2. Armando Gill nacque il 23.07.1877 da Pasquale Testa Piccolomini e Concetta Saracino. Studiò all’Istituto Chierchia dove mostrò subito le sue doti di poeta ed improvvisatore. Quindi s’iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza che lasciò ad un anno dalla laurea per dedicarsi all’arte che studiò al teatro Eden. La sua prima poesia la compose a soli 12 anni, la sua prima canzone fu “Funesta ’Nchiusa” musicata dal maestro De Crescenzo cui seguirono molte altre. Poi cominciò a musicare lui stesso le sue canzoni e nel 1918 scrisse “Come Pioveva”, “O Zampognaro ’Nnammurato” e “E quatte ’e Maggio”. Grande intrattenitore, fine dicitore, poeta, ebbe molto successo in tutta la sua carriera artistica. Nel 1943 dopo aver presentato la Piedigrotta, si ritirò dalle scene e morì nella notte tra il 31.12.’44 ed il 1.1.’45 lasciando grande rimpianto I nostri ricordi dello zio ci sono stati tramandati da nostra madre Lavinia Testa Piccolomini che rea la figlia del fratello maggiore di Gill, Gustavo Testa. Nostra madre ha trascorso buona parte della sua vita accanto allo zio ed ha potuto raccontarci le sue abitudini, il suo modo di vivere, la sua arte e la sua capacità di comporre ed improvvisare. Possiamo soffermarci su brevi episodi della sua vita privata e della sua carriera artistica: quando componeva una canzone, amava farla ascoltare in famiglia per avere un giudizio dalla moglie Assunta, dalle nipoti, dalla governante e dalla sua amata cagnolina Florì. Componeva generalmente di notte a causa dei suoi impegni teatrali e sui manoscritti era solito indicare l’ora, la data e la sua firma. Nostra madre ci ha raccontato un altro episodio avvenuto in un teatro napoletano: Armando Gill era in scena ed aveva iniziato il suo spettacolo, quando nel silenzio della sala si indicono delle voci concitate provenienti da un palchetto. Erano due signori, marito e moglie che discutevano tra loro; Gill pensò di richiamarli in versi, bonariamente, suscitando l’ilarità ed il divertimento dei presenti. Un altro ricordo riguarda la sua ansia prima di entrare in scena. Nostra madre era solita accompagnarlo nel camerino di scena e lui era contento della sua presenza perché l’amava come una figlia e le confessava il suo timore nell’affrontare il pubblico, ma tutto ciò finiva quando entrava sulla scena e si esibiva mostrando il suo talento.
19. Titì sient’ a mmè… è assaje cchiù meglio ca ce pigliamm’ ‘o tram [email_address] Roberto Murolo canta “La donna al volante”del maestro Armando Gill