Siamo un gruppo di lavoratrici e lavoratori precari del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa: ricercatori, tecnologi, tecnici, amministrativi ed operatori.
Da mesi si susseguono iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica, le Istituzioni e gli esponenti politici nei confronti della ricerca pubblica italiana.
1. E’ tempo di agire!
Siamo un gruppo di lavoratrici e lavoratori precari del Consiglio Nazionale delle
Ricerche di Pisa: ricercatori, tecnologi, tecnici, amministrativi ed operatori.
Da mesi si susseguono iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica, le Istituzioni e gli
esponenti politici nei confronti della ricerca pubblica italiana.
Il taglio dei fondi ordinari e il blocco del turn over degli ultimi anni hanno ulteriormente
aggravato il fenomeno del precariato all’interno del CNR e di tutti gli EPR.
L'applicazione concreta dell'articolo 20 della Legge Madia, che potrebbe finalmente porre
rimedio alla drammaticità di questa situazione, deve necessariamente passare per un
incremento dei finanziamenti ordinari degli Enti Pubblici di Ricerca.
La legge di bilancio, attualmente in approvazione al Senato, prevede il finanziamento di soli
300 posti di lavoro a fronte dei 4500 necessari a livello nazionale per il funzionamento del
solo CNR.
Qualora venissero mantenuti questi numeri il futuro della ricerca pubblica italiana sarebbe
definitivamente compromesso.
Resta poco tempo per agire concretamente: per quanto riguarda il Senato, il termine
ultimo per la presentazione degli emendamenti è previsto intorno alla metà di novembre.
La perdita di posti di lavoro, che potrebbe conseguirne, qualora la situazione restasse
immutata, implicherebbe una trasformazione del tessuto socio-economico con un ulteriore
impoverimento territoriale e nazionale.
Verrebbe a mancare inoltre il raggiungimento degli obiettivi previsti nel programma quadro
dell’Unione europea - Horizon 2020 - per quanto riguarda l’incremento della quota del PIL
destinato alla ricerca e come tale funzionale al benessere del Paese.
La mancata acquisizione di risorse altamente qualificate rappresenterebbe quindi una
sconfitta scientifica, culturale e umana di cui l’Italia non può essere il testimone.
Chiediamo quindi con forza che il governo inserisca nella finanziaria i fondi
necessari per garantire i posti di lavoro di coloro che ormai da anni sono impegnati
con professionalità e competenza in attività di ricerca.