Studio sull'ergonomia del touchscreen dell' iphone
Presentazione finale laurea
1. Toolkit. dalla “teoria delle capacità” alle pratiche quotidiane relatore: Prof. Ezio Manzini | autore: Paola Paleari Politecnico di Milano | Facoltà del Design Corso di Laurea Magistrale in Disegno Industriale anno accademico 2008 2009
11. Design “ The idea is simple: to find the most effective programs out there and then replicate their success in communities [around the country] that are facing similar challenges.” (Michelle Obama, 05.05.09 , New York )
12. Design “ The idea is simple: to find the most effective programs out there and then replicate their success in communities [around the country] that are facing similar challenges.” (Michelle Obama, 05.05.09 , New York )
13. Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni strumento di replicazione Un insieme di strumenti tangibili ed intangibili pensati per facilitare lo svolgimento di uno specifico compito da parte di soggetti diversi e in contesti differenti.
14. Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni strumento di replicazione strumento di capacitazione
16. “ Esercitare liberamente il proprio ingegno, ecco la vera felicità.” Aristotele, IV secolo a. C.
17. Anni ‘90 teoria del “capability approach” Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni Le Capacità Umane | Amartya Sen |
18. Anni ‘90 teoria del “capability approach” Le Capacità Umane | Amartya Sen | il benessere è commisurato al pieno compimento delle capacità cui attribuiamo maggior valore. Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni
23. di realizzare i propri obiettivi a partire dalle risorse disponibili capacità libertà Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni
24. a livello istituzionale, su scala sistemica Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni a livello personale, su scala quotidiana capacità libertà
25. Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni a livello personale, su scala quotidiana capacità libertà
26. Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni capacità libertà strumenti capacitanti
27. Strumenti Capacitanti | Ivan Illich | Anni ’70 “ Man must choose whether to be rich in things or in the freedom to use them.” Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni
28. Strumenti Capacitanti | Ivan Illich | Anni ’70 “ Man must choose whether to be rich in things or in the freedom to use them.” Strumento conviviale Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni
29. Quotidiano Design Capability approach | Amartya Sen Figura del “bricoleur” | Claude Lévi-Strauss Strumento conviviale | Ivan Illich Tecnologie appropriate | Ernst Schumacher Innovazione sociale Comunità creative e servizi collaborativi Design for social innovation Strategie di replicazione Capacità Strumenti
31. TOOLKIT “ Un set di strumenti e procedure attraverso cui un soggetto sviluppa la capacità effettiva di realizzare in autonomia un funzionamento della sua vita a cui egli attribuisce un certo valore.”
37. 1. Fattori costituenti | Creatività supportata | Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni La propensione ad attivare dinamiche creative che cadano anche al di fuori dello spazio d’azione fornito dal toolkit. Rif: Generative Tools. Liz Sanders, designer interest requirements DOING ADAPTING MAKING CREATING
39. 1. Fattori costituenti | Cognitività incorporata | Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni context understanding DATA INFORMATION KNOWLEDGE WISDOM Il grado di elaborazione delle informazioni e della conoscenza contenute all’interno del toolkit. Rif: Knwoledge Management. Milan Zeleny, business consultant
41. 1. Fattori costituenti | Divergenza ammessa | Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni Risultati validi ottenibili Modi d’uso applicabili Il numero di risultati finali raggiungibili tramite l’utilizzo del toolkit, o dei metodi percorribili per ottenerlo/i. Rif: Il pensiero divergente. Joy Paul Guilford, psicologo DIVERGENZA AMMESSA
59. “ Communities already exist. Instead, think about how you can help that community do what it wants to do.” Mark Zuckenberg, Facebook’s founder and CEO
65. 1 Mezzo, non fine Il toolkit va ad accrescere la qualità piuttosto che il tenore della vita quotidiana del soggetto. Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni
66. 2 Libertà positiva Il toolkit porta con sé sia maggiori opportunità che maggiori responsabilità e consapevolezza. Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni
67. 3 Processo sociale Il toolkit può facilitare gli individui sia ad essere artefici del proprio destino, sia ad aiutarsi reciprocamente. Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni
68. “ Occorre espandere le capa-cità delle persone di condurre il tipo di vita cui essi stessi attribuiscono un valore .” Amartya Sen
77. Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni Bottom-up Middle-out Top-down toolkit di uso collettivo Allegato/2
78. Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni Forme di partecipazione | Bottom-up | La comunità si forma autono-mamente e agisce in modo indipendente, per l’ottenimento dei propri obiettivi.
79.
80. Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni Forme di partecipazione | Top-down | La comunità si forma attorno a un servizio offerto da un ente, che stabilisce obiettivi e modalità di partecipazione.
81.
82. Prologo. 1. 2. 3. Conclusioni Forme di partecipazione | Middle-out | La comunità si forma attorno ad un servizio, nel quale poi i partecipanti si comportano indipendentemente. Gli obiettivi sono condivisi.
83.
Editor's Notes
In linea generale, il discorso è strutturato in tre macrosezioni: un prologo, una parte di studio centrale e delle conclusioni.
Più in dettaglio, comincerò con una breve premessa riguardante l’innovazione sociale e quello che il design può fare per favorirne la diffusione. Questa parte riassume i concetti portanti da cui ha preso avvio la riflessione sul toolkit che ho poi sviluppato in tesi.
Nella sezione centrale, la prima parte si concentra sullo studio di alcuni modelli teorici fondamentali circa l’importanza delle capacità umane e la proposta di strumenti consoni alla loro espressione.
I concetti da qui desunti confluiscono nella trattazione vera e propria del toolkit, finalizzata alla proposta di un modello interpretativo per questo strumento
Lo studio viene poi completato con uno sguardo sul toolkit come strumento inserito in un sistema di relazioni sociali
In conclusione, alcune riflessioni finali circa ciò che i toolkit possono dare nel quadro dello sviluppo delle capacità umane.
Cominciamo quindi con una breve premessa.
Questa frase di Geoff Mulgan, direttore della Young Foundation, riassume efficacemente il concetto di innovazione sociale. Con questo termine si intendono infatti tutti quei cambiamenti nella società, piccoli o grandi, in cui le nuove idee per la risoluzione di un problema o l’apertura di nuove opportunità sono generate dagli attori direttamente coinvolti, che adottano quindi un’attitudine in qualche modo “progettuale”.
Pertanto, la domanda che il progettista di professione si pone è: cosa può fare il design per queste realtà?
Rispondo prendendo a prestito una frase di Michelle Obama riferita alle nuove politiche statunitensi per l’innovazione sociale: una delle cose che il designer può fare è individuare le soluzioni esistenti più efficaci e quindi …
… replicare il loro successo in altre comunità con problematiche simili. Questo permette di accrescere l’impatto sociale di tali realtà senza aumentarne la scala, cosa che rischierebbe di snaturarle dal punto di vista organizzativo e relazionale.
Esistono diverse strategie di replicazione per l’ottenimento di questo risultato, e una di esse è il toolkit, consistente, in termini generali, in un insieme di strumenti tangibili ed intangibili pensati per facilitare lo svolgimento di uno specifico compito da parte di soggetti diversi e in contesti differenti.
Il toolkit però possiede delle potenzialità intrinseche che vanno oltre la sua natura di strumento di replicazione , rendendolo strumento di capacitazione , ossia in grado di sviluppare le capacità del soggetto che lo utilizza
E’ necessario, a questo punto, fare un passo indietro: capire cosa si intende per capacità umane, e perché le consideriamo importanti.
Nel IV secolo a. C., in Grecia Aristotele introduceva il concetto di eudaimonìa, ossia di vita buona, degna di essere vissuta. Secondo questa concezione, il benessere consiste in una particolare condizione di vita, una vita fiorente, in cui le capacità proprie di ciascuna persona trovano piena espressione e maturazione.
Negli anni ’90, il filosofo economista indiano Amartya Sen adotta questo antico pensiero, e lo rielabora all’interno del suo “capability approach”. Sen critica i tradizionali indicatori economici basati sulla ricchezza,
e ad essi contrappone un’idea del benessere come entità commisurata al pieno compimento delle capacità cui attribuiamo maggior valore. In particolare, Sen propone le due nuove nozioni di funzionamenti e capacità come misure più adeguate della qualità della vita degli individui.
Per funzionamenti si intendono gli “stati di essere e di fare” dotati di buone ragioni per essere scelti e tali da qualificare lo star bene; questi possono riguardare esigenze sia fisiche che psicologiche come per esempio lo spostarsi, il lavorare, l’avere degli affetti, eccetera.
L’insieme dei funzionamenti di cui dispone una persona determina quindi le sue condizioni di vita.
Le capacità riguardano invece la possibilità di acquisire funzionamenti di rilievo, ossia le alternative di scelta tra una serie di vite possibili
e sono queste che determinano la qualità della vita della persona.
La nozione di capacità è quindi per Sen strettamente correlata con il concetto di libertà di realizzare i propri obiettivi a partire dalle risorse disponibili.
Questo si riflette, su scala sistemica, a livello soprattutto istituzionale: per Sen, infatti, le istituzioni di un paese devono collaborare per garantire le condizioni per la libertà, promotrice di sviluppo non solo economico ma anche socio-culturale. Ma lo stesso concetto può essere applicato anche su scala quotidiana, in rapporto alle condizioni che ci si presentano nelle azioni della nostra vita personale.
Dal momento che il design si occupa in primo luogo proprio di questo, ossia della vita delle persone, la nostra attenzione si focalizza su questo secondo livello.
Ma come rendere possibile questa liberazione delle capacità nel quotidiano? Attraverso gli strumenti capacitanti.
Il modello teorico per questo passaggio ce lo fornisce Ivan Illich. Anche lo studioso austriaco parla di libertà, però lo fa riferendosi specificatamente al modo in cui l’uomo utilizza gli oggetti di cui dispone.
Illich chiama infatti “conviviale” quel tipo ci strumento che permette un controllo personale e diretto, genera efficienza senza ridurre l’autonomia, non crea rapporti di dipendenza ed estende il raggio d’azione individuale.
Riassumendo, abbiamo due filoni concettuali che si incrociano: da una parte il concetto di capacità umane e, in linea con questo, la proposta di strumenti capacitanti; dall’altra, l’idea di quotidiano e di innovazione sociale e il contributo dato dal design.
Il toolkit perché possiede le caratteristiche per riunire tutti questi concetti: infatti, secondo una definizione più compiuta rispetto a quella fornita in precedenza,
Il toolkit è un set di strumenti e procedure attraverso cui un soggetto solitamente sviluppa la capacità effettiva di realizzare in autonomia un funzionamento della sua vita a cui egli attribuisce un certo valore
Una volta chiarite le ragioni profonde di interesse per il tema del toolkit, è possibile occuparsi in modo più approfondito anche della sua analisi.
il toolkit è un concetto molto ampio, che riunisce al suo interno una grande varietà di soluzioni: dai kit di materiali, alle applicazioni per la configurazione di prodotto, agli strumenti metodologici per il design come i cultural probes, e così via. Per avere una visione più completa ho quindi effettuato un’esplorazione ad ampio raggio in diversi settori, e un’analisi più puntuale è stata poi effettuata su un gruppo scelto di 20 casi studio.
Il risultato principale di questa esplorazione è stata la creazione di un modello interpretativa di questo strumento, basato su due momenti: l’analisi del toolkit dal punto di vista della strutturazione concettuale e dal punto di vista della composizione strumentale.
Per quanto riguarda il primo momento, le componenti individuate sono tre: fattori costituenti, requisiti d’accesso e raggio d’azione. Ognuna di esse si riferisce a una particolare fase della vita del toolkit ed è a sua volta definibile attraverso delle variabili.
I fattori costituenti del toolkit si chiamano così in quanto riguardano gli aspetti connaturati alla sua stessa fisionomia, sono le caratteristiche intrinseche che lo distinguono da altri tipi di soluzioni e con le quali il progettista ha inevitabilmente a che fare quando approccia l’ideazione di un toolkit.
Il primo dei fattori costituenti è la creatività supportata, ossia la propensione del toolkit ad attivare dinamiche creative che cadano anche al di fuori dello spazio d’azione fornito dallo stesso.
I kit per lo scrapbooking, che è una tecnica creativa simile al decoupage per la realizzazione di album artistici, si posiziona a un livello alto di questa scala, in quanto spesso l’utente utilizza i materiali forniti dal kit solo come punto di partenza e come ispirazione, arricchendoli con idee e materiali reperiti autonomamente.
Il secondo fattore costituente è la cognitività incorporata, che si riferisce al grado di elaborazione delle informazioni e della conoscenza contenute all’interno del toolkit. E’ una caratteristica propria del toolkit, infatti, incorporare al suo interno il risultato di un processo cognitivo compiuto in precedenza da un soggetto esterno (tipicamente, il progettista).
Lo Human Centered Design Toolkit di IDEO è una guida rivolta a tutte le imprese sociali e le no-profit che vogliono applicare le metodologie del design centrato sull’utente nelle loro attività. Dal momento che in esso IDEO ha riunito gran parte del suo know-how circa tali metodologie, questo toolkit si posiziona nell’area della conoscenza.
L’ultimo dei fattori costituenti è la divergenza ammessa, e si riferisce al numero di risultati finali raggiungibili tramite l’utilizzo del toolkit, o dei metodi percorribili per ottenerli.
Per esempio, il Village Phone Kit sviluppato dalla Grameen Bank ha un grado di divergenza molto basso: questo è un toolkit è pensato per l’ottenimento di un unico risultato, ossia la replicazione, in diversi contesti all’interno di paesi in via di sviluppo, di uno schema di servizio di telecomunicazione basato sul microcredito e sulla telefonia mobile.
Passiamo ora ai requisiti di accesso. Questi riguardano le condizioni necessarie per accedere all’uso del toolkit e quindi si posizionano nel momento di contatto tra il toolkit e il suo utente. Nello specifico, parliamo sia di conoscenza tecnica , ossia del livello di competenza specialistica richiesta al soggetto per poter utilizzare il toolkit in modo compiuto ed efficace; sia di volontà di fare , cioè del grado di motivazione nutrita dal soggetto nei confronti dell’attività eseguibile tramite il toolkit.
A questo proposito, l’esempio che vado a fare è piuttosto esplicativo. Everything is Ok è un progetto pensato da un collettivo di designer americani per indirizzare i cittadini verso la cronaca sociale, attraverso l’uso e la messa in opera di un “activist toolkit”. Il kit è formato da materiale comunicativo di varia natura sul quale è ripetuto il motto sarcastico “tutto va bene”, attraverso il quale chiunque può portare all’attenzione pubblica una situazione di disagio in un contesto urbano vissuto quotidianamente.
In questo caso, dunque, il toolkit richiede una conoscenza tecnica molto bassa, ma al contrario richiede un’alta volontà di fare, in quanto non tutti possiedono la motivazione necessaria per poter effettuare un’azione pubblica di questo tipo.
E arriviamo all’ultimo componente di questa parte di analisi: il raggio d’azione. Esso si riferisce all’influenza temporale del toolkit nella vita delle persone in relazione all’attività compiuta attraverso di esso. Può quindi essere a breve termine, quando l’azione del toolkit termina nel momento in cui si compie l’attività, soddisfacendo puntualmente un’esigenza, oppure a lungo termine, quando l’azione del toolkit si prolunga nel tempo e accompagna l’utente in un processo di apprendimento.
Per esempio, questo è un toolkit dedicato ai padroni di animali domestici ai quali è stato diagnosticato il diabete. Esso non solo contiene il materiale necessario per affrontare le cure quotidiane di cui l’animale in questione ha bisogno, ma è anche strutturato in modo tale da accompagnare il padrone, tramite un tutoraggio periodico, in un processo che lo renda in grado di gestire in modo autonomo tutto lo spettro di esigenze collegate alla malattia.
Riassumendo, questo è l’insieme delle variabili relative alla strutturazione concettuale del toolkit. In questo caso, è stato riferito ad un toolkit specifico, ossia il flat pack di Ikea, ma può ovviamente essere applicato a qualsiasi tipo di toolkit. E’ utile, a livello progettuale, avere questa visione di insieme, in quanto permette di individuare le variabili “problematiche”, e di ideare per queste una soluzione da inserire all’interno della composizione strumentale del toolkit, come andiamo a vedere ora.
Il secondo momento di analisi riguarda infatti la sua composizione a livello strumentale, ossia quali sono in linea generale i principali componenti del toolkit e come sono organizzati.
Il toolkit presenta una struttura doppia: è cioè sempre composto da un insieme di strumenti operativi e da una serie di procedure.
Gli strumenti operativi sono i mezzi con cui l’utente interagisce e che impiega per portare a termine il compito per cui il toolkit è stato concepito, e possono essere di natura sia fisica che virtuale. Per quanto riguarda le procedure, in esse è racchiusa la cognitività incorporata di cui abbiamo parlato prima, che nella situazione più classica è sotto forma di libretto di istruzioni, glossario, schede tecniche, eccetera. Ci sono però anche casi in cui parte delle procedure sono inserite all’interno degli strumenti operativi, in modo che gli strumenti stessi, per come sono fatti, diano all’utente delle indicazioni circa il loro impiego.
Per ciò che abbiamo detto finora, pertanto, il toolkit si presenta come un pacchetto completo e finito, consegnato nelle mani dell’utente, attraverso il quale questo sviluppa le capacità necessarie per raggiungere un determinato obiettivo.
Esso però, pur essendo autonomo, non è quasi mai isolato, anzi è spesso posto all’interno di una serie di soluzioni che possono comprendere per esempio una campagna di comunicazione, un servizio di assistenza oppure inserirsi in una serie di regolamentazioni e normative che ne regolano l’uso.
Un esempio interessante che riassume quanto detto finora è il kit della festa dei vicini. Ho voluto inserire questo esempio in allegato per non appesantire troppo il discorso, ma sono ben felice di illustrarlo in caso si volesse approfondire questo tema anche nella discussione a venire.
Ad ogni modo, come abbiamo detto anche prima, la strutturazione a livello concettuale del toolkit e la sua composizione strumentale sono collegati e dipendono l’una dall’altra. E’ infatti possibile effettuare delle osservazioni in merito alla composizione del toolkit partendo dalle variabili viste in precedenza, e viceversa.
Riprendendo l’esempio precedente, una variabile sicuramente importante nel flat pack di IKEA è la cognitività incorporata. Essa è elevata, dal momento che questo toolkit permette anche a chi non possiede esperienza di effettuare in autonomia un’operazione di una certa complessità. Questo si riflette nella composizione del toolkit, e infatti le informazioni e la conoscenza sono incorporate sia a livello di procedure nel foglio di istruzioni, sia negli stessi strumenti operativi, che sono preformati, prenumerati e predisposti per essere utilizzati con la massima efficienza.
Altra variabile sensibile può essere la volontà di fare. All’utente è infatti richiesto un certo livello di motivazione, dal momento che questo deve farsi carico non solo di montare il mobile in modo indipendente, ma anche di sceglierlo, acquistarlo e trasportarlo a casa. Al di là del ritorno per l’utente dal punto di vista economico, che è fondamentalmente la strategia sulla quale IKEA ha basato il suo successo, è comunque presente tutta una strategia comunicativa, che va dai punti vendita alle campagne pubblicitarie, al sito, ai cataloghi, pensata per invogliare e attirare il consumatore/attore. Il toolkit risulta essere un anello di una complessa catena di soluzioni.
Passiamo ora alla terza e ultima parte. Abbiamo appena visto come il toolkit si inserisca all’interno di una rete di relazioni strumentali e funzionali, ma ora vogliamo fare qualche breve osservazione riguardo il suo inserimento in un rete di relazioni sociali.
Comincio con questa frase del fondatore di Facebook in quanto essa afferma che anche la comunità possiede delle capacità da esprimere, e sottintende quindi il fatto che il discorso sulla capacitazione e sulla libertà non si applichi solo all’individuo, ma valga anche quando si parla di collettività.
Rimanendo nella nostra scala di grandezza, cioè quella delle attività appartenenti alla vita quotidiana, parlare di toolkit in una rete sociale significa osservarlo nelle sue condizioni d’uso, che possono essere di due tipi: individuale e collettiva. Ovviamente l’azione capacitante è presente in entrambe le modalità d’uso; esistono però delle differenze dal punto di vista proprio dell’attitudine sociale.
L’uso individuale del toolkit si poggia sulla filosofia del “do it yourself”, che risponde sicuramente a un bisogno di libertà del soggetto e adotta un approccio “costruzionista”, ossia attivo e propositivo. D’altra parte però c’è il rischio che questa filosofia veicoli un modello individualista, nel quale ognuno pensa per sé, auto-organizzandosi in modo indipendente dagli altri e dal contesto.
L’uso collettivo del toolkit, invece, si basa su un’evoluzione della filosofia del “do it yourself”, il “do it with others”. Ho preso in prestito questo concetto da Furtherfield.org, un gruppo di net artist che ha coniato questo termine in occasione di un’opera d’arte collettiva basata sui contenuti inviati da gente comune via mail. In questa modalità d’uso del toolkit sono sempre presenti i fattori di autonomia e auto-organizzazione tipici del fai-da-te, ma si aggiungono anche istanze di condivisione, collaborazione e partecipazione.
Ho inserito in allegato un modello di classificazione per il toolkit di tipo collettivo e collaborativo che non mostro sempre per motivi di tempo; ad ogni modo il concetto importante è che il toolkit può essere utilizzato come strumento capacitante anche in situazioni collaborative, mettendo in grado anche una comunità a portare a termine un funzionamento al quale attribuisce un certo valore.
Dedico ora un minuto ad alcune riflessioni conclusive circa ciò che i toolkit possono dare nel quadro delle capacità e delle libertà, alla luce di quanto visto finora.
Le capacità individuali sono l’essenza della qualità della vita, non riducibile ad una lista di beni che sono semplici mezzi. Ne consegue un modo di guardare all’individuo, oltre il suo reddito, su piani fisici e intellettivi con cui si pone all’interno dei percorsi del vivere quotidiano. Ugualmente, ne consegue un modo di guardare al toolkit come mezzo e non come fine, come strumento che va ad accrescere la qualità piuttosto che il tenore della vita quotidiana del soggetto.
Amartya Sen si oppone al modo negativo di intendere la libertà, ossia come assenza di impedimenti formali. Sostiene invece un concetto positivo di libertà, come condizione significativa per gratificare i propri soddisfacimenti attraverso le proprie capacità. L’uso del toolkit si inserisce in questa visione della libertà, portando quindi con sé nella vita del soggetto sia maggiori opportunità che maggiori responsabilità e consapevolezza.
Le capacità individuali si formano, non sono innate ma si acquisiscono vivendo in relazione con altri. Una volta acquisite, esse devono anche essere sostenute. Questo dipende ovviamente dall’attitudine delle persone e dalle condizioni sociali, ma il toolkit può dare un contributo in questo processo, facilitando gli individui sia ad essere artefici del proprio destino, sia ad aiutarsi reciprocamente in modo efficace.
L’ultimo pensiero con cui termino la trattazione è di nuovo di Amartya Sen: “ Occorre espandere le capacità delle persone di condurre il tipo di vita cui essi stessi attribuiscono un valore .”
La fete des voisins è un’iniziativa che nasce in modo spontaneo nel 1999 nel 17e arrondissement di Parigi e che mira a favorire la socializzazione tra vicini di casa, per combattere l’indifferenza che spesso regna nelle grandi città.
Obiettivo del kit è quindi quello di favorire la creazione di un momento di aggregazione tra abitanti di uno stesso quartiere.
Come strumenti operativi troviamo prima di tutto del materiale organizzativo, e quindi circolari prestampate per favorire la comunicazione tra i partecipanti, moduli precompilati per interagire con il comune, modelli per l’ottenimento di permessi, eccetera.
C’è poi una serie di strumenti operativi da utilizzare il giorno stesso della festa, pensati sia per allestire il luogo d’incontro che per veicolare il senso di appartenenza a questa iniziativa, come magliette, palloncini, tovaglie e bicchieri di carta, eccetera.
A livello di procedure sono poi presenti dei supporti sia fisici che multimediali che racchiudono il know-how necessario per gestire correttamente l’attività nella sua interezza.
Esistono diverse varianti dello stesso toolkit, in quanto l’iniziativa si è allargata negli anni anche al di altre nazioni oltre la Francia. Sebbene le singole iniziative si svolgano in modo autogestito, tutte queste sono messe in relazione tra di loro e vanno a formare un unico grande evento che si ripete ogni anno, chiamato “the European Neighbours’ Day”.
L’ultima edizione si è svolta a maggio e ha visto la partecipazione di 1000 amministrazioni comunali in 29 paesi, per un totale di 8 milioni e mezzo di persone. Questa è una conferma sia del potere di replicazione che di capacitazione del toolkit.
Questo è uno schema di classificazione per il toolkit di tipo collettivo. Si basa su un modello che suddivide la partecipazione ad attività sociali in tre forme, in riferimento al grado di autonomia dei partecipanti. Secondo questo schema, il toolkit può essere utilizzato come strumento abilitante e organizzativo in ciascuna di queste forme, secondo diverse modalità.
Una comunità si forma autonomamente e agisce in modo indipendente, per la risoluzione di un proprio problema o per l’ottenimento dei propri obiettivi.
Un esempio di toolkit collettivo a supporto di questa forma di partecipazione è “Message in-a-box”, sviluppato da Tactical Technology Collective, un’associazione internazionale che sostiene i diritti umani e che promuove l’utilizzo delle tecnologie digitali per massimizzare l’impatto del lavoro svolto da ONG e nonprofit. Il toolkit in questione è una collezione di strumenti, tattiche, guide, e casi studio progettata per aiutare le organizzazioni a sviluppare una strategia di comunicazione e a promuovere in modo efficace le proprie iniziative.
Viene offerto un servizio (pubblico o privato), che permette la formazione di una comunità, sulla quale si basa il suo funzionamento. I partecipanti dipendono dall’ente che offre il servizio e la partecipazione è finalizzata alla soddisfazione degli obiettivi dello stesso. Il servizio viene offerto in una maniera top-down, e i partecipanti si comportano di conseguenza There is also an eco:Village online community where users help each other drive better and help Fiat improve the system.
YouthXChange è un progetto formativo per giovani consumatori promosso dall’UNEP. Esso si basa su un kit formativo open-source composto da una guida, da un sito e da una serie di strumenti pedagogici studiati per coinvolgere le nuove generazioni nel percorso verso l’adozione di stili di vita e di consumo sostenibili.
Viene offerto un servizio (pubblico o privato), che permette la formazione di una comunità, dove i partecipanti si riuniscono. I partecipanti si comportano indipendentemente e operano autonomamente, creando nuove relazioni con il fine di sviluppare i propri obiettivi. Il servizio viene offerto in una maniera top-down, ma i partecipanti agiscono in esso con dinamiche bottom-up.
EST (Educare alla Scienza e alla Tecnologia) è un progetto educativo, promosso da Fondazione Cariplo, che mette in collegamento scuole e musei con l’obiettivo di avvicinare i ragazzi alla cultura scientifica e tecnologica. Si basa su dei kit che permettono di riprodurre in aula le esperienze svolte dai ragazzi durante le visite ai musei. In questo caso il toolkit permette di condividere i benefici dell’iniziativa tra le due parti (scuola e museo), fungendo da punto di contatto tra i vari momenti, ciascuno dei quali è svolto autonomamente.