“ Enki s'avvicinò alle provviste delle bevande inebrianti, s'accostò al vino; Mischiò con generosità birra di spelta; In una botte apposita,che la bevanda rende buona, mischiò; Come approvvigionamento macellai buoi, giorno dopo giorno uccisi pecore; mosto, birra, olio e vino gli artigiani bevvero come fosse acqua del fiume, essi celebrarono una festa come se fosse la festa del Nuovo Anno! L’epopea di Gilgamesh
“ Una volta arrivati a Bubasti, celebrano la festa offrendo imponenti sacrifici; in questa ricorrenza si consuma più vino d’uva che in tutto il resto dell’anno” Erodoto, Le Storie Erodoto racconta della festa che si teneva nella città di Bubasti in onore alla divinità egiziana più legata al nettare degli dei, Osiride, il dio a cui si attribuiva la conoscenza del vino, che veniva quindi spesso usato a scopo religioso e rituale
Le principali uve autoctone della Campania come Aglianico, Greco, Fiano, Falanghina, Biancolella e Piedirosso sono quasi sicuramente di origine greca. In particolare l’Aglianico: il suo nome deriva dall’antica città di Elea, fondata dai Greci Focesi, per cui Eleanico, oppure dalla corruzione del termine Ellenico, cioè della Grecia
"Giungemmo alla terra dei Ciclopi, prepotenti e selvaggi. Essi lasciano fare agli dei: non piantano un albero con le loro mani, non arano. Ma senza semine e senza colture tutto là viene su, il frumento e l'orzo, e viti che portano grappoli enormi, da vino: glieli ingrossa così la pioggia di Zeus…" "Allora io mi feci avanti. Andai vicino al Ciclope, gli parlavo, tenendo fra le mani una ciotola colma di vino nero. Dicevo: 'Ciclope, to', bevi vino ora che hai mangiato carni d'uomo. Così saprai che sorta di bevanda è questa che la nave nostra teneva in serbo. Io ti portavo una libagione, se mai avevi pietà di me e mi rimandavi a casa. Ma tu fai il furioso, non sei più sopportabile. Sciagurato! e come potrà venir qui da te, un domani, qualche altro dei tanti uomini della terra? Non ti comporti a dovere.' Così dicevo. Egli prese la ciotola e bevve fino in fondo: e gustò visibilmente la dolce bevanda, e me ne chiedeva ancora, una seconda volta: 'Dammene ancora, da bravo. E dimmi il tuo nome subito, ora. Voglio fartelo, il dono ospitale: e tu ne sarai contento. Anche ai Ciclopi produce la terra vino da grossi grappoli: ma questo è uno zampillo di nettare e d'ambrosia.' Così diceva. E io gli porsi ancora una volta di quel vino rosso. Tre volte gliene diedi e tre volte egli bevve d'un fiato, nella sua stoltezza. E quando il vino gli andò giù, al Ciclope, fino ai precordi, mi rivolgevo a lui con dolci parole: 'Ciclope, tu mi domandi il mio nome. Ed io te lo dirò. Ma tu dammi il dono ospitale come promettesti. Nessuno è il mio nome: Nessuno mi chiamano la madre e il padre e anche tutti i compagni.' Così parlavo. Ed egli subito mi rispose, lo spietato: 'Nessuno, io, per ultimo me lo mangerò, fra i suoi compagni: quegli altri là, prima. Questo sarà per te il mio dono ospitale.' Così disse. E rovesciandosi indietro cadde supino. E là giaceva immobile, con la grossa cervice piegata da un lato. Lo soggiogava il sonno che tutto doma. E dalla gola gli venivano su sgorghi di vino e bocconi di carne umana. Ruttava e vomitava, ubriaco com'era…” (ODISSEA)
*Pioggia e tempesta dal cielo cadono immense; le acque dei fiumi gelano: [...] [...] Il freddo scaccia, la fiamma suscita, il dolce vino con l'acqua tempera nel cratere, senza risparmio; morbida lana le tempie avvolga. **Beviamo, perchè aspettare le lucerne? Breve il tempo. O amato fanciullo, prendi le grande tazze variopinte, perchè il figlio di Zeus e Sémele diede agli uomini il vino per dimenticare i dolori. Versa due parti di acqua e una di vino; e colma le tazze fino all'orlo: e l'una segua subito l'altra. ***Il vino è specchio dell'uomo **** "Ora bisogna bere; bere ora bisogna, perché Mirsilo è morto."
"Salve, grande genitrice di messi, terra Saturnia, grande madre di eroi. Ma il suolo grasso e ricco di fecondi umori e il campo coperto d'erba, fertile e ubertoso... ti offriranno un giorno viti rigogliose e fluenti di molto Bacco..." (Georg. II, 173)
Anche dai reperti archeologici si evince l’importanza del commercio fra Gallia ed Etruria: a Cap d'Antibes è stato trovato il relitto di una nave contenente circa 170 anfore di Vulci
"Questo vino massico è venuto dai torchi di Sinuessa. Mi chiedi sotto quale console fu imbottigliato? Non c'erano ancora i consoli." Poiché dieci buoni per il vino furon dati a ciascun dei cavalieri, come mai tu, Sestiliano, ne bevi venti e da solo? L'acqua calda ai nostri acquaioli sarebbe già mancata, se tu, Sestiliano, non bevessi soltanto vino puro.
Domandi perché mai in tanti giorni la febbre non ti lasci, o mio Letino, e gemi e ti lamenti di continuo. Essa è portata con te nella lettiga e viene alle terme insieme a te, mangia boleti, ostriche e cinghiale e tettine di scrofa, spesso del vino di Sezze si ubriaca e spesso del Falerno e il Cècubo non beve se non è filtrato in neve. Di rose ornata e d'amomo brunito profumata si sdraia sul triclinio, dorme su un letto soffice di piume e di porpora coperto. Dal momento che mangia di buon gusto, che stando in te vive così bene, vuoi che la tua febbre preferisca di andare da Dama, il mendicante? Marziale Epigrammi
Ovidio diceva a questo proposito: "Vino lina vitiata" attribuendo così al lino, la capacità di modificare in peggio la qualità della bevanda. A proposito di filtrazione Plinio parla di Saccus Vinarius, un sacco appunto che veniva usato per colare il vino, ossia per purgarlo dalle fecce o per addolcirlo. Si usava poi mischiare il vino, profumato con i vari ingredienti come erbe e bacche, anche con acqua calda perché più salubre e si otteneva una bevanda che si conservava in vasi circondati da carboni accesi o da recipienti di acqua bollente.
Versaci dell'immortal Falerno ; i voti da me fatti richiedono un orcio di vin vecchio. Cinque coppe beviamone e poi sei e otto infine, tante quante sono le lettere del nome Marziale, Epigrammata Nessun albero, prima della sacra vite, tu pianterai, o Varo, nei fertili dintorni di Tivoli e presso le mura di Catilo; giacché agli astemi la divinità presenta tutto difficile, né con altro mezzo, se non col vino, scompaiono le preoccupazioni che ci tormentano. Orazio, Odi
Scaurus… non sopporterebbe che qualcosa che può corrompere il suo vino si avvicini ai muri della sua cantina; pensò una volta di divorziare dalla moglie perché era entrata in questo luogo in un momento in cui era indisposta come sono solite essere le donne; cosa che poteva, secondo lui, far inacidire i suoi preziosi vini.