1. Il viaggio degli schiavi
In circa tre secoli, a partire dal XV secolo, quasi 12 milioni di Africani
sono stati trasferiti nelle Americhe e i sopravvissuti al viaggio, saranno
venduti come schiavi.
2. Un commercio “onesto”
Fino alla seconda metà del Settecento, gli schiavi
erano considerati una delle merci più trattate nei
commerci internazionali.
I negrieri (cioè i mercanti di schiavi), erano
considerati come dei normali commercianti onesti.
Anzi, erano
considerati con più rispetto degli altri mercanti,
perché erano imprenditori di successo e perché
disponevano di molto denaro.
Del resto
sapevano che la tratta degli schiavi africani era da
sempre praticata, e che gli Arabi
ne avevano fatto
uno dei più ricchi commerci dei loro mercanti.
Gli
Europei, ritenevano che portando gli Africani
in
un mondo civilizzato, offrissero loro la possibilità
di convertirsi al Cristianesimo.
Gli Africani, strappati dalle loro terre e privati della
loro libertà, cominciarono a considerare gli Europei
come dei malvagi che si arricchivano sfruttandoli.
Nacque così
l’ostilità verso i bianchi, fenomeno che fino a quel
3. La traversata atlantica
Le traversate atlantiche delle navi degli schiavi
avvenivano in condizioni assolutamente disumane.
Per il trasporto venivano utilizzate normali navi
mercantili.
Nelle stive erano predisposti degli alloggiamenti
nei quali era ammucchiato un gran numero di
schiavi (circa 600 persone).
Dopo che erano stati fatti salire sull’imbarcazione,
i deportati erano denudati e rasati per limitare
di diffondersi di pidocchi e subito erano mandati
nella stiva.
Due volte a settimana venivano fatti salire sul
ponte della nave per essere lavati con energici
spruzzi d’acqua.
Gli uomini venivano incatenati a coppie
con delle cavigliere di ferro ed erano marchiati a
fuoco
sul petto e sulle spalle; mentre le donne
venivano sistemate a prua, sotto la cabina degli
ufficiali,
in uno spazio comunque molto stretto,
ma esse avevano una maggiore libertà di movimento.
4. L’arrivo nelle Americhe
Prima di sbarcare in America, le autorità tenevano
le navi in quarantena (cioè ferme al largo del porto
per quaranta giorni), in modo da avere la certezza
che non vi fossero epidemie a bordo.
In quel periodo gli schiavi venivano resi il più
possibile “presentabili” ai futuri acquirenti.
Una volta sbarcati, gli schiavi venivano offerti
all’asta ai migliori offerenti.
Dopo essere stato acquistato, lo schiavo veniva
marchiato a fuoco con le iniziali del suo nuovo
padrone, gli veniva dato un nuovo nome ed era
condotto nella piantagione dove era destinato a
lavorare per il resto dei giorni.
5. La vita delle piantagioni
Gli schiavi africani erano destinati alle grandi
piantagioni (di zucchero, caffè, tabacco),
specie nell’America del Sud, o alle piantagioni
di cotone della parte meridionale dell’America
del Nord.
In particolare erano indispensabili nel territorio
dell’attuale Brasile, che era privo di popolazioni
amerinde che potessero lavorare per conto dei
colonizzatori europei.
Nel Sud America, in ogni piantagione lavoravano
numerosi schiavi i quali, vivendo insieme,
conservarono meglio la loro identità culturale.
Nell’America del Nord, invece, gli schiavi erano
suddivisi tra tanti piccoli proprietari e con il
tempo formarono un’etnia afroamericana
(che mescolava caratteri africani e caratteri
del mondo dei coloni).