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'Iiis3 oifi5'=»a'ìO

b
ADA SESTAN

NUOVI CANTI
DELL'

QQO

ISTRIA

DOC

^K

TRIESTE

GIUSEPPE MAYLANDER
EDITORE
1910.
ì

N^

V

V

9

^^
CASTELLO
Te gnarJiani
con
che

masso sorgere

dal

mura ben

le
i

DI PISINO

pianiate

balconi foran, e ornano

scudi a sculte armi inquartate,

ma

con

non vive

te

con orgoglio

il

e palpita

nostro cor.

memorie

No, per noi non hai
vecchio ostello

signor

di

messi qui dai duchi d'Austria,

aveano

poi che pace

stetta

con Venezia, a lanciar F avide

bande uscoccte
d'

una tregua

guerra! Bello

ma

lor cui era

il

pendendo
attendean
nel

eh'
il

era tacita

tuo

andavano

vi

di

vendetta

alla

cortil,

supplizio

al

conte

agli

ostil,

anei

corda

i

ferrei
tratti,

fondo oscuro carcere

ripiegavansi disfatti,

mentre

nelle sale vigile

stava un nobile tedesco

concertando come

i

barbari

scatenar. Rideano in fresco
verde intorno
e
i

floridi

colli

i

venivano a portar
villan cupi le decime,

rebote ad apprestar.

le

Tu non

noi sensi

desti in

intimi

vecchio nido d'oppressori,

non curiamo scudi ed aquile
eh'

pompa

eran

per vicende
fin

:

ed umili

illustri

ne' secoli lontan

noi

veniam

del

comune

e

tuoi signori

ai

Siam

dal cor del popolo
italian,

nati al sole splendido

Roma

che irradiava a noi da

:

abbiamo l'anima
che non cede e non si doma.
della plebe

Padri nostri quei che
del

Placito

al

Risano protestar,

padri nostri

locopositi

i

che per noi pace giurar

a Venezia,
eleggeano

e quei
gli

die liberi

scabini

nostri messi e nostri giudici

pur

de' feudi ne' confini.

Noi

nascemmo

muri austeri
e

guidammo

laboriosi

intorno

de'
i

bovi

fummo

ai

ruvidi

manier
al

artier.

vomere,
E crescemmo

tutta V Istria

in

protendendoci

le

mani

conoscendoci

per

fratelli

die

hanno eguai

ceppi lontani.

Da

ogni riva del

mar

cenilo,

da ogni monte da ogni pian
noi gettiamo
chi

di

sente

grido vindice

il

suo diman.

il

Addio dunque o

tu di vecchie

storie aspro ricordo:

tristi

noi sposiamo

idee floride

le

c^6 cogliemmo

iR

dolce accordo,

e guardiani gli spazi

ed

cernii

campi biondeggiar;

i

per

te

un

dì

languir

le

industrie

e le terre si estenuar.

Noi vogliam

da ogni
i

fratelli

laccio

e liberi

d'ignoranza

villan che intorno

vivono

da quando preser stanza

fin

qui, fuggiaschi

ma

il

su terre aride

:

tuo spirto feudal

vive ancora in quei che vengono

a sbarrar la via

Giìi

tu

li

dal

monte

attiri

con

spirto altero di
Castel nostro

fatai.

erto di Castua
1'

antico

dominio
nemico.
MORTO

IL

La nera cassa con la croce bianca
è scomparsa; la terra T ha inghiottita
avida indifferente
quei che fu un

man

;

uomo
ha

sulla vanga,

ed appoggiò
la

la

stanca

sua via compita

:

riposa eternamente.

Or

chi r

accompagnò, se ne va

che lascia addietro

fila

e ritorna alla

in

bruna

cimitero,

il

casa

ove attende

la

già strilla

nipotin con piglio fiero

quando

il

la

moglie; nella cuna

vede invasa

da tanta gente che a un gran pasto siede
dove il morto giacque,

alla tavola
e
il

—

mesce nei boccali
vino a rivi in onor suo

Non

quanto

forse in vita fare

dato

e

Ha negato
le

patate

che gira

i

egli

al

ai

e

;

il

ognun chiede

ben

gli

piacque

mortali?

forse

pane o

il

il

sale

misero indigente

casolari

come un cane

battuto

?

A

dargli

il

vale

mangiar conviene e bere lungamente
assieme ai suoi più cari.

—

:
Così parlano, e par che
sia vivo in
Il

mezzo a

e nel silenzio tosto

sente anco

nel

il

trapassato

che

immondo,

atterra in gruppo

si

il

loro, fin

ripiombato

ricordo del tapino

suo buco profondo.

^

^

^

il

vino
OLI ALBERI SOLI
Vanno

prati

i

con molli ondeggiamenti

a raggiunger lontan
e quasi

jiar

1'

arco

cielo,

tlel

che un lungo soffio anelo

faccia nei!' alto tremolar le sielle.

Uisuonan
e

passan

le

campane

lenti

armenti

degli

oltre la strada

i

stan suir orlo, coi piedi dentro
dei fossato, le

bovi
ai

;

rovi

aduste pastorelle

gettando nella sera un breve canlo,
triste,

sol

di

questo deir
Alti

e un grido aculo
non sa dar saluto

due noie,

altro alla vita

Istria

contadino slavo.

neir acqua che

quattro pioppi
foglie

guardan

riluce

sotlili

con

accanto
le

chine

senza fine

le stelle

neir acqua cupa in suo torpore ignavo.

Oh

nella pace di quel dolce piano,

sotto al limpido cielo, alberi
cui

non allegran più

alberi tristi e freddi e

d'

soli,

uccelh

i

voli,

abbandonati

che sentite V autunno, e invano invano
cercherete altre frondi a voi da presso

a difender con
dal gelo

i

murmurc sommesso

vostri rami dispogliati

!

.
Esce una giovane

sposa
die ha

di

diiesa

un lampo vivido

nejr ocdijo assorto

.

ma

bronzei echeggiano

suoni a distesa
neir aria limpida

*
;

suonano a morto.
Le donne dicono

—

Oh cosa

:

strana,

brutto pronostico
gioir corto

di

!

—

La sposa guardano
eh' è già

e

i

lontana,

bronzi edieggiano

sonando a morto.

^

i

»
UCCISO

L'

Or tra

le

cantai!

gli

nuove che vcrdc^^i^nano
ini memori del dì
cadde al piò di un albero

trondi

uccelli

cui ferito

in

un uomo a tradimento
Sopra

alla terra

serenamente

sanno

muta

un cor che

fu

incurvasi

cielo

il

mister

e nulla del

come

dir della morte, e

cessi n d'

morì.

e qui

Xarran invece miseranda

palpiti

i

sua audacia

in

^^ì

iier.

uomini

quel morto. Cominciò

la storia di

r inimicizia quando, a un ballo, livido
di ..gelosia,

uno

schiaffo

misurò

r ucciso ad un rivale. Allor che

lume r alba
le

sue

che
e

viti

recise

oh

:

mai più maturati

nero

fumo

di

sprizzavan

le

si

scintille, e

un fuoco

d'

da un

fenile saliano

e

un bove

si

in

A

!

levava

lingue

luce r odio

i

al

eh'

:

il

roseo

pie

dolci grappoli

maturar non

sole ancora

il

erano

diffuse,

fé'

sera un nuvolo
al

ciel,

lunghe fiammec

era ormai ribel
alla

purpurea

vennt> ad attizzar

breve mugolando un fumido

ruscel di sangue intorno a se colar
vide da un pie' reciso;
gli

occhi velati

accese

;

stette tremulo,

ei
il

suo dolor

rassegnato ognor più dentro
di

quegli'

ai

e la vittima cadde. Chi

il

animi

ad uccidere

dietro alla siepe nella notte fu
Fiìr gli

fieri

uomini rozzi un reo furor

amici o

i

fratelli ? liceo

paese in due campi ogni

?

dividersi

più

dì

nemici e irrequieti, ad ogni ingiuria
pronti e ad ogni

potè placarli

spiegan

gli

;

menzogna

or dove fu

uccelli

il

in

mezzo

^

ft

;

il

tempo

sol

cadavere
ai

canti

il

voi.
LA BICICLETTA
Passa un i^iovane bruno sulla uiacdiina
di

cui sfavillau l'alte ruote al sole,

le

siepi ai lati

e

i^uardano

della via
villan

i

si

nllun^^^ano

senza parole.

(iuardano intenti ed lian

ne<^^Ii

nella bocca socchiusa un'alta
nieravij^iia

ma come

:

occhi attoniti

impressa

mai una simile

stranezza fu da Dio dunque concessa?

Oh queir arnese
e

Oh

Oh

rive

le

scintilla,

s'

ardue e

le

valli

!

incurva sulla strana

Ah

suo

vegga sola, intrepida,

ormai lontana.

una cosa buoiui non può essere

no,

esclaman

si

abbaglila e vola

questa che

il

cavalli.

quel .ijiovane bruno die in un turbine

polvere

macdiina, che

—

non ha

quelle ruote sole die fulminee

divorano

di

che trajìassa rapido

corre e corre e pur

il

—

mondo

viene a trasvolare,

qui è venuto certo

consi^^lio perfido

1^

il

a portare

!

—

diavolo

—
AU1 UNNO

La(»rare, lottar?
L'

iiurnu»

L-

Perdon

i^li

l^osarrn"

i

alberi

sot^aii

(jiiarda pallido

che ader*(evansi

11

il

la

ormai

come

voi

l"reddo Core nulla

iin|M>r(a!

speranza

tutte le

e

cadoii

de.i(li

morta.

lot^lie.

più contorta

tè

1'

ali

ideali.

la 'ita è limila e la S|H'ranza è

^

e

fredde spo<(lie.

sole,
al

clic

'ia.

eli

nrcsso e

:

morta!
COLLOQUIO
Ritorno a casa a sera

;

molto ascoltai parlare
e intesi in
lo

fondo

core

al

sdegno divampare

ora son

triste,

me

tutto a

intorno muore.

mia porta

Chi viene alla

con suono
Sei tu

;

nera,

speroni

di

?

Santo Gavardo

che accendi

con chi

la

le

tenzoni

male accorta

lingua snodò codardo

ad insultar

la terra

tua, eh' è triste e lontana ?

Oh

figlio

d' altri

tempi,

a una calunnia s^ana
per l'Istria

ma

muover

guerra,

che esaltati esempi

!

Noi siamo saggi e accorti
se alcun
le

spalle

ferita in

ci

un po' scrolliamo,
non stride

noi

mentre nel gaudio assorti
ridiam, ridiam, ridiamo

fi)

14

:

insulta o irride

»

!
LA SERA
Or

le

cime

son d'oro

alberi

degli

che neir occidente

poi

tramonta;

sol

il

oro rosso e canoro
al

vento dolcemente;

si

l'aurea impronta

ripete sui ledi, sulle

che son bionde, sui
che irradian di
il

capo

e

messi
sulle

colli,

chiome

riflessi

alle fanciulle,

viene alle labbra,

im nome

cui

sorridendo

e soj,man

nella pace dorata, alcuna al

vedendo
loro sogno fulgido

mondo

altra cosa

che

il

Anche

le

de' baldi

miti e

come

Ma

e

profondo.

madri sognan l'avvenire
maschi loro e delle

vedon
rose

figlie

fiorire

lor

le

nuove

famiglie.

la notte eh' è giunta, dice

:

—

È vana

ogni lusinga: o genti, disperate!
Nel buio

s'

allontana

ogni forma e

si

perde.

Non sognate

l'amore che non c'è, l'amor che mente
e tradisce e

devasta

non sognate

fulgete

la gloria per

i

figli

tutti

ciie

gli

i

cuori

;

orrori

15
della vita sapranno,
sacrifizi

vostri

i

immensi

obliando, devastati

nell'anima e nei sensi,
essi,

Ma

i

le

bambini un giorno accarezzati
stelle che

spnntan tremolando

con un sorriso limpido
dicon:

—

!

Ponete

d'

argento

bando

al

ogni presagio triste di tormento,
cercate T ideal, tutti protesi

come archi rilucenti in ver
d' immane fiamma accesi
per la bellezza

eh' è

bontà

E sognate, sognate senza

la

vita

infinita.

fine

perchè l'anima deve alto salire

senza tregua o confine
se

non vuol

nella vii

^

ft

^

16

mota morire.

—
UN

DI

Babbo, quando arridea l'infanzia garrula
a

me

nel fresco fior

per un viaggio tu partisti rapido

piansi tanto e terger

Io

nulla quel dì potè

era

il

Tu
ti

mie lagrime

una mano

gelida

tra pochi anni

a

me?

per sempre, o babbo tenero

partisti

novo

vidi al

le

;

presagio die

dovea strapparti

:

ricordo ognor.

io piansi tanto, lo

;

dì

cheto dormire col tuo volto cereo,
io

piangevo

il

tuo affetto che svanì.

Mi disser pazza, esagerata
parlaron

i

medici,

virtù,

di

tacqui cercando

i

posti solitarii,

eppure, babbo, ora non piango più,
F^assaron

a celare

anni, ed

gli
i

ho imparato a vivere,

sospir,

sto zitta, e vedi, adesso io posso ridere
e

nessuno più annoia

Ma quando

ti

penso a

mio

soffrir.

splende nel tramonto fiammeo

tra le nuvole
io

il

te

il

sol

con desiderio trepido,

cerco delle rondini nel voi,

17
e sento tutta

babbo
ed

divampar

nell'

anima

tua pietà,

tuoi sdegni e

i

chi

di

la

1'

alterezza nobile

vuole la propria

libertà,

che ad un fermo voler premio è vittoria,

santo € l'onesto

e

il

ver,

ne mai servii vorrà inchinarsi ed umile
chi

segue retto lungo

Oh babbo biondo
scintillantr sul
io
il

sogno ancor
vigile

tuo

ne'

il

suo

sentier.

meriggi splendidi

mar,
tue carezze tacite,

le

amor

sento mancar.

E vorrei ritornar bambina
pt;r scampor con le man

docile

la bella barba, come ai dì che furono
quando potevo non chiamarti invan.

Darei
i

d' aprile le

speranze rosee,

sogni e lo splendor

per poterti saltar sulle ginocchia
e

posar

ki

mia

testa sul tuo cor.

»

li

^
LA SPOSA
giovane sa die

li

buona ed

è

donna

la

brava, e

è

ne ondeggia una sera
sul!' aia,

ed

ei

corica

si

la
la

vuole

;

gonna

sol,

il

senza troppe parole

l'afferra alla vita, e pe' bui

mena con

sentieri la
e

ciò eh' egli

la

eh' è

lei

sua.

1

il

le

ne ascolta
è

questa

e qui
il

rapita, la cosa

la

suo nuovo destino

scale ed
ella

;

suon

il

un po' timorosa:

nuova dimora

passerà da quest'ora

tempo

Ma

lui

ella vuol,

gallo che canta al mattino

la sveglia al

discende

vuole

cattivo ed

il

tosto prosegue e

buon.
si

china

con molta premura a soffiare
la cenere sul focolare

una scintilla può trar
mezzo alla polvere fina
che accenda la fiamma rossigna

se
di

di

sotto al paiuolo che ghigna

e ciondola presso

a fumar.
19
Così

al fonte ella

ieri

così le patate

padre

pel
il

e

e

fratelli

i

giovane sposo

:

ora a lato

;

vien

le

nuovi cognati

i

andata,

è

ha mondato

adunata

sta intorno al gran piatto la gente
e

mangia

e curiosaniante

lo

sguardo sul volto

Ei

guardan

la

tien.

le

giovin rapita

che dorme col loro fratello
e

ha

il

gomito

il

corpo

sì

agile e snello

;

alza a celar

ella

lor scherzi arrossita.

la faccia ai

E a quel

focolare

sfiorite le

guancie sue piene,

un

un bimbo sommesso a

cullar

nato da poco, un bambino

eh' è

che piange,

rosso ed avvolto

si

ed ha un piccolo volto

di

fascie,

di

vecchio che

mondo ha

il

Al petto ella stringe

il

che ingordo ne succhia
e

viene,

dì

un

orror.

in

piccino
la vita

irromperà con ardita

di

baldanza

lavoro e air amor.

al

La donna non cerca un aiuto
air opra, ed è al

sorride per V
s'

rude

è

Così
e
e

se

20

il

campo ed

uom

in

casa,

che rincasa,

sa compatir.

lo

suo dovere

è

compiuto

non fu smentita V attesa,
un giorno si recano in chiesa
il

prete

li

vuol benedir.
SALUTO
Oh non

le

splendide sale ove danzano

donne rosee tra effluvi
non la delizia di brevi e

trascorse ore

ni'

musiche,

e

le

facili

invitano.

Sulla tua pallida fronte

riflettersi

non Veggo candida luce

di

lampade,

ma

ti

cingono

fuori

belli

gli

come

aurei

raggi

un' aureola.

Di sotto agli albeti snelli che intrecciansi
ridi

di

di

un giovane

riso e

forte ed integra vita

negli occhi

mio padre

folgora

tripudio

che lampeggiano.

Tal neir infanzia
caccia ne"

ti

il

taciti

e

quando a non ardua
adduceami

boschi

V agile cane la traccia

ratto a fiutar lanciavasf,

egli

s'

un ruvido tronco con classica

grazia appoggiavasi, biondo alto e nobile,
e

con un tenero sguardo

bimba
lì

restringevano

ne più
con

il

la

seria

fissava immobile.

la

gli

uccelli

i

circoli

lucida canna inij^auriali,

bacio igneo dawi

il

sol

palpili

strani alla terra fertile.

21
Me

crebbe libera

ci

sane che

tra V aure

fij^lin

muscoli temprano e V animo,

i

lungi agli inutili fasti e additavami
fiera

idea librantesi

l'

sopra

suoi vincoli franti, com' aqtiila

i

bella ne' cernii spazi

gloria,

di

mentre assentivano balde
ardimenti

Ala

suo magnaninui cuore,

il

k'

ed a

me

lui

fur ido

sletle

gli

nmpi campi,

V irriguo
fra

i

bu'i

gii

nmidi,

occhi

Come un'augure, nude
madido (>lto
ed

jioSd,

il

ride r
fiore

uom

amore

alacre, d'

un

le

braccia,

tergendosi,
laiibru

il

prometiegli.

noi r armonica pace de' vespri,

pio delle floride

donne l'augurio

e delle placide sere die brillano
d' astri

i

misteri e

i

murmuri.

^

^

A
23

pascoli,

lunghi e luinidi solchi o'e girano

flavi

A

suoi limpidi

nelf inlimo

fiume che argenteo scorre

e

i

desiderio.

il

Ora a noi

i

iiiclKi

tenebre presto lasciarono

sensi

di

degli

Immagini.

le

vivido
NELLA LOTTA
Che farne

della pallida

pace che sfugge
e spinge V

ad obliare

i

impeti e

gli

uomo

dolor

i

timido

mezzo

crucci in

Che farne

della stupida

calma die

ai

fior?

ai

mentre

un ideale par

fiacchi

lian tranquilla V

anima

solo perche non san desiderar

?

Bella è la pace splendida

che accorda

a
le

riso

il

chi affrontò

le

suo puro

e divin

tenebre,

vinse e gode della luce

Bella è la lotta

ove ultima

meta

di

alfin.

si

mostra

una speme

il

voi,

bello è poterla vincere
col proprio nerbo, alia la fronte

^

al

sol

!

fò

^

23
LUI

H un sogno,

come

pure cominciò dal vero

e

:

sembra assai più bello
noi gli prestiamo un' anima e un pensiero
che non son suoi uè lo saranno mai.
è

è

ligli

fior

ondeggia

in

il

aria diffuso

nell*

mezzo

bisbiglio di

un' allegria di

agli

e

altri

trilli

gambo
fior

snello

confuso

niun trova mai.

un nido

quando d'intorno,

tra le fronde

nel calor novello,
si

diffonde

pare non sentita mai.

soave

e

Hgli

la

e

:

nascosto die sul

ognuno cerca

che

f:

e

profumo

il

da un

altri

gli

rosa candida o vermiglia

che pende lenta fuori da un cancello
e che vista lassù, sola, assomiglia

a un gran mister non isvelato mai.

Non
lo

si

sa ciò

chiami

forse

eh' egli

ami o pur che cosa

come imperioso

un giorno,

in un'

appello

:

ora dolorosa

r idol cadrà ne sorgerà più mai.
Ei forse cercherà la vita

e sparirà nel freddo

vanirà

come
1:

così,

mesto, lontano,

un' ombra, ne mai verrà più, mai

un sogno,

e

come l'arcano
è tutto
e

invano

d'un avello,

forse

il

pure cominciò dal vero,
egli

è

tremendo

nostro cuor, tutto

mai

lo

!

incontreremo

U

il

e bello;

pensiero

—

mai.

ft

23
AL MARE

Glauco, profondo, tu
in vista ai porti e

al sole

scintilli

alle

scendenti in cercliio

come

verdi colline, che le niiran

spose festanti,

te

sempre

l'alte

beilo e libero che

mandi

iraganze sugli aperti venti,

Adriatico mar;

ma come

sei

tanto sereno

mentre ora tutto un' eco lamentosa

manda

di

dubbi immani,

e sospetti che

inducono

di

le

dolori

genti

ad imprecare?
Forse,

memore,

irridi

ai

nostri tempi

con questa calma, o forse non
degni di risvegliare
collere

le

li

trovi

tretuende

tue?

(juarda Trieste e Muggia e Capodistria.

guarda Parenzo

e

Pola e a

l'altre città che

a

lei

grazie e decaro.

2d

l'

Istria in

danno vetuste

riva
Da' piani arati ove

—

passa

guardan

rumina

i'

vapor fisdiiàndo

il

sostano, ed

villani

i

mite

festosi, e

la

bimbi

i

giovenca

e volge

—

umido sguardo

dagli aperti colli,

da' verdi boscbi esce

come cadeva

una voce

e dice

tumulto orrendo

nel

Hpulo altero
dispersi ruderi cantava

e sui

perduto canne,

liostio la gloria nel

ed ornava

mensa

F^ucin

il

l'iniperiaìe

Augusto.

d'

quando

di

tingeasi

il

Cissa sui ridenti

clivi

drappo porporino

scorrea soave

il

e

in

copia

lene olio d'oliva

da' larghi torchi.

I:

tu specchiavi in taccia de' vetusti

templi

dopo

le
i

rosse vele e tu vedevi

vessilli

aperti sulle infauste

lotte fraterne.

Miri ora

l'ombra

che avvolge
e nelle vaili

le

tristezza

di

città;

tacite,

sopra

sul

le

immensa
rive

tondo

fresco ed oscuro

degli

ondeggianti all'aure in mezzo

a'

raggi

alberi antichi, esse riposan stanche,

cotne

ferite,

bieco

le

poi che

un

fier

nemico

insidia.

27
Alar glorioso, o potenza e

sangue

se torpe

il

batti

scogli irato e

gli

amor

nostro,

nelle vene, corri

con supremo

urlo risveglia

gli

animi

pugne,
di

e

e
il

narra tutte
volere ed

le

passate

vigore spira

quanti per la patria della vita

diedero l'opre.

2t

il
LA PARTENZA
ridesta la terra con

Si

cliiaror

ri^i^niardando

il

e la diffusa

nebbia

e

il'

un brivido
bianco

cui le

i

«randi bovi placidi

fumano.

narici

Presso alla casa attende
il

carro initnobile,

il

timone abbandonato,

ammalato
e le catene

inerzia

d'

or torneran

le

e

pare

:

ruote a cigolare

che dai gioghi pendono

risuoneranno

Ma

alba

contadino nella luce scialba

trae dalla stalla

con

dell'

;

ferree.

prima V uomo,

ai

bovi, con

un ainpio

gesto, giù dalla fronte alle narici
e dall'

traccia

uno all' altro occhio
un segno di croce
;

son così allontanati
]H)tra

il

e

il

i

malefici

carro incolume

lavoro compiere.

ni

2&
VEN
Passa

il

vento rombando,

come

nudi,

treman

o

r

fuscelli

e

scuote

gli

alberi

rami secchi

i

:

dal freddo, quasi fosser osse

sbattentisi tra lor vita di vecchi.

Passa, va
vette
di

e

le

la

mari e viene dalle altissime

ai

vento, impetuoso annunziatore

primavera
a

aver
e

il

;

e

chiama

verdi ellebori,

i

viole vuol strappare

morbidezza

delle

ride trionfante allo

1'

odore,

primole

;

sgomento

della terra che par tutta restringersi
in

sua

pompa

eh' egli stride
erti,

la

selvaggi,

novella. Al brusco accento

passando, vedo

ove

tra

ghiacci

i

sua cruda freschezza,

e

i

culmini
ei

prese

penso un'

acpiila

che a se vede venir sulle distese

ali

il

compagno,

ratto nella limpida

aria e cercarla con V acuto sguardo,
in alto, in alto,

oltre le

sopra

ai

picchi candidi,

nubi, in faccia all'aureo dardo
dt sol die in
Oli,

mezzo

cielo terso folgora..

al

miseria per noi che slam nel

dove aneliani
e quel che

tutto eh' e

ne circonda

è

puro

mondo,

e libero

vile e

immondo

!
sta la bimba presso

con
s'

alza r ava, ed

uscio

ha

ed accenna ancor

non anche

Bada
tutto

la

tremula

suol già reclinata,

testa al

che

all'

la fronte corrugata,

—

bricciole

le

fur raccolte.

—

dice
il
pane devesi
quanto conservare,

guai a

di

ciii

lui

piccole

le

miche osasse calpestare:
ch'egli è don di Dio e rAltissinio
mv le sue sembianze ha tolte.
Sta la bimba e guarda
dilungarsi in verdi
prati
guarda
dove brilla al
r acqua chiara
i

e

rifiuta di

e

<;li

alberi

file,

vuole correre

sol d' aprile

un rigagnolo,

di

obbedire.

Viene V ava dalla candida

chioma
le

e

e

il

volto raggrinzito,

pupille spente sbattono

non senton più

l'

della terra, che fa
nelle

vene

Bada

—

si

il

invito

sangue

rifluire.

dice

—

il

pan che improvvidi

lasciò cadere in vita

dovrà, morti, raccogliere
con il fuoco sulle dita,
per riporlo senza tregua
nel panier che jiar profondo

si

ed e un gran buco rotondo
senza fondo, senza fondo......
ALLA FOIBA
Te schiusa, fonda, con
ciuffi

di

piante, e

il

roccia

le grigie

ruvide a picco discendenti, e

verdi

i

bosco ceduo

fitto

Foiba guardo,

come austera

regina, incoronata

da' colli in lontananza, e raddolcita

da un sorriso

di

prati

nell'aspetto

gelido e bello.

Fredda bellezza che dischiuda
sembri
a

darti,

il

quando vien

alle sere,

velo

la luna,

nel contrasto delle luci,

nivei candori.

F allor che a ondate addensasi la nebbia,
morbida massa su cui s' erge fuori
dal macigno sorgendo, la vetusta
casa Rapicelo,

pare che aleggi intorno a
saga, e die a
bello, lucente,
il

tratto

te

dai

un'antica

vapor balzando

apparirà nelF armi

cavaliere.

Ma
ne

un

fantasmi

di

non chiedo

luce a te

la piccola storia dei

che abitarono un giorno

potenti
il

tuo castello

conti dell'Istria.

33
quando tu
lume sorridi,
sdegni o
d'

un roseo nei tramonti
brevi
non ricordo
affanni die una turba gretta

gli

di

io

i

uomini preme,

ma

segreto

il

chiedo immacolato

ti

della natura che hai fiera e selvaggia
nei secoli, e

anima

vigor della pietrosa

il

tua,

voce dell'acqua che spumeggia

e la

passa

tra le roccie, e die

e

passa e passa

senza posa, dell'acqua sempre nuova
dal canto eterno.

che fu nel

Di' ciò

e

non

tempo

condottieri

di

le

!

non

le

guerre

vittorie,

poveri eroi che già saran domani
vinti

ma

obliati,

battaglie dello spirto,

le

moti

ribelli

e

i

gridi

di

dell'anima che lotta e

i

forti

trionfo
la

materia

vince e sorpassa.

Tutto ciò

onde

io

eh' è

gagliardo ed indomato

possa foggiarne una sicura

freccia die voli al

segno arditamente

agile e pura,

per

a

la

lei

seguir nel volo ed arrivare

meta anelata lungamente,

e di' è r aiuto sol per cui la vita
si

34

può durare.
1

Sai quali
quelli

(ìlORNi

sono

^{iorni

i

PBRDDTI

perduti

rimase

cui iucouipiuto

?

Xou tanto
lavoro

il

a^o,

dell'

uè quelli in cui uou fu dato asciu^^are.alcuu piauto
i

No,,

voli inseguire

tutto ciò

è

d'un

vano

!

so^^iu)

Il

iiuuuitabile e va^^o.

gicu'uo

perduto

è

soltanto

ama,

quello in cui

non

è allor ch'ei

cade nel 'uoto come un sasso infranto,

pare

la

si

vide

la

dolce persona che

voce che ìuwaiu) nel buio chiama

^

e

si

richiama.

^

35
PIOQCiIA E

fi

un giorno

di

SOLE

giugno, pesante aggrondato,

che grava qual trise presagio sul cuor

qua

e hi

qualche goccia percote

pe'l

cielo

va cupo

del

tuono

il

il

l'ragor.

La pioggia diventa più grossa più
e
di

il

Sole

luce

adesco

s'

fitta

affaccia tra' nuvoli fuor,

una frangia par venga
le

;

selciato,

streghe son prese

d'

giù ritta:

amor.
e

È QUALCOSA DI VERO

Oliando più forte
e

mi

entra in cor lo sdegno,

ribello ardita

a quei

lacci

carne

la

ni'

!

quando

che solcan C(Ui

liir

seimo

illi'idiia,

irrido alle

pompe

e al

mondo vano

mena.
quando disprezzo mentre rnde mano
m' all'erra e m' incatena
che allo sconiorto

e

mi

costrin.i^e

e

il

a recitar

la

jiarte

commedia umana

nella

tango intraveder, celato ad arte

con apparenza sana,

quando molto m'
e

chi
io

e

mi rivolta

passa, e tutta quella

i^^ente

accolta

devo salutare,

sento un desio
e balzare

dove
in

irrita

pur de'o <4uardare

gli

all'

di

rompere quei legami

aperto,

auge! cinguettano sui rami,

un bosco

deserto,

37
Di obliare le mascliere,
e guardarsi
forti,

sereni, liberi, sinceri,

da bassezze non

Ed

doveri,

i

negli occhi

in faccia all'

tocchi.

immenso

ciel

sereno,

sopra l'erba d'un prato,

mentre sfolgora
e palpita

il

mattin pieno

sol nel

il

creato.

alta la fronte in

con un invito

mezzo

allo splendore,

fiero

poter gridar dal fondo del mio core

— Cè
-

qualcosa

di

vero

^

^

^

BS

!

—

:
SE TU DURASSI ANCORAI

Se tu durassi ancora
lungo tempo, o settembre,
e

non

fossi

seijjnale

il

brumale

del torpore

che in sé porta

novembre.

il

Se tu durassi ancora
con questa tua tristezza
così mite elle pare

un sorriso quieto

dorma che

di

sofferse e

Or che
e

sui

foglie

amare

dolce tristezza

cani^Mù in

le

in secreto

F ire

rami

Iar|L,4ii

son più

!

rad^i

alcune sono gialle

come

tante farfalle

un frutto spesso cade
maturo giù dai rami,
e

e

dentro

ai

grandi

tini

sui carri

ampi,

dai bovi

lentamente

tirati

vengon, mosto bollente,
i

grappoli dorati

che

fuman

già nei

tini,

39
e dai

campi montani

portan

mele acerbe

le

che diverranno aulenti
i

ciuchi pazienti

che pensan forse l'erbe

montani,

de' lor prati

e

ancor

mentre
fa

sono

vi
il

piovere

il

con un lepor
e

fiori

i

sole più lento

suo

nì,i)[gio

di

ma.ijgio

hanno un ondulamento,

scossi dal vento,

se tu durassi

i

fiori,

ancora

con questa tua tristezza
serena, o bel settembre,

uè del bruno novembre
avessi r anìarezza.
se tu durassi ancora

^

40

fò

!
TEMPORALE

IL

cupo

Nel jihinibco

nuvole

KnKi^> ^^^^^^

son macchie turchine,

vi

e fosche'

pennellate ampie

porpora

di

su cui salgono nere onde e dilagano
alla luce dei lampi,

da presso

Sotto l'oscuro

senza fine
il

tuono brontola.

par che s'attenui

eie!

r ondulazion dei
e tutto

e

da lontano

e

colli,

verde prende toni

il

pallidi

quasi nei campi serpeggiasser brividi
freddo, e

di

assalisser terror

li

folli

che H atterran nel lor pallore immobili.

La

terra, sotto

una

l'

imminente

furia

elementi, pare

ilegli

fanciulla impaurita e timida

guardante con
chiari

i

grandi occhi purissimi

ed aperti ben nelF aspettare'

che sarà queir ignoto eh' è un pericolo.

S'alza levata

in

giri

ampi

la

polvere

sulle riarse strade,

sbatton
gli

usci

sotto
li

imposte

le

delle case,

e

son canori

scrollati,

gli

scuole,

urti
li

del

vento che

li

gemono
gli

alberi

invade.

schiaffeggia e sciiianta e sradica.
I

pensano

dolci colli timorosi

con cordoglio

—

infinito

:

dove, dove mai cadrà la grandine

Qua! cima, quale valle ne udrà

i

?

rigidi

colpi scendenti a lacerar l'ordito

tessuto delle foglie e

doman

Chi tra loro vedrà

pompa

ricca

Presso

dispersa?

alle case

le botti

saran

e

i

tra i^oco,

canzon

del

chi

!•

la

turgida

fila

aspettano

sa cpianli

non udran

e

?

-

-

lunga

in

lini.

a offendere

frulli

i

inutili

tersa

la

vino nuovo che gvU'goglia?

Guardano intorno trepidando

uomini

gli

quegli arnesi che stanno

vuoti aspettando,
che

dì

ciel

e

dell'anima loro

sopra

l'ali

come

sui

campi che anco attendono,

i

minaiccie oscure è carico

il

del

vento,

rarni

e

tremano

;

vanno

voiì

i

cuori

i

trefiiano

foglie.

le

Oh, tutto ciò che attende
già!

Oh

Cc'rri

i

pronti e

nella stalla, volgendo

l:scon

le

donne,

catena su cui

la

e
il

gli

bo'i

i

che muggiscono

occhi attoniti

a loro in

mano

pai nolo

!

dondola

splende

per gettarhJLcon una mossa rapida
nel

mezzo

gettan

delia via.

molle e tosto anche rovesciano

scanni mentre a bassa voce

gli

che
I:

le

s'

allontani la tempesta

r orizzonte con

strette d'angoscia,

43

lo

in

]nc'.{iiv)

ria.

sguardo scrutano
faccia ai lampi, tragiche.
l;

ubbriaco

Pende

sul fianco,

muove

inccrlo e

ludo

in

cerca

il

i

duna

ubbriaco. lasso

1'

unirò e trascina

piedi,

dove

avanti

lin

i;iace

che cade sulla via
disfatto,

senza moto, ed intorno a
natura arride

puro

un passo

rialza,

si
si

e sereno,

lui

la

pia

atto

in

come suo non

lussc

quel cencio miscrantlo.

H forse un
del vin

il

sopra V orme rosse

i^nonu)

eli' ei

va eruttando

suo cadrà torto

iigWo

in

i

Miniane

epilettico assalto.
il

che forse

figlio

lancerà un urlo

qua!

in

belva ferita

di

là

dove

al

par

tal

o!4L;Ì

il

d'

non ha

patic

•

alto

e

infuriata

padre «giacque

un bruto immondo.

Oli

se S(M'bata

sorte è lui cui piacque

43
dentro
e alla

vino annegar

al

così

insultar, sia V

e le

viti

e

il

sua natura,

uva die matura

rYonzute

lavoro, ed

il

mosto die

de' tini

die rende V

ribolle

neir interno,

sin

ciò

maledetto

44

la

bella salute

in

eterno

uom
!

malato

e

folle
CHt F*ASSA?

riip

!

Hop

ncll'

-

!

Chi mai sopra

cui

e

scrillo F iiuperiu

suir auipia fronte sta

!

Mop

*-

!

il

viitù

mondo

e grida:

—

?

Adesso un

passa una
accorre

cleslricro raniilu

aurea luce or va

supcrbanienie

liiji

il

;i

lei

Hurrà

IraJi

mento ha termine

:

!

le

braccia a terulere

Murra!

45
F^REOHiERA
mondo

Oh, restiamo! Perdic vuoi in nel

condurmi

Amo

?

casa lacilnrna

ki

che ricorda e sosjjnò

ed

amo

lutti

miei so^mi,

i

scender del mio core

Or perchè dunque a
1:

non

di

me

la

eh'

tondo

toi^diermi

lei

più secreta e più

sai

in

pace notturna

qui, sola nella i^^an

:

a^o^ni

?

essa cela quella parte

che alcuno non conobbe mai,

ecco infranta la

dimmi,

cerchiamo,

:

:

spezza tutto ciò che

si

Dunque

.i^^entil

abbandonate e sparte
bambola che amai

tra queste cose

amiamo

?

spezza? Lasciami, ho paura,

si

il

mondo

e

rimarrei schiacciata dal suo peso.

'edi

i

è

libri,

tanto i^rande ed io son sola

i

lavori

si

rattien, ctiè

H

le

il

conosci tu

solitarie,

eran
la

cura

la

parola

pensier sembra incomiireso.
le

adolescenze

continuo, confuso

il

avvicendarsi in noi
e conosci

:

quando

della fanciulla,

i

timori

d' affetti
le

novi,

parvenze

quando V anima intende un suon confuso
e si dibatte e anela altri

ritrovi ?
Provasti mai quei desideri intensi
tanto che
e lo

.^i^'^

come ombre
la

esauditi,

dietro a K'ran velari densi,

perchè del soiferire

il

Impallidisti

e

sembrano

rivolta die fa grillare arditi

e chiedere

di

ci

stupor vedendoli svanire

mai per

lo

s<,^oment()

perdere qualcosa che in

serbi

te

della quale assai f^^elosa sei

Oh non chiamarmi ancora,
bisogno

di

ardimenti

:

ricordi
la

giù

e

mi

di

?

?

iierchò

superbi

jicrderei

!

i(*

sent(
SERA

DI

{filando paioli iiclT

barche so|)ra

le

e

i

ombra addormentate^

onde

jìescatori giran le

faccie

io

1'

scambiando apostrofi

senio die

li

insidio

che in lor non tnrba
rorgoi<li(»

di

j^er

?;ioconde,

la

si

j^ace

nh-ii

nn sentire alto

povero orgoglio che

46

abbronzate

e tenace,

sconta assai.
SOLE,
Sole, sai tu
tutta r

un

ciuando anslcru s|»lcndi

clic

anima mia vola

affetto

vibratile

a cercar.

e se in lui poso, tosto

mi a^vincono.
mi
1:

e

veri^oojno d'

jiercliè

in

un

istante,

amar.

dar dei

soffili

dolcezza,

la
i



ii

fantasia.

di

tutta la

intensa e la tristezza

(oici

die assalj^on luentre
la

dubbi orrendi

i

ribello

gV intimi sensi delicati,
voli

lU?

S'A!

vita passa via

Perchè? Per chi?

al

]ìar de'

iresclii

rivi

?

all'idolo invocato

{:d

mio beffardo

irrider vuol lo spirtu

cui nulla fiacca ormai,
tal

che anco allor che

se pur ferita mi
io

ha

il

il

vedo a

me

da

late

suo fondo Si^uardo

non son vinta mai.

Ben lo vorrei vorrei eh' ei fosse ^^raude
buono e forte e sopra a tutti of^nora
andasse come un re
/per adorarlo e offrire a lui Ghirlande
:

e

di

ciò

che più alto e più gentile e ancora

più superbo v' ha in me.

49
CULPA

M[:A

Oggi non

più tempo, e

e' ò

vorrei tornare indietro,

un cor che

l'armi

o

buono

X'orrei

si

e,

volli

a

me

ne pento

modo

mio,

ad oguì venie»

o rio.

turar

.^li

orecchi ad ogni voce

che non parlasse della mici

persona,

che anche un egoisnu) un po' feroce
è cosa

I:

buona.

vorrei

non veder troppo lontano

molle cose non sa
ed è

il

chi

più fT:rande d'ot>ni pregio

l'essere un' oca.

:

ha vista poca

umano

,
MEDIOEVO
— posto campo imperiai;
— cavalieri fcudal,
patriarca — conti
all'arciduca:
cara
Lupolan
ha pur
Herberstein — del castel
che ad un tratto leva l'elmo — per scagliarlo a se lontan
onde cada
mezzo
fango — nereggiante
una buca.
groppa
Sale
pazzo conte — a bisdosso del cavai

Tutto

intorno a Neusiadt

in giro

capitani

ha

«{ente

è

al

li<>i

(ìiorgio

v'

di

in

al

in

d'

il

ponga

che la sella

impone

anzi

il

ventura

di

a'

in

testa -

suoi fedeli

-

—

a impedirgli nulla vai
d'

imitarlo sull' istante.

con

la vita,

suo

delirio

— Qui malato lotta invan
con
morte — soffercndo nelF insan
che ognun crede — l'opra sia
sa quante

arti

inique

d'

Cosi tornano

al

castello.

il

la

di chi

una

strega

sotterraneo ad aspettare

Fuggi vecchia contadina
che

Dalle vette riguardare
i

eh' è cacciata nel fatai
il

:

folti

vittime comprende, -

le

dove

—

— ch'arda rogo funeral.
—
boschi assai ha

—

-

poi che

il

il

monte

puoi fuggi lontan

!

potrai triste Lujiolan

grandi occhi sbarrati -— volge intorno

f^

et

il

pazzo conte,
VOLO D'ICARO
A

volte io son così abbatluta e slana»,

senza alcun desiderio,

sonno vorrei

e

in

inimer'^ernii

me

ogni sostegno a

intorno manca,

d'

tutto è silenzio e tenebre

mi lasciano

sola, sola

un profondo

;

nel

mondo,

!

Ala a un tratto un lampo, un fuoco alto, improvviso

mi rischiara
il

cielo,

i

via,

la

campi,

gli

mi scalda,

fiori,

tutta

di

profumi, e a

natura: prendimi!

monti

1:

mi parlano

le

guercie austere e

i

dicono arcane istorie

narrar che

non per V

1'

uom

e le

erti

valli

;

mormorio dell'acque

il

;

percossi dal martel sento

.Mi

scorgo

un sorriso
te mi porgo

e la terra festante in
di

io

alberi

per

il

i

metalli

lavoro naccfue

inerzia torpida.

rizzo allora e balzo

audacemente

verso la vita, avanti, avanti, avanti,

sguardo intento e vigile,
mentre una forza arcana nella mente

lo

mi
di

52

fa

provare

i

paurosi incanti

trasvolar nelF aere.
iempo

Il

veggo

quasi un baleno abbraccio,

allor,

chiuse menti penetro

le

pel

umana,

miei pie l'alterna sorte

ai

mio pensìer non

io salgo,

;

ha secreto o laccio,
sovrana

vi

salgo ancora, e son

io

nel regno dello spirito.

Ma

ne discendo

trovo ancor la vita

e

pronta all'assalto. Oh

Dove potrò

dunque m'aiuta?

chi

la pallida

con fiducia posar fronte smarrita?

muta

Chi mi darà quella carezza
che placa

le

battaglie?

La tua carezza, o babbo, che lieve

mi sfiorava ed

la fronte

mentre

capelli,

i

voce maschia

la

dicea soavemente

—

:

disobbedire al medico

non
:

si

deve

ribelli

i

malati non guariscono.

l:d

i

capricci io

rinnovavo solo

per sentirmi ridir

—

:

Bimba

con comando dolcissimo
e

come

sentir la

sopra

il

deve,

—

;

un' ala che riposi

mano

si

volo

il

tua tenera e breve

mio capo

indocile.

babbo, o amor della mia vita, santo
amor perduto Sol la tua bambina
io fui, sommessa e piccola
!

;

strana per

gli

cercata allor

un po' e soltanto
che sopra un' ardua china
altri,

triste

qualche faccenda mettesi.
5a
lo

so fredda sembrar, beffarda e altera

rider di tante cose e indifferenti

renderle al

ma

mio

e fanciullo

giudizio

mio

il

solitudine e cerca

i

;

cor,

teme l'austera

blandimenti

die placano e vezzeggiano.

Così raccolta umil sopra

il

(uo petto

vorrei posare ancor, babbo, lontana
dall' infuriar dei

venir sicura

quando

al

turbini,

fido tuo ricetto

dall'alto,

povera sovrana,

nella polve precipito.

f^

hi

^j
UN FUNERALE
Lento ora avanzasi
dì fiori

ornato

un carro funebre
acconipai^nato.

chiedono

lì

che

rispondon
e

sia la signorina

chi

adducon con

avea

lo

tiie

tal

pompa

faceva

la

al

pio riposo
;

sari ina

sposo.

Passa ed

il

feretro

seguono molte
fanciulle in candide
vesti

Chiedon che
che dentro

ai

fece

mai

ravvolte.

la t^iovanetta

cuor tanta pietà commise,

rispondon, segnandosi con fretta:

e

—

Non

sa

?

Si

uccise

!

—

«5
.

C

EGLI NON
Che manca mai

oggi ?

perduio

ricurvi o haii

nubi nascondono

le

Cè

un velo

il

Son

.

E!

alberi

gli

foglie ?

le

sol ?

cela ogni lucida

clie

parv^enza, le siepi son spoglie
di

l

e Irascinansi

fiori

tutto è

al

lugubre

triste sì

sì

suol

non hanno più
par

invada

le

un languor

luce,

e

un senso

Che dunque ha cangiati
così oggi

Ala

ma
i

i

rami hanno pur

i

colli

e così
Si, è

cose ed

le

di

noia

.

e divisi

cuor

?

sole è nel ciel senza nuvole,

il

se pur

56

!

cose non lian più sorrisi,

I.e

e

?

son verdi

come
com'

vero

.

.

,

e'

ma

il

lor frutto,

eh via die,

son

ieri

essi

:

gli

è tutto
egli

alberi
!

non

.

.

e'

è

!

.
.

LA ROCCIA
La roccia che stav^a sul fianco del monte
aveva un torrente scorrente ai suoi pie,
die giù dalla cima scendeva qual freccia
sua

dìcevTi alla pietra l'eterna

le

scompariva formando una

e poi

fonte.

La roccia esultava, purissima, sola

amor,

sociiiando nel cielo qucst' unico
eh' è

ignaro del dubbio, non sa gelosie,

per cui tutto
e

un

Aia
si

il

mondo

racchiuso è in un cor

sMnvola

resto sMgnora, scompare,

il

di

disser

:

le

—

altre roccie che

Lei sola

stavano

.

in

.

giro

ruscel lambirà

il

che ne insuperbisce la giù solitaria

?

Facciamgli lusinghe, chiamiamolo qua,

ed
Gli

ed

ella si

goda solinga

fecero posto,
divertito,

ei,

Taceva

gli
il

il

ritiro

fecero inviti,

giro allargò.

celava lo strazio,

la roccia,

guardava guardava

colui che obliò

che sdegnan compagni

spiriti

gli

Sperò follemente, nei dubbi
lui

solo volendo

;

e poi in

per più non vedere
staccossi dal monte,
e in

un eon

—

'

sì

si

misero

il

strusse,

impeto

piombò

sé stessa

uniti.

l'

fier

idolo

sul sentier

suo soe^no distrusse.

É7
PER LA TOMBA DEL COMBI
Quando

sul

mare

folgora con mille luci

a vele aperte sfiorano V onde

e

ed

le

il

sole

barche a voi,

vapori filano

i

taciti

mole

nel silenzio, nera la snella

sul molle piano lucido die

ti

recinge

il

suol,

pensi tu Capodistria?

Van

acri fluiti e

gli

vengono

dove X'enezia bagnasi
volti alla
i

guerrier tuoi Hgida, pronti ad ogni fortuna

bei

d' ()i)re lieti

Mandavi a

rivenian così

jioi

e di gloria.

V intrepida stirpe dei

lei

cavalier dalla lucida spada
cui fior del

il

vider

gli

L'scocchi

clie

gemere quando

del saper

il

Galileo

seppe

affissi gli occhi

;

e

il

Carli

te

r

immago

verdi canali

i

che ogni fior

cogliere,

vividi sulle corolle

intento nel bellissimo volto,
di

recisi

;

Santorio a discorrere lungo

il

nei suoi

mare traboccò

Gravisc andando a Candia

col Sarpi e

tuoi Gravisi,

mai posò,

sangue

sedici anni fortissimi nel

e

dì

Serenissima

seguir della republica,

ed

dal golfo alla laguna

andavano un

così

:

italica.

frali,

pensando ognor
inviasti, o trepida

li

madre,

tuo sen iornarono molti

e sul

per sempre

capo a chinar

perirono

altri

;

Dominante

alla
il

sni rossi ponti fnmidi delle tjalere infrante,

andando, cernide devola, ad assaltar;

forti

i

ma nno

rimase, nn esnle

anima come nna fiamma vjva
nn candido dolce ed invitto cor

che tatto ardea nell'

per

amor

nostro,

che fece sno

dell' Istria

caro ed immutabile sogno,

il

minaccia a

la

un

<(iorno

di

chi

presso

bragozzi

ai

che regni

taciìi

che schiuse

il

il

sua

ben sa

non seda

egli

!

sacrificio
vita,

e pascersi

di

noi

di' è

può ognuno, preda
ha sperato invan,

chi

un giocattolo

per la frolla politica, che a scioglier

1'

alto gelo

dentro cui tutta fasciasi, getta ogni tanto
dell' ingordigia,

branco

di

gente stupida seguente ancora

abbandon

ai

pie

un piccolo

che nel cielo profilasi
e che

ele

:

silenzio,

d'ogni bene ormai scettica, guai
e

han l'ampie

oblio r erbe crescano, uè sapjiia egli che 'an

fu tutto

della

nostro mar:

vogliono sul sonno suo vegliar

che nel profondo tumulo non oda

Con r

Michele
il

lente le gondole

e coi cipressi
e

muta di San
murmure lo culla

neir isola

tuo Combi e col

vengon

infieriva

«iustizia.

Dorme adesso
il

quando

intrepido soj=jnare osava ancor

di

una supera

il

velo

rè

raccoglie.

99
Bello è giocar con
il

rosso sangue

con invidia

gli

:

ritta

60

anime; bello spremer dai

anemici

Oh Combi, dormi

ma non

1'

cs>rl

possono ben venirlo a veder
!

placido, sogna

sognare V

Istria

accanto a X'enezia

!

con

gli

eroi e

i

fiori

gentil atto e fier
SGHIGNAZZATA

Un
se

salio nel

fondo....

un nmccliio

di

e a chi

carne

io

importa

divento

che già più non paljiita e sanguina?

Non sempre

la

speme conforta

sguardo sgomento

e spesso

lo

ricerca

destin tra

E

il

tutto è

sì

le

triste e

tenebre.

monotono,

non cangia una voce, un accento
oh

vita,

ma

quanto

%

sei

:

stupida'

n

^

61
A MATTEO FLACIO

irrequieto spirito che invano

cercando
i

ben trovasti invece a mille

il

nemici, o

<,^ran

triste

die ardevi ruiilante

di

cuore insano
scintille

per un puro ideale; o tutto nostro
neir atroce dolor die

quando

in

su noi

sdiiuma

sempre, o<,'i(i come
tempo ha giovato, a die

mondo

invocata dirada

Corron

e

e.tiual,

il

xNulla al

di

consuma

male invelenisce

il

sempre
a die

ci

basso prostrati, avido mostro,

le

bianche

cangia, e mai

si
il

allora,
il
1'

dolore?

aurora

tenebrore.

vie diritte, sfavillanti
luci,

ma

qual luce mai

nell'anime ha brillato dopo tanti
secoli ?

l

forse tu qualcosa sai

or della vita die sfidasti e della

morte die
l*erchè

te

non vecdiio ancora

mentre tumidtua

colse ?

la procella

suir orrore che in noi tutto sconvolse
62
il

cuore a un tratto immoto non s'arresta?

H a qual
nostra a

questa vita

fine si vive, e
chi

giova? B perchè se funesta

ci

appar

di

qualche cespo

la

morte, se

si

la via fiorila

dilunga avanti

a noi, dobbiam dobbiam morire

può

fine arrestar?

la

dubbi

in

cui

non
^iri

ma

;

nulla

1:

trastulla

si

pur pensasti

del cervel tuo la fatica

ha dato

ci

la

!

e

quali e quanti

l'alma nostra

senza scopo ne meta
Flacio

I:

la pace,

ed

in

nefasti

coscienza ancor s'intrica,

ne sa reggersi salda come bianca

cima
sopra

di
le

monte che rispiende

al

sole,

nubi, pura nella franca

forza, die sa, sente, giudica e vuole.

%t
GLI EREDI

Il

padre

sepolto, e sia pace

è

corpo qui

al

Ma

e son,

come

anima

pace

in

su uno

fior

!

pugnace

l'istinto

stelo,

^etìe fratelli che aspettano

in

ognun

il

lor pezzo di terra,

casa e

la parte di
e

1'

han

vivi

i

terra e nel cielo

in

ognor ne sia

la stalla

bosco che l'acqua rinserra.

il

Ma

tutti

sobbalzano

gridando a

c1ii

guerra

in

legge che falla,

guardandosi ognun con invidia

quand'

è

chi

nota

e tutti

testamento

il

Chi vuole

le

querele e

vigne

di

che mai

pili

jiiai

e

fronte

1'

un

Così passa un

1'

i

lor lagni

spergiurano

più cederanno.

Tra cause, proteste
di

letto.

castagni,

petto,

il

van tosto a narrare
avvocato

i

difetto,

il

picchiandosi

al loro

alfin

e

chiamate

altro essi stanno.

anno ed un anno,

succede T inverno all'estate
e

64

gli

uomjn

di

legge lavorano.
H

sette fratelli iniplacati

i

lavorano sol per pagare
color cui

sono

si

affidati

per loro essi falciano

;

prati,

i

a nìietere vanno e ad arare
e

grassi

e

danno

Ma un

pulcini fan crescere

i

becchime

il

ai

taccliini.

giorno più questo non basia

:

un anno cattivo pe' vini,
bambini
la donna è ammalata,
cresciuti, e assai pane s' impasta
fu

i

pe' bianchi lor denti

così avndi.

ognun vende un pezzo

I:

prato,

di

poi viene la volta del bosco

che ha

1*

acqua

chiara da lato,

sì

ha dato

che legna da ardere

;

la

vigna che dava

la

casa bisogna anche vendere

tempo

II

son curve;
figli

die
già

i

vii

:

V accorto

prezzo compronne

pensa a ghermirne anco

gli

ultimi

finisce la lite

I:

perchè non
gli

al fucile

beni a

avanzi.

!

è morto
donne
hanno pòrto

le

lor braccio

il

refosco,

passato ed

è

lalun de' fratelli;

i

il

e'

è più la

sostanza

;

eredi, le fronti avvilite,

or curan
degli

le

altri,

viti

ed

il

fiorite

pan non avanza.

sul desco a cui, vinti,

s'

ap|)ressano.
NELLA SALA DELLA DIETA
A PAKliNZO

Russa, muta, raccolta, abbandonata
sala,
la

dove son anni
ha la bandiera

lotta d' oggi

alzata,

audace, qual sui vanni
aquila,

clie

il

sol negli occhi,

ascende

:

ed ancor floscia sta
essa

dair asta mestamente pende

e

ma

ai

venti

Poiché, o miseria

non dà

ali

niun sa o non osa

!

brandirla, e ira
di

gli

squilli

fresca gioventù rigogliosa
far che

f-

!

la

ancora essa

lotta la stessa

e

:

lei

brilli.

cangiare

perchè non seppe alcun

dove perdute ha

le

la Dieta del

Sala

di

alterezze

—

Nessun

:

amare
?

san Francesco ormai deserta

conserva

quanto spirto

in

dei

te

ben

ctiiuso

tempi con incerta

essenza ancora è effuso
5%
mura

tra le tue

Quel che a

!

uno

fu eccelso

ben noto

te

ideal

or fluita qual pallon sgonfiato e vuoto

né altro

Vanno
par

ciie

sua vece

sai.

uomini ancor, da

gli

parlan

e

in

V idea

;

ma

ci

sia

son
:

pure

1'

come

è

un' ampolla che

più diiuso in se

fuoco

di

non

:

arcano

senso non sanno darle
ed

lontano,

te

ciarle

;

il

profumo

ha,

legna verde e che tra

il

fumo

guizza, geme, rista.

Non

è lt)tta di

vita,

sì

meschina

gara ove perde ognuno

qualche brandello

da

cui

non

d'

anima,

sai

è unft chi.nà

nessuno

!

67
QALLIQNANA
Gallignana ha

cullar della berlina

il

muro di un largo
un pezzente rubava una gallina
subir doveva là dell'onta il carco
che sta infisso nel

arco,

se

come ordinava

il

per

denari, e nelle case

le

togliea

strade
il

i

conte che rubava

e 1' onor. Lì ognun sputava
un uom, Oh ben rimase

pane

e percoteva

memoria
un tempo fosco che noi or vediamo

quel terrò a rinfrescarci la
d'

grande da lungi sol

Ma

perchè dunque

viva

:

tutti

la

storia

!

non moriamo

onde estirpar per sempre dalla terra
questa bieca semente del passato?
Sta, testimonio

antica guerra

dell'

tra la contea e Venezia, erta,

una

strada

6g

lato,

torre dall' edera avvinghiata

a riguardar la valle

una

da un

s'

allunga, e

;

lì

una romana
fu ai Turchi data

battaglia in epoca lontana
narrati.

—

azzurro

di

cui dai

colli

bella valle che hai
Felicia in

mezzo

lago

il

ai prati,

fronzuti a specchio vago

stan guardando,

vertici affacciati.

a' lor

Pedena, Albona, Suniberg, Tupliaco

Chersano che sta

e

faccia a

di

Santa

Domenica, Moncalvo e Scopliaco
e a ondate cime van girando tanta
;

allegrezza di verde

Vena

de'

le

catene

Caldiera, cui la netta

e dei

fenditura alla vista

svela ove scende

1'

1'

onde piene

ultima sua vetta

Quarnaro, qua! coppa

del

scintillante,

sullo sfondo dei picchi erti

Cherso.

dell' isola di

e lontani

tu die tante

hai forme di bellezze e dolci e

mezzo a

in

te

immani,

ed a tante tue sorelle

che cosa stiamo mai a farci noi

Tra

il

r

uomo

E

noi

e sì brutto co' difetti suoi

siamo

sì

tristi

i

oltre

vizi

i

!

ammalati

e sì

con un povero sangue e
ed

?

fresco riso delle cose belle

core stanco,

il

tempi sol ereditati

abbiam, che con un atto franco

ricopriam

ed abbagli

La berlina

qualcosa che

di
:

ma
e'

è

tutto è

scintilli

come

ancor dovx

i

allora
pusilli

posson sputar sul vinto che divora

!
le

lagrime

iti

E

silenzio.

non contamina

la

jiiù

se

bene, corrotto, e a guisa

spremuto,
è più d'

un cuore giovanil
s'

affacciò e

mai più crederà,

cuor die, vivo,

di

triste,

un limone

perchè forte non

sei

e

si

in

tiie
all'

1'

orrore

!

sempre pura
in un largo

ctie

possa dileguar V oscura

caligin die

ci

avvolge e dal letargo

r anime nostre risvegliar novelle
perciiè,

riso

amore,

reciso

morte sa

Terra giovane sempre

soffio tu

altrui

e poi gittato in antri bui

dolce alla vita
e

di

barone

il

sposa

?

più crudele e in un pietosa,

non

scliiudi sotto

tutti

a

inghiottirci,

il

il

riso

delle stelle,

sen dove riposa

la stirpe nostra che operò, che visse,

su una strada incerta e brulla
dove noi ricaldiiam le sue orme infissa
oltre cercando e non trovando nulla ?
e lottò

7»
TEDIO
No,

i

libri

non

voglio, son freddi,

son

taciti,

parole non voglio sentir,

non posso

ma
Si, si,

io

non

restar più a lungo qui immobile,

devo,

capite,

ma

io

devo

partir

lontano mi chiamano

fantasmi con alto clamor
perchè
e

tutti

sono

come un

!

sì

tristi,

Ringillo

sì

:

piccoli

hanno

il

cor?

^

B

71
LA CASTELLANA
mura ha

Grigie
il

par die

cupo, poi

sulla roccia

Lupolano.

Castel di

e lui

LUPOLANO

DI

monte

il

clic

vioili

castellano

il

morto
Anna,

bella e giovanetta.

cui la

diioma bionda

è già

lasciando vedova

rutila

della torre arcigna in vetta.

die

dolci

le

tende

ni

mani candide
e

faldii.

guarda

come un padre con

A un

ocdìi.
degli

monte

capo

al

ponte

licrberstein avanzasi

discendente

Ha

tratto in

il

limpidi

i

il

vesti e

le

bel Gontiero.
il

guardo splendido

qual conviensi a messaggero
che un maniero nella Stiria

oure

e

il

nome

del potente

cavalier di Lobming. Penetra

roseo raggio
sala, ed

come un

la silente

Anna appare
raggio tra

grevi, e dolce in

le

mura

mezzo

svincolar della natura.
72

rosea

air orrido
Ed indiina il capo giovane
commosso il cavaliere,
e la bella su d' un rigido

già

seggiolon viene a sedere.

Guarda dentro il sole occiduo,
monte di viola,
il
essi. a un tratto anco si guardano
e non dicon più parola.
guarda

Dura ancor divin

silenzio

poi che in te parlano

i

cuori

!

Chi ricorda della Stiria

signor? Cantano fuori

il

augelletti

gli

sopra

alberi

gli

;

ma

armonie ben più soavi
nel profondo ai vinti cantano
che si fanno a un tratto gravi

quando
per

la

fede

si

promettono
sposa

vita. Bella

Anna monta

in sella e volgasi

tutta bionda e radiosa

salutando

picchi rigidi

i

Vena e del Caldiera
per Mayrhofen lascia l' Istria
della

:

;

e vi giunge, ed è la sera
delle nozze. Oscura, livida

è

una

notte di tempesta,

scroscia

il

tuono,

scapigliando

ed

ai

la

il

vento sibila

foresta,

lampi liscintillano

r armi alzate dei guerrieri
già la festa in
e

son chiusi

;

pugna cangiasi

fra

i

severi

7-3
muri
i

Ali,

e

uoa

1'

di

gii

torre vecchia
e

oltraggio

non ha V

per
il

d'

due sposi

un lor cugino.
non dimentica

oreccliio fino

uccelli che

Lobming

in soccorso

il

e

!

cinguettano

ora aspetta

duca

d'

prigioniera vedovetta

9t>

^

!

Austria
DUCA ENRICO
Preda è V

per

Istria

Re

chi la

vuole

con

suo regno,

il

?

tutti

avanti, avanti

:

è

l::pulo

Roma

e

!

caduio

dà

ci

leggi

che in cor scriviamo.

Sosta qui Belisario, e va a Ravenna,
e
si

Longobardi,

i

Avari e

gli

gli

Slavi

disfrenano in orde rovinose

tra incendi e stragi.

F^reda è per tutti

van

gì'

a vietarla
di

e

morti

Ma

correndo

campi

d'

dopo Carlomagno
senno

e

di

monti

;

ha

eli'

che la guida contr' essi
di

ai

seminando

Slavi,

agli

i

!

disperatamente

Istriani

valore

:

il

Oh

suo duca
bello Enrico

vincitore

!

Avari erranti

ed ucciso da

essi

lucidi aulenti

e

di larga

i

tra

i

laureti

tronchi de' castagni

chioma, mentre sul morente

rossi oscillando

75
inelaoTani di Laurana.
pendono
Su dal sanj^iie che imporpora lo scudo
cresce iniinortale pe' futuri un fiore
i

di'

educheranno

con

la luce dell'

opre ed

del cuor, tutti color che
e al

par

di

lui

vorran che

degli Istriani.

^

^
fò

76

il

calore

un

dì
l'

saranno,

Istria sia
LA VALLE DELL'ARSA

Rideva.il laoo piccolo

un occhio azzurro,

sì

come

e lui cinj>cano

le

case de' villani,

^

J^^^Kitn h' H'itu ^uifint'

dome,

giot^o

al

prati,

i

e4 in ^ira-guarda'andr-a€€i«;iatt

della lor siijnoria, dieci castelli.
picciol falco appollaiato

Felicia,

ed

tra la selva,

il

collo

a beccare ne' campi de'

leso a lato
fratelli

Paoli ni, abitayti nel convento
al

lago. Cosliaco dalla

rupe

enorme sor^ea aereo, con le cupe
muraglie, come un forte ad ogni evento
nido costrutto da rapace augello.

Se inan

lo

aveano

ben gl'insorti
oste!

i

X'eneti assalito

villan sotto l'avito

ne trucidar

il

signor

fello.

B Ciiersano che ancor guarda, quadrato,
con

la torre

pietra,

piantata nella viva

l'acqua dell'Arsa, dalla riva

sinistra,

pensa pur

lo scellerato

'

li
suo Giorgio che

sgherri Uscocchi cinto

di

uccideva e rubava, ed
di

Venezia

senato

il

chiedea. fin che strozzato

il

a Capodistria

fu

ladrone vinto.

il

Passo, rocca de' Barbo, in sua dolcezza
alpina riguardava
de' monti, e lungi
di

erti

gli
il

cigli

lago

tre

i

figli

Alessaldo cercavan con tristezza

l'assente:

il

morto: quel che

Mnale, torre ch'era forte
e

ed

;

Aurania

burron che

sul

il

padre uccise!

guerra

in

disserra

si

protondo. San Martino che divise

con Letano
poi rovinò

;

breve arnese

sorti, e

le

nomi

guerra, cangiò

di

ed invece

mura,

e sito e
dell'

oscura

mole surse Bel lai, quasi borghese
dimora ove

s'

e si contratta

ingrassano
vin

il

;

i

e della 'ena sul ferrigno

Lupolano, die

tacchini

Sumberg

più in basso,

sasso

confini

vigile ai

delia valle guardava, sentinella,
il

varco del Maggior monte

clic

il

cielo

disegna con sue nette curve, e un velo
violetto di

bosco

Montemaggiore
passo

e

il

cinge e abbella.

quante volte

sentisti del villan

che

a Fiume, ove un capriccio
del

suo signor

:

presto

!

il

greve

andava

lo

mandava

per la via breve

!
Ed anco
ed

i

saltano
il

campi attendon

i

fieni la face

dove

egli

guardia

castello

al

attende la novella sposa

d'

un suo vassal,

al

mattino giurò

colei

peritosa

ctie

la fede

a quello

che aveva a lungo dentro

cuor sognato.

al

baron tedesdìi,

nidi di

Castelli,

;

ventura

e la

e far

;

aratura

la cornetta,

barone va a caccia

convien seguirne

1'

sale aspetta

il

suona

cani,

i

;

protettori di Uscocciii, die su' freschi

campi

terror spargeano, e a loro grato

il

era della

beli'

allor che

il

opra V arciduca

territorio dell' odiata

[Repubblica era invcisa

—

sempre armata

gente die attende la ventura e bruca

come

il

verme ove può:

oggi tiranni,

assassini di strada, e dominati

domani

dal terror d' esser dannati

oltre la

tomba,

stretti

preti

e frati,

e

di

ad

a un tratto
essi

a'

panni

liberali

de' rubati denar, convxmti e diiese

fondando, ove
per lor

le

preci

salir

—

possan distese
sotto

le

fatali

ire del tempo o voi bene caduti
E sorrida al lavor la dolce valle

del villano che sol
alla vanga, ed

il

curva

le

!

spalle

dì lieto saluti

7»
tutto libere fronti

tributo al dolor

E

se

Barbo

i

di

Hanno pagato

!

il

avi lontani

gli

!

italiani

spirti

per un secolo e mezzo han ravvivato

la region

dell'Arsa, ben

esosi

gli

Brigido r esca alla ribellione

pòrser
i

ctie

divampò contro

servigi negando, e

liberi

i

barone

il

nuovi, ascosi,

sensi die accendeano

i

tempi

corsero, ardente soffio, su pe' monti.

AlayLupolano ancor chinar

le

ultimi servi imprigionati

gli

:

fronti

esempi

Rodca il popolo il freno,
un colpo di fucil squarciò una sera
l'aria, un uom cadde, e forse a lui non era
vani oramai

!

e

destinata la palla, e volca in pieno

petto colpir alcun che più alto stava.

Ma

assai più uccise

cadea un' epoca

dove .ondeggia ora
ai

:

poi die al rosso

tutta. Arride

alta la

messe flava

piedi de' manieri rovinati.

Pace

ai

martiri e a lor che

e di libera luce

il

han lavorato

consacrato

giro dell'Alpi riscintilli ai fati!

fi

80

lampo

un campo

^
PASSO
Or Ceretto
d'

passato e

è

acqua che a
cui

specciii

il

prati intrisi

i

formano

tratti

decisi

sole fa risplender già

;

restato indietro alla collina in vetta
è

Moncalvo,

e la via

con nuove aspetta

rive a ogni giro, fiancheggiata e stretta

qua da

A una
s'

e

colli

frondosi, colli di

svolta profonda

ampia

Moncalvo sta dietro
Passo guarda avidamente

apre

:

la bella valle larga

molle

là.

la valle

alle spalle,

giù

ed ondulata,

come un mar,

sì

marna

così

sfumata

dalla nebbia che sale in larga ondata
delle

montagne azzurre

pe' larghi fianchi su.

Monte Maggior che le catene unisce
de' Vena e de' Caldiera, a mucchi, a
tra'
si

strisce

vapori turchini del camlor

adorna

che già

il

della

neve immacolata

primaveril vento ha solcata

con r ala sua possente.
sereno qual

chi

11

monte guata

posa nel suo conscio vigor.
81
E Passo si rallegra alto nel sole
dopo che vide un dì sulle vjole
bianche de'

un

d'

clivi

e riguardarsi

donna

la

a

scorrazzar

tratti

baroni

in altro caste! fieri

gh occhi

Guarda

di

dai balconi

tristi

Messaldo

e

che proni

lei

giovani cani dovei te al sen recar.

i

pe' fori azzurri

co' suoi occhi

di

la

rovina

una cortina

cielo e

edera folta sulle pietre sia

d'

ride la valle d'

un suo

:

dolce

riso

che s'effonde, che tremola, die niolce
i

cuori e trasparisce nella dolce

d'un

aria che

H

pura luce ha.

cristallo la

lluttua intorno la leggenda antica,

come una

fresca rosa che s'abbica

su un tronco che

la folgor rovinò.

La leggenda racconta

dovean
eh' è

un

presso

teatro

Un

:

dì

fate fabbricar nel

le

al

mar,

di

lontano

piano

bel sasso

ove Fola Cesare

montano

rialzò.

Dov'eva avxT cento finestre e cento
aperte al sole ed

sovrano vento

al

che su dall'Adriatico

gli

vien

:

esser segno d' impero, eccelso segno
di

Roma

tempo un fianco degno
l' impegno
una notte dovean compirlo appien.

e

opporre

al

del gran marte! de' secoli, e

era

82

ciie in
Volavano

mar

dal

monte

cenilo al

Maggiore, avanti e indietro,

recando colmi

i

gran grembiali

larghe pietre candide

di

era

:

e proni

agili

d'

or

immersa

ogni valle nel sonno; la dispersa
schiera de' colli ove la sorte avversa
deboli,

a"

i

castelli

preparava

signor,

ai

dormian soavemente.
tempo sorgeran presso ni silente

alla brezza

Nel

lago Felicia e
l'inale,

il

rigido Chersan,

Passo, Aurania, San Martino,

e villaggi vassalli; ed

tnrchino

il

Arsa tortuoso attenderà
i

bovi che solenni,

San Vincenti sarà;

mattino

al

lenti,

lavoro an.

al

un giorno

^^Digniino

nella leggenda stringerà a se intorno
sei villaggi,

e

a

Fola fiorirà

difesa, in

uno

dell' Istria in

sol

;

fondo,

faro che splende e guarda nel profondo

mare lontan

dal

suo golfo rotondo

dov' entra de' gabbiani stridendo

il

le

qiuisi

fate

volavano

:

compiuta, e a

era
lei

stava r alba a vestirla

1'

il

bianco stuol.

opra

tremola sopra
di

candor,

Arena rotonda ed incorrotta
E volavano ancora, aerea frotta
che dal culmine inizia la sua rotta
quando al canto del gallo, sfuggir dalle man fuor

bella

!

83
le

cocche dei grembiai, e masso a

il

contenuto lor piombò su Passo.

masso

Le fate ora dai monti dileguar.

ma
la

ancora arride tra

rosea fantasia

sette pietre vi
di

84

;

le

mostrano

questa storia,

vqììì^

stesa

presso la chiesa

e quelle

in difesa

son che precipitar.
D GNANO
1

I.

La bruna donna che ha
stacca dal chiodo

Ridono

gli

ocelli

e fissano la

il

ali'

man

„muchéra'S

la

denti bianchi

bei

panni mobili sui fianchi

e oscuri

nero gran cappeL

ombra

della tesa

che lien sospesa

oìft

posa con un

bel

gesto ire pietre sul coperchio in forma
triangolo, e ciò farà la

di

torma

nera delle formiche allontanar

non potranno esse entrare

il

:

desinare

ora dentro alla pentola a guastare;
e

guarda

in giro

i

rami

scintillar

che a Pascp-U^ ha strofinati con ardore
e piglian della

fiamma anco

il

rossore

sospesi al muro, sotto del cani min.

Oh

r ampio focolar sa tante storie

e di streghe e d' amori, ed
d' odi

ha memorie

che aveano in lotte triste

fin.

85
Di lotte

quando

ed

sangue e

il

uom

la via retta

coltel gli

guizza nelle

per cui r
il

La donna lascia
la dolce

il

vin

s'

accende

non comprende
man.

cucina bianca,

la

casa cheta, e va con franca

andatura

da Dignan.

di' esce

fin

Lascia la via

romana

die s'allunga

senza die piazza alcuna

la

disgiunga,

e forma, tra le case, la città.

L dietro

ai

passi suoi scorre leggera

leggenda, per cui già

la

Dignan villaggio die
tra
e

campi, in

i

fila,

tra

tempo era
cinque sta

esposto

alle rapine,

risolve di unirsi agli altri infine

lutti

:

a difesa intorno a un cani pan il.

Aa allor che questo fu deciso sorse
il

pensiero del nome,

il

villaggio col

e

morse

invidia

suo dente

sotlil

:

niun volle l'oblio; perisca l'altro;
e fini la

contesa un patto scaltro:

gettar

pietre e

e

le

cumulo contar,

il

Dignan vinse. Ala

la

donna sa

romana colonia

in

altre età

die

non vuol

la terra

il

sangue suo

obliar.
II.

Finite le case, pe'

campi

prende,

ella

con linea

smorza e s' accende,
monotona che colli non ha.

H mentre

sollecito più

tra

verde, die al sole

il

sui carjipi di

grano

si

11

su floride vigne del vino

il

s'

odon

tiie al

passo

élla fa,

sguardo riposa

lo

di

rosa.

stridenti cicale cantar

sole

si

scaldan

;

in fondo, lontano,

mare turchino solcato da s'éle,
il mare di Pola che abbraccia fedele
le verdi I3rloni, e vide un dì invano
Vittore Pisani la morte cercar.
è

il

ili.

Ecco, ella vede sotto di un olivo
il

marito

ttie

attende'; nella pace

meridiana mangiano ora assieme
blanditi dalla gran

vita die freme

della terra nel fondo sca ferace,
eh' ù

madre a

Guarda

la

tutti

noi

suo cuore vivo.

donna schiudere

le

rosse

labbra che sanno cosi ben baciare,

ma

che, gelose,

guarda
SI

gii

sepper la minaccia

occhi che cercan la

;

sua faccia

dolcemente, e dove balenare

vide un'ira che quasi la percosse
87
un giorno

in

Oh ma

dubbio.

di

quel giorno

che sua divenne, quante danze e canti!

E

fu,

a notte,

la fiaccola brandita

da quegli che

dal più vecchio,

la vita

sta per finir, e guida ai nuovi incanti

mentre

gli

sposi,

—

Ella piange

che avvolge

dalla sua fronte
felici là

si

—

!

Ben

!

alle altre

Non

:

è vero,

velo

il

donne cade

quella che V invade

:

mostra

e dietro viene

sposa

la

capo

il

grida intorno

si

Ella piange

!

non piange

no,

alto

in faccia al

cielo

;

lungo corteo nero.

il

Ed or mangiano assieme,

e

sulla terra, sul mar. Ei dice

splende
:

—

11

il

sole

grano

sarà buono e abbondante:
Salta

il
pan T abbiamo.
un augello sfringuellando un ramo

e ella riflette

non

lo

:

—

inangino

F^ur che sotto

pendere nella cucina

—
—

Legherò bene
dice

l'uomo

nò dentro

al

tre

—

fieno

in

grappi d'oro.

—

pannocchie a croce

ed
si

mano

quando suole

lopi,

i

i

topi fuggiranno;

avvoltoleranno,

che tre piccole pietre, con veloce

mano ho
in

lanciate, chiuse dentro

un pugno

a salvezza,

di

fien,

in tre

un foro

dietro la schiena,

parti della stalla. —-

S'arresta in mezzo ad una cucchiaiata
la

donna per narrar d'una covata;

de' bozzoli

in

cui

nasce

della tegghia di latte che

iè

la farfalla

;

ognor piena
dan

le

pecore, e tremola la molle

delicata ricotta nel candore

—

del sacchetto di tela:

Pur che alcuna

non venga a tòrci
azzoppando le bestie, col

la fortuna

strega

Ma Tuoni

sorride:

livore

cuor

nelle parole che nel

—

le

bolle.

Non temer

—
di

nulla,

poiché a evitar la „strigari'' ho posato
il

mio ginocchio

tuo grembiale

vigna ben

un
Ei

bel

ci

in

di

tempo

sposa;

darà pe

'1

sul lucente

la fiorente

nostro nato

corredo nella dolce culla.

balza in piò per correre al lavoro,

ella si

china a coglier la muchèra;

tra la terra cui

il

la vita, un'altra

vita comincia
alto

:

sol fa

rinnovare

umana a germinare

e la figura

un simbolo par

nera

nel raggio cV oio.

9b

i%
SCIONERA

vento rinforza

Il

die

tempo

e

danni

i

!

nialij>na, sì
s'

sa

chi

chiusa è la

Sii,

(iesù

!

Ora vien

la scionèra

fa nascere

clic

brutta,

sì

nera.

incLirwa, si abbassa,

va

le

gonne facendo frusciar

le

sbatte

suoi

le

ed a

stinchi,,

il

calci
ai

lo strascico

quattro angoli.

le

fiche

Lanciarle nel

-

acri

sì

calmar?

mezzo

del cor

curvo lucente falcetto

bisogna

!

tentenna,

—

Oh, già qualche comignolo

Madonna

santissima

preghiamo, picchiamoci
che urla, che

90

:

Potreni quei suoi spirti

squadrando

—

su,

sbatte sui niacri

or getta e rigetta

—

!

vortice,

nel

stre.ij^a

fischi,

il

petto

che orror

!

!

:
- Ragazzi, voltate
bene

tiratelo

gettatevi

a terra

premiamo
chiamiam

E

chi

!

noi

tenti
:

!

—

coi nostri
tutti

può

i

—

;

un subito
La polvere
ginocchi,

santi del ciel

il

Di croci

genti sul

cappel,

!

del re Salanion'

nell'aria tracciare
lo

il

occhi

voltate, e in

le calze

—

sugli

gran segno

segniamoci

mare che

infuria

lottando su un fragile legno
or forse in pericolo son.

—

^1
.

.

STRIMPELLATA
Soffia, soffia, soffia .... le
s'

incalzar! pei cielo

lina notte affannosa
al

nuvole

sarà

:

:

dove quattro vie s'incontrano,

tocco,

potrà alzarsi la forca, e messo là

stando a riguardare immobili,

il

collo,

si

vedranno

xMontando
e

danzan,

in

le

la

streghe, tra là là ...

scopa esse passano,

e saltan

ridda paurosa

qua

e

là

;

ma

guai a quegli che imprudente muovesi

ciiè

sulla forca

miserando
Sino a che

appeso

resterà,

alle streghe in
1'

man

giocattolo

alba imbianca tra là là

.

.
LA SEMINAGIONE
Tramonta
lavora

sole e ancor con gesto lento

il

vcccliio,

il

lavora assiduo, senza

fretta,

muto,

solennemente.
Sul rilucente

bianco Un della barba un suo saluto

posa
del

sue

le

raggio die muor, lungi lo specchio

il

mar ha spento

luce.

striscie di

semina

11

vecdiio ancora

grani

i

rotondi de'

piselli,

nella grassa

terra die attende.

Un poco tende
il

mentor^Jpoi die Fora passa,

tre

piselli,

i

più

belli

ed

i

più sani,

die già da un' ora

tenea sotto la lingua, in terra sputa
e dice

—

:

pigliali

!

e

Questi, o diavol, son per
il

te,

seminato che Dio prosperi

e

possa ben fruttar

e

da

s'

Egli

m' aiuta

oggi curo e attendo, sia per

me!

—
93
Sorride e pensa: l'insalata libera

sarà da' bruchi, perchè, in

gambi con protese
radici ho piantato, erte

ultimi
le

Va

»f4

il

vecchio, è buio,

non

fine,

i

tre

all'aria
all'

insù.

si

vede

i^iù.
NON PJOVH
La terra ha stio
che soffre

ha sete e tanto leni pò
ed ogni pianta ed ogni fogha

1

!

!

sembra una bocca aperta avidamente,
poi eh' ò ora uno spasimo
il

bisogno

clic

attende

sì

gran tempo.

Fxco, io soffro con V erbe ora, coi grani,

per la lor breve vita che dibattersi
e. logorarsi deve, in

un

silente

desiderio, e cozzar contro un'incognita

potenza

in sforzi

Mi tendo con
verso

—

il

le

piante, in alto, in alto,

che avrà nubi e lampi e folgori

che freschezza, che vita! ~- Intensanienle

con lor
e

eie!

disperati e vani.

il

la

benedetta acqua desidero

fremito die avran profondo ed alto.

:
DESIDERIO

FM1ic stare

si

deve per sempre

quasi schiavi

di

Oh poter un

sol

,i^enii

giorno volare,

sopra a tutto ed a

le.ijati

alla

terra

che son conie luridi insetti

tutti,

'olare.

più assai

d'

?

volare,

un' aquila audace,

esser ebbri di luce, disciolti dai lacci imbecilli

signor

di

se stessi, per

•

96

un

£i
»

dì.

^
"tS^.

per un' ora esser

libeii
NOT E
poesie

Nelle

La

10,

hicicleiia,

Pioggia e sole,
di

pajj;.

fermar credenze,

'.ìcir

interno

La

//

morto, pn^.

36,

La

12,

^?ig.

Gli eredi,

usi, idee,

del

L' ucciso

7,

pag.

partenza, pag.
pao".

20,

ho ccrcato

64,

popolo canipagnuolo

dell' Istria.

sposa,

pa^^.

Questo

19.

rapire la sposa

di

un uso che hanno ancora a Corridico, gruppo di
'ille presso a quel tratto di terreno promiscuo di oltre
è

nOO campi, dove, ad evitar discordie,
ducali ed

differenza,

veneti potevano

i

l

contadini

di

ville di

Antignana,

venete,

han conservato V

ancora volentieri
di

abitanti arci-

Corridico,

si

come

chiamava

quelli

delle

a far scorrerie nelle terre
istinto del

bestiame.

Un

predone e rubano

po' per quel fondo

barbarie che hanno, così segregati dal mondo,

po' per evitare
e

il

istigali

gli

pascolare, e

gli

ad evitarne forse sopra

tutto le spese, perchè

poveri, ricorrono al rapimento, e

^^^^

un

usi nuziali che eriin lunghi e seccanti,

si

sposano

pag- 31. Superstizione che

interni dell'Istria e che

si

hanno

sono

in seguito.

nei luoglii

incontra anche in Toscana.

Medioevo, pag 51. Giorgio di Herberstein, colto
da improvvisa pazzia mentre si trovava al cani pò di
Neustadt, morì dopo lunge sofferenze a Lupolano
nel 1491.
Nella sala della Dieia a Parenzo, pag. 66, *.
venne aperta per la prima volta la Dieta

Nel 1861

16.

Una

istriana-

minare

sue attribuzioni era quella

delle

deputati al Consiglio

i

dell'

impero.

una seduta privata

liberale decise in

di

no-

di

partito

11

non mandare

deputati a Vienna. Perciò nella seduta pubblica tenutasi

a

tale scopo,

venti

deputati

gioranza scrissero sulla sdieda
»,

Nessuno".

La dieta fu

costituenti

di

votazione

mag-

la
la

parola

—

sciolta seduta stante.

mi furono favorite dal dottor An-

(Queste informazioni

tonio Scampicdiio die faceva parte della storica Dieta.

La
di

castellana di Lupolano,

erede

lasciò

tutte

di

Jiag. 72.

non avendo

Anna,

figlia

le

maschi

la

sue possessioni, fra cui

Alixe di Eberstein, die

la

figli

signoria di Lupolano, sposò in seconde nozze (jontiero
degli

mano

Herberstein.

per Ernesto

Duca

die
di

era

venuto a diiedere

Enrico, pag. 75.

primo duca

la

sua

Lobming.

Il

De Francesdii narra

morto a Laurana. Invece
il Benussi dice die Enrico mori a Laurana combattendo
contro
Croati, e guidando andie Istriani, ma che era
di iìnrico,

d'Istria

i

duca

del

Friuli.

La
Nicolidi

valle dell'

si stabilì

Arsa, pag.

di

governo oppressivo die

li

4

maggio

77. V. LS-lO.

Giuseppe

a Cosliaco dove introdusse un sistema

del

1.574,

lo fece

odiare dal popolo,

durante una

sudditi della signoria fu trucidato

sommossa
le mura

sotto

dei
del

castello.
1.

Giorgio da Chersanu reo di vio-

di assassinii.

che circondato da bravi spargeva

V^g. 78, V.
lenze e
il

98

terrore nella provincia, ricercato dai senato veneto
che

gli

avea posto addosso una

dei Veneziani

sulla fine

cadde

taglia,

in

potere

1600, e fu giustiziato a

del

Capodistria.

un

Pag. 78, V, 8-9. Alessaldo Barbo uccise in

impeto d'ira
di lui

nel

il

sentenza

pronunciata perciò contro

fu

e

figlio

morte, die

di

Lubiana

eseguita a

fu

1589.

Tua

15-16-17.

FVg. 80, V.

desco fu ucciso da un colpo
r attentato fosse stato
politico e contro

Ho

1'

sera un

contro

diretto

soldato

commissario

il

amministratore della signoria.

tratto queste notizie dal lavoro di

De Francesdii

:

.,1

te-

sospettò die

Si

di fucile.

castelli

Camillo

della vai d'Arsa''.

Passo, pag. SI. tlo trov^ato la leggenda di Passo
un numero del giornale ,,La Provincia'', nelle ,,Alpi
Giulie" del Caprin, e 1' ho intesa raccontare a Passo,
dove mostrano ancora sul piazzale della diiesa le

jU

pietre cadute dai grembiale delle fate, o strego, perche
tra le

due non fanno differenza.
Pag. 82, V.

7.

Un

castellano di Hellai o di

Martino odiava talmente
allattare
di

i

cagnuoli e la

campane,

morto

che

iccc

San

moglie da costringerla ad

la

senza suono

seppellire

fece

invece

sonare per

il

cavallo

in guerra.

Di^nano, pag. 85. Devo

le

notizie di usi e su-

perstizioni dignanesi alle cortesi informazioni del prof,
[^alin,
-

le
-

il

quale spiega così: pag. 85,

mollaria

-

da molcere

contadine portano
la stregheria.

mato

—

il

-

la

v.

pentola

desinare

al

,,muchèra"

6.

legno in cui

di

campo. „Strigarr'

Pag, 90.^,Scionèra'-

il

dal vento del rincontro, e siccome

vortice foril

popolo

si
figura
fatto

veramente di vederci dentro una strega, ne ha
un femminile: sifone- sion -scionèra.
Il

popolo dignagnese distingue invece

classica che cavalca la scopa;
(pag.

93)

lingua e
finita,

di
di

tener mentre

semina

è

la strega

suo l'uso

tre grani sotto la

sputarli in terra, al diavolo, a seminagione

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INDICE
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Il

Gli

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6

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8

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alberi soli

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Autunno

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Colloquio

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La sposa

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Saluto
Nella lotta

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30

»

Pioggia e sole

vero

Se tu durassi ancora

35

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,

di

33

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giorni perduti

qualcosa

23

24

»

Alla foiba

e

17

»

mare

Vento

C

15

»

La partenza

I

13

14

21

Lui

Al

3

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L'ucciso

La

Pag.

!

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37

>

39

II

temporale

»

41

L'

ubbriaco

»

43

Chi passa?

Preghiera

!

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45

»

46
101
Di sera

,

Sole, sai tu ?

Pag, 48
-

49

Alea culpa

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Nella sala della Dieta a Parenzo

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Tedio

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La valle dell'Arsa

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La seminagione

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Desiderio

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Note

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102
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Ada Sestan - Nuovi canti dell'Istria (1910)

  • 1.
  • 3.
  • 4.
  • 7. CASTELLO Te gnarJiani con che masso sorgere dal mura ben le i DI PISINO pianiate balconi foran, e ornano scudi a sculte armi inquartate, ma con non vive te con orgoglio il e palpita nostro cor. memorie No, per noi non hai vecchio ostello signor di messi qui dai duchi d'Austria, aveano poi che pace stetta con Venezia, a lanciar F avide bande uscoccte d' una tregua guerra! Bello ma lor cui era il pendendo attendean nel eh' il era tacita tuo andavano vi di vendetta alla cortil, supplizio al conte agli ostil, anei corda i ferrei tratti, fondo oscuro carcere ripiegavansi disfatti, mentre nelle sale vigile stava un nobile tedesco concertando come i barbari scatenar. Rideano in fresco
  • 8. verde intorno e i floridi colli i venivano a portar villan cupi le decime, rebote ad apprestar. le Tu non noi sensi desti in intimi vecchio nido d'oppressori, non curiamo scudi ed aquile eh' pompa eran per vicende fin : ed umili illustri ne' secoli lontan noi veniam del comune e tuoi signori ai Siam dal cor del popolo italian, nati al sole splendido Roma che irradiava a noi da : abbiamo l'anima che non cede e non si doma. della plebe Padri nostri quei che del Placito al Risano protestar, padri nostri locopositi i che per noi pace giurar a Venezia, eleggeano e quei gli die liberi scabini nostri messi e nostri giudici pur de' feudi ne' confini. Noi nascemmo muri austeri e guidammo laboriosi intorno de' i bovi fummo ai ruvidi manier al artier. vomere,
  • 9. E crescemmo tutta V Istria in protendendoci le mani conoscendoci per fratelli die hanno eguai ceppi lontani. Da ogni riva del mar cenilo, da ogni monte da ogni pian noi gettiamo chi di sente grido vindice il suo diman. il Addio dunque o tu di vecchie storie aspro ricordo: tristi noi sposiamo idee floride le c^6 cogliemmo iR dolce accordo, e guardiani gli spazi ed cernii campi biondeggiar; i per te un dì languir le industrie e le terre si estenuar. Noi vogliam da ogni i fratelli laccio e liberi d'ignoranza villan che intorno vivono da quando preser stanza fin qui, fuggiaschi ma il su terre aride : tuo spirto feudal vive ancora in quei che vengono a sbarrar la via Giìi tu li dal monte attiri con spirto altero di Castel nostro fatai. erto di Castua 1' antico dominio nemico.
  • 10. MORTO IL La nera cassa con la croce bianca è scomparsa; la terra T ha inghiottita avida indifferente quei che fu un man ; uomo ha sulla vanga, ed appoggiò la la stanca sua via compita : riposa eternamente. Or chi r accompagnò, se ne va che lascia addietro fila e ritorna alla in bruna cimitero, il casa ove attende la già strilla nipotin con piglio fiero quando il la moglie; nella cuna vede invasa da tanta gente che a un gran pasto siede dove il morto giacque, alla tavola e il — mesce nei boccali vino a rivi in onor suo Non quanto forse in vita fare dato e Ha negato le patate che gira i egli al ai e ; il ognun chiede ben gli piacque mortali? forse pane o il il sale misero indigente casolari come un cane battuto ? A dargli il vale mangiar conviene e bere lungamente assieme ai suoi più cari. — :
  • 11. Così parlano, e par che sia vivo in Il mezzo a e nel silenzio tosto sente anco nel il trapassato che immondo, atterra in gruppo si il loro, fin ripiombato ricordo del tapino suo buco profondo. ^ ^ ^ il vino
  • 12. OLI ALBERI SOLI Vanno prati i con molli ondeggiamenti a raggiunger lontan e quasi jiar 1' arco cielo, tlel che un lungo soffio anelo faccia nei!' alto tremolar le sielle. Uisuonan e passan le campane lenti armenti degli oltre la strada i stan suir orlo, coi piedi dentro dei fossato, le bovi ai ; rovi aduste pastorelle gettando nella sera un breve canlo, triste, sol di questo deir Alti e un grido aculo non sa dar saluto due noie, altro alla vita Istria contadino slavo. neir acqua che quattro pioppi foglie guardan riluce sotlili con accanto le chine senza fine le stelle neir acqua cupa in suo torpore ignavo. Oh nella pace di quel dolce piano, sotto al limpido cielo, alberi cui non allegran più alberi tristi e freddi e d' soli, uccelh i voli, abbandonati che sentite V autunno, e invano invano cercherete altre frondi a voi da presso a difender con dal gelo i murmurc sommesso vostri rami dispogliati ! .
  • 13. Esce una giovane sposa die ha di diiesa un lampo vivido nejr ocdijo assorto . ma bronzei echeggiano suoni a distesa neir aria limpida * ; suonano a morto. Le donne dicono — Oh cosa : strana, brutto pronostico gioir corto di ! — La sposa guardano eh' è già e i lontana, bronzi edieggiano sonando a morto. ^ i »
  • 14. UCCISO L' Or tra le cantai! gli nuove che vcrdc^^i^nano ini memori del dì cadde al piò di un albero trondi uccelli cui ferito in un uomo a tradimento Sopra alla terra serenamente sanno muta un cor che fu incurvasi cielo il mister e nulla del come dir della morte, e cessi n d' morì. e qui Xarran invece miseranda palpiti i sua audacia in ^^ì iier. uomini quel morto. Cominciò la storia di r inimicizia quando, a un ballo, livido di ..gelosia, uno schiaffo misurò r ucciso ad un rivale. Allor che lume r alba le sue che e viti recise oh : mai più maturati nero fumo di sprizzavan le si scintille, e un fuoco d' da un fenile saliano e un bove si in A ! levava lingue luce r odio i al eh' : il roseo pie dolci grappoli maturar non sole ancora il erano diffuse, fé' sera un nuvolo al ciel, lunghe fiammec era ormai ribel alla purpurea vennt> ad attizzar breve mugolando un fumido ruscel di sangue intorno a se colar
  • 15. vide da un pie' reciso; gli occhi velati accese ; stette tremulo, ei il suo dolor rassegnato ognor più dentro di quegli' ai e la vittima cadde. Chi il animi ad uccidere dietro alla siepe nella notte fu Fiìr gli fieri uomini rozzi un reo furor amici o i fratelli ? liceo paese in due campi ogni ? dividersi più dì nemici e irrequieti, ad ogni ingiuria pronti e ad ogni potè placarli spiegan gli ; menzogna or dove fu uccelli il in mezzo ^ ft ; il tempo sol cadavere ai canti il voi.
  • 16. LA BICICLETTA Passa un i^iovane bruno sulla uiacdiina di cui sfavillau l'alte ruote al sole, le siepi ai lati e i^uardano della via villan i si nllun^^^ano senza parole. (iuardano intenti ed lian ne<^^Ii nella bocca socchiusa un'alta nieravij^iia ma come : occhi attoniti impressa mai una simile stranezza fu da Dio dunque concessa? Oh queir arnese e Oh Oh rive le scintilla, s' ardue e le valli ! incurva sulla strana Ah suo vegga sola, intrepida, ormai lontana. una cosa buoiui non può essere no, esclaman si abbaglila e vola questa che il cavalli. quel .ijiovane bruno die in un turbine polvere macdiina, che — non ha quelle ruote sole die fulminee divorano di che trajìassa rapido corre e corre e pur il — mondo viene a trasvolare, qui è venuto certo consi^^lio perfido 1^ il a portare ! — diavolo —
  • 17. AU1 UNNO La(»rare, lottar? L' iiurnu» L- Perdon i^li l^osarrn" i alberi sot^aii (jiiarda pallido che ader*(evansi 11 il la ormai come voi l"reddo Core nulla iin|M>r(a! speranza tutte le e cadoii de.i(li morta. lot^lie. più contorta tè 1' ali ideali. la 'ita è limila e la S|H'ranza è ^ e fredde spo<(lie. sole, al clic 'ia. eli nrcsso e : morta!
  • 18. COLLOQUIO Ritorno a casa a sera ; molto ascoltai parlare e intesi in lo fondo core al sdegno divampare ora son triste, me tutto a intorno muore. mia porta Chi viene alla con suono Sei tu ; nera, speroni di ? Santo Gavardo che accendi con chi la le tenzoni male accorta lingua snodò codardo ad insultar la terra tua, eh' è triste e lontana ? Oh figlio d' altri tempi, a una calunnia s^ana per l'Istria ma muover guerra, che esaltati esempi ! Noi siamo saggi e accorti se alcun le spalle ferita in ci un po' scrolliamo, non stride noi mentre nel gaudio assorti ridiam, ridiam, ridiamo fi) 14 : insulta o irride » !
  • 19. LA SERA Or le cime son d'oro alberi degli che neir occidente poi tramonta; sol il oro rosso e canoro al vento dolcemente; si l'aurea impronta ripete sui ledi, sulle che son bionde, sui che irradian di il capo e messi sulle colli, chiome riflessi alle fanciulle, viene alle labbra, im nome cui sorridendo e soj,man nella pace dorata, alcuna al vedendo loro sogno fulgido mondo altra cosa che il Anche le de' baldi miti e come Ma e profondo. madri sognan l'avvenire maschi loro e delle vedon rose figlie fiorire lor le nuove famiglie. la notte eh' è giunta, dice : — È vana ogni lusinga: o genti, disperate! Nel buio s' allontana ogni forma e si perde. Non sognate l'amore che non c'è, l'amor che mente e tradisce e devasta non sognate fulgete la gloria per i figli tutti ciie gli i cuori ; orrori 15
  • 20. della vita sapranno, sacrifizi vostri i immensi obliando, devastati nell'anima e nei sensi, essi, Ma i le bambini un giorno accarezzati stelle che spnntan tremolando con un sorriso limpido dicon: — ! Ponete d' argento bando al ogni presagio triste di tormento, cercate T ideal, tutti protesi come archi rilucenti in ver d' immane fiamma accesi per la bellezza eh' è bontà E sognate, sognate senza la vita infinita. fine perchè l'anima deve alto salire senza tregua o confine se non vuol nella vii ^ ft ^ 16 mota morire. —
  • 21. UN DI Babbo, quando arridea l'infanzia garrula a me nel fresco fior per un viaggio tu partisti rapido piansi tanto e terger Io nulla quel dì potè era il Tu ti mie lagrime una mano gelida tra pochi anni a me? per sempre, o babbo tenero partisti novo vidi al le ; presagio die dovea strapparti : ricordo ognor. io piansi tanto, lo ; dì cheto dormire col tuo volto cereo, io piangevo il tuo affetto che svanì. Mi disser pazza, esagerata parlaron i medici, virtù, di tacqui cercando i posti solitarii, eppure, babbo, ora non piango più, F^assaron a celare anni, ed gli i ho imparato a vivere, sospir, sto zitta, e vedi, adesso io posso ridere e nessuno più annoia Ma quando ti penso a mio soffrir. splende nel tramonto fiammeo tra le nuvole io il te il sol con desiderio trepido, cerco delle rondini nel voi, 17
  • 22. e sento tutta babbo ed divampar nell' anima tua pietà, tuoi sdegni e i chi di la 1' alterezza nobile vuole la propria libertà, che ad un fermo voler premio è vittoria, santo € l'onesto e il ver, ne mai servii vorrà inchinarsi ed umile chi segue retto lungo Oh babbo biondo scintillantr sul io il sogno ancor vigile tuo ne' il suo sentier. meriggi splendidi mar, tue carezze tacite, le amor sento mancar. E vorrei ritornar bambina pt;r scampor con le man docile la bella barba, come ai dì che furono quando potevo non chiamarti invan. Darei i d' aprile le speranze rosee, sogni e lo splendor per poterti saltar sulle ginocchia e posar ki mia testa sul tuo cor. » li ^
  • 23. LA SPOSA giovane sa die li buona ed è donna la brava, e è ne ondeggia una sera sul!' aia, ed ei corica si la la vuole ; gonna sol, il senza troppe parole l'afferra alla vita, e pe' bui mena con sentieri la e ciò eh' egli la eh' è lei sua. 1 il le ne ascolta è questa e qui il rapita, la cosa la suo nuovo destino scale ed ella ; suon il un po' timorosa: nuova dimora passerà da quest'ora tempo Ma lui ella vuol, gallo che canta al mattino la sveglia al discende vuole cattivo ed il tosto prosegue e buon. si china con molta premura a soffiare la cenere sul focolare una scintilla può trar mezzo alla polvere fina che accenda la fiamma rossigna se di di sotto al paiuolo che ghigna e ciondola presso a fumar. 19
  • 24. Così al fonte ella ieri così le patate padre pel il e e fratelli i giovane sposo : ora a lato ; vien le nuovi cognati i andata, è ha mondato adunata sta intorno al gran piatto la gente e mangia e curiosaniante lo sguardo sul volto Ei guardan la tien. le giovin rapita che dorme col loro fratello e ha il gomito il corpo sì agile e snello ; alza a celar ella lor scherzi arrossita. la faccia ai E a quel focolare sfiorite le guancie sue piene, un un bimbo sommesso a cullar nato da poco, un bambino eh' è che piange, rosso ed avvolto si ed ha un piccolo volto di fascie, di vecchio che mondo ha il Al petto ella stringe il che ingordo ne succhia e viene, dì un orror. in piccino la vita irromperà con ardita di baldanza lavoro e air amor. al La donna non cerca un aiuto air opra, ed è al sorride per V s' rude è Così e e se 20 il campo ed uom in casa, che rincasa, sa compatir. lo suo dovere è compiuto non fu smentita V attesa, un giorno si recano in chiesa il prete li vuol benedir.
  • 25. SALUTO Oh non le splendide sale ove danzano donne rosee tra effluvi non la delizia di brevi e trascorse ore ni' musiche, e le facili invitano. Sulla tua pallida fronte riflettersi non Veggo candida luce di lampade, ma ti cingono fuori belli gli come aurei raggi un' aureola. Di sotto agli albeti snelli che intrecciansi ridi di di un giovane riso e forte ed integra vita negli occhi mio padre folgora tripudio che lampeggiano. Tal neir infanzia caccia ne" ti il taciti e quando a non ardua adduceami boschi V agile cane la traccia ratto a fiutar lanciavasf, egli s' un ruvido tronco con classica grazia appoggiavasi, biondo alto e nobile, e con un tenero sguardo bimba lì restringevano ne più con il la seria fissava immobile. la gli uccelli i circoli lucida canna inij^auriali, bacio igneo dawi il sol palpili strani alla terra fertile. 21
  • 26. Me crebbe libera ci sane che tra V aure fij^lin muscoli temprano e V animo, i lungi agli inutili fasti e additavami fiera idea librantesi l' sopra suoi vincoli franti, com' aqtiila i bella ne' cernii spazi gloria, di mentre assentivano balde ardimenti Ala suo magnaninui cuore, il k' ed a me lui fur ido sletle gli nmpi campi, V irriguo fra i bu'i gii nmidi, occhi Come un'augure, nude madido (>lto ed jioSd, il ride r fiore uom amore alacre, d' un le braccia, tergendosi, laiibru il prometiegli. noi r armonica pace de' vespri, pio delle floride donne l'augurio e delle placide sere die brillano d' astri i misteri e i murmuri. ^ ^ A 23 pascoli, lunghi e luinidi solchi o'e girano flavi A suoi limpidi nelf inlimo fiume che argenteo scorre e i desiderio. il Ora a noi i iiiclKi tenebre presto lasciarono sensi di degli Immagini. le vivido
  • 27. NELLA LOTTA Che farne della pallida pace che sfugge e spinge V ad obliare i impeti e gli uomo dolor i timido mezzo crucci in Che farne della stupida calma die ai fior? ai mentre un ideale par fiacchi lian tranquilla V anima solo perche non san desiderar ? Bella è la pace splendida che accorda a le riso il chi affrontò le suo puro e divin tenebre, vinse e gode della luce Bella è la lotta ove ultima meta di alfin. si mostra una speme il voi, bello è poterla vincere col proprio nerbo, alia la fronte ^ al sol ! fò ^ 23
  • 28. LUI H un sogno, come pure cominciò dal vero e : sembra assai più bello noi gli prestiamo un' anima e un pensiero che non son suoi uè lo saranno mai. è è ligli fior ondeggia in il aria diffuso nell* mezzo bisbiglio di un' allegria di agli e altri trilli gambo fior snello confuso niun trova mai. un nido quando d'intorno, tra le fronde nel calor novello, si diffonde pare non sentita mai. soave e Hgli la e : nascosto die sul ognuno cerca che f: e profumo il da un altri gli rosa candida o vermiglia che pende lenta fuori da un cancello e che vista lassù, sola, assomiglia a un gran mister non isvelato mai. Non lo si sa ciò chiami forse eh' egli ami o pur che cosa come imperioso un giorno, in un' appello : ora dolorosa r idol cadrà ne sorgerà più mai.
  • 29. Ei forse cercherà la vita e sparirà nel freddo vanirà come 1: così, mesto, lontano, un' ombra, ne mai verrà più, mai un sogno, e come l'arcano è tutto e invano d'un avello, forse il pure cominciò dal vero, egli è tremendo nostro cuor, tutto mai lo ! incontreremo U il e bello; pensiero — mai. ft 23
  • 30. AL MARE Glauco, profondo, tu in vista ai porti e al sole scintilli alle scendenti in cercliio come verdi colline, che le niiran spose festanti, te sempre l'alte beilo e libero che mandi iraganze sugli aperti venti, Adriatico mar; ma come sei tanto sereno mentre ora tutto un' eco lamentosa manda di dubbi immani, e sospetti che inducono di le dolori genti ad imprecare? Forse, memore, irridi ai nostri tempi con questa calma, o forse non degni di risvegliare collere le li trovi tretuende tue? (juarda Trieste e Muggia e Capodistria. guarda Parenzo e Pola e a l'altre città che a lei grazie e decaro. 2d l' Istria in danno vetuste riva
  • 31. Da' piani arati ove — passa guardan rumina i' vapor fisdiiàndo il sostano, ed villani i mite festosi, e la bimbi i giovenca e volge — umido sguardo dagli aperti colli, da' verdi boscbi esce come cadeva una voce e dice tumulto orrendo nel Hpulo altero dispersi ruderi cantava e sui perduto canne, liostio la gloria nel ed ornava mensa F^ucin il l'iniperiaìe Augusto. d' quando di tingeasi il Cissa sui ridenti clivi drappo porporino scorrea soave il e in copia lene olio d'oliva da' larghi torchi. I: tu specchiavi in taccia de' vetusti templi dopo le i rosse vele e tu vedevi vessilli aperti sulle infauste lotte fraterne. Miri ora l'ombra che avvolge e nelle vaili le tristezza di città; tacite, sopra sul le immensa rive tondo fresco ed oscuro degli ondeggianti all'aure in mezzo a' raggi alberi antichi, esse riposan stanche, cotne ferite, bieco le poi che un fier nemico insidia. 27
  • 32. Alar glorioso, o potenza e sangue se torpe il batti scogli irato e gli amor nostro, nelle vene, corri con supremo urlo risveglia gli animi pugne, di e e il narra tutte volere ed le passate vigore spira quanti per la patria della vita diedero l'opre. 2t il
  • 33. LA PARTENZA ridesta la terra con Si cliiaror ri^i^niardando il e la diffusa nebbia e il' un brivido bianco cui le i «randi bovi placidi fumano. narici Presso alla casa attende il carro initnobile, il timone abbandonato, ammalato e le catene inerzia d' or torneran le e pare : ruote a cigolare che dai gioghi pendono risuoneranno Ma alba contadino nella luce scialba trae dalla stalla con dell' ; ferree. prima V uomo, ai bovi, con un ainpio gesto, giù dalla fronte alle narici e dall' traccia uno all' altro occhio un segno di croce ; son così allontanati ]H)tra il e il i malefici carro incolume lavoro compiere. ni 2&
  • 34. VEN Passa il vento rombando, come nudi, treman o r fuscelli e scuote gli alberi rami secchi i : dal freddo, quasi fosser osse sbattentisi tra lor vita di vecchi. Passa, va vette di e le la mari e viene dalle altissime ai vento, impetuoso annunziatore primavera a aver e il ; e chiama verdi ellebori, i viole vuol strappare morbidezza delle ride trionfante allo 1' odore, primole ; sgomento della terra che par tutta restringersi in sua pompa eh' egli stride erti, la selvaggi, novella. Al brusco accento passando, vedo ove tra ghiacci i sua cruda freschezza, e i culmini ei prese penso un' acpiila che a se vede venir sulle distese ali il compagno, ratto nella limpida aria e cercarla con V acuto sguardo, in alto, in alto, oltre le sopra ai picchi candidi, nubi, in faccia all'aureo dardo
  • 35. dt sol die in Oli, mezzo cielo terso folgora.. al miseria per noi che slam nel dove aneliani e quel che tutto eh' e ne circonda è puro mondo, e libero vile e immondo !
  • 36. sta la bimba presso con s' alza r ava, ed uscio ha ed accenna ancor non anche Bada tutto la tremula suol già reclinata, testa al che all' la fronte corrugata, — bricciole le fur raccolte. — dice il pane devesi quanto conservare, guai a di ciii lui piccole le miche osasse calpestare: ch'egli è don di Dio e rAltissinio mv le sue sembianze ha tolte. Sta la bimba e guarda dilungarsi in verdi prati guarda dove brilla al r acqua chiara i e rifiuta di e <;li alberi file, vuole correre sol d' aprile un rigagnolo, di obbedire. Viene V ava dalla candida chioma le e e il volto raggrinzito, pupille spente sbattono non senton più l' della terra, che fa nelle vene Bada — si il invito sangue rifluire. dice — il pan che improvvidi lasciò cadere in vita dovrà, morti, raccogliere con il fuoco sulle dita, per riporlo senza tregua nel panier che jiar profondo si ed e un gran buco rotondo senza fondo, senza fondo......
  • 37. ALLA FOIBA Te schiusa, fonda, con ciuffi di piante, e il roccia le grigie ruvide a picco discendenti, e verdi i bosco ceduo fitto Foiba guardo, come austera regina, incoronata da' colli in lontananza, e raddolcita da un sorriso di prati nell'aspetto gelido e bello. Fredda bellezza che dischiuda sembri a darti, il quando vien alle sere, velo la luna, nel contrasto delle luci, nivei candori. F allor che a ondate addensasi la nebbia, morbida massa su cui s' erge fuori dal macigno sorgendo, la vetusta casa Rapicelo, pare che aleggi intorno a saga, e die a bello, lucente, il tratto te dai un'antica vapor balzando apparirà nelF armi cavaliere. Ma ne un fantasmi di non chiedo luce a te la piccola storia dei che abitarono un giorno potenti il tuo castello conti dell'Istria. 33
  • 38. quando tu lume sorridi, sdegni o d' un roseo nei tramonti brevi non ricordo affanni die una turba gretta gli di io i uomini preme, ma segreto il chiedo immacolato ti della natura che hai fiera e selvaggia nei secoli, e anima vigor della pietrosa il tua, voce dell'acqua che spumeggia e la passa tra le roccie, e die e passa e passa senza posa, dell'acqua sempre nuova dal canto eterno. che fu nel Di' ciò e non tempo condottieri di le ! non le guerre vittorie, poveri eroi che già saran domani vinti ma obliati, battaglie dello spirto, le moti ribelli e i gridi di dell'anima che lotta e i forti trionfo la materia vince e sorpassa. Tutto ciò onde io eh' è gagliardo ed indomato possa foggiarne una sicura freccia die voli al segno arditamente agile e pura, per a la lei seguir nel volo ed arrivare meta anelata lungamente, e di' è r aiuto sol per cui la vita si 34 può durare.
  • 39. 1 Sai quali quelli (ìlORNi sono ^{iorni i PBRDDTI perduti rimase cui iucouipiuto ? Xou tanto lavoro il a^o, dell' uè quelli in cui uou fu dato asciu^^are.alcuu piauto i No,, voli inseguire tutto ciò è d'un vano ! so^^iu) Il iiuuuitabile e va^^o. gicu'uo perduto è soltanto ama, quello in cui non è allor ch'ei cade nel 'uoto come un sasso infranto, pare la si vide la dolce persona che voce che ìuwaiu) nel buio chiama ^ e si richiama. ^ 35
  • 40. PIOQCiIA E fi un giorno di SOLE giugno, pesante aggrondato, che grava qual trise presagio sul cuor qua e hi qualche goccia percote pe'l cielo va cupo del tuono il il l'ragor. La pioggia diventa più grossa più e di il Sole luce adesco s' fitta affaccia tra' nuvoli fuor, una frangia par venga le ; selciato, streghe son prese d' giù ritta: amor.
  • 41. e È QUALCOSA DI VERO Oliando più forte e mi entra in cor lo sdegno, ribello ardita a quei lacci carne la ni' ! quando che solcan C(Ui liir seimo illi'idiia, irrido alle pompe e al mondo vano mena. quando disprezzo mentre rnde mano m' all'erra e m' incatena che allo sconiorto e mi costrin.i^e e il a recitar la jiarte commedia umana nella tango intraveder, celato ad arte con apparenza sana, quando molto m' e chi io e mi rivolta passa, e tutta quella i^^ente accolta devo salutare, sento un desio e balzare dove in irrita pur de'o <4uardare gli all' di rompere quei legami aperto, auge! cinguettano sui rami, un bosco deserto, 37
  • 42. Di obliare le mascliere, e guardarsi forti, sereni, liberi, sinceri, da bassezze non Ed doveri, i negli occhi in faccia all' tocchi. immenso ciel sereno, sopra l'erba d'un prato, mentre sfolgora e palpita il mattin pieno sol nel il creato. alta la fronte in con un invito mezzo allo splendore, fiero poter gridar dal fondo del mio core — Cè - qualcosa di vero ^ ^ ^ BS ! — :
  • 43. SE TU DURASSI ANCORAI Se tu durassi ancora lungo tempo, o settembre, e non fossi seijjnale il brumale del torpore che in sé porta novembre. il Se tu durassi ancora con questa tua tristezza così mite elle pare un sorriso quieto dorma che di sofferse e Or che e sui foglie amare dolce tristezza cani^Mù in le in secreto F ire rami Iar|L,4ii son più ! rad^i alcune sono gialle come tante farfalle un frutto spesso cade maturo giù dai rami, e e dentro ai grandi tini sui carri ampi, dai bovi lentamente tirati vengon, mosto bollente, i grappoli dorati che fuman già nei tini, 39
  • 44. e dai campi montani portan mele acerbe le che diverranno aulenti i ciuchi pazienti che pensan forse l'erbe montani, de' lor prati e ancor mentre fa sono vi il piovere il con un lepor e fiori i sole più lento suo nì,i)[gio di ma.ijgio hanno un ondulamento, scossi dal vento, se tu durassi i fiori, ancora con questa tua tristezza serena, o bel settembre, uè del bruno novembre avessi r anìarezza. se tu durassi ancora ^ 40 fò !
  • 45. TEMPORALE IL cupo Nel jihinibco nuvole KnKi^> ^^^^^^ son macchie turchine, vi e fosche' pennellate ampie porpora di su cui salgono nere onde e dilagano alla luce dei lampi, da presso Sotto l'oscuro senza fine il tuono brontola. par che s'attenui eie! r ondulazion dei e tutto e da lontano e colli, verde prende toni il pallidi quasi nei campi serpeggiasser brividi freddo, e di assalisser terror li folli che H atterran nel lor pallore immobili. La terra, sotto una l' imminente furia elementi, pare ilegli fanciulla impaurita e timida guardante con chiari i grandi occhi purissimi ed aperti ben nelF aspettare' che sarà queir ignoto eh' è un pericolo. S'alza levata in giri ampi la polvere sulle riarse strade, sbatton gli usci sotto li imposte le delle case, e son canori scrollati, gli scuole, urti li del vento che li gemono gli alberi invade. schiaffeggia e sciiianta e sradica.
  • 46. I pensano dolci colli timorosi con cordoglio — infinito : dove, dove mai cadrà la grandine Qua! cima, quale valle ne udrà i ? rigidi colpi scendenti a lacerar l'ordito tessuto delle foglie e doman Chi tra loro vedrà pompa ricca Presso dispersa? alle case le botti saran e i tra i^oco, canzon del chi !• la turgida fila aspettano sa cpianli non udran e ? - - lunga in lini. a offendere frulli i inutili tersa la vino nuovo che gvU'goglia? Guardano intorno trepidando uomini gli quegli arnesi che stanno vuoti aspettando, che dì ciel e dell'anima loro sopra l'ali come sui campi che anco attendono, i minaiccie oscure è carico il del vento, rarni e tremano ; vanno voiì i cuori i trefiiano foglie. le Oh, tutto ciò che attende già! Oh Cc'rri i pronti e nella stalla, volgendo l:scon le donne, catena su cui la e il gli bo'i i che muggiscono occhi attoniti a loro in mano pai nolo ! dondola splende per gettarhJLcon una mossa rapida nel mezzo gettan delia via. molle e tosto anche rovesciano scanni mentre a bassa voce gli che I: le s' allontani la tempesta r orizzonte con strette d'angoscia, 43 lo in ]nc'.{iiv) ria. sguardo scrutano faccia ai lampi, tragiche.
  • 47. l; ubbriaco Pende sul fianco, muove inccrlo e ludo in cerca il i duna ubbriaco. lasso 1' unirò e trascina piedi, dove avanti lin i;iace che cade sulla via disfatto, senza moto, ed intorno a natura arride puro un passo rialza, si si e sereno, lui la pia atto in come suo non lussc quel cencio miscrantlo. H forse un del vin il sopra V orme rosse i^nonu) eli' ei va eruttando suo cadrà torto iigWo in i Miniane epilettico assalto. il che forse figlio lancerà un urlo qua! in belva ferita di là dove al par tal o!4L;Ì il d' non ha patic • alto e infuriata padre «giacque un bruto immondo. Oli se S(M'bata sorte è lui cui piacque 43
  • 48. dentro e alla vino annegar al così insultar, sia V e le viti e il sua natura, uva die matura rYonzute lavoro, ed il mosto die de' tini die rende V ribolle neir interno, sin ciò maledetto 44 la bella salute in eterno uom ! malato e folle
  • 49. CHt F*ASSA? riip ! Hop ncll' - ! Chi mai sopra cui e scrillo F iiuperiu suir auipia fronte sta ! Mop *- ! il viitù mondo e grida: — ? Adesso un passa una accorre cleslricro raniilu aurea luce or va supcrbanienie liiji il ;i lei Hurrà IraJi mento ha termine : ! le braccia a terulere Murra! 45
  • 50. F^REOHiERA mondo Oh, restiamo! Perdic vuoi in nel condurmi Amo ? casa lacilnrna ki che ricorda e sosjjnò ed amo lutti miei so^mi, i scender del mio core Or perchè dunque a 1: non di me la eh' tondo toi^diermi lei più secreta e più sai in pace notturna qui, sola nella i^^an : a^o^ni ? essa cela quella parte che alcuno non conobbe mai, ecco infranta la dimmi, cerchiamo, : : spezza tutto ciò che si Dunque .i^^entil abbandonate e sparte bambola che amai tra queste cose amiamo ? spezza? Lasciami, ho paura, si il mondo e rimarrei schiacciata dal suo peso. 'edi i è libri, tanto i^rande ed io son sola i lavori si rattien, ctiè H le il conosci tu solitarie, eran la cura la parola pensier sembra incomiireso. le adolescenze continuo, confuso il avvicendarsi in noi e conosci : quando della fanciulla, i timori d' affetti le novi, parvenze quando V anima intende un suon confuso e si dibatte e anela altri ritrovi ?
  • 51. Provasti mai quei desideri intensi tanto che e lo .^i^'^ come ombre la esauditi, dietro a K'ran velari densi, perchè del soiferire il Impallidisti e sembrano rivolta die fa grillare arditi e chiedere di ci stupor vedendoli svanire mai per lo s<,^oment() perdere qualcosa che in serbi te della quale assai f^^elosa sei Oh non chiamarmi ancora, bisogno di ardimenti : ricordi la giù e mi di ? ? iierchò superbi jicrderei ! i(* sent(
  • 52. SERA DI {filando paioli iiclT barche so|)ra le e i ombra addormentate^ onde jìescatori giran le faccie io 1' scambiando apostrofi senio die li insidio che in lor non tnrba rorgoi<li(» di j^er ?;ioconde, la si j^ace nh-ii nn sentire alto povero orgoglio che 46 abbronzate e tenace, sconta assai.
  • 53. SOLE, Sole, sai tu tutta r un ciuando anslcru s|»lcndi clic anima mia vola affetto vibratile a cercar. e se in lui poso, tosto mi a^vincono. mi 1: e veri^oojno d' jiercliè in un istante, amar. dar dei soffili dolcezza, la i ii fantasia. di tutta la intensa e la tristezza (oici die assalj^on luentre la dubbi orrendi i ribello gV intimi sensi delicati, voli lU? S'A! vita passa via Perchè? Per chi? al ]ìar de' iresclii rivi ? all'idolo invocato {:d mio beffardo irrider vuol lo spirtu cui nulla fiacca ormai, tal che anco allor che se pur ferita mi io ha il il vedo a me da late suo fondo Si^uardo non son vinta mai. Ben lo vorrei vorrei eh' ei fosse ^^raude buono e forte e sopra a tutti of^nora andasse come un re /per adorarlo e offrire a lui Ghirlande : e di ciò che più alto e più gentile e ancora più superbo v' ha in me. 49
  • 54. CULPA M[:A Oggi non più tempo, e e' ò vorrei tornare indietro, un cor che l'armi o buono X'orrei si e, volli a me ne pento modo mio, ad oguì venie» o rio. turar .^li orecchi ad ogni voce che non parlasse della mici persona, che anche un egoisnu) un po' feroce è cosa I: buona. vorrei non veder troppo lontano molle cose non sa ed è il chi più fT:rande d'ot>ni pregio l'essere un' oca. : ha vista poca umano ,
  • 55. MEDIOEVO — posto campo imperiai; — cavalieri fcudal, patriarca — conti all'arciduca: cara Lupolan ha pur Herberstein — del castel che ad un tratto leva l'elmo — per scagliarlo a se lontan onde cada mezzo fango — nereggiante una buca. groppa Sale pazzo conte — a bisdosso del cavai Tutto intorno a Neusiadt in giro capitani ha «{ente è al li<>i (ìiorgio v' di in al in d' il ponga che la sella impone anzi il ventura di a' in testa - suoi fedeli - — a impedirgli nulla vai d' imitarlo sull' istante. con la vita, suo delirio — Qui malato lotta invan con morte — soffercndo nelF insan che ognun crede — l'opra sia sa quante arti inique d' Cosi tornano al castello. il la di chi una strega sotterraneo ad aspettare Fuggi vecchia contadina che Dalle vette riguardare i eh' è cacciata nel fatai il : folti vittime comprende, - le dove — — ch'arda rogo funeral. — boschi assai ha — - poi che il il monte puoi fuggi lontan ! potrai triste Lujiolan grandi occhi sbarrati -— volge intorno f^ et il pazzo conte,
  • 56. VOLO D'ICARO A volte io son così abbatluta e slana», senza alcun desiderio, sonno vorrei e in inimer'^ernii me ogni sostegno a intorno manca, d' tutto è silenzio e tenebre mi lasciano sola, sola un profondo ; nel mondo, ! Ala a un tratto un lampo, un fuoco alto, improvviso mi rischiara il cielo, i via, la campi, gli mi scalda, fiori, tutta di profumi, e a natura: prendimi! monti 1: mi parlano le guercie austere e i dicono arcane istorie narrar che non per V 1' uom e le erti valli ; mormorio dell'acque il ; percossi dal martel sento .Mi scorgo un sorriso te mi porgo e la terra festante in di io alberi per il i metalli lavoro naccfue inerzia torpida. rizzo allora e balzo audacemente verso la vita, avanti, avanti, avanti, sguardo intento e vigile, mentre una forza arcana nella mente lo mi di 52 fa provare i paurosi incanti trasvolar nelF aere.
  • 57. iempo Il veggo quasi un baleno abbraccio, allor, chiuse menti penetro le pel umana, miei pie l'alterna sorte ai mio pensìer non io salgo, ; ha secreto o laccio, sovrana vi salgo ancora, e son io nel regno dello spirito. Ma ne discendo trovo ancor la vita e pronta all'assalto. Oh Dove potrò dunque m'aiuta? chi la pallida con fiducia posar fronte smarrita? muta Chi mi darà quella carezza che placa le battaglie? La tua carezza, o babbo, che lieve mi sfiorava ed la fronte mentre capelli, i voce maschia la dicea soavemente — : disobbedire al medico non : si deve ribelli i malati non guariscono. l:d i capricci io rinnovavo solo per sentirmi ridir — : Bimba con comando dolcissimo e come sentir la sopra il deve, — ; un' ala che riposi mano si volo il tua tenera e breve mio capo indocile. babbo, o amor della mia vita, santo amor perduto Sol la tua bambina io fui, sommessa e piccola ! ; strana per gli cercata allor un po' e soltanto che sopra un' ardua china altri, triste qualche faccenda mettesi. 5a
  • 58. lo so fredda sembrar, beffarda e altera rider di tante cose e indifferenti renderle al ma mio e fanciullo giudizio mio il solitudine e cerca i ; cor, teme l'austera blandimenti die placano e vezzeggiano. Così raccolta umil sopra il (uo petto vorrei posare ancor, babbo, lontana dall' infuriar dei venir sicura quando al turbini, fido tuo ricetto dall'alto, povera sovrana, nella polve precipito. f^ hi ^j
  • 59. UN FUNERALE Lento ora avanzasi dì fiori ornato un carro funebre acconipai^nato. chiedono lì che rispondon e sia la signorina chi adducon con avea lo tiie tal pompa faceva la al pio riposo ; sari ina sposo. Passa ed il feretro seguono molte fanciulle in candide vesti Chiedon che che dentro ai fece mai ravvolte. la t^iovanetta cuor tanta pietà commise, rispondon, segnandosi con fretta: e — Non sa ? Si uccise ! — «5
  • 60. . C EGLI NON Che manca mai oggi ? perduio ricurvi o haii nubi nascondono le Cè un velo il Son . E! alberi gli foglie ? le sol ? cela ogni lucida clie parv^enza, le siepi son spoglie di l e Irascinansi fiori tutto è al lugubre triste sì sì suol non hanno più par invada le un languor luce, e un senso Che dunque ha cangiati così oggi Ala ma i i rami hanno pur i colli e così Si, è cose ed le di noia . e divisi cuor ? sole è nel ciel senza nuvole, il se pur 56 ! cose non lian più sorrisi, I.e e ? son verdi come com' vero . . , e' ma il lor frutto, eh via die, son ieri essi : gli è tutto egli alberi ! non . . e' è ! .
  • 61. . LA ROCCIA La roccia che stav^a sul fianco del monte aveva un torrente scorrente ai suoi pie, die giù dalla cima scendeva qual freccia sua dìcevTi alla pietra l'eterna le scompariva formando una e poi fonte. La roccia esultava, purissima, sola amor, sociiiando nel cielo qucst' unico eh' è ignaro del dubbio, non sa gelosie, per cui tutto e un Aia si il mondo racchiuso è in un cor sMnvola resto sMgnora, scompare, il di disser : le — altre roccie che Lei sola stavano . in . giro ruscel lambirà il che ne insuperbisce la giù solitaria ? Facciamgli lusinghe, chiamiamolo qua, ed Gli ed ella si goda solinga fecero posto, divertito, ei, Taceva gli il il ritiro fecero inviti, giro allargò. celava lo strazio, la roccia, guardava guardava colui che obliò che sdegnan compagni spiriti gli Sperò follemente, nei dubbi lui solo volendo ; e poi in per più non vedere staccossi dal monte, e in un eon — ' sì si misero il strusse, impeto piombò sé stessa uniti. l' fier idolo sul sentier suo soe^no distrusse. É7
  • 62. PER LA TOMBA DEL COMBI Quando sul mare folgora con mille luci a vele aperte sfiorano V onde e ed le il sole barche a voi, vapori filano i taciti mole nel silenzio, nera la snella sul molle piano lucido die ti recinge il suol, pensi tu Capodistria? Van acri fluiti e gli vengono dove X'enezia bagnasi volti alla i guerrier tuoi Hgida, pronti ad ogni fortuna bei d' ()i)re lieti Mandavi a rivenian così jioi e di gloria. V intrepida stirpe dei lei cavalier dalla lucida spada cui fior del il vider gli L'scocchi clie gemere quando del saper il Galileo seppe affissi gli occhi ; e il Carli te r immago verdi canali i che ogni fior cogliere, vividi sulle corolle intento nel bellissimo volto, di recisi ; Santorio a discorrere lungo il nei suoi mare traboccò Gravisc andando a Candia col Sarpi e tuoi Gravisi, mai posò, sangue sedici anni fortissimi nel e dì Serenissima seguir della republica, ed dal golfo alla laguna andavano un così : italica. frali, pensando ognor
  • 63. inviasti, o trepida li madre, tuo sen iornarono molti e sul per sempre capo a chinar perirono altri ; Dominante alla il sni rossi ponti fnmidi delle tjalere infrante, andando, cernide devola, ad assaltar; forti i ma nno rimase, nn esnle anima come nna fiamma vjva nn candido dolce ed invitto cor che tatto ardea nell' per amor nostro, che fece sno dell' Istria caro ed immutabile sogno, il minaccia a la un <(iorno di chi presso bragozzi ai che regni taciìi che schiuse il il sua ben sa non seda egli ! sacrificio vita, e pascersi di noi di' è può ognuno, preda ha sperato invan, chi un giocattolo per la frolla politica, che a scioglier 1' alto gelo dentro cui tutta fasciasi, getta ogni tanto dell' ingordigia, branco di gente stupida seguente ancora abbandon ai pie un piccolo che nel cielo profilasi e che ele : silenzio, d'ogni bene ormai scettica, guai e han l'ampie oblio r erbe crescano, uè sapjiia egli che 'an fu tutto della nostro mar: vogliono sul sonno suo vegliar che nel profondo tumulo non oda Con r Michele il lente le gondole e coi cipressi e muta di San murmure lo culla neir isola tuo Combi e col vengon infieriva «iustizia. Dorme adesso il quando intrepido soj=jnare osava ancor di una supera il velo rè raccoglie. 99
  • 64. Bello è giocar con il rosso sangue con invidia gli : ritta 60 anime; bello spremer dai anemici Oh Combi, dormi ma non 1' cs>rl possono ben venirlo a veder ! placido, sogna sognare V Istria accanto a X'enezia ! con gli eroi e i fiori gentil atto e fier
  • 65. SGHIGNAZZATA Un se salio nel fondo.... un nmccliio di e a chi carne io importa divento che già più non paljiita e sanguina? Non sempre la speme conforta sguardo sgomento e spesso lo ricerca destin tra E il tutto è sì le triste e tenebre. monotono, non cangia una voce, un accento oh vita, ma quanto % sei : stupida' n ^ 61
  • 66. A MATTEO FLACIO irrequieto spirito che invano cercando i ben trovasti invece a mille il nemici, o <,^ran triste die ardevi ruiilante di cuore insano scintille per un puro ideale; o tutto nostro neir atroce dolor die quando in su noi sdiiuma sempre, o<,'i(i come tempo ha giovato, a die mondo invocata dirada Corron e e.tiual, il xNulla al di consuma male invelenisce il sempre a die ci basso prostrati, avido mostro, le bianche cangia, e mai si il allora, il 1' dolore? aurora tenebrore. vie diritte, sfavillanti luci, ma qual luce mai nell'anime ha brillato dopo tanti secoli ? l forse tu qualcosa sai or della vita die sfidasti e della morte die l*erchè te non vecdiio ancora mentre tumidtua colse ? la procella suir orrore che in noi tutto sconvolse 62
  • 67. il cuore a un tratto immoto non s'arresta? H a qual nostra a questa vita fine si vive, e chi giova? B perchè se funesta ci appar di qualche cespo la morte, se si la via fiorila dilunga avanti a noi, dobbiam dobbiam morire può fine arrestar? la dubbi in cui non ^iri ma ; nulla 1: trastulla si pur pensasti del cervel tuo la fatica ha dato ci la ! e quali e quanti l'alma nostra senza scopo ne meta Flacio I: la pace, ed in nefasti coscienza ancor s'intrica, ne sa reggersi salda come bianca cima sopra di le monte che rispiende al sole, nubi, pura nella franca forza, die sa, sente, giudica e vuole. %t
  • 68. GLI EREDI Il padre sepolto, e sia pace è corpo qui al Ma e son, come anima pace in su uno fior ! pugnace l'istinto stelo, ^etìe fratelli che aspettano in ognun il lor pezzo di terra, casa e la parte di e 1' han vivi i terra e nel cielo in ognor ne sia la stalla bosco che l'acqua rinserra. il Ma tutti sobbalzano gridando a c1ii guerra in legge che falla, guardandosi ognun con invidia quand' è chi nota e tutti testamento il Chi vuole le querele e vigne di che mai pili jiiai e fronte 1' un Così passa un 1' i lor lagni spergiurano più cederanno. Tra cause, proteste di letto. castagni, petto, il van tosto a narrare avvocato i difetto, il picchiandosi al loro alfin e chiamate altro essi stanno. anno ed un anno, succede T inverno all'estate e 64 gli uomjn di legge lavorano.
  • 69. H sette fratelli iniplacati i lavorano sol per pagare color cui sono si affidati per loro essi falciano ; prati, i a nìietere vanno e ad arare e grassi e danno Ma un pulcini fan crescere i becchime il ai taccliini. giorno più questo non basia : un anno cattivo pe' vini, bambini la donna è ammalata, cresciuti, e assai pane s' impasta fu i pe' bianchi lor denti così avndi. ognun vende un pezzo I: prato, di poi viene la volta del bosco che ha 1* acqua chiara da lato, sì ha dato che legna da ardere ; la vigna che dava la casa bisogna anche vendere tempo II son curve; figli die già i vii : V accorto prezzo compronne pensa a ghermirne anco gli ultimi finisce la lite I: perchè non gli al fucile beni a avanzi. ! è morto donne hanno pòrto le lor braccio il refosco, passato ed è lalun de' fratelli; i il e' è più la sostanza ; eredi, le fronti avvilite, or curan degli le altri, viti ed il fiorite pan non avanza. sul desco a cui, vinti, s' ap|)ressano.
  • 70. NELLA SALA DELLA DIETA A PAKliNZO Russa, muta, raccolta, abbandonata sala, la dove son anni ha la bandiera lotta d' oggi alzata, audace, qual sui vanni aquila, clie il sol negli occhi, ascende : ed ancor floscia sta essa dair asta mestamente pende e ma ai venti Poiché, o miseria non dà ali niun sa o non osa ! brandirla, e ira di gli squilli fresca gioventù rigogliosa far che f- ! la ancora essa lotta la stessa e : lei brilli. cangiare perchè non seppe alcun dove perdute ha le la Dieta del Sala di alterezze — Nessun : amare ? san Francesco ormai deserta conserva quanto spirto in dei te ben ctiiuso tempi con incerta essenza ancora è effuso 5%
  • 71. mura tra le tue Quel che a ! uno fu eccelso ben noto te ideal or fluita qual pallon sgonfiato e vuoto né altro Vanno par ciie sua vece sai. uomini ancor, da gli parlan e in V idea ; ma ci sia son : pure 1' come è un' ampolla che più diiuso in se fuoco di non : arcano senso non sanno darle ed lontano, te ciarle ; il profumo ha, legna verde e che tra il fumo guizza, geme, rista. Non è lt)tta di vita, sì meschina gara ove perde ognuno qualche brandello da cui non d' anima, sai è unft chi.nà nessuno ! 67
  • 72. QALLIQNANA Gallignana ha cullar della berlina il muro di un largo un pezzente rubava una gallina subir doveva là dell'onta il carco che sta infisso nel arco, se come ordinava il per denari, e nelle case le togliea strade il i conte che rubava e 1' onor. Lì ognun sputava un uom, Oh ben rimase pane e percoteva memoria un tempo fosco che noi or vediamo quel terrò a rinfrescarci la d' grande da lungi sol Ma perchè dunque viva : tutti la storia ! non moriamo onde estirpar per sempre dalla terra questa bieca semente del passato? Sta, testimonio antica guerra dell' tra la contea e Venezia, erta, una strada 6g lato, torre dall' edera avvinghiata a riguardar la valle una da un s' allunga, e ; lì una romana fu ai Turchi data battaglia in epoca lontana
  • 73. narrati. — azzurro di cui dai colli bella valle che hai Felicia in mezzo lago il ai prati, fronzuti a specchio vago stan guardando, vertici affacciati. a' lor Pedena, Albona, Suniberg, Tupliaco Chersano che sta e faccia a di Santa Domenica, Moncalvo e Scopliaco e a ondate cime van girando tanta ; allegrezza di verde Vena de' le catene Caldiera, cui la netta e dei fenditura alla vista svela ove scende 1' 1' onde piene ultima sua vetta Quarnaro, qua! coppa del scintillante, sullo sfondo dei picchi erti Cherso. dell' isola di e lontani tu die tante hai forme di bellezze e dolci e mezzo a in te immani, ed a tante tue sorelle che cosa stiamo mai a farci noi Tra il r uomo E noi e sì brutto co' difetti suoi siamo sì tristi i oltre vizi i ! ammalati e sì con un povero sangue e ed ? fresco riso delle cose belle core stanco, il tempi sol ereditati abbiam, che con un atto franco ricopriam ed abbagli La berlina qualcosa che di : ma e' è tutto è scintilli come ancor dovx i allora pusilli posson sputar sul vinto che divora !
  • 74. le lagrime iti E silenzio. non contamina la jiiù se bene, corrotto, e a guisa spremuto, è più d' un cuore giovanil s' affacciò e mai più crederà, cuor die, vivo, di triste, un limone perchè forte non sei e si in tiie all' 1' orrore ! sempre pura in un largo ctie possa dileguar V oscura caligin die ci avvolge e dal letargo r anime nostre risvegliar novelle perciiè, riso amore, reciso morte sa Terra giovane sempre soffio tu altrui e poi gittato in antri bui dolce alla vita e di barone il sposa ? più crudele e in un pietosa, non scliiudi sotto tutti a inghiottirci, il il riso delle stelle, sen dove riposa la stirpe nostra che operò, che visse, su una strada incerta e brulla dove noi ricaldiiam le sue orme infissa oltre cercando e non trovando nulla ? e lottò 7»
  • 75. TEDIO No, i libri non voglio, son freddi, son taciti, parole non voglio sentir, non posso ma Si, si, io non restar più a lungo qui immobile, devo, capite, ma io devo partir lontano mi chiamano fantasmi con alto clamor perchè e tutti sono come un ! sì tristi, Ringillo sì : piccoli hanno il cor? ^ B 71
  • 76. LA CASTELLANA mura ha Grigie il par die cupo, poi sulla roccia Lupolano. Castel di e lui LUPOLANO DI monte il clic vioili castellano il morto Anna, bella e giovanetta. cui la diioma bionda è già lasciando vedova rutila della torre arcigna in vetta. die dolci le tende ni mani candide e faldii. guarda come un padre con A un ocdìi. degli monte capo al ponte licrberstein avanzasi discendente Ha tratto in il limpidi i il vesti e le bel Gontiero. il guardo splendido qual conviensi a messaggero che un maniero nella Stiria oure e il nome del potente cavalier di Lobming. Penetra roseo raggio sala, ed come un la silente Anna appare raggio tra grevi, e dolce in le mura mezzo svincolar della natura. 72 rosea air orrido
  • 77. Ed indiina il capo giovane commosso il cavaliere, e la bella su d' un rigido già seggiolon viene a sedere. Guarda dentro il sole occiduo, monte di viola, il essi. a un tratto anco si guardano e non dicon più parola. guarda Dura ancor divin silenzio poi che in te parlano i cuori ! Chi ricorda della Stiria signor? Cantano fuori il augelletti gli sopra alberi gli ; ma armonie ben più soavi nel profondo ai vinti cantano che si fanno a un tratto gravi quando per la fede si promettono sposa vita. Bella Anna monta in sella e volgasi tutta bionda e radiosa salutando picchi rigidi i Vena e del Caldiera per Mayrhofen lascia l' Istria della : ; e vi giunge, ed è la sera delle nozze. Oscura, livida è una notte di tempesta, scroscia il tuono, scapigliando ed ai la il vento sibila foresta, lampi liscintillano r armi alzate dei guerrieri già la festa in e son chiusi ; pugna cangiasi fra i severi 7-3
  • 78. muri i Ali, e uoa 1' di gii torre vecchia e oltraggio non ha V per il d' due sposi un lor cugino. non dimentica oreccliio fino uccelli che Lobming in soccorso il e ! cinguettano ora aspetta duca d' prigioniera vedovetta 9t> ^ ! Austria
  • 79. DUCA ENRICO Preda è V per Istria Re chi la vuole con suo regno, il ? tutti avanti, avanti : è l::pulo Roma e ! caduio dà ci leggi che in cor scriviamo. Sosta qui Belisario, e va a Ravenna, e si Longobardi, i Avari e gli gli Slavi disfrenano in orde rovinose tra incendi e stragi. F^reda è per tutti van gì' a vietarla di e morti Ma correndo campi d' dopo Carlomagno senno e di monti ; ha eli' che la guida contr' essi di ai seminando Slavi, agli i ! disperatamente Istriani valore : il Oh suo duca bello Enrico vincitore ! Avari erranti ed ucciso da essi lucidi aulenti e di larga i tra i laureti tronchi de' castagni chioma, mentre sul morente rossi oscillando 75
  • 80. inelaoTani di Laurana. pendono Su dal sanj^iie che imporpora lo scudo cresce iniinortale pe' futuri un fiore i di' educheranno con la luce dell' opre ed del cuor, tutti color che e al par di lui vorran che degli Istriani. ^ ^ fò 76 il calore un dì l' saranno, Istria sia
  • 81. LA VALLE DELL'ARSA Rideva.il laoo piccolo un occhio azzurro, sì come e lui cinj>cano le case de' villani, ^ J^^^Kitn h' H'itu ^uifint' dome, giot^o al prati, i e4 in ^ira-guarda'andr-a€€i«;iatt della lor siijnoria, dieci castelli. picciol falco appollaiato Felicia, ed tra la selva, il collo a beccare ne' campi de' leso a lato fratelli Paoli ni, abitayti nel convento al lago. Cosliaco dalla rupe enorme sor^ea aereo, con le cupe muraglie, come un forte ad ogni evento nido costrutto da rapace augello. Se inan lo aveano ben gl'insorti oste! i X'eneti assalito villan sotto l'avito ne trucidar il signor fello. B Ciiersano che ancor guarda, quadrato, con la torre pietra, piantata nella viva l'acqua dell'Arsa, dalla riva sinistra, pensa pur lo scellerato ' li
  • 82. suo Giorgio che sgherri Uscocchi cinto di uccideva e rubava, ed di Venezia senato il chiedea. fin che strozzato il a Capodistria fu ladrone vinto. il Passo, rocca de' Barbo, in sua dolcezza alpina riguardava de' monti, e lungi di erti gli il cigli lago tre i figli Alessaldo cercavan con tristezza l'assente: il morto: quel che Mnale, torre ch'era forte e ed ; Aurania burron che sul il padre uccise! guerra in disserra si protondo. San Martino che divise con Letano poi rovinò ; breve arnese sorti, e le nomi guerra, cangiò di ed invece mura, e sito e dell' oscura mole surse Bel lai, quasi borghese dimora ove s' e si contratta ingrassano vin il ; i e della 'ena sul ferrigno Lupolano, die tacchini Sumberg più in basso, sasso confini vigile ai delia valle guardava, sentinella, il varco del Maggior monte clic il cielo disegna con sue nette curve, e un velo violetto di bosco Montemaggiore passo e il cinge e abbella. quante volte sentisti del villan che a Fiume, ove un capriccio del suo signor : presto ! il greve andava lo mandava per la via breve !
  • 83. Ed anco ed i saltano il campi attendon i fieni la face dove egli guardia castello al attende la novella sposa d' un suo vassal, al mattino giurò colei peritosa ctie la fede a quello che aveva a lungo dentro cuor sognato. al baron tedesdìi, nidi di Castelli, ; ventura e la e far ; aratura la cornetta, barone va a caccia convien seguirne 1' sale aspetta il suona cani, i ; protettori di Uscocciii, die su' freschi campi terror spargeano, e a loro grato il era della beli' allor che il opra V arciduca territorio dell' odiata [Repubblica era invcisa — sempre armata gente die attende la ventura e bruca come il verme ove può: oggi tiranni, assassini di strada, e dominati domani dal terror d' esser dannati oltre la tomba, stretti preti e frati, e di ad a un tratto essi a' panni liberali de' rubati denar, convxmti e diiese fondando, ove per lor le preci salir — possan distese sotto le fatali ire del tempo o voi bene caduti E sorrida al lavor la dolce valle del villano che sol alla vanga, ed il curva le ! spalle dì lieto saluti 7»
  • 84. tutto libere fronti tributo al dolor E se Barbo i di Hanno pagato ! il avi lontani gli ! italiani spirti per un secolo e mezzo han ravvivato la region dell'Arsa, ben esosi gli Brigido r esca alla ribellione pòrser i ctie divampò contro servigi negando, e liberi i barone il nuovi, ascosi, sensi die accendeano i tempi corsero, ardente soffio, su pe' monti. AlayLupolano ancor chinar le ultimi servi imprigionati gli : fronti esempi Rodca il popolo il freno, un colpo di fucil squarciò una sera l'aria, un uom cadde, e forse a lui non era vani oramai ! e destinata la palla, e volca in pieno petto colpir alcun che più alto stava. Ma assai più uccise cadea un' epoca dove .ondeggia ora ai : poi die al rosso tutta. Arride alta la messe flava piedi de' manieri rovinati. Pace ai martiri e a lor che e di libera luce il han lavorato consacrato giro dell'Alpi riscintilli ai fati! fi 80 lampo un campo ^
  • 85. PASSO Or Ceretto d' passato e è acqua che a cui specciii il prati intrisi i formano tratti decisi sole fa risplender già ; restato indietro alla collina in vetta è Moncalvo, e la via con nuove aspetta rive a ogni giro, fiancheggiata e stretta qua da A una s' e colli frondosi, colli di svolta profonda ampia Moncalvo sta dietro Passo guarda avidamente apre : la bella valle larga molle là. la valle alle spalle, giù ed ondulata, come un mar, sì marna così sfumata dalla nebbia che sale in larga ondata delle montagne azzurre pe' larghi fianchi su. Monte Maggior che le catene unisce de' Vena e de' Caldiera, a mucchi, a tra' si strisce vapori turchini del camlor adorna che già il della neve immacolata primaveril vento ha solcata con r ala sua possente. sereno qual chi 11 monte guata posa nel suo conscio vigor. 81
  • 86. E Passo si rallegra alto nel sole dopo che vide un dì sulle vjole bianche de' un d' clivi e riguardarsi donna la a scorrazzar tratti baroni in altro caste! fieri gh occhi Guarda di dai balconi tristi Messaldo e che proni lei giovani cani dovei te al sen recar. i pe' fori azzurri co' suoi occhi di la rovina una cortina cielo e edera folta sulle pietre sia d' ride la valle d' un suo : dolce riso che s'effonde, che tremola, die niolce i cuori e trasparisce nella dolce d'un aria che H pura luce ha. cristallo la lluttua intorno la leggenda antica, come una fresca rosa che s'abbica su un tronco che la folgor rovinò. La leggenda racconta dovean eh' è un presso teatro Un : dì fate fabbricar nel le al mar, di lontano piano bel sasso ove Fola Cesare montano rialzò. Dov'eva avxT cento finestre e cento aperte al sole ed sovrano vento al che su dall'Adriatico gli vien : esser segno d' impero, eccelso segno di Roma tempo un fianco degno l' impegno una notte dovean compirlo appien. e opporre al del gran marte! de' secoli, e era 82 ciie in
  • 87. Volavano mar dal monte cenilo al Maggiore, avanti e indietro, recando colmi i gran grembiali larghe pietre candide di era : e proni agili d' or immersa ogni valle nel sonno; la dispersa schiera de' colli ove la sorte avversa deboli, a" i castelli preparava signor, ai dormian soavemente. tempo sorgeran presso ni silente alla brezza Nel lago Felicia e l'inale, il rigido Chersan, Passo, Aurania, San Martino, e villaggi vassalli; ed tnrchino il Arsa tortuoso attenderà i bovi che solenni, San Vincenti sarà; mattino al lenti, lavoro an. al un giorno ^^Digniino nella leggenda stringerà a se intorno sei villaggi, e a Fola fiorirà difesa, in uno dell' Istria in sol ; fondo, faro che splende e guarda nel profondo mare lontan dal suo golfo rotondo dov' entra de' gabbiani stridendo il le qiuisi fate volavano : compiuta, e a era lei stava r alba a vestirla 1' il bianco stuol. opra tremola sopra di candor, Arena rotonda ed incorrotta E volavano ancora, aerea frotta che dal culmine inizia la sua rotta quando al canto del gallo, sfuggir dalle man fuor bella ! 83
  • 88. le cocche dei grembiai, e masso a il contenuto lor piombò su Passo. masso Le fate ora dai monti dileguar. ma la ancora arride tra rosea fantasia sette pietre vi di 84 ; le mostrano questa storia, vqììì^ stesa presso la chiesa e quelle in difesa son che precipitar.
  • 89. D GNANO 1 I. La bruna donna che ha stacca dal chiodo Ridono gli ocelli e fissano la il ali' man „muchéra'S la denti bianchi bei panni mobili sui fianchi e oscuri nero gran cappeL ombra della tesa che lien sospesa oìft posa con un bel gesto ire pietre sul coperchio in forma triangolo, e ciò farà la di torma nera delle formiche allontanar non potranno esse entrare il : desinare ora dentro alla pentola a guastare; e guarda in giro i rami scintillar che a Pascp-U^ ha strofinati con ardore e piglian della fiamma anco il rossore sospesi al muro, sotto del cani min. Oh r ampio focolar sa tante storie e di streghe e d' amori, ed d' odi ha memorie che aveano in lotte triste fin. 85
  • 90. Di lotte quando ed sangue e il uom la via retta coltel gli guizza nelle per cui r il La donna lascia la dolce il vin s' accende non comprende man. cucina bianca, la casa cheta, e va con franca andatura da Dignan. di' esce fin Lascia la via romana die s'allunga senza die piazza alcuna la disgiunga, e forma, tra le case, la città. L dietro ai passi suoi scorre leggera leggenda, per cui già la Dignan villaggio die tra e campi, in i fila, tra tempo era cinque sta esposto alle rapine, risolve di unirsi agli altri infine lutti : a difesa intorno a un cani pan il. Aa allor che questo fu deciso sorse il pensiero del nome, il villaggio col e morse invidia suo dente sotlil : niun volle l'oblio; perisca l'altro; e fini la contesa un patto scaltro: gettar pietre e e le cumulo contar, il Dignan vinse. Ala la donna sa romana colonia in altre età die non vuol la terra il sangue suo obliar.
  • 91. II. Finite le case, pe' campi prende, ella con linea smorza e s' accende, monotona che colli non ha. H mentre sollecito più tra verde, die al sole il sui carjipi di grano si 11 su floride vigne del vino il s' odon tiie al passo élla fa, sguardo riposa lo di rosa. stridenti cicale cantar sole si scaldan ; in fondo, lontano, mare turchino solcato da s'éle, il mare di Pola che abbraccia fedele le verdi I3rloni, e vide un dì invano Vittore Pisani la morte cercar. è il ili. Ecco, ella vede sotto di un olivo il marito ttie attende'; nella pace meridiana mangiano ora assieme blanditi dalla gran vita die freme della terra nel fondo sca ferace, eh' ù madre a Guarda la tutti noi suo cuore vivo. donna schiudere le rosse labbra che sanno cosi ben baciare, ma che, gelose, guarda SI gii sepper la minaccia occhi che cercan la ; sua faccia dolcemente, e dove balenare vide un'ira che quasi la percosse 87
  • 92. un giorno in Oh ma dubbio. di quel giorno che sua divenne, quante danze e canti! E fu, a notte, la fiaccola brandita da quegli che dal più vecchio, la vita sta per finir, e guida ai nuovi incanti mentre gli sposi, — Ella piange che avvolge dalla sua fronte felici là si — ! Ben ! alle altre Non : è vero, velo il donne cade quella che V invade : mostra e dietro viene sposa la capo il grida intorno si Ella piange ! non piange no, alto in faccia al cielo ; lungo corteo nero. il Ed or mangiano assieme, e sulla terra, sul mar. Ei dice splende : — 11 il sole grano sarà buono e abbondante: Salta il pan T abbiamo. un augello sfringuellando un ramo e ella riflette non lo : — inangino F^ur che sotto pendere nella cucina — — Legherò bene dice l'uomo nò dentro al tre — fieno in grappi d'oro. — pannocchie a croce ed si mano quando suole lopi, i i topi fuggiranno; avvoltoleranno, che tre piccole pietre, con veloce mano ho in lanciate, chiuse dentro un pugno a salvezza, di fien, in tre un foro dietro la schiena, parti della stalla. —- S'arresta in mezzo ad una cucchiaiata la donna per narrar d'una covata; de' bozzoli in cui nasce della tegghia di latte che iè la farfalla ; ognor piena
  • 93. dan le pecore, e tremola la molle delicata ricotta nel candore — del sacchetto di tela: Pur che alcuna non venga a tòrci azzoppando le bestie, col la fortuna strega Ma Tuoni sorride: livore cuor nelle parole che nel — le bolle. Non temer — di nulla, poiché a evitar la „strigari'' ho posato il mio ginocchio tuo grembiale vigna ben un Ei bel ci in di tempo sposa; darà pe '1 sul lucente la fiorente nostro nato corredo nella dolce culla. balza in piò per correre al lavoro, ella si china a coglier la muchèra; tra la terra cui il la vita, un'altra vita comincia alto : sol fa rinnovare umana a germinare e la figura un simbolo par nera nel raggio cV oio. 9b i%
  • 94. SCIONERA vento rinforza Il die tempo e danni i ! nialij>na, sì s' sa chi chiusa è la Sii, (iesù ! Ora vien la scionèra fa nascere clic brutta, sì nera. incLirwa, si abbassa, va le gonne facendo frusciar le sbatte suoi le ed a stinchi,, il calci ai lo strascico quattro angoli. le fiche Lanciarle nel - acri sì calmar? mezzo del cor curvo lucente falcetto bisogna ! tentenna, — Oh, già qualche comignolo Madonna santissima preghiamo, picchiamoci che urla, che 90 : Potreni quei suoi spirti squadrando — su, sbatte sui niacri or getta e rigetta — ! vortice, nel stre.ij^a fischi, il petto che orror ! ! :
  • 95. - Ragazzi, voltate bene tiratelo gettatevi a terra premiamo chiamiam E chi ! noi tenti : ! — coi nostri tutti può i — ; un subito La polvere ginocchi, santi del ciel il Di croci genti sul cappel, ! del re Salanion' nell'aria tracciare lo il occhi voltate, e in le calze — sugli gran segno segniamoci mare che infuria lottando su un fragile legno or forse in pericolo son. — ^1
  • 96. . . STRIMPELLATA Soffia, soffia, soffia .... le s' incalzar! pei cielo lina notte affannosa al nuvole sarà : : dove quattro vie s'incontrano, tocco, potrà alzarsi la forca, e messo là stando a riguardare immobili, il collo, si vedranno xMontando e danzan, in le la streghe, tra là là ... scopa esse passano, e saltan ridda paurosa qua e là ; ma guai a quegli che imprudente muovesi ciiè sulla forca miserando Sino a che appeso resterà, alle streghe in 1' man giocattolo alba imbianca tra là là . .
  • 97. LA SEMINAGIONE Tramonta lavora sole e ancor con gesto lento il vcccliio, il lavora assiduo, senza fretta, muto, solennemente. Sul rilucente bianco Un della barba un suo saluto posa del sue le raggio die muor, lungi lo specchio il mar ha spento luce. striscie di semina 11 vecdiio ancora grani i rotondi de' piselli, nella grassa terra die attende. Un poco tende il mentor^Jpoi die Fora passa, tre piselli, i più belli ed i più sani, die già da un' ora tenea sotto la lingua, in terra sputa e dice — : pigliali ! e Questi, o diavol, son per il te, seminato che Dio prosperi e possa ben fruttar e da s' Egli m' aiuta oggi curo e attendo, sia per me! — 93
  • 98. Sorride e pensa: l'insalata libera sarà da' bruchi, perchè, in gambi con protese radici ho piantato, erte ultimi le Va »f4 il vecchio, è buio, non fine, i tre all'aria all' insù. si vede i^iù.
  • 99. NON PJOVH La terra ha stio che soffre ha sete e tanto leni pò ed ogni pianta ed ogni fogha 1 ! ! sembra una bocca aperta avidamente, poi eh' ò ora uno spasimo il bisogno clic attende sì gran tempo. Fxco, io soffro con V erbe ora, coi grani, per la lor breve vita che dibattersi e. logorarsi deve, in un silente desiderio, e cozzar contro un'incognita potenza in sforzi Mi tendo con verso — il le piante, in alto, in alto, che avrà nubi e lampi e folgori che freschezza, che vita! ~- Intensanienle con lor e eie! disperati e vani. il la benedetta acqua desidero fremito die avran profondo ed alto. :
  • 100. DESIDERIO FM1ic stare si deve per sempre quasi schiavi di Oh poter un sol ,i^enii giorno volare, sopra a tutto ed a le.ijati alla terra che son conie luridi insetti tutti, 'olare. più assai d' ? volare, un' aquila audace, esser ebbri di luce, disciolti dai lacci imbecilli signor di se stessi, per • 96 un £i » dì. ^ "tS^. per un' ora esser libeii
  • 101. NOT E poesie Nelle La 10, hicicleiia, Pioggia e sole, di pajj;. fermar credenze, '.ìcir interno La // morto, pn^. 36, La 12, ^?ig. Gli eredi, usi, idee, del L' ucciso 7, pag. partenza, pag. pao". 20, ho ccrcato 64, popolo canipagnuolo dell' Istria. sposa, pa^^. Questo 19. rapire la sposa di un uso che hanno ancora a Corridico, gruppo di 'ille presso a quel tratto di terreno promiscuo di oltre è nOO campi, dove, ad evitar discordie, ducali ed differenza, veneti potevano i l contadini di ville di Antignana, venete, han conservato V ancora volentieri di abitanti arci- Corridico, si come chiamava quelli delle a far scorrerie nelle terre istinto del bestiame. Un predone e rubano po' per quel fondo barbarie che hanno, così segregati dal mondo, po' per evitare e il istigali gli pascolare, e gli ad evitarne forse sopra tutto le spese, perchè poveri, ricorrono al rapimento, e ^^^^ un usi nuziali che eriin lunghi e seccanti, si sposano pag- 31. Superstizione che interni dell'Istria e che si hanno sono in seguito. nei luoglii incontra anche in Toscana. Medioevo, pag 51. Giorgio di Herberstein, colto da improvvisa pazzia mentre si trovava al cani pò di Neustadt, morì dopo lunge sofferenze a Lupolano nel 1491.
  • 102. Nella sala della Dieia a Parenzo, pag. 66, *. venne aperta per la prima volta la Dieta Nel 1861 16. Una istriana- minare sue attribuzioni era quella delle deputati al Consiglio i dell' impero. una seduta privata liberale decise in di no- di partito 11 non mandare deputati a Vienna. Perciò nella seduta pubblica tenutasi a tale scopo, venti deputati gioranza scrissero sulla sdieda », Nessuno". La dieta fu costituenti di votazione mag- la la parola — sciolta seduta stante. mi furono favorite dal dottor An- (Queste informazioni tonio Scampicdiio die faceva parte della storica Dieta. La di castellana di Lupolano, erede lasciò tutte di Jiag. 72. non avendo Anna, figlia le maschi la sue possessioni, fra cui Alixe di Eberstein, die la figli signoria di Lupolano, sposò in seconde nozze (jontiero degli mano Herberstein. per Ernesto Duca die di era venuto a diiedere Enrico, pag. 75. primo duca la sua Lobming. Il De Francesdii narra morto a Laurana. Invece il Benussi dice die Enrico mori a Laurana combattendo contro Croati, e guidando andie Istriani, ma che era di iìnrico, d'Istria i duca del Friuli. La Nicolidi valle dell' si stabilì Arsa, pag. di governo oppressivo die li 4 maggio 77. V. LS-lO. Giuseppe a Cosliaco dove introdusse un sistema del 1.574, lo fece odiare dal popolo, durante una sudditi della signoria fu trucidato sommossa le mura sotto dei del castello. 1. Giorgio da Chersanu reo di vio- di assassinii. che circondato da bravi spargeva V^g. 78, V. lenze e il 98 terrore nella provincia, ricercato dai senato veneto
  • 103. che gli avea posto addosso una dei Veneziani sulla fine cadde taglia, in potere 1600, e fu giustiziato a del Capodistria. un Pag. 78, V, 8-9. Alessaldo Barbo uccise in impeto d'ira di lui nel il sentenza pronunciata perciò contro fu e figlio morte, die di Lubiana eseguita a fu 1589. Tua 15-16-17. FVg. 80, V. desco fu ucciso da un colpo r attentato fosse stato politico e contro Ho 1' sera un contro diretto soldato commissario il amministratore della signoria. tratto queste notizie dal lavoro di De Francesdii : .,1 te- sospettò die Si di fucile. castelli Camillo della vai d'Arsa''. Passo, pag. SI. tlo trov^ato la leggenda di Passo un numero del giornale ,,La Provincia'', nelle ,,Alpi Giulie" del Caprin, e 1' ho intesa raccontare a Passo, dove mostrano ancora sul piazzale della diiesa le jU pietre cadute dai grembiale delle fate, o strego, perche tra le due non fanno differenza. Pag. 82, V. 7. Un castellano di Hellai o di Martino odiava talmente allattare di i cagnuoli e la campane, morto che iccc San moglie da costringerla ad la senza suono seppellire fece invece sonare per il cavallo in guerra. Di^nano, pag. 85. Devo le notizie di usi e su- perstizioni dignanesi alle cortesi informazioni del prof, [^alin, - le - il quale spiega così: pag. 85, mollaria - da molcere contadine portano la stregheria. mato — il - la v. pentola desinare al ,,muchèra" 6. legno in cui di campo. „Strigarr' Pag, 90.^,Scionèra'- il dal vento del rincontro, e siccome vortice foril popolo si
  • 104. figura fatto veramente di vederci dentro una strega, ne ha un femminile: sifone- sion -scionèra. Il popolo dignagnese distingue invece classica che cavalca la scopa; (pag. 93) lingua e finita, di di tener mentre semina è la strega suo l'uso tre grani sotto la sputarli in terra, al diavolo, a seminagione onde propiziarselo. r^ 100 come pure fi?
  • 105. INDICE Castello dì Pisino , . . , morto Il Gli • 6 > 8 » alberi soli 10 12 bicicletta Autunno . Colloquio , La sera Un . . > >: • dì > La sposa ..-...., > Saluto Nella lotta 9 > 26 29 > . 30 » Pioggia e sole vero Se tu durassi ancora 35 > , di 33 .> giorni perduti qualcosa 23 24 » Alla foiba e 17 » mare Vento C 15 » La partenza I 13 14 21 Lui Al 3 » L'ucciso La Pag. ! 36 > 37 > 39 II temporale » 41 L' ubbriaco » 43 Chi passa? Preghiera ! > 45 » 46 101
  • 106. Di sera , Sole, sai tu ? Pag, 48 - 49 Alea culpa SO Aìediocvo 51 tr Icaro 'olo Un funemle Egli nou e' è 52 55 Sf» ! La roccia Per la S7 tomba del Conibi 5s Sghignazzata ()1 A Matteo (,2 (ili 1-lacin eredi (>4 Nella sala della Dieta a Parenzo (»(> (ìallignana (»S Tedio La castellana 71 di Lnpolano Duca Hnrico 72 75 La valle dell'Arsa 77 Passo SI Dignano SS Sionèra *>0 StrinipelLda m2 La seminagione '>o Non piove V>5 Desiderio *}(> Note ')7 102