. 322, co. 1 e 2 c.p. punisce la istigazione alla
corruzione, con pene ridotte di un terzo rispetto alle
ipotesi degli artt. 318 e 319 c.p.;
L’art. 322, co. 3 e 4 c.p. punisce anche il p.u. o l’i.p.s.
che sollecita la dazione di denaro o altra utilità.
40. LA CONFISCA (ART. 322-
TER C.P.)
In caso di condanna, anche “patteggiata”, per i delitti
previsti dagli artt. 314-320 c.p.;
Confisca “diretta” (v. anche art. 240 c.p.) del profitto
o del prezzo;
Confisca “per equivalente” ovvero di “beni, di cui il
reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente
al prezzo o al profitto”
41. “prezzo” e “profitto” del
reato
Secondo le Sezioni Unite della S.C.:
“il profitto […] dev’essere identificato col vantaggio
economico ricavato in via immediata e diretta dal
reato… si contrappone al prezzo del reato… [che] va
individuato nel compenso dato o promesso… come
corrispettivo dell’esecuzione dell’illecito”.
(Cass. pen., S.U., 38691/2009)
42. ULTERIORI PROFILI
SANZIONATORI
IN CASO DI CONDANNA PER TALUNI GRAVI REATI
-Art. 317-bis c.p.: interdizione perpetua dai pubblici uffici
(condanna per artt. 314, 317, 319 e 319-quater c.p.),
temporanea soltanto se la pena irrogata sia inferiore a tre
anni di reclusione;
-Obbligo di comunicazione del decreto che dispone il
giudizio all’amm.ne di appartenenza (art. 133 disp. att.
c.p.p.);
-Licenziamento disciplinare in caso di condanna non
inferiore a tre anni;
-Estinzione del rapporto di lavoro o di impiego in caso di
condanna superiore a due anni per determinati reati (art.
32-quinquies c.p.)
43. Gli effetti in caso di condanna
anche non definitiva
In caso di rinvio a giudizio per peculato,
concussione, corruzione, induzione indebita è
previsto il trasferimento ad ufficio diverso ed anche
al trasferimento di sede (art. 3 L. 97/01).
L’art. 35-bis D. Lgs. 165/01 prevede delle
incompatibilità per il condannato non definitivo per
tutti i reati (artt. 314 – 335-bis c.p.): impossibilità a
partecipare a commissioni d’esame, per la scelta del
contraente o ad uffici preposti alla gestione di
risorse finanziarie.
44. ABUSO D’UFFICIO
(ART. 323 C.P.)
[I] Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il
pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che,
nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in
violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero
omettendo di astenersi in presenza di un interesse
proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi
prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un
ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un
danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a
quattro anni.
[II] La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il
danno hanno un carattere di rilevante gravità.
45. ABUSO D’UFFICIO (segue)
È una norma sussidiaria (o residuale), in quanto si
applica solo se il fatto non costituisce più grave
reato;
È un reato spesso contestato, ma di difficile
accertamento;
È un reato a forma vincolata, che prevede un evento
e la c.d. “doppia ingiustizia”;
Prevede, fra l’altro, il dolo intenzionale e dunque
esclude la possibilità del c.d. dolo eventuale (l’evento
del reato dev’essere intenzionalmente perseguito dal
p.u.).
46. FOCUS: LE RIFORME
DELL’ART. 323 C.P.
Vi sono state due riforme: L. 86/1990 e L. 234/1997;
Si è dunque passati:
- da un reato di condotta, di pericolo e a dolo specifico;
- ad un reato di danno, di evento e a dolo intenzionale;
Particolare attenzione merita la complessa condotta
vincolata (in precedenza la norma puniva chi “…
abusando del suo ufficio”).
47. LA FINALITÀ DELLE RIFORME
1990-1997
A) garantire la separazione dei poteri e scongiurare
ingerenze del potere giudiziario nell’esercizio della
discrezionalità amministrativa;
B) escludere il sindacato (del giudice penale)
sull’eccesso di potere;
C) garantire un recupero di tassatività: oggi si parla
di violazione di leggi/regolamenti ovvero di aver
omesso di astenersi in presenza di un interesse
proprio; in precedenza abusando del suo ufficio
48. LE RIFORME DEL 2012
E DEL 2015
La L. 190/2012 non ha modificato la fattispecie,
prevedendo soltanto un aumento sanzionatorio
(pena da uno a quattro anni);
Per effetto della modifica, sono applicabili misure
cautelari personali (art. 280 c.p.p.);
Non applicabile, per effetto della L. 94/2013 la
custodia cautelare in carcere;
Nessuna modifica dalla L. 69/2015.
49. LA “VIOLAZIONE DI LEGGE”
Uno della più rilevanti modifiche della L. 234/1997 è
stata l’introduzione della necessità della violazione di
legge o regolamento;
Con questo si voleva escludere il sindacato del
giudice penale sull’eccesso di potere e, allo stesso
tempo, rendere la norma più tassativa;
Persiste un orientamento della S.C. (minoritario, ma
presente) che riconosce nella violazione di legge
anche la lesione del canone di imparzialità e buon
andamento ex art. 97 Cost. (Cass. pen., VI,
37373/2014).
50. OMISSIONE/RIFIUTO ATTI
D’UFFICIO (ART. 328 C.P.)
[I] Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio,
che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per
ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine
pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza
ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
[II] Fuori dei casi previsti dal primo comma il pubblico
ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro
trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non
compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le
ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un
anno o con la multa fino a 1.032 euro. Tale richiesta deve
essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni
decorre dalla ricezione della richiesta stessa.
51. OMISSIONE/RIFIUTO ATTI
D’UFFICIO
(segue)
La norma contiene due fattispecie diverse:
Ritardo (I comma – per le ragioni indicate: giustizia,
sicurezza pubblica, etc.; l’atto dev’essere compiuto
“senza ritardo”): l’atto dev’essere indifferibile e
doveroso, l’urgenza può derivare anche da presupposti
oggettivi che richiedono l’intervento e l’adozione dello
stesso in caso di urgenza sostanziale:
es., il sindaco che non si attiva per eliminare la condizione
di pericolo su una strada comunale (Cass. pen., VI,
33235/2013)
52. OMISSIONE/RIFIUTO ATTI
D’UFFICIO (segue)
Omissione (II comma – dev’essere solo “un atto del
suo ufficio”; l’atto può essere compiuto nel termine
di 30 giorni o devono essere esposte le ragioni del
ritardo): dev’esserci una diffida, una messa in mora
scritta, che deve provenire da chi abbia un interesse
qualificato (cfr. art. 22, co. 1 lett. B L. 241/1990); il
termine di 30 giorni scatta solo una volta esaurito il
termine procedimentale previsto per l’adozione di
quell’atto.
53. OMISSIONE ATTI D’UFFICIO
(casistica giurisprudenziale)
“In tema il delitto di omissioni di atti d'ufficio, il formarsi
del silenzio-rifiuto alla scadenza dei trenta giorni dalla
richiesta del privato costituisce un inadempimento
integrante la condotta omissiva richiesta per la
configurazione della fattispecie incriminatrice, a nulla
rilevando eventuali possibilità di tutela in sede
amministrativa, posto che la fattispecie in questione
incrimina non tanto l'omissione dell'atto richiesto,
quanto la mancata indicazione delle ragioni del ritardo
entro i trenta giorni dall'istanza di chi via abbia
interesse”
(Cass. pen., VI, 42610/2015)
54. OMISSIONE ATTI D’UFFICIO
(casistica giurisprudenziale)
“È configurabile il reato di omissione d'atti d'ufficio, previsto
dall'art. 328, comma secondo, cod. pen., nei confronti del
dirigente dell'unità amministrativa che, a seguito della
ricezione di una diffida indirizzata impersonalmente al suo
ufficio, ometta di fornire qualunque risposta oltre il termine di
trenta giorni, quando non è stato individuato il responsabile
del procedimento, posto che, a norma dell'art. 5, comma
secondo, della legge n. 241 del 1990, il dirigente rimane
responsabile dell'azione della P.A. nei confronti del privato
finché non sia stata effettuata la nomina nei confronti del
privato finché non sia stata effettuata la nomina del
responsabile del procedimento.”
(Cass. pen, VI, 38905/2015)
55. TURBATA LIBERTÀ DEGLI INCANTI
O DEL PROCEDIMENTO DI SCELTA DEL
CONTRAENTE
Art. 353 c.p. (rinvio, v.): è un reato comune, tuttavia
è possibile anche il concorso dell’extraneus
funzionario pubblico (Cass. pen., VI, 46039/2012);
Art. 353-bis c.p. (rinvio, v.): sanziona le condotte di
turbamento (specificamente indicate) del
procedimento amministrativo diretto a stabilire il
contenuto del bando ovvero di altro atto
equipollente, al fine di condizionarne le modalità di
scelta del contraente da parte della pubblica
amministrazione (Cass. pen., VI, 26840/2015).
56. I PIANI TRIENNALI PER LA
PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE (I)
Sono stati introdotti, sull’esempio dei “modelli” in
materia di responsabilità degli enti (D. Lgs.
231/2001), dall’art. 1, co. 5 ss. L. 190/2012;
Determinano una responsabilità “di posizione” del
responsabile anticorruzione, a meno che non provi
di aver adottato il piano e di aver vigilato sullo
stesso (v. infra);
Devono essere adottati dai comuni: la legge (art. 1,
co. 7 L. 190/2012) individua nel segretario comunale il
responsabile anticorruzione.
57. I PIANI TRIENNALI PER LA
PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE (II)
I comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti
possono aggregarsi per definire in comune, tramite
accordi ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto
1990, n. 241, il piano triennale per la prevenzione
della corruzione, secondo le indicazioni contenute
nel Piano nazionale anticorruzione (art. 1, co. 6 L.
190/2012)
58. LA RESPONSABILTÀ ERARIALE
Il danno “da tangente” ed il danno
all’immagine davanti alla Corte dei conti
IL DANNO PATRIMONIALE “DA TANGENTE”
Esso consiste – ad es. – nei maggiori costi sostenuti dalla
p.a. per aggiudicare appalti “truccati”, nei minori introiti
fiscali derivanti da omessi accertamenti tributari, etc. (a
partire da Corte conti, sez. giurisd. Lombardia, 18
febbraio 1995, n. 136, giurisprudenza costante); in
precedenza, veniva qualificato, in via presuntiva (ed
indicativa), in un importo pari a quello della “mazzetta”,
anche se in seguito si è andato affermando il criterio del
doppio (così anche in molti piani anticorruzione).
59. LA RESPONSABILTÀ ERARIALE
Il danno “da tangente” ed il danno
all’immagine davanti alla Corte dei conti
IL DANNO NON PATRIMONIALE ALL’IMMAGINE
Il danno da lesione dell’immagine della p.a. (di natura non patrimoniale):
è il danno patito dalla p.a. a seguito di condotte illecite dei propri
dipendenti in situazioni legate allo svolgimento di compiti di servizio.
Secondo la giurisprudenza contabile:
«Il danno all’immagine è un danno pubblico in sé, indipendentemente dai
costi del ripristino, in quanto la lesione del buon andamento e del prestigio
della p.a. che, per la condotta illecita del dipendente, perde credibilità ed
affidabilità all’esterno, ingenerandosi la convinzione che i comportamenti
patologici posti in essere dai suoi dipendenti siano un connotato usuale
dell’azione dell’ente» (Corte conti, sez. I, 26 giugno 2008, n. 272);
Può essere quantificato anche in via equitativa e preteso a seguito di
sentenza di patteggiamento (Corte conti, sez. II, 9 maggio 2011, n. 193).
60. Il danno all’immagine nel
c.d. lodo “Bernardo” del 2009
Tale istituto è stato profondamente riformato con il c.d. lodo
“BERNARDO” del 2009 (art. 17, co. 30-ter D.L. 1 luglio 2009, n. 78,
conv. in L. 3 agosto 2009, n. 102), che ha introdotto un duplice
ordine di limiti alla possibilità per la Corte dei conti di
contestare il danno all’immagine:
commissione di un reato incluso nel capo I, titolo II del codice
penale (da art. 314 ad art. 335-bis c.p.);
accertamento della commissione del reato con sentenza
irrevocabile.
Tale normativa è stata fortemente criticata in dottrina e
giurisprudenza e financo tacciata di illegittimità costituzionale
(ma la Consulta ha ritenuto la questione non fondata: Corte
cost., 1 dicembre 2010, n. 355).
61. Il danno all’immagine
nei piani anticorruzione
Il danno all’immagine viene recepito dai piani
anticorruzione ed è così definito: «l’entità del danno
all’immagine della pubblica amministrazione
derivante dalla commissione di un reato contro la
stessa pubblica amministrazione accertato con
sentenza passata in giudicato si presume, salvo prova
contraria, pari al doppio della somma di denaro o del
valore patrimoniale di altra utilità illecitamente
percepita dal dipendente».
Da notare che, in ossequio al lodo “BERNARDO”, è
richiesta comunque la sentenza passata in giudicato.
62. Quali responsabilità per i dirigenti
ed in particolare per i Responsabili
della prevenzione della corruzione
Per i dirigenti, l’art. 13 D.P.R. 62/2013 (Codice di
comportamento) prevede, fra gli altri compiti:
-la vigilanza e la denuncia degli illeciti (anche
disciplinari);
-la valutazione sul personale;
-la vigilanza sulla ripartizione del lavoro, etc.
63. Quali responsabilità per i dirigenti
ed in particolare per i Responsabili
della prevenzione della corruzione
La responsabilità del dirigente sarà ancor più penetrante ove egli rivesta il ruolo di
responsabile della prevenzione della corruzione.
Sul dirigente graverà in ogni caso il generale obbligo di denuncia ex artt. 361 e 362
c.p. (= il dirigente dovrà denunciare ogni illecito di cui venga a conoscenza).
Si fa strada anche una (pericolosa) interpretazione, secondo cui ove un determinato
accadimento delittuoso dovesse essere causato o agevolato da una omessa
predisposizione delle misure preventive obbligatorie o da una omessa vigilanza,
potrebbe essere prospettabile la fattispecie di cui all’art. 40, co. 2 c.p. (anche se
dovranno essere rigorosamente accertati tutti i presupposti oggettivi, quali ad es. il
nesso di causalità, e soggettivi, sub specie di dolo).
In quest’ultimo senso, vi è una copiosa giurisprudenza sull’omessa vigilanza
dell’amministratore di diritto per i fatti commessi da altri soggetti (amministratori
di fatto, sottoposti, etc.) nell’ambito della gestione societaria (ad es. per fatti di
bancarotta): Cass. pen., sez. V, 11 aprile 2012, n. 25432).
64. L’ART. 1, CO. 12 L. 190/2012
«In caso di commissione, all'interno dell'amministrazione, di
un reato di corruzione accertato con sentenza passata in
giudicato, il responsabile individuato ai sensi del comma 7
del presente articolo risponde ai sensi dell’art. 21 D. Lgs.
165/2001, e successive modificazioni, nonché sul piano
disciplinare, oltre che per il danno erariale e all'immagine
della pubblica amministrazione, salvo che provi tutte le
seguenti circostanze:
a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto,
il piano di cui al comma 5 e di aver osservato le prescrizioni
di cui ai commi 9 e 10 del presente articolo;
b) di aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del
piano».
65. Alcune questioni sulla
responsabilità del
responsabile prev. corruzione
-Si tratta di una responsabilità assimilabile a quella
prevista dal D. Lgs. 231/2001, in cui rileva la
predisposizione di un modello organizzativo
finalizzato a prevenire reati;
-Pare una responsabilità per fatto altrui, in quanto
tale vietata anche dall’art. 1 L. 20/1994 (Corte dei
conti), che prevede la responsabilità personale;
-Viene ricostruita sulla base di una responsabilità da
omesso controllo.