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Tesi di Laurea:
Relatore: Laureando:
Prof. Ing. Franco Bontempi Andrea Demin
Correlatore:
Ing. Francesco Petrini
1
STRUTTURA DELLA PRESENTAZIONE
Andrea Demin
Ruolo delle zone nodali nel comportamento strutturale
Definizioni degli elementi che compongono un nodo
Modellazione dei nodi semi-rigidi
Applicazione del modello ad una struttura complessa, “L’Ospedale”
Considerazioni conclusive
IntroduzioneParteIParteIIConclusioniIntroduzioneParteIConclusioniParteIIParteIII
Applicazione del modello ad un telaio piano
Introduzione Parte I Parte II Parte III 2Conclusioni
RUOLO DELLE ZONE NODALI NEL COMPORTAMENTO STRUTTURALE
Andrea Demin
L’elevato numero di edifici crollati o fortemente danneggiati e le numerose vittime occorse
durante il terremoto di Northridge (1994) hanno suscitato grande attenzione in tutta la comunità
scientifica.
Ai fini di una corretta valutazione del
comportamento globale della struttura, occorre
considerare, quindi, le prestazioni di un nodo
nel suo complesso.
In seguito a questo terremoto, l’eccessiva
plasticizzazione delle zone pannello è stato visto
come la principale causa dei numerosi e inattesi
danni manifestati dai collegamenti delle strutture
metalliche intelaiate
FEMA (2000), “A Policy Guide to Steel Moment-Frame Construction”, Federal Emergency Management Agency-354, Washington
D.C., November 2000.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 3Conclusioni
DEFINIZIONI DEGLI ELEMENTI CHE COMPONGONO UN NODO
Andrea Demin
1. Il collegamento: è l’insieme degli elementi che rendono possibile l’unione tra due differenti
membrature
2. Il giunto: è la zona in prossimità del collegamento in cui si manifestano interazioni specifiche
tra gli elementi collegati
3. La zona nodale: è la zona individuata da tutti i giunti che concorrono in un nodo
Ogni nodo, di una struttura intelaiata d’acciaio, è
caratterizzato da quattro elementi che interagiscono:
• l’elemento trave;
• l’elemento colonna;
• il pannello nodale;
• il collegamento.
G. Ballio, C. Bernuzzi (2004.), “Progettare costruzioni in acciaio”, Hoepli Milano.
MODELLAZIONE DEI NODI SEMI-RIGIDI
Parte I
La deformazione tagliante del pannello è, in molti casi pratici, la componente più significativa
dello spostamento orizzontale totale.
Il contributo allo spostamento dato dal pannello può anche essere diviso in componenti assiali,
flessionali e di taglio:
Introduzione Parte I Parte II Parte III 4Conclusioni
MECCANISMI DEL NODO TRAVE-COLONNA
Andrea Demin
PGC 
Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc., U.S.A. (2004), “Modeling procedures for
panel zone deformations in moment resisting frames”, Amsterdam - June 3-4, 2004.
Tipico sottoassemblaggio interno trave-colonna
di un telaio resistente a momento
Spostamento orizzontale totale di un tipico
sottoassemblaggio trave-colonna:
Ricerche sperimentali su sotto-
assemblaggi trave-colonna hanno
mostrato che il comportamento
del pannello nodale è dominato
da distorsioni taglianti.
PVPFPAP 
Il momento di snervamento della molla è dato dal
prodotto tra il taglio del pannello e la sua altezza
Rigidezza di snervamento della molla rotazionaleLa rotazione di snervamento della molla è data dal rapporto
tra la deformazione di taglio del pannello e la sua altezza






G
F
dVM
y
Ky
byKy
55,0,
,

Introduzione Parte I Parte II Parte III 5Conclusioni
MODELLI PER IL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI NODI
Andrea Demin
1. Modello KRAWINKLER
Questo modello permette di predire la risposta
del pannello sulla base della conoscenza delle
sue caratteristiche geometriche e meccaniche:
Il modello meccanico è costituito
dall’anima della colonna, con
comportamento elasto-plastico
incrudente, circondata ai quattro
lati da elementi rigidi connessi ai
vertici con molle che
schematizzano l’effetto delle
piattabande della colonna sul
comportamento della zona
pannello.
  bcybyKy dtdFdVM  55,0,
G
F
G
dV y
P
by
Ky 


 55,0,

Ky
Ky
Ky
M
K
,
,
,


FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of Steel Moment-Frame Buildings”, Federal
Emergency Management Agency-355F, Washington D.C., Semptember 2000.
La molla del modello “Scissor”
risulterà essere circa 2 volte più rigida
e 1,43 volte più resistente di quella
del modello “Krawinkler”.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 6Conclusioni
MODELLI PER IL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI NODI
Andrea Demin
1. Modello SCISSOR
Il modello è composto da due elementi
rigidi (all’interno della zona pannello)
con una singola cerniera nel centro.
Come per il modello Krawinkler viene
utilizzata una molla rotazionale per
rappresentare il comportamento della
componente pannello.
Le proprietà della molla si determinano
da quelle trovate per il modello
Krawinkler tramite i termini α e β:
α rappresenta il rapporto tra l'effettiva
profondità della colonna e la lunghezza
della campata
β rappresenta il rapporto tra l'effettiva
profondità della trave e l’altezza della
colonna
 
 









2
,
,
,
,
1
1


Ky
Sy
Ky
Sy
K
K
M
M
con rigidezza post-snervamento
pari al 6% di quella elastica
FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of Steel Moment-Frame Buildings”, Federal
Emergency Management Agency-355F, Washington D.C., Semptember 2000.








2,0
1,0
H
d
L
d
b
c


Introduzione Parte I Parte II Parte III 7Conclusioni
MODELLI A CONFRONTO
Andrea Demin
Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc., U.S.A. (2004), “Modeling procedures for
panel zone deformations in moment resisting frames”, Amsterdam - June 3-4, 2004.
Cinematica del “modello Krawinkler” Cinematica del “modello Scissor”
In conclusione è possibile dire che modelli meccanici semplificati come il “modello Krawinkler”
e il “modello Scissor” sono estremamente efficaci nel rappresentare sia le deformazioni elastiche
che anelastiche nella zona pannello in strutture a telaio in acciaio.
Test approfonditi hanno dimostrato che queste differenze cinematiche non hanno un effetto
significativo sulla risposta. Infatti il “modello Scissor”, pur non modellando il reale
comportamento della regione del nodo, produce risultati essenzialmente identici a quelli di
“Krawinkler”.
APPLICAZIONE DEL MODELLO AD UN
TELAIO PIANO
Parte II
Elemento
strutturale
Profilo L elemento
(m)
Materiale
Colonna HE320A 3 S275
Trave IPE400 5 S275CERNIERE PLASTICHE
PRESSO-FLESSIONALI
Per modellare le non linearità di materiale sono state
definite delle cerniere plastiche secondo FEMA 356
(Federal Emergency Management Agency)CERNIERE PLASTICHE
FLESSIONALI
Introduzione Parte I Parte II Parte III 8Conclusioni
TELAIO PIANO
Andrea Demin
La struttura in esame è un telaio in acciaio a
due campate e tre piani. Le travi sono tutte
della stessa sezione (IPE400) e della stessa
lunghezza.
Anche per le colonne è stata utilizzata
un’unica sezione (HE320A), e sono tutte
della stessa altezza.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 9Conclusioni
TELAIO PIANO
Andrea Demin
0
50
100
150
200
250
300
0 0,001 0,002 0,003 0,004 0,005 0,006 0,007
M [KNm]
θ [-]
La relazione momento-rotazione
utilizzata per il giunto è di tipo
non lineare.
Modello Scissor
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
Taglioallabase[KN]
Spostamento ultimo piano [m]
NODI RIGIDI
NODI SEMI-RIGIDI
NODI CON CERNIERE
Dall’andamento di queste curve si intuisce che è molto importante caratterizzare con sufficiente
accuratezza il legame costitutivo dei nodi, poiché da essi dipende l’intero stato di sollecitazione
del sistema. Difatti, a seconda del tipo di giunto, varia non soltanto la risposta strutturale in
termini di spostamenti, ma anche quella in termini di sollecitazioni, nonché la rigidezza alla
traslazione dei telai.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 10Conclusioni
CURVA DI CAPACITA’
Andrea Demin
0
3
6
9
0,00 10,00 20,00 30,00 40,00
Hpiano
[m]
F [KN]
Distribuzione delle forze uniforme
Sono stati definiti tre tipi di telai:
• Telaio con nodi trave-colonna rigidi;
• Telaio con nodi trave-colonna a cerniera;
• Telaio con nodi trave-colonna semi-rigidi
Introduzione Parte I Parte II Parte III 11Conclusioni
CURVA DI CAPACITA’
Andrea Demin
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
Taglioallabase[KN]
Spostamento ultimo piano [m]
NODI RIGIDI
NODI SEMI-RIGIDI
NODI CON CERNIERE
L’analisi di push-over ci consente, quindi, di
individuare la risposta non-lineare della
struttura al crescere delle azioni laterali e
seguire la successione e l’evoluzione della
plasticizzazione nei vari componenti.
RIGIDISEMI-RIGIDI
CERNIERA
I tre modelli vengono confrontati allo
stesso spostamento laterale
Nel modello a nodi rigidi si ottiene il massimo
grado di plasticizzazione sia nelle travi che nelle
colonne.
Nel modello a nodi semi-rigidi le
travi risulteranno meno plasticizzate.
Nel modello a nodi cerniera la
plasticizzazione sarà esclusivamente
concentrata alla base del telaio.
APPLICAZIONE DEL MODELLO AD UNA
STRUTTURA COMPLESSA, “L’OSPEDALE”
Parte III
Introduzione Parte I Parte II Parte III 12Conclusioni
L’OSPEDALE
Andrea Demin
Necci S., Schwarz R., Valleriani D., “Esame di costruzioni metalliche: progetto di un edificio in acciaio adibito ad uso ospedaliero”,
Anno Accademico 2009-2010.
La struttura portante dell’opera
è interamente realizzata in
acciaio e sia per le travi che
per le colonne sono stati
impiegati profili a doppio T.
Sono stati inseriti controventi
verticali concentrici in
entrambe le direzioni
L’opera in esame è adibita ad uso ospedaliero. Risulta quindi essere una costruzione di notevole
importanza, non solo in relazione alle funzioni svolte, ma anche riguardo le dimensioni.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 13Conclusioni
NON LINEARITA’ UTILIZZATE NEL MODELLO
Andrea Demin
FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of buildings”, Federal Emergency Management
Agency-356, Washington D.C. (USA), November 2000.
• Le non linearità di materiale sono state considerate mediante l’introduzione di cerniere
plastiche definite secondo le indicazioni date dalle FEMA 356 (Federal Emergency
Management Agency):
con a, b e c parametri di
modellazione.
• Le non linearità geometriche sono state considerate tramite gli effetti P-Δ;
 cerniere assiali per i controventi;
 cerniere flessionali per le travi;
 cerniere presso-flessionali per le colonne.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 14Conclusioni
DEFINIZIONE DEI LEGAMI MOMENTO-ROTAZIONE DEI NODI
Andrea Demin
0
200
400
600
800
1000
1200
0 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01 0,012
M[KNm]
θ [-]
Tipo 1
Tipo 2
Tipo 3
Tipo 4
Tipo 5
Nodo Profilo
colonna
Acciaio My,K θy,K Ky,K My,S Ky,S Kincr,S θy,S θu,S Mu,S
[KNm] [-] [KNm] [KNm] [KNm] [KNm] [-] [-] [KNm]
Tipo 1 HE300B S355 257,73 0,00254 101565 299,69 137324 8239 0,00218 0,00873 353,63
Tipo 2 HE360M S450 821,20 0,00322 255297 969,16 355580 21335 0,00273 0,01090 1143,61
Tipo 3 HE340B S355 318,65 0,00254 125571 379,17 177802 10668 0,00213 0,00853 447,42
Tipo 4 HE300M S355 557,63 0,00254 219749 663,55 311154 18669 0,00213 0,00853 782,99
Tipo 5 HE340A S275 189,67 0,00197 96486 225,33 136187 8171 0,00165 0,00662 265,90
Modello Scissor
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb[KN]
dc [m]
C. di capacità senza effetti P-Δ
C.di capcità con effetti P-Δ
Curve di capacità del modello a nodi semi-rigidi
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
Tb[KN]
dc [m]
lineare (nodi rigidi)
pseudo-lineare (nodi rigidi)
softening (nodi rigidi)
lineare (nodi semi-rigidi)
pseudo-lineare (nodi semi-rigidi)
softening (nodi semi-rigidi)
Curve di capacità con effetti P-Δ
Introduzione Parte I Parte II Parte III 15Conclusioni
L’INFLUENZA DEGLI EFFETTI P-Δ SULLA CURVA DI CAPACITA’
Andrea Demin
Confrontando i due modelli con nodi rigidi e nodi semi-rigidi si può notare come:
• il tratto LINEARE e PSEUDO-LINEARE delle curve non subiscono variazioni significative;
• il tratto di SOFTENING della curva del modello a nodi semi-rigidi possiede una pendenza
minore, quindi si ha una riduzione della rigidezza globale della struttura.
Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione
longitudinale
Introduzione Parte I Parte II Parte III 16Conclusioni
EVOLUZIONE DELLA STRUTTURAA CRESCENTI LIVELLI DI ε
Andrea Demin
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb[KN]
dc [m]
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
N°Piano
U1 / Htot [%]
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,5 1 1,5 2
N°Piano
Drift [%]
Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione
longitudinale
Si può notare come, globalmente, al
crescere del cimento plastico della
struttura corrisponde un aumento in
termini di spostamenti di piano e di
drift di interpiano, in particolare tale
aumento è enfatizzato ai piani
inferiori della struttura.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 17Conclusioni
IMPORTANZA DELLA MODELLAZIONE AL VARIARE DELLO S. L.
Andrea Demin
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb[KN]
dc [m]
C. di capacità (nodi rigidi)
Punto di prestazione
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
Punto di prestazione
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3
N°Piano
Drift [%]
nodi rigidi
nodi semi-rigidi
Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione
longitudinale
SLO
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb[KN]
dc [m]
C. di capacità (nodi rigidi)
Punto di prestazione
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
Punto di prestazione
Introduzione Parte I Parte II Parte III 18Conclusioni
IMPORTANZA DELLA MODELLAZIONE AL VARIARE DELLO S. L.
Andrea Demin
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
N°Piano
Drift [%]
nodi rigidi
nodi semi-rigidi
Il Taglio alla base si
riduce del 10%
Il Drift aumenta
del 13%
Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione
longitudinale
SLC
Introduzione Parte I Parte II Parte III 19Conclusioni Andrea Demin
2. Al crescere del livello di deformazione la struttura subisce un incremento degli
spostamenti di piano e dei drift di interpiano a dimostrazione del maggiore cimento in
campo plastico della struttura. In particolare tale incremento è enfatizzato ai piani
inferiori.
3. Nelle modellazioni a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi, quando la struttura è soggetta a
terremoti di grande intensità, si hanno drift di interpiano differenti, infatti in
corrispondenza del 4° piano si ha un incremento del 13% del drift trovato con il modello
a nodi rigidi.
1. L’incremento degli spostamenti laterali aumenta la sensibilità della struttura agli effetti
del secondo ordine, per cui risulta necessario tener conto della presenza del pannello
nella modellazione.
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb[KN]
dc [m]
C. di capacità (nodi rigidi)
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
M
θ
DIREZIONE LONGITUDINALE
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE i
INDICE
INTRODUZIONE.........................................................................................1
1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO .............................................................3
1.1 - INTRODUZIONE........................................................................................3
1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI ...................................................................5
1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale...................................................5
1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale ...................................................6
1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna ....................6
1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI ..........................................7
1.4 - I TELAI PENDOLARI..................................................................................9
1.5 - LE UNIONI.............................................................................................. 10
1.5.1 – Classificazione........................................................................................................10
1.5.2 - Le unioni bullonate..................................................................................................10
1.5.3 - Le unioni saldate .....................................................................................................11
1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE....................................11
1.6.1 – Articolazioni e giunti..............................................................................................11
1.6.2 – Giunti intermedi......................................................................................................12
1.6.2.1 - Giunti trave-trave .............................................................................................12
1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna....................................................................................13
1.6.3 – Giunti d’estremità...................................................................................................14
1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna ................................................................................14
1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi....................................................................15
1.6.3.3 - Giunti di base....................................................................................................16
1.7 - BIBLIOGRAFIA ....................................................................................... 17
2 – COMPORTAMENTO E MODELLAZIONE DEI NODI SEMIRIGIDI
..................................................................................................................... 18
2.1 - INTRODUZIONE...................................................................................... 18
2.2 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO FEMA-355F ................................................ 19
2.2.1 - Modellazione dei telai in acciaio resistenti a momento per prestazioni predette ...19
2.2.1.1 – Introduzione .....................................................................................................19
2.2.1.2 – Modelli elastici lineari.....................................................................................20
2.2.1.2.1 – Modelli lineari centerline .............................................................................20
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE ii
2.2.1.2.2 – Modelli elastici con zone pannello incluse...................................................20
2.2.1.2.3 – Modelli non lineari centerline ......................................................................22
2.2.1.2.4 – Modelli non lineari con zone pannello .........................................................23
2.3 – PROCEDURE DI MODELLAZIONE PER LE DEFORMAZIONI DELLA ZONA
PANNELLO NEI TELAI RESISTENTI A MOMENTO ...........................................25
2.3.1 - Sommario ................................................................................................................25
2.3.2 – Introduzione............................................................................................................25
2.3.3 - Meccanismi del nodo colonna-trave .......................................................................25
2.3.4 - Drift totale nel sottoassemblaggio...........................................................................26
2.3.5 - Partecipazione della zona pannello nel drift totale del sottoassemblaggio.............27
2.3.6 - Resistenza a taglio della zona pannello...................................................................27
2.3.7 - Risposta forza-deformazione...................................................................................28
2.3.8 - Modello Krawinkler ................................................................................................28
2.3.9 - Modello Scissors .....................................................................................................30
2.3.10 - Confronto tra i modelli Krawinkler e Scissor .......................................................31
2.3.11 - Conclusioni............................................................................................................32
2.4 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO SAP2000 .................................................... 32
2.4.1 - Nodi-Zone pannello.................................................................................................32
2.4.1.1 - L’ elemento Nllink ............................................................................................35
2.4.1.1.1 - Sommario.......................................................................................................36
2.4.1.1.2 - Collegamento dei nodi...................................................................................36
2.4.1.1.3 - Elementi a lunghezza nulla............................................................................36
2.4.1.1.4 - Gradi di libertà..............................................................................................37
2.4.1.1.5 - Sistema di coordinate locale .........................................................................37
2.4.1.1.6 - Nlprop: proprietà generali............................................................................38
2.4.1.1.7 - Proprietà Nlprop di tipo non lineare.............................................................41
2.5 – BIBLIOGRAFIA....................................................................................... 46
3 - COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI TELAI IN ACCIAIO ...47
3.1 – INTRODUZIONE ..................................................................................... 47
3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE........................................................ 48
3.2.1 - L’effetto PΔ...........................................................................................................49
3.2.2 - L’effetto P ...........................................................................................................50
3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000...............................................51
3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements...................................................................51
3.2.4 - Effetto P-δ nel SAP 2000........................................................................................53
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE iii
3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ.............................................................55
3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna......................................................................55
3.2.6 - Opzioni del SAP 2000.............................................................................................55
3.2.6.1 - Effetti P-δ..........................................................................................................55
3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine ........................................................................55
3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE ........................................................ 57
3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata .....................................................................57
3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica.................................................................................58
3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo ..........................................................59
3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000 ...........................63
3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente
asimmetrico secondo FEMA 356....................................................................................63
3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera...........................................................63
3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo
FEMA356........................................................................................................................68
3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera...........................................................68
3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico
incrudente secondo FEMA 356.......................................................................................73
3.3.3.3.1 - Dominio di interazione..................................................................................73
3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera...........................................................75
3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI........................ 82
3.5 – BIBLIOGRAFIA....................................................................................... 85
4 - ANALISI NON LINEARE STATICA.................................................. 86
4.1 – INTRODUZIONE ..................................................................................... 86
4.2 - SISTEMI SDOF ........................................................................................ 87
4.3 - SISTEMI MDOF ....................................................................................... 88
4.4 – CURVA DI CAPACITA’............................................................................89
4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità.........................................91
4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA.92
4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008 ....................................................92
4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità spaziale
del moto ..............................................................................................................................93
4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008 ...............93
4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
CONVENZIONALI .......................................................................................... 95
4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme .......................................96
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_________________________________________________________________________
INDICE iv
4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo
fondamentale di vibrare......................................................................................................97
4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
MULTIMODALE............................................................................................. 98
4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA)............................................................................99
4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale..............................................101
4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA..........................................................102
4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA TRIDIMENSIONALE .......... 103
4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000 ................................................... 104
4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000.................................................................................104
4.9.1.1 - Salvataggio di più steps..................................................................................104
4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati....................................................104
4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi ...................................................................106
4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico................................106
4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step ..........................................................109
4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione.....................................................109
4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event”.....................................................109
4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000.......................................109
4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura...........................................................................110
4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale.................................................................110
4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante ...........................................................111
4.10 – BIBLIOGRAFIA ................................................................................... 112
5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA ............................................ 113
5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA.................................................................. 113
5.1.1 - Collocamento geografico ......................................................................................113
5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica...........................................................................113
5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale.................................................................................114
5.1.3.1 – Solaio .............................................................................................................115
5.1.3.2 – Colonne..........................................................................................................116
5.1.3.3 – Controventi ....................................................................................................116
5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore..................................................................................117
5.1.3.5 – Fondazioni .....................................................................................................118
5.1.4 – Materiali................................................................................................................118
5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica ...................................................................118
5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni...................................................................119
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INDICE v
5.1.4.3 - Acciai speciali.................................................................................................119
5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato...........................................................................119
5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso ...................................................120
5.1.4.6 – Calcestruzzo...................................................................................................120
5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale............................................................................121
5.2 – AZIONI................................................................................................. 121
5.2.1 - Carichi verticali.....................................................................................................121
5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali ............................................122
5.2.1.2 - Carico Antropico............................................................................................123
5.2.2 – Azione sismica......................................................................................................123
5.2.2.1 – Combinazione delle azioni.............................................................................125
5.3 - SCELTE PROGETTUALI......................................................................... 126
5.3.1 - Scelte progettuali globali.......................................................................................126
5.3.2 - Scelte progettuali locali.........................................................................................126
5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI ............................... 130
5.4.1 - Modellazione del solaio ........................................................................................130
5.4.2 - Modellazione delle travi........................................................................................132
5.4.3 - Modellazione delle colonne ..................................................................................135
5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi...................................................135
5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA................................................... 136
5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche...................................................................137
5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali...............................................................................137
5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo) ..................................138
5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto) ...................................142
5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali.........................................................................148
5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali .............................................................149
5.5.2 - Modellazione dei nodi semi-rigidi ........................................................................151
5.6 – BIBLIOGRAFIA..................................................................................... 157
6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE .............. 158
6.1 – IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO E PARAMETRI DI ANALISI ... 158
6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE ................. 160
6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ................................................171
6.2.1.1 - Stima del performance point allo SLC ...........................................................171
6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X...................................................................171
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INDICE vi
6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ...................................................................176
6.2.1.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC....180
6.2.1.2.1 - Direzione X..................................................................................................180
6.2.1.2.2 - Direzione Y ..................................................................................................181
6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata
del I modo principale di vibrare .......................................................................................182
6.2.2.1 - Stima del performance point allo SLC ...........................................................182
6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X...................................................................182
6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ...................................................................183
6.2.2.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC....184
6.2.2.2.1 - Direzione X..................................................................................................184
6.2.2.2.2 - Direzione Y ..................................................................................................185
6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata
dei modi di vibrare principali (MPA)...............................................................................186
6.2.3.1 - Stima del performance point allo SLC ...........................................................186
6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X...................................................................186
6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ...................................................................186
6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ .......................................................................188
6.2.4.1 - Stima del performance point allo SLC ...........................................................188
6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X...................................................................188
6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ...................................................................189
6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI ........................... 189
6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi sul
performance point allo SLC .............................................................................................190
6.3.2 - L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi e a
nodi semi-rigidi per il CASO 1 e il CASO 2....................................................................192
6.3.3 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano nei
modelli a nodi rigidi e a nodi semirigidi ..........................................................................195
6.3.4 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due analisi
..........................................................................................................................................197
6.3.5 - Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a crescenti
livelli di deformazione......................................................................................................200
6.3.6 - L’importanza della modellazione a nodi semirigidi al variare dello stato limite. 202
APPENDICE A - CERNIERE PLASTICHE E CURVA DI CAPACITA’
................................................................................................................... 205
A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE............................................... 205
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INDICE vii
A.1.1 – Materiale..............................................................................................................205
A.1.2 – Cerniera plastica assiale.......................................................................................206
A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ...............................................................................207
A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico...............................................209
A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................209
A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................211
A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico.............................................212
A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................212
A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................215
A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3) .................217
A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3...217
A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................218
A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................220
A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico...........................222
A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................222
A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................226
A.1.8 - MODELLO 5: legame secondo FEMA 356 ........................................................227
A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................227
A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................232
A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE........ 234
A.2.1 – Materiale..............................................................................................................234
A.2.2 - Cerniera plastica assiale .......................................................................................234
A.2.3 – Modello trave tesa................................................................................................235
A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1 ..................235
A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5..................238
A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5........241
A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli ...............................................................................244
A.2.3.5 – Conclusioni....................................................................................................245
A.3 - MODELLO TRAVE................................................................................ 246
A.3.1 – Materiale..............................................................................................................246
A.3.2 – Cerniera plastica assiale.......................................................................................246
A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ...............................................................................248
A.3.4 - Modello trave tesa ................................................................................................248
A.3.4.1 - Risultati dell’analisi.......................................................................................248
A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto.......................................................................249
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_________________________________________________________________________
INDICE viii
A.3.4.3 - Curva di capacità...........................................................................................251
A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D ............................................ 254
A.4.1 – Materiale..............................................................................................................254
A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi .............................................................255
A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ...............................................................................257
A.4.4 - Risultati dell’analisi..............................................................................................257
A.4.5 - Modelli a confronto..............................................................................................259
A.4.5.1 - Curva di capacità...........................................................................................263
A.4 - BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 266
APPENDICE B - APPLICAZIONE DEL METODO N2........................ 267
B.1 – INTRODUZIONE................................................................................... 267
B.2 - MODELLO TELAIO REGOLARE IN ALTEZZA......................................... 268
B.2.1 – Materiale ..............................................................................................................268
B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356.................................................269
B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale secondo FEMA 356 ...........................................269
B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................269
B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso-flessionale secondo FEMA 356 ...........................276
B.2.2.2.1 - Dominio di interazione................................................................................276
B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera ........................................................280
B.2.3 - Analisi PUSHOVER.............................................................................................303
B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse.........................................305
B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del primo modo di vibrare...........................................................................310
B.3 – BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 315
APPENDICE C - APPLICAZIONE DEL METODO MPA.................... 316
C.1 – INTRODUZIONE................................................................................... 316
C.2 - MODELLO TELAIO IRREGOLARE IN ALTEZZA...................................... 316
C.2.1 – Materiale ..............................................................................................................317
C.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356.............................................318
C.2.3 - Analisi PUSHOVER.............................................................................................318
C.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse.........................................323
C.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del primo modo di vibrare...........................................................................328
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_________________________________________________________________________
INDICE ix
C.2.3.3 - CASO 3: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del secondo modo di vibrare .......................................................................333
C.2.3.4 - CASO 4: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del terzo modo di vibrare ............................................................................338
C.2.3.5 - Combinazione dei risultati e confronti ..........................................................344
C.3 – BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 345
APPENDICE D - TELAIO A NODI SEMI-RIGIDI ............................... 346
D.1 – MODELLO UTILIZZATO PER LA ZONA PANNELLO............................... 346
D.2 - TELAIO 2D........................................................................................... 348
D.2.1 – Materiale..............................................................................................................348
D.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356.............................................349
D.2.3 - Modellazione nodi semi-rigidi .............................................................................349
D.2.4 - Analisi PUSHOVER ............................................................................................352
D.2.4.1 - Confronti dei tre modelli ...............................................................................355
D.3 – BIBLIOGRAFIA.................................................................................... 359
CONCLUSIONI........................................................................................ 360
BIBLIOGRAFIA....................................................................................... 362
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INDICE x
INTRODUZIONE
1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO
1.1 - INTRODUZIONE
1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI
1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale
1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale
1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna
1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI
1.4 - I TELAI PENDOLARI
1.5 - LE UNIONI
1.5.1 – Classificazione
1.5.2 - Le unioni bullonate
1.5.3 - Le unioni saldate
1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE
1.6.1 – Articolazioni e giunti
1.6.2 – Giunti intermedi
1.6.2.1 - Giunti trave-trave
1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna
1.6.3 – Giunti d’estremità
1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna
1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi
1.6.3.3 - Giunti di base
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_________________________________________________________________________
INDICE xi
1.7 - BIBLIOGRAFIA
2 – COMPORTAMENTO E MODELLAZIONE DEI NODI SEMI-RIGIDI
2.1 - INTRODUZIONE
2.2 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO FEMA-355F
2.2.1 - Modellazione dei telai in acciaio resistenti a momento per prestazioni
predette
2.2.1.1 – Introduzione
2.2.1.2 – Modelli elastici lineari
2.2.1.2.1 – Modelli lineari centerline
2.2.1.2.2 – Modelli elastici con zone pannello incluse
2.2.1.2.3 – Modelli non lineari centerline
2.2.1.2.4 – Modelli non lineari con zone pannello
2.3 – PROCEDURE DI MODELLAZIONE PER LE DEFORMAZIONI DELLA ZONA
PANNELLO NEI TELAI RESISTENTI A MOMENTO
2.3.1 - Sommario
2.3.2 – Introduzione
2.3.3 - Meccanismi del nodo colonna-trave
2.3.4 - Drift totale nel sottoassemblaggio
2.3.5 - Partecipazione della zona pannello nel drift totale del sottoassemblaggio
2.3.6 - Resistenza a taglio della zona pannello
2.3.7 - Risposta forza-deformazione
2.3.8 - Modello Krawinkler
2.3.9 - Modello Scissors
2.3.10 - Confronto tra i modelli Krawinkler e Scissor
2.3.11 - Conclusioni
2.4 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO SAP2000
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INDICE xii
2.4.1 - Nodi-Zone pannello
2.4.1.1 - L’ elemento Nllink
2.4.1.1.1 - Sommario
2.4.1.1.2 - Collegamento dei nodi
2.4.1.1.3 - Elementi a lunghezza nulla
2.4.1.1.4 - Gradi di libertà
2.4.1.1.5 - Sistema di coordinate locale
2.4.1.1.6 - Nlprop: proprietà generali
2.4.1.1.7 - Proprietà Nlprop di tipo non lineare
2.5 – BIBLIOGRAFIA
3 - ASPETTI DEL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI TELAI IN
ACCIAIO
3.1 – INTRODUZIONE
3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE
3.2.1 - L’effetto PΔ
3.2.2 - L’effetto P
3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000
3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements
3.2.4 - Effetto P-δ
3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ
3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna
3.2.6 - Opzioni del SAP 2000
3.2.6.1 - Effetti P-δ
3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine
3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE
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INDICE xiii
3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata
3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica
3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo
3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000
3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente
asimmetrico secondo FEMA 356
3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera
3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo
FEMA356
3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera
3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico
incrudente secondo FEMA 356
3.3.3.3.1 - Dominio di interazione
3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera
3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI
3.5 – BIBLIOGRAFIA
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INDICE xiv
4 - ANALISI NON LINEARE STATICA
4.1 – INTRODUZIONE
4.2 - SISTEMI SDOF
4.3 - SISTEMI MDOF
4.4 – CURVA DI CAPACITA’
4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità
4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA
4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008
4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità
spaziale del moto
4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008
4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
CONVENZIONALI
4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme
4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo
fondamentale di vibrare
4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
MULTIMODALE
4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA)
4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale
4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA
4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA SPAZIALE
4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000
4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000
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INDICE xv
4.9.1.1 - Salvataggio di più steps
4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati
4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi
4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico
4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step
4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione
4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event”
4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000
4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura
4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale
4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante
4.10 – BIBLIOGRAFIA
5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA
5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA
5.1.1 - Collocamento geografico
5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica
5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale
5.1.3.1 – Solaio
5.1.3.2 – Colonne
5.1.3.3 – Controventi
5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore
5.1.3.5 – Fondazioni
5.1.4 – Materiali
5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica
5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni
5.1.4.3 - Acciai speciali
5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato
5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso
5.1.4.6 – Calcestruzzo
5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale
5.2 – AZIONI
5.2.1 - Carichi verticali
5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali
5.2.1.2 - Carico Antropico
5.2.2 – Azione sismica
5.2.2.1 – Combinazione delle azioni
5.3 - SCELTE PROGETTUALI
5.3.1 - Scelte progettuali globali
5.3.2 - Scelte progettuali locali
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INDICE xvi
5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI
5.4.1 - Modellazione del solaio
5.4.2 - Modellazione delle travi
5.4.3 - Modellazione delle colonne
5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi
5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA
5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche
5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali
5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo)
5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto)
5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali
5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali
5.5.2 - Modellazione dei nodi semi-rigidi
5.6 – BIBLIOGRAFIA
6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE
6.1 – IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO E PARAMETRI DI ANALISI
6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE
6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse
6.2.1.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X
6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
6.2.1.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC
6.2.1.2.1 - Direzione X
6.2.1.2.2 - Direzione Y
6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del I modo principale di vibrare
6.2.2.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X
6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
6.2.2.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC
6.2.2.2.1 - Direzione X
6.2.2.2.2 - Direzione Y
6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata dei modi di vibrare principali (MPA)
6.2.3.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X
6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
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INDICE xvii
6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ
6.2.4.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X
6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
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INDICE xviii
6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI
6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e
quindi sul performance point allo SLC
6.3.2 - L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi
e a nodi semi-rigidi per il CASO 1 e il CASO 2
6.3.3 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di
piano nei modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi
6.3.4 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da
due analisi
6.3.5 - Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a
crescenti livelli di deformazione
6.3.6 - L’importanza della modellazione a nodi semi-rigidi al variare dello stato
limite
CONCLUSIONI
APPENDICE A: CERNIERE PLASTICHE E CURVA DI CAPACITA’
A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE
A.1.1 – Materiale
A.1.2 – Cerniera plastica assiale
A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER
A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico
A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera
A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico
A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera
A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3)
A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3
A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera
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INDICE xix
A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo EC3
A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera
A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.1.8 - MODELLO 5: legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo
FEMA 356
A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera
A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE
A.2.1 – Materiale
A.2.2 - Cerniera plastica assiale
A.2.3 – Modello trave tesa
A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1
A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5
A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5
A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli
A.2.3.5 – Conclusioni
A.3 - MODELLO TRAVE
A.3.1 – Materiale
A.3.2 – Cerniera plastica assiale
A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER
A.3.4 - Modello trave tesa
A.3.4.1 - Risultati dell’analisi
A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto
A.3.4.3 - Curva di capacità
A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D
A.4.1 – Materiale
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INDICE xx
A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi
A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER
A.4.4 - Risultati dell’analisi
A.4.5 - Modelli a confronto
A.4.5.1 - Curva di capacità
A.4 - BIBLIOGRAFIA
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INDICE xxi
APPENDICE B - METODO N2 (FAJFAR-1999)
B.1 – INTRODUZIONE
B.2 - MODELLO TELAIO
B.2.1 – Materiale
B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356
B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo
FEMA 356
B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera
B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico
incrudente secondo FEMA 356
B.2.2.2.1 - Dominio di interazione
B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera
B.2.3 - Analisi PUSHOVER
B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse
B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del primo modo di vibrare
B.3 – BIBLIOGRAFIA
APPENDICE C - APPLICAZIONE DEL METODO MPA
C.1 – INTRODUZIONE
C.2 - MODELLO TELAIO
C.2.1 – Materiale
C.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356
C.2.3 - Analisi PUSHOVER
C.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse
C.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del primo modo di vibrare
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INDICE xxii
C.2.3.3 - CASO 3: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del secondo modo di vibrare
C.2.3.4 - CASO 4: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del terzo modo di vibrare
C.2.3.5 - Combinazione dei risultati e confronti
C.3 – BIBLIOGRAFIA
APPENDICE D - TELAI A NODI SEMI-RIGIDI
D.1 – MODELLO UTILIZZATO PER LA ZONA PANNELLO
D.2 - TELAIO 2D
D.2.1 – Materiale
D.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356
D.2.3 - Modellazione nodi semi-rigidi
D.2.4 - Analisi PUSHOVER
D.2.4.1 - Confronti dei tre modelli
D.3 – BIBLIOGRAFIA
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INTRODUZIONE 1
INTRODUZIONE
L’elevato numero di edifici crollati o fortemente danneggiati e le numerose vittime occorse
durante il terremoto di Northridge (1994), dovuti ad un’imprevista rottura fragile dei
collegamenti e delle membrature, hanno suscitato grande attenzione in tutta la comunità
scientifica.
Questo comportamento non era previsto dalle correnti procedure di progettazione e il cattivo
funzionamento dei nodi e degli elementi strutturali ha compromesso seriamente l’immagine
delle costruzioni in acciaio, finora considerato il materiale per eccellenza per le strutture
sismoresistenti.
Per una valutazione più accurata del comportamento globale e della capacità resistente dei
collegamenti nelle strutture in acciaio, i nodi trave-colonna sono stati modellati come nodi
semi-rigidi attraverso il software di calcolo agli elementi finiti SAP2000®
. Tale
modellazione è importante nei casi in cui si richieda di valutare in maniera accurata gli
effetti delle deformazioni locali, che si sviluppano all’interno dei collegamenti in seguito
alle azioni taglianti e flettenti. Infatti, tali effetti possono avere un’influenza considerevole
sulla distribuzione delle azioni interne negli elementi strutturali, sulla stabilità delle
membrature e sugli spostamenti della struttura.
La rigidezza di una struttura intelaiata d’acciaio può essere sovrastimata se non si tiene
conto, in fase d’analisi, della deformabilità tagliante dei pannelli di giunto.
Tuttavia, l’errore che si compie, per le tipologie e le geometrie dei telai tipicamente usate
negli edifici d’acciaio, non è molto grande, perché di solito l’analisi è effettuata nell’ipotesi
che le dimensioni dei pannelli nodali siano trascurabili, cioè considerando il telaio
rappresentato dagli assi baricentrici degli elementi strutturali componenti, quindi ai vari
elementi è attribuita una lunghezza maggiore di quell’effettiva, che si traduce in una
maggiore deformabilità del telaio. Nelle modellazioni più accurate, invece, si considerano le
dimensioni finite del nodo, per questo la deformabilità delle membrature dipende, in tal
caso, dalla lunghezza libera delle aste.
Il lavoro svolto in questa tesi ha l’obiettivo di esaminare gli effetti che le deformazioni delle
zone pannello esplicano sulla stabilità del telaio e l’influenza che ha la modellazione del
nodo sul comportamento sismico dei telai in acciaio quando si cimentano in campo
plastico.
Nel primo capitolo vengono descritte in maniera sintetica le strutture in acciaio. Il buon
comportamento di queste strutture in caso di eventi sismici è comprovato dall’esperienza. I
collassi globali e gli alti numeri di vittime sono per lo più associati all’uso di altri materiali.
Le strutture in acciaio sono particolarmente adatte a garantire la possibilità di dissipazione
dell’energia, per le seguenti ragioni:
 la duttilità dell’acciaio come materiale;
 i numerosi meccanismi duttili possibili negli elementi in acciaio e nelle loro
giunzioni;
 la riproducibilità dei meccanismi plastici a livello locale;
 l’affidabilità delle proprietà geometriche.
In questo capitolo vengono introdotte la classificazione dei telai, i metodi di analisi dei
sistemi intelaiati, i telai pendolari, le unioni e le giunzioni nelle strutture metalliche.
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INTRODUZIONE 2
Nel secondo capitolo viene presentato il tema su cui si articola lo svolgimento della tesi: il
comportamento e la modellazione dei nodi semi-rigidi. La modellazione di questo tipo di
nodi viene affrontata da diverse normative.
Il terzo capitolo tratta gli aspetti del comportamento non lineare dei telai in acciaio. Le non
linearità utilizzate sono:
 le non linearità geometriche, che sono state considerate tramite gli effetti P-Δ;
 le non linearità di materiale, che sono state considerate mediante l’introduzione di
cerniere plastiche definite secondo la FEMA 356 (Federal Emergency Management
Agency):
o cerniere assiali per i controventi;
o cerniere flessionali per le travi;
o cerniere presso-flessionali per le colonne.
Nel quarto capitolo viene descritta l’analisi non lineare statica con distribuzioni di forze
laterali convenzionali (Norme Tecniche per le Costruzioni, Decreto Ministeriale
14/01/2008) e quella con distribuzione di forze laterali multimodale (Modal Pushover
Analysis, Chopra e Goel [2001]). Quest’ultima distribuzione è stata definita poiché l’analisi
pushover basata sul metodo N2 convenzionale non è direttamente applicabile agli edifici
irregolari in altezza, ovvero per edifici disomogenei nella distribuzione delle masse e delle
rigidezze lungo l’altezza, dove non è soddisfatta l’ipotesi di poter assimilare la risposta
strutturale ad un unico modo di vibrare fondamentale. Infatti, l’irregolarità in altezza,
provoca una risposta dinamica caratterizzata non da un unico modo di vibrare che attiva la
quasi totalità della massa, come invece accade per le strutture regolari, ma da più modi che
attivano ciascuno una significativa percentuale della massa totale.
Il quinto capitolo tratta la descrizione della struttura, ovvero:
 la descrizione dell’opera:
o collocamento geografico;
o caratterizzazione architettonica;
o caratterizzazione strutturale.
 le azioni:
o carichi verticali;
o azione sismica.
 le scelte progettuali:
o globali;
o locali.
 la modellazione degli elementi strutturali;
 la modellazione della struttura:
o modellazione delle cerniere plastiche;
o modellazione dei nodi semi-rigidi.
Infine, nel sesto capitolo, vengono proposti i risultati ottenuti dall’analisi non lineare statica
dell’ospedale modellato con nodi semi-rigidi. I risultati vengono poi confrontati con quelli
ottenuti con una modellazione dell’ospedale a nodi rigidi.
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CAPITOLO 1 3
1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO
1.1 – INTRODUZIONE [1]
Il buon comportamento delle strutture in acciaio in caso di eventi sismici è comprovato
dall’esperienza. I collassi globali e gli alti numeri di vittime sono per lo più associati all’uso
di altri materiali. Ciò si spiega con alcune delle caratteristiche specifiche delle strutture di
acciaio.
Esistono due modi per resistere all’azione sismica:
1. strutture composte di sezioni sufficientemente tozze da essere soggette solo alle
sollecitazioni elastiche;
2. strutture realizzate con sezioni di minori dimensioni, concepite per formare numerose
zone plastiche.
Le strutture progettate in base alla prima opzione sono pesanti, e possono non garantire un
margine di sicurezza in caso di azione sismica più forte del previsto, in quanto il collasso
degli elementi non è duttile. In questo caso il comportamento globale della struttura è
“fragile”, e corrisponde al concetto a) del diagramma taglio alla base V - spostamento in
sommità d, schematizzato nella figura. In una struttura concepita in base alla seconda
opzione, determinate parti sono intenzionalmente progettate in modo da subire deformazioni
plastiche cicliche senza collassare, e la struttura nel suo complesso è tale da subire la
deformazione plastica solo in quelle particolari zone.
Figura 1.1 - Esempi di comportamento strutturale globale “dissipativo” e “non dissipativo”. La struttura “non
dissipativa” collassa a livello di un singolo piano [1]
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CAPITOLO 1 4
Il comportamento globale della struttura è ‘duttile’, e corrisponde al concetto b) del
diagramma V-d della figura. La struttura, nelle zone plastiche, è in grado di dissipare una
quantità significativa di energia, rappresentata dall’area sottesa alla curva V-d. Per questa
ragione si dice che le due opzioni progettuali determinano la costruzione di strutture
‘dissipative’ e ‘non dissipative’.
Il comportamento duttile, che offre una maggiore capacità di deformazione, è in genere il
modo migliore per resistere all’azione dei terremoti. Una delle ragioni è il fatto che le nostre
conoscenze delle azioni sismiche reali e le analisi che conduciamo soffrono ancora di molti
elementi di incertezza, e dunque il terremoto e/o i suoi effetti possono essere più forti di
quanto prevediamo. Se si garantisce un comportamento duttile, le energie in eccesso
possono essere facilmente assorbite tramite una maggiore dissipazione, grazie alla
deformazione plastica dei componenti strutturali.
Le strutture in acciaio sono particolarmente adatte a garantire la possibilità di dissipazione
dell’energia, per le seguenti ragioni:
 la duttilità dell’acciaio come materiale;
 i numerosi meccanismi duttili possibili negli elementi in acciaio e nelle loro
giunzioni;
 la riproducibilità dei meccanismi plastici a livello locale;
 l’affidabilità delle proprietà geometriche;
 una resistenza flessionale degli elementi strutturali relativamente poco sensibile alla
presenza di forze assiali coincidenti.
La varietà dei possibili meccanismi di dissipazione energetica e l’affidabilità di ciascuno di
essi sono le caratteristiche fondamentali alla base dell’eccellente comportamento sismico
delle strutture in acciaio. Esistono anche altri fattori tipici a garanzia dell’affidabilità
antisismica:
 la resistenza del materiale è garantita dai controlli di produzione;
 progetti e costruzioni opera di professionisti.
Nelle zone sismiche, le strutture in acciaio presentano l’ulteriore vantaggio della loro
flessibilità e leggerezza. Le strutture più rigide e più pesanti attraggono forze maggiori
quando sono colpite da un sisma. Le strutture in acciaio sono generalmente più flessibili e
leggere di altri tipi, le forze nella struttura e nelle sue fondazioni sono pertanto minori.
Questa riduzione delle forze di progetto riduce notevolmente il costo della sovrastruttura e
delle fondamenta di una costruzione. Le strutture in acciaio sono normalmente leggere in
confronto a quelle realizzate con altri materiali. Le forze sismiche sono associate all’inerzia,
quindi sono collegate alla massa della struttura: riducendo la massa si riducono
automaticamente le forze sismiche di progetto. Alcune strutture di acciaio sono addirittura
così leggere da rendere non indispensabile la progettazione antisismica. Questo vale in
particolare per i palazzetti sportivi o i capannoni industriali, che creano un involucro attorno
ad un grande volume, così che il peso per unità di superficie è limitato, e la progettazione è
in genere incentrata sulle forze eoliche, non sismiche. Ciò significa che una costruzione
progettata per i carichi gravitazionali ed eolici offre implicitamente una sufficiente
resistenza antisismica. Si spiega quindi perché, nei terremoti del passato, questi edifici
abbiano dimostrato di offrire prestazioni molto migliori di quelli costruiti in materiali
pesanti.
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CAPITOLO 1 5
1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI [2]
I sistemi intelaiati in acciaio possono essere classificati con riferimento a diversi criteri,
ognuno dei quali associato a precise finalità.
E’ possibile individuare come elementi discriminanti per la classificazione dei telai:
 la tipologia strutturale: si distinguono telai controventati e telai non controventati in
base alla presenza o meno di uno specifico sistema strutturale in grado di trasferire in
fondazione tutte le azioni orizzontali;
Figura 1.2 - Sistema intelaiato tridimensionale; Modello di telaio piano [2]
 il comportamento nei confronti della stabilità trasversale: si distinguono telai a nodi
fissi e telai a nodi mobili a seconda dell’influenza che hanno gli effetti del secondo
ordine sulla risposta del sistema strutturale;
 il grado di continuità associato ai nodi trave-colonna: si distinguono telai pendolari,
telai a nodi rigidi e telai semi-continui sulla base del comportamento dei giunti trave-
colonna.
Si osservi che i tre criteri di classificazione sono tra loro indipendenti e devono essere
comunque considerati distintamente per avere corrette indicazioni relative alle procedure
progettuali da seguire.
1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale
La distinzione tra telai controventati e telai non controventati è legata alla presenza o
all’assenza di uno specifico sistema strutturale (il sistema di controvento) in grado di
trasferire in fondazione tutte le azioni orizzontali dovute al vento o al sisma, oppure
associate alle imperfezioni strutturali.
Sulla base delle indicazioni riportate nell’EC3, il sistema di controvento viene individuato
come quella parte della struttura che è in grado di ridurre gli spostamenti trasversali del
sistema strutturale almeno dell’80%. In modo del tutto equivalente, il sistema strutturale è
controventato se la rigidezza trasversale dell’organismo che funge da controvento è almeno
5 volte quella del telaio.
Il controvento può essere realizzato mediante specifici sistemi in acciaio. In assenza del
sistema di controvento, il telaio è allora non controventato e devono essere presenti elementi
per il trasferimento in fondazione anche di tutte le azioni orizzontali (usualmente gli
elementi già preposti ad assorbire i carichi verticali).
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CAPITOLO 1 6
Il sistema di controvento deve essere progettato per resistere a:
 tutte le azioni orizzontali direttamente applicate al telaio;
 tutte le azioni orizzontali direttamente applicate al sistema di controvento;
 tutti gli effetti legati alle imperfezioni laterali iniziali derivanti sia dal sistema di
controvento sia da tutti i telai che questo controventa (tali effetti possono essere
considerati in forma di imperfezioni geometriche equivalenti oppure come azioni
orizzontali addizionali).
Nel caso in cui il telaio sia controventato, la progettazione risulta semplificata in quanto,
con riferimento alla generica situazione di carico, è possibile operare il dimensionamento
del sistema privo di controvento per tutti i soli carichi verticali e del controvento per tutte le
azioni verticali e orizzontali che gravano su esso.
1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale
La distinzione tra telai a nodi fissi e telai a nodi mobili è legata alla stabilità trasversale del
sistema strutturale, ossia alla rilevanza degli effetti del secondo ordine sulla risposta
strutturale in termini di spostamenti trasversali (e, di conseguenza, anche in termini di azioni
flettenti e taglianti addizionali). Dal punto di vista puramente teorico, ogni telaio non
controventato, essendo realizzato da aste industriali, ossia da elementi dotati di imperfezioni
(meccaniche e geometriche), è a rigore, a nodi mobili e quindi per qualsiasi condizione di
carico si generano sempre spostamenti trasversali. Dal punto di vista progettuale invece,
sulla base dell’entità e della rilevanza di questi spostamenti trasversali, la struttura può
essere considerata:
 a nodi fissi, se gli spostamenti trasversali sono tanto piccoli da potere risultare
ininfluenti sui valori delle azioni interne (per esempio, in assenza di controvento
quando le colonne hanno grande inerzia flessionale o le forze trasversali sono molto
ridotte);
 a nodi mobili, se gli spostamenti trasversali sono invece influenti sui valori delle
azioni interne (per esempio, in assenza di controvento quando le colonne sono invece
molto snelle o le azioni orizzontali sono molto grandi).
1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna
Il grado di continuità flessionale garantito dai giunti trave-colonna influisce in modo
sensibile sul comportamento dell’intero sistema strutturale. In dettaglio, sulla base della
risposta del giunto in termini di curva M-Φ, ossia di relazione momento M nel giunto e la
rotazione relativa tra trave e colonna Φ, si possono individuare le seguenti tipologie
strutturali:
 telaio pendolare, in cui ogni giunto è schematizzabile come una cerniera e pertanto
sono ammesse rotazioni relative tra trave e colonna senza trasmissione dell’azione
flettente.
 telaio a nodi rigidi, in cui ogni giunto non consente alcuna rotazione relativa tra la
trave e la colonna e viene quindi trasmessa azione flettente tra questi due elementi;
 telaio semi-continuo (ossia telaio con giunti semi-rigidi), in cui ogni giunto consente
una rotazione relativa tra trave e colonna e al contempo trasmette azione flettente.
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CAPITOLO 1 7
Figura 1.3 - a) Definizione di momento e rotazione del giunto [2]
b) Tipiche relazioni momento-rotazione
In passato la progettazione veniva prevalentemente basata soltanto sui modelli di telaio
pendolare o di telai a nodi rigidi. Adottando il modello pendolare non viene considerato
alcun grado di continuità flessionale dei nodi. Si può quindi a volte trascurare (anche
pericolosamente) l’azione flettente che viene in realtà trasmessa alle colonne. In aggiunta, si
tende a sovradimensionare la trave in acciaio che è soggetta infatti soltanto ad azioni
flettenti positive. Utilizzando invece il modello a nodi rigidi si sovrastima la rigidezza
laterale del telaio nei confronti delle azioni orizzontali, riferendosi quindi, in fase di
progettazione, a spostamenti trasversali inferiori a quelli che effettivamente si manifestano e
si sottodimensiona la trave.
Figura 1.4 - Tipiche relazioni adimensionalizzate momento-rotazione e loro classificazione [2]
Ogni tipo di giunto trave-colonna è caratterizzato da un preciso valore di rigidezza
rotazionale e di capacità portante flessionale. Il modello di telaio semi-continuo consente
una progettazione basata su ipotesi maggiormente rispondenti all’effettivo comportamento
della struttura.
1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI [2]
L’analisi strutturale è finalizzata alla determinazione delle azioni interne associate alle
combinazioni di carico maggiormente significative e può essere effettuata con gradi di
raffinatezza e complessità diversi a seconda dell’importanza e della tipologia del sistema
portante in esame. Nella maggior parte dei casi i codici commerciali disponibili per il
calcolo automatico consentono di effettuare un’analisi elastica del I ordine, ossia con le
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CAPITOLO 1 8
limitazioni associate all’assunzione dell’ipotesi di piccoli spostamenti e deformazioni
infinitesime (con un’analisi di questo tipo, le azioni interne sulla struttura vengono
determinate riferendosi alla sua configurazione indeformata). In situazioni particolari può
però rendersi necessario considerare:
 la non linearità meccanica: ossia tenere conto che il materiale acciaio che realizza gli
elementi monodimensionali ha un legame costitutivo non lineare (schematizzabile, in
via semplificata, come elasto-plastico, perfetto od incrudente) e che i giunti trave-
colonna e i giunti di base hanno una risposta, in termini di legge momento-rotazione,
tipicamente non lineare.
 la non linearità geometrica: ossia tenere in conto gli effetti del secondo ordine in
quanto le azioni interne addizionali che nascono a causa delle deformazioni
trasversali sono a volte di rilevante entità e quindi non possono essere trascurate
(tipico esempio è quello dei telai a nodi mobili).
𝑇𝑖𝑝𝑖 𝑑𝑖 𝑎𝑛𝑎𝑙𝑖𝑠𝑖
{
𝐸𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 {
𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒
𝐼𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒
𝐸𝑙𝑎𝑠𝑡𝑜 − 𝑝𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 {
𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒
𝐼𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒
Figura 1.5 - Influenza del tipo di analisi sulla risposta di un telaio a nodi mobili [2]
La scelta dei metodi di analisi per i sistemi intelaiati in acciaio dipende non solo dalla
tipologia strutturale e dalla sensibilità del telaio agli effetti del secondo ordine ma anche dal
tipo di sezione trasversale di ogni elemento monodimensionale impiegato e dalle dimensioni
delle sue componenti (ali, anime, irrigidimenti, ecc.). Nel caso in cui queste abbiano un
elevato rapporto tra larghezza (b) e spessore (t) si possono manifestare fenomeni di
instabilità locale che impediscono il pieno sviluppo delle capacità prestazionali della
sezione in campo plastico, influenzando anche la capacità portante dell’intero sistema. Al
riguardo viene proposta dall’EC3 una classificazione delle sezioni trasversali che dipende
dai rapporti dimensionali b/t di ogni elemento compresso che realizza la sezione. Le sezioni
trasversali sono distinte in quattro classi, di seguito presentate con riferimento al loro
comportamento flessionale:
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CAPITOLO 1 9
 Classe 1: sezioni trasversali in grado di sviluppare completamente una cerniera
plastica e aventi la capacità rotazionale richiesta per l’analisi plastica (sezioni
plastiche o duttili);
 Classe 2: sezioni trasversali in grado di sviluppare completamente il proprio
momento resistente plastico, ma con capacità rotazionale limitata (sezioni compatte);
 Classe 3: sezioni trasversali nelle quali le fibre compresse possono raggiungere la
tensione di snervamento, ma l’instabilità locale impedisce lo sviluppo del momento
resistente plastico (sezioni semi-compatte);
 Classe 4: sezioni trasversali per le quali è necessario mettere esplicitamente in conto
gli effetti dell’instabilità locale nel determinare il loro momento resistente, inferiore
al momento al limite elastico, o la loro resistenza a compressione, inferiore alla forza
che provoca la completa plasticizzazione della sezione (sezioni snelle).
Figura 1.6 - Relazione momento-curvatura per le differenti classi di sezioni trasversali previste dall’EC3 [2]
1.4 - I TELAI PENDOLARI [2]
Nel caso in cui tutti i giunti della struttura siano schematizzabili come cerniere, lo schema
statico risulta labile e pertanto si rende necessario disporre specifici sistemi di controvento
in grado di trasferire in fondazione le azioni orizzontali associate generalmente a
imperfezioni, vento e sisma.
Figura 1.7 - Telaio pendolare [2]
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CAPITOLO 1 10
Le tipologie di controvento principalmente adottate nelle costruzioni in acciaio sono:
 controvento a croce di Sant’Andrea: in cui i due elementi diagonali si incrociano a
metà altezza nell’interpiano. Si osservi che con questa tipologia di controvento la
fruibilità della parete è sicuramente limitata, in quanto gli elementi diagonali così
disposti impediscono un funzionale utilizzo di porte e finestre;
 controvento a K: in cui i due elementi diagonali si incontrano in corrispondenza della
mezzeria della trave di piano;
 controvento eccentrico: in cui i due elementi diagonali incontrano la trave in sezioni
trasversali diverse tra loro.
1.5 - LE UNIONI [2]
1.5.1 – Classificazione [3]
1.5.2 - Le unioni bullonate
Le unioni bullonate permettono una rapida esecuzione in officina e semplificano
l’assemblaggio dei pezzi in cantiere (dove generalmente la saldatura presenta difficoltà
esecutive, specie a basse temperature o in quota).
La giunzione bullonata ha come componenti fondamentali:
a) vite con testa (detta comunemente bullone) generalmente esagonale, e con gambo
completamente o parzialmente filettato. Il diametro nominale dei bulloni per
costruzioni di carpenteria civile è abitualmente compreso tra i 12mm ed i 30mm;
b) dado, usualmente di forma esagonale;
c) rosetta, di forma per lo più circolare.
Metodologia di
classificazione
Al tipo di elementi
collegati
Comportamento
strutturale rispetto alle
membrature congiunte
Alla tecnologia
d’unione adottata
Nodi
Giunti
Completo
ripristino
Parziale
ripristino
Senza
ripristino
Con organi
meccanici
Con saldatura
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CAPITOLO 1 11
Figura 1.8 - Componente di base dell’unione bullonata [2]
1.5.3 - Le unioni saldate
La saldatura è un processo di giunzione che consente di unire elementi metallici in modo
permanente realizzando la continuità del materiale mediante fusione. Confrontando le
unioni saldate con quelle bullonate si evince che le prime sono monolitiche in quanto
realizzano una soluzione di continuità del materiale e, al contempo, più rigide e semplici
rispetto a quelle bullonate, vincolando la libertà del progettista in modo sicuramente meno
pesante. A fronte di tali vantaggi devono però essere sempre adottate particolari precauzioni
progettuali, costruttive e soprattutto di controllo dell’unione allo scopo di evitare possibili
riduzioni di resistenza o rotture fragili associate al procedimento di saldatura stessa.
Nelle unioni saldate il materiale di base è quello dei pezzi da collegare mentre il materiale di
apporto, se presente, è il materiale che viene introdotto allo stato fuso tra tali elementi.
1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE [2]
Le giunzioni tra membrature possono essere effettuate mediante una gamma di soluzioni
estremamente variegata che prevede l’utilizzo di unioni bullonate, unioni saldate oppure di
entrambe le tecniche di unione.
La concezione delle tipologie di giunzione da utilizzare in una costruzione in acciaio
costituisce una fase estremamente importante e delicata della progettazione.
1.6.1 - Articolazioni e giunti
Una classificazione delle giunzioni può essere effettuata sulla base degli effetti prodotti da
spostamenti relativi tra i pezzi da collegare. In dettaglio, si individuano:
 le articolazioni, che consentono, nelle usuali condizioni di esercizio, spostamenti
relativi tra i pezzi collegati senza però provocare plasticizzazioni localizzate negli
elementi costituenti il collegamento;
 i giunti, che non consentono invece spostamenti relativi a meno che non si generino
plasticizzazioni locali nei dettagli che realizzano le unioni. In questi particolari
costruttivi si hanno concentrazioni di sforzi e pertanto la modellazione basata sui casi
classici della Teoria di de Saint Venant non può essere utilizzata.
In funzione della loro resistenza, posta in relazione a quella degli elementi collegati,
questi possono essere distinti in:
 giunti a parziale ripristino di sollecitazione, quando costituiscono punti di
minor resistenza strutturale, ossia trasferiscono soltanto un’aliquota delle
componenti di sollecitazione che possono essere sopportate dalla membratura
più debole;
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CAPITOLO 1 12
 giunti a completo ripristino di sollecitazione, se consentono il trasferimento
dei massimi valori di sollecitazione che possono essere assorbiti dal profilato
più debole, ossia la crisi avviene sempre nell’elemento meno resistente e non
nel giunto.
1.6.2 - Giunti intermedi
La struttura in acciaio nasce dall’assemblaggio di elementi monodimensionali, lavorati in
officina ed assemblati in sito. Spesso si ha l’esigenza di realizzare giunti intermedi tra
elementi la cui lunghezza non può eccedere i limiti di trasportabilità associati principalmente
alla movimentazione delle merci su gomma.
Di seguito verranno considerate soltanto le seguenti tipologie di giunti intermedi:
 giunti trave-trave;
 giunti colonna-colonna.
1.6.2.1 - Giunti trave-trave
I giunti intermedi tra travi possono costituire, come anche per tutte le altre tipologie di
giunto, soluzioni a parziale ovvero a completo ripristino delle sollecitazioni. Nel primo caso
conviene posizionare il giunto in zone opportune (ad esempio, se il giunto non garantisce un
significativo grado di continuità flessionale, in prossimità delle zone a momento nullo).
Sono in genere privilegiate le tipiche soluzioni a completo ripristino tra profilati aventi le
medesime dimensioni trasversali. In dettaglio, è possibile individuare:
a) giunto con piastre in acciaio (flange) saldate all’estremità di ogni trave e bullonate in
opera;
b) giunto con piastre coprigiunto d’ala e d’anima bullonate in opera;
c) giunto con piastre coprigiunto saldate (interamente in opera oppure all’estremità di
una trave in stabilimento ed a quella dell’altra in opera);
d) giunto con saldature testa a testa nelle ali e nell’anima delle estremità delle travi
collegate.
Figura 1.9 - Esempi di giunti intermedi tra travi [2]
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CAPITOLO 1 13
1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna
I giunti intermedi tra le colonne sono prevalentemente compressi o presso-inflessi e di
conseguenza anche la problematica dell’instabilità deve essere tenuta debitamente in conto
in fase progettale. In tale ambito non appare pertanto significativa la distinzione tra giunti a
parziale ed a completo ripristino di sollecitazione in quanto il giunto deve comunque essere
dimensionato per resistere alla forza che provoca l’instabilizzazione della membratura.
In dettaglio, tra i tipi più ricorrenti di giunti intermedi, si individuano:
a) giunto con doppie piastre coprigiunto d’ala e d’anima bullonate in opera;
b) giunto con doppie piastre coprigiunto d’ala bullonate in opera;
c) giunto con piastre coprigiunto d’ala singole e piastre coprigiunto d’anima doppie
bullonate in opera;
d) giunto per contatto con piastre coprigiunto interne saldate alle ali dei profili;
e) giunto per contatto con piastre coprigiunto d’ala interne al profilo e bullonate;
f) giunto per contatto con flangia saldata in stabilimento all’estremità della colonna
inferiore ed in opera alla colonna superiore;
g) giunto per solo contatto tra flange saldate in stabilimento all’estremità di ogni
colonna.
Figura 1.10 - Giunti intermedi per colonne con sezione trasversale simile [2]
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CAPITOLO 1 14
Nelle soluzioni a), b) e c) le estremità delle colonne non sono a contatto tra loro e pertanto le
azioni interne (azione assiale, taglio e momento flettente) vengono trasmesse mediante i
dettagli che realizzano le unioni (piastre coprigiunto, bulloni e saldature).
Nei giunti per contatto è invece necessario che le estremità della colonna siano state
adeguatamente spianate in officina, in modo da creare una zona di contatto pari alla sezione
del profilo minore. Le piastre coprigiunto presenti nelle soluzioni d) ed e), usualmente
saldate o bullonate in stabilimento all’estremità della colonna inferiore, hanno
prevalentemente la sola funzione di facilitare l’assemblaggio in opera del giunto
mantenendo in posizione la colonna superiore durante la fase di saldatura o di bullonatura in
opera.
1.6.3 - Giunti d’estremità
Esistono differenti tipologie di giunti estremità, classificabili in base agli elementi che
vengono collegati. Di seguito ci si riferirà ai seguenti tipi:
 giunto tra trave e colonna;
 attacco per controventi;
 giunto di base delle colonne.
1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna
I giunti trave-colonna possono essere realizzati collegando la trave all’ala della colonna
oppure vincolandola alla sua anima. Vediamo in dettaglio alcuni tipici collegamenti all’ala
della colonna:
a) giunto realizzato mediante angolari bullonati all’ala della colonna e all’anima della
trave;
Figura 1.11 - Giunto trave-colonna [2]
b) giunto con piatto saldato in aggetto alla colonna e bullonato all’anima della trave;
Figura 1.12 - Giunto trave-colonna [2]
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CAPITOLO 1 15
c) giunto con piastra saldata a parte di anima all’estremità della trave e bullonata alla
colonna;
Figura 1.13 - Giunto trave-colonna [2]
d) giunto con piastra saldata, con cordoni di saldatura sia d’anima sia d’ala, alla trave e
bullonata alla colonna.
Figura 1.14 - Giunto trave-colonna [2]
Si osservi che tutte le tipologie di giunto trave-colonna possono presentare costolature di
irrigidimento del pannello d’anima nella colonna, in corrispondenza dell’ala della trave,
necessarie a volte per non creare zone preferenziali di debolezza del giunto.
1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi
Le giunzioni tra le membrature principali e le diagonali che realizzano i controventi
trasferiscono forze tra elementi differentemente orientati. Usualmente il dimensionamento
dei controventi viene eseguito considerando gli elementi diagonali soggetti soltanto ad
azioni assiali, ossia ipotizzando cerniere alle estremità.
L’intersezione degli assi baricentrici degli elementi che convergono nella giunzione deve
coincidere con il punto nel quale è stato ipotizzato il vincolo, al fine di evitare azioni
concentrate agenti con eccentricità non previste in fase di progetto.
Figura 1.15 - Giunti per controventi verticali [2]
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CAPITOLO 1 16
1.6.3.3 - Giunti di base
Una componente sempre presente nel giunto di base delle colonne è la piastra saldata,
generalmente con cordoni d’angolo, all’estremità inferiore della colonna, che usualmente
poggia su uno strato di malta di livellamento, all’estradosso della fondazione in
conglomerato cementizio. In quest’ultima vengono annegati i tirafondi (generalmente barre
in acciaio filettate alle estremità) unitamente ad eventuali perni di centraggio che agevolano
la fase di assemblaggio del giunto stesso. La piastra deve avere le superfici spianate e forate
per consentire il passaggio dei tirafondi. Nel caso in cui sulla colonna agisca soltanto una
forza di compressione la trasmissione di questa avviene per contatto tra piastra di base e
colletto di fondazione e quindi non sono richieste specifiche verifiche sui cordoni di
saldatura. Se sulla colonna agiscono anche azioni taglianti e flettenti, allora i tirafondi
assolvono una funzione statica e pertanto devono essere opportunamente dimensionati.
Nel caso in cui i valori di queste azioni siano contenuti, la soluzione con tirafondi in
prossimità degli spigoli delle piastre risulta molte volte economicamente conveniente. Se
invece alla base della colonna convergono diagonali di controvento in grado di trasferire una
significativa componente tagliante al giunto di base, devono essere previste specifiche
piastre saldate per consentire il loro attacco.
Figura 1.16 - Giunti di base per elevati valori di azione tagliante [2]
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CAPITOLO 1 17
1.7 - BIBLIOGRAFIA
[1] Arcelor Mittal Commercial Sections (1996), “Strutture antisismiche in acciaio”,
Luxembourg.
[2] G. Ballio, C. Bernuzzi (2004.), “Progettare costruzioni in acciaio”, Hoepli Milano.
[3] Prof. R. Landolfo (2010), dispense: “Progettare con l’acciaio in zona sismica”.
Università degli studi di Napoli Federico II, 26 Marzo 2010.
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Tesi Specialistica - Andrea Demin

  • 1. Tesi di Laurea: Relatore: Laureando: Prof. Ing. Franco Bontempi Andrea Demin Correlatore: Ing. Francesco Petrini
  • 2. 1 STRUTTURA DELLA PRESENTAZIONE Andrea Demin Ruolo delle zone nodali nel comportamento strutturale Definizioni degli elementi che compongono un nodo Modellazione dei nodi semi-rigidi Applicazione del modello ad una struttura complessa, “L’Ospedale” Considerazioni conclusive IntroduzioneParteIParteIIConclusioniIntroduzioneParteIConclusioniParteIIParteIII Applicazione del modello ad un telaio piano
  • 3. Introduzione Parte I Parte II Parte III 2Conclusioni RUOLO DELLE ZONE NODALI NEL COMPORTAMENTO STRUTTURALE Andrea Demin L’elevato numero di edifici crollati o fortemente danneggiati e le numerose vittime occorse durante il terremoto di Northridge (1994) hanno suscitato grande attenzione in tutta la comunità scientifica. Ai fini di una corretta valutazione del comportamento globale della struttura, occorre considerare, quindi, le prestazioni di un nodo nel suo complesso. In seguito a questo terremoto, l’eccessiva plasticizzazione delle zone pannello è stato visto come la principale causa dei numerosi e inattesi danni manifestati dai collegamenti delle strutture metalliche intelaiate FEMA (2000), “A Policy Guide to Steel Moment-Frame Construction”, Federal Emergency Management Agency-354, Washington D.C., November 2000.
  • 4. Introduzione Parte I Parte II Parte III 3Conclusioni DEFINIZIONI DEGLI ELEMENTI CHE COMPONGONO UN NODO Andrea Demin 1. Il collegamento: è l’insieme degli elementi che rendono possibile l’unione tra due differenti membrature 2. Il giunto: è la zona in prossimità del collegamento in cui si manifestano interazioni specifiche tra gli elementi collegati 3. La zona nodale: è la zona individuata da tutti i giunti che concorrono in un nodo Ogni nodo, di una struttura intelaiata d’acciaio, è caratterizzato da quattro elementi che interagiscono: • l’elemento trave; • l’elemento colonna; • il pannello nodale; • il collegamento. G. Ballio, C. Bernuzzi (2004.), “Progettare costruzioni in acciaio”, Hoepli Milano.
  • 5. MODELLAZIONE DEI NODI SEMI-RIGIDI Parte I
  • 6. La deformazione tagliante del pannello è, in molti casi pratici, la componente più significativa dello spostamento orizzontale totale. Il contributo allo spostamento dato dal pannello può anche essere diviso in componenti assiali, flessionali e di taglio: Introduzione Parte I Parte II Parte III 4Conclusioni MECCANISMI DEL NODO TRAVE-COLONNA Andrea Demin PGC  Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc., U.S.A. (2004), “Modeling procedures for panel zone deformations in moment resisting frames”, Amsterdam - June 3-4, 2004. Tipico sottoassemblaggio interno trave-colonna di un telaio resistente a momento Spostamento orizzontale totale di un tipico sottoassemblaggio trave-colonna: Ricerche sperimentali su sotto- assemblaggi trave-colonna hanno mostrato che il comportamento del pannello nodale è dominato da distorsioni taglianti. PVPFPAP 
  • 7. Il momento di snervamento della molla è dato dal prodotto tra il taglio del pannello e la sua altezza Rigidezza di snervamento della molla rotazionaleLa rotazione di snervamento della molla è data dal rapporto tra la deformazione di taglio del pannello e la sua altezza       G F dVM y Ky byKy 55,0, ,  Introduzione Parte I Parte II Parte III 5Conclusioni MODELLI PER IL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI NODI Andrea Demin 1. Modello KRAWINKLER Questo modello permette di predire la risposta del pannello sulla base della conoscenza delle sue caratteristiche geometriche e meccaniche: Il modello meccanico è costituito dall’anima della colonna, con comportamento elasto-plastico incrudente, circondata ai quattro lati da elementi rigidi connessi ai vertici con molle che schematizzano l’effetto delle piattabande della colonna sul comportamento della zona pannello.   bcybyKy dtdFdVM  55,0, G F G dV y P by Ky     55,0,  Ky Ky Ky M K , , ,   FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of Steel Moment-Frame Buildings”, Federal Emergency Management Agency-355F, Washington D.C., Semptember 2000.
  • 8. La molla del modello “Scissor” risulterà essere circa 2 volte più rigida e 1,43 volte più resistente di quella del modello “Krawinkler”. Introduzione Parte I Parte II Parte III 6Conclusioni MODELLI PER IL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI NODI Andrea Demin 1. Modello SCISSOR Il modello è composto da due elementi rigidi (all’interno della zona pannello) con una singola cerniera nel centro. Come per il modello Krawinkler viene utilizzata una molla rotazionale per rappresentare il comportamento della componente pannello. Le proprietà della molla si determinano da quelle trovate per il modello Krawinkler tramite i termini α e β: α rappresenta il rapporto tra l'effettiva profondità della colonna e la lunghezza della campata β rappresenta il rapporto tra l'effettiva profondità della trave e l’altezza della colonna              2 , , , , 1 1   Ky Sy Ky Sy K K M M con rigidezza post-snervamento pari al 6% di quella elastica FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of Steel Moment-Frame Buildings”, Federal Emergency Management Agency-355F, Washington D.C., Semptember 2000.         2,0 1,0 H d L d b c  
  • 9. Introduzione Parte I Parte II Parte III 7Conclusioni MODELLI A CONFRONTO Andrea Demin Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc., U.S.A. (2004), “Modeling procedures for panel zone deformations in moment resisting frames”, Amsterdam - June 3-4, 2004. Cinematica del “modello Krawinkler” Cinematica del “modello Scissor” In conclusione è possibile dire che modelli meccanici semplificati come il “modello Krawinkler” e il “modello Scissor” sono estremamente efficaci nel rappresentare sia le deformazioni elastiche che anelastiche nella zona pannello in strutture a telaio in acciaio. Test approfonditi hanno dimostrato che queste differenze cinematiche non hanno un effetto significativo sulla risposta. Infatti il “modello Scissor”, pur non modellando il reale comportamento della regione del nodo, produce risultati essenzialmente identici a quelli di “Krawinkler”.
  • 10. APPLICAZIONE DEL MODELLO AD UN TELAIO PIANO Parte II
  • 11. Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale Colonna HE320A 3 S275 Trave IPE400 5 S275CERNIERE PLASTICHE PRESSO-FLESSIONALI Per modellare le non linearità di materiale sono state definite delle cerniere plastiche secondo FEMA 356 (Federal Emergency Management Agency)CERNIERE PLASTICHE FLESSIONALI Introduzione Parte I Parte II Parte III 8Conclusioni TELAIO PIANO Andrea Demin La struttura in esame è un telaio in acciaio a due campate e tre piani. Le travi sono tutte della stessa sezione (IPE400) e della stessa lunghezza. Anche per le colonne è stata utilizzata un’unica sezione (HE320A), e sono tutte della stessa altezza.
  • 12. Introduzione Parte I Parte II Parte III 9Conclusioni TELAIO PIANO Andrea Demin 0 50 100 150 200 250 300 0 0,001 0,002 0,003 0,004 0,005 0,006 0,007 M [KNm] θ [-] La relazione momento-rotazione utilizzata per il giunto è di tipo non lineare. Modello Scissor
  • 13. 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 Taglioallabase[KN] Spostamento ultimo piano [m] NODI RIGIDI NODI SEMI-RIGIDI NODI CON CERNIERE Dall’andamento di queste curve si intuisce che è molto importante caratterizzare con sufficiente accuratezza il legame costitutivo dei nodi, poiché da essi dipende l’intero stato di sollecitazione del sistema. Difatti, a seconda del tipo di giunto, varia non soltanto la risposta strutturale in termini di spostamenti, ma anche quella in termini di sollecitazioni, nonché la rigidezza alla traslazione dei telai. Introduzione Parte I Parte II Parte III 10Conclusioni CURVA DI CAPACITA’ Andrea Demin 0 3 6 9 0,00 10,00 20,00 30,00 40,00 Hpiano [m] F [KN] Distribuzione delle forze uniforme Sono stati definiti tre tipi di telai: • Telaio con nodi trave-colonna rigidi; • Telaio con nodi trave-colonna a cerniera; • Telaio con nodi trave-colonna semi-rigidi
  • 14. Introduzione Parte I Parte II Parte III 11Conclusioni CURVA DI CAPACITA’ Andrea Demin 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 Taglioallabase[KN] Spostamento ultimo piano [m] NODI RIGIDI NODI SEMI-RIGIDI NODI CON CERNIERE L’analisi di push-over ci consente, quindi, di individuare la risposta non-lineare della struttura al crescere delle azioni laterali e seguire la successione e l’evoluzione della plasticizzazione nei vari componenti. RIGIDISEMI-RIGIDI CERNIERA I tre modelli vengono confrontati allo stesso spostamento laterale Nel modello a nodi rigidi si ottiene il massimo grado di plasticizzazione sia nelle travi che nelle colonne. Nel modello a nodi semi-rigidi le travi risulteranno meno plasticizzate. Nel modello a nodi cerniera la plasticizzazione sarà esclusivamente concentrata alla base del telaio.
  • 15. APPLICAZIONE DEL MODELLO AD UNA STRUTTURA COMPLESSA, “L’OSPEDALE” Parte III
  • 16. Introduzione Parte I Parte II Parte III 12Conclusioni L’OSPEDALE Andrea Demin Necci S., Schwarz R., Valleriani D., “Esame di costruzioni metalliche: progetto di un edificio in acciaio adibito ad uso ospedaliero”, Anno Accademico 2009-2010. La struttura portante dell’opera è interamente realizzata in acciaio e sia per le travi che per le colonne sono stati impiegati profili a doppio T. Sono stati inseriti controventi verticali concentrici in entrambe le direzioni L’opera in esame è adibita ad uso ospedaliero. Risulta quindi essere una costruzione di notevole importanza, non solo in relazione alle funzioni svolte, ma anche riguardo le dimensioni.
  • 17. Introduzione Parte I Parte II Parte III 13Conclusioni NON LINEARITA’ UTILIZZATE NEL MODELLO Andrea Demin FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of buildings”, Federal Emergency Management Agency-356, Washington D.C. (USA), November 2000. • Le non linearità di materiale sono state considerate mediante l’introduzione di cerniere plastiche definite secondo le indicazioni date dalle FEMA 356 (Federal Emergency Management Agency): con a, b e c parametri di modellazione. • Le non linearità geometriche sono state considerate tramite gli effetti P-Δ;  cerniere assiali per i controventi;  cerniere flessionali per le travi;  cerniere presso-flessionali per le colonne.
  • 18. Introduzione Parte I Parte II Parte III 14Conclusioni DEFINIZIONE DEI LEGAMI MOMENTO-ROTAZIONE DEI NODI Andrea Demin 0 200 400 600 800 1000 1200 0 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01 0,012 M[KNm] θ [-] Tipo 1 Tipo 2 Tipo 3 Tipo 4 Tipo 5 Nodo Profilo colonna Acciaio My,K θy,K Ky,K My,S Ky,S Kincr,S θy,S θu,S Mu,S [KNm] [-] [KNm] [KNm] [KNm] [KNm] [-] [-] [KNm] Tipo 1 HE300B S355 257,73 0,00254 101565 299,69 137324 8239 0,00218 0,00873 353,63 Tipo 2 HE360M S450 821,20 0,00322 255297 969,16 355580 21335 0,00273 0,01090 1143,61 Tipo 3 HE340B S355 318,65 0,00254 125571 379,17 177802 10668 0,00213 0,00853 447,42 Tipo 4 HE300M S355 557,63 0,00254 219749 663,55 311154 18669 0,00213 0,00853 782,99 Tipo 5 HE340A S275 189,67 0,00197 96486 225,33 136187 8171 0,00165 0,00662 265,90 Modello Scissor
  • 19. 0 50000 100000 150000 200000 250000 0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 Tb[KN] dc [m] C. di capacità senza effetti P-Δ C.di capcità con effetti P-Δ Curve di capacità del modello a nodi semi-rigidi 0 50000 100000 150000 200000 250000 0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 Tb[KN] dc [m] lineare (nodi rigidi) pseudo-lineare (nodi rigidi) softening (nodi rigidi) lineare (nodi semi-rigidi) pseudo-lineare (nodi semi-rigidi) softening (nodi semi-rigidi) Curve di capacità con effetti P-Δ Introduzione Parte I Parte II Parte III 15Conclusioni L’INFLUENZA DEGLI EFFETTI P-Δ SULLA CURVA DI CAPACITA’ Andrea Demin Confrontando i due modelli con nodi rigidi e nodi semi-rigidi si può notare come: • il tratto LINEARE e PSEUDO-LINEARE delle curve non subiscono variazioni significative; • il tratto di SOFTENING della curva del modello a nodi semi-rigidi possiede una pendenza minore, quindi si ha una riduzione della rigidezza globale della struttura. Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione longitudinale
  • 20. Introduzione Parte I Parte II Parte III 16Conclusioni EVOLUZIONE DELLA STRUTTURAA CRESCENTI LIVELLI DI ε Andrea Demin 0 50000 100000 150000 200000 250000 0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 Tb[KN] dc [m] C. di capacità (nodi semi-rigidi) 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 N°Piano U1 / Htot [%] 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 0,5 1 1,5 2 N°Piano Drift [%] Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione longitudinale Si può notare come, globalmente, al crescere del cimento plastico della struttura corrisponde un aumento in termini di spostamenti di piano e di drift di interpiano, in particolare tale aumento è enfatizzato ai piani inferiori della struttura.
  • 21. Introduzione Parte I Parte II Parte III 17Conclusioni IMPORTANZA DELLA MODELLAZIONE AL VARIARE DELLO S. L. Andrea Demin 0 50000 100000 150000 200000 250000 0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 Tb[KN] dc [m] C. di capacità (nodi rigidi) Punto di prestazione C. di capacità (nodi semi-rigidi) Punto di prestazione 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 N°Piano Drift [%] nodi rigidi nodi semi-rigidi Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione longitudinale SLO
  • 22. 0 50000 100000 150000 200000 250000 0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 Tb[KN] dc [m] C. di capacità (nodi rigidi) Punto di prestazione C. di capacità (nodi semi-rigidi) Punto di prestazione Introduzione Parte I Parte II Parte III 18Conclusioni IMPORTANZA DELLA MODELLAZIONE AL VARIARE DELLO S. L. Andrea Demin 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 N°Piano Drift [%] nodi rigidi nodi semi-rigidi Il Taglio alla base si riduce del 10% Il Drift aumenta del 13% Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione longitudinale SLC
  • 23. Introduzione Parte I Parte II Parte III 19Conclusioni Andrea Demin 2. Al crescere del livello di deformazione la struttura subisce un incremento degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano a dimostrazione del maggiore cimento in campo plastico della struttura. In particolare tale incremento è enfatizzato ai piani inferiori. 3. Nelle modellazioni a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi, quando la struttura è soggetta a terremoti di grande intensità, si hanno drift di interpiano differenti, infatti in corrispondenza del 4° piano si ha un incremento del 13% del drift trovato con il modello a nodi rigidi. 1. L’incremento degli spostamenti laterali aumenta la sensibilità della struttura agli effetti del secondo ordine, per cui risulta necessario tener conto della presenza del pannello nella modellazione.
  • 24. 0 50000 100000 150000 200000 250000 0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 Tb[KN] dc [m] C. di capacità (nodi rigidi) C. di capacità (nodi semi-rigidi) M θ DIREZIONE LONGITUDINALE
  • 25. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE i INDICE INTRODUZIONE.........................................................................................1 1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO .............................................................3 1.1 - INTRODUZIONE........................................................................................3 1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI ...................................................................5 1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale...................................................5 1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale ...................................................6 1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna ....................6 1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI ..........................................7 1.4 - I TELAI PENDOLARI..................................................................................9 1.5 - LE UNIONI.............................................................................................. 10 1.5.1 – Classificazione........................................................................................................10 1.5.2 - Le unioni bullonate..................................................................................................10 1.5.3 - Le unioni saldate .....................................................................................................11 1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE....................................11 1.6.1 – Articolazioni e giunti..............................................................................................11 1.6.2 – Giunti intermedi......................................................................................................12 1.6.2.1 - Giunti trave-trave .............................................................................................12 1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna....................................................................................13 1.6.3 – Giunti d’estremità...................................................................................................14 1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna ................................................................................14 1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi....................................................................15 1.6.3.3 - Giunti di base....................................................................................................16 1.7 - BIBLIOGRAFIA ....................................................................................... 17 2 – COMPORTAMENTO E MODELLAZIONE DEI NODI SEMIRIGIDI ..................................................................................................................... 18 2.1 - INTRODUZIONE...................................................................................... 18 2.2 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO FEMA-355F ................................................ 19 2.2.1 - Modellazione dei telai in acciaio resistenti a momento per prestazioni predette ...19 2.2.1.1 – Introduzione .....................................................................................................19 2.2.1.2 – Modelli elastici lineari.....................................................................................20 2.2.1.2.1 – Modelli lineari centerline .............................................................................20
  • 26. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE ii 2.2.1.2.2 – Modelli elastici con zone pannello incluse...................................................20 2.2.1.2.3 – Modelli non lineari centerline ......................................................................22 2.2.1.2.4 – Modelli non lineari con zone pannello .........................................................23 2.3 – PROCEDURE DI MODELLAZIONE PER LE DEFORMAZIONI DELLA ZONA PANNELLO NEI TELAI RESISTENTI A MOMENTO ...........................................25 2.3.1 - Sommario ................................................................................................................25 2.3.2 – Introduzione............................................................................................................25 2.3.3 - Meccanismi del nodo colonna-trave .......................................................................25 2.3.4 - Drift totale nel sottoassemblaggio...........................................................................26 2.3.5 - Partecipazione della zona pannello nel drift totale del sottoassemblaggio.............27 2.3.6 - Resistenza a taglio della zona pannello...................................................................27 2.3.7 - Risposta forza-deformazione...................................................................................28 2.3.8 - Modello Krawinkler ................................................................................................28 2.3.9 - Modello Scissors .....................................................................................................30 2.3.10 - Confronto tra i modelli Krawinkler e Scissor .......................................................31 2.3.11 - Conclusioni............................................................................................................32 2.4 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO SAP2000 .................................................... 32 2.4.1 - Nodi-Zone pannello.................................................................................................32 2.4.1.1 - L’ elemento Nllink ............................................................................................35 2.4.1.1.1 - Sommario.......................................................................................................36 2.4.1.1.2 - Collegamento dei nodi...................................................................................36 2.4.1.1.3 - Elementi a lunghezza nulla............................................................................36 2.4.1.1.4 - Gradi di libertà..............................................................................................37 2.4.1.1.5 - Sistema di coordinate locale .........................................................................37 2.4.1.1.6 - Nlprop: proprietà generali............................................................................38 2.4.1.1.7 - Proprietà Nlprop di tipo non lineare.............................................................41 2.5 – BIBLIOGRAFIA....................................................................................... 46 3 - COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI TELAI IN ACCIAIO ...47 3.1 – INTRODUZIONE ..................................................................................... 47 3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE........................................................ 48 3.2.1 - L’effetto PΔ...........................................................................................................49 3.2.2 - L’effetto P ...........................................................................................................50 3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000...............................................51 3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements...................................................................51 3.2.4 - Effetto P-δ nel SAP 2000........................................................................................53
  • 27. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE iii 3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ.............................................................55 3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna......................................................................55 3.2.6 - Opzioni del SAP 2000.............................................................................................55 3.2.6.1 - Effetti P-δ..........................................................................................................55 3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine ........................................................................55 3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE ........................................................ 57 3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata .....................................................................57 3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica.................................................................................58 3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo ..........................................................59 3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000 ...........................63 3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo FEMA 356....................................................................................63 3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera...........................................................63 3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA356........................................................................................................................68 3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera...........................................................68 3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA 356.......................................................................................73 3.3.3.3.1 - Dominio di interazione..................................................................................73 3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera...........................................................75 3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI........................ 82 3.5 – BIBLIOGRAFIA....................................................................................... 85 4 - ANALISI NON LINEARE STATICA.................................................. 86 4.1 – INTRODUZIONE ..................................................................................... 86 4.2 - SISTEMI SDOF ........................................................................................ 87 4.3 - SISTEMI MDOF ....................................................................................... 88 4.4 – CURVA DI CAPACITA’............................................................................89 4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità.........................................91 4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA.92 4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008 ....................................................92 4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità spaziale del moto ..............................................................................................................................93 4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008 ...............93 4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI CONVENZIONALI .......................................................................................... 95 4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme .......................................96
  • 28. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE iv 4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo fondamentale di vibrare......................................................................................................97 4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI MULTIMODALE............................................................................................. 98 4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA)............................................................................99 4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale..............................................101 4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA..........................................................102 4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA TRIDIMENSIONALE .......... 103 4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000 ................................................... 104 4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000.................................................................................104 4.9.1.1 - Salvataggio di più steps..................................................................................104 4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati....................................................104 4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi ...................................................................106 4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico................................106 4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step ..........................................................109 4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione.....................................................109 4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event”.....................................................109 4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000.......................................109 4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura...........................................................................110 4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale.................................................................110 4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante ...........................................................111 4.10 – BIBLIOGRAFIA ................................................................................... 112 5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA ............................................ 113 5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA.................................................................. 113 5.1.1 - Collocamento geografico ......................................................................................113 5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica...........................................................................113 5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale.................................................................................114 5.1.3.1 – Solaio .............................................................................................................115 5.1.3.2 – Colonne..........................................................................................................116 5.1.3.3 – Controventi ....................................................................................................116 5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore..................................................................................117 5.1.3.5 – Fondazioni .....................................................................................................118 5.1.4 – Materiali................................................................................................................118 5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica ...................................................................118 5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni...................................................................119
  • 29. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE v 5.1.4.3 - Acciai speciali.................................................................................................119 5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato...........................................................................119 5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso ...................................................120 5.1.4.6 – Calcestruzzo...................................................................................................120 5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale............................................................................121 5.2 – AZIONI................................................................................................. 121 5.2.1 - Carichi verticali.....................................................................................................121 5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali ............................................122 5.2.1.2 - Carico Antropico............................................................................................123 5.2.2 – Azione sismica......................................................................................................123 5.2.2.1 – Combinazione delle azioni.............................................................................125 5.3 - SCELTE PROGETTUALI......................................................................... 126 5.3.1 - Scelte progettuali globali.......................................................................................126 5.3.2 - Scelte progettuali locali.........................................................................................126 5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI ............................... 130 5.4.1 - Modellazione del solaio ........................................................................................130 5.4.2 - Modellazione delle travi........................................................................................132 5.4.3 - Modellazione delle colonne ..................................................................................135 5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi...................................................135 5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA................................................... 136 5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche...................................................................137 5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali...............................................................................137 5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo) ..................................138 5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto) ...................................142 5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali.........................................................................148 5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali .............................................................149 5.5.2 - Modellazione dei nodi semi-rigidi ........................................................................151 5.6 – BIBLIOGRAFIA..................................................................................... 157 6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE .............. 158 6.1 – IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO E PARAMETRI DI ANALISI ... 158 6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE ................. 160 6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ................................................171 6.2.1.1 - Stima del performance point allo SLC ...........................................................171 6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X...................................................................171
  • 30. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE vi 6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ...................................................................176 6.2.1.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC....180 6.2.1.2.1 - Direzione X..................................................................................................180 6.2.1.2.2 - Direzione Y ..................................................................................................181 6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del I modo principale di vibrare .......................................................................................182 6.2.2.1 - Stima del performance point allo SLC ...........................................................182 6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X...................................................................182 6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ...................................................................183 6.2.2.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC....184 6.2.2.2.1 - Direzione X..................................................................................................184 6.2.2.2.2 - Direzione Y ..................................................................................................185 6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata dei modi di vibrare principali (MPA)...............................................................................186 6.2.3.1 - Stima del performance point allo SLC ...........................................................186 6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X...................................................................186 6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ...................................................................186 6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ .......................................................................188 6.2.4.1 - Stima del performance point allo SLC ...........................................................188 6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X...................................................................188 6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ...................................................................189 6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI ........................... 189 6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi sul performance point allo SLC .............................................................................................190 6.3.2 - L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi per il CASO 1 e il CASO 2....................................................................192 6.3.3 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano nei modelli a nodi rigidi e a nodi semirigidi ..........................................................................195 6.3.4 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due analisi ..........................................................................................................................................197 6.3.5 - Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a crescenti livelli di deformazione......................................................................................................200 6.3.6 - L’importanza della modellazione a nodi semirigidi al variare dello stato limite. 202 APPENDICE A - CERNIERE PLASTICHE E CURVA DI CAPACITA’ ................................................................................................................... 205 A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE............................................... 205
  • 31. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE vii A.1.1 – Materiale..............................................................................................................205 A.1.2 – Cerniera plastica assiale.......................................................................................206 A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ...............................................................................207 A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico...............................................209 A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................209 A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................211 A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico.............................................212 A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................212 A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................215 A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3) .................217 A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3...217 A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................218 A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................220 A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico...........................222 A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................222 A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................226 A.1.8 - MODELLO 5: legame secondo FEMA 356 ........................................................227 A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................227 A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................232 A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE........ 234 A.2.1 – Materiale..............................................................................................................234 A.2.2 - Cerniera plastica assiale .......................................................................................234 A.2.3 – Modello trave tesa................................................................................................235 A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1 ..................235 A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5..................238 A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5........241 A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli ...............................................................................244 A.2.3.5 – Conclusioni....................................................................................................245 A.3 - MODELLO TRAVE................................................................................ 246 A.3.1 – Materiale..............................................................................................................246 A.3.2 – Cerniera plastica assiale.......................................................................................246 A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ...............................................................................248 A.3.4 - Modello trave tesa ................................................................................................248 A.3.4.1 - Risultati dell’analisi.......................................................................................248 A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto.......................................................................249
  • 32. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE viii A.3.4.3 - Curva di capacità...........................................................................................251 A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D ............................................ 254 A.4.1 – Materiale..............................................................................................................254 A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi .............................................................255 A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ...............................................................................257 A.4.4 - Risultati dell’analisi..............................................................................................257 A.4.5 - Modelli a confronto..............................................................................................259 A.4.5.1 - Curva di capacità...........................................................................................263 A.4 - BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 266 APPENDICE B - APPLICAZIONE DEL METODO N2........................ 267 B.1 – INTRODUZIONE................................................................................... 267 B.2 - MODELLO TELAIO REGOLARE IN ALTEZZA......................................... 268 B.2.1 – Materiale ..............................................................................................................268 B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356.................................................269 B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale secondo FEMA 356 ...........................................269 B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................269 B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso-flessionale secondo FEMA 356 ...........................276 B.2.2.2.1 - Dominio di interazione................................................................................276 B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera ........................................................280 B.2.3 - Analisi PUSHOVER.............................................................................................303 B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse.........................................305 B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare...........................................................................310 B.3 – BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 315 APPENDICE C - APPLICAZIONE DEL METODO MPA.................... 316 C.1 – INTRODUZIONE................................................................................... 316 C.2 - MODELLO TELAIO IRREGOLARE IN ALTEZZA...................................... 316 C.2.1 – Materiale ..............................................................................................................317 C.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356.............................................318 C.2.3 - Analisi PUSHOVER.............................................................................................318 C.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse.........................................323 C.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare...........................................................................328
  • 33. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE ix C.2.3.3 - CASO 3: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del secondo modo di vibrare .......................................................................333 C.2.3.4 - CASO 4: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del terzo modo di vibrare ............................................................................338 C.2.3.5 - Combinazione dei risultati e confronti ..........................................................344 C.3 – BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 345 APPENDICE D - TELAIO A NODI SEMI-RIGIDI ............................... 346 D.1 – MODELLO UTILIZZATO PER LA ZONA PANNELLO............................... 346 D.2 - TELAIO 2D........................................................................................... 348 D.2.1 – Materiale..............................................................................................................348 D.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356.............................................349 D.2.3 - Modellazione nodi semi-rigidi .............................................................................349 D.2.4 - Analisi PUSHOVER ............................................................................................352 D.2.4.1 - Confronti dei tre modelli ...............................................................................355 D.3 – BIBLIOGRAFIA.................................................................................... 359 CONCLUSIONI........................................................................................ 360 BIBLIOGRAFIA....................................................................................... 362
  • 34. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE x INTRODUZIONE 1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO 1.1 - INTRODUZIONE 1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI 1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale 1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale 1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna 1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI 1.4 - I TELAI PENDOLARI 1.5 - LE UNIONI 1.5.1 – Classificazione 1.5.2 - Le unioni bullonate 1.5.3 - Le unioni saldate 1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE 1.6.1 – Articolazioni e giunti 1.6.2 – Giunti intermedi 1.6.2.1 - Giunti trave-trave 1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna 1.6.3 – Giunti d’estremità 1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna 1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi 1.6.3.3 - Giunti di base
  • 35. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE xi 1.7 - BIBLIOGRAFIA 2 – COMPORTAMENTO E MODELLAZIONE DEI NODI SEMI-RIGIDI 2.1 - INTRODUZIONE 2.2 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO FEMA-355F 2.2.1 - Modellazione dei telai in acciaio resistenti a momento per prestazioni predette 2.2.1.1 – Introduzione 2.2.1.2 – Modelli elastici lineari 2.2.1.2.1 – Modelli lineari centerline 2.2.1.2.2 – Modelli elastici con zone pannello incluse 2.2.1.2.3 – Modelli non lineari centerline 2.2.1.2.4 – Modelli non lineari con zone pannello 2.3 – PROCEDURE DI MODELLAZIONE PER LE DEFORMAZIONI DELLA ZONA PANNELLO NEI TELAI RESISTENTI A MOMENTO 2.3.1 - Sommario 2.3.2 – Introduzione 2.3.3 - Meccanismi del nodo colonna-trave 2.3.4 - Drift totale nel sottoassemblaggio 2.3.5 - Partecipazione della zona pannello nel drift totale del sottoassemblaggio 2.3.6 - Resistenza a taglio della zona pannello 2.3.7 - Risposta forza-deformazione 2.3.8 - Modello Krawinkler 2.3.9 - Modello Scissors 2.3.10 - Confronto tra i modelli Krawinkler e Scissor 2.3.11 - Conclusioni 2.4 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO SAP2000
  • 36. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE xii 2.4.1 - Nodi-Zone pannello 2.4.1.1 - L’ elemento Nllink 2.4.1.1.1 - Sommario 2.4.1.1.2 - Collegamento dei nodi 2.4.1.1.3 - Elementi a lunghezza nulla 2.4.1.1.4 - Gradi di libertà 2.4.1.1.5 - Sistema di coordinate locale 2.4.1.1.6 - Nlprop: proprietà generali 2.4.1.1.7 - Proprietà Nlprop di tipo non lineare 2.5 – BIBLIOGRAFIA 3 - ASPETTI DEL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI TELAI IN ACCIAIO 3.1 – INTRODUZIONE 3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE 3.2.1 - L’effetto PΔ 3.2.2 - L’effetto P 3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000 3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements 3.2.4 - Effetto P-δ 3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ 3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna 3.2.6 - Opzioni del SAP 2000 3.2.6.1 - Effetti P-δ 3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine 3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE
  • 37. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE xiii 3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata 3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica 3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo 3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000 3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo FEMA 356 3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera 3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA356 3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera 3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA 356 3.3.3.3.1 - Dominio di interazione 3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera 3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI 3.5 – BIBLIOGRAFIA
  • 38. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE xiv 4 - ANALISI NON LINEARE STATICA 4.1 – INTRODUZIONE 4.2 - SISTEMI SDOF 4.3 - SISTEMI MDOF 4.4 – CURVA DI CAPACITA’ 4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità 4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA 4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008 4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità spaziale del moto 4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008 4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI CONVENZIONALI 4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme 4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo fondamentale di vibrare 4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI MULTIMODALE 4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA) 4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale 4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA 4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA SPAZIALE 4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000 4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000
  • 39. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE xv 4.9.1.1 - Salvataggio di più steps 4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati 4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi 4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico 4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step 4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione 4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event” 4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000 4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura 4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale 4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante 4.10 – BIBLIOGRAFIA 5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA 5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA 5.1.1 - Collocamento geografico 5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica 5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale 5.1.3.1 – Solaio 5.1.3.2 – Colonne 5.1.3.3 – Controventi 5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore 5.1.3.5 – Fondazioni 5.1.4 – Materiali 5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica 5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni 5.1.4.3 - Acciai speciali 5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato 5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso 5.1.4.6 – Calcestruzzo 5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale 5.2 – AZIONI 5.2.1 - Carichi verticali 5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali 5.2.1.2 - Carico Antropico 5.2.2 – Azione sismica 5.2.2.1 – Combinazione delle azioni 5.3 - SCELTE PROGETTUALI 5.3.1 - Scelte progettuali globali 5.3.2 - Scelte progettuali locali
  • 40. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE xvi 5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI 5.4.1 - Modellazione del solaio 5.4.2 - Modellazione delle travi 5.4.3 - Modellazione delle colonne 5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi 5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA 5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche 5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali 5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo) 5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto) 5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali 5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali 5.5.2 - Modellazione dei nodi semi-rigidi 5.6 – BIBLIOGRAFIA 6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE 6.1 – IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO E PARAMETRI DI ANALISI 6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE 6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse 6.2.1.1 - Stima del performance point allo SLC 6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X 6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y 6.2.1.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC 6.2.1.2.1 - Direzione X 6.2.1.2.2 - Direzione Y 6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del I modo principale di vibrare 6.2.2.1 - Stima del performance point allo SLC 6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X 6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y 6.2.2.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC 6.2.2.2.1 - Direzione X 6.2.2.2.2 - Direzione Y 6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata dei modi di vibrare principali (MPA) 6.2.3.1 - Stima del performance point allo SLC 6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X 6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
  • 41. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE xvii 6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ 6.2.4.1 - Stima del performance point allo SLC 6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X 6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
  • 42. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE xviii 6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI 6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi sul performance point allo SLC 6.3.2 - L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi per il CASO 1 e il CASO 2 6.3.3 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano nei modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi 6.3.4 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due analisi 6.3.5 - Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a crescenti livelli di deformazione 6.3.6 - L’importanza della modellazione a nodi semi-rigidi al variare dello stato limite CONCLUSIONI APPENDICE A: CERNIERE PLASTICHE E CURVA DI CAPACITA’ A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE A.1.1 – Materiale A.1.2 – Cerniera plastica assiale A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3) A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3 A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera
  • 43. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE xix A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo EC3 A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ A.1.8 - MODELLO 5: legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo FEMA 356 A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE A.2.1 – Materiale A.2.2 - Cerniera plastica assiale A.2.3 – Modello trave tesa A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1 A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5 A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5 A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli A.2.3.5 – Conclusioni A.3 - MODELLO TRAVE A.3.1 – Materiale A.3.2 – Cerniera plastica assiale A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER A.3.4 - Modello trave tesa A.3.4.1 - Risultati dell’analisi A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto A.3.4.3 - Curva di capacità A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D A.4.1 – Materiale
  • 44. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE xx A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER A.4.4 - Risultati dell’analisi A.4.5 - Modelli a confronto A.4.5.1 - Curva di capacità A.4 - BIBLIOGRAFIA
  • 45. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE xxi APPENDICE B - METODO N2 (FAJFAR-1999) B.1 – INTRODUZIONE B.2 - MODELLO TELAIO B.2.1 – Materiale B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356 B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA 356 B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA 356 B.2.2.2.1 - Dominio di interazione B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera B.2.3 - Analisi PUSHOVER B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare B.3 – BIBLIOGRAFIA APPENDICE C - APPLICAZIONE DEL METODO MPA C.1 – INTRODUZIONE C.2 - MODELLO TELAIO C.2.1 – Materiale C.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356 C.2.3 - Analisi PUSHOVER C.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse C.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare
  • 46. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INDICE xxii C.2.3.3 - CASO 3: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del secondo modo di vibrare C.2.3.4 - CASO 4: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del terzo modo di vibrare C.2.3.5 - Combinazione dei risultati e confronti C.3 – BIBLIOGRAFIA APPENDICE D - TELAI A NODI SEMI-RIGIDI D.1 – MODELLO UTILIZZATO PER LA ZONA PANNELLO D.2 - TELAIO 2D D.2.1 – Materiale D.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356 D.2.3 - Modellazione nodi semi-rigidi D.2.4 - Analisi PUSHOVER D.2.4.1 - Confronti dei tre modelli D.3 – BIBLIOGRAFIA
  • 47. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INTRODUZIONE 1 INTRODUZIONE L’elevato numero di edifici crollati o fortemente danneggiati e le numerose vittime occorse durante il terremoto di Northridge (1994), dovuti ad un’imprevista rottura fragile dei collegamenti e delle membrature, hanno suscitato grande attenzione in tutta la comunità scientifica. Questo comportamento non era previsto dalle correnti procedure di progettazione e il cattivo funzionamento dei nodi e degli elementi strutturali ha compromesso seriamente l’immagine delle costruzioni in acciaio, finora considerato il materiale per eccellenza per le strutture sismoresistenti. Per una valutazione più accurata del comportamento globale e della capacità resistente dei collegamenti nelle strutture in acciaio, i nodi trave-colonna sono stati modellati come nodi semi-rigidi attraverso il software di calcolo agli elementi finiti SAP2000® . Tale modellazione è importante nei casi in cui si richieda di valutare in maniera accurata gli effetti delle deformazioni locali, che si sviluppano all’interno dei collegamenti in seguito alle azioni taglianti e flettenti. Infatti, tali effetti possono avere un’influenza considerevole sulla distribuzione delle azioni interne negli elementi strutturali, sulla stabilità delle membrature e sugli spostamenti della struttura. La rigidezza di una struttura intelaiata d’acciaio può essere sovrastimata se non si tiene conto, in fase d’analisi, della deformabilità tagliante dei pannelli di giunto. Tuttavia, l’errore che si compie, per le tipologie e le geometrie dei telai tipicamente usate negli edifici d’acciaio, non è molto grande, perché di solito l’analisi è effettuata nell’ipotesi che le dimensioni dei pannelli nodali siano trascurabili, cioè considerando il telaio rappresentato dagli assi baricentrici degli elementi strutturali componenti, quindi ai vari elementi è attribuita una lunghezza maggiore di quell’effettiva, che si traduce in una maggiore deformabilità del telaio. Nelle modellazioni più accurate, invece, si considerano le dimensioni finite del nodo, per questo la deformabilità delle membrature dipende, in tal caso, dalla lunghezza libera delle aste. Il lavoro svolto in questa tesi ha l’obiettivo di esaminare gli effetti che le deformazioni delle zone pannello esplicano sulla stabilità del telaio e l’influenza che ha la modellazione del nodo sul comportamento sismico dei telai in acciaio quando si cimentano in campo plastico. Nel primo capitolo vengono descritte in maniera sintetica le strutture in acciaio. Il buon comportamento di queste strutture in caso di eventi sismici è comprovato dall’esperienza. I collassi globali e gli alti numeri di vittime sono per lo più associati all’uso di altri materiali. Le strutture in acciaio sono particolarmente adatte a garantire la possibilità di dissipazione dell’energia, per le seguenti ragioni:  la duttilità dell’acciaio come materiale;  i numerosi meccanismi duttili possibili negli elementi in acciaio e nelle loro giunzioni;  la riproducibilità dei meccanismi plastici a livello locale;  l’affidabilità delle proprietà geometriche. In questo capitolo vengono introdotte la classificazione dei telai, i metodi di analisi dei sistemi intelaiati, i telai pendolari, le unioni e le giunzioni nelle strutture metalliche.
  • 48. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ INTRODUZIONE 2 Nel secondo capitolo viene presentato il tema su cui si articola lo svolgimento della tesi: il comportamento e la modellazione dei nodi semi-rigidi. La modellazione di questo tipo di nodi viene affrontata da diverse normative. Il terzo capitolo tratta gli aspetti del comportamento non lineare dei telai in acciaio. Le non linearità utilizzate sono:  le non linearità geometriche, che sono state considerate tramite gli effetti P-Δ;  le non linearità di materiale, che sono state considerate mediante l’introduzione di cerniere plastiche definite secondo la FEMA 356 (Federal Emergency Management Agency): o cerniere assiali per i controventi; o cerniere flessionali per le travi; o cerniere presso-flessionali per le colonne. Nel quarto capitolo viene descritta l’analisi non lineare statica con distribuzioni di forze laterali convenzionali (Norme Tecniche per le Costruzioni, Decreto Ministeriale 14/01/2008) e quella con distribuzione di forze laterali multimodale (Modal Pushover Analysis, Chopra e Goel [2001]). Quest’ultima distribuzione è stata definita poiché l’analisi pushover basata sul metodo N2 convenzionale non è direttamente applicabile agli edifici irregolari in altezza, ovvero per edifici disomogenei nella distribuzione delle masse e delle rigidezze lungo l’altezza, dove non è soddisfatta l’ipotesi di poter assimilare la risposta strutturale ad un unico modo di vibrare fondamentale. Infatti, l’irregolarità in altezza, provoca una risposta dinamica caratterizzata non da un unico modo di vibrare che attiva la quasi totalità della massa, come invece accade per le strutture regolari, ma da più modi che attivano ciascuno una significativa percentuale della massa totale. Il quinto capitolo tratta la descrizione della struttura, ovvero:  la descrizione dell’opera: o collocamento geografico; o caratterizzazione architettonica; o caratterizzazione strutturale.  le azioni: o carichi verticali; o azione sismica.  le scelte progettuali: o globali; o locali.  la modellazione degli elementi strutturali;  la modellazione della struttura: o modellazione delle cerniere plastiche; o modellazione dei nodi semi-rigidi. Infine, nel sesto capitolo, vengono proposti i risultati ottenuti dall’analisi non lineare statica dell’ospedale modellato con nodi semi-rigidi. I risultati vengono poi confrontati con quelli ottenuti con una modellazione dell’ospedale a nodi rigidi.
  • 49. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 3 1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO 1.1 – INTRODUZIONE [1] Il buon comportamento delle strutture in acciaio in caso di eventi sismici è comprovato dall’esperienza. I collassi globali e gli alti numeri di vittime sono per lo più associati all’uso di altri materiali. Ciò si spiega con alcune delle caratteristiche specifiche delle strutture di acciaio. Esistono due modi per resistere all’azione sismica: 1. strutture composte di sezioni sufficientemente tozze da essere soggette solo alle sollecitazioni elastiche; 2. strutture realizzate con sezioni di minori dimensioni, concepite per formare numerose zone plastiche. Le strutture progettate in base alla prima opzione sono pesanti, e possono non garantire un margine di sicurezza in caso di azione sismica più forte del previsto, in quanto il collasso degli elementi non è duttile. In questo caso il comportamento globale della struttura è “fragile”, e corrisponde al concetto a) del diagramma taglio alla base V - spostamento in sommità d, schematizzato nella figura. In una struttura concepita in base alla seconda opzione, determinate parti sono intenzionalmente progettate in modo da subire deformazioni plastiche cicliche senza collassare, e la struttura nel suo complesso è tale da subire la deformazione plastica solo in quelle particolari zone. Figura 1.1 - Esempi di comportamento strutturale globale “dissipativo” e “non dissipativo”. La struttura “non dissipativa” collassa a livello di un singolo piano [1]
  • 50. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 4 Il comportamento globale della struttura è ‘duttile’, e corrisponde al concetto b) del diagramma V-d della figura. La struttura, nelle zone plastiche, è in grado di dissipare una quantità significativa di energia, rappresentata dall’area sottesa alla curva V-d. Per questa ragione si dice che le due opzioni progettuali determinano la costruzione di strutture ‘dissipative’ e ‘non dissipative’. Il comportamento duttile, che offre una maggiore capacità di deformazione, è in genere il modo migliore per resistere all’azione dei terremoti. Una delle ragioni è il fatto che le nostre conoscenze delle azioni sismiche reali e le analisi che conduciamo soffrono ancora di molti elementi di incertezza, e dunque il terremoto e/o i suoi effetti possono essere più forti di quanto prevediamo. Se si garantisce un comportamento duttile, le energie in eccesso possono essere facilmente assorbite tramite una maggiore dissipazione, grazie alla deformazione plastica dei componenti strutturali. Le strutture in acciaio sono particolarmente adatte a garantire la possibilità di dissipazione dell’energia, per le seguenti ragioni:  la duttilità dell’acciaio come materiale;  i numerosi meccanismi duttili possibili negli elementi in acciaio e nelle loro giunzioni;  la riproducibilità dei meccanismi plastici a livello locale;  l’affidabilità delle proprietà geometriche;  una resistenza flessionale degli elementi strutturali relativamente poco sensibile alla presenza di forze assiali coincidenti. La varietà dei possibili meccanismi di dissipazione energetica e l’affidabilità di ciascuno di essi sono le caratteristiche fondamentali alla base dell’eccellente comportamento sismico delle strutture in acciaio. Esistono anche altri fattori tipici a garanzia dell’affidabilità antisismica:  la resistenza del materiale è garantita dai controlli di produzione;  progetti e costruzioni opera di professionisti. Nelle zone sismiche, le strutture in acciaio presentano l’ulteriore vantaggio della loro flessibilità e leggerezza. Le strutture più rigide e più pesanti attraggono forze maggiori quando sono colpite da un sisma. Le strutture in acciaio sono generalmente più flessibili e leggere di altri tipi, le forze nella struttura e nelle sue fondazioni sono pertanto minori. Questa riduzione delle forze di progetto riduce notevolmente il costo della sovrastruttura e delle fondamenta di una costruzione. Le strutture in acciaio sono normalmente leggere in confronto a quelle realizzate con altri materiali. Le forze sismiche sono associate all’inerzia, quindi sono collegate alla massa della struttura: riducendo la massa si riducono automaticamente le forze sismiche di progetto. Alcune strutture di acciaio sono addirittura così leggere da rendere non indispensabile la progettazione antisismica. Questo vale in particolare per i palazzetti sportivi o i capannoni industriali, che creano un involucro attorno ad un grande volume, così che il peso per unità di superficie è limitato, e la progettazione è in genere incentrata sulle forze eoliche, non sismiche. Ciò significa che una costruzione progettata per i carichi gravitazionali ed eolici offre implicitamente una sufficiente resistenza antisismica. Si spiega quindi perché, nei terremoti del passato, questi edifici abbiano dimostrato di offrire prestazioni molto migliori di quelli costruiti in materiali pesanti.
  • 51. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 5 1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI [2] I sistemi intelaiati in acciaio possono essere classificati con riferimento a diversi criteri, ognuno dei quali associato a precise finalità. E’ possibile individuare come elementi discriminanti per la classificazione dei telai:  la tipologia strutturale: si distinguono telai controventati e telai non controventati in base alla presenza o meno di uno specifico sistema strutturale in grado di trasferire in fondazione tutte le azioni orizzontali; Figura 1.2 - Sistema intelaiato tridimensionale; Modello di telaio piano [2]  il comportamento nei confronti della stabilità trasversale: si distinguono telai a nodi fissi e telai a nodi mobili a seconda dell’influenza che hanno gli effetti del secondo ordine sulla risposta del sistema strutturale;  il grado di continuità associato ai nodi trave-colonna: si distinguono telai pendolari, telai a nodi rigidi e telai semi-continui sulla base del comportamento dei giunti trave- colonna. Si osservi che i tre criteri di classificazione sono tra loro indipendenti e devono essere comunque considerati distintamente per avere corrette indicazioni relative alle procedure progettuali da seguire. 1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale La distinzione tra telai controventati e telai non controventati è legata alla presenza o all’assenza di uno specifico sistema strutturale (il sistema di controvento) in grado di trasferire in fondazione tutte le azioni orizzontali dovute al vento o al sisma, oppure associate alle imperfezioni strutturali. Sulla base delle indicazioni riportate nell’EC3, il sistema di controvento viene individuato come quella parte della struttura che è in grado di ridurre gli spostamenti trasversali del sistema strutturale almeno dell’80%. In modo del tutto equivalente, il sistema strutturale è controventato se la rigidezza trasversale dell’organismo che funge da controvento è almeno 5 volte quella del telaio. Il controvento può essere realizzato mediante specifici sistemi in acciaio. In assenza del sistema di controvento, il telaio è allora non controventato e devono essere presenti elementi per il trasferimento in fondazione anche di tutte le azioni orizzontali (usualmente gli elementi già preposti ad assorbire i carichi verticali).
  • 52. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 6 Il sistema di controvento deve essere progettato per resistere a:  tutte le azioni orizzontali direttamente applicate al telaio;  tutte le azioni orizzontali direttamente applicate al sistema di controvento;  tutti gli effetti legati alle imperfezioni laterali iniziali derivanti sia dal sistema di controvento sia da tutti i telai che questo controventa (tali effetti possono essere considerati in forma di imperfezioni geometriche equivalenti oppure come azioni orizzontali addizionali). Nel caso in cui il telaio sia controventato, la progettazione risulta semplificata in quanto, con riferimento alla generica situazione di carico, è possibile operare il dimensionamento del sistema privo di controvento per tutti i soli carichi verticali e del controvento per tutte le azioni verticali e orizzontali che gravano su esso. 1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale La distinzione tra telai a nodi fissi e telai a nodi mobili è legata alla stabilità trasversale del sistema strutturale, ossia alla rilevanza degli effetti del secondo ordine sulla risposta strutturale in termini di spostamenti trasversali (e, di conseguenza, anche in termini di azioni flettenti e taglianti addizionali). Dal punto di vista puramente teorico, ogni telaio non controventato, essendo realizzato da aste industriali, ossia da elementi dotati di imperfezioni (meccaniche e geometriche), è a rigore, a nodi mobili e quindi per qualsiasi condizione di carico si generano sempre spostamenti trasversali. Dal punto di vista progettuale invece, sulla base dell’entità e della rilevanza di questi spostamenti trasversali, la struttura può essere considerata:  a nodi fissi, se gli spostamenti trasversali sono tanto piccoli da potere risultare ininfluenti sui valori delle azioni interne (per esempio, in assenza di controvento quando le colonne hanno grande inerzia flessionale o le forze trasversali sono molto ridotte);  a nodi mobili, se gli spostamenti trasversali sono invece influenti sui valori delle azioni interne (per esempio, in assenza di controvento quando le colonne sono invece molto snelle o le azioni orizzontali sono molto grandi). 1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna Il grado di continuità flessionale garantito dai giunti trave-colonna influisce in modo sensibile sul comportamento dell’intero sistema strutturale. In dettaglio, sulla base della risposta del giunto in termini di curva M-Φ, ossia di relazione momento M nel giunto e la rotazione relativa tra trave e colonna Φ, si possono individuare le seguenti tipologie strutturali:  telaio pendolare, in cui ogni giunto è schematizzabile come una cerniera e pertanto sono ammesse rotazioni relative tra trave e colonna senza trasmissione dell’azione flettente.  telaio a nodi rigidi, in cui ogni giunto non consente alcuna rotazione relativa tra la trave e la colonna e viene quindi trasmessa azione flettente tra questi due elementi;  telaio semi-continuo (ossia telaio con giunti semi-rigidi), in cui ogni giunto consente una rotazione relativa tra trave e colonna e al contempo trasmette azione flettente.
  • 53. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 7 Figura 1.3 - a) Definizione di momento e rotazione del giunto [2] b) Tipiche relazioni momento-rotazione In passato la progettazione veniva prevalentemente basata soltanto sui modelli di telaio pendolare o di telai a nodi rigidi. Adottando il modello pendolare non viene considerato alcun grado di continuità flessionale dei nodi. Si può quindi a volte trascurare (anche pericolosamente) l’azione flettente che viene in realtà trasmessa alle colonne. In aggiunta, si tende a sovradimensionare la trave in acciaio che è soggetta infatti soltanto ad azioni flettenti positive. Utilizzando invece il modello a nodi rigidi si sovrastima la rigidezza laterale del telaio nei confronti delle azioni orizzontali, riferendosi quindi, in fase di progettazione, a spostamenti trasversali inferiori a quelli che effettivamente si manifestano e si sottodimensiona la trave. Figura 1.4 - Tipiche relazioni adimensionalizzate momento-rotazione e loro classificazione [2] Ogni tipo di giunto trave-colonna è caratterizzato da un preciso valore di rigidezza rotazionale e di capacità portante flessionale. Il modello di telaio semi-continuo consente una progettazione basata su ipotesi maggiormente rispondenti all’effettivo comportamento della struttura. 1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI [2] L’analisi strutturale è finalizzata alla determinazione delle azioni interne associate alle combinazioni di carico maggiormente significative e può essere effettuata con gradi di raffinatezza e complessità diversi a seconda dell’importanza e della tipologia del sistema portante in esame. Nella maggior parte dei casi i codici commerciali disponibili per il calcolo automatico consentono di effettuare un’analisi elastica del I ordine, ossia con le
  • 54. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 8 limitazioni associate all’assunzione dell’ipotesi di piccoli spostamenti e deformazioni infinitesime (con un’analisi di questo tipo, le azioni interne sulla struttura vengono determinate riferendosi alla sua configurazione indeformata). In situazioni particolari può però rendersi necessario considerare:  la non linearità meccanica: ossia tenere conto che il materiale acciaio che realizza gli elementi monodimensionali ha un legame costitutivo non lineare (schematizzabile, in via semplificata, come elasto-plastico, perfetto od incrudente) e che i giunti trave- colonna e i giunti di base hanno una risposta, in termini di legge momento-rotazione, tipicamente non lineare.  la non linearità geometrica: ossia tenere in conto gli effetti del secondo ordine in quanto le azioni interne addizionali che nascono a causa delle deformazioni trasversali sono a volte di rilevante entità e quindi non possono essere trascurate (tipico esempio è quello dei telai a nodi mobili). 𝑇𝑖𝑝𝑖 𝑑𝑖 𝑎𝑛𝑎𝑙𝑖𝑠𝑖 { 𝐸𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 { 𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒 𝐼𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒 𝐸𝑙𝑎𝑠𝑡𝑜 − 𝑝𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 { 𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒 𝐼𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒 Figura 1.5 - Influenza del tipo di analisi sulla risposta di un telaio a nodi mobili [2] La scelta dei metodi di analisi per i sistemi intelaiati in acciaio dipende non solo dalla tipologia strutturale e dalla sensibilità del telaio agli effetti del secondo ordine ma anche dal tipo di sezione trasversale di ogni elemento monodimensionale impiegato e dalle dimensioni delle sue componenti (ali, anime, irrigidimenti, ecc.). Nel caso in cui queste abbiano un elevato rapporto tra larghezza (b) e spessore (t) si possono manifestare fenomeni di instabilità locale che impediscono il pieno sviluppo delle capacità prestazionali della sezione in campo plastico, influenzando anche la capacità portante dell’intero sistema. Al riguardo viene proposta dall’EC3 una classificazione delle sezioni trasversali che dipende dai rapporti dimensionali b/t di ogni elemento compresso che realizza la sezione. Le sezioni trasversali sono distinte in quattro classi, di seguito presentate con riferimento al loro comportamento flessionale:
  • 55. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 9  Classe 1: sezioni trasversali in grado di sviluppare completamente una cerniera plastica e aventi la capacità rotazionale richiesta per l’analisi plastica (sezioni plastiche o duttili);  Classe 2: sezioni trasversali in grado di sviluppare completamente il proprio momento resistente plastico, ma con capacità rotazionale limitata (sezioni compatte);  Classe 3: sezioni trasversali nelle quali le fibre compresse possono raggiungere la tensione di snervamento, ma l’instabilità locale impedisce lo sviluppo del momento resistente plastico (sezioni semi-compatte);  Classe 4: sezioni trasversali per le quali è necessario mettere esplicitamente in conto gli effetti dell’instabilità locale nel determinare il loro momento resistente, inferiore al momento al limite elastico, o la loro resistenza a compressione, inferiore alla forza che provoca la completa plasticizzazione della sezione (sezioni snelle). Figura 1.6 - Relazione momento-curvatura per le differenti classi di sezioni trasversali previste dall’EC3 [2] 1.4 - I TELAI PENDOLARI [2] Nel caso in cui tutti i giunti della struttura siano schematizzabili come cerniere, lo schema statico risulta labile e pertanto si rende necessario disporre specifici sistemi di controvento in grado di trasferire in fondazione le azioni orizzontali associate generalmente a imperfezioni, vento e sisma. Figura 1.7 - Telaio pendolare [2]
  • 56. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 10 Le tipologie di controvento principalmente adottate nelle costruzioni in acciaio sono:  controvento a croce di Sant’Andrea: in cui i due elementi diagonali si incrociano a metà altezza nell’interpiano. Si osservi che con questa tipologia di controvento la fruibilità della parete è sicuramente limitata, in quanto gli elementi diagonali così disposti impediscono un funzionale utilizzo di porte e finestre;  controvento a K: in cui i due elementi diagonali si incontrano in corrispondenza della mezzeria della trave di piano;  controvento eccentrico: in cui i due elementi diagonali incontrano la trave in sezioni trasversali diverse tra loro. 1.5 - LE UNIONI [2] 1.5.1 – Classificazione [3] 1.5.2 - Le unioni bullonate Le unioni bullonate permettono una rapida esecuzione in officina e semplificano l’assemblaggio dei pezzi in cantiere (dove generalmente la saldatura presenta difficoltà esecutive, specie a basse temperature o in quota). La giunzione bullonata ha come componenti fondamentali: a) vite con testa (detta comunemente bullone) generalmente esagonale, e con gambo completamente o parzialmente filettato. Il diametro nominale dei bulloni per costruzioni di carpenteria civile è abitualmente compreso tra i 12mm ed i 30mm; b) dado, usualmente di forma esagonale; c) rosetta, di forma per lo più circolare. Metodologia di classificazione Al tipo di elementi collegati Comportamento strutturale rispetto alle membrature congiunte Alla tecnologia d’unione adottata Nodi Giunti Completo ripristino Parziale ripristino Senza ripristino Con organi meccanici Con saldatura
  • 57. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 11 Figura 1.8 - Componente di base dell’unione bullonata [2] 1.5.3 - Le unioni saldate La saldatura è un processo di giunzione che consente di unire elementi metallici in modo permanente realizzando la continuità del materiale mediante fusione. Confrontando le unioni saldate con quelle bullonate si evince che le prime sono monolitiche in quanto realizzano una soluzione di continuità del materiale e, al contempo, più rigide e semplici rispetto a quelle bullonate, vincolando la libertà del progettista in modo sicuramente meno pesante. A fronte di tali vantaggi devono però essere sempre adottate particolari precauzioni progettuali, costruttive e soprattutto di controllo dell’unione allo scopo di evitare possibili riduzioni di resistenza o rotture fragili associate al procedimento di saldatura stessa. Nelle unioni saldate il materiale di base è quello dei pezzi da collegare mentre il materiale di apporto, se presente, è il materiale che viene introdotto allo stato fuso tra tali elementi. 1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE [2] Le giunzioni tra membrature possono essere effettuate mediante una gamma di soluzioni estremamente variegata che prevede l’utilizzo di unioni bullonate, unioni saldate oppure di entrambe le tecniche di unione. La concezione delle tipologie di giunzione da utilizzare in una costruzione in acciaio costituisce una fase estremamente importante e delicata della progettazione. 1.6.1 - Articolazioni e giunti Una classificazione delle giunzioni può essere effettuata sulla base degli effetti prodotti da spostamenti relativi tra i pezzi da collegare. In dettaglio, si individuano:  le articolazioni, che consentono, nelle usuali condizioni di esercizio, spostamenti relativi tra i pezzi collegati senza però provocare plasticizzazioni localizzate negli elementi costituenti il collegamento;  i giunti, che non consentono invece spostamenti relativi a meno che non si generino plasticizzazioni locali nei dettagli che realizzano le unioni. In questi particolari costruttivi si hanno concentrazioni di sforzi e pertanto la modellazione basata sui casi classici della Teoria di de Saint Venant non può essere utilizzata. In funzione della loro resistenza, posta in relazione a quella degli elementi collegati, questi possono essere distinti in:  giunti a parziale ripristino di sollecitazione, quando costituiscono punti di minor resistenza strutturale, ossia trasferiscono soltanto un’aliquota delle componenti di sollecitazione che possono essere sopportate dalla membratura più debole;
  • 58. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 12  giunti a completo ripristino di sollecitazione, se consentono il trasferimento dei massimi valori di sollecitazione che possono essere assorbiti dal profilato più debole, ossia la crisi avviene sempre nell’elemento meno resistente e non nel giunto. 1.6.2 - Giunti intermedi La struttura in acciaio nasce dall’assemblaggio di elementi monodimensionali, lavorati in officina ed assemblati in sito. Spesso si ha l’esigenza di realizzare giunti intermedi tra elementi la cui lunghezza non può eccedere i limiti di trasportabilità associati principalmente alla movimentazione delle merci su gomma. Di seguito verranno considerate soltanto le seguenti tipologie di giunti intermedi:  giunti trave-trave;  giunti colonna-colonna. 1.6.2.1 - Giunti trave-trave I giunti intermedi tra travi possono costituire, come anche per tutte le altre tipologie di giunto, soluzioni a parziale ovvero a completo ripristino delle sollecitazioni. Nel primo caso conviene posizionare il giunto in zone opportune (ad esempio, se il giunto non garantisce un significativo grado di continuità flessionale, in prossimità delle zone a momento nullo). Sono in genere privilegiate le tipiche soluzioni a completo ripristino tra profilati aventi le medesime dimensioni trasversali. In dettaglio, è possibile individuare: a) giunto con piastre in acciaio (flange) saldate all’estremità di ogni trave e bullonate in opera; b) giunto con piastre coprigiunto d’ala e d’anima bullonate in opera; c) giunto con piastre coprigiunto saldate (interamente in opera oppure all’estremità di una trave in stabilimento ed a quella dell’altra in opera); d) giunto con saldature testa a testa nelle ali e nell’anima delle estremità delle travi collegate. Figura 1.9 - Esempi di giunti intermedi tra travi [2]
  • 59. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 13 1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna I giunti intermedi tra le colonne sono prevalentemente compressi o presso-inflessi e di conseguenza anche la problematica dell’instabilità deve essere tenuta debitamente in conto in fase progettale. In tale ambito non appare pertanto significativa la distinzione tra giunti a parziale ed a completo ripristino di sollecitazione in quanto il giunto deve comunque essere dimensionato per resistere alla forza che provoca l’instabilizzazione della membratura. In dettaglio, tra i tipi più ricorrenti di giunti intermedi, si individuano: a) giunto con doppie piastre coprigiunto d’ala e d’anima bullonate in opera; b) giunto con doppie piastre coprigiunto d’ala bullonate in opera; c) giunto con piastre coprigiunto d’ala singole e piastre coprigiunto d’anima doppie bullonate in opera; d) giunto per contatto con piastre coprigiunto interne saldate alle ali dei profili; e) giunto per contatto con piastre coprigiunto d’ala interne al profilo e bullonate; f) giunto per contatto con flangia saldata in stabilimento all’estremità della colonna inferiore ed in opera alla colonna superiore; g) giunto per solo contatto tra flange saldate in stabilimento all’estremità di ogni colonna. Figura 1.10 - Giunti intermedi per colonne con sezione trasversale simile [2]
  • 60. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 14 Nelle soluzioni a), b) e c) le estremità delle colonne non sono a contatto tra loro e pertanto le azioni interne (azione assiale, taglio e momento flettente) vengono trasmesse mediante i dettagli che realizzano le unioni (piastre coprigiunto, bulloni e saldature). Nei giunti per contatto è invece necessario che le estremità della colonna siano state adeguatamente spianate in officina, in modo da creare una zona di contatto pari alla sezione del profilo minore. Le piastre coprigiunto presenti nelle soluzioni d) ed e), usualmente saldate o bullonate in stabilimento all’estremità della colonna inferiore, hanno prevalentemente la sola funzione di facilitare l’assemblaggio in opera del giunto mantenendo in posizione la colonna superiore durante la fase di saldatura o di bullonatura in opera. 1.6.3 - Giunti d’estremità Esistono differenti tipologie di giunti estremità, classificabili in base agli elementi che vengono collegati. Di seguito ci si riferirà ai seguenti tipi:  giunto tra trave e colonna;  attacco per controventi;  giunto di base delle colonne. 1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna I giunti trave-colonna possono essere realizzati collegando la trave all’ala della colonna oppure vincolandola alla sua anima. Vediamo in dettaglio alcuni tipici collegamenti all’ala della colonna: a) giunto realizzato mediante angolari bullonati all’ala della colonna e all’anima della trave; Figura 1.11 - Giunto trave-colonna [2] b) giunto con piatto saldato in aggetto alla colonna e bullonato all’anima della trave; Figura 1.12 - Giunto trave-colonna [2]
  • 61. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 15 c) giunto con piastra saldata a parte di anima all’estremità della trave e bullonata alla colonna; Figura 1.13 - Giunto trave-colonna [2] d) giunto con piastra saldata, con cordoni di saldatura sia d’anima sia d’ala, alla trave e bullonata alla colonna. Figura 1.14 - Giunto trave-colonna [2] Si osservi che tutte le tipologie di giunto trave-colonna possono presentare costolature di irrigidimento del pannello d’anima nella colonna, in corrispondenza dell’ala della trave, necessarie a volte per non creare zone preferenziali di debolezza del giunto. 1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi Le giunzioni tra le membrature principali e le diagonali che realizzano i controventi trasferiscono forze tra elementi differentemente orientati. Usualmente il dimensionamento dei controventi viene eseguito considerando gli elementi diagonali soggetti soltanto ad azioni assiali, ossia ipotizzando cerniere alle estremità. L’intersezione degli assi baricentrici degli elementi che convergono nella giunzione deve coincidere con il punto nel quale è stato ipotizzato il vincolo, al fine di evitare azioni concentrate agenti con eccentricità non previste in fase di progetto. Figura 1.15 - Giunti per controventi verticali [2]
  • 62. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 16 1.6.3.3 - Giunti di base Una componente sempre presente nel giunto di base delle colonne è la piastra saldata, generalmente con cordoni d’angolo, all’estremità inferiore della colonna, che usualmente poggia su uno strato di malta di livellamento, all’estradosso della fondazione in conglomerato cementizio. In quest’ultima vengono annegati i tirafondi (generalmente barre in acciaio filettate alle estremità) unitamente ad eventuali perni di centraggio che agevolano la fase di assemblaggio del giunto stesso. La piastra deve avere le superfici spianate e forate per consentire il passaggio dei tirafondi. Nel caso in cui sulla colonna agisca soltanto una forza di compressione la trasmissione di questa avviene per contatto tra piastra di base e colletto di fondazione e quindi non sono richieste specifiche verifiche sui cordoni di saldatura. Se sulla colonna agiscono anche azioni taglianti e flettenti, allora i tirafondi assolvono una funzione statica e pertanto devono essere opportunamente dimensionati. Nel caso in cui i valori di queste azioni siano contenuti, la soluzione con tirafondi in prossimità degli spigoli delle piastre risulta molte volte economicamente conveniente. Se invece alla base della colonna convergono diagonali di controvento in grado di trasferire una significativa componente tagliante al giunto di base, devono essere previste specifiche piastre saldate per consentire il loro attacco. Figura 1.16 - Giunti di base per elevati valori di azione tagliante [2]
  • 63. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile _________________________________________________________________________ CAPITOLO 1 17 1.7 - BIBLIOGRAFIA [1] Arcelor Mittal Commercial Sections (1996), “Strutture antisismiche in acciaio”, Luxembourg. [2] G. Ballio, C. Bernuzzi (2004.), “Progettare costruzioni in acciaio”, Hoepli Milano. [3] Prof. R. Landolfo (2010), dispense: “Progettare con l’acciaio in zona sismica”. Università degli studi di Napoli Federico II, 26 Marzo 2010.