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PERCORSI CIVICI ATTRAVERSO
LA LETTERATURA LATINA
ALLEGATO A LINEE GUIDA PER L’INSEGNAMENTO DELL’EDUCAZIONE CIVICA
Legge 20 agosto 2019, n. 92
“Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica»
La Legge, ponendo a fondamento dell’educazione civica la conoscenza della Costituzione
Italiana, la riconosce non solo come norma cardine del nostro ordinamento, ma anche come
criterio per identificare diritti, doveri, compiti, comportamenti personali e istituzionali,
finalizzati a promuovere il pieno sviluppo della persona e la partecipazione di tutti i cittadini
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Le Istituzioni scolastiche sono chiamate, pertanto, ad aggiornare i curricoli di istituto e l’attività
di programmazione didattica nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, al fine di sviluppare “la
conoscenza e la comprensione delle strutture e dei profili sociali, economici, giuridici, civici e
ambientali della società” (articolo 2, comma 1 della Legge)
L’orario dedicato a questo insegnamento non può essere inferiore a 33 ore per ciascun anno di
corso.
Si tratta di una indicazione funzionale ad un più agevole raccordo fra le discipline e le
esperienze di cittadinanza attiva che devono concorrere a comporre il curricolo di educazione
civica.
Si tratta di far emergere elementi latenti negli attuali ordinamenti didattici e di rendere
consapevole la loro interconnessione.
Nel rispetto dell’autonomia organizzativa e didattica di ciascuna istituzione scolastica, le Linee
guida si sviluppano intorno a tre nuclei concettuali che costituiscono i pilastri della Legge, a cui
possono essere ricondotte tutte le diverse tematiche dalla stessa individuate:
1. COSTITUZIONE, diritto (nazionale e internazionale), legalità e solidarietà
2. SVILUPPO SOSTENIBILE, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del
territorio
3. CITTADINANZA DIGITALE
La Legge dispone che l'insegnamento trasversale dell'Educazione civica sia oggetto delle valutazioni periodiche e
finali
I criteri di valutazione deliberati dal collegio dei docenti per le singole discipline e già inseriti nel PTOF dovranno
essere integrati in modo da ricomprendere anche la valutazione dell’insegnamento dell’educazione civica.
In sede di scrutinio il docente coordinatore dell’insegnamento formula la proposta di valutazione acquisendo
elementi conoscitivi.
Tali elementi conoscitivi sono raccolti dall’intero team e dal Consiglio di Classe nella realizzazione di percorsi
interdisciplinari. La valutazione deve essere coerente con le competenze, abilità e conoscenze indicate nella
programmazione per l’insegnamento dell’educazione civica e affrontate durante l’attività didattica.
I docenti della classe e il Consiglio di Classe possono avvalersi di strumenti condivisi, quali rubriche e griglie di
osservazione, che possono essere applicati ai percorsi interdisciplinari, finalizzati a rendere conto del conseguimento
da parte degli alunni delle conoscenze e abilità e del progressivo sviluppo delle competenze previste nella sezione
del curricolo dedicata all’educazione civica.
PERCORSI CIVICI ATTRAVERSO
LA LETTERATURA LATINA
L’attenzione alla parità di genere è uno di quei valori che fanno della nostra carta
costituzionale. Un valore da sottolineare attraverso lo studio della civiltà di cui siamo
eredi. Partendo dagli articoli della Costituzione, viene proposto un percorso, una proposta
da ampliare e approfondire, e soprattutto da attualizzare perché le conquiste che
facciamo non sono mai definitive. La storia ce lo dimostra.
•DONNE E DIRITTO
•DONNE E ISTRUZIONE
•DONNE E LAVORO
•EMANCIPAZIONE
1. DONNE E DIRITTO
COSTITUZIONE ITALIANA
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali.
NON AVERE DIRITTO
A UN NOME
La donna non aveva un nome
proprio, un praenomen, aveva solo
il nome del gens di appartenenza.
Più figlie femmine all’interno del
nucleo familiare venivano
identificate in base all’ordine di
nascita
NELL’ANTICA ROMA
Nell’uso dell’italiano sono ancora molte le remore nel declinare al
femminile i nomi di mestieri, professioni, ruoli istituzionali, soprattutto
quando la posizione che indicano è prestigiosa.
La lingua è dinamica, si modifica in continuazione, si adegua alle
necessità della società e ai suoi cambiamenti. Se serve un nome, lo si
crea. «Se le donne in magistratura non erano ammesse fino al 1963,
non c’era nemmeno bisogno di pensare al termine magistrata. Quando
nel lessico si inserisce un nuovo vocabolo o si declina al femminile una
parola di solito usata al maschile, può esser richiesto un po’ di tempo
per abituarcisi.
Le parole hanno un peso e danno forma alla realtà. E dunque segnano
le differenze tra uomo e donna in termini di ruoli e riconoscimenti
sociali.
Nell’antica Roma l'uomo godeva dei diritti politici (votare, eleggere e farsi eleggere,
percorrere la carriera politica, il cursus honorum). La donna ne era esclusa; era
necessario un tutore anche per esercitare i diritti civili più naturali, per sposarsi, per
ereditare, per fare testamento. Tutore era il padre, quindi il marito e il parente maschio
più prossimo in caso di morte dei congiunti suddetti: la donna non poteva neppure
essere tutrice dei suoi figli minori.
Ignorantia iuris (ignoranza della legge),
imbecillitas mentis (inferiorità naturale),
infirmitas sexus (debolezza sessuale),
levitatem animi (leggerezza d'animo).
Così i giuristi latini spiegavano le limitazioni imposte alle donne
La legge delle XII
Tavole
TABULA V
1. VETERES ... ENIM VOLUERUNT FEMINAS,
ETIAMSI PERFECTAE AETATIS SINT, PROPTER
ANIMI LEVITATEM IN TUTELA ESSE; ... EXCEPTIS
VIRGINIBUS VESTALIBUS, QUAS ... LIBERAS ESSE
VOLUERUNT: ITAQUE ETIAM LEGE XII
TABULARUM CAUTUM EST.
1. Gli antichi vollero che le donne, anche se
di età matura, a causa della leggerezza del
loro sentire, fossero soggette a tutela,
eccettuate le vergini vestali, che vollero
fossero libere: e ciò è stabilito anche nella
legge delle XII tavole
TABULA V
2. MULIERIS, QUAE IN AGNATORUM TUTELA
ERAT, RES MANCIPII USUCAPI NON POTERANT,
PRAETERQUAM SI AB IPSA TUTORE <AUCTORE>
TRADITAE ESSENT: ID<QUE> ITA LEGE XII
TABULARUM <CAUTUM ERAT>
2. I beni di una donna che era sotto la tutela
degli agnati, non potevano essere usucapite,
salvo che esse fossero state consegnate da
essa stessa con il consenso del tutore: così
anche era stabilito nella legge delle XII
tavole.
TABULA VI
4. LEGE XII TABULARUM CAUTUM EST, UT SI QUA
NOLLET EO MODO (USU) IN MANUM MARITI
CONVENIRE, EA QUOTANNIS TRINOCTIO
ABESSET ATQUE EO MODO (USUM) CUIUSQUE
ANNI INTERRUMPERET.
4. In una legge delle XII tavole è stabilito che
una donna la quale non voleva venire in
manus del marito [in forza dell'usucapione
annuale], doveva allontanarsi ogni anno per
tre notti [dalla casa del marito] e così
interrompere ogni anno l'usucapione.
2. DONNE E
ISTRUZIONE
COSTITUZIONE ITALIANA
Art. 33.
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è
l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed
istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di
educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non
statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse
piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico
equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari
ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per
l'abilitazione all'esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie,
hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti
stabiliti dalle leggi dello Stato.
Sole le bambine romane
appartenenti a famiglie agiate
potevano avere un’istruzione
con un un maestro privato.
A dodici anni erano già in età da
marito ma potevano continuare
con lo studio, sempre a
pagamento.
Lettere, danza, musica. Poche le
donne che conducevano studi
che avevano come sbocco
attività che avrebbero condotto
fuori casa. Ma non mancano
personalità eccezionali.
Ortensia fu un’avvocata, del I secolo a.C. Non c’erano norme che escludessero
esplicitamente le donne da queste attività, ma la tradizione rendeva implicito questo
divieto.
Ortensia supera il tradizionale divieto di parola pubblica femminile e recita un’orazione nel 42 a.C. quando i
triumviri (Ottaviano che fu poi Augusto, Antonio e Lepido), impegnati nelle guerre civili contro gli uccisori di
Cesare, chiesero a 1.400 matrone romane di contribuire alle spese militari con una tassa proporzionata ai
loro patrimoni personali, prevedendo sanzioni per le dichiarazioni false :
Il numero delle matrone chiamate a concorrere alle spese militari dei triumviri scese da 1.400 a 400.
Sostanzialmente furono tassate solo le donne ricchissime
« Perché mai – dice- le donne dovrebbero pagare le tasse,
visto che sono escluse dalla magistratura, dai pubblici uffici,
dal comando e dalla vita dello stato?»
Valerio Massimo (“Detti e fatti memorabili”, VIII, 3, 3)
SULPICIA
Nella letteratura latina emergono
esclusivamente autori maschili, per
cui si è sempre ritenuto che alle
donne non fosse concesso
emergere, il che era vero ma con
diverse eccezioni. Esistettero donne
colte e raffinate nel mondo antico.
Tandem venit amor, qualem texisse pudori
Quam nudasse alicui sit mihi fama magis.
Exorata meis illum Cytherea Camenis
Adtulit in nostrum deposuitque sinum. 5
Exsoluit promissa Venus: mea gaudia narret,
Dicetur siquis non habuisse sua.
Non ego signatis quicquam mandare tabellis,
Ne legat id nemo quam meus ante, velim.
Sed peccasse iuvat, voltus conponere famae 10
Taedet: cum digno digna fuisse ferar.
Traduzione italiana di 3.13:
‘Finalmente l’amore è venuto, tale che la reputazione di
averlo nascosto sarebbe per me una vergogna
maggiore che non quella di averlo rivelato a qualcuno.
Invocata dalle mie Camene, Cytherea lo ha portato qui
e lo ha deposto nel mio seno. Venere ha mantenuto le
sue promesse: narri i miei piaceri colui che sarà detto
non averne di propri. Io non vorrei mai affidare i miei
messaggi a tavolette sigillate, per paura che qualcuno li
legga prima del mio uomo. Ma mi piace peccare, mi dà
fastidio atteggiare il volto per la buona reputazione: che
sia detta essere stata, io degna di lui, con uno degno di
me’.
Nel nostro Paese nel 2019 le donne con almeno il diploma sono quasi i due terzi del
totale (il 64,5%), quota di circa 5 punti percentuali superiore a quella degli uomini
(il 59,8%); una differenza che nella media Ue è di appena un punto percentuale”. Lo
rileva l’Istat nel report sui livelli di istruzione e ritorni occupazionali relativi al 2019.
Le donne laureate sono il 22,4% contro il 16,8% degli uomini; vantaggio femminile
ancora una volta più marcato rispetto alla media Ue.
Nonostante i livelli di istruzione delle donne siano più elevati, il tasso di
occupazione femminile è “molto più basso di quello maschile” (56,1% contro
76,8%), “un divario di genere più marcato rispetto alla media Ue e agli altri grandi
Paesi europei”.
https://www.ansa.it/ansa2030/notizie/lavoro_sviluppo/2020/07/22/istat-donne-studiano-di-piu-ma-gap-sul-lavoro-di-20-
punti_aaae8268-b72e-48a6-bbfa-53ecd5c7b78b.html
3. DONNE E LAVORO
COSTITUZIONE ITALIANA
Art. 1
L'Italia è una Repubblica
democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo,
che la esercita nelle forme e nei limiti
della Costituzione.
Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i
cittadini il diritto al lavoro e promuove
le condizioni che rendano effettivo
questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere,
secondo le proprie possibilità e la
propria scelta, un'attività o una
funzione che concorra al progresso
materiale o spirituale della società.
Nelle iscrizioni romane di Roma troviamo solo quattro donne mediche, una
segretaria, una stenografa e poi sarte, pettinatrici, levatrici, balie, pescivendole,
erbivendole. Nella città di Ostia troviamo anche nutrici, tessitrici, lavandaie,
massaggiatrici.
Una famosa epigrafe funebre del II sec. a.C. elogia le virtù domestiche di una
defunta:
"Straniero, ho poco da dirti: fermati e leggi. Questo è il sepolcro non bello di una
donna che fu bella. I genitori la chiamarono Claudia. Amò il marito con tutto il
cuore. Mise al mondo due figli: uno lo lascia sulla terra, l'altro l'ha deposto sotto
terra. Amabile nel parlare, onesta nel portamento, custodì la casa, filò la lana. Ho
finito, va' pure".
Hospes quod deico paullum est, asta ac pellege. Heic est sepulcrum hau pulcrum pulcrai feminae. Nomen
parentes nominarunt Claudiam. Suom mareitum corde deilexit sovo. Gnatos duos creavit: horunc alterum in
terra linquit, alium sub terra locat. Sermone lepido, tum autem incessu commodo. Domum servavit, lanam
fecit. Dixi. Abei.
Filare per le donne romane non è solo occupazione in sé lecita ed onesta, ma costituisce
anche un elemento rivelatore della castità della sposa e del suo attaccamento alla casa
Te lanae prope nobilem tonsae
Luceriam, non citharae decent nec
flos purpureus rosae nec poti
vetulam faece tenus cadi. (Hor. od.
3,15,13-16)
A te conviene filar le lane, tosate
presso la rinomata Lucera, non la
cetra, né il fiore vermiglio della
rosa, né le anfore, che tu tracanni,
vecchia qual sei, sino all’ultima
stilla.
At circa gravibus pensis
adfixa puella paulatim
somno fessa remittat opus.
(Tib. 1,3,87)
Ma la fanciulla, accanto,
tutta attesa al pesante
pennacchio, a poco a poco,
vinta dal sonno, lasci cadere
il lavoro.
[…] cum femina primum, cui tolerare colo
vitam tenuique Minerva impositum,
cinerem et sopitos suscitat ignes, noctem
addens operi, famulasque ad lumina longo
exercet penso, castum ut servare cubile
coniugis et possit parvos educere natos.
(Verg. Aen. 8,408-413)
[…] nell’ora prima in cui la femmina, a cui di
sostentare col fuso la vita e con la sottile
Minerva s’impone, la cenere e, assopiti,
risveglia i fuochi, la notte aggiungendo al
suo lavoro, e le fantesche al lume delle
lampade esercita col lungo pennecchio,
perché casto possa conservare il giaciglio
dello sposo e, piccoli ancora, educare i suoi
nati.
Veste non temere alia quam domestica usus est, ab sorore et
uxore et filia neptibusque confecta; (Svet. Aug. 73)
Difficilmente indossava altre vesti che non fossero quelle
confezionate in casa, dalle mani della sorella e della moglie e
della figlia e delle nipoti;
I recenti dati Istat sul mercato del lavoro hanno evidenziato a novembre 2019 una CRESCITA degli
occupati che aumentano di 41mila unità. Inoltre cresce il dato occupazionale delle donne, con un
+35mila rispetto ad ottobre 2019.
Il dato congiunturale è senz’altro incoraggiante, ma molta strada rimane da fare sia per favorire
l’accesso delle donne al mondo del lavoro che per superare il cosiddetto GAP RETRIBUTIVO DI
GENERE e per rafforzare misure di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro. Numerosi studi
indicano, infatti, un maggior benessere e un miglior funzionamento del sistema economico e del
mercato del lavoro quando il coinvolgimento attivo delle donne cresce. La crescita del tasso
di OCCUPAZIONE FEMMINILE, stando a questi studi, può rappresentare uno stimolo fortissimo alla
crescita del Pil.
Anche se negli ultimi dieci anni la situazione è migliorata, in Italia, stando ai dati Istat, a livello
occupazionale resta ancora un DIVARIO considerevole fra uomini e donne: ciò si traduce in un tasso
di occupazione molto più basso per le femmine rispetto ai maschi: 49,5% contro il 67,6% degli
uomini.
Ma le donne non scontano solo difficoltà in accesso al mercato del lavoro. Le convenzioni sociali e
gli STEREOTIPI sul ruolo della donna, per esempio nelle cure familiari o nella cosiddetta “economia
domestica”, hanno conseguenze significative anche una volta che questa prima barriera sia stata
scavalcata; benché la nostra Costituzione e i contratti di lavoro, formalmente, garantiscano alla donna
lavoratrice, a parità di lavoro, le STESSE RETRIBUZIONI che spettano al lavoratore, questa
situazione è, nei fatti, disattesa.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/01/22/loccupazione-
femminile-aumenta-ma-resta-ancora-molto-da-fare-e-ora-e-
tutto-in-mano-alla-camera/5680793/
La quarantena sembra aver rafforzato alcuni stereotipi di
genere, per esempio quello che vede le donne impegnate
nella cura della casa e dei figli (30,9% le donne che
dichiarano di occuparsi prevalentemente loro dei figli, solo
il 1,4% degli uomini intervistati dichiara lo stesso) e gli
uomini soprattutto dediti al lavoro (l'83,9% dichiara di aver
trascorso il loro tempo soprattutto lavorando). Persistono
inoltre stereotipi che regolano la suddivisione dei ruoli e la
vita in famiglia (esempio: è meglio privilegiare e tutelare il
lavoro dell'uomo; è preferibile che sia la donna che si
occupi dei bambini).
https://www.repubblica.it/dossier/tecnologia/rivoluzione-smart-
working/2020/06/22/news/smart_working_nel_lockdown_meno_lavoro_e_
piu_stress_per_le_donne-259881432/
4. EMANCIPAZIONE
Dopo la fine delle guerre puniche e civili e nell’età repubblicana il ruolo
della materfamilias si rafforza e la donna comincia a partecipare alla vita sociale e
intellettuale.
In epoca imperiale le donne potevano sostituire il tutor legittimo con uno di loro
fiducia: questi era un semplice prestanome e permetteva loro di disporre dei propri
beni e di se stesse come meglio credevano.
Altra conquista di epoca repubblicana fu il riconoscimento della parentela anche in
linea femminile.
Quanto all'impegno politico bisogna considerare che l'unico imperatore che permise a
una donna, sua madre, di entrare in senato per svolgere mansioni tradizionalmente
riservate agli uomini, fu Eliogabalo.
Questo ovviamente non significa che importanti donne romane non parteciparono,
seppure indirettamente, alla politica: sono ben note le vicende legate ai nomi di
Valeria Messalina, Agrippina Maggiore, Giulia Agrippina, Sabina Poppea, Pompea
Plotina.
L'emancipazione sociale, morale e politica d'altra parte è direttamente collegata a quella
economica: solo tardivamente la legislazione autorizza la donna romana a trattenere per sé tutta
la sua proprietà (a eccezione della dote che passa al coniuge), a essere padrona dei beni ereditati
e a conservarli in caso di divorzio.
Tutto ciò però non le permetterà mai di acquisire dei veri diritti politici.
Alla natura femminile si riconosceva l'origine della vita, la sua tutela ed il suo armonioso
sviluppo.
Molti storici, di allora e di oggi, fanno coincidere il decadere dell'istituto familiare, la crisi dei
valori sociali e familiari con l'emancipazione femminile e con l'istituto del divorzio, senza
rendersi conto che con questa emancipazione le donne chiedevano semplicemente di poter
avere gli stessi diritti degli uomini.
Basta che una donna brava faccia la sua parte
in casa, e a crescermi i bambini:
una sabina ad esempio, o quale è la donna
d’un pugliese secco, arsa di sole. Una che mette
legna stagionata nel camino, quando viene
rotto dal lavoro l’uomo: e chiuda
negli steccati il gregge,
e svuoti colme poppe,
spillando vino fresco dal tino che profuma
metta in tavolo vivande non comprate.
quodsi pudica mulier in partem iuvet
domum atque dulcis liberos,
Sabina qualis aut perusta Solibus
pernicis uxor Apuli,
sacrum vetustis exstruat lignis focum
lassi Sub adventum viri
claudensque textis cratibus laetum pecus
distenta siccet ubera
et horna dulci vina promens dolio
dapes inemptas adparet:
L’ideale positivo permanente di cui s’è detto è quello fissato, quasi in
paradigma, da Orazio nell’epodo 2:
Le donne si emanciparono nell’età di Augusto: le ragioni per cui si
emanciparono sono 2 e sono le stesse che ci consentono ancora oggi di essere libere e
emancipate.
SONO QUESTI I DUE FATTORI CHE GARANTISCONO LA LIBERTÀ ALLE DONNE ANCORA
ADESSO: L’INDIPENDENZA ECONOMICA E L’ISTRUZIONE.
Ma la crisi dell’impero cambia tutto, e una crisi politica si ripercuote sempre sulle donne.
Anche la diffusione del cristianesimo, dopo una prima fase in cui fu sostenuta l’uguaglianza
tra uomini e donne, venne affiancata da una demonizzazione della figura femminile.
La prima motivazione è che venne loro consentito di avere la stessa quota di eredità dei
fratelli maschi, quindi conquistarono un’autonomia patrimoniale che viene da loro stesse
gestita.
Poi poterono studiare.
«La storia delle donne romane cosa ci insegna?» si è chiesta Eva Cantarella. «Che le
conquiste che facciamo non sono mai definitive. La storia ce lo dimostra. Ogni progresso
può essere seguito da una ricaduta.»
Eva Cantarella: «Sul fronte dei diritti si può tornare indietro. Pensate alla discussione che si
è riaperta – ha ricordato – rispetto alla criminalizzazione dell’aborto, tema che pensavamo
superata, poi abbiamo assistito al venire meno dei consultori familiari, alla chiusura dei
centri anti violenza. Il femminicidio purtroppo è un fenomeno dilagante.»
«Quello che mi sembra importante è conoscere la storia, per capire il nostro presente, che
non è uguale al passato, ma può darci gli strumenti per comprenderlo»

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Percorsi civici attraverso la letteratura latina

  • 1. PERCORSI CIVICI ATTRAVERSO LA LETTERATURA LATINA
  • 2. ALLEGATO A LINEE GUIDA PER L’INSEGNAMENTO DELL’EDUCAZIONE CIVICA Legge 20 agosto 2019, n. 92 “Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica» La Legge, ponendo a fondamento dell’educazione civica la conoscenza della Costituzione Italiana, la riconosce non solo come norma cardine del nostro ordinamento, ma anche come criterio per identificare diritti, doveri, compiti, comportamenti personali e istituzionali, finalizzati a promuovere il pieno sviluppo della persona e la partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Le Istituzioni scolastiche sono chiamate, pertanto, ad aggiornare i curricoli di istituto e l’attività di programmazione didattica nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, al fine di sviluppare “la conoscenza e la comprensione delle strutture e dei profili sociali, economici, giuridici, civici e ambientali della società” (articolo 2, comma 1 della Legge)
  • 3. L’orario dedicato a questo insegnamento non può essere inferiore a 33 ore per ciascun anno di corso. Si tratta di una indicazione funzionale ad un più agevole raccordo fra le discipline e le esperienze di cittadinanza attiva che devono concorrere a comporre il curricolo di educazione civica. Si tratta di far emergere elementi latenti negli attuali ordinamenti didattici e di rendere consapevole la loro interconnessione. Nel rispetto dell’autonomia organizzativa e didattica di ciascuna istituzione scolastica, le Linee guida si sviluppano intorno a tre nuclei concettuali che costituiscono i pilastri della Legge, a cui possono essere ricondotte tutte le diverse tematiche dalla stessa individuate: 1. COSTITUZIONE, diritto (nazionale e internazionale), legalità e solidarietà 2. SVILUPPO SOSTENIBILE, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio 3. CITTADINANZA DIGITALE
  • 4. La Legge dispone che l'insegnamento trasversale dell'Educazione civica sia oggetto delle valutazioni periodiche e finali I criteri di valutazione deliberati dal collegio dei docenti per le singole discipline e già inseriti nel PTOF dovranno essere integrati in modo da ricomprendere anche la valutazione dell’insegnamento dell’educazione civica. In sede di scrutinio il docente coordinatore dell’insegnamento formula la proposta di valutazione acquisendo elementi conoscitivi. Tali elementi conoscitivi sono raccolti dall’intero team e dal Consiglio di Classe nella realizzazione di percorsi interdisciplinari. La valutazione deve essere coerente con le competenze, abilità e conoscenze indicate nella programmazione per l’insegnamento dell’educazione civica e affrontate durante l’attività didattica. I docenti della classe e il Consiglio di Classe possono avvalersi di strumenti condivisi, quali rubriche e griglie di osservazione, che possono essere applicati ai percorsi interdisciplinari, finalizzati a rendere conto del conseguimento da parte degli alunni delle conoscenze e abilità e del progressivo sviluppo delle competenze previste nella sezione del curricolo dedicata all’educazione civica.
  • 5. PERCORSI CIVICI ATTRAVERSO LA LETTERATURA LATINA L’attenzione alla parità di genere è uno di quei valori che fanno della nostra carta costituzionale. Un valore da sottolineare attraverso lo studio della civiltà di cui siamo eredi. Partendo dagli articoli della Costituzione, viene proposto un percorso, una proposta da ampliare e approfondire, e soprattutto da attualizzare perché le conquiste che facciamo non sono mai definitive. La storia ce lo dimostra.
  • 6. •DONNE E DIRITTO •DONNE E ISTRUZIONE •DONNE E LAVORO •EMANCIPAZIONE
  • 7. 1. DONNE E DIRITTO
  • 8. COSTITUZIONE ITALIANA Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
  • 9. NON AVERE DIRITTO A UN NOME La donna non aveva un nome proprio, un praenomen, aveva solo il nome del gens di appartenenza. Più figlie femmine all’interno del nucleo familiare venivano identificate in base all’ordine di nascita NELL’ANTICA ROMA
  • 10. Nell’uso dell’italiano sono ancora molte le remore nel declinare al femminile i nomi di mestieri, professioni, ruoli istituzionali, soprattutto quando la posizione che indicano è prestigiosa. La lingua è dinamica, si modifica in continuazione, si adegua alle necessità della società e ai suoi cambiamenti. Se serve un nome, lo si crea. «Se le donne in magistratura non erano ammesse fino al 1963, non c’era nemmeno bisogno di pensare al termine magistrata. Quando nel lessico si inserisce un nuovo vocabolo o si declina al femminile una parola di solito usata al maschile, può esser richiesto un po’ di tempo per abituarcisi. Le parole hanno un peso e danno forma alla realtà. E dunque segnano le differenze tra uomo e donna in termini di ruoli e riconoscimenti sociali.
  • 11. Nell’antica Roma l'uomo godeva dei diritti politici (votare, eleggere e farsi eleggere, percorrere la carriera politica, il cursus honorum). La donna ne era esclusa; era necessario un tutore anche per esercitare i diritti civili più naturali, per sposarsi, per ereditare, per fare testamento. Tutore era il padre, quindi il marito e il parente maschio più prossimo in caso di morte dei congiunti suddetti: la donna non poteva neppure essere tutrice dei suoi figli minori.
  • 12. Ignorantia iuris (ignoranza della legge), imbecillitas mentis (inferiorità naturale), infirmitas sexus (debolezza sessuale), levitatem animi (leggerezza d'animo). Così i giuristi latini spiegavano le limitazioni imposte alle donne
  • 13. La legge delle XII Tavole
  • 14. TABULA V 1. VETERES ... ENIM VOLUERUNT FEMINAS, ETIAMSI PERFECTAE AETATIS SINT, PROPTER ANIMI LEVITATEM IN TUTELA ESSE; ... EXCEPTIS VIRGINIBUS VESTALIBUS, QUAS ... LIBERAS ESSE VOLUERUNT: ITAQUE ETIAM LEGE XII TABULARUM CAUTUM EST. 1. Gli antichi vollero che le donne, anche se di età matura, a causa della leggerezza del loro sentire, fossero soggette a tutela, eccettuate le vergini vestali, che vollero fossero libere: e ciò è stabilito anche nella legge delle XII tavole
  • 15. TABULA V 2. MULIERIS, QUAE IN AGNATORUM TUTELA ERAT, RES MANCIPII USUCAPI NON POTERANT, PRAETERQUAM SI AB IPSA TUTORE <AUCTORE> TRADITAE ESSENT: ID<QUE> ITA LEGE XII TABULARUM <CAUTUM ERAT> 2. I beni di una donna che era sotto la tutela degli agnati, non potevano essere usucapite, salvo che esse fossero state consegnate da essa stessa con il consenso del tutore: così anche era stabilito nella legge delle XII tavole.
  • 16. TABULA VI 4. LEGE XII TABULARUM CAUTUM EST, UT SI QUA NOLLET EO MODO (USU) IN MANUM MARITI CONVENIRE, EA QUOTANNIS TRINOCTIO ABESSET ATQUE EO MODO (USUM) CUIUSQUE ANNI INTERRUMPERET. 4. In una legge delle XII tavole è stabilito che una donna la quale non voleva venire in manus del marito [in forza dell'usucapione annuale], doveva allontanarsi ogni anno per tre notti [dalla casa del marito] e così interrompere ogni anno l'usucapione.
  • 18. COSTITUZIONE ITALIANA Art. 33. L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
  • 19. Sole le bambine romane appartenenti a famiglie agiate potevano avere un’istruzione con un un maestro privato. A dodici anni erano già in età da marito ma potevano continuare con lo studio, sempre a pagamento. Lettere, danza, musica. Poche le donne che conducevano studi che avevano come sbocco attività che avrebbero condotto fuori casa. Ma non mancano personalità eccezionali.
  • 20. Ortensia fu un’avvocata, del I secolo a.C. Non c’erano norme che escludessero esplicitamente le donne da queste attività, ma la tradizione rendeva implicito questo divieto. Ortensia supera il tradizionale divieto di parola pubblica femminile e recita un’orazione nel 42 a.C. quando i triumviri (Ottaviano che fu poi Augusto, Antonio e Lepido), impegnati nelle guerre civili contro gli uccisori di Cesare, chiesero a 1.400 matrone romane di contribuire alle spese militari con una tassa proporzionata ai loro patrimoni personali, prevedendo sanzioni per le dichiarazioni false : Il numero delle matrone chiamate a concorrere alle spese militari dei triumviri scese da 1.400 a 400. Sostanzialmente furono tassate solo le donne ricchissime « Perché mai – dice- le donne dovrebbero pagare le tasse, visto che sono escluse dalla magistratura, dai pubblici uffici, dal comando e dalla vita dello stato?» Valerio Massimo (“Detti e fatti memorabili”, VIII, 3, 3)
  • 21. SULPICIA Nella letteratura latina emergono esclusivamente autori maschili, per cui si è sempre ritenuto che alle donne non fosse concesso emergere, il che era vero ma con diverse eccezioni. Esistettero donne colte e raffinate nel mondo antico. Tandem venit amor, qualem texisse pudori Quam nudasse alicui sit mihi fama magis. Exorata meis illum Cytherea Camenis Adtulit in nostrum deposuitque sinum. 5 Exsoluit promissa Venus: mea gaudia narret, Dicetur siquis non habuisse sua. Non ego signatis quicquam mandare tabellis, Ne legat id nemo quam meus ante, velim. Sed peccasse iuvat, voltus conponere famae 10 Taedet: cum digno digna fuisse ferar. Traduzione italiana di 3.13: ‘Finalmente l’amore è venuto, tale che la reputazione di averlo nascosto sarebbe per me una vergogna maggiore che non quella di averlo rivelato a qualcuno. Invocata dalle mie Camene, Cytherea lo ha portato qui e lo ha deposto nel mio seno. Venere ha mantenuto le sue promesse: narri i miei piaceri colui che sarà detto non averne di propri. Io non vorrei mai affidare i miei messaggi a tavolette sigillate, per paura che qualcuno li legga prima del mio uomo. Ma mi piace peccare, mi dà fastidio atteggiare il volto per la buona reputazione: che sia detta essere stata, io degna di lui, con uno degno di me’.
  • 22. Nel nostro Paese nel 2019 le donne con almeno il diploma sono quasi i due terzi del totale (il 64,5%), quota di circa 5 punti percentuali superiore a quella degli uomini (il 59,8%); una differenza che nella media Ue è di appena un punto percentuale”. Lo rileva l’Istat nel report sui livelli di istruzione e ritorni occupazionali relativi al 2019. Le donne laureate sono il 22,4% contro il 16,8% degli uomini; vantaggio femminile ancora una volta più marcato rispetto alla media Ue. Nonostante i livelli di istruzione delle donne siano più elevati, il tasso di occupazione femminile è “molto più basso di quello maschile” (56,1% contro 76,8%), “un divario di genere più marcato rispetto alla media Ue e agli altri grandi Paesi europei”. https://www.ansa.it/ansa2030/notizie/lavoro_sviluppo/2020/07/22/istat-donne-studiano-di-piu-ma-gap-sul-lavoro-di-20- punti_aaae8268-b72e-48a6-bbfa-53ecd5c7b78b.html
  • 23. 3. DONNE E LAVORO
  • 24. COSTITUZIONE ITALIANA Art. 1 L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
  • 25. Nelle iscrizioni romane di Roma troviamo solo quattro donne mediche, una segretaria, una stenografa e poi sarte, pettinatrici, levatrici, balie, pescivendole, erbivendole. Nella città di Ostia troviamo anche nutrici, tessitrici, lavandaie, massaggiatrici. Una famosa epigrafe funebre del II sec. a.C. elogia le virtù domestiche di una defunta: "Straniero, ho poco da dirti: fermati e leggi. Questo è il sepolcro non bello di una donna che fu bella. I genitori la chiamarono Claudia. Amò il marito con tutto il cuore. Mise al mondo due figli: uno lo lascia sulla terra, l'altro l'ha deposto sotto terra. Amabile nel parlare, onesta nel portamento, custodì la casa, filò la lana. Ho finito, va' pure". Hospes quod deico paullum est, asta ac pellege. Heic est sepulcrum hau pulcrum pulcrai feminae. Nomen parentes nominarunt Claudiam. Suom mareitum corde deilexit sovo. Gnatos duos creavit: horunc alterum in terra linquit, alium sub terra locat. Sermone lepido, tum autem incessu commodo. Domum servavit, lanam fecit. Dixi. Abei.
  • 26. Filare per le donne romane non è solo occupazione in sé lecita ed onesta, ma costituisce anche un elemento rivelatore della castità della sposa e del suo attaccamento alla casa Te lanae prope nobilem tonsae Luceriam, non citharae decent nec flos purpureus rosae nec poti vetulam faece tenus cadi. (Hor. od. 3,15,13-16) A te conviene filar le lane, tosate presso la rinomata Lucera, non la cetra, né il fiore vermiglio della rosa, né le anfore, che tu tracanni, vecchia qual sei, sino all’ultima stilla. At circa gravibus pensis adfixa puella paulatim somno fessa remittat opus. (Tib. 1,3,87) Ma la fanciulla, accanto, tutta attesa al pesante pennacchio, a poco a poco, vinta dal sonno, lasci cadere il lavoro. […] cum femina primum, cui tolerare colo vitam tenuique Minerva impositum, cinerem et sopitos suscitat ignes, noctem addens operi, famulasque ad lumina longo exercet penso, castum ut servare cubile coniugis et possit parvos educere natos. (Verg. Aen. 8,408-413) […] nell’ora prima in cui la femmina, a cui di sostentare col fuso la vita e con la sottile Minerva s’impone, la cenere e, assopiti, risveglia i fuochi, la notte aggiungendo al suo lavoro, e le fantesche al lume delle lampade esercita col lungo pennecchio, perché casto possa conservare il giaciglio dello sposo e, piccoli ancora, educare i suoi nati. Veste non temere alia quam domestica usus est, ab sorore et uxore et filia neptibusque confecta; (Svet. Aug. 73) Difficilmente indossava altre vesti che non fossero quelle confezionate in casa, dalle mani della sorella e della moglie e della figlia e delle nipoti;
  • 27. I recenti dati Istat sul mercato del lavoro hanno evidenziato a novembre 2019 una CRESCITA degli occupati che aumentano di 41mila unità. Inoltre cresce il dato occupazionale delle donne, con un +35mila rispetto ad ottobre 2019. Il dato congiunturale è senz’altro incoraggiante, ma molta strada rimane da fare sia per favorire l’accesso delle donne al mondo del lavoro che per superare il cosiddetto GAP RETRIBUTIVO DI GENERE e per rafforzare misure di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro. Numerosi studi indicano, infatti, un maggior benessere e un miglior funzionamento del sistema economico e del mercato del lavoro quando il coinvolgimento attivo delle donne cresce. La crescita del tasso di OCCUPAZIONE FEMMINILE, stando a questi studi, può rappresentare uno stimolo fortissimo alla crescita del Pil. Anche se negli ultimi dieci anni la situazione è migliorata, in Italia, stando ai dati Istat, a livello occupazionale resta ancora un DIVARIO considerevole fra uomini e donne: ciò si traduce in un tasso di occupazione molto più basso per le femmine rispetto ai maschi: 49,5% contro il 67,6% degli uomini. Ma le donne non scontano solo difficoltà in accesso al mercato del lavoro. Le convenzioni sociali e gli STEREOTIPI sul ruolo della donna, per esempio nelle cure familiari o nella cosiddetta “economia domestica”, hanno conseguenze significative anche una volta che questa prima barriera sia stata scavalcata; benché la nostra Costituzione e i contratti di lavoro, formalmente, garantiscano alla donna lavoratrice, a parità di lavoro, le STESSE RETRIBUZIONI che spettano al lavoratore, questa situazione è, nei fatti, disattesa. https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/01/22/loccupazione- femminile-aumenta-ma-resta-ancora-molto-da-fare-e-ora-e- tutto-in-mano-alla-camera/5680793/
  • 28. La quarantena sembra aver rafforzato alcuni stereotipi di genere, per esempio quello che vede le donne impegnate nella cura della casa e dei figli (30,9% le donne che dichiarano di occuparsi prevalentemente loro dei figli, solo il 1,4% degli uomini intervistati dichiara lo stesso) e gli uomini soprattutto dediti al lavoro (l'83,9% dichiara di aver trascorso il loro tempo soprattutto lavorando). Persistono inoltre stereotipi che regolano la suddivisione dei ruoli e la vita in famiglia (esempio: è meglio privilegiare e tutelare il lavoro dell'uomo; è preferibile che sia la donna che si occupi dei bambini). https://www.repubblica.it/dossier/tecnologia/rivoluzione-smart- working/2020/06/22/news/smart_working_nel_lockdown_meno_lavoro_e_ piu_stress_per_le_donne-259881432/
  • 30. Dopo la fine delle guerre puniche e civili e nell’età repubblicana il ruolo della materfamilias si rafforza e la donna comincia a partecipare alla vita sociale e intellettuale. In epoca imperiale le donne potevano sostituire il tutor legittimo con uno di loro fiducia: questi era un semplice prestanome e permetteva loro di disporre dei propri beni e di se stesse come meglio credevano. Altra conquista di epoca repubblicana fu il riconoscimento della parentela anche in linea femminile. Quanto all'impegno politico bisogna considerare che l'unico imperatore che permise a una donna, sua madre, di entrare in senato per svolgere mansioni tradizionalmente riservate agli uomini, fu Eliogabalo. Questo ovviamente non significa che importanti donne romane non parteciparono, seppure indirettamente, alla politica: sono ben note le vicende legate ai nomi di Valeria Messalina, Agrippina Maggiore, Giulia Agrippina, Sabina Poppea, Pompea Plotina.
  • 31. L'emancipazione sociale, morale e politica d'altra parte è direttamente collegata a quella economica: solo tardivamente la legislazione autorizza la donna romana a trattenere per sé tutta la sua proprietà (a eccezione della dote che passa al coniuge), a essere padrona dei beni ereditati e a conservarli in caso di divorzio. Tutto ciò però non le permetterà mai di acquisire dei veri diritti politici. Alla natura femminile si riconosceva l'origine della vita, la sua tutela ed il suo armonioso sviluppo. Molti storici, di allora e di oggi, fanno coincidere il decadere dell'istituto familiare, la crisi dei valori sociali e familiari con l'emancipazione femminile e con l'istituto del divorzio, senza rendersi conto che con questa emancipazione le donne chiedevano semplicemente di poter avere gli stessi diritti degli uomini.
  • 32. Basta che una donna brava faccia la sua parte in casa, e a crescermi i bambini: una sabina ad esempio, o quale è la donna d’un pugliese secco, arsa di sole. Una che mette legna stagionata nel camino, quando viene rotto dal lavoro l’uomo: e chiuda negli steccati il gregge, e svuoti colme poppe, spillando vino fresco dal tino che profuma metta in tavolo vivande non comprate. quodsi pudica mulier in partem iuvet domum atque dulcis liberos, Sabina qualis aut perusta Solibus pernicis uxor Apuli, sacrum vetustis exstruat lignis focum lassi Sub adventum viri claudensque textis cratibus laetum pecus distenta siccet ubera et horna dulci vina promens dolio dapes inemptas adparet: L’ideale positivo permanente di cui s’è detto è quello fissato, quasi in paradigma, da Orazio nell’epodo 2:
  • 33. Le donne si emanciparono nell’età di Augusto: le ragioni per cui si emanciparono sono 2 e sono le stesse che ci consentono ancora oggi di essere libere e emancipate. SONO QUESTI I DUE FATTORI CHE GARANTISCONO LA LIBERTÀ ALLE DONNE ANCORA ADESSO: L’INDIPENDENZA ECONOMICA E L’ISTRUZIONE. Ma la crisi dell’impero cambia tutto, e una crisi politica si ripercuote sempre sulle donne. Anche la diffusione del cristianesimo, dopo una prima fase in cui fu sostenuta l’uguaglianza tra uomini e donne, venne affiancata da una demonizzazione della figura femminile. La prima motivazione è che venne loro consentito di avere la stessa quota di eredità dei fratelli maschi, quindi conquistarono un’autonomia patrimoniale che viene da loro stesse gestita. Poi poterono studiare.
  • 34.
  • 35. «La storia delle donne romane cosa ci insegna?» si è chiesta Eva Cantarella. «Che le conquiste che facciamo non sono mai definitive. La storia ce lo dimostra. Ogni progresso può essere seguito da una ricaduta.» Eva Cantarella: «Sul fronte dei diritti si può tornare indietro. Pensate alla discussione che si è riaperta – ha ricordato – rispetto alla criminalizzazione dell’aborto, tema che pensavamo superata, poi abbiamo assistito al venire meno dei consultori familiari, alla chiusura dei centri anti violenza. Il femminicidio purtroppo è un fenomeno dilagante.» «Quello che mi sembra importante è conoscere la storia, per capire il nostro presente, che non è uguale al passato, ma può darci gli strumenti per comprenderlo»