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Millenaria e distillata cultura del bere
Dall’Egitto al Friuli, fino al made in Italy enologico, l’antica arte della grappa
La piccola botte
che ha fatto storia
BARRIQUE
Rito antico di piacere
U
na delicata tecnica di vinificazione e un utilizzo antico che risale
addirittura ai Galli: la barrique (una piccola botte di legno general-
mente con capacità di 225 litri).
Un binomio quello distillato-legno introdotto dai Galli che inventarono la
piccola botte, la barrique appunto, di cui si servivano per trasportare i
liquidi. Pian piano il legno elevò il suo ruolo da mezzo di trasporto a stru-
mento di vinificazione e affinamento. Si scoprì che poteva cedere al vino i
suoi tannini (detti gallici), le aldeidi aromatiche (che apportano nuovi
aromi), le sostanze odoranti (che regalano al vino quel sapore detto
boisé).
La barrique proviene dalla Francia
I cento nomi del nettare di vinaccia:
ogni regione ha il suo
N
on si esagera certo dicendo
che l’Italia è come un antico
vigneto, con una tradizione
che risale ai Greci, ai Romani e agli
Etruschi che impiantarono i primi
vitigni da cui poi sono nati liquori e
distillati famosi, come quello di vi-
naccia, nome particolare per indica-
re la grappa.
Un liquore che racchiude in sè gli
aromi e i profumi dell’Italia. Il fasci-
no della grappa si nasconde nel pro-
cesso produttivo: la distillazione,
che avviene ancora come in passato
con l’utilizzo di alambicchi dalle for-
me armoniose.
Ma cos’ha di tanto prezioso l’«ac-
qua di vite»? Andiamo con ordine.
L’acquavite e l’arte della distillazio-
ne in genere, risalgono alla notte dei
tempi, legati a filo doppio con l’al-
chimia, l’antica pratica della distilla-
zione di erbe aromatiche nata
nell’Asia meridionale, introdotta
successivamente in Egitto e in
Grecia, e infine appresa dai Romani.
Così se in Mesopotamia e nell’anti-
co Egitto si conoscevaquestapratica
già quattro millenni prima di Cristo,
inrealtàgliinventoridell’«acquadel-
la vita», furono gli Arabi, che crearo-
no un metodo di distillazione che
permetteva di arricchire il prodotto
di aromi facendo passare i vapori al-
colici attraverso la cenere o la calce
viva. Per spiegare come la grappa sia
arrivata in Italia e come si sia diffusa
nelle regioni del nord-est, bisogna
rifarsi ad una leggenda, secondo cui
un ignoto legionario romano del
primo secolo avanti Cristo, prove-
niente dal Friuli, tornò dalla campa-
gna d’Egitto con le conoscenze per
la distillazione.
Il distillato di vinaccia diventa così il
simbolo del Friuli dove già «a partire
dal 511 dopo Cristo si praticava que-
sta antica arte» come ricorda lo sto-
rico Luigi Papo.
Nel Medioevo questo metodo di
trattare i frutti della vite andò diffon-
dendosi, anche se i prodotti ottenuti
rimasero a lungo di uso esclusiva-
mente medico e furono portati
in tavola come liquore solo nel
XVI secolo.
Il primo trattato riguar-
dante l’acquavite, infat-
ti, venne pubblicato da
Michele Savonarola,
medico padovano nonché zio del
più celebre frate, il quale nel testo De
arte confectionis acquae vitae de-
scrive tre tipi di acquavite in uso
nel XV secolo in Italia: l’ac-
quavite semplice, l’ac-
quavite comune e la
quintessenza.
Ma è soprattutto con
il Rinascimento e poi
nel XVII secolo che la
praticatrovaveriepro-
pri estimatori, soprat-
tutto nel nord Italia e così
aVenezia nasce la Corporazione de-
gli Acquavitieri.
Percorrendo i secoli, un forte impu-
lso alla produzione della grappa si
ebbe durante la seconda metà del di-
ciottesimo secolo, a seguito di un
edittodiMariaTeresad’Asburgo,che
permiseladistillazionefamiliarecon
l’esenzione da gabelle, come ricom-
pensa per la fedeltà delle truppe
Friulane.
Mentre all’inizio del Novecento la
grappalegheràilsuonomeallaPrima
GuerraMondiale.
Quest’avvenimento ha radicato pro-
fondamente la grappa nella storia del
nostro Paese facendone un’istituzio-
ne nazionale come la pasta e il sigaro
toscano.
Con gli anni Ottanta il distillato di vi-
naccia cambia d’abito diventa un li-
quore raffinato e nobile, un prodotto
diculturaediimmaginechediffonde
l’Italia nel mondo. L’ultima iniziativa,
volutadall’IstitutoNazionaleGrappa,
ha portato all’apertura di ben due
Italian Grappa Club a Londra, locali
del Made in Italy Enologico, in quan-
toilmercatoIngleseèprobabilmente
quelloconmaggioripossibilitàdisvi-
luppo.
Un liquore che
racchiude in sé
gli aromi e i profumi
del nostro Paese
ANGELA PAGANI
ROSSELLA ROSCIANO
La vendemmia, convivio di cultura e tradizione
O
rmai da secoli la grappa rappresenta il li-
quore di chi ama la propria terra, le proprie
tradizioni, le proprie origini e, se socchiu-
diamo gli occhi mentre sorseggiamo questo distil-
lato, ci evoca i sentieri rocciosi di
montagna, gli alpini oppure la cam-
pagna nebbiosa del cacciatore che
dopo il «cicchetto» affronta il freddo,
la pioggia e il sonno. La grappa da
sempre ricorda le serate invernali,
davanti al caldo del fuoco chiac-
chierando con gli amici, e non solo,
ci porta alla memoria anche rac-
conti e libri dei nostri grandi auto-
ri come Beppe Fenoglio o La luna
e i falò di Cesare Pavese. Negli ul-
timi anni però, oltre alle norma-
li grappe, i produttori hanno creato, per soddisfa-
re le richieste degli estimatori alla ricerca di un gu-
sto più raffinato e ricco di aromi, grappe di vitigno
unico (monovitigno) che, proprio per le loro par-
ticolari caratteristiche, hanno un sentore, un pro-
fumo e aromi netti e precisi. Da dove nasce la
grappa di monovitigno? Il «sole d’uva imbottiglia-
to», cioè la grappa, come venne descritta in felice
sintesi da Paolo Monelli nel suo libro dedicato al
Vero bevitore, trovò un interprete geniale in
Francesco Trussoni, maestro di alambicchi.
Questo benemerito pioniere, nel lontano 1885,
ebbe la straordinaria intuizione di creare la prima
monovitigno della storia. Le grappe di monoviti-
gno sono ottenute distillando esclusivamente vi-
nacce da uve di una stessa varietà, provenienti da
vigneti selezionati in particolari territori.
È quello che fa Frattina, con sede a Prata di
Pordenone, nel cuore di una delle aree vinicole più
antiche d’Italia, dove la vite è coltivata da centinaia
d’anni. Frattina, forte del suo know how, seleziona
attentamente vinacce da uve di una stessa varietà,
provenienti da vigneti appartenenti ad un territo-
rio selezionato. Una soluzione di estrema distin-
zione per realizzare distillati sempre più vicini al
cuore dell’uva e all’anima del territorio. Distillati
in grado si restituire gli aromi e i profumi di quelle
uve. Oggi il monovitigno rappresenta una quota
rilevante sul totale mercato della grappa e in que-
sto segmento Frattina è leader con una quota a
volume complessiva del 14%. Frattina è riuscita
ad affermarsi grazie ad un mix vincente: un pro-
dotto morbido e delicato, un processo produttivo
dagli elevati standard qualitativi, un’immagine
elegante ed essenziale ed una varietà di offerta in
grado di soddisfare i palati più esigenti e ricercati.
Dalla profonda conoscenza del territorio e dalla
grande passione nella distillazione di vinacce affini,
Frattina crea la sua gamma di 5 grappe di vitigno
unico: Chardonnay, Moscato, Pinot Bianco,
Prosecco e Sauvignon. Grappe morbide al palato e
ricche di aromi e sentori in grado di riportare al viti-
gno autoctono distillato.
Grappe trasparenti, pure, cristalline; grappe vellu-
tate ed armoniose; grappe dalle molteplici sfuma-
ture che esaltano ogni singola nota aromatica in un
concerto di emozioni.
La più conosciuta di tutte le grappe Frattina di viti-
gno unico è Grappa Frattina di Chardonnay.
Profuma di fiori bianchi, salvia, crosta di pane ed
erba tagliata di fresco. In bocca è gentile, poi vigo-
rosa e imponente. È fresca, con sentori di primave-
ra e di fioritura.
Alla linea di 5 vitigni unici, nel corso del 2004,
Frattina ha affiancato tre esclusive proposte che si
collocano nel segmento delle grappe pregiate:
Barrique Frattina di Cabernet, dal gusto delicato
ma dal carattere deciso, affinata in botticelle di le-
gno per oltre dodici mesi, Clarae Uvae, un’acquavi-
te d’uva bianca, al palato morbida come il velluto e
Riserva Frattina, un prodotto di altissimo pregio,
che ha origine da un’attenta selezione di vinacce
rosse e bianche, distillate lentamente in alambicchi
di rame, ed invecchiata in barriques di legno per al-
meno 24 mesi.
Il monovitigno: l’evoluzione
La prima grappa
da vitigno unico
nasce nel 1885
ETIMOLOGIA
«Sgnapa o graspa?»
M
a da dove derivano i termini grappa e acqua-
vite? Dobbiamo fare un salto indietro nei se-
coli per scoprirlo.
Per quanto riguarda la grappa vera e propria, è di-
mostrato che fosse prodotta in Friuli già nel XV seco-
lo, ma solo nel XVII secolo si parla di distillazione del-
la vinaccia e il termine «grappa» entra nell’uso comu-
ne solo alla fine del XIX secolo.
Il nome assume talvolta nomi dialettali particolari.
E così nei dialetti settentrionali è grapa, vocabolo evi-
dentemente connesso con grappolo, troviamo anche
graspa che può essere spiegato come influenza di ra-
spo o graspo. In istriano è trapa imparentato con il
friulano trape, entrambi i termini significano vinaccia.
Lo stesso termine in emiliano diventa bru-
sca accostabile al brasca che ritroviamo in
Trentino. I termini veneti e friulani sgna-
pa e sgnape derivano dal tedesco e signi-
ficano acquavite. In Calabria la grappa è
indicata con il termine spirito e in
Sardegna con aquardenti ofilu e ferru.
Acquavite invece deriva dal latino aqua vi-
tae (acqua di vita) cioè acqua che ridà la vita,
ma è curiosa anche un’altra derivazione etimo-
logica accertata in manoscritti medioevali se-
condo i quali il termine si rifà ad aqua vitis
intendendo con vitis la forma a spirale
del serpentino di refrigerazione.
S
occhiudiamo gli occhi, avvicinia-
moilbicchiereesentiamoilprofu-
mo forte e intenso della grappa, e
come ogni piacere anche questo ha i
suoi riti e le sue particolarità. Così per
degustarelagrappa,ibicchieripiùido-
nei sono il «tulipano piccolo» e la «co-
pita di Jérez». Cerchiamo di cogliere
quelle emozioni e sensazioni che la degu-
stazione ci sa dare: sapori e profumi che
sono determinati dalle molteplici varietà di
uve e dalla ricchezza dei territori di origine.
L'abitudine a «buttar giù» la grappa in un
sol sorso senza provare nemmeno ad as-
saporarla ne ha frenato la crescita quali-
tativa per lungo tempo.
Oggi tutto è molto diverso e dal 1978 esiste
un’associazione – l’Anag (Associazione
Nazionale Assaggiatori di Grappa) - che ha
codificato un sistema per l’assaggio delle
grappe.
Per cogliere fino in fondo la qualità di una
grappa occorre una valutazione visiva, olfat-
tiva, gustativa, retrolfattive e la persistenza.
Seguiamo passo a passo questo processo:
- Esame olfattivo. Si fa versando nel bic-
chiere una piccola quantità di grappa in mo-
do che dopo averla fatta roteare si sprigiona-
no una varietà di profumi, quali il fruttato e il
fiorito.
- Esame gustativo. Si esegue introducendo
in bocca una piccola quantità di grappa che
viene deglutita avvertendone le sensazioni
tattili. I sapori presenti in una grappa sono il
dolce, l’acido, l’amaro; il resto delle sensazio-
ni gustative è rappresentato dalle sensazioni
tattili.
- Esame visivo. Prevede una valutazione
della trasparenza della tonalità della qualità
cromatica e dell’intensità di colore.
- Sensazioni retrolfattive. Si cerca invece
un’ulteriore conferma di quanto già avvertito
a livello olfattivo valutando la complessità,
l’articolazione e la completezza del bouquet.
- Persistenza. Si giudica infine la durata del-
l’aroma una volta che la grappa è stata de-
glutita.
Dall’amore per la propria terra, Frattina
propone i suoi prodotti ottenuti da vinacce di vitigno unico
Dagli esperti tutti i segreti del «tulipano
piccolo» o della «copita di Jérez»
DEGUSTAZIONE
Grappa Frattina di Chardonnay,
la più conosciuta di tutte le grappe Frattina

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La barrique proviene dalla Francia I cento nomi del nettare di vinaccia: ogni regione ha il suo N on si esagera certo dicendo che l’Italia è come un antico vigneto, con una tradizione che risale ai Greci, ai Romani e agli Etruschi che impiantarono i primi vitigni da cui poi sono nati liquori e distillati famosi, come quello di vi- naccia, nome particolare per indica- re la grappa. Un liquore che racchiude in sè gli aromi e i profumi dell’Italia. Il fasci- no della grappa si nasconde nel pro- cesso produttivo: la distillazione, che avviene ancora come in passato con l’utilizzo di alambicchi dalle for- me armoniose. Ma cos’ha di tanto prezioso l’«ac- qua di vite»? Andiamo con ordine. L’acquavite e l’arte della distillazio- ne in genere, risalgono alla notte dei tempi, legati a filo doppio con l’al- chimia, l’antica pratica della distilla- zione di erbe aromatiche nata nell’Asia meridionale, introdotta successivamente in Egitto e in Grecia, e infine appresa dai Romani. Così se in Mesopotamia e nell’anti- co Egitto si conoscevaquestapratica già quattro millenni prima di Cristo, inrealtàgliinventoridell’«acquadel- la vita», furono gli Arabi, che crearo- no un metodo di distillazione che permetteva di arricchire il prodotto di aromi facendo passare i vapori al- colici attraverso la cenere o la calce viva. Per spiegare come la grappa sia arrivata in Italia e come si sia diffusa nelle regioni del nord-est, bisogna rifarsi ad una leggenda, secondo cui un ignoto legionario romano del primo secolo avanti Cristo, prove- niente dal Friuli, tornò dalla campa- gna d’Egitto con le conoscenze per la distillazione. Il distillato di vinaccia diventa così il simbolo del Friuli dove già «a partire dal 511 dopo Cristo si praticava que- sta antica arte» come ricorda lo sto- rico Luigi Papo. Nel Medioevo questo metodo di trattare i frutti della vite andò diffon- dendosi, anche se i prodotti ottenuti rimasero a lungo di uso esclusiva- mente medico e furono portati in tavola come liquore solo nel XVI secolo. Il primo trattato riguar- dante l’acquavite, infat- ti, venne pubblicato da Michele Savonarola, medico padovano nonché zio del più celebre frate, il quale nel testo De arte confectionis acquae vitae de- scrive tre tipi di acquavite in uso nel XV secolo in Italia: l’ac- quavite semplice, l’ac- quavite comune e la quintessenza. Ma è soprattutto con il Rinascimento e poi nel XVII secolo che la praticatrovaveriepro- pri estimatori, soprat- tutto nel nord Italia e così aVenezia nasce la Corporazione de- gli Acquavitieri. 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Un liquore che racchiude in sé gli aromi e i profumi del nostro Paese ANGELA PAGANI ROSSELLA ROSCIANO La vendemmia, convivio di cultura e tradizione O rmai da secoli la grappa rappresenta il li- quore di chi ama la propria terra, le proprie tradizioni, le proprie origini e, se socchiu- diamo gli occhi mentre sorseggiamo questo distil- lato, ci evoca i sentieri rocciosi di montagna, gli alpini oppure la cam- pagna nebbiosa del cacciatore che dopo il «cicchetto» affronta il freddo, la pioggia e il sonno. La grappa da sempre ricorda le serate invernali, davanti al caldo del fuoco chiac- chierando con gli amici, e non solo, ci porta alla memoria anche rac- conti e libri dei nostri grandi auto- ri come Beppe Fenoglio o La luna e i falò di Cesare Pavese. Negli ul- timi anni però, oltre alle norma- li grappe, i produttori hanno creato, per soddisfa- re le richieste degli estimatori alla ricerca di un gu- sto più raffinato e ricco di aromi, grappe di vitigno unico (monovitigno) che, proprio per le loro par- ticolari caratteristiche, hanno un sentore, un pro- fumo e aromi netti e precisi. Da dove nasce la grappa di monovitigno? Il «sole d’uva imbottiglia- to», cioè la grappa, come venne descritta in felice sintesi da Paolo Monelli nel suo libro dedicato al Vero bevitore, trovò un interprete geniale in Francesco Trussoni, maestro di alambicchi. Questo benemerito pioniere, nel lontano 1885, ebbe la straordinaria intuizione di creare la prima monovitigno della storia. Le grappe di monoviti- gno sono ottenute distillando esclusivamente vi- nacce da uve di una stessa varietà, provenienti da vigneti selezionati in particolari territori. È quello che fa Frattina, con sede a Prata di Pordenone, nel cuore di una delle aree vinicole più antiche d’Italia, dove la vite è coltivata da centinaia d’anni. Frattina, forte del suo know how, seleziona attentamente vinacce da uve di una stessa varietà, provenienti da vigneti appartenenti ad un territo- rio selezionato. Una soluzione di estrema distin- zione per realizzare distillati sempre più vicini al cuore dell’uva e all’anima del territorio. Distillati in grado si restituire gli aromi e i profumi di quelle uve. Oggi il monovitigno rappresenta una quota rilevante sul totale mercato della grappa e in que- sto segmento Frattina è leader con una quota a volume complessiva del 14%. Frattina è riuscita ad affermarsi grazie ad un mix vincente: un pro- dotto morbido e delicato, un processo produttivo dagli elevati standard qualitativi, un’immagine elegante ed essenziale ed una varietà di offerta in grado di soddisfare i palati più esigenti e ricercati. Dalla profonda conoscenza del territorio e dalla grande passione nella distillazione di vinacce affini, Frattina crea la sua gamma di 5 grappe di vitigno unico: Chardonnay, Moscato, Pinot Bianco, Prosecco e Sauvignon. Grappe morbide al palato e ricche di aromi e sentori in grado di riportare al viti- gno autoctono distillato. Grappe trasparenti, pure, cristalline; grappe vellu- tate ed armoniose; grappe dalle molteplici sfuma- ture che esaltano ogni singola nota aromatica in un concerto di emozioni. La più conosciuta di tutte le grappe Frattina di viti- gno unico è Grappa Frattina di Chardonnay. Profuma di fiori bianchi, salvia, crosta di pane ed erba tagliata di fresco. In bocca è gentile, poi vigo- rosa e imponente. È fresca, con sentori di primave- ra e di fioritura. Alla linea di 5 vitigni unici, nel corso del 2004, Frattina ha affiancato tre esclusive proposte che si collocano nel segmento delle grappe pregiate: Barrique Frattina di Cabernet, dal gusto delicato ma dal carattere deciso, affinata in botticelle di le- gno per oltre dodici mesi, Clarae Uvae, un’acquavi- te d’uva bianca, al palato morbida come il velluto e Riserva Frattina, un prodotto di altissimo pregio, che ha origine da un’attenta selezione di vinacce rosse e bianche, distillate lentamente in alambicchi di rame, ed invecchiata in barriques di legno per al- meno 24 mesi. Il monovitigno: l’evoluzione La prima grappa da vitigno unico nasce nel 1885 ETIMOLOGIA «Sgnapa o graspa?» M a da dove derivano i termini grappa e acqua- vite? Dobbiamo fare un salto indietro nei se- coli per scoprirlo. Per quanto riguarda la grappa vera e propria, è di- mostrato che fosse prodotta in Friuli già nel XV seco- lo, ma solo nel XVII secolo si parla di distillazione del- la vinaccia e il termine «grappa» entra nell’uso comu- ne solo alla fine del XIX secolo. Il nome assume talvolta nomi dialettali particolari. E così nei dialetti settentrionali è grapa, vocabolo evi- dentemente connesso con grappolo, troviamo anche graspa che può essere spiegato come influenza di ra- spo o graspo. In istriano è trapa imparentato con il friulano trape, entrambi i termini significano vinaccia. Lo stesso termine in emiliano diventa bru- sca accostabile al brasca che ritroviamo in Trentino. I termini veneti e friulani sgna- pa e sgnape derivano dal tedesco e signi- ficano acquavite. In Calabria la grappa è indicata con il termine spirito e in Sardegna con aquardenti ofilu e ferru. Acquavite invece deriva dal latino aqua vi- tae (acqua di vita) cioè acqua che ridà la vita, ma è curiosa anche un’altra derivazione etimo- logica accertata in manoscritti medioevali se- condo i quali il termine si rifà ad aqua vitis intendendo con vitis la forma a spirale del serpentino di refrigerazione. S occhiudiamo gli occhi, avvicinia- moilbicchiereesentiamoilprofu- mo forte e intenso della grappa, e come ogni piacere anche questo ha i suoi riti e le sue particolarità. Così per degustarelagrappa,ibicchieripiùido- nei sono il «tulipano piccolo» e la «co- pita di Jérez». Cerchiamo di cogliere quelle emozioni e sensazioni che la degu- stazione ci sa dare: sapori e profumi che sono determinati dalle molteplici varietà di uve e dalla ricchezza dei territori di origine. L'abitudine a «buttar giù» la grappa in un sol sorso senza provare nemmeno ad as- saporarla ne ha frenato la crescita quali- tativa per lungo tempo. Oggi tutto è molto diverso e dal 1978 esiste un’associazione – l’Anag (Associazione Nazionale Assaggiatori di Grappa) - che ha codificato un sistema per l’assaggio delle grappe. Per cogliere fino in fondo la qualità di una grappa occorre una valutazione visiva, olfat- tiva, gustativa, retrolfattive e la persistenza. Seguiamo passo a passo questo processo: - Esame olfattivo. Si fa versando nel bic- chiere una piccola quantità di grappa in mo- do che dopo averla fatta roteare si sprigiona- no una varietà di profumi, quali il fruttato e il fiorito. - Esame gustativo. Si esegue introducendo in bocca una piccola quantità di grappa che viene deglutita avvertendone le sensazioni tattili. I sapori presenti in una grappa sono il dolce, l’acido, l’amaro; il resto delle sensazio- ni gustative è rappresentato dalle sensazioni tattili. - Esame visivo. Prevede una valutazione della trasparenza della tonalità della qualità cromatica e dell’intensità di colore. - Sensazioni retrolfattive. Si cerca invece un’ulteriore conferma di quanto già avvertito a livello olfattivo valutando la complessità, l’articolazione e la completezza del bouquet. - Persistenza. Si giudica infine la durata del- l’aroma una volta che la grappa è stata de- glutita. Dall’amore per la propria terra, Frattina propone i suoi prodotti ottenuti da vinacce di vitigno unico Dagli esperti tutti i segreti del «tulipano piccolo» o della «copita di Jérez» DEGUSTAZIONE Grappa Frattina di Chardonnay, la più conosciuta di tutte le grappe Frattina