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Problem Structuring Methods
Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia Tilio
Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia Tilio
• Pianificare e(
‘)
decidere
• Modelli di decisione
• La decisione collettiva
• Stakeholder analysis
• Processo di decisione
• Problem Structuring Methods
• Strutturazione della conoscenza
Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia Tilio
…Occuparsi delle trasformazioni del territorio (B. Secchi)
…Prendere decisioni sull’allocazione e distribuzione delle
risorse pubbliche (Klosterman)
…Disporre in anticipo, mettendo in sequenza deliberatamente
le azioni in modo da raggiungere un obiettivo (Dahrendoff)
… Svolgere una deliberata attività sociale o organizzativa tesa a sviluppare
una strategia ottimale di azione futura per realizzare un insieme desiderato
di scopi, per risolvere problemi insoliti in contesti complessi e
accompagnata dal potere e dall’intenzione di destinare risorse e agire come
indispensabile per implementare le strategie scelte (Alexander)
Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia Tilio
Occuparsi delle trasformazioni del territorio (B. Secchi)…
Prendere decisioni sull’allocazione e distribuzione delle
risorse pubbliche (Klosterman)…
Disporre in anticipo, mettendo in sequenza deliberatamente
le azioni in modo da raggiungere un obiettivo (Dahrendoff)…
Svolgere una deliberata attività sociale o organizzativa tesa a sviluppare
una strategia ottimale di azione futura per realizzare un insieme desiderato
di scopi, per risolvere problemi insoliti in contesti complessi e
accompagnata dal potere e dall’intenzione di destinare risorse e agire come
indispensabile per implementare le strategie scelte (Alexander)…
Corso di Ingegneria del Territorio
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La pianificazione è sempre stata considerata come un agente di razionalità
nella società (Hemmens 1980). […]. Essa è un modo di pensare ai problemi
[…], si identifica con un approccio scientifico all’analisi e con un modo particolare
di risolvere i problemi (Baum,1977). Questo modo di risolvere i problemi – il
modello razionale di decisione – richiede alle persone che lo usano di
considerare quello che devono fare alla luce di quello che vogliono ottenere.
In altre parole, la razionalità chiede la sistematica considerazione e valutazione
dei mezzi alternativi alla luce degli obiettivi preferiti da raggiungere.
[…] La razionalità include la valutazione e la scelta tra diversi obiettivi così
come il problema di relazionarli ai valori ultimi degli individui, delle
organizzazioni o delle società.
L’analisi razionale è semplicemente uno strumento che ci permette di fare delle
scelte secondo certi standard di consistenza e di logica e ci aiuta a comunicare le
ragioni delle nostre decisioni.
Alexander, Introduzione alla pianificazione, 1986
Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia Tilio
Io sono
l’homo oeconomicus
Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia Tilio
Io sono
l’homo oeconomicus
 Il mio obiettivo è massimizzare l’utilità attesa
Sono onnisciente
 Posso acquisire informazioni pertinenti al problema
 Sono in grado di elaborare le informazioni
 Lavoro in condizioni di certezza
Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia Tilio
DIAGNOSI DEL
PROBLEMA
ARTICOLAZIONE
DEGLI OBIETTIVI
IDENTIFICAZIONE
Di RISORSE E VINCOLI
PROGETTAZIONE
DELLE SOLUZIONI
VALUTAZIONE E
SCELTA
PREVISIONE DEI
RISULTATI
Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia Tilio
Herbert Simon
sostiene che io
abbia razionalità
limitata!
(Administrative Behaviour, 1947)
Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia Tilio
Herbert Simon
sostiene che io
abbia razionalità
limitata!
 NON sono onnisciente
 Posso acquisire informazioni pertinenti al problema
in maniera PARZIALE
 NON SEMPRE sono in grado di elaborare le
informazioni
 Lavoro in condizioni di INcertezza E RISCHIO
 Il mio obiettivo NON è SEMPRE massimizzare
l’utilità attesa
(Administrative Behaviour, 1947)
Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia Tilio
Non ho
certezze!
Corso di Ingegneria del Territorio
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Non massimizzo
sempre l’utilità
(Kahneman, Tversky, 1979)
Corso di Ingegneria del Territorio
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DIAGNOSI DEL
PROBLEMA
ARTICOLAZIONE
DEGLI OBIETTIVI
IDENTIFICAZIONE
DELLE RISORSE
PROGETTAZIONE
DELLE SOLUZIONI
VALUTAZIONE E
SCELTA
PREVISIONE DEI
RISULTATI
E questo
modello?
Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia Tilio
DIAGNOSI DEL
PROBLEMA
ARTICOLAZIONE
DEGLI OBIETTIVI
IDENTIFICAZIONE
DELLE RISORSE
PROGETTAZIONE
DELLE SOLUZIONI
VALUTAZIONE E
SCELTA
PREVISIONE DEI
RISULTATI
E questo
modello?
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informazioni
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Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia Tilio
Corso di Ingegneria del Territorio
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E seE se
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Corso di Ingegneria del Territorio
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E seE se
scelgono inscelgono in
molti?molti?
La decisione non è più individuale
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Typically, large decisions are not made by a single
group of like minded people…they are, rather, the
result of extended negotiations, either
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different points of viewdifferent points of view. (Neufville and Keeney, 1972)
Corso di Ingegneria del Territorio
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In order to contribute to the protection of the
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his or her health and well-being, each Party shall
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accordance with the provisions of this Convention.
Corso di Ingegneria del Territorio
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public to submit, in writing or, as appropriate, at
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Each Party shall make appropriate practical and/or
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identified by the relevant public authority, taking
into account the objectives of this Convention. To the
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Un individuo o un gruppo di individui è
(sono) attore(i) di un processo di
decisione se, per il sistema di valori di cui è
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identificato come un solo e medesimo
attore bisogna che, relativamente al
processo, i sistemi dei valori, delle
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membri del gruppo non siano diversificati.
Corso di Ingegneria del Territorio
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(Bisogni) Decisione Implementazione Gestione Fruizione
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'Public object' transformations require the activation of inter-
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actors ('public collective action'). Such an action cannot be
realized without the presence of an 'acting system' which
intentionally creates an 'Interaction Space' (IS)
(Ostanello, Tsoukiàs, 1993)
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Chi sono?
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Lista di attoriLista di attori
Capire interessi, bisogni, competenze
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INFLUENZAINFLUENZA
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Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia TilioImportanza
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Corso di Ingegneria del Territorio
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Corso di Ingegneria del Territorio
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Informato Consultato Partner Determinante
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Corso di Ingegneria del Territorio
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Supponiamo una collettività costituita da un lupo e da un
agnello: la felicità del lupo sta nel mangiare l'agnello, quella
dell'agnello, nel non esser mangiato. Come facciamo a render
felice quella collettività?
(Vilfredo Pareto, 1919)
Corso di Ingegneria del Territorio
Ing. Lucia Tilio
La migliore delle scelte sarà quella in cui nessuno
perde e qualcuno almeno vede migliorare la propria
condizione. Ovvero qualcuno migliora la propria
condizione senza peggiorare quella degli altri
Supponiamo una collettività costituita da un lupo e da un
agnello: la felicità del lupo sta nel mangiare l'agnello, quella
dell'agnello, nel non esser mangiato. Come facciamo a render
felice quella collettività?
(Vilfredo Pareto, 1919)
Corso di Ingegneria del Territorio
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(adattato da Las Casas, 1984)
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Grado di
accordo
Consenso:
UNITARIO
Forti disaccordi, risolti
attraverso l’esercizio del potere:
COERCITIVO
Diversi punti di vista,
ma accordo possibile:
PLURALISTICO
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Complesso
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Scelta Implementazione
Creatività
Task Strumento Risultato
Creatività Attraverso metafore si
costruisce una comprensione
condivisa del problema
Si fa riferimento a metafore
del sistema, come il
cervello, la macchina, il
gruppo, l’organismo etc.
Si individuano i problemi
emergenti come quelli più
importanti per il gruppo
nello stato corrente.
Scelta Si sceglie la miglior
metodologia per indirizzare la
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of System grids
Si seleziona la
metodologia dominante o
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essere di supporto
Implementazione Si implementano le
metodologie selezionate
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metodologie
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Corso di Ingegneria del Territorio
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  • 1. Problem Structuring Methods Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio
  • 2. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio • Pianificare e( ‘) decidere • Modelli di decisione • La decisione collettiva • Stakeholder analysis • Processo di decisione • Problem Structuring Methods • Strutturazione della conoscenza
  • 3. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio …Occuparsi delle trasformazioni del territorio (B. Secchi) …Prendere decisioni sull’allocazione e distribuzione delle risorse pubbliche (Klosterman) …Disporre in anticipo, mettendo in sequenza deliberatamente le azioni in modo da raggiungere un obiettivo (Dahrendoff) … Svolgere una deliberata attività sociale o organizzativa tesa a sviluppare una strategia ottimale di azione futura per realizzare un insieme desiderato di scopi, per risolvere problemi insoliti in contesti complessi e accompagnata dal potere e dall’intenzione di destinare risorse e agire come indispensabile per implementare le strategie scelte (Alexander)
  • 4. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Occuparsi delle trasformazioni del territorio (B. Secchi)… Prendere decisioni sull’allocazione e distribuzione delle risorse pubbliche (Klosterman)… Disporre in anticipo, mettendo in sequenza deliberatamente le azioni in modo da raggiungere un obiettivo (Dahrendoff)… Svolgere una deliberata attività sociale o organizzativa tesa a sviluppare una strategia ottimale di azione futura per realizzare un insieme desiderato di scopi, per risolvere problemi insoliti in contesti complessi e accompagnata dal potere e dall’intenzione di destinare risorse e agire come indispensabile per implementare le strategie scelte (Alexander)…
  • 5. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio
  • 6. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio
  • 7. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio La pianificazione è sempre stata considerata come un agente di razionalità nella società (Hemmens 1980). […]. Essa è un modo di pensare ai problemi […], si identifica con un approccio scientifico all’analisi e con un modo particolare di risolvere i problemi (Baum,1977). Questo modo di risolvere i problemi – il modello razionale di decisione – richiede alle persone che lo usano di considerare quello che devono fare alla luce di quello che vogliono ottenere. In altre parole, la razionalità chiede la sistematica considerazione e valutazione dei mezzi alternativi alla luce degli obiettivi preferiti da raggiungere. […] La razionalità include la valutazione e la scelta tra diversi obiettivi così come il problema di relazionarli ai valori ultimi degli individui, delle organizzazioni o delle società. L’analisi razionale è semplicemente uno strumento che ci permette di fare delle scelte secondo certi standard di consistenza e di logica e ci aiuta a comunicare le ragioni delle nostre decisioni. Alexander, Introduzione alla pianificazione, 1986
  • 8. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Io sono l’homo oeconomicus
  • 9. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Io sono l’homo oeconomicus  Il mio obiettivo è massimizzare l’utilità attesa Sono onnisciente  Posso acquisire informazioni pertinenti al problema  Sono in grado di elaborare le informazioni  Lavoro in condizioni di certezza
  • 10. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio DIAGNOSI DEL PROBLEMA ARTICOLAZIONE DEGLI OBIETTIVI IDENTIFICAZIONE Di RISORSE E VINCOLI PROGETTAZIONE DELLE SOLUZIONI VALUTAZIONE E SCELTA PREVISIONE DEI RISULTATI
  • 11. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Herbert Simon sostiene che io abbia razionalità limitata! (Administrative Behaviour, 1947)
  • 12. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Herbert Simon sostiene che io abbia razionalità limitata!  NON sono onnisciente  Posso acquisire informazioni pertinenti al problema in maniera PARZIALE  NON SEMPRE sono in grado di elaborare le informazioni  Lavoro in condizioni di INcertezza E RISCHIO  Il mio obiettivo NON è SEMPRE massimizzare l’utilità attesa (Administrative Behaviour, 1947)
  • 13. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Non ho certezze!
  • 14. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Non massimizzo sempre l’utilità (Kahneman, Tversky, 1979)
  • 15. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio DIAGNOSI DEL PROBLEMA ARTICOLAZIONE DEGLI OBIETTIVI IDENTIFICAZIONE DELLE RISORSE PROGETTAZIONE DELLE SOLUZIONI VALUTAZIONE E SCELTA PREVISIONE DEI RISULTATI E questo modello?
  • 16. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio DIAGNOSI DEL PROBLEMA ARTICOLAZIONE DEGLI OBIETTIVI IDENTIFICAZIONE DELLE RISORSE PROGETTAZIONE DELLE SOLUZIONI VALUTAZIONE E SCELTA PREVISIONE DEI RISULTATI E questo modello? Completezza delle informazioni Incertezza e rischio nella individuazione degli effetti Considerazione di tutte le alternative possibili
  • 17. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio
  • 18. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio E seE se scelgono inscelgono in molti?molti?
  • 19. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio E seE se scelgono inscelgono in molti?molti? La decisione non è più individuale MA è una decisione collettiva Typically, large decisions are not made by a single group of like minded people…they are, rather, the result of extended negotiations, either implicit or explicit, between representatives of different points of viewdifferent points of view. (Neufville and Keeney, 1972)
  • 20. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Article 1 OBJECTIVE In order to contribute to the protection of the right of every person of present and future generations to live in an environment adequate to his or her health and well-being, each Party shall guarantee the rights of access to information, public participation in decision-making, and access to justice in environmental matters in accordance with the provisions of this Convention.
  • 21. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Article 6 PUBLIC PARTICIPATION IN DECISIONS ON SPECIFIC ACTIVITIES Procedures for public participation shall allow the public to submit, in writing or, as appropriate, at a public hearing or inquiry with the applicant, any comments, information, analyses or opinions that it considers relevant to the proposed activity. […] Each Party shall ensure that in the decision due account is taken of the outcome of the public participation.
  • 22. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Article 7 PUBLIC PARTICIPATION CONCERNING PLANS, PROGRAMMES AND POLICIES RELATING TO THE ENVIRONMENT Each Party shall make appropriate practical and/or other provisions for the public to participate during the preparation of plans and programmes relating to the environment, within a transparent and fair framework, having provided the necessary information to the public. […]The public which may participate shall be identified by the relevant public authority, taking into account the objectives of this Convention. To the extent appropriate, each Party shall endeavour to provide opportunities for public participation in the preparation of policies relating to the environment.
  • 23. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Un individuo o un gruppo di individui è (sono) attore(i) di un processo di decisione se, per il sistema di valori di cui è (sono) portatori, egli (essi) influenza(no) direttamente o indirettamente la decisione. In più, affinché un gruppo di attori sia identificato come un solo e medesimo attore bisogna che, relativamente al processo, i sistemi dei valori, delle informazioni e delle relazioni dei diversi membri del gruppo non siano diversificati.
  • 24. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio
  • 25. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio (Bisogni) Decisione Implementazione Gestione Fruizione Alta dirigenza Consulenti Soggetto che promuove l’intervento Soggetti deputati al controllo Operatori (Funzionari, quadri, consulenti) Eventuali soggetti convenzionati Soggettiche presentanoistanze VALUTATORE BeneficiarioOperatoreDecisore Parti Sociali Legenda Adattato da S. Bezzi, Il disegno nella ricerca valutativa, 2003
  • 26. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio
  • 27. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio 'Public object' transformations require the activation of inter- organizational relations by a number of different organization actors ('public collective action'). Such an action cannot be realized without the presence of an 'acting system' which intentionally creates an 'Interaction Space' (IS) (Ostanello, Tsoukiàs, 1993)
  • 28. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio
  • 29. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Chi sono? Cosa pensano? Come coinvolgerli? Quale influenza hanno? Come contattarli e come restare in contatto? Come informarli? Lista di attoriLista di attori Capire interessi, bisogni, competenze Identificare opportunità e minacce Definire il livello di partecipazione
  • 30. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio (Pusceddu, 2002)
  • 31. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio  E’ un’autorità istituzionale? Controlla risorse strategiche? Possiede conoscenze specialistiche? Quale status sociale, economico e politico ha? POTEREPOTERE E’ in una posizione di negoziazione? Ha capacità di influenzare altri attori? Ha legami formali e/o informali con altri attori? Dipende (e con che grado) da altri attori? Ha autorità? INFLUENZAINFLUENZA
  • 32. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio
  • 33. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia TilioImportanza Influenza Bassa importanza, bassa influenza: Informare Bassa importanza, alta influenza: Coinvolgere Alta importanza, bassa influenza: Soddisfare Alta importanza, Alta influenza: Attore chiave!
  • 34. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio …..
  • 35. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Informato Consultato Partner Determinante Definizione della domanda Progettazione Implementazione Monitoraggio e valutazione
  • 36. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Supponiamo una collettività costituita da un lupo e da un agnello: la felicità del lupo sta nel mangiare l'agnello, quella dell'agnello, nel non esser mangiato. Come facciamo a render felice quella collettività? (Vilfredo Pareto, 1919)
  • 37. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio La migliore delle scelte sarà quella in cui nessuno perde e qualcuno almeno vede migliorare la propria condizione. Ovvero qualcuno migliora la propria condizione senza peggiorare quella degli altri Supponiamo una collettività costituita da un lupo e da un agnello: la felicità del lupo sta nel mangiare l'agnello, quella dell'agnello, nel non esser mangiato. Come facciamo a render felice quella collettività? (Vilfredo Pareto, 1919)
  • 38. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio (adattato da Las Casas, 1984)
  • 39. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio
  • 40. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio
  • 41. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio
  • 42. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Grado di accordo Consenso: UNITARIO Forti disaccordi, risolti attraverso l’esercizio del potere: COERCITIVO Diversi punti di vista, ma accordo possibile: PLURALISTICO Natura del problema Complesso Semplice
  • 43. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Grado di accordo Consenso: UNITARIO Forti disaccordi, risolti attraverso l’esercizio del potere: COERCITIVO Diversi punti di vista, ma accordo possibile: PLURALISTICO Natura del problema Complesso Semplice Unitario Pluralistico Coercitivo Semplice Complesso
  • 44. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio Scelta Implementazione Creatività Task Strumento Risultato Creatività Attraverso metafore si costruisce una comprensione condivisa del problema Si fa riferimento a metafore del sistema, come il cervello, la macchina, il gruppo, l’organismo etc. Si individuano i problemi emergenti come quelli più importanti per il gruppo nello stato corrente. Scelta Si sceglie la miglior metodologia per indirizzare la situazione problematica Si fa riferimento al System of System grids Si seleziona la metodologia dominante o altre che potrebbero essere di supporto Implementazione Si implementano le metodologie selezionate Strumenti delle metodologie Cambiamenti nella situazione problematica
  • 45. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio
  • 46. Corso di Ingegneria del Territorio Ing. Lucia Tilio This work is licensed under the Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 3.0 Unported License. To view a copy of this license, visit http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/ or send a letter to Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA.

Editor's Notes

  1. Ecco una serie di definizioni della pianificazione, dovute a diversi autori e riprese da Alexander. La discussione su cosa sia la pianificazione è in realtà una discussione sempre aperta, per cui non vorrei che pensiate che queste siano le definizioni uniche ed univoche a cui far riferimento ed al cui interno dobbiate inquadrare la disciplina. Piuttosto, è interessante vedere, per come la penso, come in questa serie di definizioni ci siano un forte riferimento alle decisioni
  2. Dunque, quello che possiamo sinteticamente affermare è che appunto pianificare è decidere, ed è per questa ragione che in pianificazione ci interessiamo di tecniche di aiuto alla decisione, ed in questo corso vedremo delle tecniche di supporto ai processi di decisione pubblica.
  3. Decidere dunque….cosa vuol dire davvero? Una decisione è una scelta, tra diverse linee di azione, o diverse azioni, o diverse alternative, come preferite, che dovrebbe avvenire in modo individuale, consapevole e libero. Questo vuol dire che ciascun individuo, posto di fronte ad una scelta, dovrebbe essere in grado di capire tra cosa sta scegliendo e quindi in qualche modo motivare la sua scelta, senza essere condizionato. Le scelte si ripetono nel corso della vita e degli eventi, ed ovviamente qualunque tipo di scelta comporta delle ricadute, sia su coloro che scelgono che su coloro che non scelgono. Questo è tanto più vero per le scelte pianificatorie e programmatorie, che, definite da uno strumento istituzionale alla cui redazione partecipano in pochi, hanno effetti sull’intero territorio di riferimento.
  4. Perché insistiamo tanto sulle decisioni? Se le decisioni appartengono alla vita di tutti i giorni, allora, vuol dire che sono attività semplici…e invece no, decidere è difficile, perché, nei contesti che per noi sono interessanti, si tratta di scegliere tra un alto numero di alternative (che non sempre, peraltro è un numero finito), che sono interdipendenti tra loro, in termini di risorse impiegate e di tempo. Inoltre, si lavora in condizioni di rischio e/o incertezza, vedremo più avanti cosa queste vogliono dire, ma è abbastanza intuitivo, si fa riferimento ovviamente al momento in cui le alternative scelte saranno attuate: non al presente, e dunque non è perfetta la conoscenza delle condizioni in cui esse si verificheranno e non è possibile prevedere con certezza gli effetti etc. Inoltre, spesso si generano situazioni di conflitto, in relazione alla presenza di diversi soggetti che entrano a diverso titolo nella decisione. L’orizzonte temporale, ancora una volta fa riferimento appunto a quelle condizioni di conoscenza non perfetta che abbiamo.
  5. Nonostante queste incertezze, ad ogni modo, decidere è necessario, e per farlo, in pianificazione per anni – e forse ancora oggi – si fa riferimento a modelli razionali, proprio perché è la pianificazione ad essere stata considerata come un agente di tradizionalità nella società e come portatrice di un approccio scientifico ai problemi , laddove scientifico viene confuso, probabilmente a ragione, con razionale. In generale, dunque, si decide in modo razionale, in pianificazione, ovvero tenendo sistematicamente conto dei mezzi che si hanno a disposizione e degli obiettivi da raggiungere, con un rigore logico dei processi.
  6. L’idea di un modello razionale va di pari passo con l’idea che il comportamento degli individui è quello dell’homo oeconomicus, che vogliamo rappresentare come Paperon de Paperoni, volendo un po’ estremizzare ed un po’ giocare, facendo riferimento dunque alle teorie economiche classiche.
  7. Teorie economiche classiche dunque e homo oeconomicus: l’idea era che l’individuo fosse mosso da comportamento economico, ovvero dall’unico obiettivo di massimizzare l’utilità di qualunque azione. A questa condizione, tuttavia si sommano altre condizioni necessarie perché il modello funzioni: l’individuo ha condizioni di conoscenza perfette riguardo il problema, e può acquisire tutte quelle necessarie, è in grado di elaborarle e soprattutto lavora in condizioni di certezza, ovvero può prevedere gli effetti futuri delle scelte. Ovvio che in condizioni di questo tipo le scelte sono semplici.
  8. Il processo logico che l’homo oeconomicus segue in un processo di decisione prevede la diagnosi del problema, che scaturisce da una percezione, l’articolazione di obiettivi e scopi, e l’analisi dell’ambiente, che vuol dire riconoscimento di opportunità e risorse, ma anche di vincoli. Sulla base di queste informazioni, può progettare delle soluzioni, delle strategie, delle linee d’azione ed in funzione della previsione dei risultati, che come abbiamo detto è per lui possibile, può fare la sua scelta . Sembra che sia tutto semplice ma….
  9. Ma in realtà un signore, Herbert Simon (che ovviamente non è l’unico, ma a cui facciamo riferimento) nel 1947 ha pubblicato un lavoro che ribaltava la teoria dell’homo oeconomicus, e metteva invece in luce la razionalità limitata degli individui! Simon introduce l’idea della razionalità limitata, non volendo assolutamente con questo affermare che siamo stupidi, ovviamente, ma soltanto che le nostre capacità di giudizio rispetto ad un insieme magari infinito di alternative sono limitate, perché è la nostra capacità di calcolo ad essere limitata e la nostra incapacità di immagazzinare informazioni mai complete. Possiamo dire dunque che siamo “parzialmente ignoranti”, diciamo, e che questo condiziona le nostre scelte, inducendoci ad individuare soluzioni accettabili che però non sono necessariamente le migliori.
  10. Soprattutto rispetto a quanto affermato dai modelli razionali, la conoscenza dell’uomo è limitata, non sempre è possibile acquisire informazioni pertinenti ad un problema in modo accurato ed approfondito, non sempre queste informazioni possono essere elaborate, ed inoltre in genere si lavora in condizioni di incertezza e rischio. Inoltre, il comportamento decisionale non è sempre ispirato ad un principio di massimizzazione dell’utilità, come vedremo tra poco.
  11. Per quanto riguarda le condizioni di incertezza e rischio, che vuol dire essere in tali condizioni? Partiamo dalla certezza: le preferenze sono note (ovvero ciascuno sa cosa preferisce). Le opzioni disponibili sono note. Gli effetti possibili sono noti. Alexander spiega la situazione di certezza con l’esempio di un menu. Siamo a ristorante, e leggiamo il menu. Ciascuno di noi conosce i suoi gusti, sa se preferisce la carne, il pesce, la pasta o la pizza: le preferenze sono note. Il menu rappresenta le opzioni disponibili, che, dunque, sono note. Gli effetti della decisione anche sono noti: sappiamo se siamo allergici ad un cibo piuttosto che intolleranti ad un altro (ovviamente non prendiamo il caso limite di una nuova allergia che scopriremo lì!) . Diverso il caso in cui possiamo stimare la probabilità con cui si manifesteranno gli effetti possibili delle opzioni disponibili, che pure sono note. Per scegliere, combineremo la probabilità con le nostre preferenze. Infine, in condizioni di incertezza, non possiamo nemmeno stimare la probabilità con cui si verificheranno effetti di opzioni.
  12. Come abbiamo detto, però, un altro aspetto molto rilevante che fa cadere l’ipotesi di decisione come homo oeconomicus è il fatto che i modelli normativi, come quello razionale appunto, non consentono di rappresentare davvero il comportamento decisionale. Se i modelli normativi presuppongono che gli individui abbiano ben delineate le proprie preferenze e siano in grado di computarle per massimizzare l’utilità attesa, i modelli descrittivi portano invece in conto gli aspetti del comportamento decisionale umano, come il fatto che in realtà non solo le preferenze non sono affatto chiare e spesso nemmeno coerenti, ma inoltre, ci sono influenze determinate dal contesto decisionale oltre che dalla razionalità limitata. Molti risultati sperimentali nel campo della psicologia della decisione, dovuti a Kahneman e Tversky principalmente, hanno mostrato che appunto il comportamento decisionale degli individui è irrazionale, e non segue il principio economico della massimizzazione dell’utilità. Invece, in funzione di come il problema di decisione viene presentato (reference dependence), gli individui adottano dei patterns automatici, che portano in luce atteggiamenti di tipo loss avversion, ad esempio. In particolare, la prospect theory, dovuta appunto ai due, rende conto del perché gli individui scelgono in maniera difforme dal modello della teoria dell’utilità, basandosi sull’idea che essi interpretino e valutino le opzioni tenendo conto di un punto di riferimento, e cambiando atteggiamento a seconda che la situazione prospettata sia positiva o negativa. La teoria dell’utilità attesa, ovvero della scelta secondo il criterio della massimizzazione dell’utilità, non può catturare il comportamento individuale di fronte a rischio e possibilità, che entrano in gioco appunto. Gli aspetti che non sono “controllabili”, diciamo, sono quelli della dipendenza dal contesto di riferimento, che influenza la scelta, perché la percezione di vincita e perdita dipende da un punto assunto come riferimento. L’avversione al rischio: studi sperimentali hanno mostrato che gli individui, in condizioni “positive” assumono un comportamento di avversione al rischio. Questo vuol dire, ad esempio, che se devono scegliere tra due lotterie, opteranno per quella con la vincita minore ma con la probabilità maggiore, ovvero non rischiano. Diverso invece è il comportamento in caso di perdita, quindi a fronte di un contesto “negativo”, in cui si tende invece ad azzardare, scegliendo una perdita maggiore, ma con probabilità bassa piuttosto che una minima ma quasi certa. (Si parla allora di endowment effect, ovvero effetto di donazione) Infine, un altro aspetto legato alla diminuzione del valore marginale di perdite e vincite che diminuisce al loro diminuire.
  13. Ma allora, alla luce di quello che ci siamo detti, questo modello non vale più?
  14. In realtà vale ancora, ed alla fine di questa lezione vedremo una rappresentazione più o meno analoga da tenere come riferimento. Quello che è certo è che il modello può valere ricordando però che noi non possediamo informazioni complete, né siamo in grado di considerare tutte le alternative possibili. Oltre ovviamente alla difficoltà di prevedere i risultati e gli effetti delle alternative .
  15. Ecco che se l’homo oeconomicus idealmente è capace di individuare la migliore soluzione possibile, noi dobbiamo accontentarci di una soluzione ottimale di compromesso; anche questo dice Simon: il processo di decisione si ferma anche se le alternative non sono state considerate tutte, perché il decisore ad un certo punto sceglie, quando si sente soddisfatto della scelta. Inoltre, ed è importante, ritorneremo sul concetto di soluzione ottimale di compromesso più avanti.
  16. Ci ritorneremo proprio a proposito di questo: del tema delle decisioni collettive: tanti homer simpson che partecipano ad uno stesso processo di decisione.
  17. Perché ci poniamo questo problema? Bè, perché, come dimostrano Neufville e Keeney, tipicamente le decisioni sono estese ad un gruppo di individui, che interagiscono tra loro, negoziando per far valere il loro punto di vista.
  18. Qualche cenno a me chiaro. Siamo partiti dall’idea che pianificare è decidere. Abbiamo visto, in modo molto sintetico, come si decide, diciamo, abbiamo capito che in genere le decisioni sono collettive, ed è per questo che ci preoccupiamo dei diversi attori che partecipano alla decisione. Ma perché ci sta tanto a cuore l’idea di una decisione collettiva? Quando haussmann ha disegnato Parigi ha consultato soltanto Napoleone III, eppure il risultato che ha ottenuto non è certo deprecabile…forse sarebbe venuta peggio se avesse chiesto ai parigini cosa volevano (magari a quel tempo avrebbero risposto semplicemente pane, ancora una volta!) Invece, negli ultimi decenni, i processi di pianificazione e programmazione tendono ad allargarsi, forse sulla scia di una acquisita consapevolezza dei cittadini che rivendicano il proprio diritto a partecipare. In questo contesto, la convenzione di Aarhus, che è un documento della Comunità Europea, stilato nel 1998 appunto ad Aarhus relativamente all’accesso all’informazione, alla partecipazione pubblica nei processi di decisione ed alla giustizia in materia ambientale. Viene dunque formalmente affermato il diritto a partecipare. Tra le pre-condizioni alla convenzione, infatti, si riconosce che il pubblico ha bisogno di conoscere le procedure di partecipazione ai processi di decisione in materia ambientale, deve avere accesso a tali processi e sapere in che modo partecipare. Sulla scorta di questo, l’articolo 1 pone come obiettivo il diritto all’accesso all’informazione, alla partecipazione ed alla giustizia. Viene definito il “pubblico” come le persone legali o fisiche, le loro associazioni, organizzazioni e gruppi, ed il “pubblico interessato” come quello che sarà coinvolto nel processo decisionale.
  19. L’ Articolo 6 invece afferma che le procedure per la pubblica partecipazione devono effettivamente consentire al pubblico, come definito prima, di esprimere le proprie opinioni, sottomettendole all’attenzione dei decisori nella forma più opportuna, ed obbliga i decisori a tenerne conto.
  20. L’articolo 7 in particolare fa riferimento alle attività di pianificazione e programmazione e politiche legate all’ambiente, imponendo che ci siano forme opportune di partecipazione, in un contesto trasparente, ed avendo fornito opportuna informazione al pubblico.
  21. Ma chi compone questa collettività? Sono gli attori di un processo quegli individui, magari raggruppati, che entrano in un processo di decisione per influenzarne il risultato, portando con sé il proprio sistema di valori e preferenze. Gli attori vengono spesso chiamati stakeholders, probabilmente lo sapete già, proprio in virtù del fatto che essi sono detentori di una posta in gioco, come dice la traduzione letterale del termine, ed una posta in gioco altro non è che un interesse da far valere nel processo decisionale.
  22. Detto questo, è importante che un altro soggetto importante del processo decisionale, che un giorno potreste essere voi, sia in grado di individuare gli attori coinvolti nel processo di decisione. Esistono molti strumenti che aiutano a farlo. Vediamo qualche spunto. Intanto, possiamo raggruppare gli attori in tre gruppi, come fa Bezzi, Decisori: quelli che prendono parte alla definizione della decisione, presentando istanze, facendo operazioni di lobby, avendo titolo legale e giuridico per avallare una decisione, contribuendo a definire norme, contenuti, modalità del processo valutativo. Possono essere allo stesso tempo operatori Operatori: coloro che prendono parte alla gestione dell’intervento, comprese attività di precisazione tecnica, normativa, procedurale ed amministrativa. Ne fanno parte figure professionali molto diverse come dirigenti, funzionari, tecnici specializzati, etc. Beneficiari: tutti coloro che traggono benefici, indirettamente o direttamente dalla realizzazione dell’intervento
  23. Questi tre gruppi di attori interagiscono tra loro. In questo schema sono evidenziate le relazioni che si innescano tra attori sociali coinvolti nel processo decisionale. Ecco che, rispetto alle categorie che prima avevamo citato, ne troviamo un’altra, che per noi è molto importante perché rappresenta il nostro ruolo in questo momento, ed è quella del valutatore, che in altri momenti chiameremo moderatore, che Roy chiama homme d’étude, insomma, l’analista che affianca il processo decisionale, supportandolo in genere attraverso la formulazione di modelli matematici che aiutino nella scelta, ed assumendo anche il ruolo di mediatore tra i diversi attori coinvolti. Questo soggetto normalmente viene assoldato, diciamo, dai decisori stessi.
  24. Un’altra possibile classificazione, considera che oltre a coloro che intervengono nel processo di decisione (e che sono sempre decisori, operatori etc), ci sono anche dei soggetti che subiscono gli effetti della decisione ma non partecipano al processo. Roy, scuola francese, li chiama Les Agis. Per noi sono importanti, ed è importante cercare di individuare i loro bisogni, le loro esigenze, le loro aspettative, più in generale le istanze che potrebbero manifestare. E’ uno dei nostri compiti. Per quanto un processo di decisione possa essere partecipato, è importante sapere anche che esistono soggetti che non saranno coinvolti, ma non per questo le loro istanze devono essere trascurate. Tra i diversi attori si chiameranno “intervenants” coloro che, per il loro intervento, condizionano direttamente la decisione in funzione del sistema di valori di cui essi sono portatori. A loro fianco figurano tutti quelli che (amministrati, contribuenti, etc), in modo normalmente passivo, subiscono le conseguenze della decisione, la quale si presume tenga solamente conto delle loro preferenze. Come Sfez, noi chiameremo questa categoria di attori “les agis”……In quest’opera si chiamerà decisore (“décideur”) colui che interviene (“intervenant”) nel processo di decisione che i modelli messi in opera cercano di chiarire.
  25. Intanto, vediamo cosa succede: c’è qualcuno, che possiamo chiamare promoter, che ha interesse ad avviare un processo di trasformazione di un oggetto pubblico, che definiamo pubblico perchè su di esso si concentrano interessi di varia natura da parte di vari soggetti. Ora, nel momento in cui il processo di trasformazione avviene, questo è a tutti gli effetti un processo di decisione, in cui intervengono tutti i soggetti interessati, appunto, che tuttavia hanno un bagaglio più generale di interessi (e che pertanto possono cercare di negoziare (ricordate questo termine) per difendere e sostenere I loro interessi). Quello che succede dunque è che definiamo questo spazio di interazione come uno spazio virtuale caratterizzato dall’insieme dei partecipanti, dall’insieme degli oggetti, che in virtù di questa pluralità di interessi possono entrare in gioco, a partire dall’oggetto di avvio del processo (che viene definito meta-oggetto) e l’insieme dei fattori che, a disposizione dei partecipanti, possono essere sfruttati per influenzare il processo, e che in generale possiamo chiamare risorse. Tutte queste cose sono regolate tra loro da un insieme di relazioni che ne definiscono appunto l’interazione, e sono queste relazioni che ci interessano per capire a quale gioco giocano i nostri partecipanti.
  26. L’analisi degli attori richiede una prima identificazione che consente di arrivare ad una lista di attori, dei quali, note le caratteristiche generali e compreso il modo in cui contattarli e coinvolgerli, bisogna capire quale ruolo possono svolgere nel processo di decisione, in funzione dei loro interessi e dei loro bisogni, ovviamente delle loro competenze, individuare le opportunità e minacce che rappresentano rispetto al successo del processo decisionale ed infine stabilire che tipo di contributo si vuole che diano, quindi quale livello di partecipazione essi possono e devono raggiungere, in quali fasi del processo devono partecipare etc.
  27. Allora il nostro ruolo è quello di far in modo che le decisioni accontentino tutti…ma rischiamo di cadere in un paradosso. Pareto lo descrive prendendo spunto dalla favola di Fedro del lupo e dell’agnello.
  28. Molto brevemente, quello che succede quando si passa da un singolo decisore ad un gruppo di soggetti chiamati ad esprimere una preferenza (perché in fondo la decisione altro non è che una preferenza) è una difficoltà ad aggregare le preferenze. Questo sembra una chiacchiera, ma in realtà sono i modelli matematici che ci dicono che ci sono reali problemi quando si tenta di aggregare le preferenze. A partire dalle questioni che riguardano i diversi sistemi elettorali, ciascuno dei quali presenta delle incongruenze, dei paradossi, dimostrati con teoremi. Vi cito soltanto qualche nome, che magari andate a guardare se vi interessa il tema: Condorcet, il quale formula delle regole, chiamiamole così, per individuare il vincitore di una elezione, e che il teorema di McGarvey, tuttavia, dimostra non esistere sempre. Se allora il metodo individuava il vincitore in maniera “democratica”, ma non funziona in tutti i casi (in particolare quando il numero degli elettori cresce, cosa piuttosto realistica), allora dov’è la democrazia? Questioni di questo tipo continuano ad essere affrontate, e non dimentichiamo Arrow, premio nobel, il quale ha dimostrato che i principi che dovrebbero essere rispettati nelle decisioni collettive (ovvero universalità, transitività, unanimità, assenza di dittatorialità e indipendenza) non sono rispettati contemporaneamente da nessun metodo, come appunto quello di Condorcet, quello di Borda, quello di Condorcet e Borda e così via. Qual è la soluzione? Non esiste probabilmente una soluzione, ma appunto, bisogna tornare alla questione del passaggio da una soluzione ottima ad una soluzione ottimale, in cui dunque qualcuno resta scontento. Per ottenere una decisione, bisogna “indebolire” i modelli, ed accettare l’assenza di una completa razionalità e la presenza di interazione e, spesso, negoziazione.
  29. I primi metodi di strutturazione dei problemi, quantunque nella loro forma più primitiva, diciamo, si formano a partire dalla metà degli anni ’80, nel contesto di critica alla ricerca operativa, fino ad allora utilizzata, come abbiamo visto, per la risoluzione dei problemi, tuttavia evidentemente limitata a quelle categorie di problemi che possiamo definire “ben strutturati”, questo è un termine che troverete spesso, ovvero per i quali è possibile adottare una modellazione del tipo visto all’inizio, definendo i vincoli, i risultati e gli effetti, e descrivendoli peraltro in termini quantitativi. I modelli della ricerca operativa erano (e sono) orientati alla individuazione della soluzione migliore, ottenuta appunto attraverso una rappresentazione matematica dei fattori e delle relazioni che intervengono nella decisione, e processata poi con strumenti di calcolo potenti per individuare le conseguenze delle alternative. L’osservazione del fatto che molte situazioni problematiche rimanevano fuori dalla definizione ha sicuramente messo in crisi la ricerca operativa ed ha condotto alla definizione di nuovi e diversi strumenti di supporto alle decisioni, come appunto questi della strutturazione dei problemi, che partono dall’idea che in una situazione problematica in cui assumere delle decisioni, il “compito” principale, chiamiamolo così (task) era proprio decidere cos’era, cos’è il problema. Di che si tratta. In realtà, il nome è forse più pomposo di quello che rappresentano; ad ogni modo, si tratta di una famiglia di metodi che aiutano durante un processo di decisione laddove siano presenti gruppi a composizione mista, in un ambiente complesso, per fare in modo che i partecipanti siano in grado di vedere chiariti gli aspetti nebulosi, ed arrivare ad una rappresentazione condivisa della situazione problematica, su cui ragionare per individuare anche una soluzione altrettanto condivisa. Questo succede se il PSM è in grado di mettere in relazione tra loro diverse prospettive e punti di vista alternativi, arrivare a ciascun attore, contemplando le differenze di conoscenze, competenze etc, operare in maniera iterativa in funzione dell’evoluzione delle discussioni, e contemplare soluzioni che siano anche parzialmente migliorative rispetto alla situazione di partenza, piuttosto che arrivare ad una soluzione globale che, in alcuni casi, non è possibile condividere. Di conseguenza, questo tipo di metodi, che si adattano di volta in volta al contesto in cui si strutturano, di fatto, non hanno un apparato matematico o statistico, come invece avviene puntualmente per i modelli della ricerca operativa. Come detto, normalmente, di volta in volta i metodi vengono tarati rispetto al contesto, spesso anche con una forte mescolanza di metodi e con quindi una certa dose di creatività che fanno si che non esista un manuale di riferimento. Si può tuttavia tener conto di alcune famiglie di metodi a cui fare riferimento. Ora, precisando che uno degli obiettivi di queste tecniche è quello di consentire il coinvolgimento di tutti gli attori, con le loro differenze in termini di competenze, conoscentze, etc, sicuramente devono essere in grado di rappresentare la complessità del sistema in modo che sia comprensibile. E’ piuttosto scontato immaginare che metodi grafici come diagtrammi possono aiutare. Questi strumwnti infatti consentono, grazie al fatto che le relazioni di influenza, causalità etc sono rappresentate su carta, di apprendere con facilità. Ovviamente, l’obiettivo non è quello di rappresentare e basta, ma piuttosto di consentire di trovare una soluzione.
  30. Di conseguenza, questo tipo di metodi, che si adattano di volta in volta al contesto in cui si strutturano, di fatto, non hanno un apparato matematico o statistico, come invece avviene puntualmente per i modelli della ricerca operativa. Come detto, normalmente, di volta in volta i metodi vengono tarati rispetto al contesto, spesso anche con una forte mescolanza di metodi e con quindi una certa dose di creatività che fanno si che non esista un manuale di riferimento. Si può tuttavia tener conto di alcune famiglie di metodi a cui fare riferimento. SOFT SYSTEM METHODOLOGY: In questo caso, ciascun partecipante costruisce un modello concettuale ideale, poi si confrontano i modelli concettuali ideali e con il modello concettuale reale, cioè riferito al sistema concreto ed esistente, ed il dibattito che segue si concentra sui cambiamenti che si potrebbwero intentare nel sistema reale in riferimento ai modelli ideali, che siano “realizzabili”, nel senso accettabili culturalmente ed effettivamente desiderabili. SODA: Strategic Options Development and Analysis: si tratta di un metodo di identificazione di problemi generali, che si appoggia all’uso delle mappe cognitive come mezzo di modellazione per tirare fuori e registrare i punti di vista individuali in una situazione problematica, e poi costruire una mappa “merge” che fornisca il quadro di riferimento per la discussione di gruppo, condotta da un facilitatore che aiuti all’individuazione di un insieme di azioni possibili. ROBUSTNESS ANALYSIS: Un approccio di questo tipo mira a confrontare in un processo interattivo la compatibilità delle proposte alternative iniziali con possibili future configurazioni del sistema per le quali sono state pianificate e programmate, e valuta le performances attese da ciascuna in ogni possibile configurazione futura dell’ambiente. L’obiettivo di tale metodo è stimare in qualche modo la flessibilità che le proposte mantengono considerando il contesto di incertezza in cui si andranno a realizzare, ovvero il fatto che nel momento in cui scegliamo una piuttosto che un’altra, stiamo ipotizzando quello che potrebbe succedere, ma stiamo lavorando in incertezza, non abbiamo conoscenza delle condizioni che si verificheranno in futuro. Allora, è importante poter conoscere la flessibilità delle alternative, quindi in un certo senso la loro robustezza e capacità di adattamento a diverse condizioni. DRAMA THEORY: Si tratta di un metodo interattivo di cooperazione e conflitto. Si costruisce un modello a partire dalle percezioni che i vari attori hanno rispetto alle opzioni disponibili e al punteggio che assegnano a queste. Si parla di “drama” in riferimento al fatto che gli attori vengono posti difronte a dei dilemmi, in cui un dilemma rappresenta un punto di svolta, e determina negli attori delle emozioni in prima battuta, inducendo poi a produrre argomenti razionali per ridefinire il modello ed eliminare il dilemma. La tecnica è stata diffusa a partire dagli anni ‘90 dal prof Nigel Howard. La tecnica si costruisce per “episodi”, proprio come se fosse un dramma teatrale (voi sapete che dramma in greco significa azione). Ciascun episodio è un periodo di “preplay communication”, si dice, tra due attori che, dopo aver comunicato, giocano in relazione al dialogo che hanno costruito. L’azione che segue l’episodio è il “playing out” del gioco, e definisce il set per l’episodio successivo. Ciascun episodio è caratterizzato da<e stesse fasi che caratterizzano una scena, quindi la costruzione della scena, lo sviluppo, il climax e la decisione, fino allo scioglimento del dilemma e dunque alla preparazione del prossimo episodio. Durante la costruzione di un episodio i personaggi scambiano idee ed opinioni e cercano di affermare la loro posizione preferita, ovvero il risultato che vorrebbero veder realizzato. Ovviamente, la loro posizione è influenzata da quella degli altri. Si parla di dilemma quando ci si trova di fronte a situazioni di attese incredibili o inadeguate e mancanza di accordo tra i personaggi. Se questi riescono ad accordarsi, il dilemma è sciolto e si prosegue, oppure possono generarsi ulteriori dilemmi. In generale, un personaggio di fronte ad un dilemma reagisce con emozioni, positive o negative, che poi cerca di razionalizzare, finendo con il persuadere se stesso e gli altri personaggi, così da ridefinire il gioco. L’obiettivo di questa tecnica non è quello di individuare una soluzione, ma piuttosto di individuare i dilemmi che possono presentarsi ai personaggi ed aiutarli a predire come ridefiniranno il modello stesso. Ovviamente, questa ri-definizione implica una esplorazione della realtà. STRATEGIC CHOICE APPROACH: Sinteticamente, consiste nel modellare le interconnessioni delle aree di decisioni, attraverso confronti interattivi degli schemi di decisioni alternative, in modo da identificare in modo inequivocabile i fattori chiave di incertezza, e su questa base, identificare le aree di priorità.
  31. Detto ciò, prima di entrare più nel dettaglio di ciascuna tecnica, sappiate che in realtà è pratica far riferimento a diversi tipi di tecnica, a diverse metodologie applicate insieme, peraltro in riferimento anche a tecniche diverse dalla strutturazione dei problemi, come analisi statistiche, tecniche di RO, swot, scenario planning etc. Detto ciò, come si sceglie la tecnica da adottare? Un primo suggerimento viene da Jackson e Keys che nel 1984, lontanissimo ormai, pubblicarono un paper dal titolo “sistema di metodologie di sistema”, in cui proponevano una scelta secondo due livelli, uno relativo al grado di accordo tra i partecipanti, e l’altro relativo alla natura del problema, ottenendo così una matrice a sei caselle, in cui ad esempio possiamo classificare alcuini metodi: la RO ad esempio, con le sue tecniche, è adatta a contesti in cui la natura del problema è semplice ed il consenso unitario, mentre le SSM vanno bene per un problema complesso in un contesto pluralistico. Tuttavia, questo tipo di classificazione è troppo semplicistico, proprio in ragione del fatto, non dimentichiamocelo, che stiamo lavorando in condizioni non nettamente definite, in cui probabilmente potremmo essere in situazioni a cavallo tra le celle, senza sottovalutare i cambiamenti che nel corso del processo avverranno, modificando la situazione di contesto
  32. Uno sviluppo del System Systems Methodology è il Total System Intervention, che fa riferimento ad una meta-metodologia in tre passaggi, la creatività, la scelta e l’implementazione, in un processo iterativo, in cui in ogni fase viene identificato un task, un compito, uno strumento ed un risultato atteso. Il limite di questo, tuttavia, risiede nella possibilità di considerare soltanto un metodo alla volta, cosa che invece potrebbe non accadere.
  33. A partire dall’evidenza che è possibile far riferimento a diverse metodologie, avendo verificato che nella pratica questo succede, ecco che è stata formalizzata anche l’idea della multimetodologia, che combina insieme diversi metodi, di natura diversa etc. Le diverse metodologie possono essere più o meno utili durante le diverse fasi del processo, ed inoltre, una multimetodologia è un processo di progettazione creativo, basato sulle competenze in diversi metodi. Questo non basta. Oggi possiamo far riferimento anche ad altre metodologie che qui trovate ancora come metodi di struttuerazione dei problemi, ma che in effetti non nascono nel contesto della ricerca sui PSM, ma hanno ad ogni modo dei punti di contatto e dunque possiamo citarli e, probabilmente, fare ad essi riferimento. La prima famiglia di metodi è quella che si chiama “Large group Methods” che nasce per far fronte a problemi decisionali con un numero di attori piuttosto grande a partire già dagli anni ’60, ma entra nel pieno dell’attività a metà degli anni ’80. Si basa sui principi dello scientific management di Taylor e Fayol, a cui però aggiunge l’importanza che l’informazione assunta dovesse essere condivisa così che ognuno potesse risolvere i propri problemi specifici all’interno di un’organizzazione. Infatti, le tecniche che abbiamo citato finora, e che vedremo descritte più nel dettaglio nel seguito, tengono conto di un numero di partecipanti basso, limitato alla dozzina- quindicina di individui. Tuttavia, potete immaginare che si verifichino casi in cui il numero di partecipanti è molto più alto. Questo ci interessa particolarmente nel caso della partecipazione ai processi di pianificazione, in cui i soggetti coinvolti sono cittadini. In questa famiglia di metodi troviamo l’Open Space Technology, di cui forse avete sentito parlare, pensato appunto per mettere insieme un gran numero di persone, che lavorano a piccoli gruppi, spesso con piattaforme elettroniche, e che sono poi coinvolti in sessioni plenarie a cui partecipano tutti. L’idea alla base di sistemi di questo tipo è “getting the whole system in the room”, che è un’idea a me molto cara…ecco  La differenza tra i due approcci è che mentre nei PSM è la modellazione di causa ed effetto che consente di procedere nel processo di decisione, i large scale method, invece, richiedono l’assenso della comunità, che potrebbe essere problematico. Sebbene ci siano diverse metodologie all’interno, i punti in comune tra esse sono il coinvolgimento di un alto numero di individui (fino a 2000), l’alto livello di partecipazione raggiunto, la grande varietà sdi attori coinvolti, la durata, dalle poche ore ai tre giorni, il gruppo di facilitatori, la presenza di qualcuno esperto capace di schizzare il progetto e collaborare con tutti i partecipanti, l’organizzazione logistica , che include anche l’attrezzature informatiche. Attivare un processo di questo tipo può essere utile perché si tratta di approcci “rapidi”, che devono concludersi nel giro di alcuni giorni, perché consentono di usare l’intelligenze collettiva per risolvere i problemi, inoltre pongono tutti i soggetti coinvolti di fronte al problema nello stesso momento…inducendoli a risolverlo; infine, consentono di costruire delle coalizioni. Tuttavia, al tempo stesso, devono essere garantite alcune condizioni perché il processo funzioni. In particolare, i decisori devono essere convinti a condividere il loro potere, ascoltando il punto di vista dei partecipanti, che a loro volta devono essere ben disposti a confrontarsi ed a cercare punti di contatto con gli altri partecipanti. E’ necessario che gli eventi organizzati siano ben focalizzati sulle questioni e che queste questioni siano tali da motivare la partecipazione; i partecipanti devono essere stati ben individuati, altrimenti si rischia di far fallire il processo!