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Meno sanità, è tutta salute
1. Meno sanità, è tutta salute
Nulla è casuale: nel paese pronto a deportare gli studenti per non far muovere i prof., ora c’è chi si
immola per gli “esami medici inutili” (sic). Così si tutela l’indotto politico-burocratico, non il paziente.
Tesi e numeri
di Marco Valerio Lo Prete | 26 Settembre 2015 ore 06:18
Roma. C’era chi metteva mano alla pistola ogni volta che sentiva la parola “cultura”. E c’è chi in Italia, più
prosaicamente, erige barricate di retorica ogni volta che sente le parole “istruzione” e “sanità”
pronunciate dal governo di turno. Sull’istruzione si è già detto nelle scorse settimane: con un milione di
profughi alle porte dell’Europa, per amplificare nel discorso pubblico il disagio di poche migliaia di
professori che dovevano spostarsi dalla Puglia al Molise o giù di lì in cambio di un contratto a tempo
indeterminato, non si è trovato di meglio che etichettarli come “deportati”. “Non si tocca l’istruzione!”,
nel senso di classe docente del settore pubblico con qualche suo privilegio, incluso quello unico al mondo
di disconoscere la “mobilità geografica”.
Al punto che sorgeva spontanea l’alternativa: forse è il caso di spostare gli alunni lì dove sono i prof.
assunti. Ci arriveremo.
Ma è tempo di legge finanziaria, dunque non si poteva non bissare in materia di Sanità. Il ministro della
Salute, Beatrice Lorenzin, in un’intervista al Messaggero è tornata ieri a sostenere l’utilità di evitare il
ricorso istantaneo e automatico a 208 tipi di prestazione garantita dal servizio pubblico su una lista di
1.700. Si risparmierebbero subito 180 milioni di euro, su 13 miliardi di costo complessivo di visite e
analisi considerate “inutili”. Associazioni di medici e politici locali d’ogni colore, quasi come un sol’uomo,
hanno declinato per tutta risposta il consueto “non si tocca la salute!”. Perché la Sanità pubblica è già
martoriata dai tagli, perché la “medicina difensiva” è solo un eccesso di responsabilità e autotutela del
medico, a fronte di eventuali ricorsi, e perché sulla malattia è meglio che si pronunci liberamente un
medico che un qualche freddo burocrate.
Innanzitutto, il finanziamento statale per la Sanità è passato da 67 miliardi nel 2000 a 112 miliardi nel
2012, più 68 per cento; nel 2015 sono stanziati 112,1 miliardi, l’anno prossimo comunque non saranno
meno (previsioni a 115,4 miliardi). Rispetto al passato, al massimo, rallenta l’avanzata. Sul fronte della
spesa regionale i tagli ci sono stati, ma di entità contenuta, concentrati negli ultimi tre anni e nelle regioni
2. ARTICOLI CORRELATI
commissariate (cioè quelle che avevano speso tantissimo e malissimo negli scorsi anni). Con l’aggravante
che, mancando un sistema di valutazione delle strutture e dei reparti, aumenti (prima) e tagli (poi) sono
stati spalmati quasi alla pari su tutti gli ospedali di tutte le regioni.
Seconda obiezione: i medici prescrivono più esami del
dovuto per tutelarsi da eventuali ricorsi dei pazienti
insoddisfatti. “La chiamano ‘medicina difensiva’, infatti,
ma a essere onesti dovremmo chiamarla ‘offensiva’ –
dice al Foglio Marcello Crivellini, docente di Analisi e
organizzazione di sistemi sanitari al Politecnico di
Milano – Perché prestazioni e medicinali apertamente inutili costituiscono pur sempre danni sicuri per le
tasche dei contribuenti e danni potenziali per la salute dei pazienti. Se il medico non vuole assumersi la
responsabilità di scelte per definizione selettive, allora meglio che vada a fare il salumiere, limitandosi a
prescrivere ciò che altri gli richiedono”. Che poi, rispetto a 10 milioni di ricoveri l’anno, le denunce in
Italia sono ancora poche. Ieri, sulla Stampa, lo ha scritto anche l’oncologo Umberto Veronesi. Il suo
ragionamento: vero, si sta perdendo la fiducia nel rapporto medico paziente; vero, il rischio denuncia
mette paura; tuttavia la conflittualità legale è molto più elevata all’estero, e il decreto proposto dal
governo Renzi, imponendo paletti di massima ai medici, è “un buon rimedio”, “può essere una specie di
mano tesa al medico per uscire dall’impasse della medicina difensiva che è una minaccia reale per la
qualità del nostro Sistema sanitario”.
Compreresti un esame inutile a tuo figlio?
La terza obiezione esalta retoricamente il libero esercizio in scienza e coscienza della professione medica,
che non potrebbe quindi sottostare a realistici vincoli di bilancio. “Come nel caso della scuola, dove si dice
di voler tutelare l’istruzione attuando comportamenti che vanno a scapito degli alunni, ora si difende la
Sanità senza considerare la salute dei pazienti”, dice Crivellini. Salute che, secondo vari studi, dipende
per il 20-30 per cento dal patrimonio genetico di ciascuno di noi, per il 20 per cento dall’ecosistema in
cui viviamo, per il 40-50 per cento dallo stile di vita e dalla condizione socioeconomica, e soltanto per il
10-15 per cento dai servizi sanitari. Farmaci inclusi, specie se si dà retta a Silvio Garattini, direttore
dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, secondo il quale circa la metà dei farmaci
assunti è inutile. “Qui di difensivo c’è solo l’atteggiamento di una corporazione, quella medica.
L’incentivo alle barricate anti risparmi è plurimo – dice Crivellini – Ci sono i centri diagnostici che
quante più diagnosi fanno, tanto più guadagnano. I medici specialisti e le cliniche private convenzionate,
idem. Poi il noto pressing delle case farmaceutiche. E la scandalosa espansione delle prescrizioni che
rendono floride le attività intra moenia dei medici ospedalieri, intra moenia per modo di dire, visto che
ormai avvengono anche fuori dalle mura degli ospedali. Infine la politica regionale e le centrali sindacali
che difendono le grandi strutture ospedaliere, sempre meno adatte per società demograficamente
invecchiate, solo perché più facili da gestire e pilotare”. Insomma il fine della Pubblica amministrazione
sanitaria – a voler scomodare qualche rudimento di public choice – non è più il servizio da offrire, ma
l’ampliamento dell’organico e del giro d’affari (pagato dal contribuente).
La prova definitiva? Chiedete a un medico se sottoporrebbe suo figlio a un “esame inutile”. Anzi,
chiedete a tutti i medici. E’ quello che 15 anni fa fece Gianfranco Domenighetti, professore e responsabile
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