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I RECETTORI
SENSORIALI…
Le strutture che ricevono stimoli di natura chimica o fisica, come pressione, suoni, temperatura, vibrazioni, luce e
sostanze chimiche, sono i recettori sensoriali. Gli stimoli sensoriali sono recepiti e interpretati in base all’area
celebrale in cui giungono: per esempio, le sensazioni che si provano toccando un pezzo di ghiaccio o ascoltando un
brano musicale sono diverse perché attivano zone celebrali differenti.
La percezione e l’eventuale reazione allo stimolo sono il frutto dell’integrazione di distretti diversi del cervello e
dell’intero organismo.
I recettori sensoriali si distinguono in:
• Meccanocettori, che percepiscono le modificazioni meccaniche;
•Chemiocettori, attivati dalli stimoli chimici;
•Fotocettori, sensibili agli stimoli luminosi;
•Termocettori, che si attivano in occasione di variazioni di temperatura;
•Nocicettori, legati alla sensazione di dolore;
•Osmocettori, che percepiscono la pressione osmotica dei liquidi corporei;
•Barocettori, sensibili alle variazioni di pressione.
I recettori, posti negli organi di senso, inviano i segnali ad un complesso apparato, il sistema nervoso che li integra, li interpreta
ed elabora delle risposte. In pratica, i recettori convertono lo stimolo ricevuto in un impulso di tipo elettrico che rappresenta il
modo con cui le cellule del sistema nervoso trasmettono gli stimoli.
Questa operazione, detta trasduzione sensoriale, è dovuta a mutamenti chimici che interessano la membrana delle cellule
recettrici. La trasduzione permette all’impulso di viaggiare attraverso il sistema nervoso. Quest’ultimo svolge un’azione che si
articola in tre fasi.
1. L’acquisizione sensoriale è in pratica una «raccolta dei dati». Gli stimoli provenienti dagli organi di senso vengono condotti ai
centri di elaborazione.
2. L’integrazione rappresenta la fase in cui le diverse informazioni vengono assemblate, interpretate ed elaborate. Queste
operazioni vengono effettuate dal sistema nervoso centrale e si completano con la formulazione di una risposta allo stimolo
ricevuto.
3. Lo stimolo motorio rappresenta l’impulso di risposta che parte dal centro di elaborazione e arriva alle cellule muscolari che
eseguono i movimenti. Le cellule del sistema nervoso – i neuroni – sono distinguibili in tre categorie che corrispondono a ciascuna
delle tre azioni appena descritte.
L’elaborazione compiuta dal sistema nervoso permette di passare dalla sensazione, cioè dalla pura e semplice registrazione dello
stimolo sensoriale, alla percezione, cioè ad una interpretazione del messaggio ricevuto.
GLI ORGANI DI SENSO
LA VISTA…
L’anatomia dell’occhio
Nell’ occhio è concentrato il 70% di tutti i recettori sensoriali del corpo umano; in ogni occhio i fotocettori sono circa 125 milioni e vengono divisi in coni e
bastoncelli.
L’ occhio umano è un organo molto complesso costituito da diverse strutture; il bulbo oculare una sfera cava di circa 2,5 cm di diametro, in cui si distinguono tre
strati o tonache.
La tonaca fibrosa esterna è formata nella porzione posteriore dalla sclera, uno strato epidermico che costituisce la parte bianca dell’occhio che protegge il bulbo
e ne determina la forma. Nella parte anteriore la sclera lascia spazio alla cornea, trasparente, attraverso la quale i raggi luminosi entrano nell’ occhio. La cornea è
riccamente innervata ma è priva di vasi sanguigni.
La tonaca vascolare intermedia è formata nella porzione posteriore dalla coroide, ricca di vasi e pigmenti che assorbono la luce per impedirne la riflessione all’
interno dell’ occhio. Nella pare anteriore la coroide si modifica e da origine all’ iride, un muscolo pigmentato, opaco alla luce, che agisce come il diaframma di
una macchina fotografica, la cui apertura è regolata dall’ intensità della luce, al centro della quale si trova un foro detto pupilla. Dietro l’ iride si trova il cristallino,
costituisce il sistema di messa a fuoco dell’ occhio.
La tonaca sensoriale interna è formata dalla retina, costituita da due strati: lo strato pigmentato esterno, composto da cellule ricche di melanina che assorbono
la luce, e lo strato nervoso, composto da tre file di cellule:
 Nella prima parte ci sono, i coni che sono responsabili della visione in condizioni di luce brillante e sono quindi importanti per la visione diurna; sono
presenti con tre tipi che percepiscono rispettivamente il colore blu, il verde, il rosso, permettendoci di distinguere i colori.
I bastoncelli, invece, sono attivi anche in condizioni di luce tenue, ma sono insensibili ai colori;
 Nella seconda si trovano le cellule bipolari di associazione, che si connettono da una parte ai fotocettori e dall’ altra alla terza fila di cellule;
 Nella terza ci sono le cellule gangliali, gli assoni di queste cellule si riuniscono poi in un fascio, il nervo ottico, che esce dal globo oculare.
Attorno all’ occhio ci sono le palpebre, superiore e inferiore, che lo proteggono insieme alle ciglia. Sono presenti anche ghiandole
sudoripare e sebacee; l’ occhio è corredato a 30 ghiandole di Meibonio che sboccano al margine delle palpebre e producono una
sostanza oleosa, e dalle ghiandole lacrimali all’interno dell’ orbita. A protezione dell’ occhio agiscono anche le lacrime, che
contengono anticorpi e lisozima.
L’occhio è suddiviso dal cristallino in due camere. La camera anteriore è occupata da un liquido chiamato umor acqueo, costituito
da un liquido salino, prodotto a livello dei corpi ciliari e portato nella porzione di unione tra cornea e sclera; fornisce le sostanze
nutritive alla cornea e al cristallino, e aiuta a mantenere costante la pressione interna. Anche l’umor vitreo, un liquido gelatinoso
che mantiene la forma del globo
oculare, aiuta a mantenere una giusta pressione endoculare.
Modelli di adattamento
Per evitare che i raggi luminosi siano dispersi e non si verifichi una corretta stimolazione della retina, l’occhio ha
tre metodi di adattamento: la variazione del foro pupillare, la dilatazione della pupilla fa entrare più luce in caso
questa sia scarsa e il restringimento delle pupille evita che alcuni raggi solari si riflettano a livello periferico del
cristallino.
L’aggiustamento della curvatura del cristallino, quando un oggetto si trova a qualche metro di distanza, i
raggi luminosi raggiungono il cristallino quasi in modo parallelo. A mano a mano che l’oggetto si avvicina, i
raggi luminosi arrivano al cristallino divergendo, questo fenomeno di curvatura del cristallino a carco dei
muscoli ciliari è definito accomodazione.
La convergenza degli occhi, quando un oggetto si avvicina, si tende a dirigere lo sguardo verso il naso, ovvero
fare una convergenza al centro.
Sulla retina gli stimoli visivi si
ricompongono in immagini
La radiazione luminosa raggiunge la retina fino a stimolare i coni e i bastoncelli. L’ area della retina dove si
forma l’immagine più nitida è nota come fovea; in quest’ultima i fotocettori sono costituiti internamente da
coni ammassati. Questi formano connessioni con le cellule bipolari e gangliari. La luce induce alcune proteine
contenute nei recettori, chiamate fotopigmenti , a trasformarsi nella loro forma attiva che fa cambiare la
polarità di membrana. I pigmenti fotosensibili dell’ occhio sono le opsine, la prerogativa di queste proteine è
quella di poter assorbire la radiazione luminosa e modificare la propria conformazione.
I coni ci permettono di percepire i colori. Sulla retina si forma un’immagine sottosopra e con destra e sinistra
invertite: è a livello cerebrale che assume la corretta connotazione spaziale.
Il percorso verso il SNC inizia con il potenziale d’azione, che prosegue lungo il nervo ottico. A questo punto il
nervo si incrocia parzialmente a livello del chiasma ottico, è una struttura che rappresenta il punto di unione
tra il nervo dell’occhio destro e quello del sinistro, è anche il punto in cui le fibre ottiche si intrecciano.
I diversi tipi di malattie
Le malattie degli occhi sono classificate in base alla parte dell’organo colpita e sono quindi suddivise in
malattie delle palpebre, della cornea, della retina, dell’apparato lacrimale, della congiuntiva, dell’iride, del
cristallino.
I più diffusi sono i difetti refrattivi: miopia, ipermetropia, presbiopia e astigmatismo.
Difetti refrattivi
• Nelle persone ipermetropi il bulbo
oculare è più corto del normale e l’
immagine viene messa a fuoco dietro
la retina.
• Nei miopi, invece, il bulbo è più lungo
e l’ immagine viene messa a fuoco
davanti alla retina.
• Negli astigmatici la visione è distorta
perché la cornea ha forma irregolare
per cui la sua capacità di messa a fuoco
varia da un punto all’ altro.
Cataratta
La cataratta è una
malattia oculare in cui
il cristallino, la lente
naturale biconvessa
che rifrange la luce per
mettere a fuoco un
oggetto, va incontro
ad una progressiva
opacizzazione.
Come si manifesta:
La cataratta comune tende a svilupparsi in modo graduale: mentre nei primi stadi la malattia non disturba
particolarmente la vista, col trascorrere del tempo - quasi sempre - inizia ad interferire con la visione. Così, in
mancanza d'intervento, la cataratta può degenerare fino alla cecità più assoluta.
Malgrado la cataratta comune - quindi la variante senile - tenda a manifestarsi in entrambi gli occhi
(bilateralità della malattia), generalmente un occhio viene colpito prima dell'altro.
In genere, la cataratta non induce alcun tipo di cambiamento nell'aspetto dell'occhio: eventuali
infiammazioni, arrossamenti o lacrimazione dipendono sicuramente da altre infezioni oculari, e non sono
correlate in alcun modo alla cataratta.
Solo quando la cataratta diviene "ipermatura", ovvero l'occhio diventa del tutto bianco, il paziente può
accusare infiammazione, mal di testa e dolore provocati principalmente dalla malattia.
TIPI DI CATARATTA
Cataratta nucleare
(Colpisce il centro del cristallino), in un primo
momento, questo tipo di cataratta provoca una
certa miopia. In alcuni casi, la cataratta nucleare
favorisce paradossalmente un miglioramento
della visione. Progredendo, tuttavia, la
patologia altera il cristallino fino al punto che il
paziente inizia a vedere le immagini doppie o
multiple. Oltre a questi strani sintomi, il
malcapitato portatore accusa una visione
offuscata da macchie giallastre. Quando non
curata, la cataratta nucleare induce un
progressivo ingiallimento od imbrunimento del
cristallino; di conseguenza, il soggetto non è
più in grado di distinguere i colori.
Cataratta corticale
(Coinvolge i bordi del cristallino), in
questa forma di cataratta il bordo
del cristallino appare biancastro o
presenta delle sfumature
cromatiche anomale. Progredendo
lentamente, le sfumature si
estendono verso il centro, fino ad
interferire con la luce che attraversa
il centro del cristallino. I pazienti
affetti da questo disturbo accusano
spesso problemi di abbagliamento
della vista.
Cataratta sub
capsulare
posteriore
In questa forma di cataratta si presenta
dapprima una piccola zona di
opacamento in prossimità della parte
posteriore del cristallino; precisamente,
questa "ombra" si forma proprio nel
punto in cui la luce dovrebbe passare
per giungere poi nella retina. I pazienti
affetti da cataratta sub capsulare
posteriore, quasi sempre giovani,
accusano spesso fenomeni più o meno
frequenti di abbagliamento e/o
deterioramento della visione da vicino.
Inoltre, i soggetti affetti lamentano serie
difficoltà di lettura e la visione notturna
è difficoltosa.
Cataratta
congenita
E’ causata da disturbi
metabolici della madre o
dalla somministrazione di
farmaci assunti durante la
gestazione e trasmessi al
feto.
Sintomi generali
La cataratta può essere più o meno grave: mentre in alcuni pazienti la malattia procura una lieve difficoltà a mettere a fuoco
un'immagine, in altri è responsabile della più totale incapacità visiva.
In genere, l'annebbiamento della visione indotto dalla cataratta coinvolge solamente una piccola porzione del cristallino: per
questa ragione, nei primi stadi della malattia, il paziente accusa una lieve alterazione della vista. Tuttavia, con il progredire della
patologia, la cataratta s'ingrandisce e distorce sempre più la luce che passa attraverso il cristallino: in questo modo, la vista diviene
via via più offuscata e la messa a fuoco compromessa.
Pur non manifestandosi sempre con la medesima gravità, la cataratta può provocare una serie di sintomi:
 Annebbiamento della vista
 Difficoltà ad identificare i colori
 Difficoltà/ impossibilità di lettura
 Dissolvenza delle immagini/ ingiallimento della visione
 Necessità di cambiare le lenti degli occhiali più spesso a causa della riduzione della capacità visiva
 Osservazione di aloni scuri intorno agli oggetti
 Peggioramento della visione in presenza di luce debole/molto forte
 Sdoppiamento della vista (sintomo raro)
 Visione a macchie o punti
Cheratite
La cheratite è un generico processo
infiammatorio a carico della cornea.
Pur essendo spesso di natura
infettiva, la cheratite può essere
provocata anche da traumi chirurgici
o favorita dalla penetrazione di un
oggetto nell'occhio.
Sebbene possa idealmente colpire
chiunque, la cheratite infettiva si
manifesta più spesso nei pazienti
gravemente immunocompromessi
(es. affetti dal virus dell'HIV)
Sintomi
Le cheratiti sono sempre sintomatiche: difatti, il più delle volte i segni osservabili
ed i sintomi percepiti a livello oculare si manifestano in modo piuttosto
lampante.
Nella maggior parte dei casi, la cheratite esordisce con un forte dolore oculare a
rapida insorgenza, accompagnato da intolleranza alla luce (fotofobia), iperemia
(occhi rossi) e lacrimazione abbondante. Accanto a questi sintomi, il paziente
affetto da cheratite lamenta spesso un'alterazione della visione (offuscamento
della vista) e la percezione di un corpo estraneo all'interno dell'occhio. Talvolta, la
cheratite può provocare un dolore tale da impedire al paziente di aprire gli occhi
Struttura oculare da osservare in caso di
presunta cheratite
Caratteristiche da valutare
Congiuntiva Infiammazioni, alterazioni strutturali:
follicoli, papille, ulcere, cicatrici, corpi
stranei
Margini palpebrali Ulcerazioni, anomalie
Film lacrimale Occhio secco
Cornea Edema, ulcerazioni nello stroma,
perforazione, assottigliamento
Sclera Ulcerazioni, infiammazioni, noduli,
spessore
Cura
La cura per la cheratite dev'essere attentamente valutata in base all'agente
causale che l'ha indotta. Nonostante i farmaci utilizzati per il trattamento
delle differenti forme di cheratite siano diversi, gli obiettivi da perseguire
sono pressoché gli stessi:
 Allontanare l'agente causale
 Controllare l'infiammazione
 Favorire la riepitelizzazione (ricrescita dell'epitelio corneale lesionato)
Cheratiti infettive
La cheratite infettiva tende a progredire rapidamente; pertanto, un tempestivo intervento è fondamentale per
prevenire eventuali complicanze.
In base all'agente causale, il trattamento per la cheratite infettiva prevede l'applicazione topica e/o la
somministrazione sistemica (per bocca o per via endovenosa) di:
Farmaci antibiotici: es. Levofloxacina, Gatifloxacina, Ofloxacina
Farmaci antivirali: es. aciclovir (farmaco d'elezione per la cura della cheratite virale da Herpes virus)
Farmaci antifungini: es. Voriconazolo(indicato per il trattamento delle cheratiti da Candida e Fusarium)
In generale, per velocizzare la guarigione e ridurre l'infiammazione a livello corneale in tempi brevi, il medico
prescrive una cura con farmaci corticosteroidi da applicare direttamente nell'occhio.
L’UDITO…
L’anatomia
L'orecchio è l'organo che
permette la percezione dei
suoni (il cosiddetto senso
dell'udito) e che garantisce
l'equilibrio statico e dinamico
del corpo.
Suddivisibile in tre
compartimenti - i cui nomi
sono orecchio esterno, orecchio
medio e orecchio interno
l'orecchio è formato da
porzioni di natura cartilaginea,
ossa, muscoli, nervi, vasi
sanguigni, ghiandole sebacee e
ghiandole ceruminose
L’orecchio esterno
L'orecchio esterno è, sostanzialmente, la componente dell'orecchio visibile a occhio nudo ai lati della testa.
Le principali parti che lo costituiscono sono: il padiglione auricolare (costituito da due rime ricurve chiamate
elice e antielice, due sporgenze chiamate trago e antitrago, la conca e il lobo), il condotto uditivo esterno (o
meato acustico esterno) e la faccia esterna del timpano (o membrana timpanica).
L’orecchio medio
L'orecchio medio è la componente dell'orecchio compresa tra
l'orecchio esterno e l'orecchio interno.
Le sue principali parti costituenti sono: la membrana timpanica
(o timpano), la cavità timpanica, in cui prendono posto i
cosiddetti tre ossicini, la tuba uditiva (più nota come tromba
di Eustachio), la finestra ovale e la finestra arrotondata.
L’orecchio interno
L'orecchio interno è la componente più profonda dell'orecchio.
Situate in una cavità dell'osso temporale, il cui nome è labirinto
osseo, le parti che costituiscono l'orecchio interno sono
sostanzialmente due: l'apparato vestibolare (o sistema vestibolare)
e la coclea.
In anatomia, il complesso “apparato vestibolare - coclea” prende il
nome di labirinto membranoso.
All'interno, così come all'esterno, dell'apparato vestibolare e della
coclea, circola un fluido caratteristico: il fluido all'esterno prende il
nome di perilinfa, mentre il fluido all'interno è l’endolinfa.
Interponendosi tra il labirinto osseo e il labirinto membranoso, la
perilinfa agisce da cuscinetto ammortizzante, che impedisce gli urti
tra una delle strutture dell'orecchio interno e le pareti ossee
circostanti.
L'endolinfa, invece, gioca un ruolo fondamentale nel processo di
percezione dei suoni e nei meccanismi di equilibrio.
L’udito come funziona?
Le strutture dell’orecchio esterno (padiglione auricolare)
catturano le onde sonore e le indirizzano all’orecchio medio
dove esse mettono in vibrazione il timpano; a questo punto
i tre ossicini presenti nell’orecchio medio (incudine, staffa e
martello) amplificano le vibrazioni del timpano e le
trasmettono alla coclea, che le trasforma in impulsi nervosi
che percepiscono la frequenza e l’intensità del suono. Le
onde sonore però, passano anche attraverso le ossa del
cranio ed in particolare attraverso l’osso temporale che
circonda la coclea, un suono quindi può essere percepito
dall’orecchio interno anche se l’orecchio medio (ossicini) ha
subito una lesione.
Orecchio ed equilibrio: ecco come
funziona
L’orecchio è importante anche perché ospita gli organi dell’equilibrio che percepiscono il movimento della
testa e la sua posizione nello spazio. L’equilibrio è il senso che ci permette di percepire e controllare la
posizione del nostro corpo nello spazio. La funzione dell’equilibrio è modulata dall’apparato vestibolare:
questa porzione anatomica si trova a livello dell’orecchio interno ed è collegato a vari centri nervosi motori che
controllano i muscoli che, a loro volta, garantiscono il mantenimento dell’equilibrio e la posizione eretta.
In funzione del movimento del capo, l’apparato vestibolare agisce in modo diverso: se il capo effettua
movimenti di rotazione del capo, si attivano i canali circolari; al contrario, se il capo effettua movimenti lineari,
sono utricolo e sacculo (due cavità) a fornire le informazioni relative a questi moti al sistema nervoso.
Dal labirinto vengono inviate informazioni verso il sistema nervoso circa le caratteristiche di accelerazione e
velocità del capo nello spazio: le informazioni circa il suo spostamento nello spazio sono essenziali nel
mantenimento dell’equilibrio.
L’otite
L'otite è un'infiammazione acuta o cronica dell'orecchio dovuta ad insulti batterici o virali.
In base alla porzione auricolare coinvolta, è possibile distinguere più forme di otite:
 Otite interna: l'infiammazione coinvolge l'orecchio interno.
 Otite media: probabilmente la variante più comune nei bambini in età pediatrica, è un'infiammazione a carico dell'orecchio medio.
 Otite esterna: oltre a coinvolgere il canale uditivo esterno, questa forma di otite tende a colpire anche il timpano. Ad ogni modo, non
sempre il timpano ne risulta compromesso.
 Miringite: l'otite assume la connotazione precisa di miringite quando il processo infettivo-infiammatorio colpisce esclusivamente la
membrana timpanica.
Indipendentemente dall'area auricolare colpita dall'infezione, tutte le varie forme di otite possono presentare un decorso acuto o cronico. Si
parla di otite acuta quando l'infiammazione si conclude definitivamente nell'arco di un breve periodo, senza necessariamente aver bisogno
di cure; diversamente, l'otite cronicizza quando il paziente, non riuscendo a debellare spontaneamente il patogeno in tempi brevi, richiede
farmaci specifici per la guarigione completa.
Il sintomo che accomuna tutte le differenti forme di otite è il mal d'orecchio (otalgia): l'intensità del dolore e l'eventuale presenza di altri
sintomi (es. perdita d'equilibrio, vertigini, nausea ecc.) dipende dall'area di orecchio interessata dall'infiammazione.
Otite interna (o labirintite)
L'orecchio interno è formato da organi di senso adibiti alla regolazione dell'equilibrio e dell'udito. L'otite
interna è meglio conosciuta come labirintite, dato che l'infiammazione coinvolge soprattutto il labirinto: si
tratta di una piccola porzione auricolare interna costituita da organi addetti al mantenimento dell'equilibrio e
all'ascolto di musica e parole.
Cause
Malgrado non sia possibile risalire con certezza assoluta alla causa scatenante, l'otite interna sembra esser
causata da:
 infezioni batteriche o virali, come la parotite (orecchioni) o l'otite acuta
 meningite: in questi casi, l'otite interna si manifesta nella sua variante purulenta (pus)
 violente reazioni allergiche a sostanze/farmaci (es. antibiotici)
 stress estremo
Otite media
L'otite media è un'infezione tipica dell'età infantile che si manifesta a livello dell'orecchio medio,
precisamente nello spazio compreso tra la membrana timpanica e l'orecchio interno. La variante
acuta è probabilmente la più comune in assoluto.
Cause
Il più delle volte, l'otite media viene diagnosticata nei bambini successivamente ad un semplice
raffreddore: le infezioni delle vie respiratorie, estendendosi lungo la tuba di Eustachio, possono
infatti raggiungere l'orecchio medio, creando danno. Infatti la tuba di Eustachio è un canalicolo
che mette in comunicazione il naso con l'orecchio medio.
Oltre al raffreddore, anche la faringite, le allergie e l'ingrossamento delle adenoidi (tonsille
faringee) possono predisporre il paziente all'otite media.
Otite esterna
L'otite esterna, chiamata anche otite del nuotatore, è un'infiammazione acuta o cronica a carico del canale
auricolare esterno. Precisamente, l'otite esterna coinvolge soprattutto l'epitelio di rivestimento del condotto
uditivo esterno; nonostante quanto detto, l'infezione può estendersi anche più in profondità.
Cause
Gli agenti patogeni coinvolti sono principalmente batteri e virus (in particolare virus erpetici).
L'otite esterna acuta, tipica dei bambini, è spesso conseguenza di eczemi od otiti medie purulente, responsabili
della progressiva macerazione della cute di rivestimento del canale uditivo esterno. L'otite esterna può essere
favorita da alcuni fattori predisponenti, come freddo, umidità, secchezza del canale auricolare o accumulo di
cerume (tappo).
L'otite esterna cronica è tipica dei soggetti immunocompromessi, diabetici o affetti da gravi deficienze
vitaminiche.
Le cure
ll medico ha a disposizione diversi farmaci per la cura dell’otite:
 gli antibiotici, necessari quando si sospetta una causa batterica;
 gli antinfiammatori per togliere il dolore e il gonfiore;
 i decongestionanti nasali se l’otite è associata ad un raffreddore;
 gli antistaminici, se concomitano disturbi allergici.
La maggior parte delle otiti si risolve spontaneamente o con le terapie mediche prescritte. Tuttavia ci sono
dei casi nei quali può rendersi necessario un intervento chirurgico. Il più semplice, la miringotomia, consiste
in un’incisione della membrana timpanica che permette la fuoriuscita delle secrezioni e l’attenuarsi del dolore.
Nel caso dell’otite media secretiva che persiste da molto tempo , alla miringotomia può seguire il
posizionamento di un tubicino di ventilazione o drenaggio trans timpanico che permette all’aria di entrare
nell’orecchio medio dal condotto uditivo esterno.
La sindrome di menière
La sindrome di Menière è una malattia del
labirinto, ossia dell’orecchio interno caratterizzata
da tre disturbi:
 abbassamento di udito (ipoacusia),
 ronzii (acufeni)
 crisi di vertigini.
Si caratterizza per l'accumulo di endolinfa
all'interno del labirinto e per la conseguente
alterazione del segnale nervoso tra orecchio e
cervello.
Anatomia patologica
L'accumulo di endolinfa, detto anche idrope, determina una dilatazione delle
strutture che la contengono: labirinto e coclea. Questi cambiamenti causano:
 Un danno alle cellule che compongono l'epitelio di labirinto e coclea
 Un innalzamento della pressione interna
 Un'alterazione della trasmissione del segnale nervoso tra orecchio interno e
cervello.
Le cause
Esistono diverse teorie sulle possibili cause della sindrome, ma nessuna è risultata conclusiva; il
termine sindrome indica infatti un insieme di sintomi che potrebbero essere provocati da cause diverse.
Alcuni ricercatori ritengono che la sindrome di Ménière sia il risultato di una vasocostrizione simile a quella
che origina l’emicrania.
Altri ipotizzano che possa essere conseguente a
 infezioni virali,
 allergie,
 reazioni autoimmuni.
Poiché la sindrome di Ménière sembra avere un decorso famigliare, potrebbe anche dipendere da variazioni
genetiche causanti anomalie nel volume o nella regolazione dell’endolinfa.
Le fasi della malattia
1. In una prima fase della malattia, i sintomi si manifestano come attacchi transitori ed episodici, che possono durare da 20 minuti a diverse
ore. Hanno spesso un inizio acuto e improvviso e, di solito, colpiscono un orecchio soltanto.
È assai frequente che il paziente sia soggetto ad attacchi ravvicinati nel tempo, che possono durare un paio di giorni o anche una
settimana. Terminate queste manifestazioni, segue un periodo di remissione, interrotto da un'altra serie di attacchi. In media, un
individuo con sindrome di Ménière allo stato iniziale manifesta, in un anno, dalle 6 alle 11 "crisi" di questo genere.
Le vertigini possono insorgere senza essere accompagnate da perdita dell'udito; mentre, il nistagmo (condizione caratterizzata dal
movimento involontario, rapido e ripetitivo, degli occhi), quando compare, è solitamente di breve durata. Pertanto, è difficile stabilire
con precisione la sintomatologia, in quanto, quest'ultima, varia da paziente a paziente.
2. Quando la sindrome di Ménière è in fase avanzata, alcuni sintomi cominciano ad assumere un carattere permanente. È il caso della
perdita di udito, per esempio. Infatti, un paziente soggetto ad attacchi ripetuti negli anni sviluppa un danno irreversibile alle strutture
che compongono il labirinto e la coclea. L'evoluzione, in alcuni casi, è così grave che può portare alla sordità completa dell'orecchio
colpito. Sebbene sia meno comune, anche la sensazione di "fischi" nell'orecchio, o acufeni, può diventare un sintomo permanente.
Mentre, per quanto riguarda la mancanza di equilibrio, anche questa può diventare una condizione stabile, nonostante le vertigini siano
meno frequenti.
Fase iniziale Fase avanzata
VERTIGINI IMPROVVISE, DELLA DURATA
MASSIMA DI QUALCHE ORA
VERTIGINI MENO FREQUENTI
MANCANZA DI EQUILIBRIO
TEMPORANEA
MANCANZA DI EQUILIBRIO DURATURA NEL
TEMPO
NAUSEA E VOMITO NAUSEA E VOMITO
PERDITA TEMPORANEA DELL’UDITO IN
UN ORECCHIO
PERDITA PERMANENTE (FINO ALLA SORDITA’)
DELLA CAPACITA’ UDITIVA DELL’ORECCHIO
COLPITO. INTERESSAMENTO DELL’ALTRO
ORECCHIO
ACUFENI TEMPORANEI ACUFENI PERMANENTI
NISTAGMO DI BREVE DURATA (E’ RARO
CHE SIA PROLUNGATO NEL TEMPO)
NISTAGMO DI LUNGA DURATA
Cura e terapia
La sindrome di Ménière purtroppo non dispone di una cura specifica, ma possono però essere indicati alcuni degli approcci
sottoelencati per la gestione dei sintomi:
 Farmaci. Il sintomo più invalidante della sindrome di Ménière è la vertigine. Farmaci su prescrizione medica, come alcune
benzodiazepine possono alleviare la vertigine e ridurne la durata.
 Restrizione del sale e diuretici. In alcuni soggetti, una dieta povera di sale e l’assunzione di diuretici controllano la
sintomatologia riducendo la ritenzione idrica dell’organismo, con possibili minori volume e pressione del liquido nell’orecchio.
 Altre modifiche alimentari e comportamentali. Alcuni soggetti individuano in caffeina, cioccolato e alcolici alimenti che
peggiorano i sintomi, quindi riducendone le quantità o eliminandoli dalla propria dieta si osserva spesso un miglioramento dei
sintomi. Anche l’astensione dal fumo può aiutare a ridurre i sintomi.
 Iniezioni. L’iniezione di gentamicina nell’orecchio medio aiuta a controllare le vertigini ma aumenta significativamente il rischio
di perdere l’udito; la gentamicina, infatti, può danneggiare le microscopiche cellule cigliate dell’orecchio interno che servono a
sentire. Alcuni medici iniettano piuttosto un corticosteroide, che spesso aiuta a ridurre le vertigini senza rischi per l’udito.
 Chirurgia. La chirurgia può trovare indicazioni quando tutti gli altri trattamenti non sono riusciti ad attenuare le vertigini.
Alcune procedure chirurgiche vengono eseguite sul sacco endolinfatico per decomprimerlo. Altro possibile intervento è il taglio
del nervo vestibolare, anche se viene eseguito più raramente.
L’OLFATTO…
Il naso
Il naso è l’organo situato al centro del viso, in posizione mediana,
che costituisce la parte iniziale delle vie respiratorie.
Coinvolto nelle attività respiratorie e olfattive, è formato da ossa e cartilagine
che ne formano la struttura esterna, che risulta sporgente rispetto al piano del
viso.
Al suo interno si trovano le parti anteriori delle fosse nasali che consistono in due
canali lunghi e tortuosi rivestiti di mucosa che si aprono, verso l’esterno del corpo,
nelle narici.
La sua struttura
Il naso è una struttura molto complessa, che comprende elementi di natura ossea e
cartilaginea, vasi sanguigni, vasi linfatici e terminazioni nervose.
Per semplificare la sua descrizione, gli anatomisti analizzano separatamente la parte
esterna di quest'ultimo dalla parte interna.
Meglio nota come naso esterno o piramide nasale, la parte esterna è la porzione di
naso visibile a occhio nudo, che contraddistingue ogni volto e che ha una
caratteristica forma a piramide.
La parte interna (o naso interno), invece, è la porzione di naso che coincide con le
due cavità nasali e in cui risiedono le cellule olfattive (ossia le cellule che
garantiscono l'olfatto) e le strutture per il passaggio dell'aria inalata, durante la
respirazione.
Naso esterno
Nel naso esterno, possono riconoscersi 5 aree anatomiche di riferimento, che sono: la radice nasale, il ponte nasale, il dorso
nasale, le due ali nasali e la punta nasale. Prendendole singolarmente possiamo osservare che:
 La radice nasale è identificabile laddove risiede la sutura frontale, rappresenta la porzione superiore del naso esterno ed è
in continuità con la fronte;
 Il ponte nasale è la porzione a forma di sella situata, generalmente, tra i due occhi e separa la radice nasale dal dorso
nasale;
 Il dorso nasale è conosciuto anche come cresta nasale, è il tratto prominente che va dal ponte nasale alla punta nasale e
che contraddistingue la forma del naso, inoltre è la porzione di naso che risalta agli occhi nella visione di profilo;
 Le ali nasali sono le porzioni di naso esterno laterali al dorso nasale e alla punta nasale, circondano le narici;
 La punta nasale è conosciuta anche come apice nasale, è la porzione inferiore del naso esterno e segna la fine del dorso
nasale.
Inferiormente, possiede due aperture distinte, meglio note come narici nasali, che rappresentano l'inizio delle due cavità
nasali (e del naso interno).
Il rivestimento cutaneo del naso esterno è particolare, infatti, mentre la cute che ricopre le ossa è sottile e priva di qualsiasi tipo
di ghiandola, la cute che ricopre le varie strutture cartilaginee è spessa e ricca di ghiandole sebacee.
Il rivestimento cutaneo del naso esterno arriva fino ai bordi esterni delle narici nasali, dopodiché, inizia la mucosa.
Lo scheletro del naso esterno comprende elementi di natura ossea ed elementi di natura cartilaginea.
Gli elementi di natura ossea sono: le due ossa nasali, le due ossa mascellari e l'osso frontale.
 Le ossa nasali formano il ponte nasale e la parte superiore del dorso nasale. Ciascun osso nasale
confina superiormente, con l'osso frontale, lateralmente, con l'osso mascellare omolaterale ed
infine, medialmente, con l'osso nasale controlaterale.
Sono ossa craniche del cosiddetto splancnocranio (si veda l'articolo sul cranio).
 Le ossa mascellari supportano la parte laterale del naso e si articolano con numerose ossa del naso
interno. Appartenenti allo splancnocranio, sono le ossa della mascella.
 L’osso frontale costituisce buona parte della radice nasale e confina, inferiormente, con le due ossa
ossa nasali. Appartenente al neurocranio, è l'osso cranico impari della fronte.
Gli elementi di natura cartilaginea, invece, sono: le due cartilagini laterali superiori, le
due cartilagini alari maggiori (o cartilagini laterali inferiori), le due cartilagini alari
minori, la cartilagine settale e la cosiddetta columella (separa la narice destra da quella
sinistra).
Naso interno
Nelle due cavità nasali del naso interno, ci sono: il vestibolo, la regione olfattiva e
la regione respiratoria.
 Il vestibolo, considerando le narici come l'inizio del naso interno, è la primissima
parte delle cavità nasali. È una zona allargata, fornita di un rivestimento mucoso.
Negli adulti, è anche la regione del naso interno da cui possono originare i peli
nasali.
 La regione olfattiva è situata all'apice delle cavità nasali, è la regione del naso
interno in cui risiedono le cellule olfattive, ossia le cellule che garantiscono la
percezione degli odori.
 La regione respiratoria è la regione più estesa del naso interno. È rivestita da un
epitelio pseudostratificato ciliato, in cui risiedono anche cellule mucipare
caliciformi che sono elementi cellulari che secernono muco.
Alla particolare struttura del naso interno concorrono diverse ossa del cranio come le ossa palatine, l'osso etmoide, i turbinati
inferiori, il vomere e le già citate ossa mascellari.
 Le ossa palatine sono i due elementi ossei che formano il margine latero-inferiore delle cavità nasali, i pavimenti delle cavità
orbitarie e il tetto di una parte del palato duro.
 L’osso etmoide è un osso impari importante per l'anatomia del naso interno, in quanto dà origine, in ciascuna cavità nasale, a
tre strutture molto particolari, chiamate lamina cribrosa, turbinato superiore e turbinato medio. La lamina cribrosa è una
sorta di piatto dotato di piccoli fori, attraverso cui passano le fibre nervose del nervo olfattivo.
I turbinati superiore e medio, invece, sono di fatto delle piccole sporgenze ossee, ricoperte da tessuto vascolare erettile-
cavernoso (più internamente) e da mucosa respiratoria cigliata (più esternamente). Com'è intuibile, il turbinato superiore è così
chiamato perché sovrasta il turbinato medio.
 I turbinati inferiori sono situati uno nella cavità nasale destra e uno nella cavità nasale di sinistra, sono due sporgenze simili ai
turbinati dell'osso etmoide. La somiglianza con quest'ultimo riguarda anche i rivestimenti di cui sono forniti.
Dal punto di vista della posizione, i turbinati inferiori risiedono al di sotto dei turbinati superiori e dei turbinati medi.
 Il vomere è l'osso impari che costituisce la parte inferiore del setto nasale.
Oltre alle ossa del cranio ci sono anche delle componenti osteo-cartilaginee come il
setto nasale, ossia la lamina che, interposta tra le due cavità nasali, le separa in modo
modo ermetico.
All'interno delle cavità nasali, trovano sfogo, tramite degli orifizi chiamati osti, i cosiddetti
seni paranasali che sono cavità naturali ripiene d'aria, che trovano sede nello spessore
delle ossa del viso poste attorno agli occhi, al naso e alle guance. I seni paranasali sono, in
tutto, 4 paia: i due seni frontali, i due seni etmoidali, i due seni sfenoidali e i due seni
mascellari.
La loro funzioni sono svariate: sono essenziali per la funzionalità e la protezione
dell‘apparato respiratorio, aumentano la percezione degli odori, alleggeriscono la scatola
cranica, regolano la tonalità della voce e favoriscono il drenaggio delle lacrime e delle
eventuali secrezioni mucose in direzione delle cavità nasali.
I muscoli
Il naso comprende diversi muscoli, i quali hanno il compito di
controllarne i movimenti.
Innervati dal nervo facciale, questi muscoli sono: il muscolo
procero, il muscolo elevatore del labbro superiore e dell'ala del
naso, il muscolo nasale, il muscolo depressore del setto nasale,
il muscolo dilatatore anteriore delle narici e il muscolo
dilatatore posteriore delle narici.
Vascolarizzazione e innervazione del naso
esterno
A rifornire di sangue ossigenato la cute del naso esterno sono, principalmente, le branche
dell'arteria mascellare e dell'arteria oftalmica e, secondariamente, l'arteria angolare e
l'arteria nasale laterale. L'arteria mascellare deriva dall'arteria carotide esterna; l'arteria
oftalmica dall'arteria carotide interna; infine, l'arteria angolare e l'arteria nasale laterale
dall'arteria facciale.
Per quanto riguarda l’innervazione invece la sensibilità cutanea del dorso nasale e delle ali
nasali spetta al cosiddetto nervo nasale esterno, che è una branca del nervo oftalmico, il
quale è, a sua volta, una delle tre branche principali del nervo trigemino (le altre due sono
il nervo mascellare e il nervo mandibolare). Mentre la sensibilità cutanea delle porzioni
laterali del naso esterno (ali nasali escluse) spetta al cosiddetto nervo infraorbitario, che è
una branca del nervo mascellare.
Vascolarizzazione e innervazione del naso
interno
A rifornire di sangue ossigenato il naso interno sono sia l'arteria etmoidale
anteriore e l'arteria etmoidale posteriore, esse sono due branche dell'arteria
oftalmica, la quale è, a sua volta, una branca dell'arteria carotide interna, sia l'arteria
sfenopalatina, l'arteria palatina maggiore, l'arteria labiale superiore e le arterie
nasali laterali. Tutte queste arterie derivano direttamente dall'arteria carotide
esterna.
Per l’innervazione si distinguono l'innervazione sensitiva del naso interno in due
tipologie differenti: l'innervazione sensitiva di tipo speciale che consiste nella rete
di terminazioni nervose, che provvedono al senso dell'olfatto e l'innervazione
sensitiva di tipo generale che consiste nella rete di terminazioni nervose, che
controllano la sensibilità interna delle cavità nasali, vestibolo compreso.
Ma che funzioni svolge il naso?
 Le cellule olfattive, presenti nella regione olfattiva del naso interno, sono fornite di strutture specifiche,
chiamate recettori olfattivi. I recettori olfattivi sono i veri artefici del senso dell'olfatto. Infatti, attraverso
di essi le cellule olfattive captano gli odori e stimolano le fibre nervose dei nervi olfattivi. Con la
stimolazione dei nervi olfattivi, il cervello (per la precisione i bulbi olfattivi del cervello) riceve le
informazioni relative agli odori presenti nell'ambiente ed elabora, qualora fosse necessario, le risposte più
appropriate.
 Come primo tratto delle vie aeree, il naso ha il compito di adattare l'aria inspirata alle esigenze del corpo
umano. Per questo, è fornito di strutture che gli permettono di riscaldare, umidificare e purificare l'aria
introdotta con gli atti respiratori.
Se le cavità nasali mancassero dei turbinati e delle altre loro strutture caratteristiche, l'essere umano
introdurrebbe nei polmoni aria non sufficientemente calda, non purificata dai germi e non correttamente
umidificata.
IL PAPILLOMA INVERTITO
Il papilloma invertito dei seni paranasali è un tumore benigno che origina dalla parete
laterale del naso e si estende ai seni paranasali.
I tumori della cavità nasale sono equamente distribuiti tra benigni e maligni, con il
Papilloma Invertito che risulta il principale all'interno del gruppo dei benigni ed il
Carcinoma Squamocellulare nei maligni.
Più del 44% dei casi di tumore sono imputabili ad esposizione lavorativa a sostanze
come nickel, cromo, olio isopropilico, idrocarburi volatili e fibre organiche riscontrate
nella lavorazione del legno, delle scarpe e nell'industria tessile. In aggiunta, il
papilloma virus può agire come co-fattore ed il trattamento è chirurgico.
Le caratteristiche
Le caratteristiche principali di questo tumore sono: la monolateralità, la spiccata tendenza
a recidivare, l’aggresività locale nei confronti delle strutture circostanti come la lamina
cribrosa (la lamina ossea che separa il naso dal cervello), la lamina papiracea (la lamina
ossea che separa l’occhio dal naso) e la tendenza all’associazione con tumori maligni
(carcinoma squamoso).
L’eziologia non è ancora ben chiara ma sicuramente possono essere chiamati in causa
diversi fattori come l’allergia, il fumo di tabacco, il papilloma virus.
Sono colpiti da questa patologia soprattutto gli adulti tra i 50 ed i 70 anni con prevalenza
dei maschi rispetto alle femmine.
Sintomi e diagnosi
I principali sintomi sono: l’ostruzione respiratoria nasale monolaterale, la rinorrea e
l’epistassi.
All’esame endoscopico è possibile osservare una formazione polipoide di aspetto e
consistenza più ‘carnosa’ rispetto ai polipi normali, spesso nascosta dagli stessi polipi
(Fig.1).
Mentre con la TC si evidenzia la presenza di una neoformazione monolaterale dei seni
paranasali più o meno estesa (Fig.2).
IL TATTO…
 Il tatto è uno dei cinque sensi; esso è preposto alla percezione degli stimoli che
interessano la superfice esterna del corpo umano attraverso cui il cervello riceve
informazioni dall’ambiente circostante. L’organo per eccellenza deputato al tatto
è la pelle
 il tatto ha il compito di riconoscere le caratteristiche fisiche degli oggetti
(durezza, forma) che vengono a contatto con la superfice esterna del nostro
corpo.
Funzioni della pelle
La cute svolge una serie di funzioni protettive
fondamentali:
 essa è impermeabile all’acqua
 assorbe i raggi ultravioletti del sole evitando che
entrino in profondità e danneggino l’organismo
 Blocca ed elimina i microrganismi che potrebbero
causare gravi infezioni
 Contribuisce a mantenere la temperature interna
del corpo
 Espelle attraverso il sudore quei liquidi che non
vengono eliminati dai reni attraverso le feci
La struttura delle pelle:
 La nostra pelle è suddivisa in tre strati:
 EPIDERMIDE: lo strato più superficiale che impedisce
l’ingresso degli agenti patogeni e presenta alcune
terminazioni nervose che , oltre a farci sentire un forte
dolore quando ci facciamo una semplice bruciatura ci
consentono di entrare in contatto con il mondo
esterno attraverso il tatto .
 DERMA: compie la funzione di sostegno, resistenza,
nutrizione del corpo
 IPODERMA: lo strato più profondo, esso è posto tra il
derma e i tessuti adiposi o muscolari sottostanti.
nell’ ipoderma sono presenti altre terminazioni nervose
Sullo strato superficiale sono presenti terminazioni nervose che, veicolano stimoli di caldo,
freddo, prurito e dolore; esse sono lunghe pochi centimetri nel cranio e oltre 2m dalla
punta dei piedi alla corteccia sensoriale
Attraverso il midollo spinale i fasci di fibre nervose arrivano al tronco celebrale dove si
incrociano, infine passando per il talamo terminando nella corteccia
Questi recettori collaborano con gli altri all’interno di tendini , muscoli e giunture
permettendo al cervello di verificare continuamente le condizioni del corpo
I recettori si dividono in :
 Terminazioni nervose libere: presenti di solito nell’epidermide, essi sono più sensibili a
stimoli dolorifici e tattili
 Terminazioni nervose dei follicoli piliferi: sono presenti nell’ipoderma e tappezzano il
follicolo pilifero. Sono stimolate da
ogni movimento del pelo causato da un minimo contatto
I recettori:
 I recettori in base alla loro distribuzione nei diversi strati della pelle hanno aspetti
e funzionalità diversi:
 Bulbi terminali di Krause: sono recettori presenti nel derma all’interno di una
capsula, essi sono sensibili al freddo
 Corpuscoli dei Pacini o lamellari: sono situati nell’ipoderma, sono presenti degli
anelli concentrici di cellule capsulari che racchiudono terminazioni sensibili alla
pressione(ovvero a stiramenti e vibrazioni)
 Corpuscoli di Ruffini: presenti nell’ipoderma sono ramificazioni di fibre nervose
appiattite e racchiuse in strati di cellule capsulari(Questi recettori sono molto
sensibili al calore per questo detti termorecettori).
 Dischi di Merkel: sono formati da terminazioni nervose libere, hanno la forma di una ramificazione e
trasportano sensazioni tattili a lento adattamento( ovvero sono sensibili a una stimolazione continua)
 Corpuscoli di Meissner: sono terminazioni nervose incapsulate, formate da dendriti ricoperti da una
capsula di connettivo; questi recettori sono attivati da stimoli tattili lievi, hanno rapido adattamento e
sono concentrati soprattutto a livello delle mani, delle labbra della punta della lingua e a livello
genitale
 Fusi neuromuscolari: Sono recettori presenti a livello dei muscoli e dei tendini,
sono sensibili allo stiramento Delle fibre muscolari e fanno parte dei recettori
sensoriali meccanici
 Questi recettori portano l'informazione verso il SNC con una risposta di
adattamento( stimoli continuo) data dalla contrazione di un numero più o meno
elevato di fibre muscolari (il corpo risponde in maniera progressiva alla fatica
necessaria per sollevare masse differenti)
 Questi recettori sono definiti anche propriocettori perché informano il SNC della
posizione del muscolo nello spazio e contribuiscono al mantenimento
dell'equilibrio
 I nocicettori: sono terminazioni nervose libere che si attuano in conseguenza a stimoli eccessivi(quindi
dolorosi) di temperatura, pressione o stiramento.
 Sulla superfice del corpo il dolore avvertito é acuto, rapido e pungente per questo la risposta è spesso un
riflesso( dato che deve produrre un movimento che annulli immediatamente il dolore)
 Dallo stimoli è sempre possibile percepire il punto d'origine, Gli stimoli Partono direttamente dal midollo
spinale(spesso prima ancora che il cervello percepisca la sensazione)
 Gli stimoli di dolore a livello degli organi interni portano ad un dolore di
tipo cronico, persistente e pulsante da cui non si può identificare
l'origine (si ha un'attivazione più lenta Delle fibre sensoriali)
 Dolore riferito: si ha In alcuni casi, quando le fibre dolorifiche di diversi
distretti corporei creano una specie di corto circuito che nega
completamente la sensazione del tatto;
 Il PRDM12 è il quinto dei 10 geni implicati nell'assenza di percezione
dolorifica scoperto finora: due dei cinque geni studiati sono già serviti
allo sviluppo di nuovi farmaci antidolorifici, che si trovano ora alla fase di
sperimentazione clinica.
Dal tatto alla salute del cervello…
 L’analisi delle reti celebrali attivate dagli
stimoli tattili permette di risalire allo stato di
salute del cervello, cogliendo eventualmente i
primi segnali di possibili incipienti di
patologie degenerative come la siringomielia
Siringomielia
 La Siringomielia è una malattia che comporta la comparsa
di una cisti all'interno del midollo spinale, l’organo nervoso
che attraversa tutta la colonna vertebrale.
 Nel tempo, l’estensione della cisti all’interno del midollo
spinale acuisce gradualmente i danni per chi ne è colpito,
causando una progressiva perdita di sensibilità al tatto, al
dolore, alle sensazioni di caldo/freddo e rischiando anche di
compromettere seriamente la mobilità delle articolazioni e
dei muscoli. Le mani sono di solito le più colpite.
Quali sono i sintomi della Siringomielia?
I sintomi possono iniziare a manifestarsi anche in giovane età, per poi progredire
lentamente con la crescita del soggetto. I più comuni sono:
 perdita della sensibilità al tatto
 perdita di sensibilità al dolore
 perdita di sensibilità alle reazioni caldo/freddo
 perdita di massa muscolare
 perdita di forza (soprattutto nelle braccia e nelle mani)
 forti dolori cronici alla colonna vertebrale
 difficoltà nei movimenti
 dissociazione della sensibilità termico dolorifica
Le cause?
Nella maggior parte dei casi le cause connesse all’insorgere della Siringomielia sono sconosciute.
Diverse ipotesi sono state formulate per spiegare la formazione di cisti all’interno della colonna vertebrale.
Ecco le principali:
 ostruzione del regolare flusso del liquido cerebrospinale
 malformazioni strutturali del cervelletto (Sindrome di Arnold-Chiari)
 traumi che provocano danni gravi al midollo spinale
 infezioni
 formazione di tumori
 malattie congenite
 idrocefalo
Come si diagnostica?
 Per una corretta diagnosi in questi casi basta affidarsi ad una risonanza magnetica
che può facilmente mostrare il disturbo e, spesso, suggerire anche la natura della
formazione della ciste all’interno della colonna vertebrale.
Come curarsi?
 La chirurgia è il rimedio cui si ricorre più frequentemente ma non sempre è
garanzia di successo. Più spesso l’unico reale effetto è quello di migliorare i
sintomi del disturbo, soprattutto se si interviene per tempo (altrimenti aumenta il
rischio di causare danni al midollo spinale).
 Per ridurre la siringomielia stessa si introduce un catetere di derivazione interna
nel centro del midollo dove c’è la cisti che faccia scaricare il liquido dal centro del
midollo allo spazio subaracnoideo e che ne riduca il volume.
Cipa
Acronimo inglese di Congenital Insensitivity to Pain with Anhidrosis, in italiano
Insensibilità Congenita al Dolore con Anidrosi o Analgesia, una malattia rara, dovuta ad
una mutazione genetica, che priva chi ne è colpito della sensibilità tattile e della
sudorazione (anidrosi), impedendogli quindi di avvertire gli stimoli dolorosi o le sensazioni
di dolore, caldo e freddo.
Sono circa 500, di cui 3 in Italia i casi di Insensibilità Congenita al Dolore con Anidrosi o
Analgesia.
Quali sono le cause?
 La causa dell’insorgenza della CIPA è genetica. due gruppi di Ricercatori hanno individuato la
causa della malattia in 10 diverse mutazioni a carico del gene PRDM12 sul cromosoma 9.
 Per essere affetti da CIPA occorre essere portatori di entrambe le varianti difettose del gene, che
sarebbe responsabile della produzione di cellule nervose, i neuroni, sensibili al dolore durante lo
sviluppo dell'embrione.
 Il PRDM12 è il quinto dei 10 geni implicati nell'assenza di percezione dolorifica scoperto finora:
due dei cinque geni studiati sono già serviti allo sviluppo di nuovi farmaci antidolorifici, che si
trovano ora alla fase di sperimentazione clinica.
Diagnosi
 Anche se la sua diagnosi non è facile (perché spesso si confonde con la Lebbra per via
di una sintomatologia simile dovuta alle gravi lesioni a mani e piedi che spesso i
malati presentano) questa patologia viene diagnosticata alla nascita.
 I bambini che ne soffrono sono, per esempio, incapaci di capire se si sono morsicati
la lingua o mangiati troppo le unghie, e possono rimanere giorni con un arto rotto o
un'infezione in corso prima che i genitori se ne accorgano.
 la anidrosi, ovvero l’incapacità di produrre sudore, è un altro dei sintomi della
malattia, può portare, nella metà dei casi diagnosticati, alla loro morte per ipertermia
(difficilmente questi malati arrivano all’età adulta di solito arrivano ai tre anni).
Ci sono cure?
 Per la CIPA non vi sono (fino ad ora) cure possibili.
 Anche se, oggi, se ne conosce l’origine genetica, la Ricerca continua a studiare la
malattia e una nuova mutazione genetica è stata identificata da un gruppo di
Ricercatori dell'Università di Cambridge.
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I 5 sensi

  • 1.
  • 3. Le strutture che ricevono stimoli di natura chimica o fisica, come pressione, suoni, temperatura, vibrazioni, luce e sostanze chimiche, sono i recettori sensoriali. Gli stimoli sensoriali sono recepiti e interpretati in base all’area celebrale in cui giungono: per esempio, le sensazioni che si provano toccando un pezzo di ghiaccio o ascoltando un brano musicale sono diverse perché attivano zone celebrali differenti. La percezione e l’eventuale reazione allo stimolo sono il frutto dell’integrazione di distretti diversi del cervello e dell’intero organismo. I recettori sensoriali si distinguono in: • Meccanocettori, che percepiscono le modificazioni meccaniche; •Chemiocettori, attivati dalli stimoli chimici; •Fotocettori, sensibili agli stimoli luminosi; •Termocettori, che si attivano in occasione di variazioni di temperatura; •Nocicettori, legati alla sensazione di dolore; •Osmocettori, che percepiscono la pressione osmotica dei liquidi corporei; •Barocettori, sensibili alle variazioni di pressione.
  • 4. I recettori, posti negli organi di senso, inviano i segnali ad un complesso apparato, il sistema nervoso che li integra, li interpreta ed elabora delle risposte. In pratica, i recettori convertono lo stimolo ricevuto in un impulso di tipo elettrico che rappresenta il modo con cui le cellule del sistema nervoso trasmettono gli stimoli. Questa operazione, detta trasduzione sensoriale, è dovuta a mutamenti chimici che interessano la membrana delle cellule recettrici. La trasduzione permette all’impulso di viaggiare attraverso il sistema nervoso. Quest’ultimo svolge un’azione che si articola in tre fasi. 1. L’acquisizione sensoriale è in pratica una «raccolta dei dati». Gli stimoli provenienti dagli organi di senso vengono condotti ai centri di elaborazione. 2. L’integrazione rappresenta la fase in cui le diverse informazioni vengono assemblate, interpretate ed elaborate. Queste operazioni vengono effettuate dal sistema nervoso centrale e si completano con la formulazione di una risposta allo stimolo ricevuto. 3. Lo stimolo motorio rappresenta l’impulso di risposta che parte dal centro di elaborazione e arriva alle cellule muscolari che eseguono i movimenti. Le cellule del sistema nervoso – i neuroni – sono distinguibili in tre categorie che corrispondono a ciascuna delle tre azioni appena descritte. L’elaborazione compiuta dal sistema nervoso permette di passare dalla sensazione, cioè dalla pura e semplice registrazione dello stimolo sensoriale, alla percezione, cioè ad una interpretazione del messaggio ricevuto.
  • 7. L’anatomia dell’occhio Nell’ occhio è concentrato il 70% di tutti i recettori sensoriali del corpo umano; in ogni occhio i fotocettori sono circa 125 milioni e vengono divisi in coni e bastoncelli. L’ occhio umano è un organo molto complesso costituito da diverse strutture; il bulbo oculare una sfera cava di circa 2,5 cm di diametro, in cui si distinguono tre strati o tonache. La tonaca fibrosa esterna è formata nella porzione posteriore dalla sclera, uno strato epidermico che costituisce la parte bianca dell’occhio che protegge il bulbo e ne determina la forma. Nella parte anteriore la sclera lascia spazio alla cornea, trasparente, attraverso la quale i raggi luminosi entrano nell’ occhio. La cornea è riccamente innervata ma è priva di vasi sanguigni. La tonaca vascolare intermedia è formata nella porzione posteriore dalla coroide, ricca di vasi e pigmenti che assorbono la luce per impedirne la riflessione all’ interno dell’ occhio. Nella pare anteriore la coroide si modifica e da origine all’ iride, un muscolo pigmentato, opaco alla luce, che agisce come il diaframma di una macchina fotografica, la cui apertura è regolata dall’ intensità della luce, al centro della quale si trova un foro detto pupilla. Dietro l’ iride si trova il cristallino, costituisce il sistema di messa a fuoco dell’ occhio. La tonaca sensoriale interna è formata dalla retina, costituita da due strati: lo strato pigmentato esterno, composto da cellule ricche di melanina che assorbono la luce, e lo strato nervoso, composto da tre file di cellule:  Nella prima parte ci sono, i coni che sono responsabili della visione in condizioni di luce brillante e sono quindi importanti per la visione diurna; sono presenti con tre tipi che percepiscono rispettivamente il colore blu, il verde, il rosso, permettendoci di distinguere i colori. I bastoncelli, invece, sono attivi anche in condizioni di luce tenue, ma sono insensibili ai colori;  Nella seconda si trovano le cellule bipolari di associazione, che si connettono da una parte ai fotocettori e dall’ altra alla terza fila di cellule;  Nella terza ci sono le cellule gangliali, gli assoni di queste cellule si riuniscono poi in un fascio, il nervo ottico, che esce dal globo oculare.
  • 8. Attorno all’ occhio ci sono le palpebre, superiore e inferiore, che lo proteggono insieme alle ciglia. Sono presenti anche ghiandole sudoripare e sebacee; l’ occhio è corredato a 30 ghiandole di Meibonio che sboccano al margine delle palpebre e producono una sostanza oleosa, e dalle ghiandole lacrimali all’interno dell’ orbita. A protezione dell’ occhio agiscono anche le lacrime, che contengono anticorpi e lisozima. L’occhio è suddiviso dal cristallino in due camere. La camera anteriore è occupata da un liquido chiamato umor acqueo, costituito da un liquido salino, prodotto a livello dei corpi ciliari e portato nella porzione di unione tra cornea e sclera; fornisce le sostanze nutritive alla cornea e al cristallino, e aiuta a mantenere costante la pressione interna. Anche l’umor vitreo, un liquido gelatinoso che mantiene la forma del globo oculare, aiuta a mantenere una giusta pressione endoculare.
  • 9. Modelli di adattamento Per evitare che i raggi luminosi siano dispersi e non si verifichi una corretta stimolazione della retina, l’occhio ha tre metodi di adattamento: la variazione del foro pupillare, la dilatazione della pupilla fa entrare più luce in caso questa sia scarsa e il restringimento delle pupille evita che alcuni raggi solari si riflettano a livello periferico del cristallino.
  • 10. L’aggiustamento della curvatura del cristallino, quando un oggetto si trova a qualche metro di distanza, i raggi luminosi raggiungono il cristallino quasi in modo parallelo. A mano a mano che l’oggetto si avvicina, i raggi luminosi arrivano al cristallino divergendo, questo fenomeno di curvatura del cristallino a carco dei muscoli ciliari è definito accomodazione.
  • 11. La convergenza degli occhi, quando un oggetto si avvicina, si tende a dirigere lo sguardo verso il naso, ovvero fare una convergenza al centro.
  • 12. Sulla retina gli stimoli visivi si ricompongono in immagini La radiazione luminosa raggiunge la retina fino a stimolare i coni e i bastoncelli. L’ area della retina dove si forma l’immagine più nitida è nota come fovea; in quest’ultima i fotocettori sono costituiti internamente da coni ammassati. Questi formano connessioni con le cellule bipolari e gangliari. La luce induce alcune proteine contenute nei recettori, chiamate fotopigmenti , a trasformarsi nella loro forma attiva che fa cambiare la polarità di membrana. I pigmenti fotosensibili dell’ occhio sono le opsine, la prerogativa di queste proteine è quella di poter assorbire la radiazione luminosa e modificare la propria conformazione. I coni ci permettono di percepire i colori. Sulla retina si forma un’immagine sottosopra e con destra e sinistra invertite: è a livello cerebrale che assume la corretta connotazione spaziale. Il percorso verso il SNC inizia con il potenziale d’azione, che prosegue lungo il nervo ottico. A questo punto il nervo si incrocia parzialmente a livello del chiasma ottico, è una struttura che rappresenta il punto di unione tra il nervo dell’occhio destro e quello del sinistro, è anche il punto in cui le fibre ottiche si intrecciano.
  • 13. I diversi tipi di malattie Le malattie degli occhi sono classificate in base alla parte dell’organo colpita e sono quindi suddivise in malattie delle palpebre, della cornea, della retina, dell’apparato lacrimale, della congiuntiva, dell’iride, del cristallino. I più diffusi sono i difetti refrattivi: miopia, ipermetropia, presbiopia e astigmatismo.
  • 14. Difetti refrattivi • Nelle persone ipermetropi il bulbo oculare è più corto del normale e l’ immagine viene messa a fuoco dietro la retina. • Nei miopi, invece, il bulbo è più lungo e l’ immagine viene messa a fuoco davanti alla retina. • Negli astigmatici la visione è distorta perché la cornea ha forma irregolare per cui la sua capacità di messa a fuoco varia da un punto all’ altro.
  • 15. Cataratta La cataratta è una malattia oculare in cui il cristallino, la lente naturale biconvessa che rifrange la luce per mettere a fuoco un oggetto, va incontro ad una progressiva opacizzazione.
  • 16. Come si manifesta: La cataratta comune tende a svilupparsi in modo graduale: mentre nei primi stadi la malattia non disturba particolarmente la vista, col trascorrere del tempo - quasi sempre - inizia ad interferire con la visione. Così, in mancanza d'intervento, la cataratta può degenerare fino alla cecità più assoluta. Malgrado la cataratta comune - quindi la variante senile - tenda a manifestarsi in entrambi gli occhi (bilateralità della malattia), generalmente un occhio viene colpito prima dell'altro. In genere, la cataratta non induce alcun tipo di cambiamento nell'aspetto dell'occhio: eventuali infiammazioni, arrossamenti o lacrimazione dipendono sicuramente da altre infezioni oculari, e non sono correlate in alcun modo alla cataratta. Solo quando la cataratta diviene "ipermatura", ovvero l'occhio diventa del tutto bianco, il paziente può accusare infiammazione, mal di testa e dolore provocati principalmente dalla malattia.
  • 18. Cataratta nucleare (Colpisce il centro del cristallino), in un primo momento, questo tipo di cataratta provoca una certa miopia. In alcuni casi, la cataratta nucleare favorisce paradossalmente un miglioramento della visione. Progredendo, tuttavia, la patologia altera il cristallino fino al punto che il paziente inizia a vedere le immagini doppie o multiple. Oltre a questi strani sintomi, il malcapitato portatore accusa una visione offuscata da macchie giallastre. Quando non curata, la cataratta nucleare induce un progressivo ingiallimento od imbrunimento del cristallino; di conseguenza, il soggetto non è più in grado di distinguere i colori.
  • 19. Cataratta corticale (Coinvolge i bordi del cristallino), in questa forma di cataratta il bordo del cristallino appare biancastro o presenta delle sfumature cromatiche anomale. Progredendo lentamente, le sfumature si estendono verso il centro, fino ad interferire con la luce che attraversa il centro del cristallino. I pazienti affetti da questo disturbo accusano spesso problemi di abbagliamento della vista.
  • 20. Cataratta sub capsulare posteriore In questa forma di cataratta si presenta dapprima una piccola zona di opacamento in prossimità della parte posteriore del cristallino; precisamente, questa "ombra" si forma proprio nel punto in cui la luce dovrebbe passare per giungere poi nella retina. I pazienti affetti da cataratta sub capsulare posteriore, quasi sempre giovani, accusano spesso fenomeni più o meno frequenti di abbagliamento e/o deterioramento della visione da vicino. Inoltre, i soggetti affetti lamentano serie difficoltà di lettura e la visione notturna è difficoltosa.
  • 21. Cataratta congenita E’ causata da disturbi metabolici della madre o dalla somministrazione di farmaci assunti durante la gestazione e trasmessi al feto.
  • 22. Sintomi generali La cataratta può essere più o meno grave: mentre in alcuni pazienti la malattia procura una lieve difficoltà a mettere a fuoco un'immagine, in altri è responsabile della più totale incapacità visiva. In genere, l'annebbiamento della visione indotto dalla cataratta coinvolge solamente una piccola porzione del cristallino: per questa ragione, nei primi stadi della malattia, il paziente accusa una lieve alterazione della vista. Tuttavia, con il progredire della patologia, la cataratta s'ingrandisce e distorce sempre più la luce che passa attraverso il cristallino: in questo modo, la vista diviene via via più offuscata e la messa a fuoco compromessa. Pur non manifestandosi sempre con la medesima gravità, la cataratta può provocare una serie di sintomi:  Annebbiamento della vista  Difficoltà ad identificare i colori  Difficoltà/ impossibilità di lettura  Dissolvenza delle immagini/ ingiallimento della visione  Necessità di cambiare le lenti degli occhiali più spesso a causa della riduzione della capacità visiva  Osservazione di aloni scuri intorno agli oggetti  Peggioramento della visione in presenza di luce debole/molto forte  Sdoppiamento della vista (sintomo raro)  Visione a macchie o punti
  • 23. Cheratite La cheratite è un generico processo infiammatorio a carico della cornea. Pur essendo spesso di natura infettiva, la cheratite può essere provocata anche da traumi chirurgici o favorita dalla penetrazione di un oggetto nell'occhio. Sebbene possa idealmente colpire chiunque, la cheratite infettiva si manifesta più spesso nei pazienti gravemente immunocompromessi (es. affetti dal virus dell'HIV)
  • 24. Sintomi Le cheratiti sono sempre sintomatiche: difatti, il più delle volte i segni osservabili ed i sintomi percepiti a livello oculare si manifestano in modo piuttosto lampante. Nella maggior parte dei casi, la cheratite esordisce con un forte dolore oculare a rapida insorgenza, accompagnato da intolleranza alla luce (fotofobia), iperemia (occhi rossi) e lacrimazione abbondante. Accanto a questi sintomi, il paziente affetto da cheratite lamenta spesso un'alterazione della visione (offuscamento della vista) e la percezione di un corpo estraneo all'interno dell'occhio. Talvolta, la cheratite può provocare un dolore tale da impedire al paziente di aprire gli occhi
  • 25. Struttura oculare da osservare in caso di presunta cheratite Caratteristiche da valutare Congiuntiva Infiammazioni, alterazioni strutturali: follicoli, papille, ulcere, cicatrici, corpi stranei Margini palpebrali Ulcerazioni, anomalie Film lacrimale Occhio secco Cornea Edema, ulcerazioni nello stroma, perforazione, assottigliamento Sclera Ulcerazioni, infiammazioni, noduli, spessore
  • 26. Cura La cura per la cheratite dev'essere attentamente valutata in base all'agente causale che l'ha indotta. Nonostante i farmaci utilizzati per il trattamento delle differenti forme di cheratite siano diversi, gli obiettivi da perseguire sono pressoché gli stessi:  Allontanare l'agente causale  Controllare l'infiammazione  Favorire la riepitelizzazione (ricrescita dell'epitelio corneale lesionato)
  • 27. Cheratiti infettive La cheratite infettiva tende a progredire rapidamente; pertanto, un tempestivo intervento è fondamentale per prevenire eventuali complicanze. In base all'agente causale, il trattamento per la cheratite infettiva prevede l'applicazione topica e/o la somministrazione sistemica (per bocca o per via endovenosa) di: Farmaci antibiotici: es. Levofloxacina, Gatifloxacina, Ofloxacina Farmaci antivirali: es. aciclovir (farmaco d'elezione per la cura della cheratite virale da Herpes virus) Farmaci antifungini: es. Voriconazolo(indicato per il trattamento delle cheratiti da Candida e Fusarium) In generale, per velocizzare la guarigione e ridurre l'infiammazione a livello corneale in tempi brevi, il medico prescrive una cura con farmaci corticosteroidi da applicare direttamente nell'occhio.
  • 29. L’anatomia L'orecchio è l'organo che permette la percezione dei suoni (il cosiddetto senso dell'udito) e che garantisce l'equilibrio statico e dinamico del corpo. Suddivisibile in tre compartimenti - i cui nomi sono orecchio esterno, orecchio medio e orecchio interno l'orecchio è formato da porzioni di natura cartilaginea, ossa, muscoli, nervi, vasi sanguigni, ghiandole sebacee e ghiandole ceruminose
  • 30. L’orecchio esterno L'orecchio esterno è, sostanzialmente, la componente dell'orecchio visibile a occhio nudo ai lati della testa. Le principali parti che lo costituiscono sono: il padiglione auricolare (costituito da due rime ricurve chiamate elice e antielice, due sporgenze chiamate trago e antitrago, la conca e il lobo), il condotto uditivo esterno (o meato acustico esterno) e la faccia esterna del timpano (o membrana timpanica).
  • 31. L’orecchio medio L'orecchio medio è la componente dell'orecchio compresa tra l'orecchio esterno e l'orecchio interno. Le sue principali parti costituenti sono: la membrana timpanica (o timpano), la cavità timpanica, in cui prendono posto i cosiddetti tre ossicini, la tuba uditiva (più nota come tromba di Eustachio), la finestra ovale e la finestra arrotondata.
  • 32. L’orecchio interno L'orecchio interno è la componente più profonda dell'orecchio. Situate in una cavità dell'osso temporale, il cui nome è labirinto osseo, le parti che costituiscono l'orecchio interno sono sostanzialmente due: l'apparato vestibolare (o sistema vestibolare) e la coclea. In anatomia, il complesso “apparato vestibolare - coclea” prende il nome di labirinto membranoso. All'interno, così come all'esterno, dell'apparato vestibolare e della coclea, circola un fluido caratteristico: il fluido all'esterno prende il nome di perilinfa, mentre il fluido all'interno è l’endolinfa. Interponendosi tra il labirinto osseo e il labirinto membranoso, la perilinfa agisce da cuscinetto ammortizzante, che impedisce gli urti tra una delle strutture dell'orecchio interno e le pareti ossee circostanti. L'endolinfa, invece, gioca un ruolo fondamentale nel processo di percezione dei suoni e nei meccanismi di equilibrio.
  • 33. L’udito come funziona? Le strutture dell’orecchio esterno (padiglione auricolare) catturano le onde sonore e le indirizzano all’orecchio medio dove esse mettono in vibrazione il timpano; a questo punto i tre ossicini presenti nell’orecchio medio (incudine, staffa e martello) amplificano le vibrazioni del timpano e le trasmettono alla coclea, che le trasforma in impulsi nervosi che percepiscono la frequenza e l’intensità del suono. Le onde sonore però, passano anche attraverso le ossa del cranio ed in particolare attraverso l’osso temporale che circonda la coclea, un suono quindi può essere percepito dall’orecchio interno anche se l’orecchio medio (ossicini) ha subito una lesione.
  • 34. Orecchio ed equilibrio: ecco come funziona L’orecchio è importante anche perché ospita gli organi dell’equilibrio che percepiscono il movimento della testa e la sua posizione nello spazio. L’equilibrio è il senso che ci permette di percepire e controllare la posizione del nostro corpo nello spazio. La funzione dell’equilibrio è modulata dall’apparato vestibolare: questa porzione anatomica si trova a livello dell’orecchio interno ed è collegato a vari centri nervosi motori che controllano i muscoli che, a loro volta, garantiscono il mantenimento dell’equilibrio e la posizione eretta. In funzione del movimento del capo, l’apparato vestibolare agisce in modo diverso: se il capo effettua movimenti di rotazione del capo, si attivano i canali circolari; al contrario, se il capo effettua movimenti lineari, sono utricolo e sacculo (due cavità) a fornire le informazioni relative a questi moti al sistema nervoso. Dal labirinto vengono inviate informazioni verso il sistema nervoso circa le caratteristiche di accelerazione e velocità del capo nello spazio: le informazioni circa il suo spostamento nello spazio sono essenziali nel mantenimento dell’equilibrio.
  • 35. L’otite L'otite è un'infiammazione acuta o cronica dell'orecchio dovuta ad insulti batterici o virali. In base alla porzione auricolare coinvolta, è possibile distinguere più forme di otite:  Otite interna: l'infiammazione coinvolge l'orecchio interno.  Otite media: probabilmente la variante più comune nei bambini in età pediatrica, è un'infiammazione a carico dell'orecchio medio.  Otite esterna: oltre a coinvolgere il canale uditivo esterno, questa forma di otite tende a colpire anche il timpano. Ad ogni modo, non sempre il timpano ne risulta compromesso.  Miringite: l'otite assume la connotazione precisa di miringite quando il processo infettivo-infiammatorio colpisce esclusivamente la membrana timpanica. Indipendentemente dall'area auricolare colpita dall'infezione, tutte le varie forme di otite possono presentare un decorso acuto o cronico. Si parla di otite acuta quando l'infiammazione si conclude definitivamente nell'arco di un breve periodo, senza necessariamente aver bisogno di cure; diversamente, l'otite cronicizza quando il paziente, non riuscendo a debellare spontaneamente il patogeno in tempi brevi, richiede farmaci specifici per la guarigione completa. Il sintomo che accomuna tutte le differenti forme di otite è il mal d'orecchio (otalgia): l'intensità del dolore e l'eventuale presenza di altri sintomi (es. perdita d'equilibrio, vertigini, nausea ecc.) dipende dall'area di orecchio interessata dall'infiammazione.
  • 36. Otite interna (o labirintite) L'orecchio interno è formato da organi di senso adibiti alla regolazione dell'equilibrio e dell'udito. L'otite interna è meglio conosciuta come labirintite, dato che l'infiammazione coinvolge soprattutto il labirinto: si tratta di una piccola porzione auricolare interna costituita da organi addetti al mantenimento dell'equilibrio e all'ascolto di musica e parole. Cause Malgrado non sia possibile risalire con certezza assoluta alla causa scatenante, l'otite interna sembra esser causata da:  infezioni batteriche o virali, come la parotite (orecchioni) o l'otite acuta  meningite: in questi casi, l'otite interna si manifesta nella sua variante purulenta (pus)  violente reazioni allergiche a sostanze/farmaci (es. antibiotici)  stress estremo
  • 37. Otite media L'otite media è un'infezione tipica dell'età infantile che si manifesta a livello dell'orecchio medio, precisamente nello spazio compreso tra la membrana timpanica e l'orecchio interno. La variante acuta è probabilmente la più comune in assoluto. Cause Il più delle volte, l'otite media viene diagnosticata nei bambini successivamente ad un semplice raffreddore: le infezioni delle vie respiratorie, estendendosi lungo la tuba di Eustachio, possono infatti raggiungere l'orecchio medio, creando danno. Infatti la tuba di Eustachio è un canalicolo che mette in comunicazione il naso con l'orecchio medio. Oltre al raffreddore, anche la faringite, le allergie e l'ingrossamento delle adenoidi (tonsille faringee) possono predisporre il paziente all'otite media.
  • 38. Otite esterna L'otite esterna, chiamata anche otite del nuotatore, è un'infiammazione acuta o cronica a carico del canale auricolare esterno. Precisamente, l'otite esterna coinvolge soprattutto l'epitelio di rivestimento del condotto uditivo esterno; nonostante quanto detto, l'infezione può estendersi anche più in profondità. Cause Gli agenti patogeni coinvolti sono principalmente batteri e virus (in particolare virus erpetici). L'otite esterna acuta, tipica dei bambini, è spesso conseguenza di eczemi od otiti medie purulente, responsabili della progressiva macerazione della cute di rivestimento del canale uditivo esterno. L'otite esterna può essere favorita da alcuni fattori predisponenti, come freddo, umidità, secchezza del canale auricolare o accumulo di cerume (tappo). L'otite esterna cronica è tipica dei soggetti immunocompromessi, diabetici o affetti da gravi deficienze vitaminiche.
  • 39. Le cure ll medico ha a disposizione diversi farmaci per la cura dell’otite:  gli antibiotici, necessari quando si sospetta una causa batterica;  gli antinfiammatori per togliere il dolore e il gonfiore;  i decongestionanti nasali se l’otite è associata ad un raffreddore;  gli antistaminici, se concomitano disturbi allergici. La maggior parte delle otiti si risolve spontaneamente o con le terapie mediche prescritte. Tuttavia ci sono dei casi nei quali può rendersi necessario un intervento chirurgico. Il più semplice, la miringotomia, consiste in un’incisione della membrana timpanica che permette la fuoriuscita delle secrezioni e l’attenuarsi del dolore. Nel caso dell’otite media secretiva che persiste da molto tempo , alla miringotomia può seguire il posizionamento di un tubicino di ventilazione o drenaggio trans timpanico che permette all’aria di entrare nell’orecchio medio dal condotto uditivo esterno.
  • 40. La sindrome di menière La sindrome di Menière è una malattia del labirinto, ossia dell’orecchio interno caratterizzata da tre disturbi:  abbassamento di udito (ipoacusia),  ronzii (acufeni)  crisi di vertigini. Si caratterizza per l'accumulo di endolinfa all'interno del labirinto e per la conseguente alterazione del segnale nervoso tra orecchio e cervello.
  • 41. Anatomia patologica L'accumulo di endolinfa, detto anche idrope, determina una dilatazione delle strutture che la contengono: labirinto e coclea. Questi cambiamenti causano:  Un danno alle cellule che compongono l'epitelio di labirinto e coclea  Un innalzamento della pressione interna  Un'alterazione della trasmissione del segnale nervoso tra orecchio interno e cervello.
  • 42. Le cause Esistono diverse teorie sulle possibili cause della sindrome, ma nessuna è risultata conclusiva; il termine sindrome indica infatti un insieme di sintomi che potrebbero essere provocati da cause diverse. Alcuni ricercatori ritengono che la sindrome di Ménière sia il risultato di una vasocostrizione simile a quella che origina l’emicrania. Altri ipotizzano che possa essere conseguente a  infezioni virali,  allergie,  reazioni autoimmuni. Poiché la sindrome di Ménière sembra avere un decorso famigliare, potrebbe anche dipendere da variazioni genetiche causanti anomalie nel volume o nella regolazione dell’endolinfa.
  • 43. Le fasi della malattia 1. In una prima fase della malattia, i sintomi si manifestano come attacchi transitori ed episodici, che possono durare da 20 minuti a diverse ore. Hanno spesso un inizio acuto e improvviso e, di solito, colpiscono un orecchio soltanto. È assai frequente che il paziente sia soggetto ad attacchi ravvicinati nel tempo, che possono durare un paio di giorni o anche una settimana. Terminate queste manifestazioni, segue un periodo di remissione, interrotto da un'altra serie di attacchi. In media, un individuo con sindrome di Ménière allo stato iniziale manifesta, in un anno, dalle 6 alle 11 "crisi" di questo genere. Le vertigini possono insorgere senza essere accompagnate da perdita dell'udito; mentre, il nistagmo (condizione caratterizzata dal movimento involontario, rapido e ripetitivo, degli occhi), quando compare, è solitamente di breve durata. Pertanto, è difficile stabilire con precisione la sintomatologia, in quanto, quest'ultima, varia da paziente a paziente. 2. Quando la sindrome di Ménière è in fase avanzata, alcuni sintomi cominciano ad assumere un carattere permanente. È il caso della perdita di udito, per esempio. Infatti, un paziente soggetto ad attacchi ripetuti negli anni sviluppa un danno irreversibile alle strutture che compongono il labirinto e la coclea. L'evoluzione, in alcuni casi, è così grave che può portare alla sordità completa dell'orecchio colpito. Sebbene sia meno comune, anche la sensazione di "fischi" nell'orecchio, o acufeni, può diventare un sintomo permanente. Mentre, per quanto riguarda la mancanza di equilibrio, anche questa può diventare una condizione stabile, nonostante le vertigini siano meno frequenti.
  • 44. Fase iniziale Fase avanzata VERTIGINI IMPROVVISE, DELLA DURATA MASSIMA DI QUALCHE ORA VERTIGINI MENO FREQUENTI MANCANZA DI EQUILIBRIO TEMPORANEA MANCANZA DI EQUILIBRIO DURATURA NEL TEMPO NAUSEA E VOMITO NAUSEA E VOMITO PERDITA TEMPORANEA DELL’UDITO IN UN ORECCHIO PERDITA PERMANENTE (FINO ALLA SORDITA’) DELLA CAPACITA’ UDITIVA DELL’ORECCHIO COLPITO. INTERESSAMENTO DELL’ALTRO ORECCHIO ACUFENI TEMPORANEI ACUFENI PERMANENTI NISTAGMO DI BREVE DURATA (E’ RARO CHE SIA PROLUNGATO NEL TEMPO) NISTAGMO DI LUNGA DURATA
  • 45. Cura e terapia La sindrome di Ménière purtroppo non dispone di una cura specifica, ma possono però essere indicati alcuni degli approcci sottoelencati per la gestione dei sintomi:  Farmaci. Il sintomo più invalidante della sindrome di Ménière è la vertigine. Farmaci su prescrizione medica, come alcune benzodiazepine possono alleviare la vertigine e ridurne la durata.  Restrizione del sale e diuretici. In alcuni soggetti, una dieta povera di sale e l’assunzione di diuretici controllano la sintomatologia riducendo la ritenzione idrica dell’organismo, con possibili minori volume e pressione del liquido nell’orecchio.  Altre modifiche alimentari e comportamentali. Alcuni soggetti individuano in caffeina, cioccolato e alcolici alimenti che peggiorano i sintomi, quindi riducendone le quantità o eliminandoli dalla propria dieta si osserva spesso un miglioramento dei sintomi. Anche l’astensione dal fumo può aiutare a ridurre i sintomi.  Iniezioni. L’iniezione di gentamicina nell’orecchio medio aiuta a controllare le vertigini ma aumenta significativamente il rischio di perdere l’udito; la gentamicina, infatti, può danneggiare le microscopiche cellule cigliate dell’orecchio interno che servono a sentire. Alcuni medici iniettano piuttosto un corticosteroide, che spesso aiuta a ridurre le vertigini senza rischi per l’udito.  Chirurgia. La chirurgia può trovare indicazioni quando tutti gli altri trattamenti non sono riusciti ad attenuare le vertigini. Alcune procedure chirurgiche vengono eseguite sul sacco endolinfatico per decomprimerlo. Altro possibile intervento è il taglio del nervo vestibolare, anche se viene eseguito più raramente.
  • 47. Il naso Il naso è l’organo situato al centro del viso, in posizione mediana, che costituisce la parte iniziale delle vie respiratorie. Coinvolto nelle attività respiratorie e olfattive, è formato da ossa e cartilagine che ne formano la struttura esterna, che risulta sporgente rispetto al piano del viso. Al suo interno si trovano le parti anteriori delle fosse nasali che consistono in due canali lunghi e tortuosi rivestiti di mucosa che si aprono, verso l’esterno del corpo, nelle narici.
  • 48. La sua struttura Il naso è una struttura molto complessa, che comprende elementi di natura ossea e cartilaginea, vasi sanguigni, vasi linfatici e terminazioni nervose. Per semplificare la sua descrizione, gli anatomisti analizzano separatamente la parte esterna di quest'ultimo dalla parte interna. Meglio nota come naso esterno o piramide nasale, la parte esterna è la porzione di naso visibile a occhio nudo, che contraddistingue ogni volto e che ha una caratteristica forma a piramide. La parte interna (o naso interno), invece, è la porzione di naso che coincide con le due cavità nasali e in cui risiedono le cellule olfattive (ossia le cellule che garantiscono l'olfatto) e le strutture per il passaggio dell'aria inalata, durante la respirazione.
  • 49. Naso esterno Nel naso esterno, possono riconoscersi 5 aree anatomiche di riferimento, che sono: la radice nasale, il ponte nasale, il dorso nasale, le due ali nasali e la punta nasale. Prendendole singolarmente possiamo osservare che:  La radice nasale è identificabile laddove risiede la sutura frontale, rappresenta la porzione superiore del naso esterno ed è in continuità con la fronte;  Il ponte nasale è la porzione a forma di sella situata, generalmente, tra i due occhi e separa la radice nasale dal dorso nasale;  Il dorso nasale è conosciuto anche come cresta nasale, è il tratto prominente che va dal ponte nasale alla punta nasale e che contraddistingue la forma del naso, inoltre è la porzione di naso che risalta agli occhi nella visione di profilo;  Le ali nasali sono le porzioni di naso esterno laterali al dorso nasale e alla punta nasale, circondano le narici;  La punta nasale è conosciuta anche come apice nasale, è la porzione inferiore del naso esterno e segna la fine del dorso nasale. Inferiormente, possiede due aperture distinte, meglio note come narici nasali, che rappresentano l'inizio delle due cavità nasali (e del naso interno). Il rivestimento cutaneo del naso esterno è particolare, infatti, mentre la cute che ricopre le ossa è sottile e priva di qualsiasi tipo di ghiandola, la cute che ricopre le varie strutture cartilaginee è spessa e ricca di ghiandole sebacee. Il rivestimento cutaneo del naso esterno arriva fino ai bordi esterni delle narici nasali, dopodiché, inizia la mucosa.
  • 50. Lo scheletro del naso esterno comprende elementi di natura ossea ed elementi di natura cartilaginea. Gli elementi di natura ossea sono: le due ossa nasali, le due ossa mascellari e l'osso frontale.  Le ossa nasali formano il ponte nasale e la parte superiore del dorso nasale. Ciascun osso nasale confina superiormente, con l'osso frontale, lateralmente, con l'osso mascellare omolaterale ed infine, medialmente, con l'osso nasale controlaterale. Sono ossa craniche del cosiddetto splancnocranio (si veda l'articolo sul cranio).  Le ossa mascellari supportano la parte laterale del naso e si articolano con numerose ossa del naso interno. Appartenenti allo splancnocranio, sono le ossa della mascella.  L’osso frontale costituisce buona parte della radice nasale e confina, inferiormente, con le due ossa ossa nasali. Appartenente al neurocranio, è l'osso cranico impari della fronte.
  • 51.
  • 52. Gli elementi di natura cartilaginea, invece, sono: le due cartilagini laterali superiori, le due cartilagini alari maggiori (o cartilagini laterali inferiori), le due cartilagini alari minori, la cartilagine settale e la cosiddetta columella (separa la narice destra da quella sinistra).
  • 53. Naso interno Nelle due cavità nasali del naso interno, ci sono: il vestibolo, la regione olfattiva e la regione respiratoria.  Il vestibolo, considerando le narici come l'inizio del naso interno, è la primissima parte delle cavità nasali. È una zona allargata, fornita di un rivestimento mucoso. Negli adulti, è anche la regione del naso interno da cui possono originare i peli nasali.  La regione olfattiva è situata all'apice delle cavità nasali, è la regione del naso interno in cui risiedono le cellule olfattive, ossia le cellule che garantiscono la percezione degli odori.  La regione respiratoria è la regione più estesa del naso interno. È rivestita da un epitelio pseudostratificato ciliato, in cui risiedono anche cellule mucipare caliciformi che sono elementi cellulari che secernono muco.
  • 54. Alla particolare struttura del naso interno concorrono diverse ossa del cranio come le ossa palatine, l'osso etmoide, i turbinati inferiori, il vomere e le già citate ossa mascellari.  Le ossa palatine sono i due elementi ossei che formano il margine latero-inferiore delle cavità nasali, i pavimenti delle cavità orbitarie e il tetto di una parte del palato duro.  L’osso etmoide è un osso impari importante per l'anatomia del naso interno, in quanto dà origine, in ciascuna cavità nasale, a tre strutture molto particolari, chiamate lamina cribrosa, turbinato superiore e turbinato medio. La lamina cribrosa è una sorta di piatto dotato di piccoli fori, attraverso cui passano le fibre nervose del nervo olfattivo. I turbinati superiore e medio, invece, sono di fatto delle piccole sporgenze ossee, ricoperte da tessuto vascolare erettile- cavernoso (più internamente) e da mucosa respiratoria cigliata (più esternamente). Com'è intuibile, il turbinato superiore è così chiamato perché sovrasta il turbinato medio.  I turbinati inferiori sono situati uno nella cavità nasale destra e uno nella cavità nasale di sinistra, sono due sporgenze simili ai turbinati dell'osso etmoide. La somiglianza con quest'ultimo riguarda anche i rivestimenti di cui sono forniti. Dal punto di vista della posizione, i turbinati inferiori risiedono al di sotto dei turbinati superiori e dei turbinati medi.  Il vomere è l'osso impari che costituisce la parte inferiore del setto nasale.
  • 55. Oltre alle ossa del cranio ci sono anche delle componenti osteo-cartilaginee come il setto nasale, ossia la lamina che, interposta tra le due cavità nasali, le separa in modo modo ermetico.
  • 56. All'interno delle cavità nasali, trovano sfogo, tramite degli orifizi chiamati osti, i cosiddetti seni paranasali che sono cavità naturali ripiene d'aria, che trovano sede nello spessore delle ossa del viso poste attorno agli occhi, al naso e alle guance. I seni paranasali sono, in tutto, 4 paia: i due seni frontali, i due seni etmoidali, i due seni sfenoidali e i due seni mascellari. La loro funzioni sono svariate: sono essenziali per la funzionalità e la protezione dell‘apparato respiratorio, aumentano la percezione degli odori, alleggeriscono la scatola cranica, regolano la tonalità della voce e favoriscono il drenaggio delle lacrime e delle eventuali secrezioni mucose in direzione delle cavità nasali.
  • 57. I muscoli Il naso comprende diversi muscoli, i quali hanno il compito di controllarne i movimenti. Innervati dal nervo facciale, questi muscoli sono: il muscolo procero, il muscolo elevatore del labbro superiore e dell'ala del naso, il muscolo nasale, il muscolo depressore del setto nasale, il muscolo dilatatore anteriore delle narici e il muscolo dilatatore posteriore delle narici.
  • 58. Vascolarizzazione e innervazione del naso esterno A rifornire di sangue ossigenato la cute del naso esterno sono, principalmente, le branche dell'arteria mascellare e dell'arteria oftalmica e, secondariamente, l'arteria angolare e l'arteria nasale laterale. L'arteria mascellare deriva dall'arteria carotide esterna; l'arteria oftalmica dall'arteria carotide interna; infine, l'arteria angolare e l'arteria nasale laterale dall'arteria facciale. Per quanto riguarda l’innervazione invece la sensibilità cutanea del dorso nasale e delle ali nasali spetta al cosiddetto nervo nasale esterno, che è una branca del nervo oftalmico, il quale è, a sua volta, una delle tre branche principali del nervo trigemino (le altre due sono il nervo mascellare e il nervo mandibolare). Mentre la sensibilità cutanea delle porzioni laterali del naso esterno (ali nasali escluse) spetta al cosiddetto nervo infraorbitario, che è una branca del nervo mascellare.
  • 59. Vascolarizzazione e innervazione del naso interno A rifornire di sangue ossigenato il naso interno sono sia l'arteria etmoidale anteriore e l'arteria etmoidale posteriore, esse sono due branche dell'arteria oftalmica, la quale è, a sua volta, una branca dell'arteria carotide interna, sia l'arteria sfenopalatina, l'arteria palatina maggiore, l'arteria labiale superiore e le arterie nasali laterali. Tutte queste arterie derivano direttamente dall'arteria carotide esterna. Per l’innervazione si distinguono l'innervazione sensitiva del naso interno in due tipologie differenti: l'innervazione sensitiva di tipo speciale che consiste nella rete di terminazioni nervose, che provvedono al senso dell'olfatto e l'innervazione sensitiva di tipo generale che consiste nella rete di terminazioni nervose, che controllano la sensibilità interna delle cavità nasali, vestibolo compreso.
  • 60. Ma che funzioni svolge il naso?  Le cellule olfattive, presenti nella regione olfattiva del naso interno, sono fornite di strutture specifiche, chiamate recettori olfattivi. I recettori olfattivi sono i veri artefici del senso dell'olfatto. Infatti, attraverso di essi le cellule olfattive captano gli odori e stimolano le fibre nervose dei nervi olfattivi. Con la stimolazione dei nervi olfattivi, il cervello (per la precisione i bulbi olfattivi del cervello) riceve le informazioni relative agli odori presenti nell'ambiente ed elabora, qualora fosse necessario, le risposte più appropriate.  Come primo tratto delle vie aeree, il naso ha il compito di adattare l'aria inspirata alle esigenze del corpo umano. Per questo, è fornito di strutture che gli permettono di riscaldare, umidificare e purificare l'aria introdotta con gli atti respiratori. Se le cavità nasali mancassero dei turbinati e delle altre loro strutture caratteristiche, l'essere umano introdurrebbe nei polmoni aria non sufficientemente calda, non purificata dai germi e non correttamente umidificata.
  • 61. IL PAPILLOMA INVERTITO Il papilloma invertito dei seni paranasali è un tumore benigno che origina dalla parete laterale del naso e si estende ai seni paranasali. I tumori della cavità nasale sono equamente distribuiti tra benigni e maligni, con il Papilloma Invertito che risulta il principale all'interno del gruppo dei benigni ed il Carcinoma Squamocellulare nei maligni. Più del 44% dei casi di tumore sono imputabili ad esposizione lavorativa a sostanze come nickel, cromo, olio isopropilico, idrocarburi volatili e fibre organiche riscontrate nella lavorazione del legno, delle scarpe e nell'industria tessile. In aggiunta, il papilloma virus può agire come co-fattore ed il trattamento è chirurgico.
  • 62. Le caratteristiche Le caratteristiche principali di questo tumore sono: la monolateralità, la spiccata tendenza a recidivare, l’aggresività locale nei confronti delle strutture circostanti come la lamina cribrosa (la lamina ossea che separa il naso dal cervello), la lamina papiracea (la lamina ossea che separa l’occhio dal naso) e la tendenza all’associazione con tumori maligni (carcinoma squamoso). L’eziologia non è ancora ben chiara ma sicuramente possono essere chiamati in causa diversi fattori come l’allergia, il fumo di tabacco, il papilloma virus. Sono colpiti da questa patologia soprattutto gli adulti tra i 50 ed i 70 anni con prevalenza dei maschi rispetto alle femmine.
  • 63. Sintomi e diagnosi I principali sintomi sono: l’ostruzione respiratoria nasale monolaterale, la rinorrea e l’epistassi. All’esame endoscopico è possibile osservare una formazione polipoide di aspetto e consistenza più ‘carnosa’ rispetto ai polipi normali, spesso nascosta dagli stessi polipi (Fig.1). Mentre con la TC si evidenzia la presenza di una neoformazione monolaterale dei seni paranasali più o meno estesa (Fig.2).
  • 65.  Il tatto è uno dei cinque sensi; esso è preposto alla percezione degli stimoli che interessano la superfice esterna del corpo umano attraverso cui il cervello riceve informazioni dall’ambiente circostante. L’organo per eccellenza deputato al tatto è la pelle  il tatto ha il compito di riconoscere le caratteristiche fisiche degli oggetti (durezza, forma) che vengono a contatto con la superfice esterna del nostro corpo.
  • 66. Funzioni della pelle La cute svolge una serie di funzioni protettive fondamentali:  essa è impermeabile all’acqua  assorbe i raggi ultravioletti del sole evitando che entrino in profondità e danneggino l’organismo  Blocca ed elimina i microrganismi che potrebbero causare gravi infezioni  Contribuisce a mantenere la temperature interna del corpo  Espelle attraverso il sudore quei liquidi che non vengono eliminati dai reni attraverso le feci
  • 67. La struttura delle pelle:  La nostra pelle è suddivisa in tre strati:  EPIDERMIDE: lo strato più superficiale che impedisce l’ingresso degli agenti patogeni e presenta alcune terminazioni nervose che , oltre a farci sentire un forte dolore quando ci facciamo una semplice bruciatura ci consentono di entrare in contatto con il mondo esterno attraverso il tatto .  DERMA: compie la funzione di sostegno, resistenza, nutrizione del corpo  IPODERMA: lo strato più profondo, esso è posto tra il derma e i tessuti adiposi o muscolari sottostanti. nell’ ipoderma sono presenti altre terminazioni nervose
  • 68. Sullo strato superficiale sono presenti terminazioni nervose che, veicolano stimoli di caldo, freddo, prurito e dolore; esse sono lunghe pochi centimetri nel cranio e oltre 2m dalla punta dei piedi alla corteccia sensoriale Attraverso il midollo spinale i fasci di fibre nervose arrivano al tronco celebrale dove si incrociano, infine passando per il talamo terminando nella corteccia Questi recettori collaborano con gli altri all’interno di tendini , muscoli e giunture permettendo al cervello di verificare continuamente le condizioni del corpo I recettori si dividono in :  Terminazioni nervose libere: presenti di solito nell’epidermide, essi sono più sensibili a stimoli dolorifici e tattili  Terminazioni nervose dei follicoli piliferi: sono presenti nell’ipoderma e tappezzano il follicolo pilifero. Sono stimolate da ogni movimento del pelo causato da un minimo contatto
  • 69. I recettori:  I recettori in base alla loro distribuzione nei diversi strati della pelle hanno aspetti e funzionalità diversi:  Bulbi terminali di Krause: sono recettori presenti nel derma all’interno di una capsula, essi sono sensibili al freddo  Corpuscoli dei Pacini o lamellari: sono situati nell’ipoderma, sono presenti degli anelli concentrici di cellule capsulari che racchiudono terminazioni sensibili alla pressione(ovvero a stiramenti e vibrazioni)  Corpuscoli di Ruffini: presenti nell’ipoderma sono ramificazioni di fibre nervose appiattite e racchiuse in strati di cellule capsulari(Questi recettori sono molto sensibili al calore per questo detti termorecettori).
  • 70.  Dischi di Merkel: sono formati da terminazioni nervose libere, hanno la forma di una ramificazione e trasportano sensazioni tattili a lento adattamento( ovvero sono sensibili a una stimolazione continua)  Corpuscoli di Meissner: sono terminazioni nervose incapsulate, formate da dendriti ricoperti da una capsula di connettivo; questi recettori sono attivati da stimoli tattili lievi, hanno rapido adattamento e sono concentrati soprattutto a livello delle mani, delle labbra della punta della lingua e a livello genitale
  • 71.  Fusi neuromuscolari: Sono recettori presenti a livello dei muscoli e dei tendini, sono sensibili allo stiramento Delle fibre muscolari e fanno parte dei recettori sensoriali meccanici  Questi recettori portano l'informazione verso il SNC con una risposta di adattamento( stimoli continuo) data dalla contrazione di un numero più o meno elevato di fibre muscolari (il corpo risponde in maniera progressiva alla fatica necessaria per sollevare masse differenti)  Questi recettori sono definiti anche propriocettori perché informano il SNC della posizione del muscolo nello spazio e contribuiscono al mantenimento dell'equilibrio
  • 72.  I nocicettori: sono terminazioni nervose libere che si attuano in conseguenza a stimoli eccessivi(quindi dolorosi) di temperatura, pressione o stiramento.  Sulla superfice del corpo il dolore avvertito é acuto, rapido e pungente per questo la risposta è spesso un riflesso( dato che deve produrre un movimento che annulli immediatamente il dolore)  Dallo stimoli è sempre possibile percepire il punto d'origine, Gli stimoli Partono direttamente dal midollo spinale(spesso prima ancora che il cervello percepisca la sensazione)
  • 73.  Gli stimoli di dolore a livello degli organi interni portano ad un dolore di tipo cronico, persistente e pulsante da cui non si può identificare l'origine (si ha un'attivazione più lenta Delle fibre sensoriali)  Dolore riferito: si ha In alcuni casi, quando le fibre dolorifiche di diversi distretti corporei creano una specie di corto circuito che nega completamente la sensazione del tatto;  Il PRDM12 è il quinto dei 10 geni implicati nell'assenza di percezione dolorifica scoperto finora: due dei cinque geni studiati sono già serviti allo sviluppo di nuovi farmaci antidolorifici, che si trovano ora alla fase di sperimentazione clinica.
  • 74. Dal tatto alla salute del cervello…  L’analisi delle reti celebrali attivate dagli stimoli tattili permette di risalire allo stato di salute del cervello, cogliendo eventualmente i primi segnali di possibili incipienti di patologie degenerative come la siringomielia
  • 75. Siringomielia  La Siringomielia è una malattia che comporta la comparsa di una cisti all'interno del midollo spinale, l’organo nervoso che attraversa tutta la colonna vertebrale.  Nel tempo, l’estensione della cisti all’interno del midollo spinale acuisce gradualmente i danni per chi ne è colpito, causando una progressiva perdita di sensibilità al tatto, al dolore, alle sensazioni di caldo/freddo e rischiando anche di compromettere seriamente la mobilità delle articolazioni e dei muscoli. Le mani sono di solito le più colpite.
  • 76. Quali sono i sintomi della Siringomielia? I sintomi possono iniziare a manifestarsi anche in giovane età, per poi progredire lentamente con la crescita del soggetto. I più comuni sono:  perdita della sensibilità al tatto  perdita di sensibilità al dolore  perdita di sensibilità alle reazioni caldo/freddo  perdita di massa muscolare  perdita di forza (soprattutto nelle braccia e nelle mani)  forti dolori cronici alla colonna vertebrale  difficoltà nei movimenti  dissociazione della sensibilità termico dolorifica
  • 77. Le cause? Nella maggior parte dei casi le cause connesse all’insorgere della Siringomielia sono sconosciute. Diverse ipotesi sono state formulate per spiegare la formazione di cisti all’interno della colonna vertebrale. Ecco le principali:  ostruzione del regolare flusso del liquido cerebrospinale  malformazioni strutturali del cervelletto (Sindrome di Arnold-Chiari)  traumi che provocano danni gravi al midollo spinale  infezioni  formazione di tumori  malattie congenite  idrocefalo
  • 78. Come si diagnostica?  Per una corretta diagnosi in questi casi basta affidarsi ad una risonanza magnetica che può facilmente mostrare il disturbo e, spesso, suggerire anche la natura della formazione della ciste all’interno della colonna vertebrale.
  • 79. Come curarsi?  La chirurgia è il rimedio cui si ricorre più frequentemente ma non sempre è garanzia di successo. Più spesso l’unico reale effetto è quello di migliorare i sintomi del disturbo, soprattutto se si interviene per tempo (altrimenti aumenta il rischio di causare danni al midollo spinale).  Per ridurre la siringomielia stessa si introduce un catetere di derivazione interna nel centro del midollo dove c’è la cisti che faccia scaricare il liquido dal centro del midollo allo spazio subaracnoideo e che ne riduca il volume.
  • 80. Cipa Acronimo inglese di Congenital Insensitivity to Pain with Anhidrosis, in italiano Insensibilità Congenita al Dolore con Anidrosi o Analgesia, una malattia rara, dovuta ad una mutazione genetica, che priva chi ne è colpito della sensibilità tattile e della sudorazione (anidrosi), impedendogli quindi di avvertire gli stimoli dolorosi o le sensazioni di dolore, caldo e freddo. Sono circa 500, di cui 3 in Italia i casi di Insensibilità Congenita al Dolore con Anidrosi o Analgesia.
  • 81. Quali sono le cause?  La causa dell’insorgenza della CIPA è genetica. due gruppi di Ricercatori hanno individuato la causa della malattia in 10 diverse mutazioni a carico del gene PRDM12 sul cromosoma 9.  Per essere affetti da CIPA occorre essere portatori di entrambe le varianti difettose del gene, che sarebbe responsabile della produzione di cellule nervose, i neuroni, sensibili al dolore durante lo sviluppo dell'embrione.  Il PRDM12 è il quinto dei 10 geni implicati nell'assenza di percezione dolorifica scoperto finora: due dei cinque geni studiati sono già serviti allo sviluppo di nuovi farmaci antidolorifici, che si trovano ora alla fase di sperimentazione clinica.
  • 82. Diagnosi  Anche se la sua diagnosi non è facile (perché spesso si confonde con la Lebbra per via di una sintomatologia simile dovuta alle gravi lesioni a mani e piedi che spesso i malati presentano) questa patologia viene diagnosticata alla nascita.  I bambini che ne soffrono sono, per esempio, incapaci di capire se si sono morsicati la lingua o mangiati troppo le unghie, e possono rimanere giorni con un arto rotto o un'infezione in corso prima che i genitori se ne accorgano.  la anidrosi, ovvero l’incapacità di produrre sudore, è un altro dei sintomi della malattia, può portare, nella metà dei casi diagnosticati, alla loro morte per ipertermia (difficilmente questi malati arrivano all’età adulta di solito arrivano ai tre anni).
  • 83. Ci sono cure?  Per la CIPA non vi sono (fino ad ora) cure possibili.  Anche se, oggi, se ne conosce l’origine genetica, la Ricerca continua a studiare la malattia e una nuova mutazione genetica è stata identificata da un gruppo di Ricercatori dell'Università di Cambridge.