1. Il sistema visivo umano
1. CARATTERIZZAZIONE DELLE IMMAGINI
La luce che vediamo è solo una minima parte di tutto lo spettro di frequenze possibili e anche in
questo caso, i colori che percepiamo non sono altro che la somma di lunghezze d’onda differenti. Il
nostro occhio è principalmente sensibile a tre colori in particolare: blu, verde e rosso,
rispettivamente con lunghezza d’onda 445nm, 535nm e 575nm. La percezione degli altri colori,
dunque, è solamente dovuta alla variazione della lunghezza d’onda.
Le immagini possono essere caratterizzate come una distribuzione bidimensionale di intensità 𝑓𝑓 =
𝑓𝑓(𝑥𝑥, 𝑦𝑦), dove 𝑓𝑓 è la radianza, definita come 𝐸𝐸 = 𝑑𝑑𝑑𝑑 𝑑𝑑𝑑𝑑⁄ .
È inoltre possibile distinguere tra due classi di parametri: le grandezze radiometriche e le
grandezze fotometriche. Nel primo caso si caratterizza il fenomeno fisico vero e proprio mentre
nel secondo caso si caratterizza l’immagine percepita dall’occhio o dal sensore.
Grandezze radiometriche
Irraggiamento Energia per unità di area del ricevitore
Emettenza Energia per unità di area della sorgente
Intensità Energia irradiata per angolo solido
Radianza
Energia irradiata per angolo solido e superficie
proiettata
Le une possono essere collegate alle altre attraverso la
“funzione luminosità”: essa rappresenta la risposta
dell’occhio umano in presenza di diverse lunghezze d’onda.
La funzione è ottenuta considerando due sorgenti luminose,
una di intensità nota, l’altra di differente lunghezza d’onda;
questa viene variata finché non viene percepita la
stessa intensità luminosa per le due sorgenti.
2. Tandoi Antonio – Tratto dalle slide di Image Processing
2. STRUTTURA DELL’OCCHIO UMANO
La forma dell’occhio umano è paragonabile a quella di una sfera dal diametro di 20mm. Lo strato
esterno è composto da cornea e sclera; lo strato intermedio presenta il corpo cigliare, la
coroide e l’iride che funziona come un diaframma e dunque di espande o contrae per regolare la
quantità di luce entrante nell’occhio; il corpo centrale è la pupilla, con un diametro che varia tra i
2mm e gli 8mm ed è circondata dalle lenti, una sostanza grasso-acquosa che assorbe circa l’8% della
luce incidente. La radiazione infrarossa e ultravioletta è completamente assorbita, invece, e questo
può provocare gravi danni all’occhio.
Infine, troviamo la retina. Quando un oggetto entra nel fuoco delle lenti, la sua immagine è
proiettata nella retina in modo che la luce entrante venga convertita in segnali elettrici che vengono
portati al cervello attraverso i nervi ottici.
I fotorecettori sono di tre tipi: bastoncelli, coni e gangli; questi ultimi trasmettono al cervello
tutta l’informazione visiva ricevuta, che essa formi o non formi un’immagine.
I coni (circa 6.5 milioni per occhio) si concentrano principalmente nella zona centrale della retina,
detta fovea, un’area di circa 1.5mm, e si attivano principalmente in condizioni di alta luminosità
motivo per cui sono responsabili della visione diurna o fotopica. A partire dalla fovea, i coni
diventano sempre meno presenti per lasciar spazio ai bastoncelli.
3. Tandoi Antonio – Tratto dalle slide di Image Processing
La percezione del colore blu è minore rispetto a quella del rosso o del verde perché i coni
del blu si trovano all’esterno della fovea, mentre all’interno quelli del rosso e verde sono molto più
fitti. Si ha, dunque, un’aberrazione cromatica perché l’indice di rifrazione del blu è diverso
da quello degli altri due colori e quindi va fuori fuoco.
I bastoncelli sono insensibili al colore e sono molto più numerosi di coni (circa 75/100 milioni per
occhio) e sono responsabili della visione notturna o scotopica. Essi, al contrario dei coni, sono
connessi a un singolo nervo ottico per questo l’immagine che producono è molto povera e di bassa
risoluzione.
La mancanza di recettori in presenza del nervo ottico dà luogo a un punto cieco, tuttavia il
continuo movimento dell’occhio evita la mancanza di percezione in quest’area.
Un’immagine viene “campionata” dall’occhio in due fasi: innanzitutto bastoncelli e coni trasducono
la luce in un segnale elettrochimico e poi i gangli lavorano sull’immagine prodotta dai recettori.
4. Tandoi Antonio – Tratto dalle slide di Image Processing
Il colore non è una proprietà della radiazione elettromagnetica ma una caratteristica ottica percepita
dall’osservatore. La percezione del colore, infatti, è soggettiva, in base a come il cervello risponde
agli stimoli luminosi.
L'effetto Purkinje rappresenta la
tendenza dell'occhio umano a percepire
diversamente i colori in relazione alla
quantità di luce presente nell'ambiente. In
particolare in condizioni di forte
luminosità si tende a distinguere
maggiormente le tonalità di rosso
mentre al contrario con scarsa
luminosità è il blu che prevale.
Il metamerismo consiste nella possibilità di ottenere un effetto ottico tale che l'occhio percepisca
la stessa sensazione di colore in presenza di
luce con distribuzione spettrale diversa dal
colore puro in questione. Si tratta di un'illusione
ottica basata sulla natura dell'interpretazione del
colore da parte dell'occhio umano. Un esempio è il
bianco di una lampada fluorescente formato da
spettri non uniformi; in questo caso la temperatura
di colore che si trova sulle confezioni è la temperatura
a cui deve essere un corpo nero perché l'occhio umano
percepisca la stessa sensazione di colore.
Secondo la teoria Retinex, sia l’occhio che il cervello sono coinvolti nella percezione del colore. Ciò,
quindi, ha fatto pensare che il colore sia una proprietà dell’occhio piuttosto che del mondo che ci
circonda. Questo problema è alla base della “costanza del colore”, dove in diverse condizioni di
illuminazione, il colore resta sempre lo stesso. Esistono due spiegazioni per questo fenomeno:
• contrasto spaziale: qui viene fatta una comparazione tra la luce rossa riflessa da un oggetto
con la luce rossa riflessa dalle superfici circostanti (lo stesso per il blu e il verde)
5. Tandoi Antonio – Tratto dalle slide di Image Processing
• color memory: se un particolare oggetto viene riconosciuto come un oggetto di cui sappiamo
le caratteristiche (forma, consistenza, colore…) allora automaticamente associeremo quel
colore a quell’oggetto
Un’errata percezione del colore è associata a un problema di dicromatopsia,
come il daltonismo. La dicromatopsia può presentarsi in tre forme: protanopia
(mancanza di coni rossi funzionanti), deuteranopia (mancanza di coni verdi
funzionanti) e tritanopia (mancanza di coni blu funzionanti)
La luminosità soggettiva è una funzione logaritmica
dell’intensità della luce incidente sull’occhio. È importante
precisare che l’occhio non può discriminare
contemporaneamente tutti i range possibili, ma solo una
quota parte di essi.
Se l’occhio, in certe condizioni ambientali, è a un certo livello
di adattamento 𝐵𝐵𝑎𝑎, allora il numero di livelli che può
discriminare è compreso in un range fino a 𝐵𝐵𝑏𝑏, soglia al di sotto
del quale non viene recepito alcuno stimolo. Superata la soglia
𝐵𝐵𝑎𝑎, allora si passa a un diverso range di discriminazione di
luminosità.
La capacità di discriminare
diversi livelli di luminosità dell’occhio umano è misurata attraverso
l’indice di Weber. Se una certa area uniformemente illuminata ha
intensità 𝐼𝐼, un cambiamento di intensità è misurato con una
variazione ∆𝐼𝐼. Il rapporto ∆𝐼𝐼
𝐼𝐼� è detto indice di Weber: un basso
valore di questo indice significa che solo una piccola
variazione di intensità è discriminabile, viceversa il contrario.
Anche il contesto in cui si trova l’oggetto focalizzato contribuisce a modificarne la percezione del
colore.
Formalmente, è stata creata una vera e propria teoria per poter spiegare la diversa percezione del
colore, specialmente in casi di illusioni ottiche. La formulazione, ideata da Kirschmann, presenta i
seguenti punti:
• più piccola è l’area considerata, più intenso è l’effetto
6. Tandoi Antonio – Tratto dalle slide di Image Processing
• esiste un piccolo spazio vuoto tra le due aree di interesse
• non c’è differenza di contrasto tra le due
aree
• più grande e più saturata è l’area esterna,
maggiore è l’effetto
Per esempio, in questa immagine pare che 𝑎𝑎 = 𝑑𝑑 e
𝑏𝑏 = 𝑐𝑐, ma in realtà 𝑏𝑏 = 𝑑𝑑.
Un altro fenomeno è l’inibizione laterale: sostanzialmente la retina è composta da tanti piccoli
nervi che fungono da recettori della luce; illuminando un singolo recettore, si ha un’ottima risposta
da quest’ultimo. Tuttavia, applicando lo stimolo luminoso anche ai recettori vicini a
quello considerato, la riposta di quest’ultimo diventa più debole.