Invited presentation at
Workshop at University of Nebraska
ARCHES
assessment - rehabilitation - constructions - hystorical end existing structures
Omaha, November 9-11, 2016
UNA VICENDA ESEMPLARE: PARTENDO DALLA DEBOLEZZA DI UN DETTAGLIO, L’ALLINEAMENTO
DI DIFFERENTI MANCANZE PORTA AL COLLASSO DI UN PONTE.
Strade & Autostrade
(EDI-CEM Srl – Rivista “Strade & Autostrade”) http://online.stradeeautostrade.it/
Ia parte della lezione Ing. Paolo Emidio Sebastiani
al corso di Costruzioni Metalliche del Prof. Ing. Franco Bontempi
Facolta' di Ingegneria Civile e Industriale
Universita' degli Studi di Roma La Sapienza
Adeguamento Sismico, Master Livorno 07/03/14, Francesco PetriniFranco Bontempi
Polo Universitario Sistemi Logistici di Livorno
Master Universitario di 2° Livello: Soluzioni Innovative nell’Ingegneria Edile.
Soluzioni strutturali integrate: Adeguamento sismico.
Francesco Petrini
Pisa, 7 marzo 2014
Invited presentation at
Workshop at University of Nebraska
ARCHES
assessment - rehabilitation - constructions - hystorical end existing structures
Omaha, November 9-11, 2016
UNA VICENDA ESEMPLARE: PARTENDO DALLA DEBOLEZZA DI UN DETTAGLIO, L’ALLINEAMENTO
DI DIFFERENTI MANCANZE PORTA AL COLLASSO DI UN PONTE.
Strade & Autostrade
(EDI-CEM Srl – Rivista “Strade & Autostrade”) http://online.stradeeautostrade.it/
Ia parte della lezione Ing. Paolo Emidio Sebastiani
al corso di Costruzioni Metalliche del Prof. Ing. Franco Bontempi
Facolta' di Ingegneria Civile e Industriale
Universita' degli Studi di Roma La Sapienza
Adeguamento Sismico, Master Livorno 07/03/14, Francesco PetriniFranco Bontempi
Polo Universitario Sistemi Logistici di Livorno
Master Universitario di 2° Livello: Soluzioni Innovative nell’Ingegneria Edile.
Soluzioni strutturali integrate: Adeguamento sismico.
Francesco Petrini
Pisa, 7 marzo 2014
Lezioni del Corso OTTIMIZZAZIONE STRUTTURALE
Prof. Ing. Franco Bontempi
Facolta' di Ingegneria Civile e Industriale
Universita' degli Studi di Roma La Sapienza
2015 - aprile, 15-22-29, maggio, 6-20-27, ore 15-19, Aula Riunioni Dipartimento.
Costruzioni Metalliche
Lezione del 27 ottobre 2016, Prof. Ing. Franco Bontempi.
Facolta' di Ingegneria Civile e Industriale.
Universita' degli Studi di Roma La Sapienza.
Costruzioni Metalliche
Lezione del 27 ottobre 2016, Prof. Ing. Franco Bontempi.
Facolta' di Ingegneria Civile e Industriale.
Universita' degli Studi di Roma La Sapienza.
Corso di Aggiornamento Professionale:
MODELLAZIONE STRUTTURALE
E CALCOLO AUTOMATICO
DELLE STRUTTURE
Ordine degli Ingegneri della Provincia di Pordenone
21-22 settembre 2017
ntesi degli argomenti trattati nella esercitazione 7 (parte 1) del Corso di Tecnica delle Costruzioni tenuto presso la Facoltà di Ingegneria Civile della Sapienza di Roma
Tecnica delle costruzioni - UNIONI acciaio - Parte 1Franco Bontempi
Slide delle esercitazioni di tecnica delle costruzioni per il corso di Ingegneria Civile tenuto dal prof. Franco Bontempi alla Sapienza di Roma - Prima esercitazione sulle UNIONI
Esercitazione del corso di tecnica delle Costruzioni per Ingegneria Civile della Sapienza Università di Roma, docente Prof. Franco Bontempi, assistenti Ing. Stefania Arangio e Ing. Chiara Crosti.
Esercitazione 10 - Unioni
Tecnica delle Costruzioni A.A. 2013/14 BontempiFranco Bontempi
Il corso ha per oggetto la progettazione strutturale, attraverso la traduzione dei principi e delle teorie della meccanica strutturale in modelli, metodi e criteri adeguati a definire il comportamento strutturale delle costruzioni e a eseguire la verifica della sicurezza e delle capacità prestazionali delle opere e degli elementi in acciaio, in conglomerato armato e in conglomerato armato precompresso. Alla fine del corso, lo Studente: 1) acquisirà le conoscenze teoriche e metodologiche fondamentali per l’analisi strutturale e la progettazione e 2) avrà le competenze per concepire, progettare e verificare costruzioni ordinarie; acquisirà capacità 3) di giudizio e di 4) comunicazione di idee, informazioni, dati, problemi e soluzioni relativi alle costruzioni tipiche dell’Ingegneria Civile, sia singole, come edifici, sia componenti di reti infrastrutturali; 5) potrà successivamente estendere le conoscenze e le competenze su tutti i temi specialistici relativi all’Ingegneria Strutturale.
Corso di Aggiornamento Professionale
MODELLAZIONE STRUTTURALE
E CALCOLO AUTOMATICO DELLE STRUTTURE
Ordine degli Ingegneri della Provincia di Pordenone
21-22 settembre 2017
Lezione Dott. Ing. Francesco Petrini
Programma del Corso di Tecnica delle Costruzioni
A.A. 2021/22 - Prof. Ing. Franco Bontempi
Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale
Università degli Studi di Roma la Sapienza
Lezioni del Corso OTTIMIZZAZIONE STRUTTURALE
Prof. Ing. Franco Bontempi
Facolta' di Ingegneria Civile e Industriale
Universita' degli Studi di Roma La Sapienza
2015 - aprile, 15-22-29, maggio, 6-20-27, ore 15-19, Aula Riunioni Dipartimento.
Costruzioni Metalliche
Lezione del 27 ottobre 2016, Prof. Ing. Franco Bontempi.
Facolta' di Ingegneria Civile e Industriale.
Universita' degli Studi di Roma La Sapienza.
Costruzioni Metalliche
Lezione del 27 ottobre 2016, Prof. Ing. Franco Bontempi.
Facolta' di Ingegneria Civile e Industriale.
Universita' degli Studi di Roma La Sapienza.
Corso di Aggiornamento Professionale:
MODELLAZIONE STRUTTURALE
E CALCOLO AUTOMATICO
DELLE STRUTTURE
Ordine degli Ingegneri della Provincia di Pordenone
21-22 settembre 2017
ntesi degli argomenti trattati nella esercitazione 7 (parte 1) del Corso di Tecnica delle Costruzioni tenuto presso la Facoltà di Ingegneria Civile della Sapienza di Roma
Tecnica delle costruzioni - UNIONI acciaio - Parte 1Franco Bontempi
Slide delle esercitazioni di tecnica delle costruzioni per il corso di Ingegneria Civile tenuto dal prof. Franco Bontempi alla Sapienza di Roma - Prima esercitazione sulle UNIONI
Esercitazione del corso di tecnica delle Costruzioni per Ingegneria Civile della Sapienza Università di Roma, docente Prof. Franco Bontempi, assistenti Ing. Stefania Arangio e Ing. Chiara Crosti.
Esercitazione 10 - Unioni
Tecnica delle Costruzioni A.A. 2013/14 BontempiFranco Bontempi
Il corso ha per oggetto la progettazione strutturale, attraverso la traduzione dei principi e delle teorie della meccanica strutturale in modelli, metodi e criteri adeguati a definire il comportamento strutturale delle costruzioni e a eseguire la verifica della sicurezza e delle capacità prestazionali delle opere e degli elementi in acciaio, in conglomerato armato e in conglomerato armato precompresso. Alla fine del corso, lo Studente: 1) acquisirà le conoscenze teoriche e metodologiche fondamentali per l’analisi strutturale e la progettazione e 2) avrà le competenze per concepire, progettare e verificare costruzioni ordinarie; acquisirà capacità 3) di giudizio e di 4) comunicazione di idee, informazioni, dati, problemi e soluzioni relativi alle costruzioni tipiche dell’Ingegneria Civile, sia singole, come edifici, sia componenti di reti infrastrutturali; 5) potrà successivamente estendere le conoscenze e le competenze su tutti i temi specialistici relativi all’Ingegneria Strutturale.
Corso di Aggiornamento Professionale
MODELLAZIONE STRUTTURALE
E CALCOLO AUTOMATICO DELLE STRUTTURE
Ordine degli Ingegneri della Provincia di Pordenone
21-22 settembre 2017
Lezione Dott. Ing. Francesco Petrini
Programma del Corso di Tecnica delle Costruzioni
A.A. 2021/22 - Prof. Ing. Franco Bontempi
Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale
Università degli Studi di Roma la Sapienza
Connessioni in Acciaio - Lezione 14 dicembre2012Franco Bontempi
Lezione del 14 dicembre 2012 dell'Ing. Chiara Crosti - Corso di Costruzioni Metalliche del Prof. Ing. Franco Bontempi presso la Facolta' di Ingegneria della Universita' di Roma La Sapienza
ntesi degli argomenti trattati nelle esercitazioni 7 (parte 2) e 8 del Corso di Tecnica delle Costruzioni tenuto presso la Facoltà di Ingegneria Civile della Sapienza di Roma
Il presente volume affronta l’impostazione della progettazione e delle verifiche prestazionali e di
sicurezza per le costruzioni in acciaio secondo le Nuove Norme Tecniche e gli Eurocodici strutturali.
A una prima lettura, le normative europee e ora la normativa nazionale potrebbero sembrare piuttosto
complesse e a volte poco intuitive ma una volta fatti propri i concetti di base e chiarite le procedure di
calcolo, ci si rende conto che il loro utilizzo è meno difficile di quello che può sembrare.
Il presente testo propone un approccio elementare ma innovativo adatto a superare le difficoltà legate
a un primo utilizzo delle normative. Tale impostazione è stata concretizzata in una serie di diagrammi
di flusso che sintetizzano in forma ordinata le procedure di calcolo delle azioni sulle costruzioni e le
verifiche degli elementi strutturali in acciaio.
Per familiarizzare con le normative è inoltre importante svolgere dei calcoli a mano. A questo
proposito, nella parte applicativa del volume sono riportati nel dettaglio i calcoli relativi al
dimensionamento di un edificio multipiano in acciaio. Si fa comunque notare che in questa sede gli
argomenti sono presentati in forma elementare e richiedono studi e approfondimenti successivi.
I contenuti del presente testo sono destinati sia a studenti delle facoltà di Ingegneria e Architettura sia
ai tecnici professionisti che vogliano aggiornare le proprie competenze.
Indice degli argomenti trattati nella esercitazione 3 del corso di Tecnica delle Costruzioni - Ingegneria Civile - Sapienza Università di Roma - docente Prof. Bontempi
Sintesi degli argomenti trattati nella esercitazione 6 del Corso di Tecnica delle Costruzioni tenuto presso la Facoltà di Ingegneria Civile della Sapienza di Roma
Indice degli argomenti trattati nella esercitazione 1 del corso di Tecnica delle Costruzioni - Ingegneria Civile - Sapienza Università di Roma - docente Prof. Bontempi
Sintesi degli argomenti trattati nella esercitazione 5 del corso di Tecnica della Costruzioni per gli allievi del Corso di Ingegneria Civile alla Sapienza Università di Roma.
Docente: Prof. Franco Bontempi; assistente: Ing. Stefania Arangio
Indice degli argomenti trattati nella esercitazione 4 del corso di Tecnica delle Costruzioni - Ingegneria Civile - Sapienza Università di Roma - docente Prof. Bontempi
Appunti del Corso di Progettazione Strutturale Antincendio.
Prof. Ing. Franco Bontempi
A.A.2016/17
Facolta' di Ingegneria Civile e Industriale
Universita' degli Studi di Roma La Sapienza
Elaborato di Riccardo Giorgi per il Corso di Progettazione Strutturale Antincendio del prof. ing. Franco Bontempi, Facolta' di Ingegneria Civile e Industriale, Sapienza Universita' di Roma, A.A. 2015/16.
Slide della esercitazione n.7 del Corso di Tecnica delle Costruzioni per Ingegneria Civile tenuto dal Prof. Franco Bontempi alla Sapienza Universita' di Roma - esercitazioni tenute dall'Ing. Stefania Arangio
CONVEGNO
L’INVESTIGAZIONE ANTINCENDI:
STATO DELL’ARTE E SVILUPPI FUTURI
Roma, 22 marzo 2017
Istituto Superiore Antincendio
Lo sviluppo di eventi negativi come i collassi strutturali che mettono a rischio la sicurezza della Società richiede un attento studio al fine di capirne le ragioni e spiegarne lo sviluppo nello spazio e nel tempo, come illustrato schematicamente nella figura sotto riportata e relativa ad un incendio in un edificio alto.
Lo studio di questi eventi negativi è l’oggetto centrale della Ingegneria Forense, che ha anche il compito di attribuire le eventuali responsabilità tecniche ed eventualmente individuare azioni dolose. In tal modo, in termini generali, questa disciplina ha anche la possibilità di indicare nuovi metodi di progetto che comprendano concetti ampi o innovativi come la robustezza strutturale o la resilienza, aumentando la conoscenza complessiva dell’Ingegneria.
Nel presente contributo, nella prima parte, saranno introdotti i punti salienti che riguardano la natura accidentale di eventi come l’incendio, i modelli generali che permettono di inquadrare questi incidenti, i criteri che permettono la ricostruzione degli eventi accidentali, concludendo con alcuni aspetti giuridici.
Nella seconda parte, dopo aver ricordato alcuni aspetti meccanici fondamentali, saranno presentati alcuni casi notevoli, mettendo in evidenza come i concetti prima evidenziati si presentano in concreto.
VALUTAZIONE DI VULNERABILITA’ SISMICA DI TORRINI PIEZOMETRICI CON ANALISI PUS...ArchLiving
IL RISCHIO SISMICO PER I GESTORI DELLE RETI
Ing. Alessandro Nicastro – ArchLivIng
Riccardo Meneghin – Tesista UniFE
Remtech Expo, Ferrara 19 settembre 2018
Validazione di sistemi di continuità per strutture prefabbricateFranco Bontempi
Il presente lavoro raccoglie parte degli studi sperimentali e numerici atti a validare il sistema di connessione sismo-resistente (“Connessione di Continuità RS”) brevettato da B.S. Italia. Tale sistema di connessione è stato progettato per il trasferimento diretto delle forze tra barre di armatura,
realizzando una perfetta emulazione di una struttura gettata in opera. La validazione ha coinvolto un’estesa campagna sperimentale sia per investigare il comportamento locale del sistema di connessione,
sia per riprodurre il comportamento globale dei manufatti collegati. Si è poi previsto che ogni analisi sperimentale abbia la sua interpretazione numerica, in modo da validare e anche di generalizzare il comportamento meccanico a casi non testati sperimentalmente. In questo lavoro, dopo una panoramica sul sistema costruttivo di B.S. Italia saranno evidenziate le analisi eseguite su di una colonna di
dimensioni 50 x 50 cm alta 5 m e su di un nodo di collegamento trave colonna.
Analisi tridimensionale di pile da ponte a doppia lama.Franco Bontempi
Giornate AICAP 2002
La pila da ponte a doppia lama è formata da due parti con caratteristiche geometriche e meccaniche molto diverse tra
loro. La prima parte è costituita da un cassone chiuso, molto rigido; la seconda, superiore, è composta da due lame
flessibili collegate rigidamente in sommità. Analizzando la struttura nella sua tridimensionalità, si vuole porre in rilievo
alcuni comportamenti che un’analisi più semplice non è in grado di cogliere.
2 Esame del Modello Strutturale e del Tipo di Analisi nelle NTC 2008 di Aurel...Eugenio Agnello
Slide estratte da una presentazione del prof. Aurelio Ghersi, ordinario di ingegneria strutturale dell’Università di Catania, in occasione di un convegno “Edifici antisismici
in Calcestruzzo Armato, aspetti strutturali e geotecnici secondo le NTC 2008” che si è svolto nel Dicembre 2010 ad Acireale (CT).
Definizione dello schema geometrico,
Modellazione della struttura,
Evoluzione del modello di telaio,
L’impalcato planimetricamente indeformabile,
Irregolarità strutturali per l’impalcato,
Modellazione della struttura: modulo elastico e rigidezza,
Elementi non strutturali (tramezzi e tamponature),
Struttura, fondazione e terreno,
Modellazione, considerazioni, esempi reali in 3d,
Metodi di analisi previsti dalla norma,
Comportamento reale di una struttura durante un sisma,
Analisi dinamica non lineare,
Analisi statica non lineare,
Modi approssimati per valutare la risposta al sisma,
Risposta sismica,
Modi di oscillazione libera,
Analisi modale,
Equazione del moto,
Analisi modale con spettro di risposta,
Analisi statica o analisi modale?,
Meccanismi di collasso,
Fattore di struttura,
Classe di duttilità regolarità struttura,
Tipologia strutturale.
Lezione al Polo Universitario Sistemi Logistici di Livorno
Master Universitario di 2° Livello: Soluzioni Innovative nell’Ingegneria Edile.
Soluzioni strutturali integrate: Adeguamento sismico.
Francesco Petrini
Pisa, 7 marzo 2014
Aspetti delle caratteristiche prestazionali di barriere stradali tipo New Jer...StroNGER2012
Nel prima parte dell’articolo, pubblicato sul numero 25 di INGENIO, si sono considerati aspetti elementari ma fondamentali dei sistemi di ritenuta composti da barriere prefabbricate tipo New Jersey. Se ne sono evidenziate le essenziali caratteristiche geometriche e meccaniche e
attraverso una modellazione numerica ad elementi finiti si sono sviluppate delle simulazioni dinamiche che hanno permesso di evidenziarne le caratteristiche prestazionali.
In questo secondo articolo saranno invece prese in considerazione due diverse tipologie di barriere, una tipologia più recente denominata TIPOLOGIA A confrontata con una sviluppata all’inizio degli Anni ‘90, denominata TIPOLOGIA B. Per quest’ultima, sarà considerata accanto alla configurazione nominale una configurazione degradata come presumibilmente si ha dopo circa vent’anni di assenza di manutenzione.
Calcolo della precompressione:
DOMINI e STRAUS7
Corso di Gestione di Ponti e Grandi Strutture A.A. 2021/22
Prof. Ing. Franco Bontempi
Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale
Sapienza Università di Roma
Scopo dell'evento è
• illustrare l'identità culturale, e tecnica – di cui il progetto è parte fondante – del SSD Tecnica delle Costruzioni nella didattica,
• evidenziando contemporaneamente le opportunità di collaborazione trasversale con altre discipline,
• con particolare riferimento ai corsi della lauree magistrali o
equivalenti, e livelli di formazione successivi (master e dottorati).
L’incontro ha l’obiettivo di delineare l'identità culturale, scientifica e tecnica della disciplina della Tecnica delle Costruzioni nella didattica, evidenziando contemporaneamente le opportunità di collaborazione trasversale con altre discipline, con particolare riferimento ai corsi della lauree magistrali o equivalenti, e livelli di formazione successivi (master e dottorati).
In recent years, there has been an increasing interest in permanent observation of the dynamic behaviour of bridges for longterm
monitoring purpose. This is due not only to the ageing of a lot of structures, but also for dealing with the increasing
complexity of new bridges. The long-term monitoring of bridges produces a huge quantity of data that need to be effectively
processed. For this purpose, there has been a growing interest on the application of soft computing methods. In particular,
this work deals with the applicability of Bayesian neural networks for the identification of damage of a cable-stayed bridge.
The selected structure is a real bridge proposed as benchmark problem by the Asian-Pacific Network of Centers for Research
in Smart Structure Technology (ANCRiSST). They shared data coming from the long-term monitoring of the bridge with the
structural health monitoring community in order to assess the current progress on damage detection and identification
methods with a full-scale example. The data set includes vibration data before and after the bridge was damaged, so they are
useful for testing new approaches for damage detection. In the first part of the paper, the Bayesian neural network model is
discussed; then in the second part, a Bayesian neural network procedure for damage detection has been tested. The proposed
method is able to detect anomalies on the behaviour of the structure, which can be related to the presence of damage. In order
to obtain a confirmation of the obtained results, in the last part of the paper, they are compared with those obtained by using a
traditional approach for vibration-based structural identification.
In recent years, structural integrity monitoring has become increasingly important in structural engineering and construction management. It represents an important tool for the assessment of the dependability of existing complex structural systems as it integrates, in a unified perspective, advanced engineering analyses and experimental data processing. In the first part of this work
the concepts of dependability and structural integrity are
discussed and it is shown that an effective integrity assessment
needs advanced computational methods. For this purpose, soft computing methods have shown to be very useful. In particular, in this work the neural networks model is chosen and successfully improved by applying the Bayesian inference at four hierarchical levels: for training, optimization of the regularization terms, databased model selection, and evaluation of the relative importance of different inputs. In the second part of the article,
Bayesian neural networks are used to formulate a
multilevel strategy for the monitoring of the integrity of long span bridges subjected to environmental actions: in a first level the occurrence of damage is detected; in a following level the specific damaged element is recognized and the intensity of damage is quantified.
This paper deals with the general framework for the development and the maintenance of complex structural systems. In the first part, starting with a semantic analysis of the term ‘structure’, the traditional approach to structural problem solving has been reconsidered. Consequently, a systemic approach for the formulation of the different kinds of direct and inverse problems has been framed, particularly with regards to structural design and
maintenance. The overall design phase is defined with the aid of the performance-based design (PBD) philosophy, emphasizing the concepts of dependability and enlightening the role of structural identification. The second part of the present work analyses structural health monitoring (SHM) in the systemic way previously introduced. Finally, the techniques related to the implementation of the monitoring process are introduced and a synoptic overview of methods and instruments for structural health monitoring is
presented, with particular attention to the ones necessary for structural damage identification.
Disegni strutturali e particolari costruttivi di ponti in cemento armato raccolti dall'Ing. Cosimo Bianchi.
Ad uso esclusivo degli Allievi del Corso di Teoria e Progetto di Ponti della Facoltà di Ingegneria della Sapienza - Prof. Ing. Franco Bontempi
Disegni strutturali e particolari costruttivi di ponti in acciaio raccolti dall'Ing. Cosimo Bianchi.
Ad uso esclusivo degli Allievi del Corso di Teoria e Progetto di Ponti della Facoltà di Ingegneria della Sapienza - Prof. Ing. Franco Bontempi
Libro che raccoglie le lezioni del Prof. Giulio Ceradini a cura del Prof. Carlo Gavarini.
Ad uso esclusivo degli Allievi del Corso di Teoria e Progetto di Ponti della Facoltà di Ingegneria della Sapienza - Prof. Ing. Franco Bontempi
A numerical approach to the reliability analysis of reinforced and prestressed concrete structures is presented. The problem is formulated in terms of the probabilistic safety factor and the structural reliability is evaluated by Monte
Carlo simulation. The cumulative distribution of the safety factor associated with each limit state is derived and a reliability index is evaluated. The proposed procedure is applied to reliability analysis of an existing prestressed concrete arch bridge.
This paper presents a general approach to the probabilistic prediction of the structural service life and to the maintenance
planning of deteriorating concrete structures. The proposed formulation is based on a novel methodology for the assessment of the time-variant structural performance under the diffusive attack of external aggressive agents. Based on this methodology, Monte Carlo
simulation is used to account for the randomness of the main structural parameters, including material properties, geometrical parameters, area and location of the reinforcement, material diffusivity and damage rates. The time-variant reliability is then computed with respect to proper measures of structural performance. The results of the lifetime durability analysis are finally used to select, among different maintenance scenarios, the most economical rehabilitation strategy leading to a prescribed target value of the structural service life. Two numerical applications, a box-girder bridge deck and a pier of an existing bridge, show the effectiveness of the proposed methodology.
This paper presents a novel approach to the problem of durability analysis and lifetime assessment of concrete structures under
the diffusive attack from external aggressive agents. The proposed formulation mainly refers to beams and frames, but it can be easily
extended also to other types of structures. The diffusion process is modeled by using cellular automata. The mechanical damage coupled to diffusion is evaluated by introducing suitable material degradation laws. Since the rate of mass diffusion usually depends on the stress state, the interaction between the diffusion process and the mechanical behavior of the damaged structure is also taken into account by a proper modeling of the stochastic effects in the mass transfer. To this aim, the nonlinear structural analyses during time are performed
within the framework of the finite element method by means of a deteriorating reinforced concrete beam element. The effectiveness of the
proposed methodology in handling complex geometrical and mechanical boundary conditions is demonstrated through some applications.
Firstly, a reinforced concrete box girder cross section is considered and the damaging process is described by the corresponding evolution of both bending moment–curvature diagrams and axial force-bending moment resistance domains. Secondly, the durability analysis of a
reinforced concrete continuous T-beam is developed. Finally, the proposed approach is applied to the analysis of an existing arch bridge and to the identification of its critical members.
The paper deals with the assessment during time of r.c. structures under damage due to diffusion of external agents inside the structure. The diffusion process is modelled by a cellular automata based approach, taking the interaction with the mechanical state of the structures, i.e. the cracking state of the structures, into account. A so-called staggered process then solves the coupled problem. An application shows the effectiveness of the proposed analysis strategy, together some design considerations about the structural robustness.
Atti Congresso CTE, Pisa 2000
1. Tesi di Laurea:
Relatore: Laureando:
Prof. Ing. Franco Bontempi Andrea Demin
Correlatore:
Ing. Francesco Petrini
2. 1
STRUTTURA DELLA PRESENTAZIONE
Andrea Demin
Ruolo delle zone nodali nel comportamento strutturale
Definizioni degli elementi che compongono un nodo
Modellazione dei nodi semi-rigidi
Applicazione del modello ad una struttura complessa, “L’Ospedale”
Considerazioni conclusive
IntroduzioneParteIParteIIConclusioniIntroduzioneParteIConclusioniParteIIParteIII
Applicazione del modello ad un telaio piano
3. Introduzione Parte I Parte II Parte III 2Conclusioni
RUOLO DELLE ZONE NODALI NEL COMPORTAMENTO STRUTTURALE
Andrea Demin
L’elevato numero di edifici crollati o fortemente danneggiati e le numerose vittime occorse
durante il terremoto di Northridge (1994) hanno suscitato grande attenzione in tutta la comunità
scientifica.
Ai fini di una corretta valutazione del
comportamento globale della struttura, occorre
considerare, quindi, le prestazioni di un nodo
nel suo complesso.
In seguito a questo terremoto, l’eccessiva
plasticizzazione delle zone pannello è stato visto
come la principale causa dei numerosi e inattesi
danni manifestati dai collegamenti delle strutture
metalliche intelaiate
FEMA (2000), “A Policy Guide to Steel Moment-Frame Construction”, Federal Emergency Management Agency-354, Washington
D.C., November 2000.
4. Introduzione Parte I Parte II Parte III 3Conclusioni
DEFINIZIONI DEGLI ELEMENTI CHE COMPONGONO UN NODO
Andrea Demin
1. Il collegamento: è l’insieme degli elementi che rendono possibile l’unione tra due differenti
membrature
2. Il giunto: è la zona in prossimità del collegamento in cui si manifestano interazioni specifiche
tra gli elementi collegati
3. La zona nodale: è la zona individuata da tutti i giunti che concorrono in un nodo
Ogni nodo, di una struttura intelaiata d’acciaio, è
caratterizzato da quattro elementi che interagiscono:
• l’elemento trave;
• l’elemento colonna;
• il pannello nodale;
• il collegamento.
G. Ballio, C. Bernuzzi (2004.), “Progettare costruzioni in acciaio”, Hoepli Milano.
6. La deformazione tagliante del pannello è, in molti casi pratici, la componente più significativa
dello spostamento orizzontale totale.
Il contributo allo spostamento dato dal pannello può anche essere diviso in componenti assiali,
flessionali e di taglio:
Introduzione Parte I Parte II Parte III 4Conclusioni
MECCANISMI DEL NODO TRAVE-COLONNA
Andrea Demin
PGC
Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc., U.S.A. (2004), “Modeling procedures for
panel zone deformations in moment resisting frames”, Amsterdam - June 3-4, 2004.
Tipico sottoassemblaggio interno trave-colonna
di un telaio resistente a momento
Spostamento orizzontale totale di un tipico
sottoassemblaggio trave-colonna:
Ricerche sperimentali su sotto-
assemblaggi trave-colonna hanno
mostrato che il comportamento
del pannello nodale è dominato
da distorsioni taglianti.
PVPFPAP
7. Il momento di snervamento della molla è dato dal
prodotto tra il taglio del pannello e la sua altezza
Rigidezza di snervamento della molla rotazionaleLa rotazione di snervamento della molla è data dal rapporto
tra la deformazione di taglio del pannello e la sua altezza
G
F
dVM
y
Ky
byKy
55,0,
,
Introduzione Parte I Parte II Parte III 5Conclusioni
MODELLI PER IL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI NODI
Andrea Demin
1. Modello KRAWINKLER
Questo modello permette di predire la risposta
del pannello sulla base della conoscenza delle
sue caratteristiche geometriche e meccaniche:
Il modello meccanico è costituito
dall’anima della colonna, con
comportamento elasto-plastico
incrudente, circondata ai quattro
lati da elementi rigidi connessi ai
vertici con molle che
schematizzano l’effetto delle
piattabande della colonna sul
comportamento della zona
pannello.
bcybyKy dtdFdVM 55,0,
G
F
G
dV y
P
by
Ky
55,0,
Ky
Ky
Ky
M
K
,
,
,
FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of Steel Moment-Frame Buildings”, Federal
Emergency Management Agency-355F, Washington D.C., Semptember 2000.
8. La molla del modello “Scissor”
risulterà essere circa 2 volte più rigida
e 1,43 volte più resistente di quella
del modello “Krawinkler”.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 6Conclusioni
MODELLI PER IL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI NODI
Andrea Demin
1. Modello SCISSOR
Il modello è composto da due elementi
rigidi (all’interno della zona pannello)
con una singola cerniera nel centro.
Come per il modello Krawinkler viene
utilizzata una molla rotazionale per
rappresentare il comportamento della
componente pannello.
Le proprietà della molla si determinano
da quelle trovate per il modello
Krawinkler tramite i termini α e β:
α rappresenta il rapporto tra l'effettiva
profondità della colonna e la lunghezza
della campata
β rappresenta il rapporto tra l'effettiva
profondità della trave e l’altezza della
colonna
2
,
,
,
,
1
1
Ky
Sy
Ky
Sy
K
K
M
M
con rigidezza post-snervamento
pari al 6% di quella elastica
FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of Steel Moment-Frame Buildings”, Federal
Emergency Management Agency-355F, Washington D.C., Semptember 2000.
2,0
1,0
H
d
L
d
b
c
9. Introduzione Parte I Parte II Parte III 7Conclusioni
MODELLI A CONFRONTO
Andrea Demin
Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc., U.S.A. (2004), “Modeling procedures for
panel zone deformations in moment resisting frames”, Amsterdam - June 3-4, 2004.
Cinematica del “modello Krawinkler” Cinematica del “modello Scissor”
In conclusione è possibile dire che modelli meccanici semplificati come il “modello Krawinkler”
e il “modello Scissor” sono estremamente efficaci nel rappresentare sia le deformazioni elastiche
che anelastiche nella zona pannello in strutture a telaio in acciaio.
Test approfonditi hanno dimostrato che queste differenze cinematiche non hanno un effetto
significativo sulla risposta. Infatti il “modello Scissor”, pur non modellando il reale
comportamento della regione del nodo, produce risultati essenzialmente identici a quelli di
“Krawinkler”.
11. Elemento
strutturale
Profilo L elemento
(m)
Materiale
Colonna HE320A 3 S275
Trave IPE400 5 S275CERNIERE PLASTICHE
PRESSO-FLESSIONALI
Per modellare le non linearità di materiale sono state
definite delle cerniere plastiche secondo FEMA 356
(Federal Emergency Management Agency)CERNIERE PLASTICHE
FLESSIONALI
Introduzione Parte I Parte II Parte III 8Conclusioni
TELAIO PIANO
Andrea Demin
La struttura in esame è un telaio in acciaio a
due campate e tre piani. Le travi sono tutte
della stessa sezione (IPE400) e della stessa
lunghezza.
Anche per le colonne è stata utilizzata
un’unica sezione (HE320A), e sono tutte
della stessa altezza.
12. Introduzione Parte I Parte II Parte III 9Conclusioni
TELAIO PIANO
Andrea Demin
0
50
100
150
200
250
300
0 0,001 0,002 0,003 0,004 0,005 0,006 0,007
M [KNm]
θ [-]
La relazione momento-rotazione
utilizzata per il giunto è di tipo
non lineare.
Modello Scissor
13. 0
200
400
600
800
1000
1200
1400
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
Taglioallabase[KN]
Spostamento ultimo piano [m]
NODI RIGIDI
NODI SEMI-RIGIDI
NODI CON CERNIERE
Dall’andamento di queste curve si intuisce che è molto importante caratterizzare con sufficiente
accuratezza il legame costitutivo dei nodi, poiché da essi dipende l’intero stato di sollecitazione
del sistema. Difatti, a seconda del tipo di giunto, varia non soltanto la risposta strutturale in
termini di spostamenti, ma anche quella in termini di sollecitazioni, nonché la rigidezza alla
traslazione dei telai.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 10Conclusioni
CURVA DI CAPACITA’
Andrea Demin
0
3
6
9
0,00 10,00 20,00 30,00 40,00
Hpiano
[m]
F [KN]
Distribuzione delle forze uniforme
Sono stati definiti tre tipi di telai:
• Telaio con nodi trave-colonna rigidi;
• Telaio con nodi trave-colonna a cerniera;
• Telaio con nodi trave-colonna semi-rigidi
14. Introduzione Parte I Parte II Parte III 11Conclusioni
CURVA DI CAPACITA’
Andrea Demin
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
Taglioallabase[KN]
Spostamento ultimo piano [m]
NODI RIGIDI
NODI SEMI-RIGIDI
NODI CON CERNIERE
L’analisi di push-over ci consente, quindi, di
individuare la risposta non-lineare della
struttura al crescere delle azioni laterali e
seguire la successione e l’evoluzione della
plasticizzazione nei vari componenti.
RIGIDISEMI-RIGIDI
CERNIERA
I tre modelli vengono confrontati allo
stesso spostamento laterale
Nel modello a nodi rigidi si ottiene il massimo
grado di plasticizzazione sia nelle travi che nelle
colonne.
Nel modello a nodi semi-rigidi le
travi risulteranno meno plasticizzate.
Nel modello a nodi cerniera la
plasticizzazione sarà esclusivamente
concentrata alla base del telaio.
16. Introduzione Parte I Parte II Parte III 12Conclusioni
L’OSPEDALE
Andrea Demin
Necci S., Schwarz R., Valleriani D., “Esame di costruzioni metalliche: progetto di un edificio in acciaio adibito ad uso ospedaliero”,
Anno Accademico 2009-2010.
La struttura portante dell’opera
è interamente realizzata in
acciaio e sia per le travi che
per le colonne sono stati
impiegati profili a doppio T.
Sono stati inseriti controventi
verticali concentrici in
entrambe le direzioni
L’opera in esame è adibita ad uso ospedaliero. Risulta quindi essere una costruzione di notevole
importanza, non solo in relazione alle funzioni svolte, ma anche riguardo le dimensioni.
17. Introduzione Parte I Parte II Parte III 13Conclusioni
NON LINEARITA’ UTILIZZATE NEL MODELLO
Andrea Demin
FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of buildings”, Federal Emergency Management
Agency-356, Washington D.C. (USA), November 2000.
• Le non linearità di materiale sono state considerate mediante l’introduzione di cerniere
plastiche definite secondo le indicazioni date dalle FEMA 356 (Federal Emergency
Management Agency):
con a, b e c parametri di
modellazione.
• Le non linearità geometriche sono state considerate tramite gli effetti P-Δ;
cerniere assiali per i controventi;
cerniere flessionali per le travi;
cerniere presso-flessionali per le colonne.
18. Introduzione Parte I Parte II Parte III 14Conclusioni
DEFINIZIONE DEI LEGAMI MOMENTO-ROTAZIONE DEI NODI
Andrea Demin
0
200
400
600
800
1000
1200
0 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01 0,012
M[KNm]
θ [-]
Tipo 1
Tipo 2
Tipo 3
Tipo 4
Tipo 5
Nodo Profilo
colonna
Acciaio My,K θy,K Ky,K My,S Ky,S Kincr,S θy,S θu,S Mu,S
[KNm] [-] [KNm] [KNm] [KNm] [KNm] [-] [-] [KNm]
Tipo 1 HE300B S355 257,73 0,00254 101565 299,69 137324 8239 0,00218 0,00873 353,63
Tipo 2 HE360M S450 821,20 0,00322 255297 969,16 355580 21335 0,00273 0,01090 1143,61
Tipo 3 HE340B S355 318,65 0,00254 125571 379,17 177802 10668 0,00213 0,00853 447,42
Tipo 4 HE300M S355 557,63 0,00254 219749 663,55 311154 18669 0,00213 0,00853 782,99
Tipo 5 HE340A S275 189,67 0,00197 96486 225,33 136187 8171 0,00165 0,00662 265,90
Modello Scissor
19. 0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb[KN]
dc [m]
C. di capacità senza effetti P-Δ
C.di capcità con effetti P-Δ
Curve di capacità del modello a nodi semi-rigidi
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
Tb[KN]
dc [m]
lineare (nodi rigidi)
pseudo-lineare (nodi rigidi)
softening (nodi rigidi)
lineare (nodi semi-rigidi)
pseudo-lineare (nodi semi-rigidi)
softening (nodi semi-rigidi)
Curve di capacità con effetti P-Δ
Introduzione Parte I Parte II Parte III 15Conclusioni
L’INFLUENZA DEGLI EFFETTI P-Δ SULLA CURVA DI CAPACITA’
Andrea Demin
Confrontando i due modelli con nodi rigidi e nodi semi-rigidi si può notare come:
• il tratto LINEARE e PSEUDO-LINEARE delle curve non subiscono variazioni significative;
• il tratto di SOFTENING della curva del modello a nodi semi-rigidi possiede una pendenza
minore, quindi si ha una riduzione della rigidezza globale della struttura.
Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione
longitudinale
20. Introduzione Parte I Parte II Parte III 16Conclusioni
EVOLUZIONE DELLA STRUTTURAA CRESCENTI LIVELLI DI ε
Andrea Demin
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb[KN]
dc [m]
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
N°Piano
U1 / Htot [%]
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,5 1 1,5 2
N°Piano
Drift [%]
Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione
longitudinale
Si può notare come, globalmente, al
crescere del cimento plastico della
struttura corrisponde un aumento in
termini di spostamenti di piano e di
drift di interpiano, in particolare tale
aumento è enfatizzato ai piani
inferiori della struttura.
21. Introduzione Parte I Parte II Parte III 17Conclusioni
IMPORTANZA DELLA MODELLAZIONE AL VARIARE DELLO S. L.
Andrea Demin
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb[KN]
dc [m]
C. di capacità (nodi rigidi)
Punto di prestazione
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
Punto di prestazione
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3
N°Piano
Drift [%]
nodi rigidi
nodi semi-rigidi
Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione
longitudinale
SLO
22. 0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb[KN]
dc [m]
C. di capacità (nodi rigidi)
Punto di prestazione
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
Punto di prestazione
Introduzione Parte I Parte II Parte III 18Conclusioni
IMPORTANZA DELLA MODELLAZIONE AL VARIARE DELLO S. L.
Andrea Demin
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
N°Piano
Drift [%]
nodi rigidi
nodi semi-rigidi
Il Taglio alla base si
riduce del 10%
Il Drift aumenta
del 13%
Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione
longitudinale
SLC
23. Introduzione Parte I Parte II Parte III 19Conclusioni Andrea Demin
2. Al crescere del livello di deformazione la struttura subisce un incremento degli
spostamenti di piano e dei drift di interpiano a dimostrazione del maggiore cimento in
campo plastico della struttura. In particolare tale incremento è enfatizzato ai piani
inferiori.
3. Nelle modellazioni a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi, quando la struttura è soggetta a
terremoti di grande intensità, si hanno drift di interpiano differenti, infatti in
corrispondenza del 4° piano si ha un incremento del 13% del drift trovato con il modello
a nodi rigidi.
1. L’incremento degli spostamenti laterali aumenta la sensibilità della struttura agli effetti
del secondo ordine, per cui risulta necessario tener conto della presenza del pannello
nella modellazione.
25. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE i
INDICE
INTRODUZIONE.........................................................................................1
1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO .............................................................3
1.1 - INTRODUZIONE........................................................................................3
1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI ...................................................................5
1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale...................................................5
1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale ...................................................6
1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna ....................6
1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI ..........................................7
1.4 - I TELAI PENDOLARI..................................................................................9
1.5 - LE UNIONI.............................................................................................. 10
1.5.1 – Classificazione........................................................................................................10
1.5.2 - Le unioni bullonate..................................................................................................10
1.5.3 - Le unioni saldate .....................................................................................................11
1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE....................................11
1.6.1 – Articolazioni e giunti..............................................................................................11
1.6.2 – Giunti intermedi......................................................................................................12
1.6.2.1 - Giunti trave-trave .............................................................................................12
1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna....................................................................................13
1.6.3 – Giunti d’estremità...................................................................................................14
1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna ................................................................................14
1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi....................................................................15
1.6.3.3 - Giunti di base....................................................................................................16
1.7 - BIBLIOGRAFIA ....................................................................................... 17
2 – COMPORTAMENTO E MODELLAZIONE DEI NODI SEMIRIGIDI
..................................................................................................................... 18
2.1 - INTRODUZIONE...................................................................................... 18
2.2 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO FEMA-355F ................................................ 19
2.2.1 - Modellazione dei telai in acciaio resistenti a momento per prestazioni predette ...19
2.2.1.1 – Introduzione .....................................................................................................19
2.2.1.2 – Modelli elastici lineari.....................................................................................20
2.2.1.2.1 – Modelli lineari centerline .............................................................................20
26. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE ii
2.2.1.2.2 – Modelli elastici con zone pannello incluse...................................................20
2.2.1.2.3 – Modelli non lineari centerline ......................................................................22
2.2.1.2.4 – Modelli non lineari con zone pannello .........................................................23
2.3 – PROCEDURE DI MODELLAZIONE PER LE DEFORMAZIONI DELLA ZONA
PANNELLO NEI TELAI RESISTENTI A MOMENTO ...........................................25
2.3.1 - Sommario ................................................................................................................25
2.3.2 – Introduzione............................................................................................................25
2.3.3 - Meccanismi del nodo colonna-trave .......................................................................25
2.3.4 - Drift totale nel sottoassemblaggio...........................................................................26
2.3.5 - Partecipazione della zona pannello nel drift totale del sottoassemblaggio.............27
2.3.6 - Resistenza a taglio della zona pannello...................................................................27
2.3.7 - Risposta forza-deformazione...................................................................................28
2.3.8 - Modello Krawinkler ................................................................................................28
2.3.9 - Modello Scissors .....................................................................................................30
2.3.10 - Confronto tra i modelli Krawinkler e Scissor .......................................................31
2.3.11 - Conclusioni............................................................................................................32
2.4 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO SAP2000 .................................................... 32
2.4.1 - Nodi-Zone pannello.................................................................................................32
2.4.1.1 - L’ elemento Nllink ............................................................................................35
2.4.1.1.1 - Sommario.......................................................................................................36
2.4.1.1.2 - Collegamento dei nodi...................................................................................36
2.4.1.1.3 - Elementi a lunghezza nulla............................................................................36
2.4.1.1.4 - Gradi di libertà..............................................................................................37
2.4.1.1.5 - Sistema di coordinate locale .........................................................................37
2.4.1.1.6 - Nlprop: proprietà generali............................................................................38
2.4.1.1.7 - Proprietà Nlprop di tipo non lineare.............................................................41
2.5 – BIBLIOGRAFIA....................................................................................... 46
3 - COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI TELAI IN ACCIAIO ...47
3.1 – INTRODUZIONE ..................................................................................... 47
3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE........................................................ 48
3.2.1 - L’effetto PΔ...........................................................................................................49
3.2.2 - L’effetto P ...........................................................................................................50
3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000...............................................51
3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements...................................................................51
3.2.4 - Effetto P-δ nel SAP 2000........................................................................................53
27. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE iii
3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ.............................................................55
3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna......................................................................55
3.2.6 - Opzioni del SAP 2000.............................................................................................55
3.2.6.1 - Effetti P-δ..........................................................................................................55
3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine ........................................................................55
3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE ........................................................ 57
3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata .....................................................................57
3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica.................................................................................58
3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo ..........................................................59
3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000 ...........................63
3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente
asimmetrico secondo FEMA 356....................................................................................63
3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera...........................................................63
3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo
FEMA356........................................................................................................................68
3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera...........................................................68
3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico
incrudente secondo FEMA 356.......................................................................................73
3.3.3.3.1 - Dominio di interazione..................................................................................73
3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera...........................................................75
3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI........................ 82
3.5 – BIBLIOGRAFIA....................................................................................... 85
4 - ANALISI NON LINEARE STATICA.................................................. 86
4.1 – INTRODUZIONE ..................................................................................... 86
4.2 - SISTEMI SDOF ........................................................................................ 87
4.3 - SISTEMI MDOF ....................................................................................... 88
4.4 – CURVA DI CAPACITA’............................................................................89
4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità.........................................91
4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA.92
4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008 ....................................................92
4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità spaziale
del moto ..............................................................................................................................93
4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008 ...............93
4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
CONVENZIONALI .......................................................................................... 95
4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme .......................................96
28. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE iv
4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo
fondamentale di vibrare......................................................................................................97
4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
MULTIMODALE............................................................................................. 98
4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA)............................................................................99
4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale..............................................101
4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA..........................................................102
4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA TRIDIMENSIONALE .......... 103
4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000 ................................................... 104
4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000.................................................................................104
4.9.1.1 - Salvataggio di più steps..................................................................................104
4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati....................................................104
4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi ...................................................................106
4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico................................106
4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step ..........................................................109
4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione.....................................................109
4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event”.....................................................109
4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000.......................................109
4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura...........................................................................110
4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale.................................................................110
4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante ...........................................................111
4.10 – BIBLIOGRAFIA ................................................................................... 112
5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA ............................................ 113
5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA.................................................................. 113
5.1.1 - Collocamento geografico ......................................................................................113
5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica...........................................................................113
5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale.................................................................................114
5.1.3.1 – Solaio .............................................................................................................115
5.1.3.2 – Colonne..........................................................................................................116
5.1.3.3 – Controventi ....................................................................................................116
5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore..................................................................................117
5.1.3.5 – Fondazioni .....................................................................................................118
5.1.4 – Materiali................................................................................................................118
5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica ...................................................................118
5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni...................................................................119
29. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE v
5.1.4.3 - Acciai speciali.................................................................................................119
5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato...........................................................................119
5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso ...................................................120
5.1.4.6 – Calcestruzzo...................................................................................................120
5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale............................................................................121
5.2 – AZIONI................................................................................................. 121
5.2.1 - Carichi verticali.....................................................................................................121
5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali ............................................122
5.2.1.2 - Carico Antropico............................................................................................123
5.2.2 – Azione sismica......................................................................................................123
5.2.2.1 – Combinazione delle azioni.............................................................................125
5.3 - SCELTE PROGETTUALI......................................................................... 126
5.3.1 - Scelte progettuali globali.......................................................................................126
5.3.2 - Scelte progettuali locali.........................................................................................126
5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI ............................... 130
5.4.1 - Modellazione del solaio ........................................................................................130
5.4.2 - Modellazione delle travi........................................................................................132
5.4.3 - Modellazione delle colonne ..................................................................................135
5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi...................................................135
5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA................................................... 136
5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche...................................................................137
5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali...............................................................................137
5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo) ..................................138
5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto) ...................................142
5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali.........................................................................148
5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali .............................................................149
5.5.2 - Modellazione dei nodi semi-rigidi ........................................................................151
5.6 – BIBLIOGRAFIA..................................................................................... 157
6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE .............. 158
6.1 – IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO E PARAMETRI DI ANALISI ... 158
6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE ................. 160
6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ................................................171
6.2.1.1 - Stima del performance point allo SLC ...........................................................171
6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X...................................................................171
30. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE vi
6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ...................................................................176
6.2.1.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC....180
6.2.1.2.1 - Direzione X..................................................................................................180
6.2.1.2.2 - Direzione Y ..................................................................................................181
6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata
del I modo principale di vibrare .......................................................................................182
6.2.2.1 - Stima del performance point allo SLC ...........................................................182
6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X...................................................................182
6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ...................................................................183
6.2.2.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC....184
6.2.2.2.1 - Direzione X..................................................................................................184
6.2.2.2.2 - Direzione Y ..................................................................................................185
6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata
dei modi di vibrare principali (MPA)...............................................................................186
6.2.3.1 - Stima del performance point allo SLC ...........................................................186
6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X...................................................................186
6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ...................................................................186
6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ .......................................................................188
6.2.4.1 - Stima del performance point allo SLC ...........................................................188
6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X...................................................................188
6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ...................................................................189
6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI ........................... 189
6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi sul
performance point allo SLC .............................................................................................190
6.3.2 - L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi e a
nodi semi-rigidi per il CASO 1 e il CASO 2....................................................................192
6.3.3 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano nei
modelli a nodi rigidi e a nodi semirigidi ..........................................................................195
6.3.4 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due analisi
..........................................................................................................................................197
6.3.5 - Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a crescenti
livelli di deformazione......................................................................................................200
6.3.6 - L’importanza della modellazione a nodi semirigidi al variare dello stato limite. 202
APPENDICE A - CERNIERE PLASTICHE E CURVA DI CAPACITA’
................................................................................................................... 205
A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE............................................... 205
31. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE vii
A.1.1 – Materiale..............................................................................................................205
A.1.2 – Cerniera plastica assiale.......................................................................................206
A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ...............................................................................207
A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico...............................................209
A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................209
A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................211
A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico.............................................212
A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................212
A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................215
A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3) .................217
A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3...217
A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................218
A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................220
A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico...........................222
A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................222
A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................226
A.1.8 - MODELLO 5: legame secondo FEMA 356 ........................................................227
A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera ...........................................................227
A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ .............................................232
A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE........ 234
A.2.1 – Materiale..............................................................................................................234
A.2.2 - Cerniera plastica assiale .......................................................................................234
A.2.3 – Modello trave tesa................................................................................................235
A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1 ..................235
A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5..................238
A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5........241
A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli ...............................................................................244
A.2.3.5 – Conclusioni....................................................................................................245
A.3 - MODELLO TRAVE................................................................................ 246
A.3.1 – Materiale..............................................................................................................246
A.3.2 – Cerniera plastica assiale.......................................................................................246
A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ...............................................................................248
A.3.4 - Modello trave tesa ................................................................................................248
A.3.4.1 - Risultati dell’analisi.......................................................................................248
A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto.......................................................................249
32. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE viii
A.3.4.3 - Curva di capacità...........................................................................................251
A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D ............................................ 254
A.4.1 – Materiale..............................................................................................................254
A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi .............................................................255
A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ...............................................................................257
A.4.4 - Risultati dell’analisi..............................................................................................257
A.4.5 - Modelli a confronto..............................................................................................259
A.4.5.1 - Curva di capacità...........................................................................................263
A.4 - BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 266
APPENDICE B - APPLICAZIONE DEL METODO N2........................ 267
B.1 – INTRODUZIONE................................................................................... 267
B.2 - MODELLO TELAIO REGOLARE IN ALTEZZA......................................... 268
B.2.1 – Materiale ..............................................................................................................268
B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356.................................................269
B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale secondo FEMA 356 ...........................................269
B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................269
B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso-flessionale secondo FEMA 356 ...........................276
B.2.2.2.1 - Dominio di interazione................................................................................276
B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera ........................................................280
B.2.3 - Analisi PUSHOVER.............................................................................................303
B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse.........................................305
B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del primo modo di vibrare...........................................................................310
B.3 – BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 315
APPENDICE C - APPLICAZIONE DEL METODO MPA.................... 316
C.1 – INTRODUZIONE................................................................................... 316
C.2 - MODELLO TELAIO IRREGOLARE IN ALTEZZA...................................... 316
C.2.1 – Materiale ..............................................................................................................317
C.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356.............................................318
C.2.3 - Analisi PUSHOVER.............................................................................................318
C.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse.........................................323
C.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del primo modo di vibrare...........................................................................328
33. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE ix
C.2.3.3 - CASO 3: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del secondo modo di vibrare .......................................................................333
C.2.3.4 - CASO 4: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del terzo modo di vibrare ............................................................................338
C.2.3.5 - Combinazione dei risultati e confronti ..........................................................344
C.3 – BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 345
APPENDICE D - TELAIO A NODI SEMI-RIGIDI ............................... 346
D.1 – MODELLO UTILIZZATO PER LA ZONA PANNELLO............................... 346
D.2 - TELAIO 2D........................................................................................... 348
D.2.1 – Materiale..............................................................................................................348
D.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356.............................................349
D.2.3 - Modellazione nodi semi-rigidi .............................................................................349
D.2.4 - Analisi PUSHOVER ............................................................................................352
D.2.4.1 - Confronti dei tre modelli ...............................................................................355
D.3 – BIBLIOGRAFIA.................................................................................... 359
CONCLUSIONI........................................................................................ 360
BIBLIOGRAFIA....................................................................................... 362
34. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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INDICE x
INTRODUZIONE
1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO
1.1 - INTRODUZIONE
1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI
1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale
1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale
1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna
1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI
1.4 - I TELAI PENDOLARI
1.5 - LE UNIONI
1.5.1 – Classificazione
1.5.2 - Le unioni bullonate
1.5.3 - Le unioni saldate
1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE
1.6.1 – Articolazioni e giunti
1.6.2 – Giunti intermedi
1.6.2.1 - Giunti trave-trave
1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna
1.6.3 – Giunti d’estremità
1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna
1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi
1.6.3.3 - Giunti di base
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INDICE xi
1.7 - BIBLIOGRAFIA
2 – COMPORTAMENTO E MODELLAZIONE DEI NODI SEMI-RIGIDI
2.1 - INTRODUZIONE
2.2 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO FEMA-355F
2.2.1 - Modellazione dei telai in acciaio resistenti a momento per prestazioni
predette
2.2.1.1 – Introduzione
2.2.1.2 – Modelli elastici lineari
2.2.1.2.1 – Modelli lineari centerline
2.2.1.2.2 – Modelli elastici con zone pannello incluse
2.2.1.2.3 – Modelli non lineari centerline
2.2.1.2.4 – Modelli non lineari con zone pannello
2.3 – PROCEDURE DI MODELLAZIONE PER LE DEFORMAZIONI DELLA ZONA
PANNELLO NEI TELAI RESISTENTI A MOMENTO
2.3.1 - Sommario
2.3.2 – Introduzione
2.3.3 - Meccanismi del nodo colonna-trave
2.3.4 - Drift totale nel sottoassemblaggio
2.3.5 - Partecipazione della zona pannello nel drift totale del sottoassemblaggio
2.3.6 - Resistenza a taglio della zona pannello
2.3.7 - Risposta forza-deformazione
2.3.8 - Modello Krawinkler
2.3.9 - Modello Scissors
2.3.10 - Confronto tra i modelli Krawinkler e Scissor
2.3.11 - Conclusioni
2.4 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO SAP2000
36. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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INDICE xii
2.4.1 - Nodi-Zone pannello
2.4.1.1 - L’ elemento Nllink
2.4.1.1.1 - Sommario
2.4.1.1.2 - Collegamento dei nodi
2.4.1.1.3 - Elementi a lunghezza nulla
2.4.1.1.4 - Gradi di libertà
2.4.1.1.5 - Sistema di coordinate locale
2.4.1.1.6 - Nlprop: proprietà generali
2.4.1.1.7 - Proprietà Nlprop di tipo non lineare
2.5 – BIBLIOGRAFIA
3 - ASPETTI DEL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI TELAI IN
ACCIAIO
3.1 – INTRODUZIONE
3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE
3.2.1 - L’effetto PΔ
3.2.2 - L’effetto P
3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000
3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements
3.2.4 - Effetto P-δ
3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ
3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna
3.2.6 - Opzioni del SAP 2000
3.2.6.1 - Effetti P-δ
3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine
3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE
37. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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INDICE xiii
3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata
3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica
3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo
3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000
3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente
asimmetrico secondo FEMA 356
3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera
3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo
FEMA356
3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera
3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico
incrudente secondo FEMA 356
3.3.3.3.1 - Dominio di interazione
3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera
3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI
3.5 – BIBLIOGRAFIA
38. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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INDICE xiv
4 - ANALISI NON LINEARE STATICA
4.1 – INTRODUZIONE
4.2 - SISTEMI SDOF
4.3 - SISTEMI MDOF
4.4 – CURVA DI CAPACITA’
4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità
4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA
4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008
4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità
spaziale del moto
4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008
4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
CONVENZIONALI
4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme
4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo
fondamentale di vibrare
4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
MULTIMODALE
4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA)
4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale
4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA
4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA SPAZIALE
4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000
4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000
39. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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INDICE xv
4.9.1.1 - Salvataggio di più steps
4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati
4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi
4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico
4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step
4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione
4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event”
4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000
4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura
4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale
4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante
4.10 – BIBLIOGRAFIA
5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA
5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA
5.1.1 - Collocamento geografico
5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica
5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale
5.1.3.1 – Solaio
5.1.3.2 – Colonne
5.1.3.3 – Controventi
5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore
5.1.3.5 – Fondazioni
5.1.4 – Materiali
5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica
5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni
5.1.4.3 - Acciai speciali
5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato
5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso
5.1.4.6 – Calcestruzzo
5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale
5.2 – AZIONI
5.2.1 - Carichi verticali
5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali
5.2.1.2 - Carico Antropico
5.2.2 – Azione sismica
5.2.2.1 – Combinazione delle azioni
5.3 - SCELTE PROGETTUALI
5.3.1 - Scelte progettuali globali
5.3.2 - Scelte progettuali locali
40. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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INDICE xvi
5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI
5.4.1 - Modellazione del solaio
5.4.2 - Modellazione delle travi
5.4.3 - Modellazione delle colonne
5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi
5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA
5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche
5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali
5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo)
5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto)
5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali
5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali
5.5.2 - Modellazione dei nodi semi-rigidi
5.6 – BIBLIOGRAFIA
6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE
6.1 – IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO E PARAMETRI DI ANALISI
6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE
6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse
6.2.1.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X
6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
6.2.1.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC
6.2.1.2.1 - Direzione X
6.2.1.2.2 - Direzione Y
6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del I modo principale di vibrare
6.2.2.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X
6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
6.2.2.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC
6.2.2.2.1 - Direzione X
6.2.2.2.2 - Direzione Y
6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata dei modi di vibrare principali (MPA)
6.2.3.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X
6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
41. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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INDICE xvii
6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ
6.2.4.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X
6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
42. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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INDICE xviii
6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI
6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e
quindi sul performance point allo SLC
6.3.2 - L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi
e a nodi semi-rigidi per il CASO 1 e il CASO 2
6.3.3 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di
piano nei modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi
6.3.4 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da
due analisi
6.3.5 - Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a
crescenti livelli di deformazione
6.3.6 - L’importanza della modellazione a nodi semi-rigidi al variare dello stato
limite
CONCLUSIONI
APPENDICE A: CERNIERE PLASTICHE E CURVA DI CAPACITA’
A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE
A.1.1 – Materiale
A.1.2 – Cerniera plastica assiale
A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER
A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico
A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera
A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico
A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera
A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3)
A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3
A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera
43. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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INDICE xix
A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo EC3
A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera
A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.1.8 - MODELLO 5: legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo
FEMA 356
A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera
A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE
A.2.1 – Materiale
A.2.2 - Cerniera plastica assiale
A.2.3 – Modello trave tesa
A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1
A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5
A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5
A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli
A.2.3.5 – Conclusioni
A.3 - MODELLO TRAVE
A.3.1 – Materiale
A.3.2 – Cerniera plastica assiale
A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER
A.3.4 - Modello trave tesa
A.3.4.1 - Risultati dell’analisi
A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto
A.3.4.3 - Curva di capacità
A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D
A.4.1 – Materiale
44. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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INDICE xx
A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi
A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER
A.4.4 - Risultati dell’analisi
A.4.5 - Modelli a confronto
A.4.5.1 - Curva di capacità
A.4 - BIBLIOGRAFIA
45. Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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INDICE xxi
APPENDICE B - METODO N2 (FAJFAR-1999)
B.1 – INTRODUZIONE
B.2 - MODELLO TELAIO
B.2.1 – Materiale
B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356
B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo
FEMA 356
B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera
B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico
incrudente secondo FEMA 356
B.2.2.2.1 - Dominio di interazione
B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera
B.2.3 - Analisi PUSHOVER
B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse
B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del primo modo di vibrare
B.3 – BIBLIOGRAFIA
APPENDICE C - APPLICAZIONE DEL METODO MPA
C.1 – INTRODUZIONE
C.2 - MODELLO TELAIO
C.2.1 – Materiale
C.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356
C.2.3 - Analisi PUSHOVER
C.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse
C.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del primo modo di vibrare
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INDICE xxii
C.2.3.3 - CASO 3: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del secondo modo di vibrare
C.2.3.4 - CASO 4: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del terzo modo di vibrare
C.2.3.5 - Combinazione dei risultati e confronti
C.3 – BIBLIOGRAFIA
APPENDICE D - TELAI A NODI SEMI-RIGIDI
D.1 – MODELLO UTILIZZATO PER LA ZONA PANNELLO
D.2 - TELAIO 2D
D.2.1 – Materiale
D.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356
D.2.3 - Modellazione nodi semi-rigidi
D.2.4 - Analisi PUSHOVER
D.2.4.1 - Confronti dei tre modelli
D.3 – BIBLIOGRAFIA
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INTRODUZIONE 1
INTRODUZIONE
L’elevato numero di edifici crollati o fortemente danneggiati e le numerose vittime occorse
durante il terremoto di Northridge (1994), dovuti ad un’imprevista rottura fragile dei
collegamenti e delle membrature, hanno suscitato grande attenzione in tutta la comunità
scientifica.
Questo comportamento non era previsto dalle correnti procedure di progettazione e il cattivo
funzionamento dei nodi e degli elementi strutturali ha compromesso seriamente l’immagine
delle costruzioni in acciaio, finora considerato il materiale per eccellenza per le strutture
sismoresistenti.
Per una valutazione più accurata del comportamento globale e della capacità resistente dei
collegamenti nelle strutture in acciaio, i nodi trave-colonna sono stati modellati come nodi
semi-rigidi attraverso il software di calcolo agli elementi finiti SAP2000®
. Tale
modellazione è importante nei casi in cui si richieda di valutare in maniera accurata gli
effetti delle deformazioni locali, che si sviluppano all’interno dei collegamenti in seguito
alle azioni taglianti e flettenti. Infatti, tali effetti possono avere un’influenza considerevole
sulla distribuzione delle azioni interne negli elementi strutturali, sulla stabilità delle
membrature e sugli spostamenti della struttura.
La rigidezza di una struttura intelaiata d’acciaio può essere sovrastimata se non si tiene
conto, in fase d’analisi, della deformabilità tagliante dei pannelli di giunto.
Tuttavia, l’errore che si compie, per le tipologie e le geometrie dei telai tipicamente usate
negli edifici d’acciaio, non è molto grande, perché di solito l’analisi è effettuata nell’ipotesi
che le dimensioni dei pannelli nodali siano trascurabili, cioè considerando il telaio
rappresentato dagli assi baricentrici degli elementi strutturali componenti, quindi ai vari
elementi è attribuita una lunghezza maggiore di quell’effettiva, che si traduce in una
maggiore deformabilità del telaio. Nelle modellazioni più accurate, invece, si considerano le
dimensioni finite del nodo, per questo la deformabilità delle membrature dipende, in tal
caso, dalla lunghezza libera delle aste.
Il lavoro svolto in questa tesi ha l’obiettivo di esaminare gli effetti che le deformazioni delle
zone pannello esplicano sulla stabilità del telaio e l’influenza che ha la modellazione del
nodo sul comportamento sismico dei telai in acciaio quando si cimentano in campo
plastico.
Nel primo capitolo vengono descritte in maniera sintetica le strutture in acciaio. Il buon
comportamento di queste strutture in caso di eventi sismici è comprovato dall’esperienza. I
collassi globali e gli alti numeri di vittime sono per lo più associati all’uso di altri materiali.
Le strutture in acciaio sono particolarmente adatte a garantire la possibilità di dissipazione
dell’energia, per le seguenti ragioni:
la duttilità dell’acciaio come materiale;
i numerosi meccanismi duttili possibili negli elementi in acciaio e nelle loro
giunzioni;
la riproducibilità dei meccanismi plastici a livello locale;
l’affidabilità delle proprietà geometriche.
In questo capitolo vengono introdotte la classificazione dei telai, i metodi di analisi dei
sistemi intelaiati, i telai pendolari, le unioni e le giunzioni nelle strutture metalliche.
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INTRODUZIONE 2
Nel secondo capitolo viene presentato il tema su cui si articola lo svolgimento della tesi: il
comportamento e la modellazione dei nodi semi-rigidi. La modellazione di questo tipo di
nodi viene affrontata da diverse normative.
Il terzo capitolo tratta gli aspetti del comportamento non lineare dei telai in acciaio. Le non
linearità utilizzate sono:
le non linearità geometriche, che sono state considerate tramite gli effetti P-Δ;
le non linearità di materiale, che sono state considerate mediante l’introduzione di
cerniere plastiche definite secondo la FEMA 356 (Federal Emergency Management
Agency):
o cerniere assiali per i controventi;
o cerniere flessionali per le travi;
o cerniere presso-flessionali per le colonne.
Nel quarto capitolo viene descritta l’analisi non lineare statica con distribuzioni di forze
laterali convenzionali (Norme Tecniche per le Costruzioni, Decreto Ministeriale
14/01/2008) e quella con distribuzione di forze laterali multimodale (Modal Pushover
Analysis, Chopra e Goel [2001]). Quest’ultima distribuzione è stata definita poiché l’analisi
pushover basata sul metodo N2 convenzionale non è direttamente applicabile agli edifici
irregolari in altezza, ovvero per edifici disomogenei nella distribuzione delle masse e delle
rigidezze lungo l’altezza, dove non è soddisfatta l’ipotesi di poter assimilare la risposta
strutturale ad un unico modo di vibrare fondamentale. Infatti, l’irregolarità in altezza,
provoca una risposta dinamica caratterizzata non da un unico modo di vibrare che attiva la
quasi totalità della massa, come invece accade per le strutture regolari, ma da più modi che
attivano ciascuno una significativa percentuale della massa totale.
Il quinto capitolo tratta la descrizione della struttura, ovvero:
la descrizione dell’opera:
o collocamento geografico;
o caratterizzazione architettonica;
o caratterizzazione strutturale.
le azioni:
o carichi verticali;
o azione sismica.
le scelte progettuali:
o globali;
o locali.
la modellazione degli elementi strutturali;
la modellazione della struttura:
o modellazione delle cerniere plastiche;
o modellazione dei nodi semi-rigidi.
Infine, nel sesto capitolo, vengono proposti i risultati ottenuti dall’analisi non lineare statica
dell’ospedale modellato con nodi semi-rigidi. I risultati vengono poi confrontati con quelli
ottenuti con una modellazione dell’ospedale a nodi rigidi.
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CAPITOLO 1 3
1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO
1.1 – INTRODUZIONE [1]
Il buon comportamento delle strutture in acciaio in caso di eventi sismici è comprovato
dall’esperienza. I collassi globali e gli alti numeri di vittime sono per lo più associati all’uso
di altri materiali. Ciò si spiega con alcune delle caratteristiche specifiche delle strutture di
acciaio.
Esistono due modi per resistere all’azione sismica:
1. strutture composte di sezioni sufficientemente tozze da essere soggette solo alle
sollecitazioni elastiche;
2. strutture realizzate con sezioni di minori dimensioni, concepite per formare numerose
zone plastiche.
Le strutture progettate in base alla prima opzione sono pesanti, e possono non garantire un
margine di sicurezza in caso di azione sismica più forte del previsto, in quanto il collasso
degli elementi non è duttile. In questo caso il comportamento globale della struttura è
“fragile”, e corrisponde al concetto a) del diagramma taglio alla base V - spostamento in
sommità d, schematizzato nella figura. In una struttura concepita in base alla seconda
opzione, determinate parti sono intenzionalmente progettate in modo da subire deformazioni
plastiche cicliche senza collassare, e la struttura nel suo complesso è tale da subire la
deformazione plastica solo in quelle particolari zone.
Figura 1.1 - Esempi di comportamento strutturale globale “dissipativo” e “non dissipativo”. La struttura “non
dissipativa” collassa a livello di un singolo piano [1]
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CAPITOLO 1 4
Il comportamento globale della struttura è ‘duttile’, e corrisponde al concetto b) del
diagramma V-d della figura. La struttura, nelle zone plastiche, è in grado di dissipare una
quantità significativa di energia, rappresentata dall’area sottesa alla curva V-d. Per questa
ragione si dice che le due opzioni progettuali determinano la costruzione di strutture
‘dissipative’ e ‘non dissipative’.
Il comportamento duttile, che offre una maggiore capacità di deformazione, è in genere il
modo migliore per resistere all’azione dei terremoti. Una delle ragioni è il fatto che le nostre
conoscenze delle azioni sismiche reali e le analisi che conduciamo soffrono ancora di molti
elementi di incertezza, e dunque il terremoto e/o i suoi effetti possono essere più forti di
quanto prevediamo. Se si garantisce un comportamento duttile, le energie in eccesso
possono essere facilmente assorbite tramite una maggiore dissipazione, grazie alla
deformazione plastica dei componenti strutturali.
Le strutture in acciaio sono particolarmente adatte a garantire la possibilità di dissipazione
dell’energia, per le seguenti ragioni:
la duttilità dell’acciaio come materiale;
i numerosi meccanismi duttili possibili negli elementi in acciaio e nelle loro
giunzioni;
la riproducibilità dei meccanismi plastici a livello locale;
l’affidabilità delle proprietà geometriche;
una resistenza flessionale degli elementi strutturali relativamente poco sensibile alla
presenza di forze assiali coincidenti.
La varietà dei possibili meccanismi di dissipazione energetica e l’affidabilità di ciascuno di
essi sono le caratteristiche fondamentali alla base dell’eccellente comportamento sismico
delle strutture in acciaio. Esistono anche altri fattori tipici a garanzia dell’affidabilità
antisismica:
la resistenza del materiale è garantita dai controlli di produzione;
progetti e costruzioni opera di professionisti.
Nelle zone sismiche, le strutture in acciaio presentano l’ulteriore vantaggio della loro
flessibilità e leggerezza. Le strutture più rigide e più pesanti attraggono forze maggiori
quando sono colpite da un sisma. Le strutture in acciaio sono generalmente più flessibili e
leggere di altri tipi, le forze nella struttura e nelle sue fondazioni sono pertanto minori.
Questa riduzione delle forze di progetto riduce notevolmente il costo della sovrastruttura e
delle fondamenta di una costruzione. Le strutture in acciaio sono normalmente leggere in
confronto a quelle realizzate con altri materiali. Le forze sismiche sono associate all’inerzia,
quindi sono collegate alla massa della struttura: riducendo la massa si riducono
automaticamente le forze sismiche di progetto. Alcune strutture di acciaio sono addirittura
così leggere da rendere non indispensabile la progettazione antisismica. Questo vale in
particolare per i palazzetti sportivi o i capannoni industriali, che creano un involucro attorno
ad un grande volume, così che il peso per unità di superficie è limitato, e la progettazione è
in genere incentrata sulle forze eoliche, non sismiche. Ciò significa che una costruzione
progettata per i carichi gravitazionali ed eolici offre implicitamente una sufficiente
resistenza antisismica. Si spiega quindi perché, nei terremoti del passato, questi edifici
abbiano dimostrato di offrire prestazioni molto migliori di quelli costruiti in materiali
pesanti.
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CAPITOLO 1 5
1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI [2]
I sistemi intelaiati in acciaio possono essere classificati con riferimento a diversi criteri,
ognuno dei quali associato a precise finalità.
E’ possibile individuare come elementi discriminanti per la classificazione dei telai:
la tipologia strutturale: si distinguono telai controventati e telai non controventati in
base alla presenza o meno di uno specifico sistema strutturale in grado di trasferire in
fondazione tutte le azioni orizzontali;
Figura 1.2 - Sistema intelaiato tridimensionale; Modello di telaio piano [2]
il comportamento nei confronti della stabilità trasversale: si distinguono telai a nodi
fissi e telai a nodi mobili a seconda dell’influenza che hanno gli effetti del secondo
ordine sulla risposta del sistema strutturale;
il grado di continuità associato ai nodi trave-colonna: si distinguono telai pendolari,
telai a nodi rigidi e telai semi-continui sulla base del comportamento dei giunti trave-
colonna.
Si osservi che i tre criteri di classificazione sono tra loro indipendenti e devono essere
comunque considerati distintamente per avere corrette indicazioni relative alle procedure
progettuali da seguire.
1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale
La distinzione tra telai controventati e telai non controventati è legata alla presenza o
all’assenza di uno specifico sistema strutturale (il sistema di controvento) in grado di
trasferire in fondazione tutte le azioni orizzontali dovute al vento o al sisma, oppure
associate alle imperfezioni strutturali.
Sulla base delle indicazioni riportate nell’EC3, il sistema di controvento viene individuato
come quella parte della struttura che è in grado di ridurre gli spostamenti trasversali del
sistema strutturale almeno dell’80%. In modo del tutto equivalente, il sistema strutturale è
controventato se la rigidezza trasversale dell’organismo che funge da controvento è almeno
5 volte quella del telaio.
Il controvento può essere realizzato mediante specifici sistemi in acciaio. In assenza del
sistema di controvento, il telaio è allora non controventato e devono essere presenti elementi
per il trasferimento in fondazione anche di tutte le azioni orizzontali (usualmente gli
elementi già preposti ad assorbire i carichi verticali).
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CAPITOLO 1 6
Il sistema di controvento deve essere progettato per resistere a:
tutte le azioni orizzontali direttamente applicate al telaio;
tutte le azioni orizzontali direttamente applicate al sistema di controvento;
tutti gli effetti legati alle imperfezioni laterali iniziali derivanti sia dal sistema di
controvento sia da tutti i telai che questo controventa (tali effetti possono essere
considerati in forma di imperfezioni geometriche equivalenti oppure come azioni
orizzontali addizionali).
Nel caso in cui il telaio sia controventato, la progettazione risulta semplificata in quanto,
con riferimento alla generica situazione di carico, è possibile operare il dimensionamento
del sistema privo di controvento per tutti i soli carichi verticali e del controvento per tutte le
azioni verticali e orizzontali che gravano su esso.
1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale
La distinzione tra telai a nodi fissi e telai a nodi mobili è legata alla stabilità trasversale del
sistema strutturale, ossia alla rilevanza degli effetti del secondo ordine sulla risposta
strutturale in termini di spostamenti trasversali (e, di conseguenza, anche in termini di azioni
flettenti e taglianti addizionali). Dal punto di vista puramente teorico, ogni telaio non
controventato, essendo realizzato da aste industriali, ossia da elementi dotati di imperfezioni
(meccaniche e geometriche), è a rigore, a nodi mobili e quindi per qualsiasi condizione di
carico si generano sempre spostamenti trasversali. Dal punto di vista progettuale invece,
sulla base dell’entità e della rilevanza di questi spostamenti trasversali, la struttura può
essere considerata:
a nodi fissi, se gli spostamenti trasversali sono tanto piccoli da potere risultare
ininfluenti sui valori delle azioni interne (per esempio, in assenza di controvento
quando le colonne hanno grande inerzia flessionale o le forze trasversali sono molto
ridotte);
a nodi mobili, se gli spostamenti trasversali sono invece influenti sui valori delle
azioni interne (per esempio, in assenza di controvento quando le colonne sono invece
molto snelle o le azioni orizzontali sono molto grandi).
1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna
Il grado di continuità flessionale garantito dai giunti trave-colonna influisce in modo
sensibile sul comportamento dell’intero sistema strutturale. In dettaglio, sulla base della
risposta del giunto in termini di curva M-Φ, ossia di relazione momento M nel giunto e la
rotazione relativa tra trave e colonna Φ, si possono individuare le seguenti tipologie
strutturali:
telaio pendolare, in cui ogni giunto è schematizzabile come una cerniera e pertanto
sono ammesse rotazioni relative tra trave e colonna senza trasmissione dell’azione
flettente.
telaio a nodi rigidi, in cui ogni giunto non consente alcuna rotazione relativa tra la
trave e la colonna e viene quindi trasmessa azione flettente tra questi due elementi;
telaio semi-continuo (ossia telaio con giunti semi-rigidi), in cui ogni giunto consente
una rotazione relativa tra trave e colonna e al contempo trasmette azione flettente.
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CAPITOLO 1 7
Figura 1.3 - a) Definizione di momento e rotazione del giunto [2]
b) Tipiche relazioni momento-rotazione
In passato la progettazione veniva prevalentemente basata soltanto sui modelli di telaio
pendolare o di telai a nodi rigidi. Adottando il modello pendolare non viene considerato
alcun grado di continuità flessionale dei nodi. Si può quindi a volte trascurare (anche
pericolosamente) l’azione flettente che viene in realtà trasmessa alle colonne. In aggiunta, si
tende a sovradimensionare la trave in acciaio che è soggetta infatti soltanto ad azioni
flettenti positive. Utilizzando invece il modello a nodi rigidi si sovrastima la rigidezza
laterale del telaio nei confronti delle azioni orizzontali, riferendosi quindi, in fase di
progettazione, a spostamenti trasversali inferiori a quelli che effettivamente si manifestano e
si sottodimensiona la trave.
Figura 1.4 - Tipiche relazioni adimensionalizzate momento-rotazione e loro classificazione [2]
Ogni tipo di giunto trave-colonna è caratterizzato da un preciso valore di rigidezza
rotazionale e di capacità portante flessionale. Il modello di telaio semi-continuo consente
una progettazione basata su ipotesi maggiormente rispondenti all’effettivo comportamento
della struttura.
1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI [2]
L’analisi strutturale è finalizzata alla determinazione delle azioni interne associate alle
combinazioni di carico maggiormente significative e può essere effettuata con gradi di
raffinatezza e complessità diversi a seconda dell’importanza e della tipologia del sistema
portante in esame. Nella maggior parte dei casi i codici commerciali disponibili per il
calcolo automatico consentono di effettuare un’analisi elastica del I ordine, ossia con le
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CAPITOLO 1 8
limitazioni associate all’assunzione dell’ipotesi di piccoli spostamenti e deformazioni
infinitesime (con un’analisi di questo tipo, le azioni interne sulla struttura vengono
determinate riferendosi alla sua configurazione indeformata). In situazioni particolari può
però rendersi necessario considerare:
la non linearità meccanica: ossia tenere conto che il materiale acciaio che realizza gli
elementi monodimensionali ha un legame costitutivo non lineare (schematizzabile, in
via semplificata, come elasto-plastico, perfetto od incrudente) e che i giunti trave-
colonna e i giunti di base hanno una risposta, in termini di legge momento-rotazione,
tipicamente non lineare.
la non linearità geometrica: ossia tenere in conto gli effetti del secondo ordine in
quanto le azioni interne addizionali che nascono a causa delle deformazioni
trasversali sono a volte di rilevante entità e quindi non possono essere trascurate
(tipico esempio è quello dei telai a nodi mobili).
𝑇𝑖𝑝𝑖 𝑑𝑖 𝑎𝑛𝑎𝑙𝑖𝑠𝑖
{
𝐸𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 {
𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒
𝐼𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒
𝐸𝑙𝑎𝑠𝑡𝑜 − 𝑝𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 {
𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒
𝐼𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒
Figura 1.5 - Influenza del tipo di analisi sulla risposta di un telaio a nodi mobili [2]
La scelta dei metodi di analisi per i sistemi intelaiati in acciaio dipende non solo dalla
tipologia strutturale e dalla sensibilità del telaio agli effetti del secondo ordine ma anche dal
tipo di sezione trasversale di ogni elemento monodimensionale impiegato e dalle dimensioni
delle sue componenti (ali, anime, irrigidimenti, ecc.). Nel caso in cui queste abbiano un
elevato rapporto tra larghezza (b) e spessore (t) si possono manifestare fenomeni di
instabilità locale che impediscono il pieno sviluppo delle capacità prestazionali della
sezione in campo plastico, influenzando anche la capacità portante dell’intero sistema. Al
riguardo viene proposta dall’EC3 una classificazione delle sezioni trasversali che dipende
dai rapporti dimensionali b/t di ogni elemento compresso che realizza la sezione. Le sezioni
trasversali sono distinte in quattro classi, di seguito presentate con riferimento al loro
comportamento flessionale:
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CAPITOLO 1 9
Classe 1: sezioni trasversali in grado di sviluppare completamente una cerniera
plastica e aventi la capacità rotazionale richiesta per l’analisi plastica (sezioni
plastiche o duttili);
Classe 2: sezioni trasversali in grado di sviluppare completamente il proprio
momento resistente plastico, ma con capacità rotazionale limitata (sezioni compatte);
Classe 3: sezioni trasversali nelle quali le fibre compresse possono raggiungere la
tensione di snervamento, ma l’instabilità locale impedisce lo sviluppo del momento
resistente plastico (sezioni semi-compatte);
Classe 4: sezioni trasversali per le quali è necessario mettere esplicitamente in conto
gli effetti dell’instabilità locale nel determinare il loro momento resistente, inferiore
al momento al limite elastico, o la loro resistenza a compressione, inferiore alla forza
che provoca la completa plasticizzazione della sezione (sezioni snelle).
Figura 1.6 - Relazione momento-curvatura per le differenti classi di sezioni trasversali previste dall’EC3 [2]
1.4 - I TELAI PENDOLARI [2]
Nel caso in cui tutti i giunti della struttura siano schematizzabili come cerniere, lo schema
statico risulta labile e pertanto si rende necessario disporre specifici sistemi di controvento
in grado di trasferire in fondazione le azioni orizzontali associate generalmente a
imperfezioni, vento e sisma.
Figura 1.7 - Telaio pendolare [2]
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CAPITOLO 1 10
Le tipologie di controvento principalmente adottate nelle costruzioni in acciaio sono:
controvento a croce di Sant’Andrea: in cui i due elementi diagonali si incrociano a
metà altezza nell’interpiano. Si osservi che con questa tipologia di controvento la
fruibilità della parete è sicuramente limitata, in quanto gli elementi diagonali così
disposti impediscono un funzionale utilizzo di porte e finestre;
controvento a K: in cui i due elementi diagonali si incontrano in corrispondenza della
mezzeria della trave di piano;
controvento eccentrico: in cui i due elementi diagonali incontrano la trave in sezioni
trasversali diverse tra loro.
1.5 - LE UNIONI [2]
1.5.1 – Classificazione [3]
1.5.2 - Le unioni bullonate
Le unioni bullonate permettono una rapida esecuzione in officina e semplificano
l’assemblaggio dei pezzi in cantiere (dove generalmente la saldatura presenta difficoltà
esecutive, specie a basse temperature o in quota).
La giunzione bullonata ha come componenti fondamentali:
a) vite con testa (detta comunemente bullone) generalmente esagonale, e con gambo
completamente o parzialmente filettato. Il diametro nominale dei bulloni per
costruzioni di carpenteria civile è abitualmente compreso tra i 12mm ed i 30mm;
b) dado, usualmente di forma esagonale;
c) rosetta, di forma per lo più circolare.
Metodologia di
classificazione
Al tipo di elementi
collegati
Comportamento
strutturale rispetto alle
membrature congiunte
Alla tecnologia
d’unione adottata
Nodi
Giunti
Completo
ripristino
Parziale
ripristino
Senza
ripristino
Con organi
meccanici
Con saldatura
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CAPITOLO 1 11
Figura 1.8 - Componente di base dell’unione bullonata [2]
1.5.3 - Le unioni saldate
La saldatura è un processo di giunzione che consente di unire elementi metallici in modo
permanente realizzando la continuità del materiale mediante fusione. Confrontando le
unioni saldate con quelle bullonate si evince che le prime sono monolitiche in quanto
realizzano una soluzione di continuità del materiale e, al contempo, più rigide e semplici
rispetto a quelle bullonate, vincolando la libertà del progettista in modo sicuramente meno
pesante. A fronte di tali vantaggi devono però essere sempre adottate particolari precauzioni
progettuali, costruttive e soprattutto di controllo dell’unione allo scopo di evitare possibili
riduzioni di resistenza o rotture fragili associate al procedimento di saldatura stessa.
Nelle unioni saldate il materiale di base è quello dei pezzi da collegare mentre il materiale di
apporto, se presente, è il materiale che viene introdotto allo stato fuso tra tali elementi.
1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE [2]
Le giunzioni tra membrature possono essere effettuate mediante una gamma di soluzioni
estremamente variegata che prevede l’utilizzo di unioni bullonate, unioni saldate oppure di
entrambe le tecniche di unione.
La concezione delle tipologie di giunzione da utilizzare in una costruzione in acciaio
costituisce una fase estremamente importante e delicata della progettazione.
1.6.1 - Articolazioni e giunti
Una classificazione delle giunzioni può essere effettuata sulla base degli effetti prodotti da
spostamenti relativi tra i pezzi da collegare. In dettaglio, si individuano:
le articolazioni, che consentono, nelle usuali condizioni di esercizio, spostamenti
relativi tra i pezzi collegati senza però provocare plasticizzazioni localizzate negli
elementi costituenti il collegamento;
i giunti, che non consentono invece spostamenti relativi a meno che non si generino
plasticizzazioni locali nei dettagli che realizzano le unioni. In questi particolari
costruttivi si hanno concentrazioni di sforzi e pertanto la modellazione basata sui casi
classici della Teoria di de Saint Venant non può essere utilizzata.
In funzione della loro resistenza, posta in relazione a quella degli elementi collegati,
questi possono essere distinti in:
giunti a parziale ripristino di sollecitazione, quando costituiscono punti di
minor resistenza strutturale, ossia trasferiscono soltanto un’aliquota delle
componenti di sollecitazione che possono essere sopportate dalla membratura
più debole;
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CAPITOLO 1 12
giunti a completo ripristino di sollecitazione, se consentono il trasferimento
dei massimi valori di sollecitazione che possono essere assorbiti dal profilato
più debole, ossia la crisi avviene sempre nell’elemento meno resistente e non
nel giunto.
1.6.2 - Giunti intermedi
La struttura in acciaio nasce dall’assemblaggio di elementi monodimensionali, lavorati in
officina ed assemblati in sito. Spesso si ha l’esigenza di realizzare giunti intermedi tra
elementi la cui lunghezza non può eccedere i limiti di trasportabilità associati principalmente
alla movimentazione delle merci su gomma.
Di seguito verranno considerate soltanto le seguenti tipologie di giunti intermedi:
giunti trave-trave;
giunti colonna-colonna.
1.6.2.1 - Giunti trave-trave
I giunti intermedi tra travi possono costituire, come anche per tutte le altre tipologie di
giunto, soluzioni a parziale ovvero a completo ripristino delle sollecitazioni. Nel primo caso
conviene posizionare il giunto in zone opportune (ad esempio, se il giunto non garantisce un
significativo grado di continuità flessionale, in prossimità delle zone a momento nullo).
Sono in genere privilegiate le tipiche soluzioni a completo ripristino tra profilati aventi le
medesime dimensioni trasversali. In dettaglio, è possibile individuare:
a) giunto con piastre in acciaio (flange) saldate all’estremità di ogni trave e bullonate in
opera;
b) giunto con piastre coprigiunto d’ala e d’anima bullonate in opera;
c) giunto con piastre coprigiunto saldate (interamente in opera oppure all’estremità di
una trave in stabilimento ed a quella dell’altra in opera);
d) giunto con saldature testa a testa nelle ali e nell’anima delle estremità delle travi
collegate.
Figura 1.9 - Esempi di giunti intermedi tra travi [2]
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CAPITOLO 1 13
1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna
I giunti intermedi tra le colonne sono prevalentemente compressi o presso-inflessi e di
conseguenza anche la problematica dell’instabilità deve essere tenuta debitamente in conto
in fase progettale. In tale ambito non appare pertanto significativa la distinzione tra giunti a
parziale ed a completo ripristino di sollecitazione in quanto il giunto deve comunque essere
dimensionato per resistere alla forza che provoca l’instabilizzazione della membratura.
In dettaglio, tra i tipi più ricorrenti di giunti intermedi, si individuano:
a) giunto con doppie piastre coprigiunto d’ala e d’anima bullonate in opera;
b) giunto con doppie piastre coprigiunto d’ala bullonate in opera;
c) giunto con piastre coprigiunto d’ala singole e piastre coprigiunto d’anima doppie
bullonate in opera;
d) giunto per contatto con piastre coprigiunto interne saldate alle ali dei profili;
e) giunto per contatto con piastre coprigiunto d’ala interne al profilo e bullonate;
f) giunto per contatto con flangia saldata in stabilimento all’estremità della colonna
inferiore ed in opera alla colonna superiore;
g) giunto per solo contatto tra flange saldate in stabilimento all’estremità di ogni
colonna.
Figura 1.10 - Giunti intermedi per colonne con sezione trasversale simile [2]
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CAPITOLO 1 14
Nelle soluzioni a), b) e c) le estremità delle colonne non sono a contatto tra loro e pertanto le
azioni interne (azione assiale, taglio e momento flettente) vengono trasmesse mediante i
dettagli che realizzano le unioni (piastre coprigiunto, bulloni e saldature).
Nei giunti per contatto è invece necessario che le estremità della colonna siano state
adeguatamente spianate in officina, in modo da creare una zona di contatto pari alla sezione
del profilo minore. Le piastre coprigiunto presenti nelle soluzioni d) ed e), usualmente
saldate o bullonate in stabilimento all’estremità della colonna inferiore, hanno
prevalentemente la sola funzione di facilitare l’assemblaggio in opera del giunto
mantenendo in posizione la colonna superiore durante la fase di saldatura o di bullonatura in
opera.
1.6.3 - Giunti d’estremità
Esistono differenti tipologie di giunti estremità, classificabili in base agli elementi che
vengono collegati. Di seguito ci si riferirà ai seguenti tipi:
giunto tra trave e colonna;
attacco per controventi;
giunto di base delle colonne.
1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna
I giunti trave-colonna possono essere realizzati collegando la trave all’ala della colonna
oppure vincolandola alla sua anima. Vediamo in dettaglio alcuni tipici collegamenti all’ala
della colonna:
a) giunto realizzato mediante angolari bullonati all’ala della colonna e all’anima della
trave;
Figura 1.11 - Giunto trave-colonna [2]
b) giunto con piatto saldato in aggetto alla colonna e bullonato all’anima della trave;
Figura 1.12 - Giunto trave-colonna [2]
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CAPITOLO 1 15
c) giunto con piastra saldata a parte di anima all’estremità della trave e bullonata alla
colonna;
Figura 1.13 - Giunto trave-colonna [2]
d) giunto con piastra saldata, con cordoni di saldatura sia d’anima sia d’ala, alla trave e
bullonata alla colonna.
Figura 1.14 - Giunto trave-colonna [2]
Si osservi che tutte le tipologie di giunto trave-colonna possono presentare costolature di
irrigidimento del pannello d’anima nella colonna, in corrispondenza dell’ala della trave,
necessarie a volte per non creare zone preferenziali di debolezza del giunto.
1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi
Le giunzioni tra le membrature principali e le diagonali che realizzano i controventi
trasferiscono forze tra elementi differentemente orientati. Usualmente il dimensionamento
dei controventi viene eseguito considerando gli elementi diagonali soggetti soltanto ad
azioni assiali, ossia ipotizzando cerniere alle estremità.
L’intersezione degli assi baricentrici degli elementi che convergono nella giunzione deve
coincidere con il punto nel quale è stato ipotizzato il vincolo, al fine di evitare azioni
concentrate agenti con eccentricità non previste in fase di progetto.
Figura 1.15 - Giunti per controventi verticali [2]
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CAPITOLO 1 16
1.6.3.3 - Giunti di base
Una componente sempre presente nel giunto di base delle colonne è la piastra saldata,
generalmente con cordoni d’angolo, all’estremità inferiore della colonna, che usualmente
poggia su uno strato di malta di livellamento, all’estradosso della fondazione in
conglomerato cementizio. In quest’ultima vengono annegati i tirafondi (generalmente barre
in acciaio filettate alle estremità) unitamente ad eventuali perni di centraggio che agevolano
la fase di assemblaggio del giunto stesso. La piastra deve avere le superfici spianate e forate
per consentire il passaggio dei tirafondi. Nel caso in cui sulla colonna agisca soltanto una
forza di compressione la trasmissione di questa avviene per contatto tra piastra di base e
colletto di fondazione e quindi non sono richieste specifiche verifiche sui cordoni di
saldatura. Se sulla colonna agiscono anche azioni taglianti e flettenti, allora i tirafondi
assolvono una funzione statica e pertanto devono essere opportunamente dimensionati.
Nel caso in cui i valori di queste azioni siano contenuti, la soluzione con tirafondi in
prossimità degli spigoli delle piastre risulta molte volte economicamente conveniente. Se
invece alla base della colonna convergono diagonali di controvento in grado di trasferire una
significativa componente tagliante al giunto di base, devono essere previste specifiche
piastre saldate per consentire il loro attacco.
Figura 1.16 - Giunti di base per elevati valori di azione tagliante [2]
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CAPITOLO 1 17
1.7 - BIBLIOGRAFIA
[1] Arcelor Mittal Commercial Sections (1996), “Strutture antisismiche in acciaio”,
Luxembourg.
[2] G. Ballio, C. Bernuzzi (2004.), “Progettare costruzioni in acciaio”, Hoepli Milano.
[3] Prof. R. Landolfo (2010), dispense: “Progettare con l’acciaio in zona sismica”.
Università degli studi di Napoli Federico II, 26 Marzo 2010.