DI JONATHAN BAZZI 9 APRILE 2018 - Esistono due tipi di persone: quelle che affrontano la fine di una relazione dicendo le cose come stanno, e lasciando che l’altro faccia altrettanto, e quelle che semplicemente spariscono. Io appartengo alla seconda categoria e perciò sento di poter dire la mia su quello che sembra sia ormai un tratto generazionale. È nata addirittura una parola per definirlo: ghosting, ovvero diventare dei fantasmi, sparire improvvisamente, smettendo di rispondere a chiamate, messaggi, email, anche se fino a quel momento sembrava tutto andasse bene. Di fatto è una tattica interpersonale passivo-aggressiva: si parla di ghosting soprattutto per l’ambito sentimentale, ma può interessare anche i rapporti d’amicizia o professionali. Qualcuno potrebbe dire che non c’è niente di nuovo: gli stronzi e i vigliacchi sono sempre esistiti.
Il ghosting è la violenza psicologica preferita della nostra generazione - The Visionsting
1. 03/09/18 11:19Il ghosting è la violenza psicologica preferita della nostra generazione - The Vision
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Esistono due tipi di persone: quelle che affrontano la fine di una relazione dicendo le cose come
stanno, e lasciando che l’altro faccia altrettanto, e quelle che semplicemente spariscono. Io
appartengo alla seconda categoria e perciò sento di poter dire la mia su quello che sembra sia ormai
un tratto generazionale. È nata addirittura una parola per definirlo: ghosting, ovvero diventare dei
fantasmi, sparire improvvisamente, smettendo di rispondere a chiamate, messaggi, email, anche se
fino a quel momento sembrava tutto andasse bene. Di fatto è una tattica interpersonale passivo-
aggressiva: si parla di ghosting soprattutto per l’ambito sentimentale, ma può interessare anche i
rapporti d’amicizia o professionali. Qualcuno potrebbe dire che non c’è niente di nuovo: gli stronzi e
i vigliacchi sono sempre esistiti.
Negarsi, sparire nel nulla, è sempre stato possibile, ma la comunicazione via internet ha reso
endemico il fenomeno. Chat e social permettono lo scambio di messaggi a oltranza, spesso anche in
assenza di rapporto diretto, e non c’è più molta differenza – soprattutto per chi è cresciuto dalla
seconda metà degli anni ’90 in poi – tra sentirsi a distanza e parlarsi dal vivo. La comunicazione
online rende molto più semplice non assumersi la responsabilità delle proprie azioni. E il passaggio
IL GHOSTING È LA VIOLENZA PSICOLOGICA PREFERITA DELLA
NOSTRA GENERAZIONE
DI JONATHAN BAZZI (HTTPS://THEVISION.COM/AUTHOR/JONATHAN-BAZZI/) 9 APRILE 2018
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dal contatto intensivo al silenzio è questione di un attimo: basta chiudere il pc e alzarsi dalla
scrivania o rimettere in tasca il cellulare. Su internet ci si può rappresentare come si vuole e quando
non si riesce a gestire qualcosa la soluzione è lì a portata di mano: si smette di rispondere, si silenzia
la chat o si va direttamente offline.
Attraverso un sondaggio (http://blog.pof.com/2016/03/pof-survey-reveals-80-millennials-ghosted/) il
sito di appuntamenti Plenty of Fish ha rilevato che su un campione di 800 utenti fra i 18 e 33 anni,
l’80% di essi ha subito un’esperienza di ghosting. Altre fonti (https://www.elle.com/life-love/sex-
relationships/advice/a12787/girls-ghosting-relationships/) ridimensionano un po’ il fenomeno al 50%
degli intervistati, ma in ogni caso sembra si tratti un vero trend. Spesso il ghosting è l’esito di stili di
attaccamento (http://www.stateofmind.it/tag/attaccamento/) disfunzionali, ovvero di relazioni
affettive sbagliate con quelli che la psicologia contemporanea definisce caregiver, cioè i genitori o
comunque chi si è preso cura di noi durante l’infanzia. Il dolore emotivo, quando viene sperimentato
in fasi molto precoci, tende a creare degli schemi che poi tendiamo a replicare. Io stesso, prima di
diventare un esperto di ghosting attivo, sono stato un esperto di ghosting passivo.
Quando ero piccolo mio padre mi prometteva che sarebbe venuto a prendermi per portarmi in posti
nuovi ed entusiasmanti – i miei si sono separati un paio d’anni dopo la mia nascita – ma spesso non
si presentava agli appuntamenti, senza nemmeno avvisarmi. Restavo in attesa, per ore, vicino al
telefono che non squillava. Le sue sparizioni non sono mai state accompagnate da una spiegazione, e
lui ricompariva magari dopo una settimana o due, come se nulla fosse. Non è un modo di
giustificarmi: fare ghosting è terribile, ma è contagioso. A credere che si possano gestire in questa
maniera le relazioni si impara; è un comportamento a cui si assiste e di cui poi ci si appropria. E
anche se un trauma pregresso non elimina la responsabilità delle nostre azioni, almeno fornisce un
appiglio dal quale partire per risolvere la cosa.
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Sin dall’adolescenza mi capita spesso di sottrarmi quando c’è qualcosa che mi dà fastidio o mi ha
messo a disagio. Anche se in realtà io, proprio come mio padre, sono un esperto più che altro di uno
dei corollari del ghosting: lo zombieing. Ovvero il fatto di tornare all’improvviso – come zombie,
appunto – dopo un periodo di silenzio. Gli zombie sono quelli che ci ripensano, o che erano spariti
solo per un po’. Mi sono reso conto che pratico ghosting e zombieing per mantenere il controllo, cosa
che non potrei fare se mi esponessi alle reazioni imprevedibili dell’altro. Chi come me fa ghosting ha
un obbiettivo – uscire da una situazione scomoda – e ha davanti a sé due strade per conseguirlo: può
scegliere quella più incasinata, ovvero affrontare la questione col diretto interessato e farsi carico
delle sue reazioni, oppure può scegliere la scorciatoia, scomparendo nel nulla. Il ghosting è
l’alternativa più facile: si raggiunge lo stesso risultato, ma con molta meno fatica.
Noi amanti del ghosting abbiamo serie difficoltà ad accettare l’idea di poter deludere le aspettative
dell’altro. Non riusciamo a essere i cattivi della situazione, o i deboli, o quelli sbagliati. Non vogliamo
sentire su di noi il peso del giudizio negativo della persona a cui diciamo no, e quindi scegliamo di
non vedere le conseguenze delle nostre azioni. Evitiamo il nostro disagio annullando del tutto l’altro,
nel tentativo (assurdo) di essere amati lo stesso, nonostante la rottura. O almeno di non vederci
proiettati addosso una perdita di stima e delusione.
Conosco bene le conseguenze traumatiche del ghosting. Sono assolutamente d’accordo con le
ricerche che dicono che il disagio che si sperimenta in casi del genere è violento e ben poco astratto:
il rifiuto sociale attiva nel cervello gli stessi percorsi neurali del dolore fisico
(https://www.psychologytoday.com/us/blog/living-forward/201511/is-why-ghosting-hurts-so-much). È
dilaniante e ingestibile avere a che fare con una persona che ti piace, o con cui stava iniziando una
storia, e che di punto in bianco scompare. E rimanere in contatto con gli altri è molto importante per
il nostro istinto di sopravvivenza: il nostro cervello ha un sistema di monitoraggio sociale (SSM) che
controlla l’ambiente per capire come reagire alle situazioni che coinvolgono gli altri e il ghosting
priva proprio di questi segnali. Quando l’autostima collassa, si soffre molto di più di fronte a una
separazione, perché si è visto che il corpo produce meno endorfine
(https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3814222/), le quali aiuterebbero a sentire meno il
dolore della perdita. Il ghosting fa sì che la persona che ne è vittima impieghi più tempo per superare
la separazione: nel silenzio immotivato reagire e andare avanti può essere praticamente impossibile.
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Il ghosting, dunque, è una forma di abuso emotivo da parte di chi lo pratica. Ma è anche,
essenzialmente, una forma di autodifesa basata su una serie di risposte istintive e automatiche.
Insomma: è roba da maneggiare nello studio di un terapeuta. Se avete a che fare con qualcuno che
sparisce all’improvviso, rendetevi conto che sta dimostrando soprattutto la sua inadeguatezza e la
sua fragilità. Se invece vi trovate dall’altra parte, se vi rendete conto di non riuscire ad attraversare
la fine di un rapporto, considerate piuttosto l’idea di farvi dare una mano da qualcuno di
competente. Non perché si debba essere tutti buoni e responsabili: fare ghosting è un modo di gestire
i problemi che nasconde una grande immaturità psicologica. Chi interrompe una relazione sentendo
di non potersi permettere di rendere conto di quello che fa, facilmente si porta dietro un miscuglio di
sentimenti malsani. Senso di colpa, paura, convinzione di non sapere gestire il dolore, mancanza di
autonomia, per non parlare del fatto che lasciarsi alle spalle una marea di conti in sospeso non è
geniale neanche se si volesse guardare solo al proprio tornaconto. Il bisogno di scansare tutte le
situazioni compromettenti è un serio campanello d’allarme.
Prima o poi una situazione che ci priva del mantello dell’invisibilità capita a tutti. E a quel punto il
rischio di ritrovarsi come i molluschi senza la conchiglia è altissimo. Non tutti i problemi si lasciano
annullare dalle nostre sparizioni. Parola di ghoster.
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