1. LA CRISI DEI POTERI UNIVERSALI LE
IL CONSOLIDAMENTO DELLE MONARCHIE
NAZIONALI
Papato
Impero
Francia
Inghilterra
Impero romano d’oriente
alla fine dell’età medievale.
3. LA CRISTIANITÀ
Gli europei fino al termine del XIII
secolo pensarono a se stessi come
parte di un’unica grande entità
religiosa e territoriale, la cristianità.
Almeno nella parte occidentale del
continente europeo l’identità della
cristianità era determinata sia
dall’unità religiosa sia dall’esistenza
di due supremi poteri universali, in
costante rivalità:
impero
Papato
A partire dal 1300 i due poteri
universali andarono incontro a una
crisi, che li ridefinì profondamente e li
trasformò in entità politiche simili alle
alle altre, in lotta con gli altri attori
del panorama europeo: le monarchie
nazionali, le signorie italiane e i
principati tedeschi .
4. IL PAPATO TRA «CATTIVITÀ AVIGNONESE», SCISMA E RICOMPOSIZIONE,
1302-1417
5. LA FINE DELLE AMBIZIONI TEOCRATICHE UNIVERSALI DEL PAPATO
Nel 1301 ebbe inizio un grave conflitto tra il papa Bonifacio VIII e
il re francese Filippo il Bello, che intendeva tassare i vescovi e i beni
della Chiesa e sottoporli alla propria giurisdizione.
Bonifacio VIII nel 1302 rispose a questa iniziativa politica
pubblicando la bolla Unam Sanctam con la quale affermò che la
Chiesa e il papato erano un potere universale e come tali non
avrebbero dovuto obbedire a nessun sovrano temporale. Inoltre il
papa rivendicò il suo pieno diritto a deporre ogni sovrano che non
obbedisse ai suoi precetti.
Filippo il Bello lo fece scomunicare da un sinodo della Chiesa
francese, accusandolo di essere simoniaco e eretico
Lo scontro con il re francese, che mandò delle truppe in Italia per
arrestare Bonifacio VIII e condurlo in Francia (fatto corredato dal
noto episodio dello «schiaffo di Anagni»), cosa che fu impedita dai
fedeli presenti all’arresto, determinò la fine delle ambizioni del
papa: costruire un potere teocratico universale.
Dopo la morte di Bonifacio, 1303, la Chiesa si trasformò
profondamente
Sciarra Colonna
schiaffeggia
papa Bonifacio
VIII, che resiste
all’arresto da
parte dei francesi
6. LA CATTIVITÀ AVIGNONESE, 1309-1377
Il papa francese Clemente V, eletto nel 1305
con l’attivo sostegno della monarchia francese,
decise di spostare la sede papale da Roma a
Avignone nel 1309
Con termine poi diventato tradizionale, questo
spostamento fu chiamato «cattività avignonese»
(cioè prigionia) della Chiesa e durò fino al 1377.
In questi sessantotto anni tutti i papi furono
francesi.
I pontefici furono sostanzialmente emarginati
sia dalle grandi dinamiche politiche, sia da
un’azione decisa in favore della cristianità, messa
in grosse difficoltà soprattutto nei Balcani dalle
conquiste degli ottomani, di religione musulmana
Papa Clemente V
Avignone
7. LA BREVE STAGIONE POLITICA DI COLA DI RIENZO, 1347-54
• Durante gli anni di «cattività avignonese» la città di Roma si trovò alle prese con
grosse difficoltà: crisi di commerci e finanza e lotte accanite tra i nobili romani, non più
tenuti a freno dal papa.
Nel 1347 il notaio Cola (Nicòla) di Rienzo riuscì a farsi proclamare dalla
popolazione romana «tribuno del popolo» : il suo progetto era la restaurazione
della Repubblica romana, col sostegno delle famiglie nobili degli Orsini e dei
Colonna.
• Inizialmente Cola ripristinò l’ordine pubblico, rimise ordine nelle finanze, nella
giustizia e nei prelievi fiscali e limitò il potere violento delle fazioni nobiliari
• Il papa, da Avignone, lo appoggiava soprattutto per contrastare le famiglie nobili di
Roma.
• I metodi autoritari di Cola, la sua tendenza a comportamenti stravaganti e il suo
progetto di estendere la Repubblica a tutta l’Italia fecero però cambiare
atteggiamento al pontefice che lo scomunicò.
• Cola fuggì da Roma e si presentò al papa Innocenzo VI a Avignone. Il pontefice,
dopo averlo imprigionato, lo perdonò e lo rimandò a Roma accompagnato dal
cardinale Egidio Albornoz: 1353.
• Rientrato a Roma, Cola riprese a governare tirannicamente e favorì la reazione
organizzata contro di lui dai nobili romani, che portò alla sua eliminazione in
Campidoglio (1354) da parte della folla qui riunita
Cola di Rienzo,
raffigurato in una nota
statua a Roma
Il cardinale Egidio Albornoz
con il papa e l’imperatore
8. LA FINE DELLA CATTIVITÀ AVIGNONESE, 1377
Il cardinale Albornoz preparò la strada al ritorno del papato a
Roma, agendo in due ambiti
1. recupero, per via diplomatica o militare, delle terre
appartenenti al papa, che si erano rese autonome per iniziativa
di signori e nobili feudali
2. emanazione delle Constitutiones egidiane: norme secondo le
quali l’esercizio della giustizia e i rapporti tra papato e poteri
locali sarebbero stati gestiti dall’autorità del pontefice.
Su queste basi, nel 1377 papa Gregorio XI rientrò a Roma e
pose fine alla “cattività avignonese”. Tuttavia morì l’anno
seguente, aprendo nuovi fronti di lotta politica e ecclesiastica.Papa Gregorio XI
9. UN PAPA E UN “ANTIPAPA”: LO “SCISMA D’OCCIDENTE”
Il conclave del 1378 scelse come nuovo papa Urbano VI,
arcivescovo di Bari, che fu eletto soprattutto per le pesanti pressioni
del popolo di Roma, che spinse per avere come pontefice un italiano
disposto a rimanere nella sua sede tradizionale.
Il nuovo papa non volle sottostare all’autorità del re francese e
intese imporre la sua autorità a cardinali e vescovi francesi
Essi decisero di eleggere un papa che consideravano legittimo, in
quanto Urbano VI fu accusato di essere stato scelto con manovre poco
limpide dal conclave
L’”antipapa” eletto dai prelati francesi fu Clemente VII, che si insediò
a Avignone.
Con questa decisione cominciò il cosiddetto “scisma d’Occidente”,
durato fino al 1417: esistevano due papi e due collegi cardinalizi, ma
senza nessuna motivazione realmente religiosa, bensì un legame
profondo con le vicende politiche internazionali in atto
Papa Urbano VI
Papa Clemente VII
10. LA FINE (O QUASI) DELLO «SCISMA OCCIDENTALE» DELLA CRISTIANITÀ
La situazione grottesca di due papi determinò insofferenza e disgusto tra molti uomini
della Chiesa
Tra di essi si affermò l’idea che la guida della cristianità non poteva essere affidata
a un uomo solo: la Chiesa avrebbe dovuto essere condotta dal concilio, che
riuniva cardinali, arcivescovi, vescovi e superiori degli ordini monastici e
mendicanti. Tutti costoro rappresentavano davvero la cristianità.
La maggioranza dei cardinali riuscì a far convocare a Pisa nel 1409 un concilio che
depose i due papi e decise di eleggerne uno solo, nuovo, che unisse la cristianità.
Tuttavia i due deposti non vollero lasciare il loro posto e fino al 1417 i papi furono
addirittura tre.
I «conciliari» avevano però acquisito forza e consapevolezza del loro ruolo, tanto da
riuscire a far convocare un altro concilio, nell’odierna Germania meridionale, a
Costanza, nel 1414: dopo tre anni di discussioni e scontri, i papi eletti a Roma e Pisa
si ritirarono (quello di Avignone non lo fece, ma rimase isolato)
Fu eletto come papa Martino V [Oddone Colonna, morì nel 1431]: egli dovette
impegnarsi a governare insieme al concilio, che doveva diventare un organo della
Chiesa da riconvocare periodicamente. In realtà la vicenda di “papa” vs. “antipapa”
terminò definitivamente solo nel 1439.
Costanza
Papa Martino V
12. L’IMPERO VACANTE, 1250-73, FINO A RODOLFO I D’ASBURGO
Dopo la morte di Federico II (1250) e dei suoi figli si
aprì per il Sacro romano impero un lungo periodo di
vacanza del trono
Soprattutto nei territori di lingua tedesca si verificò
una notevole anarchia di poteri, tra principati feudali
e città autonome.
La pericolosa situazione di confusione politica spinse
i potentati a accordarsi per scegliere un nuovo
imperatore, che non fosse però una personalità
capace di ledere i loro interessi.
Nel 1273 fu eletto Rodolfo I d’Asburgo, modesto
feudatario di una regione compresa nell’attuale Austria
La politica di Rodolfo fu energica: volle ripristinare i
diritti imperiali che i potentati e le città di lingua
tedesca avevano usurpato e decise di concentrare la
sua azione solo in quest’area geografica,
trascurando i domini imperiali in Italia settentrionale
e meridionale.
Rodolfo I d’Asburgo
13. UN IMPERO A PEZZI
L’Italia settentrionale si era ormai autonomizzata da decenni attraverso la
fondazione dei comuni e le lotte condotte da questi contro Federico I e Federico II
L’Italia meridionale era contesa da due casate straniere: gli Anjou di Francia e e
gli aragonesi di Spagna.
L’area dell’odierna Svizzera nei progetti degli Asburgo doveva diventare loro
dominio personale, ma dimostrò un’inaspettata combattività
Alla fine del XIII secolo tre “cantoni” (comunità) – Schwyz, Unterwalden e Uri – si
coalizzarono per impedire agli Asburgo di procedere alla loro sottomissione
Entro la metà del XIV secolo questa alleanza, costituitasi in Confederazione, si
ampliò a altri quattro cantoni, dando corpo a quella che adesso chiamiamo
Confederazione svizzera, la cui formazione definitiva si concluderà nel 1500
14. LA CASATA DEI LUSSEMBURGO: L’IMPERATORE ENRICO VII IN ITALIA
I potentati di lingua tedesca non volevano ripetere
l’esperienza negativa di Rodolfo I, dimostratosi
imperatore poco controllabile
La scelta di un nuovo imperatore si orientò verso la
famiglia dei conti di Lussemburgo
Tra gli imperatori di questa casata si distinse Enrico VII (o
Arrigo VII), eletto nel 1307
Egli, dopo decenni di disinteresse imperiale verso l’Italia,
decise di recarsi nella penisola per farsi incoronare
imperatore secondo la tradizione e proclamando di
volere mettere pace nelle divisioni politiche italiane
ormai inveterate
In Italia in alcuni comuni guelfi e ghibellini e in alcune
città importanti i primi signori (Visconti, della Scala, da
Camino) erano in continua lotta, ma soprattutto la
politica della penisola girava intorno al rapporto stretto
tra i papi e il re di Napoli, il francese Robert d’Anjou.
Enrico VII di Lussemburgo
Robert d’Anjou
15. LA FALLIMENTARE SPEDIZIONE ITALIANA DI ENRICO VII, 1310-1313
La discesa in Italia di Enrico VII cominciò nel 1310.
Molti intellettuali italiani, tra cui Dante, sperarono che il ritorno dell’imperatore in Italia
dopo anni avrebbe portato la pace e il ristabilimento dei giusti rapporti di potere con
il papa
La spedizione in Italia di Enrico VII si rivelò fallimentare: anziché pacificare le
fazioni, l’imperatore partecipò alle lotte fra gli schieramenti e diventò il capo dei
ghibellini
Si creò un duro conflitto tra Enrico VII e i ghibellini da una parte; il papa, Robert
d’Anjou, il re di Francia e i guelfi dall’altra.
Nel 1312 cinse a Roma la corona imperiale, ma l’incoronazione fu dovuta soprattutto
all’azione violenta in suo favore da parte del popolo romano.
Dovette accettare dal papa, che lo minacciò di scomunica, una tregua di un anno con
Robert d’Anjou e il re di Francia
Nel 1313 condannò per lesa maestà Robert e lo privò dei suoi poteri di re di Napoli
e di Sicilia (in quanto Robert era un vassallo imperiale)
Nell’estate del 1313 si avviò dall’Italia centrale verso Napoli per lo scontro definitivo
con Robert, ma morì presso Siena
Il suo progetto di ripristino dell’autorità imperiale terminò definitivamente.
Ludovico il Bavaro, imperatore dal 1322, tentò un’operazione politica simile a
quella di Enrico VII, scendendo in Italia e provocando conflitti aspri con il papato e gli
angioini, ma senza esito.
Ludovico il Bavaro
Stemma degli angioini
16. CARLO IV E LA BOLLA D’ORO
L’imperatore Carlo IV di Lussemburgo, eletto nel 1354, decise di
abbandonare definitivamente i tentativi di sottomettere l’area
italiana e di concentrare tutti gli sforzi sull’area di lingua tedesca.
Un segnale forte in questo senso fu la Bolla d’oro.
La Bolla d’oro fu un editto con il quale Carlo IV stabilì
giuridicamente la procedura per designare l’imperatore, nel 1356
L’imperatore sarebbe stato scelto da una Dieta (assemblea) formata
da sette grandi elettori, quattro laici e tre ecclesiastici
Effetti di questa decisione furono
1. il titolo imperiale sarebbe stato assegnato solo a un uomo di
origine tedesca
2. l’imperatore non era vincolato al riconoscimento del papa
3. il potere imperiale era solo formale
4. il titolo di grande elettore, per i laici, diventò ereditario
5. tutti i principi elettori avevano sovranità giudiziaria illimitata e
controllo assoluto su vie di comunicazione, dogane e moneta all’interno
dei rispettivi territori.
La «Bolla d’oro»,
Manuscriptum trier conservato a
Stoccarda
Carlo IV di Lussemburgo
18. IL REGNO FRANCESE E INGLESE,
DAL TARDO MEDIOEVO ALLA PRIMA ETÀ MODERNA
19. QUESTIONI COMUNI ALL’INTERNO DEGLI STATI EUROPEI
Gli stati europei dal 1300 fronteggiarono necessità comuni.
1. presenza di poteri diversi e contraddittori al loro interno
2. affermazione di nuove élites sociali
3. crisi economiche ricorrenti
4. crisi dinastiche
Per imporre la loro sovranità, i monarchi dovettero elaborare forme nuove di
controllo del proprio territorio
20. IL RE «DEFENSOR PACIS»: IL RUOLO DEI FUNZIONARI
Il pensatore Marsilio da Padova, nell’opera Defensor pacis,
(1324)affermò che il compito principale di un sovrano doveva
essere l’eliminazione dei conflitti e la difesa della pace
Questa idea trovò concreta realizzazione nell’azione politica dei
sovrani europei, che legittimavano il loro potere come coloro che
dovevano mantenere la pace nei propri regni.
In primo luogo mantenere la pace significava mantenere
l’ordine pubblico e la giustizia
Lo svolgimento di questo compiti fu affidato ai funzionari
pubblici, gli «ufficiali», che ricevevano uno stipendio come
pagamento del loro servizio.
I funzionari pubblici potevano avere un’estrazione sociale diversa
secondo il settore nel quale operavano.
I funzionari che si occupavano di giustizia e finanze erano
scelti dai sovrani in base alla loro competenza.
Gli ufficiali dell’esercito, invece, erano costantemente scelti solo
nell’ambito della nobiltà e della cavalleria
Marsilio da Padova
sovrano:
mantiene la
pace
ordine
pubblico
funzionari,
stipendiati
dal sovrano
giustizia
21. CORPI ARMATI STABILI E IMPOSTE
L’amministrazione dei regni si articolava in organi centrali e in organi periferici.
Un sistema del genere funzionava solo sulla base di due condizioni:
a. controllare il territorio del regno
b. disporre di ingenti risorse finanziarie
a. per controllare il regno era necessario creare corpi armati stabili, con lo scopo di
garantire la difesa e l’ordine pubblico
b. per ottenere le risorse finanziarie che sostenessero l’amministrazione erano
fondamentali le imposte, dirette e indirette
b1.Le imposte indirette erano applicate sui consumi dei beni di prima necessità:
cereali (farina), sale, olio, vino
b2.Le imposte dirette erano applicate direttamente agli individui.
22. LE ASSEMBLEE RAPPRESENTATIVE E IL LORO RUOLO
Le assemblee rappresentative furono il mezzo attraverso il quale i sovrani cercarono
la mediazione tra le loro esigenze e le rivendicazioni dei ceti, che mal sopportavano
l’estensione del potere del re sui territori e le nuove imposizioni fiscali.
Le assemblee erano composte dai rappresentanti dei ceti o corpi del regno: nobiltà;
borghesia cittadina; città; ecclesiastici
In principio esse discutevano soprattutto a proposito delle imposizioni fiscali
Le assemblee mediavano tra sovrano e società e svolsero un compito molto
importante per creare una comunanza di interessi tra i «corpi» del regno
«Fu questo un passo decisivo per la graduale costruzione di una coscienza
unitaria, che trasformasse un regno, inteso solo come territorio sottoposto a un re,
in un paese, cioè una comunità caratterizzata da interessi condivisi.» (G.
Albertoni)
23. LA FRANCIA: OFFICIERS E «STATI GENERALI»
I re di Francia dall’inizio del Trecento utilizzarono ampiamente gli officiers,
che si occuparono soprattutto di garantire che le imposte fossero versate
nei tempi e nelle quantità previste.
Furono istituiti dal sovrano francese i catasti, che registravano tutte le
famiglie che risiedevano in un territorio, chiamate «fuochi» in modo che
tutte fossero tassate.
La volontà di controllo dei territori da parte dei sovrani francesi provocò
forti contrasti con i poteri locali: signori territoriali o città libere. In parte i
sovrani li combatterono, in parte cercarono di integrarli nel regno,
assumendo come «ufficiali» anche i membri della nobiltà locale.
La mediazione tra sovrano e i tre ordini sociali, chiamati «stati» - nobiltà,
clero, ricca borghesia delle città – avvenne attraverso l’assemblea
chiamata degli «stati generali», convocata per la prima volta nel 1302
(durante la lotta tra Filippo il Bello e Bonifacio VIII, per dare sostegno al
re).
Gli «stati generali» esistettero fino al 1789, quando determinarono la
Rivoluzione antimonarchica.
Funzione degli «stati generali» fu di garantire il confronto tra sovrano e
ceti, in modo da comporre i conflitti che si presentassero.
Filippo il Bello, re di
Francia, per primo
convocò
gli «stati generali» nel
1302
24. FRANCIA E DUCATO DI BORGOGNA AL TERMINE DELLA GUERRA DEI CENT’ANNI
La guerra dei cent’anni si era conclusa con la
vittoria dei francesi contro gli inglesi grazie
anche alla riconciliazione tra il re francese
Carlo VII e il duca di Borgogna Filippo il Buono
(1435), che aveva ottenuto alcune concessioni
territoriali e l’abolizione dei vincoli di
vassallaggio della contea di Fiandra (odierno
Belgio settentrionale)i
Filippo tra 1430 e 1455 estese attraverso
legami di parentela i suoi possedimenti, e
controllava gli odierni territori di Belgio,
Lussemburgo e Olanda
Carlo VII, re di Francia
Filippo il buono, duca di
Borgogna
25. CARLO IL TEMERARIO E I TENTATIVI (FALLITI) DI ESPANSIONE
Carlo “il Temerario”, figlio di Filippo il Buono, divenuto
duca nel 1467 ereditò una delle zone più ricche d’Europa:
manifatture tessili e città importanti come Bruges (centro
tessile e finanziario) e Anversa (porto più importante
d’Europa)
Carlo volle conquistare le regioni di Alsazia e Lorena
(odierna Francia settentrionale) per dare continuità
territoriale ai suoi domini che erano sparsi e divisi
Nel 1476 egli era ormai vicino a tali conquiste, ma
l’ambizione lo spinse a attaccare anche i cantoni svizzeri,
che costituivano una confederazione (dal 1291)
Questa fu la sua rovina: il modo di combattere dell’esercito
di Carlo, basato sulla cavalleria, si dimostrò perdente nei
confronti dello schieramento svizzero, fondato sulla
fanteria armata di picche e disposta a quadrato
L’esercito di Carlo perse due battaglie, nella seconda delle
quali egli morì (Nancy, 1477)
Carlo il Temerario
La picca
falconiere svizzero
27. LUIGI XI ANNETTE LA BORGOGNA
IL MATRIMONIO TRA MARIA DI BORGOGNA E MASSIMILIANO D’ASBURGO
La morte di Carlo il Temerario favorì il suo rivale, re Luigi
XI di Francia, il quale annesse al suo regno la
Borgogna in base ai diritti di eredità conquistati dal suo
avo Giovanni il Buono
Tuttavia, un ostacolo territoriale impedì una espansione
ulteriore della monarchia francese: Maria, figlia unica di
Carlo il Temerario e erede di Fiandre e Paesi Bassi
(odierni Belgio settentrionale e Olanda) sposò
Massimiliano, duca d’Austria della famiglia Asburgo e
futuro imperatore. A lui la moglie portò in dote i suoi
territori.
Luigi XI
Massimiliano
d’Asburgo
Maria di Borgogna
28. LE AMBIZIONI DI CARLO VIII
Luigi XI era comunque riuscito a annettersi la Provenza e gli
altri possedimenti dei duchi d’Angiò, nonché a costringere i
signori feudali all’obbedienza
Suo figlio, Carlo VIII, re di Francia dal 1483, sposò Anna di
Bretagna e acquisì anche questa regione
Nel 1493 Carlo VIII e Massimiliano d’Asburgo in costante
lotta per la Borgogna stipularono la pace di Senlis: la
Borgogna passava definitivamente alla Francia, Franca
Contea e Artois venivano assegnati a Massimiliano
Anche attraverso accordi territoriali con il re Ferdinando
d’Aragona, re Carlo VIII voleva creare le condizioni che gli
permettessero di realizzare il suo progetto più grande
Voleva rivendicare a sé il regno di Napoli, che riteneva
legittimo possesso ereditario degli Angiò, e fare di esso la
base per una Crociata nella Terra Santa
Carlo VIII, re di Francia
29. IL PARLAMENTO IN INGHILTERRA
In Inghilterra la Magna Charta del 1215 dava un potere importante al «consiglio
comune del regno», di cui facevano parte i rappresentanti di nobiltà e clero. Esso
doveva dare un parere vincolante per l’introduzione di nuove imposte.
Il parlamento nel corso del Trecento, a partire dalla monarchia di re Edward I, fu
convocato piuttosto frequentemente dai sovrani perché votasse nuove imposte
necessarie a finanziare l’esercito.
Verso la metà del Trecento il Parlamento fu strutturato in due house, camere:
-house of lords: in essa sedevano i rappresentanti della nobiltà di tradizione più
antica, i lords e i peers (cioè «pari»). Il re li convocava personalmente a partecipare
alle sedute.
-house of commons: i membri di essa rappresentavano la gentry, cioè la nobiltà non
di antico lignaggio, le contee e le città, che eleggevano dei propri rappresentanti,
in genere uomini della borghesia ricca e delle professioni liberali. Essi nominarono
uno speaker, portavoce.
La house of commons rappresentava gli interessi soprattutto fiscali dei propri
membri.
Il sistema politico inglese era così bilanciato:
i re governavano il territorio per mezzo di una amministrazione ampia e radicata
i gruppi sociali avevano i propri rappresentanti per difendere i loro diversi
interessi.
An image of King Edward I presiding over his
parliament c.1300 with assembled Lords
Spiritual on the left (Bishops in red with Abbots
and Priors in black), Lords Temporal and
members of the Commons on the right
www.churchofengland.org
30. LA DEBOLEZZA INGLESE E LA “GUERRA DELLE ROSE”
La situazione dell’Inghilterra dopo la guerra dei cent’anni fu
per molti anni disastrosa
Gli aristocratici inglesi, per tradizione guerrieri e piuttosto
violenti, dopo avere perduto feudi e guerra in Francia,
avevano riportato in patria la loro aggressività e frustrazione
L’Inghilterra era un paese politicamente indebolito dalla follia
del sovrano Enrico VI Lancaster (manifestatasi nel 1453),
che fu assassinato nel 1471
L’indole violenta degli aristocratici inglesi determinò una lotta
senza quartiere tra due fazioni che volevano mantenere o
conquistare il potere regio: la fazione dei Lancaster, famiglia
regnante, e la fazione degli York, che intendevano usurpare il
trono
I due schieramenti scelsero come emblema rispettivamente una
rosa rossa – i Lancaster – e una rosa bianca – gli York
Per questo le guerre civili che per trent’anni divisero il paese
sono ricordate come “Wars of the Roses”
Enrico VI
La guerra delle Rose
31. LA FINE DELLA GUERRA DELLE ROSE
LA MONARCHIA DI ENRICO VI TUDOR
La “guerra delle Rose” determinò la morte di una
parte consistente dell’aristocrazia feudale inglese
Il conflitto si concluse solo con la salita al trono di
Enrico VII, della famiglia Tudor, erede designato dai
Lancaster
Egli vinse nella battaglia di Bosworth contro l’esercito
di Riccardo di York (1485)
Per consolidare il suo potere sposò Anna di York
riunendo nelle sue mani l’autorità di entrambe le
fazioni in lotta
Battaglia di Bosworth
Enrico VII
33. L’IMPERO ROMANO D’ORIENTE DAL 1204 AL 1400
La quarta crociata del 1204 aveva determinato un forte indebolimento
dell’Impero romano d’oriente: i veneziani, che l’avevano promossa, spinsero
i crociati a saccheggiare e conquistare Costantinopoli, in quanto volevano
ottenere il controllo dei commerci orientali.
L’imperatore e la corte imperiale si trasferirono nella città di Nicea fino al
1261, quando recuperarono il controllo della capitale grazie all’aiuto dei
genovesi, rivali dei veneziani per il controllo del Mediterraneo orientale. In
cambio, gli imperatori orientali avevano dovuto concedere ai loro scomodi
«salvatori» diversi privilegi commerciali: monopoli di traffici essenziali e
controllo su alcune città.
Anche i bulgari (XII e XIII secolo) e i serbi (XIV secolo) tolsero territori
all’Impero.
Economicamente l’Impero romano d’oriente era molto debole: i commerci
erano ormai in gran parte nelle mani di Venezia e Genova. L’agricoltura
forniva risorse finanziarie limitate al fisco imperiale, perché le grandi
proprietà terriere erano detenute da pochi nobili e ordini monastici che
godevano di vaste esenzioni dal pagamento delle tasse.
Gli imperatori orientali dovevano difendere il poco che rimaneva dei loro
domini con eserciti che costavano inevitabilmente parecchio e per questo
tassavano in modo molto pesante i proprietari terrieri piccoli e medi.
La situazione dell’Impero romano d’oriente nel periodo 1300-1450 era
questa: impoverimento dei contadini; crisi monetarie; forte indebitamento
dello Stato.
1204-1261
1400
34. L’IRRESISTIBILE ASCESA DEGLI OTTOMANI
Gli ottomani erano una popolazione di origine turcomanna, e di religione musulmana,
che proveniva soprattutto dalla parte settentrionale della penisola anatolica
Il loro nome deriva da Othman I, principe vissuto tra la seconda metà del Duecento e la
prima del Trecento: Othman cominciò l’espansione territoriale del popolo a cui
apparteneva e che da lui deriva la sua denominazione.
Nel giro di pochi anni, dal 1326 al 1331, gli ottomani, guidati da Orkhan, successore di
Othman, conquistarono importanti città dell’Asia minore (zona dell’odierna Turchia),
fino al Mar di Marmara, che collega Mar Egeo (Grecia) e Mar Nero.
L’Imperatore romano d’Oriente Giovanni non riusciva a arginare questa espansione e
decise di allearsi con gli ottomani attraverso un matrimonio tra sua figlia e Orkhan,
mossa strategicamente utile nell’immediato, ma errata sul lungo periodo perché gli
ottomani grazie a tale matrimonio riuscirono a penetrare in Europa orientale
cominciando la conquista di diversi territori, partendo da Gallipoli nel 1354 e poi
prendendo Adrianopoli, seconda città dell’Impero, e negli anni successivi Bulgaria e
Macedonia. Inoltre anche Siria e Palestina diventarono loro domini per mezzo di matrimoni
con emiri musulmani.
Nel 1389 a Kosovo Polje vi fu un evento strategicamente centrale per le sue
conseguenze successive: le truppe musulmane sconfissero l’esercito di cristiani
composto da albanesi, bulgari, croati e serbi. La nobiltà serba fu completamente tolta di
mezzo e la Serbia fu poi costretta a diventare stato vassallo degli ottomani.
Solo allora in Europa occidentale apparve chiaramente il «pericolo ottomano»: di nuovo
nel 1396 un esercito cristiano guidato da Sigismondo di Lussemburgo, futuro
imperatore, fu sconfitto dagli ottomani a Nicopoli. La conseguenza fu la conquista
musulmana di molte zone dell’odierna Grecia.
Dopo alcuni anni di pausa dovuti alla lotta contro il grande sovrano mongolo Tamerlano, gli
ottomani ripresero la loro campagna di conquiste europee negli anni ‘20 del 1400
assediando Costantinopoli. L’imperatore orientale chiese aiuto ai sovrani d’occidente e
nel 1439 si disse disposto anche a superare lo scisma ortodosso per ottenere aiuto e
protezione, ma la situazione orientale non era al primo posto nelle strategie dei grandi
regni occidentali, Francia e Inghilterra, e del papato
dizionari.zanichelli.it
35. LA CADUTA DI COSTANTINOPOLI
da Enzo Biagi,
Storia d’Italia a fumetti,
Milano, Mondadori
Il 29 maggio 1453 gli
ottomani, dopo un lungo
assedio, guidati dal sultano
Maometto II, riuscirono a
espugnare Costantinopoli e
la resero propria capitale,
cambiandole nome in
Istanbul
37. BIBLIOGRAFIA
G.Castelnuovo e G.M.Varanini, «Processi di costruzione statale in
Europa», in Storia medievale, Roma, Donzelli
M.Montanari, Storia medievale, Bari-Roma, Laterza
V.Castronovo, Mille Duemila, Firenze, La Nuova Italia.