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marzo/aprile2019-N°30
L’importanza del ruolo
delle società di mutuo
Soccorso in ambito
socio sanitario
Il periodico di informazione sulla Sanità Integrativa
Happy Knee Clinics Italia:
diagnosi e cura di precisione
delle malattie degenerative del ginocchio
Endometriosi, se la conosci...la combatti
La dipendenza da cioccolato
Attualità
Salute
Psicologia
“La salute non è tutto
ma senza salute tutto è niente”
Arthur Schopenhauer
Progettiamo il futuro della sanità integrativa
La sanità integrativa, cioè le prestazioni sanitarie fornite dagli enti abilitati giuridicamente a svolgere tale attività, rappresenta oggi un sistema
organizzato, legiferato ed impostato di norme e modelli che hanno come unico riferimento la mutualità.
Gli enti che operano la sanità integrativa (Fondi Sanitari, Casse di Assistenza Sanitaria e Società Generali di Mutuo Soccorso) sono disciplinati
da norme istituite nel tempo (nel 1992 quelle per i Fondi Sanitari, nel 1978 quelle per le Casse di Assistenza Sanitaria ed addirittura al 1886,
poi riformulate nel 2012, quelle delle Società Generali di Mutuo Soccorso), hanno valore rappresentativo in quanto enti del terzo settore e
godono di vantaggi fiscali in funzione del fatto che sono enti senza scopo di lucro.
Le aziende per i loro dipendenti, i settori merceologici contrattuali per tutti i loro addetti ma anche individui e famiglie possono rivolgersi
a questi enti per integrare le prestazioni sanitarie fornite dello stato con un duplice risultato: avere la possibilità di costruirsi una protezione
sanitaria adeguata ed alleviare l’impegno economico che lo stato assegna alla sanità pubblica, per destinare maggiori risorse alle fasce
economicamente più deboli della popolazione.
In Italia, quindi, siamo riusciti a preservare il diritto alla salute sancito dalla nostra costituzione creando un modello di integrazione tra sanità
pubblica e sanità integrativa che può essere di esempio per tanti altri paesi, come la sanità pubblica italiana lo è stata per molti anni fino a
che fattori socialmente positivi ma economicamente onerosi, quali l’invecchiamento della popolazione, l’ampliamento della scienza medica
e lo sviluppo tecnologico in campo sanitario, rendessero impossibile sostenere un modello di sanità pubblica che fornisse tutta l’assistenza
possibile per tutti i cittadini.
Senza perdere di vista l’interesse comune dei cittadini, operando per tempo e costruendo norme adeguate nel nostro paese siamo transitati,
senza terremoti economici, sociali e giuridici, da un sistema ad un pilastro ad un sistema a due pilastri, inevitabilmente molto più solido.
Ora che questo passaggio è determinato la “palla” passa agli enti di sanità integrativa che devono, in coerenza con la sanità pubblica,
progettare un futuro che non solo è prossimo ma di fatto è già oggi, avviando processi evolutivi innovativi che contemplino almeno quattro
modelli strutturali da implementare.
Il primo modello da sviluppare riguarda sicuramente la necessità che tutte le aziende e tutti i cittadini vengano edotti sulle opportunità
offerte dalla sanità integrativa e sulla logica sottostante dei principi mutualistici, perché poche ancora sono le informazioni che arrivano ad
aziende e persone sul tema.
Gli enti di sanità integrativa si devono quindi impegnare a comunicare di più, a spiegare ed argomentare con gli strumenti più moderni quali
i social, a portare nelle case delle persone, nelle aziende ed in ogni luogo, tramite professionisti specializzati, la rappresentazione del valore
che una protezione sanitaria integrativa costituisce per ogni individuo, ogni famiglia, ogni dipendente ed anche per ogni azienda, perché un
dipendete sanitariamente protetto è un dipendente più sereno e più produttivo.
Il secondo modello da implementare coinvolge il valore assoluto della prevenzione sanitaria, dove deve necessariamente essere modificato,
soprattutto culturalmente, il paradigma in essere ancora oggi in campo sanitario “soggetto malato-cura”, cioè se sento qualche disturbo
vado dal medico, con il nuovo paradigma “soggetto sano-prevenzione”, nel quale posso pianificare per tempo una serie di controlli sanitari
utili a determinare il fatto che, nei limiti delle conoscenze mediche, potrei evitare di ammalarmi.
Di conseguenza è indispensabile che gli enti di sanità integrativa progettino percorsi di prevenzione, adatti alle diverse tipologie di assistiti
in funzione dello loro caratteristiche, utili ad effettuare controlli periodici funzionali a tenere sotto controlli i parametri medici essenziali che,
sono differenti in funzione di sesso, età, professione, localizzazione geografica, struttura morfologica.
Il terzo modello da realizzare contempla il superamento delle barriere operative esistenti in termini di accessibilità alle cure mediche, per
evitare che gli individui debbano seguire il percorso che vige tutt’ora in campo sanitario, dove, molto frequentemente, orari, tempistiche e
modelli fanno riferimento alle esigenze delle strutture sanitarie, pubbliche o private che siano, ma non alle necessità del cittadino.
In questo caso gli enti di sanità integrativa debbono assolutamente ripensare l’operatività diretta a garantire esami di laboratorio,
approfondimenti diagnostici, visite mediche e percorsi di prevenzione per progettare sistemi nuovi funzionali alle esigenze di ogni singolo
individuo, eliminando gli ostacoli che la liturgia del modello sanitario in essere, vado dal medico-mi prescrive l’esame/la visita-prenoto
l’esame/la visita-vado a ritirare il referto-porto il referto dal medico-mi prescrive la cura-vado in farmacia-acquisto la cura, ancora percorre.
Il quarto modello da ottimizzare concerne il tema della prossimità delle cure mediche, in un sistema dove ancora oggi il percorso geografico, da paese
a paese in provincia e da strada a strada in città, rappresenta una “caccia al tesoro” temporalmente impegnativa e psicologicamente frustrante.
In questo contesto gli enti di sanità integrativa devo dare il via alla creazione di strutture sanitarie leggere, tecnologicamente avanzate e
posizionate nei luoghi di maggiore presenza fisica dei cittadini, per consentire a chiunque di accedere rapidamente a punti salute che
soddisfino con rapidità di esecuzione e velocita di servizio le esigenze sanitarie degli assistiti.
Sicuramente per realizzare questi quattro nuovi modelli di sanità moderna la tecnologia sanitaria garantisce un grande impulso risolutorio tramite
la telemedicina che, con i suoi device sempre più sicuri e precisi e con i suoi strumenti sempre più efficaci ed efficienti, consente di approntare
soluzioni innovative ed operative, che però debbono essere accompagnate da un ridisegno ragionato complessivo del modello funzionale.
Con le norme giuridiche, normative e fiscali vigenti, con l’assoluto valore che il concetto di mutualità rappresenta da sempre nella storia
dell’umanità, con una maggiore conoscenza di tutti delle possibilità di integrazione della protezione sanitaria, con più prevenzione, con
una maggiore accessibilità dei modelli sanitari esistenti e con una maggiore prossimità delle strutture preposte, sicuramente il futuro della
sanità integrativa rappresenterà sempre di più un valore sociale, economico, strutturale ad uso virtuoso di tutti i cittadini nel rispetto della
costituzione e del diritto di ciascuno alla salute.
Milanese, ho maturato un’esperienza
ultraventennale nel settore assicurativo e
finanziario,occupandomi sia dei prodotti che
del marketing e dello sviluppo commerciale,
fino alla direzione di compagnie assicurative,
nazionali ed estere.
Nel 2005 sviluppo un progetto di consulenza
estrategia aziendale che ha consentito di
operare con i maggiori player del settore
assicurativo per realizzare piani strategici di
sviluppo commerciale.
Dal 2009 mi occupo di Sanità Integrativa,
assumendo la carica di Presidente ANSI,
Associazione Nazionale Sanità Integrativa
e Welfare, e contestualmente di Health
HoldingGroup,importanterealtàdelsettore.
Dal 2016 sono presidente di Health Italia, una
delle più grandi realtà nel panorama della
Sanità Integrativa Italiana e società quotata
in Borsa sul mercato AIM Italia.
a cura di Roberto Anzanello
EDITORIALE
periodico bimestrale di informazione sulla Sanità Integrativa
Anno 6° - marzo/aprile 2019 - N°30
Direttore responsabile
Nicoletta Mele
Direttore editoriale
Ing. Roberto Anzanello
coordinamento generale
Area 51 Srl
Comitato di redazione
Alessandro Brigato
Francesca Diodati
Michela Dominicis
Giulia Riganelli
Hanno collaborato a questo numero
Beatrice Casella
Alessia Elem
Marilena Falcone
Giuseppe Iannone
Alessandro Notarnicola
Direzione e Proprietà
Health Italia SpA
c/o Palasalute - Via di Santa Cornelia, 9
00060 - Formello (RM)
www.healthitalia.it
Tutti i diritti sono riservati.
Nessuna parte può essere riprodotta in alcun modo senza permesso scritto del direttore editoriale.
Articoli, notizie e recensioni firmati o siglati esprimono soltanto l’opinione dell’autore e comportano di conseguenza
esclusivamente la sua responsabilità diretta.
iscritto presso il Registro Stampa del Tribunale di Tivoli
n. 2/2016 - diffusione telematica
n.3/2016 - diffusione cartacea
9 maggio 2016
Idea grafica
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impaginazione
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HEALTH
Health Italia: progetti e iniziative per la gestione
del benessere delle persone06
www.healthonline.it
Happy Knee Clinics Italia: Diagnosi e cura di precisione
delle malattie degenerative del ginocchio08
Stagione dei pollini tra asma e rinite12
22
26
28
16 Amianto, il serial-killer silenzioso continua a uccidere
L’importanza del ruolo delle società di mutuo Soccorso
in ambito socio sanitario
Schiavi delle tecnologie. Aumentano gli hikikomori in Italia
La fisioterapia è il segreto per praticare sport 
senza brutte sorprese 
Patologie renali croniche: cause e trattamenti
illustrati dal Prof. Francesco Pisani
Il valore del lavoro etico di Be Live:
la storia di Simona
32
l’angolo della poesia
34
38
46
48
42
Endometriosi, se la conosci…la combatti
L’importanza della diagnosi per i tumori femminili
come curare i distrurbi alimentari
flash dal mondo e eccellenze italiane
La dipendenza da cioccolato
52
54
indice
Attualità
Salute
Psicologia
Sport
e benessere
Tecnologia
e salute
Focus attualità
Aziende del Gruppo
Special
In evidenza
06 | Health Online 30
a tutte le sue necessità (come la prenotazione
di una visita medica o di un ricovero, rimborso
etc..), la possibilità di usufruire di un modello di
medicina a distanza, grazie al quale è possibile
effettuare una serie di rilevazioni sanitarie con una
semplice accessibilità e un notevole risparmio di
tempo, nonchè la possibilità di acquistare prodotti
naturali”. I servizi offerti dalla società “sono
finalizzati - ha aggiunto Anzanello - alla gestione
del benessere delle persone tramite un percorso
costituito da sistemi di protezione sanitaria,
modelli di prevenzione e prodotti nutraceutici e
cosmeceutici”.
L’innovazione nelle prestazioni, tramite il passaggio
da una sanità tradizionale alla Telemedicina, è uno
degli obbiettivi al quale sta lavorando Health Italia
con l’intento di spostare il paradigma da soggetto
malato/cura a soggetto sano/prevenzione grazie
alla creazione del modello Health Point S.p.A .
“Il fine – ha affermato il Presidente - è quello di
rappresentare una realtà innovativa nella diffusione
della cultura della prevenzione, attraverso l’offerta
HEALTH ITALIA:
PROGETTI E INIZIATIVE PER LA GESTIONE DEL
BENESSERE DELLE PERSONE
Promozione della Sanità Integrativa e del Welfare
aziendale, assistenza e prestazioni sanitarie
innovative, distribuzione di prodotti nutraceutici e
cosmeceutici, attenzione e impegno nei confronti
dei temi sociali. È questo il modello offerto da
Health Italia, PMI quotata sul mercato AIM Italia
dal febbraio del 2017, una tra le più grandi realtà
indipendenti del mercato italiano della Sanità
Integrativa, che fornisce prodotti innovativi in
grado di migliorare la qualità di vita delle persone
e facilitare l’accessibilità ai servizi sanitari mediante
la divulgazione dei principi mutualistici.
“Health Italia, con oltre 350 mila clienti e una
customer retention superiore al 90% - ha spiegato
il Presidente di Health Italia Roberto Anzanello
- è una società unica nel suo genere sul territorio
italiano in quanto offre alle famiglie e alle aziende
un sistema di welfare aziendale, la promozione
di Enti di Sanità Integrativa (Casse di assistenza
sanitaria, Fondi Sanitari e Società Generali di Mutuo
Soccorso), un’assistenza totale tramite la centrale
salute CoopSalute, in cui l’assistito riceve risposte
Attualità di Nicoletta Mele
www.healthonline.it | 07
di servizi sanitari in più modalità, da quella
tradizionale dei centri polispecialistici, a quella più
innovativa delle prestazioni in telemedicina”.
Health Point è una realtà nata da un’idea del
Gruppo Health Italia che offre, attraverso
due canali distinti, una proposta completa di
prodotti e servizi per la cura della persona. Gli
Health Point, definiti Shop Center della Salute
e posizionati in punti significativi di diverse città
italiane, sono centri dedicati alla prevenzione
e al benessere, all’interno dei quali è possibile
sia usufruire di prestazioni sanitarie di prima
diagnostica, con sistemi moderni di medicina a
distanza, sia acquistare i prodotti di nutraceutica,
cosmesi e cosmeceutica dei marchi Health Italia.
Mentre Health Point Medical Care, è un network
di centri medici polispecialistici che erogano
prestazioni di visite specialistiche, ecografie,
indagini diagnostiche, fisioterapia con personale
medico altamente qualificato e strumentazione
all’avanguardia.
“È in atto una diffusione capillare di questo
modello innovativo - ha aggiunto Anzanello - per
sensibilizzare sempre di più l’opinione pubblica nei
confronti della prevenzione abbattendo le barriere
tempistiche e di accessibilità a costi ridotti”.
L’attività di Health Italia non è solo promozione
della Sanità Integrativa e del Welfare aziendale,
assistenza e prestazioni sanitarie innovative, ma anche
attenzione e impegno nei confronti dei temi sociali.
“Il concetto di protezione sanitaria su base
mutualistica da parte degli Enti di Sanità
Integrativa che operano senza scopo di lucro - ha
spiegato il Presidente di Health Italia - deve essere
assunto nella sua accezione più ampia di “diritto
alla salute” come garantito dalla Costituzione
Italiana e non deve limitarsi al semplice diritto alle
cure mediche, ma al più ampio concetto del diritto
alla vita attraverso anche forme di assistenza
sociale dirette e partecipative. È partendo da
questa considerazione che Health Italia, la quale si
occupa integralmente della gestione del processo
del benessere delle persone, si è fatta promotrice
di un’esperienza diretta e partecipativa attraverso
la Fondazione Health Italia.”
La Fondazione è stato il passaggio che ha garantito
l’evidenza di uno scopo sociale reale e concreto
da parte di una delle più grandi realtà presenti sul
panorama della Sanità Integrativa.
“La Fondazione Health Italia - ha affermato
Anzanello - è un ente no-profit impegnato nella
divulgazione dei principi mutualistici e della
solidarietà sociale e promuove iniziative culturali,
educative, formative, di integrazione sociale, di
assistenza sanitaria e la diffusione della cultura.
Con il modello dell’iniziativa “Un aiuto concreto a
portatadiclick”,laFondazionehavolutocoadiuvare
l’impegno degli enti fondatori che destinano una
percentuale dei loro ricavi ai progetti gestiti dalla
fondazione stessa, per gestire iniziative sociali sul
territorio, individuate con criteri basati sull’equità
morale e sul concetto di necessità sociale”.
Tra i progetti della Fondazione Health Italia c’è
Banca delle Visite, una piattaforma web che dona
prestazioni sanitarie a chi non può permettersi
una visita a pagamento - secondo le stime negli
ultimi anni circa 11 milioni di italiani - oppure non
può attendere le lunghe liste d’attesa del Sistema
Sanitario Nazionale. Il concetto è quello del caffè
sospeso applicato alla salute con il contributo
finanziario da parte di liberi cittadini ed aziende.
“L’idea di riprendere una vecchia ma cara
consuetudine napoletana, quale quella del caffè
sospeso - ha concluso Anzanello - ha determinato la
nascita di Banca delle Visite con la “visita sospesa”,
che sta ottenendo un importante successo in
termini di riconoscibilità e di prestazioni erogate”.
I servizi offerti da Health Italia sono finalizzati alla
gestione del processo del benessere delle persone.
“Il nostro impegno, la vostra salute” è lo slogan
dell’unico player quotato al mercato AIM di Borsa
Italiana che vuole consolidare un mercato in forte
crescita per migliorare la qualità e l’accessibilità
dei servizi sanitari e di benefit all’individuo.
08 | Health Online 30
opinion e terapia mirata minimamente-invasiva.
Per Health Online, l’Ing. Francesco Pioppi
Director e Co-fondatore della società di ricerca
ArthoGene™ Deep Medicine e Presidente di
Happy Knee Clinics Italia.
Che cos’è Happy Knee Clinics Italia?
“Dall’esperienza comune con i miei partner e
ricercatori internazionali, maturata nel tempo negli
ambiti dell’assistenza sanitaria e nelle biotecnologie
medicali innovative, nasce Happy Knee Clinics
Italia per inserire nell’ambito nazionale il nostro
peculiare modello di medicina di precisione, in
particolare nella diagnostica di precisione e nelle
tecnologie mediche e chirurgiche minimamente
invasive. Questo continuando a perseguire un
continuo percorso evolutivo che si avvale, fra l’altro,
dell’interazione e lo sviluppo dell’Intelligenza
Artificiale applicata alla medicina. Happy Knee
Clinics ha quindi tra i propri obiettivi la ricerca, la
selezione, la validazione clinica e la precisazione
diagnostica di tecnologie mediche e chirurgiche
innovative minimamente invasive per le patologie
del ginocchio. Le tecnologie sono qualificate
coerentemente alle linee guida nazionali sia per
quanto riguarda la diagnostica per immagini che
nei protocolli clinici più innovativi, in particolare
recependo le più recenti delibere della Regione
Lombardia”.
Quali sono i protocolli?
“Il modello Happy Knee Clinics prevede la
selezione sul territorio delle strutture più idonee
per l’innovazione, la qualità e la sicurezza clinica,
che garantiscano l’applicazione dei Protocolli HKC
per una diagnostica di precisione e il benessere del
paziente. I Protocolli HKC sono strutturati in: visita
clinica ultra-specialistica, Diagnostica avanzata
e di precisione. Successivamente sarà cura dello
specialista selezionare il protocollo terapeutico più
adatto, in un percorso minimamente invasivo per
il trattamento efficace della lesione articolare; un
esempio è abbinare un intervento in artroscopia
HAPPY KNEE CLINICS italia:
DIAGNOSI E CURA DI PRECISIONE DELLE
MALATTIE DEGENERATIVE DEL GINOCCHIO
Per Health Online il Presidente Ing. Francesco Pioppi e i dottori Alberto
Zerbi e Sergio Ortolani
Le patologie degenerative del ginocchio sono
molto frequenti. Con il passare degli anni la libertà
nei movimenti può essere limitata a causa delle
lesioni della cartilagine delle articolazioni dovute
a traumi, patologie o processi degenerativi (usura
naturale che si manifesta solitamente dopo i 60
anni). Oggi, grazie alla ricerca e al progresso della
tecnologia applicata alla medicina anche in campo
ortopedico, si hanno a disposizione degli strumenti
che consentono al paziente una terapia rigenerativa
mirata minimamente invasiva. è l’ortobiologia, una
disciplina della medicina rigenerativa che permette
un nuovo approccio terapeutico finalizzato alla
rigenerazione biologica del tessuto, anziché alla
sua sostituzione per una migliore funzionalità
dell’arto. Una vera e propria rivoluzione in ortopedia
che punta a migliorare il trattamento delle lesioni
muscolo-scheletriche stimolando le risorse naturali
dell’organismo per rigenerare i danni causati da
traumi o malattie.
In questo scenario si colloca Happy Knee Clinics
Italia, il primo modello di ultra-specializzazione
di prevenzione, precisione diagnostica, second-
Attualità di Alessia Elem
Ing. Francesco Pioppi
www.healthonline.it | 09
con la terapia staminale. In quest’ottica è stata
implementata la figura del Care-Coordinator
che, oltre a supportare il paziente nelle varie fasi
amministrative del processo diagnostico, clinico e
di follow-up, contribuisce anche a incentivare un
maggior coinvolgimento nelle problematiche del
ginocchio portando il paziente stesso a discutere,
comprendere ed analizzare criticamente le azioni
proposte dal medico curante”.
Da cosa nasce l’idea e perchè?
“Il progetto nasce dalla “mother company”
ArthoGene Deep Medicine Limited con sede a
Londra. La società di ricerca è caratterizzata da un
posizionamento distintivo nel mondo sanitario per
la ricerca, lo sviluppo, la validazione e l’applicazione
di servizi ortopedici ultra-specialistici basati su
tecnologie minimamente invasive d’avanguardia.
Attualmente il Centro di Validazione Diagnostica
e dell’Appropriatezza Terapeutica basata
sull’Intelligenza Artificiale è a Cirencester in UK, ma
è in corso lo studio di fattibilità per un Centro anche
in Italia. I Centri Studi per lo Sviluppo di Tecniche
Chirurgiche basate sull’Ortobiologia e la Medicina
Rigenerativa sono invece a Cirencester UK e in
Italia. Lo scopo è quello di una maggiore diffusione
dei servizi sanitari ultra-specialistici sostenibili dal
punto di vista economico e mirati alla prevenzione
di interventi più costosi e più invasivi mediante
tecnologie basate sulla precisione della diagnosi,
sull’ortobiologia, sull’intelligenza artificiale e sulla
robotica per la riabilitazione”.
Quali sono i centri a cui rivolgersi?
“La città di Milano è la prima area di erogazione del
servizio con confronti operativi nelle problematiche
specifiche con le eccellenze del modello sanitario
lombardo per una maggiore implementazione del
modello Happy Knee Clinics. L’obiettivo è quello di
aprire un centro Happy Knee Clinics in ogni regione
d’Italia e nelle maggiori provincie. Abbiamo
recentemente sviluppato delle sinergie operative
con Mutua Mba, una delle più grandi società di
mutuo soccorso presenti sul panorama della Sanità
Integrativa, per attivare il primo centro HKC a Roma
unitamente ad un network di centri di diagnosi
avanzata”.
Qual è la procedura del modello Happy knee
Clinics?
“Si sviluppa in tre fasi: la visita clinica ultra-
specialistica eseguita da un ortopedico esperto
10 | Health Online 30
nelle tecniche di ortobiologia e medicina
rigenerativa; la Diagnosi Radiologica di Precisione
con algoritmi di Intelligenza Artificiale per analizzare
approfonditamente le immagini (Machine- e Deep-
Learning)edunavisualizzazionedipiùdi150variabili.
Il protocollo di Diagnosi avanzata di precisione
prevede una serie di radiografie di precisione.
Dopo la valutazione diagnostica se dovesse esserci
esito positivo al paziente verrà proposta la Terapia
Rigenerativa mirata minimamente invasiva”.
La fase della diagnosi radiologica di precisione
è quindi molto importante perché consente allo
specialista di valutare se il paziente rientra nei criteri
diinclusioneperuneventualeproceduradiMedicina
Rigenerativa identificandone, nel contempo, quella
più adatta. Il paziente, dopo la valutazione clinica,
si sottoporrà a esami di diagnostica per immagini
che prevedono l’esecuzione di tre proiezioni
radiografiche e di una risonanza magnetica del
ginocchio.
“Sulla base delle immagini acquisite - ha spiegato
il dott. Alberto Zerbi, Responsabile Area
Scientifica Diagnostica per Immagini e Deep-
Learning-Assisted Diagnosis che ha contribuito
a sviluppare il Protocollo Diagnostico del
Ginocchio HKC - il radiologo provvederà a stilare
un referto approfondito, analizzando le variabili
previste dal Protocollo per il Referto Diagnostico
del Ginocchio HKC, che consentono di identificare
e di valutare con precisione eventuali lesioni delle
ossa, dei legamenti, dei menischi e della cartilagine,
quantificandone il grado di degenerazione.
Il radiologo sarà così in grado di fornire un referto
avanzato e di precisione, strumento fondamentale
per raggiungere la migliore integrazione tra i dati
clinici e strumentali per la più precisa, mirata e
personalizzata indicazione terapeutica”.
Nel caso in cui la diagnosi dovesse confermare
delle lesioni e la degenerazione avanzata delle
cartilagini del ginocchio, cosa fare?
Ad oggi i principali interventi proposti sono la
chirurgia artroscopica e protesica ma grazie ai
progressi scientifici che hanno portato l’avvento
della medicina rigenerativa è possibile ricostruire
e rigenerare i tessuti malati o danneggiati senza
ricorrere ad un intervento chirurgico invasivo.
“In generale la Medicina Rigenerativa - ha
puntualizzato il dott. Sergio Ortolani Responsabile
Scientifico Area Clinica HKC - rappresenta
certamente un’opportunità di trattamento, ma fino
ad oggi non essendo regolamentata con protocolli
applicativiprecisicisiaffidavaalla“bestpractice”del
medico curante. I protocolli di Happy Knee Clinics
invece, supportati da un costante avanzamento
della diagnosi di precisione, hanno come obiettivi,
oltre a migliorare la determinazione della patologia
e la valutazione dell’esatto grado di degenerazione
dei tessuti, anche porre il paziente al centro del
percorso diagnostico e terapeutico incentivando un
suo maggior coinvolgimento nelle problematiche
del ginocchio e portando il paziente stesso a
discutere, comprendere ed analizzare criticamente
le azioni proposte dal medico curante”.
Dott. Ortolani, come avviene il trattamento?
“E’ una procedura dalla durata di circa 1 ora e viene
eseguita in anestesia locale. Il trattamento prevede
il prelievo di sangue periferico o di tessuto adiposo
Dott. Alberto Zerbi Dott. Sergio Ortolani
www.healthonline.it | 11
che, a seguito di una filtrazione, viene iniettato nel
distretto anatomico affetto da patologia. Il paziente
vienedimessoqualcheoradopoiltrattamentoepuò
tornare alla propria quotidianità immediatamente.
Nella maggior parte dei casi non è prevista una
riabilitazione specifica”.
Quali sono i vantaggi del modello Happy Knee
Clinics?
“Il vantaggio principale della terapia rigenerativa
personalizzata è quello di rimandare il più possibile
l’intervento chirurgico invasivo e l’impianto della
protesi.E’possibileadottareanchepreventivamente
-in special modo con la diagnostica di precisione-
per la “verifica e manutenzione” delle proprie
ginocchia ed è particolarmente indicato per gli
sportivi”.
Ci saranno ulteriori campi di applicazione del
modello Happy Knee Clinics?
“Sì, verranno implementate altre aree articolari
come la caviglia, il gomito, il polso, la spalla, l’anca
e le spine”.
Per le malattie degenerative del ginocchio, e
presto anche per le altre articolazioni del corpo,
l’esattezza diagnostica, i tempi estremamente
rapidi delle soluzioni non invasive selezionate dalla
care coordinator
Ad ogni paziente viene assegnato un Coordinatore,
il CARE COORDINATOR, che seguirà il paziente
nelle varie fasi del processo diagnostico, clinico e
di follow-up.
Il CARE-COORDINATOR non sostituisce il medico,
il professionista sanitario o la struttura, ma si
interpone tra il paziente e l’organizzazione sanitaria
per favorirne l’accessibilità del paziente nelle
diverse dinamiche e percorsi sanitari.
Il CARE-COORDINATOR serve a:
•	 Comprendere e identificare, assieme al
paziente, in chiave preventiva le singole
necessità e bisogni
•	 Stabilire con precisione il percorso per
analizzare lo stato di salute del paziente
•	 Assistere il paziente nel percorso del Protocollo
Happy Knee Clinics indicato dallo specialista
•	 Favorire la gestione delle visite di Follow-up e
la qualità del percorso
ricerca HCK hanno dato origine al modello Happy
Knee Clinics che rende concretamente possibile il
miglioramento della qualità del vita del paziente,
eliminando il dolore, recuperando la funzionalità
dell’articolazione nonché rimandare nel tempo un
eventuale intervento di chirurgia protesica.
12 | Health Online 30
Occhio al calendario della fioritura, soprattutto se
soggetti ad allergie primaverili. È questo il consiglio
che esperti di allergologia dispensano in vista
della stagione dei pollini che, se da un lato regala
panorami mozzafiato, dall’altra potrebbe scatenare
gravi crisi respiratorie che in alcuni soggetti possono
richiedere addirittura assistenza rianimatoria per
rischio di morte. Quattro italiani su dieci soffrono di
allergie primaverili, con sintomi che iniziano molto
precocemente nel caso di pollinosi da nocciolo
e cipresso, a cui seguono pollinosi ancora più
insidiose come le sensibilizzazioni alle graminacee
e al polline di parietaria. Secondo un’indagine
realizzata dall’Anifa, l’associazione nazionale
dell’industria farmaceutica dell’automedicazione, la
fioritura delle piante rende la primavera la stagione
dei raffreddori: gli starnuti colpiscono un’ampia
fascia di popolazione e per chi è vittima di allergie,
nel periodo di impollinazione, non c’è via di scampo
nell’arco di tutta la giornata. Quest’anno inoltre
la situazione assume contorni più preoccupanti a
causa di temperature elevate mantenute per lunghi
periodi che hanno portato a veri e propri picchi
da record di impollinazione. Diversi studi hanno
dimostrato, inoltre, che l’inquinamento atmosferico
accentua l’insorgenza di allergie e può favorire
l’aumento dei disturbi allergici. Lo sostiene anche il
dottore Beniamino Praticò specialista in malattie
dell’apparato respiratorio e in malattie infettive e
da poco nominato direttore dell’Unità Operativa
di Medicina Interna dell’ospedale Bufalini di
Cesena e del Marconi di Cesenatico.
Dottor Praticò che cosa intende quando parla di
“picchi di polline”?
In questo momento i calendari pollinici dimostrano
che questo è stato un anno eccezionale a causa
delle prolungate temperature al di sopra delle
medie stagionali che hanno portato a picchi
particolarmente elevati di fioritura pollinica.
I pazienti, questa “straordinarietà climatica”,
l’hanno avvertita in maniera decisa grazie all’alta
pressione persistente di fine febbraio. Alta
pressione atmosferica in primavera, inquinamento e
impollinazione vanno sempre più a braccetto: l’alta
pressione atmosferica schiaccia gli strati più bassi
dell’atmosfera provocando un incremento degli
inquinanti (polveri sottili, ozono, ossido nitrico,
CO2) che a loro volta determinano un’incrementata
espressione delle proteine allergeniche di cui sono
costituiti i pollini. Tutto questo genera una maggior
incidenza di disturbi respiratori sia per gli aumentati
livelli di polveri sottili che possono causare malattie
dellevierespiratorieedelsistemacardiocircolatorio,
sia per l’incrementata allergenicità dei pollini che,
nei pazienti sensibilizzati, diventano particolarmente
“aggressivi”.
Pertanto, allergie e inquinamento ambientale
interagiscono?
A febbraio quando c’è stato il picco dell’alta
pressione atmosferica e delle temperature elevate
abbiamo raggiunto in molte città, livelli di Pm10
superiori a 50 mcg per metro cubo. La relazione
fra livelli di inquinamento ambientale da polveri
sottili e incidenza delle malattie dell’apparato
respiratorio, è una delle evidenze più consolidate
degli ultimi decenni. Non è un caso che Greta
Thunberg, la sedicenne attivista svedese per
lo sviluppo sostenibile, si opponga in maniera
decisa nei confronti dell’effetto serra che è causa
dei cambiamenti climatici di cui siamo oggi tutti
testimoni. Questa giovane ragazzina ha richiamato
l’attenzione sul tema della difesa dell’ambiente
consapevole che per garantire un futuro vivibile sul
nostro pianeta sia troppo importante tenere alta
l’attenzione su queste tematiche.
Stagione dei pollini tra asma e rinite
A colloquio con l’allergologo Beniamino Praticò
Attualità di Alessandro Notarnicola
Dott. Beniamino Praticò
www.healthonline.it | 13
Quali sono dunque le problematiche respiratorie
con cui devono fare i conti i pazienti?
Oltre a comuni starnuti, naso ostruito con scolo
nasale, occhi rossi, lacrimazione, i pazienti
sperimentano tosse secca e difficoltà a respirare e a
riposare di notte; tali sintomi vengono sperimentati
fino al 30-40% degli italiani. Le riniti, vere e proprie
irritazioni della mucosa, e le congiuntiviti che sono
la causa più frequente di “occhio rosso”, sono il
risultato di un’infiammazione dello strato mucoso
più esterno che riveste sia le cavità nasali sia la sclera
dell’occhio e la superficie interna della palpebra. La
causa, come sottolineavo parlando del legame tra
allergie e inquinamento, può essere ricondotta agli
elevati livelli di Pm10 e/o all’aumentata potenzialità
del potere allergenico dei pollini che sviluppano
livelli elevati di “infiammazione” a livello delle
mucose.
Per quanto riguarda l’asma?
Rispetto ai pazienti rinitici, un numero inferiore di
pazienti, circa il 7% della popolazione, soffre di
asma. Chi presenta un’asma da pollini necessita
di un trattamento farmacologico perché questa
potrebbe essere una patologia con sintomatologia
clinica anche estremamente grave e in alcuni casi
addirittura fatale. Le persone che presentano
sintomi di asma da polline dovrebbero avere
familiarità con i “calendari pollinici”, conoscere
cioè quali sono i periodi di fioritura delle piante a
cui sono allergiche così da evitare il più possibile
di trovarsi esposti ad alte concentrazioni di
pollini nell’aria. Chi è allergico alle graminacee,
ad esempio, dovrà astenersi dal passeggiare
o svolgere attività fisica nei prati, per quanto
possibile, nelle fasi in cui si registra un picco
pollinico.
14 | Health Online 30
Secondo alcuni le allergie andrebbero curate con
pratiche omeopatiche. Lei cosa ne pensa?
In termini di efficacia la terapia farmacologica riesce
ad ottenere un controllo migliore dei sintomi. Molte
cure omeopatiche hanno effetti simili ai farmaci
tradizionali. Non sono contrario all’omeopatia, ma
raccomando sempre che l’obiettivo terapeutico sia
il controllo pieno della sintomatologia.
La ricerca a tal proposito a che punto è arrivata?
Esistonoformepiùgravidiasmachenonrispondono
alle terapie farmacologiche convenzionali. L’asma
graveèunaformachepersuanaturanonrispondead
alcuna cura farmacologica. Da alcuni anni, in questi
casi, abbiamo a disposizione farmaci “biologici”
che attraverso meccanismi immunologici, bloccano
gli anticorpi responsabili dell’allergia o riducono le
cellule del nostro sangue, responsabili di allergie.
Infine, se un bambino presenta allergie come
devono muoversi i genitori?
Nel meccanismo immunoallergico c’è sempre una
componente di tipo genetico/familiare. Uno dei
genitori del piccolo che presenta sintomi di allergia
è necessariamente affetto o “portatore” del gene
che determina problematiche allergologiche. In
questa tipologia di famiglie bisogna sottoporre
il bambino a indagini allergologiche precoci per
ottenere una diagnostica tempestiva. Conoscere il
prima possibile l’assetto immunologico e il livello di
sensibilizzazione del bambino ci permette di attuare
terapie preventive efficaci. Nei pazienti intensamente
sensibilizzati a pollini anche se il piccolo paziente
non manifesta sintomi particolari bisognerebbe
ridurre l’esposizione agli ambienti esterni nei periodi
in cui i calendari pollinici evidenziano picchi elevati
dell’allergene responsabile.
www.healthonline.it | 15
Health Italia S.p.A. nasce dalla volontà di alcuni imprenditori fortemente convinti che la salute e il benessere della persona
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forza di un popolo civile”
16 | Health Online 30
Amianto, il killer silenzioso continua
a uccidere
Ne parliamo con il prof. Mauro Tognon e il dott. Fabrizio Facchini
Attualità di Marilena Falcone
AMIANTO:
COS’È, DOVE DI TROVA, CHI È A RISCHIO
Amianto, o asbesto, è il nome dato a un gruppo di
mineralifibrosinaturalmentepresentinell’ambiente.
È formato da fibre estremamente sottili e separabili,
inodori e insapori, che non si dissolvono in acqua
né evaporano e sono resistenti a calore, fuoco
e alla degradazione fisica e chimica. Proprio per
queste proprietà all’amianto nell’antichità venivano
addirittura attribuiti poteri magici ed è sempre
stato scavato e utilizzato fino in epoca moderna in
una grande varietà di prodotti, in particolare:
•	 Materiali da costruzione (isolamenti, mattonelle
e piastrelle per soffitti e pavimentazione,
cartongesso, tegole e cementi)
•	 Sistemi automobilistici (freni e frizioni)
•	 Stoffe resistenti al calore
Le fibre possono disperdersi nell’ambiente per
azione degli agenti atmosferici sui depositi naturali
o per usura di prodotti manifatturieri, rimanere
sospese ed essere trasportate da venti o correnti
d’acqua, anche per lunghi periodi di tempo e a
grandi distanze, mantenendosi invariate dal punto
di vista chimico. Se inalate, possono rimanere
intrappolate nei polmoni, accumulandosi nel
tempo.
I minerali di amianto possono quindi essere presenti
ovunque nell’ambiente, sia in forma di depositi
naturali che come contaminanti di altri minerali.
Le zone all’aperto nelle quali si rilevano
concentrazioni di fibre di amianto ritenute
pericolose per l’uomo sono:
•	 cave o fabbriche di amianto
•	 vicinanze di edifici contenenti materiali con
amianto in via di demolizione o manutenzione
•	 aree di smaltimento e stoccaggio non
adeguatamente protette per evitare l’azione
erosiva del vento.
Al chiuso, la pericolosità delle concentrazioni
dipende dall’utilizzo effettuato (isolamento,
pavimentazioni, soffitti o altro) e dalle condizioni di
conservazione dei materiali.
La principale probabilità di esposizione all’amianto
è costituita dall’inalazione delle fibre sospese in
aria, derivanti sia dai depositi naturali sia dall’usura
o dalla manomissione di prodotti manifatturieri;
è minore, ma comunque non trascurabile, in caso
di ingestione; ridotta per via transdermica. Le
categorie maggiormente a rischio sono:
•	 chi lavora o ha lavorato senza le adeguate
protezioni direttamente con amianto o prodotti
contenenti amianto (minatori, professionisti del
settore edilizio, navale o meccanico e addetti al
trasporto e allo smaltimento)
•	 responsabili della manutenzione o custodi di
edifici mal conservati
•	 chiutilizzaprodottiabasedivermicoliteespansa
e talco, inclusa la popolazione generale, a causa
della probabile contaminazione fra minerali
•	 persone entrate a contatto indiretto con il
minerale, per esempio nel caso di lavaggi
effettuati regolarmente in casa delle tute da
operaio ricoperte delle pericolose polveri, con
inevitabile effetto a catena su familiari e parenti.
In Italia, un sito utile per conoscere le aree a maggior
rischio di contaminazione è quello di Sportello
Amianto, che raccoglie le mappature al momento
disponibili tratte dai dati sinora raccolti dal
censimento tuttora in corso svolto congiuntamente
dalle varie sedi ARPA (Agenzie Regionali per la
Protezione Ambientale), dalle ASL, dalle regioni e
dai comuni.
FONTI:
1.https://geograficamente.wordpress.com/2017/10/12/
lamianto-che-uccide-i-figli-20-30-anni-dopo-a-monfalcone-ce-
un-salto-generazionale-sulle-malattie-da-amianto-dolorosa-
prova-che-gli-errori-del-passato/
2.https://monographs.iarc.fr/wp-content/uploads/2018/06/
mono100C-11.pdf
3. www.sportelloamianto.com
www.healthonline.it | 17
“È oramai risaputo che la polvere di amianto è una
delle polveri più pericolose alle quali l’essere umano
possa essere esposto”. Queste parole, espresse
chiaramente nella lettera inviata al colosso Eagle
Picher dall’US Bureau of Mines, all’epoca l’Ufficio
delle Miniere degli Stati Uniti, risalgono addirittura
al 1932.
Eppure, il primo bando al mondo contro l’amianto
avvenne solo nel 1983, in Islanda, e a seguire in
diverse altre nazioni fra cui l’Italia nel 1992. Malgrado
i vari interventi legislativi, a distanza di decenni, cifre
e statistiche sulle morti causate dall’esposizione
all’amianto sono ancora impressionanti ovunque,
non soltanto in quei Paesi nei quali il minerale
continua a essere regolarmente estratto, lavorato e
utilizzato.
Ciò è ben evidenziato nel recentissimo studio
‘Global Asbestos Disaster’, frutto di una
collaborazione internazionale che ha coinvolto
anche l’INAIL. Lo studio mostra chiaramente la
tendenza inarrestabile dei decessi ritenuti correlati
all’amianto anche lì dove da tempo sono state
introdotte normative specifiche, incluse quelle
vòlte a gestirne lo smaltimento: in tutto il mondo,
l’amianto provoca oggi circa 255.000 morti l’anno,
delle quali 233.000 dovute all’esposizione pregressa
per motivi professionali e circa 22.000 per motivi non
direttamente professionali. Dei decessi accertati,
oltre 5.000 avvengono annualmente in Italia (fonte:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29772681).
Sono tanti allora i dubbi che sorgono quando si
parla di “pericolo amianto”.
Quali sono le patologie ad esso correlate?
Chi e dopo quanto tempo dall’esposizione si
ammala?
Qual è il progresso della medicina in termini di
prevenzione, diagnosi e terapie?
Per rispondere a queste domande in occasione della
Giornata Mondiale delle Vittime dell’Amianto che
ricorre il 28 aprile, HealthOnline, il primo magazine
italiano sulla sanità integrativa del gruppo Health
Italia SpA, ha contattato il professor Mauro Tognon
dell’Università degli Studi di Ferrara, ricercatore
della ‘Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro’
(www.airc.it) sul mesotelioma maligno della
pleura, e il dottor Fabrizio Facchini, direttore
del Dipartimento di Pneumologia presso un
ospedale poli-specialistico semi-governativo e
centro di ricerca e insegnamento a Dubai.
Dottor Facchini, iniziamo inquadrando la
situazione dal punto di vista medico: quali sono
le principali patologie dell’apparato respiratorio
legate all’amianto?
L’inalazione della polvere che contiene fibre di
amianto comporta il rischio di sviluppare malattie
sia del polmone che del tessuto che riveste il
polmone chiamato pleura.
In particolare, le particelle della polvere
dell’amianto che raggiungo il polmone vengono
riconosciute dall’organismo come particelle
estranee all’organismo e come tali il sistema di
difesa, chiamato sistema immunitario, cerca di
distruggerle per poterle eliminare. Questa azione
viene frustrata dal fatto che le particelle dell’amianto
sono essenzialmente indistruttibili per il sistema
immunitario. Le cellule deputate a questa azione di
pulizia/distruzione sono principalmente i macrofagi
(letteralmente grandi mangiatori), i quali possono
rimanere nel polmone o migrare verso la superficie
del polmone lungo le autostrade del sistema
immunitario, chiamate vie linfatiche, raggiungendo
la pleura.
Per meccanismi ancora non completamente
conosciuti, in alcune persone la reazione del nostro
sistema immunitario può portare allo sviluppo di
cicatrici che a volte si calcificano sulla superficie del
polmone chiamate placche pleuriche. Le placche
pleuriche non sono pericolose per la salute,
ma rappresentano una caratteristica distintiva
dell’esposizione all’amianto.
Altre volte provocano una reazione della pleura
Dott. Fabrizio Facchini
18 | Health Online 30
che comporta l’accumulo di fluido tra i foglietti
pleurici della parete toracica e quello del polmone,
chiamato effusione pleurica o pleurite effusiva, che
può causare difficoltà respiratoria occupando lo
spazio originariamente occupato dal polmone.
Nel tessuto del polmone, la battaglia contro le
fibre dell’amianto può produrre una reazione
chiamata asbestosi polmonare che, aggravandosi,
gradualmente determina una riduzione delle
capacità respiratorie, la sindrome respiratoria
restrittiva, caratterizzata da affaticamento
respiratorio soprattutto sotto sforzo e che nei casi
più importanti può richiedere la supplementazione
di ossigeno (ossigenoterapia).
Infine il continuo frustrato tentativo di eliminare
le fibre di amianto rischia di indurre danno
delle strutture del DNA cellulare, la molecola
fondamentale per riprodurre le cellule del nostro
organismo e deposito delle nostre caratteristiche
ereditarie. Quando avviene, ciò comporta un
aumentato rischio del tumore maligno del polmone
o carcinoma polmonare, e del tumore maligno della
pleura, o mesotelioma.
Dopo quanto tempo dall’esposizione possono
manifestarsi queste patologie?
Le malattie respiratorie legate all’asbesto
richiedono un tempo lungo di sviluppo, in genere
da 5-6 anni per le patologie benigne (placche
pleuriche) e relativamente benigne (effusione
pleurica), mentre può richiedere sino a circa 15-30
anni per le patologie maligne. Questi tempi sono
inversamente proporzionali all’esposizione, ossia
maggiore è la quantità di fibre respirate, più breve
è il tempo che intercorre tra l’esposizione iniziale
e il riscontro di malattia (effusione polmonare,
asbestosi) o cancro pleuro-polmonari (carcinoma
polmonare e mesotelioma)
Qual è la quantità minima di amianto che, se
inalata, rappresenta un rischio reale per la salute?
Non esiste una soglia di sicurezza, perché anche
poche fibre che raggiungono e permangono nel
polmone o pleura possono innescare i meccanismi
di danno che producono le malattie polmonari.
Tuttavia è certo che maggiore è l’esposizione,
maggiore è il rischio. Si parla sempre di “rischio”
perché nel produrre la malattia certamente
concorrono molti aspetti che con molta probabilità
includono anche una predisposizione genetica.
È vero che i fumatori sono maggiormente
esposti?
Sì, i fumatori sono a maggiore rischio di sviluppare
lesioni e patologie respiratorie legate all’asbesto
perché il fumo di sigaretta danneggia e riduce
l’efficacia del principale e unico sistema di difesa
utile, ossia la rimozione meccanica delle fibre
dell’amianto dal nostro sistema respiratorio tramite
il trasporto verso l’esterno del muco bronchiale da
parte delle cilia bronchiali che rivestono le cellule
delle vie respiratorie, chiamato sistema di trasporto
mucoliare.
Inoltre, la combinazione di fumo di sigaretta ed
esposizione a fibre dell’amianto agisce come
moltiplicatore del rischio di sviluppare carcinoma
del polmone, che aumenta di ben 16 volte rispetto
al solo fumo di sigaretta, se si è esposti a più di
20 sigarette al giorno, e 9 volte più frequente nei
fumatori che consumano meno di venti sigarette al
giorno. In definitiva, se l’esposizione alle “sole fibre
www.healthonline.it | 19
dell’amianto” produce un incremento del rischio
del carcinoma del polmone di 6 volte, mentre
l’esposizione al “solo fumo di sigarette” produce
un aumento del rischio di carcinoma polmonare
di 11 volte, la combinazione di esposizione a fibre
dell’amianto e fumo di sigaretta comporta un
aumento del rischio di carcinoma polmonare di ben
59 volte!
Esistono metodologie di prevenzione efficaci?
Come evidenziato all’inizio (riquadro introduttivo),
la migliore prevenzione è quella ambientale, ossia
l’adozione di misure che riducano o aboliscano
l’utilizzo delle fibre dell’amianto nelle manifatture
umane. Purtroppo ad oggi la legislazione
sull’amianto nel mondo è carente in molti paesi;
inoltre l’amianto è ancora consentito in alcuni
prodotti come i freni delle auto e prodotti ignifughi.
In aggiunta, molti capannoni ed edifici privati
e pubblici contengono strutture edilizie con
componenti di amianto, il cui rischio aumenta con
la degradazione nel tempo delle strutture stesse.
Infine l’esposizione si verifica quando si è esposti
a prodotti già presenti nell’ambiente come nei
lavoratori di miniere e gallerie di rocce contenenti
amianto e nei soggetti addetti alla rimozione di
strutture e pannelli contenenti amianto.
Quando si conosce il rischio di esposizione, come
nei lavoratori addetti alla rimozione delle strutture
contenenti amianto, si possono adottare dispositivi
di prevenzione dell’inalazione diretta e di “raccolta”
nei vestiti o superficie del corpo delle fibre, che
rischierebbero altrimenti di essere inalate in tempi
successivi.
Quali sono le terapie attualmente disponibili, e
con quali esiti?
Le patologie benigne, ossia le placche pleuriche,
non richiedono alcun intervento terapeutico. Anche
la stessa effusione polmonare può non necessitare
20 | Health Online 30
di alcuna terapia, perché in genere si auto-risolve
nel giro di alcuni mesi. In casi particolari, quando
la effusione polmonare é quantitativamente
significativa, è possibile aspirare il fluido raccolto
consentendo la ri-espansione polmonare.
L’asbestosi polmonare non ha attualmente alcun
trattamento efficace riconosciuto, ma in genere
il suo decorso è molto lento e le terapie possibili
sono quelle di supporto ai sintomi.
Le malattie tumorali maligne vengono trattate
indipendentemente dal fatto che siano state
causate dall’amianto. Ad oggi il trattamento
chirurgico è limitato, sia nel caso del carcinoma
polmonare che nel caso del mesotelioma, nelle
malattie diagnosticate in fase iniziale o fase
limitata, mentre le forme più avanzate richiedono
un trattamento con radioterapia, chemioterapia o
combinato radio- chemioterapico.
Le ricerche come quelle del professor Tognon
sicuramente portano un contributo importante
sia da un punto di vista di una diagnosi il più
precocemente possibile, che per un miglioramento
dell’efficacia delle terapie disponibili.
Dottor Facchini, un’ultima domanda prima di
passare la parola proprio al professor Tognon: ci
sono situazioni particolari con le quali si è trovato
a contatto nel corso della sua professione di
medico?
Per mia fortuna sono diventato medico, e poi
pneumologo, in un’epoca in cui la legislazione
riconosceva il rischio dei prodotti dell’amianto e ne
aveva fermato l’esposizione.
In ambito sanitario il rischio maggiore lo hanno
corso i colleghi della Medicina del Lavoro, piuttosto
che i pneumologi. Sia per il fatto che spesso hanno
lavorato negli stessi ambienti dei lavoratori esposti
all’amianto, sia per il fatto che le fibre dell’amianto
www.healthonline.it | 21
possono essere respirate indirettamente dalle
superficie esposte alla polvere dell’amianto, come i
vestiti e persino barba e capelli dei lavoratori.
In letteratura scientifica sono noti i casi di famigliari
di lavoratori esposti all’amianto che hanno contratto
le malattie respiratorie legate all’amianto avendo
respirato le fibre trasportate dai loro vestiti.
Professor Tognon, passiamo dunque alle
prospettive future: il dottor Facchini ha citato
le sue ricerche come contributo importante per
arrivare a diagnosi precoci e terapie efficaci.
Qual è in tal senso la situazione attuale e cosa si
delinea nel breve, medio e lungo termine?
Relativamente alla diagnosi, ad oggi non ci sono
saggi specifici standardizzati e accettati dai
laboratori che si occupano di verificare l’avvenuta
esposizione da amianto. Tuttavia, l’indagine
lavorativa (anamnesi, ricostruzione dell’attività
svolta dal lavoratore, sopralluoghi nelle aziende o
recupero di documentazione di aziende non più
esistenti, ecc.) è di grande aiuto assieme ad alcuni
dati clinici (esempio placche pleuriche in soggetti
con anamnesi positiva per esposizione ad asbesto).
Ci può essere anche il riscontro di fibre di asbesto in
tessuto polmonare e/o pleurico (ciò, però, richiede
metodiche invasive: biopsia e altro). Quanto alle
terapie, le attuali tecniche chirurgiche hanno fatto
qualche progresso. Ad oggi la prognosi rimane
però drammaticamente infausta.
Le ricerche da noi programmate, assieme ai
colleghi di Medicina del Lavoro e Oncologia,
dovrebbero nel breve futuro consentirci di svelare,
nel siero dei pazienti e dei lavoratori ex-esposti
all’amianto, dei marcatori specifici di malattia e
predittivi di insorgenza del mesotelioma maligno
della pleura. Tali marcatori denominati microRNA
sono dosabili nel siero e potrebbero diventare
delle “spie” che si accendono durante l’insorgenza
e progressione del mesotelioma maligno della
pleura e consentirebbero una diagnosi precoce,
che attualmente non si riesce ad eseguire per
assenza di segni clinici della malattia. Per gli
ex-lavoratori esposti all’amianto tali marcatori
potrebbero aiutare ad individuare quella
percentuale, compresa tra il 1% e 10%, di pazienti in
cui insorgerà il tumore. Questo approccio potrebbe
consentire di monitorare nel tempo gli ex-lavoratori
esposti all’amianto e verificare chi è a rischio di
insorgenza del tumore. Le attuali verifiche basate
su schermografia al torace e spirometria sono poco
Prof. Mauro Tognon
o nulla efficaci nell’identificare l’insorgenza del
tumore.
Per il futuro, con i colleghi patologi generali e
chirurghi toracici, abbiamo proposto una tecnica
chirurgia innovativa che prevede la sperimentazione
nei ratti di una metodica denominata perfusione. In
breve, abbiamo previsto di far circolare nello spazio
pleurico una soluzione fisiologica arricchita di calcio
e chemioterapici. Tale approccio è suggerito dalla
scoperta che le cellule del mesotelioma trattate
con chemioterapici, a causa della carenza del
calcio intracellulare, non vanno in apoptosi, vale a
dire non muoiono. Di recente abbiamo verificato
sperimentalmente che le cellule di mesotelioma
arricchite di calcio e trattate con chemioterapici
vanno in apoptosi. Se questo approccio dovesse
funzionare anche in vivo potremmo trattare i
pazienti affetti da mesotelioma maligno della
pleura con questa metodica innovativa per la cura
di questo tumore, ad oggi ancora fatale.
Un ulteriore approccio lo stiamo sperimentando
con i colleghi farmacologi e patologi clinici sulle
cellule del mesotelioma maligno della pleura con
farmaci/composti innovativi contro specifiche
proteine di membrana. Le loro attività in vitro e nei
roditori hanno dato buoni risultati preliminari.
Nell’attesa quindi che la ricerca porti i risultati
auspicati, ringraziamo il professor Tognon e il
dottor Facchini per la disponibilità nel delineare la
delicata situazione relativa agli effetti sulla salute
dell’amianto per i lettori di Health Online.
22 | Health Online 30
Le Società di mutuo soccorso sono le prime libere
organizzazioni che fin dall’origine, su base volontaria,
hanno creato forme di tutela dei lavoratori e dei
cittadini rappresentando una prima espressione di
welfare generativo e co-partecipato tra i soggetti
coinvolti. Il rapporto tra i soci è regolato da un patto
che definisce vantaggi e obblighi reciproci. Questo
patto, libero e volontario, si chiama mutualità e lo
scambio mutualistico è il mezzo attraverso il quale
operano le società di mutuo soccorso. Il modello
offerto oggi dalle SMS è molto attuale e in forte
crescita anche in ambito socio sanitario in quanto
risponde ai bisogni dei cittadini offrendo servizi
sanitari integrativi del Sistema Sanitario Nazionale
per salvaguardare e migliorare la qualità della vita
degli associati.
In questo contesto è stata presentata, il 10 Aprile,
presso la Camera Dei Deputati, la II Indagine
Nazionale sulle Società di Mutuo Soccorso,
realizzata dall’Associazione Isnet - costituita nel
2007 che dialoga con un network di 1234 enti del
terzo settore con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo
delle imprese sociali - in collaborazione con la
Federazione Italiana della Mutualità Integrativa
L’IMPORTANZA DEL RUOLO DELLE SOCIETà
DI MUTUO SOCCORSO IN AMBITO SOCIO
SANITARIO
L’intervento di Luciano Dragonetti Vice Presidente ANSI
In evidenza di Nicoletta Mele
Volontaria (FIMIV), Confcooperative Sanità e
l’Associazione Nazionale Sanità Integrativa e
Welfare (ANSI) ente no profit, fondato nel 2011 da
alcune primarie società generali di mutuo soccorso
e casse di assistenza sanitaria, come risposta al
bisogno di aggregazione e di rappresentatività nel
settore della sanità integrativa italiana.
La 1a
indagine Nazionale sulle Società di Mutuo
Soccorso è stata realizzata nel luglio del 2016 dove
è stato evidenziato, sulla base di dati qualitativi e
quantitativi raccolti su tutto il territorio, un quadro
delle Società di Mutuo Soccorso moderne in Italia.
Particolare attenzione è stata data ai cambiamenti
generati dalla riforma del 2012; ne è emersa una
realtà viva e variegata, che certamente affonda le sue
radici nel passato ma che guarda al futuro.
Dalla II ricerca Nazionale sulle Società del Mutuo
Soccorso, che ha costituito il primo Panel nazionale
sulle SMS, sono emersi ulteriori dati significativi:
nell’ultimo anno sono state erogate prestazioni e
sussidi socio sanitari e assistenziali ai propri soci
beneficiari per un valore complessivo di 141 milioni
di euro pari al 63,3% dei contributi raccolti; il 42% di
SMS prevedono incrementi della base associativa,
mentre il 61% delle organizzazioni svolge attività
socio sanitaria.
“L’indagine ISNET - ha dichiarato Luciano Dragonetti
Vice presidente ANSI - è la conferma della presenza
sul territorio delle SMS che svolgono funzione di
vicinanza alla persona. Le SMS sono gli unici enti
che garantiscono assistenza per tutta la vita, sono
state il vettore del progresso in una epoca povera di
welfare, povera di previdenza e di diritti costituzionali.
Oggi sono un veicolo di buone abitudini che
fanno riscoprire valori come la partecipazione, la
condivisione, l’appartenenza”.
In questa seconda indagine è anche emerso il
numero crescente di adesioni dei soci, elemento
che come ha spiegato Dragonetti “vuole essere
indicativo rispetto all’importanza che il legislatore
dovrebbe maggiormente riporre verso la mutualità.
Luciano Dragonetti
www.healthonline.it | 23
Siamo stati onorati di aver contribuito come ANSI,
in questi due anni, all’indagine vuole essere un
riconoscimento ad una associazione indipendente
che sempre più sta rappresentando i diritti del mutuo
soccorso nazionale”.
Tantiivantaggidellaformulamutualistica“Inassoluto
il primo vantaggio - ha detto il Vice Presidente ANSI
- è l’assenza dei fini di lucro, questo significa che gli
utili che genera la mutua possono essere solo investiti
sui soci o sui servizi per i soci. Non vi è un premio
che si differenzia in base al rischio della persona
(quello anagrafico è il più rilevante) ma un contributo
indipendente ed in cambio una assistenza globale
per la salute e per i bisogni sociali ed assistenziali.
Un altro vantaggio da evidenziare è l’incentivo fiscale
proprio delle mutue, il contrubito è infatti detraibile
per il 19% fino ad un max di € 1.300 annui”.
L’attivitàmutualistica,adifferenzadiquellasvoltadalle
assicurazioni, non ha scopo di lucro - regolamentata
dalla normativa che si fonda sulla legge del 15 Aprile
1886 n°3818 - offre agli aderenti prestazioni mediche
a costi agevolati, agisce in ottica cooperativistica e
mira a salvaguardare la salute e la qualità di vita dei
suoi associati.
La II ricerca realizzata dall’Associazione Isnet,
nell’ambito degli approfondimenti tematici
dell’Osservatorio nazionale sull’impresa sociale,
ha costituito il primo Panel nazionale sulle SMS
che offre la possibilità di fare analisi periodiche
e le verifiche dell’impatto sociale generato, utili
anche per le politiche e le azioni di governo. L’On.
Marialucia Lorefice Presidente della XII Commissione
Affari Sociali alla Camera, ha ricordato che in
Commissione è stata avviata un’indagine conoscitiva
sui Fondi Integrativi al Servizio Sanitario Nazionale
finalizzata ad approfondire la materia al fine di
valutare l’opportunità di un riordino della Sanità
Integrativa. Alla convocazione del 29 gennaio scorso
ha partecipato l’Associazione Nazionale Sanità
Integrativa e Welfare (ANSI) ed ha evidenziato
l’importanza del sistema mutualistico che oggi
sta garantendo prestazioni e servizi sanitari quale
secondo pilastro della sanità italiana, consentendo
alla sanità pubblica di liberare risorse economiche
da destinare alle fasce più deboli della popolazione.
“Aver partecipato all’indagine conoscitiva - ha
concluso Dragonetti - ci ha permesso di contribuire
attivamente, con contenuti concreti frutto del lavoro
quotidiano e della rilevazione costante delle nuove
esigenze della collettività, alla evidenza del valore
sociale e, quindi, della grande importanza che le
società di mutuo soccorso ricoprono per fronteggiare
ogni forma di arretratezza di stato. Le mutue infatti
possono prendersi carico delle esigenze sanitarie
di una persona anche oltre il perimetro del welfare
aziendale, quindi oltre l’attività lavorativa, oltre la
pensione, per tutta la vita. Tutto questo grazie al
principio fondante di una mutua, ovvero l’assenza
dei fini di lucro, l’assenza della selezione del rischio e
l’atteggiamento della collettività (soci, non clienti) a
vantaggio delle esigenze del singolo”.
Nessuna distinzione per numero di componenti della famiglia
Nessuna distinzione di età
Sussidi per Single o Nucleo familiare
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26 | Health Online 30
progetto di sensibilizzazione e informazione corretta
sul fenomeno che i media – ma anche i medici -
tendono a confondere con la depressione o con
la dipendenza da Internet. Ne abbiamo parlato
con il professore Elvis Mazzoni, Dipartimento di
Psicologia dell’Università degli studi di Bologna,
che insieme al psicoterapeuta Francesco Rasponi ha
fondato l’associazione “Psichedigitale” per lo studio
dell’interazione tra l’uomo e le tecnologie digitali.
“Cogliendo la gravità del problema abbiamo
avviato a Cesena il Centro d’Ascolto Psichedigitale
che offre ai genitori l’opportunità di un confronto
con professionisti per valutare le modalità di utilizzo
degli strumenti tecnologici (smartphone, tablet,
videogiochi, social) e i fattori personali che ne
favoriscono un uso improprio, un abuso o una vera
e propria dipendenza”. Nel suo primo anno di vita -
spiega Mazzoni - il Centro ha registrato una trentina
di consulenze.
Professore Mazzoni sempre più ragazzi tra gli 11
e i 15 anni diventano smartphone-dipendenti. Ci
sono delle responsabilità?
L’educazione la fa da padrona ed è l’aspetto più
importante su cui riflettere: se i genitori non sono
in grado di far comprendere ai bambini il corretto
utilizzo delle tecnologie loro crederanno che
questi strumenti debbano sempre essere presenti
nella vita in ogni ambito. Il problema sorge quando
i giovanissimi rovesciano quelle che dovrebbero
essere dinamiche di sviluppo e di controllo
proiettandole nella realtà online.
Cosa comporterebbe?
L’aspetto più problematico sarebbe un possibile
ritiro dalla vita sociale quotidiana accompagnato da
un progressivo isolamento. Così facendo le relazioni
sono vissute in maniera immediata e più diretta
senza quella rilevanza che si darebbe alle relazioni
reali che sembrano più complesse. Se chiediamo
a un adulto quanti amici ha nella vita ne conterà
pochissimi. Se rivolgiamo la stessa domanda a un
adolescente tirerà fuori cifre allucinanti.
I ragazzi sono consapevoli di questa dipendenza?
Schiavi delle tecnologie.
Aumentano gli hikikomori in Italia
Il professor Elvis Mazzoni: “Necessaria un’educazione civica dell’online
per arginare l’avanzata”
“Aiuto, mio figlio non esce più di casa”. Sono in
crescita le telefonate di allarme, e non meno di
denuncia, da parte di genitori spaventati dalla
reazione dei propri figli davanti ai variegati canali
digitali. Dal computer alla consolle, per finire sul
display di un comune smartphone, crescono in
Italia gli adolescenti indifferenti alla vita reale e
completamente dipendenti dalla realtà virtuale.
Si tratta degli hikikomori, giovani che smettono
di andare a scuola, non escono di casa (e a volte
nemmeno dalla propria stanza) e rifiutano il contatto
con amici, insegnati e parenti. In altre parole, si
isolano, come descrive bene il termine “stare in
disparte”, traduzione dell’appellativo giapponese
hikikomori.
Essendo un fenomeno dai recenti natali è ancora
difficile capire quanto sia diffuso in Italia. Alcune
stime però riportano almeno 100.000 casi.
Quel che è certo è che gli hikikomori vivono più a
Nord che a Sud, hanno un’età media di 20 anni e
sono perlopiù maschi. Sono questi alcuni dei primi
dati statistici raccolti da Marco Crepaldi, presidente
dell’associazione Hikikomori Italia che si occupa
dello studio del fenomeno e della creazione dei
una rete di conoscenza e supporto. Si tratta di un
Tecnologia e salute di Alessandro Notarnicola
Prof. Elvis Mazzoni
www.healthonline.it | 27
Lo sono. Nel corso di un meeting uno di loro ha
affermato di essere orfano di un’educazione civica
alla vita online. Ma insegnanti e genitori non sono
preparati a questa formazione perché hanno vissuto
nella generazione precedente, dove gli smartphone
erano inimmaginabili, pertanto non possiedono un
modello funzionale da proporre.
Cosa si dovrebbe fare?
Non nascondere la polvere sotto il tappeto come
si è sempre fatto ma discuterne. Stanno mancando
la comunicazione e l’interazione. Internet e gli
smartphone possono diventare un pretesto di
comunicazione e di punto di contatto tra genitori
e figli cosicché gli uni possano recuperare e gli altri
possano acquisire consapevolezza colmando quel
gap generazionale.
Un esempio pratico?
Stabilire di comune accordo delle regole sull’utilizzo
di questi strumenti in casa istituendo delle zone
“smartphone free” o “internet free” dove si discute
e basta mettendo da parte la tecnologia. Potrebbe
essere un buon punto di partenza.
Quali sono i numeri per quanto riguarda la vostra
area di studio?
La ricerca, pubblicata alcuni mesi fa e unica nel
suo genere nel panorama europeo dimostra che
sono 346 i casi segnalati dalle scuole nel 2017. 18 in
Emilia Romagna, 97 a Bologna, 68 a Modena e 54
a Reggio Emilia. Sono alunni che non frequentano,
spesso chiusi in casa per motivi psicologici. Ragazzi,
dai 13 ai 16 anni, nella delicata fase di passaggio
dalle medie alle superiori, che rifuggono la vita
sociale privilegiando quella virtuale della Rete.
Pochi sono i casi alla primaria, circa venti, e si tratta
di fobia scolare, condizione che non possiede,
o non possiede ancora, le condizioni per essere
definita come ritiro sociale. Questi dati sono,
tuttavia, sottostimati perché si riferiscono alle sole
segnalazioni dei docenti. Terminando a 16 anni
l’obbligo scolastico, potrebbero esserci ragazzi
ritirati o non iscritti.
28 | Health Online 30
concomitanza con il 99esimo congresso della
Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, in
Italia sono oltre 300.000 gli infortunati che per un
motivo o per l’altro finiscono ogni anno al Pronto
Soccorso per un trauma da sport.
Ma allora, fare sport fa bene o fa male?
Health Online, il primo magazine dedicato alla
sanità integrativa del gruppo Health Italia SpA, lo
ha chiesto al dottor Emiliano Grossi, fisioterapista
e specialista in Rieducazione posturale globale
presso i Centri di Fisioterapia di Roma e Bergamo
FisioClinic, incaricato dal prof. Ph. E. Souchard e
dall’Université de Thérapie Manuelle in Francia
come assistente alla formazione ufficiale italiana
Post-Universitaria in Rpg.
Buongiorno dottore. Facciamo un piccolo passo
indietro: brevemente, può spiegare in cosa
consiste la fisioterapia?
La fisioterapia è una branca della medicina
molto antica che prevede cure di tipo
naturale (“fisio” in greco è per l’appunto
“naturale”), ma che oggi si è molto evoluta in
tanti ambiti oltre il muscoloscheletrico, come
il neurologico, il viscerale, l’urologico, lo
pneumologico, solo per fare alcuni esempi.
In pratica in quasi ogni campo della medicina
moderna può essere previsto un approccio di
cure riabilitative o preventive attraverso l’adeguata
fisioterapia specialistica.
È importantesottolineare, agaranziadellasalutedel
cittadino, la recente istituzione dell’Albo nazionale
a cui tutti i fisioterapisti devono obbligatoriamente
essere iscritti.  Oggi questa scienza può essere
praticata esclusivamente da professionisti
che abbiano completato un percorso
universitario o titolo conseguito in tempi
precedenti, solo se reso equipollente e ritenuto
valido per l’iscrizione all’Albo stesso. 
Come si inquadra la fisioterapia in relazione alle
attività sportive svolte a diversi livelli nelle varie
fasce di età e capacità fisiche?
Quando penso al mio lavoro mi piace pensare che
sto somministrando al paziente (e allo sportivo)
un farmaco.
È importante scegliere la terapia adatta (in autonomia
La fisioterapia è il segreto per praticare
sport senza brutte sorprese
Incontriamo il dottor Emiliano Grossi, fisioterapista e specialista Rpg
Il 6 aprile si è celebrata la Giornata internazionale
dello sport per lo sviluppo e la pace. La data, scelta
in corrispondenza dell’anniversario dell’apertura
dei primi Giochi Olimpici dell’era moderna ad
Atene nel 1896, ha segnato per molti anche l’arrivo
reale della Primavera e, con essa, del desiderio di
prenderci cura di noi stessi ricominciando magari a
fare un po’ di sport dopo i lunghi mesi di pigrizia
invernale. Forse con qualche esagerazione, se,
come riporta l’ANSA nell’articolo intitolato “L’estate
si avvicina, 6 italiani su 10 ossessionati dallo sport”,
la preoccupazione maggiore di chi si lancia nelle
attività sportive in questo periodo si concentra
due punti: non riuscire a bruciare calorie in eccesso
(33%) e non rimettersi in forma per la fatidica prova
costume (25%). Ciò porterebbe, procede l’articolo,
a un rischio di dipendenza da attività fisica per
le migliaia di sportivi improvvisati che possono
ritrovarsi a praticare attività fisica in modo errato e
senza risultati, ma soprattutto in modo ossessivo.
Non solo. Anche quando non è mosso dalla ricerca
dell’estetica fine a se stessa, ma da quella del
benessere generale accompagnato da un po’ di
movimento all’aperto, il passaggio dalla settimana
bianca sugli sci ai campi di calcetto o allo jogging
nei parchi può essere traumatico. Letteralmente:
secondo lo studio Siot pubblicato nel 2014 in
Sport e benessere di Marilena Falcone
Dott. Emiliano Grossi
www.healthonline.it | 29
se è già stata fatta una diagnosi o in equipe con il
medico in caso contrario), ma anche la “posologia” è
fondamentale, ossia la frequenza di sedute.
Quindi, dallo sportivo occasionale a quello che
praticaunaattivitàfisicaconregolarità,daldilettante
al professionista, dal giovanissimo all’anziano
fino a quello con problemi specifici, tutti hanno
potenzialmente bisogno di essere seguiti da un
buonfisioterapista. Certamente, quandomi trovo a
seguire i professionisti dello sport può essere
necessaria una posologia che può arrivare
anche a due sedute al giorno, mentre per
chi svolge attività saltuaria possono bastare
un inquadramento terapeutico e una
supervisione con sedute di una volta a
settimana o meno e un piccolo lavoro di
autogestione a casa. Questa è ovviamente una
generalizzazione perché nella fisioterapia moderna
l’individualizzazione del percorso è un aspetto
fondamentale. Il fisioterapista non solo bravo
tecnicamente, ma preparato scientificamente,
deve ovviamente conoscere le linee guida e sapersi
muovere nell’individualizzare il piano di trattamento
a seconda del caso specifico. La fisioterapia
oggi è una professione altamente scientifica,
in cui comunque la sensibilità, l’attitudine alla
cura - in una parola “l’uomo o la donna dentro il
professionista” – e, non ultima, la mano del
terapista, fanno assolutamente la differenza. 
In generale, l’età, diciamo così, più avanzata e
soprattutto la presenza di problematiche specifiche
costituiscono la sfida maggiore. Personalmente
ho avuto grandissime soddisfazioni lavorative
con sportivi professionisti, ma le più
grandi rimangono sempre quelle in cui il tuo
paziente di oltre 80 anni si iscrive alla prossima
maratona. Dove ci sono già problemi di salute
pregressi o età un po’ avanzate è importantissimo
elaborare un piano di trattamento, guidare il
paziente verso uno sport più idoneo alla situazione
specifica o trovare strategie (a volte ausili) per
consentire di svolgere bene l’attività tanto amata
dal paziente e alla quale non vuole rinunciare. 
Riscontra invece differenze in termini di trauma o
fastidi riportati da uomini e donne? 
Questa è una domanda molto interessante. Un
tempo si aveva questa percezione, ad esempio
che le problematiche della zona lombare
fossero più appannaggio dell’uomo, mentre le
alterazioni di tipo cervicale più delle donne. Di fatto la
situazione è meno marcata di così e mi capita oggi di
leggere dati statistici abbastanza sovrapponibili.
Questo è anche coerente con quello che vedo
nei miei centri di fisioterapia. Che sia un processo
democratico/evolutivo verso la parità dei sessi? 
Con l’arrivo della buona stagione si passa dagli
sport invernali a quelli più tipicamente primaverili
ed estivi come calcio, tennis, corsa, nuoto,
camminata veloce solo per citarne alcuni. Nella
sua esperienza, quali sono quelli che richiedono
maggiori precauzioni e che traggono maggior
vantaggio dall’intervento del fisioterapista? 
Eliminando i veri e propri traumi da sport (es. cadute
dagli sci) che impongono un percorso fisioterapico
post-traumatico, tutti gli sport, compreso il nuoto,
hanno bisogno di precauzioni ed attenzioni
specifiche. Consiglio sempre di diffidare da
indicazioni del tipo “la fisioterapia non ti serve, vai
a nuoto, vai a camminare, vai in palestra o simili”.
Ovviamente il percorso scelto dipende da intensità,
frequenzaealtriparametri.Un fisioterapista esperto
e specializzato in analisi biomeccanica, miofasciale
e posturale può ottimizzare tanti parametri di uno
sportivo analizzando la situazione di base, il gesto
30 | Health Online 30
che deve compiere e le sollecitazioni specifiche
a cui fisiologicamente va incontro quel soggetto
specifico, con la sua conformazione e unicità. È
come preparare un’auto da corsa ai box: si studia, si
analizzano i problemi e si fanno le giuste modifiche
per far sì che durante la gara possa non solo
rendere al massimo, ma evitare di danneggiarsi! Un
metodo di studio, prevenzione ed ottimizzazione
delle performance sportive è lo SGA (Stretching
Globale Attivo), di cui sono uno dei formatori
ufficiali e che dà al fisioterapista uno strumento per
approcciare tutte le categorie di sportivi anche ad
altissimo livello (è utilizzato nella squadra del Real
Madrid per fare un esempio). 
Rimanendo in tema, lei in quali tipologie di
interventi in ambito di prevenzione, cura
e riabilitazione è specializzato?
Ormai più di 20 anni fa, da “semplice” fisioterapista
mi specializzai in un approccio metodologico
rivoluzionario per l’epoca. Tanto rivoluzionario e
innovativo che chi, come me, scelse di dedicare la
propriavitaprofessionale adesso,lofecein virtù degli
straordinari risultati, all’epoca non ancora supportati
da studi scientifici. È stata una scommessa, ed è
stata vincente. Oggi le basi su cui si fonda il
metodo Rpg Souchard (o Gpr Souchard nei Paesi
anglofoni) del cui insegnamento faccio parte, sono
giustificate da principi scientifici largamente
riconosciuti nell’ambito della terapia manuale (una
grande famiglia che racchiude metodi e tecniche
di avanguardia scientifica). Ci sono continuamente
nuove pubblicazioni scientifiche al riguardo e libri
scritti dal prof. Souchard, con cui ho la fortuna di
lavorare costantemente. In particolare, la novità di
quest’anno è stata la pubblicazione della seconda
edizione di Fascial Dysfunction (Handspring
Publishing), libro di enorme successo mondiale
firmato, nella sua prima edizione, da autori del
più alto calibro internazionale. In questa nuova
pubblicazione ho avuto l’onore di scrivere un capitolo
interamente dedicato al metodo Rpg e alle sue basi
scientifiche in terapia manuale, coordinato insieme
agli altri autori dal compianto prof. Chaitow, editor
dell’opera. 
Congratulazioni, dottor Grossi. In generale, quali
consigli può rivolgere ai lettori di Health Online
che vogliano approfittare dell’arrivo della buona
stagione per intraprendere una attività sportiva
senza incidenti e quali sono i criteri da adottare
per scegliere le attività più adatte in base a fascia
di età, livello di tonicità e preparazione fisica? 
Sicuramente cercare di capire il livello da cui si
parte ed essere molto graduali nell’incremento
dei carichi di lavoro. Prediligere sempre esercizi di
allungamento muscolare e flessibilità, perché oggi
sappiamo che un muscolo tonico funziona bene solo
se è anche elastico. Il rinforzo fine a sé stesso non è
più considerato un parametro da incentivare. Ma la
cosa che più mi sento di consigliare è di cercare un
piccolo cambiamento culturale e di atteggiamento:
non andate dal fisioterapista solo quando vi fate
male o avete un problema! Cosi come sarebbe
consigliabile andare dal dentista a fare dei controlli
PRIMA di avere dei problemi seri, per cui bisogna
poi intervenire, sarebbe bene abbracciare un
criterio di vera “prevenzione fisioterapica”, come
mi piace chiamarla. In questo, noi fisioterapisti
dobbiamo guidare i pazienti in modo che anche
dal momento in cui avranno risolto i loro problemi
con noi, sia questione di buon senso affidarci una
manutenzione programmata, una sorta di tagliando
preventivo, un check-up strutturale (ho pazienti
ormai felici e asintomatici da anni che continuano a
fare manutenzione venendo da me solo ogni 1, 3 o
addirittura 6 mesi per un singolo controllo/seduta). 
Per concludere: fare sport fa bene o fa male?
Lo sport fa bene e va sempre incentivato. Come
fisioterapisti abbiamo la responsabilità di guidare i
nostri pazienti verso la forma migliore per le attività
che vogliono o devono svolgere nella vita e nello
sport: questa è la mia visione di Fisioterapia. Questo
per me è RI-Abilitare. 
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32 | Health Online 30
con una età compresa tra i 35 e 79 anni. Ciò significa
che numerosi individui in Italia sono portatori
di un’insufficienza renale e, la maggior parte
delle volte, non sanno di avere questa patologia.
Purtroppo, è importante sottolineare che i numeri
sono destinati ad aumentare nel tempo soprattutto
a causa dell’invecchiamento della popolazione
considerando che la ridotta funzionalità del rene è
la conseguenza fisiologica del deterioramento nel
tempo dell’organo.
Quindi, tutti coloro che soffrono di insufficienza
renale, possono non rendersi minimamente conto
di questa malattia. L’insufficienza renale cronica
(IRC) infatti, viene considerata ormai tra le patologie
sempre più diffuse e risulta essere la causa di
almeno 2,4 milioni di decessi l’anno (fonte: World
Kidney Day).
Health Online ha intervistato il Prof. Francesco
Pisani, Direttore della U.O.C. Chirurgia Generale
e Trapianti d’Organo a direzione universitaria
presso l’Ospedale San Salvatore de L’Aquila
sull’importanza di tutte quelle cure che riescano
a prevenire il verificarsi di una malattia grave e
duratura nel tempo.
Potrebbe riassumerci l’importanza dei reni?
I reni sono due organi posti ai lati della colonna
vertebrale. Ciascun rene contiene circa un milione
di unità molto specializzate, chiamate nefroni
i quali, a loro volta, sono formati da una parte
filtrante chiamata glomerulo. Qui il sangue viene
filtrato e depurato formandosi, di conseguenza, la
preurina. Il compito principale dei reni è dunque
quello di rimuovere le sostanze tossiche dal nostro
organismo e mantenere l’equilibrio dell’ambiente
interno.
Che cos’è l’insufficienza renale? È possibile
prevenirla?
Si parla di insufficienza renale quando la funzione
dei reni o anche di uno di essi è ridotta. Viene
provocata da numerose cause, tra cui infezioni
delle vie urinarie, calcoli, malformazioni, malattie
ereditarie e glomerulonefriti. Altre volte, invece,
i reni si ammalano a seguito del diabete o della
pressione alta.
Patologie renali croniche:
cause e trattamenti illustrati dal
Prof. Francesco Pisani
Testimonianza di Giuseppe Iacobelli
Come ogni anno e in tutto il mondo, il 14
marzo è stata celebrata la Giornata Mondiale
del Rene con l’obiettivo principale di creare
una forte consapevolezza circa l’assunzione di
comportamenti preventivi, l’insorgenza di fattori
di rischio molto gravi e le abitudini salutari da
adottare durante la patologia ma anche per
evitare che essa stessa si manifesti bruscamente
sconvolgendoci il quotidiano. Si tratta, pertanto, di
un’occasione essenziale per richiamare l’attenzione
su una patologia tanto dimenticata quanto diffusa e
impattante: la Malattia Renale Cronica.
Si definisce Malattia Renale Cronica (MRC) una
condizione di alterata funzione renale che
persiste oltre i tre mesi. È classificata in cinque stadi
di crescente gravità, dove lo stadio 5 corrisponde
alla terapia sostitutiva dialitica o al trapianto di rene.
Le sue dimensioni epidemiche, l’elevato rischio
cardio-vascolare ad essa associato e gli alti costi
sociali ed economici connessi ai trattamenti
sostitutivi, come la dialisi e il trapianto, ne fanno uno
dei principali argomenti nei piani di prevenzione e
di programmazione sanitaria.
Uno studio condotto dalla Società Italiana di
Nefrologia dimostra come la prevalenza della
malattia nel nostro Paese è risultata del 7,5% negli
uomini e del 6,5% nelle donne in una popolazione
Salute di Beatrice Casella
www.healthonline.it | 33
È possibile accorgersi quando il rene inizia ad
ammalarsi?
L’insufficienza renale può essere presente senza
sintomi o con alcuni segnali caratteristici come:
l’ipertensione arteriosa, gli edemi, l’astenia, i crampi
muscolari, la dispnea, inappetenza e nausea. Al fine di
verificare se un individuo presenta una malattia renale
cronica e arrivare, successivamente, ad un’effettiva
diagnosi, risultano alquanto necessari l’esame delle
urine, il dosaggio della proteinuria, l’analisi del sangue
specifiche e gli esami radiologici (ecografia, ecocolor
doppler, scintigrafia renale e tac).
Quali sono le possibili cure per una patologia
grave come l’insufficienza renale?
Le conoscenze scientifiche e la pratica clinica
non sono ancora in grado, tutt’oggi, di guarire
le malattie che colpiscono bruscamente i reni
provocando insufficienza renale. Sono però state
dimostrate, a livello scientifico, svariate misure
capaci di ridurre l’evoluzione dell’insufficienza
renale e ad allontanare, nel tempo, il momento in
cui la dialisi diventa indispensabile. Queste misure
riguardano essenzialmente il mantenimento della
pressione arteriosa a livelli normali, l’assunzione
regolare dei farmaci necessari a minimizzare gli
squilibri causati dall’insufficienza renale, i controlli
medici con esami di laboratorio continuativi e uno
stile di vita salutare.
Quale fascia di popolazione risulta essere
maggiormente colpita?
Attualmente, vengono maggiormente colpiti da
un’insufficienza renale cronica Individui di sesso
maschile con un’età leggermente superiore ai 50
anni. La maggior parte di essi, per di più, sono
soliti assumere una cattiva dieta, l’alcool e il fumo
incidendo negativamente, in particolar modo,
sull’ipertensione.
Quali sono, secondo lei, le migliori strade da
intraprendere?
Consiglio, in generale, di effettuare controlli routinari
della funzionalità renale in modo di riuscire ad
intraprendere, nelle tempistiche giuste, una terapia
farmacologia adeguata. In particolare, un lato se così
può essere definito positivo dell’insufficienza cronica
renale, riguarda la possibilità di intraprendere due
strade: la dialisi e il trapianto.
Pertanto, la cura di tutte le malattie croniche si basa
sul rapporto fra la persona ammalata, il medico di
famiglia e il dottore specialista. Allo stesso modo,
chi soffre di insufficienza renale può collaborare
alla gestione della sua malattia se la conosce ed
è consapevole dell’importanza dei consigli e delle
cure che vengono proposti.
Giuseppe Iacobelli, a capo dell’Associazione
Nazionale Trapianti Rene (ANTR) di Latina, ci ha
rilasciato una sua preziosa testimonianza:
“All’età di 25 anni, dopo svariati episodi di
ipertensione ed ematuria, ho scoperto di avere
un rene policistico, la malattia renale ereditaria
più frequente caratterizzata dalla presenza di
numerose cisti che tendono a crescere di volume
e numero.
Man mano che il tessuto renale viene sostituito
da queste cisti, la funzionalità renale cessa
progressivamente.
A 43 anni andai in dialisi e il 14 dicembre del 2004
mi preparai per il trapianto. Da quel momento la
mia vita cambiò in maniera del tutto positiva.
Mi sono sentito di nuovo una persona libera, ho
ricominciato a condurre una vita normale e sono
riuscito a portare avanti la mia più grande passione:
il ciclismo.
Dopo essere stato trapiantato, ad esempio, ho
effettuato un tour di 550 km in bicicletta. Tutto
questo con un rene solo. Posso confermarvi
quindi, che da ben 14 anni vivo benissimo e mi
sono unito con l’Associazione per dimostrare,
con particolare attenzione ai parenti dei soggetti
affetti da tale patologia, che si può uscire vincenti
da un percorso di cure sicuramente complicato e
che deve essere poi seguito costantemente con
una cadenza di 4/5 volte all’anno; ma poi si ritorna
ad essere totalmente liberi”.
Giuseppe Iacobelli
34 | Health Online 30
Endometriosi, se la conosci…
la combatti
Intervista a Jessica Fiorini vice presidente A.P.E.
Salute di Nicoletta Mele
Informare e sensibilizzare l’opinione pubblica per
prevenire le malattie è un atto dovuto e lo è ancor
di più per alcune patologie poco conosciute. è
il caso dell’endometriosi considerata una delle
principali cause di infertilità. L’endometriosi è
una malattia cronica ginecologica dell’età fertile
femminile e si contraddistingue per la presenza
del tessuto che fisiologicamente riveste la parete
interna dell’utero, l’endometrio, in altre parti del
corpo, principalmente a livello di ovaie, tube,
utero, legamenti utero-sacrali, cavo del Douglas,
vescica, retto, ureteri, reni, setto retto-vaginale,
genitali esterni, può trovarsi anche a livello di
ombelico, arti, polmoni. È un tessuto sano ma
impiantato fuori la sua sede normale che, sotto
l’influenza ormonale, subisce delle modificazioni
durante il periodo di ovulazione e mestruale.
È considerata una malattia invalidante che
pregiudica la qualità della vita dal punto di vista
psicologico e sessuale delle donne che ne sono
affette. Purtroppo spesso viene diagnosticata in
uno stato avanzato perché i sintomi, i più comuni
e frequenti come la dismenorrea, il dolore pelvico,
il dolore durante il rapporto sessuale, sono
sottovalutati.
La patologia ha un’incidenza pari al 10% della
Jessica Fiorini
popolazione europea. In Italia si stima che sono
circa 3 milioni le donne che ne sono colpite.
Secondo un recente studio pubblicato su Science
Translational Medicine realizzato da un team di
ricercatori della Michigan State University c’è una
correlazione tra endometriosi e infertilità dovuta
alla carenza di una specifica proteina la HDAC3,
che ha il compito di regolare l’espressione di due
geni, COL1A e COL1A2. Lo studio, dopo aver
analizzato HDAC3 in campioni di endometrio
prelevato da pazienti affette dalla patologia, ha
rilevato che i livelli di questa particolare proteina
sono relativamente bassi, se confrontati con un
gruppo di controllo, e tendono a scendere durante
la progressione della malattia. Gli scienziati hanno
sottolineato come questa scoperta sia un primo
passo nello sviluppo di strategie per trattare
l’infertilità associata all’endometriosi e arrivare
presto a una diagnosi certa e precoce.
Secondo i dati americani, la metà delle donne,
prima di avere una diagnosi certa di endometriosi,
incontra in media 5 ginecologi. La diagnostica per
endometriosi ha fatto passi avanti negli ultimi anni.
Oggi la tendenza, in particolar modo nei centri
specializzati, è di intervenire dopo aver ottenuto,
attraverso l’ecografia e/o la risonanza magnetica
eseguita da un membro del team multidisciplinare
specializzato, un quadro preciso sulla situazione
della localizzazione della patologia, in modo da
rendere l’intervento mirato.
Le cause non sono ancora note e, purtroppo, non
esiste una cura definitiva. Le terapie attualmente
utilizzate sono quella di tipo ormonale, ovvero
la prescrizione della pillola anticoncezionale e
dei farmaci a contenuto di solo progestinico
(pillola progestinica) che inducono uno stato di
pseudogravidanza e pseudomenopausa. L’altra
terapia è quella chirurgica in laporoscopia che
può essere di tipo esplorativo e/o diagnostico
(laparoscopia esplorativa) e di tipo interventistico
(laparoscopia o laparotomia).
è molto importante mantenere alta l’attenzione
dell’opinione pubblica attraverso una maggiore
informazione e conoscenza della malattia.
“Quando è nata l’associazione nel 2005 – ha
spiegato ad Health Online Jessica Fiorini,
www.healthonline.it | 35
vice presidente dell’Associazione Progetto
Endometriosi (A.P.E) Onlus – di endometriosi
si parlava veramente poco, oggi per fortuna la
malattia inizia ad essere più conosciuta, o meglio,
se ne sente parlare di più, ma questo non significa
che le persone sappiano in effetti cos’è. Purtroppo
si sentono ancora spesso banalizzazioni del tipo
“basta fare un figlio e passa tutto” e questo
significa che, il lavoro che un’associazione come la
nostra svolge per informare correttamente, serve
ancora. Ogni anno inoltre, grazie ai fondi che
riceviamo con le donazioni del 5X1000 realizziamo
iniziative per far conoscere l’endometriosi al
maggior numero di persone possibili: Convegni
Nazionali, spot informativi, corsi di formazione.
La nostra attività è molteplice: nel 2012 è nato il
progetto ComprendEndo, dedicato alle ragazze
delle scuole superiori. Si tratta di “informazione
precoce” grazie alla quale vengono fornite
le informazioni necessarie per sapere che
l’endometriosi esiste e come riconoscerne i
sintomi. Negli ultimi 2/3 anni, grazie alle volontarie
e agli Istituti che accolgono positivamente il
progetto, abbiamo dato vita a decine di incontri
su tutto il territorio nazionale. Molto importante è
anche la formazione del personale sanitario: dal
2017 abbiamo dato vita a un nuovo progetto di
formazione che si è concretizzato, fino ad ora, con
due corsi interamente finanziati da noi dedicati alla
formazione sulla diagnostica per l’endometriosi
per ginecologi ed ecografisti, e ad un corso il primo
del genere, dedicato a Psicologi e Psicoterapeuti”.
Nelle donne con endometriosi quali sono gli
interventi di supporto efficaci per aiutarle a
migliorare la qualità di vita?
“Il primo grande traguardo per una donna con
endometriosi è ricevere la diagnosi perché questo
è il punto di partenza per potersi prendere cura
di sé.
Scoprire di avere l’endometriosi non è cosa da
poco e ciò che come associazione ci prefiggiamo
di fare, nei limiti dei nostri mezzi e possibilità, è
fornire alle donne tutto il supporto e le informazioni
36 | Health Online 30
necessarie per affrontarla, dall’elenco dei centri
pubblici specializzati, al supporto psicologico
attraverso gli incontri di sostegno, ad informazioni
su ciò che può aiutare a stare meglio ovvero
alimentazione, attività fisica, stile di vita”.
Parlare di endometriosi non solo alle donne ma
anche agli uomini. è importante che anche loro
siano consapevoli della patologia?
“È importantissimo che anche gli uomini abbiamo
una maggiore conoscenza e consapevolezza
perché sono padri, fratelli, compagni, mariti e il
loro ruolo è fondamentale nella vita delle donne.
Spesso gli uomini offrono il loro aiuto e si danno
da fare come possono, questo naturalmente ci
fa molto piacere. Con orgoglio posso dire che,
guardando le bacheche di Facebook, è tanto
l’impegno degli uomini ad invogliare le donne a
partecipare all’evento. Abbiamo così pensato di
creare un “app baloon” da scaricare e stampare,
un’idea vincente perché stanno usando lo
strumento nelle occasioni più disparate e le
immagini circolano sui social network.”
Negli ultimi anni ci sono state delle novità sia dal
punto di vista diagnostico che di assistenza. Nel
2016 in Italia l’endometriosi è stata riconosciuta
come una malattia invalidante e inserita nei Livelli
Essenziali di Assistenza (LEA), ovvero nell’elenco
delle malattie croniche invalidanti che danno
diritto all’esenzione. In sostanza, è stato previsto
un potenziamento delle prestazioni sanitarie e
delle misure di sostegno economico e sociale per
le donne affette da tale patologia.
“I nuovi Livelli Essenziali di Assistenza - ha spiegato
Jessica Fiorini - hanno inserito l’endometriosi
nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti:
questo consente il diritto all’esenzione grazie al
quale le pazienti non dovranno più sostenere le
spese sanitarie delle quali si farà carico il Servizio
Sanitario Nazionale, ma pagheranno solo il ticket.
Per l’endometriosi al terzo o quarto stadio, le
Asl prevedono un’esenzione totale per la sua
cura, anche per quanto riguarda le ecografie e le
visite ginecologiche che in questi casi le donne
effettuano almeno due volte l’anno. Abbiamo
monitorato l’attuazione dal parte delle Regioni, la
Volontarie A.P.E.
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  • 2. “La salute non è tutto ma senza salute tutto è niente” Arthur Schopenhauer
  • 3. Progettiamo il futuro della sanità integrativa La sanità integrativa, cioè le prestazioni sanitarie fornite dagli enti abilitati giuridicamente a svolgere tale attività, rappresenta oggi un sistema organizzato, legiferato ed impostato di norme e modelli che hanno come unico riferimento la mutualità. Gli enti che operano la sanità integrativa (Fondi Sanitari, Casse di Assistenza Sanitaria e Società Generali di Mutuo Soccorso) sono disciplinati da norme istituite nel tempo (nel 1992 quelle per i Fondi Sanitari, nel 1978 quelle per le Casse di Assistenza Sanitaria ed addirittura al 1886, poi riformulate nel 2012, quelle delle Società Generali di Mutuo Soccorso), hanno valore rappresentativo in quanto enti del terzo settore e godono di vantaggi fiscali in funzione del fatto che sono enti senza scopo di lucro. Le aziende per i loro dipendenti, i settori merceologici contrattuali per tutti i loro addetti ma anche individui e famiglie possono rivolgersi a questi enti per integrare le prestazioni sanitarie fornite dello stato con un duplice risultato: avere la possibilità di costruirsi una protezione sanitaria adeguata ed alleviare l’impegno economico che lo stato assegna alla sanità pubblica, per destinare maggiori risorse alle fasce economicamente più deboli della popolazione. In Italia, quindi, siamo riusciti a preservare il diritto alla salute sancito dalla nostra costituzione creando un modello di integrazione tra sanità pubblica e sanità integrativa che può essere di esempio per tanti altri paesi, come la sanità pubblica italiana lo è stata per molti anni fino a che fattori socialmente positivi ma economicamente onerosi, quali l’invecchiamento della popolazione, l’ampliamento della scienza medica e lo sviluppo tecnologico in campo sanitario, rendessero impossibile sostenere un modello di sanità pubblica che fornisse tutta l’assistenza possibile per tutti i cittadini. Senza perdere di vista l’interesse comune dei cittadini, operando per tempo e costruendo norme adeguate nel nostro paese siamo transitati, senza terremoti economici, sociali e giuridici, da un sistema ad un pilastro ad un sistema a due pilastri, inevitabilmente molto più solido. Ora che questo passaggio è determinato la “palla” passa agli enti di sanità integrativa che devono, in coerenza con la sanità pubblica, progettare un futuro che non solo è prossimo ma di fatto è già oggi, avviando processi evolutivi innovativi che contemplino almeno quattro modelli strutturali da implementare. Il primo modello da sviluppare riguarda sicuramente la necessità che tutte le aziende e tutti i cittadini vengano edotti sulle opportunità offerte dalla sanità integrativa e sulla logica sottostante dei principi mutualistici, perché poche ancora sono le informazioni che arrivano ad aziende e persone sul tema. Gli enti di sanità integrativa si devono quindi impegnare a comunicare di più, a spiegare ed argomentare con gli strumenti più moderni quali i social, a portare nelle case delle persone, nelle aziende ed in ogni luogo, tramite professionisti specializzati, la rappresentazione del valore che una protezione sanitaria integrativa costituisce per ogni individuo, ogni famiglia, ogni dipendente ed anche per ogni azienda, perché un dipendete sanitariamente protetto è un dipendente più sereno e più produttivo. Il secondo modello da implementare coinvolge il valore assoluto della prevenzione sanitaria, dove deve necessariamente essere modificato, soprattutto culturalmente, il paradigma in essere ancora oggi in campo sanitario “soggetto malato-cura”, cioè se sento qualche disturbo vado dal medico, con il nuovo paradigma “soggetto sano-prevenzione”, nel quale posso pianificare per tempo una serie di controlli sanitari utili a determinare il fatto che, nei limiti delle conoscenze mediche, potrei evitare di ammalarmi. Di conseguenza è indispensabile che gli enti di sanità integrativa progettino percorsi di prevenzione, adatti alle diverse tipologie di assistiti in funzione dello loro caratteristiche, utili ad effettuare controlli periodici funzionali a tenere sotto controlli i parametri medici essenziali che, sono differenti in funzione di sesso, età, professione, localizzazione geografica, struttura morfologica. Il terzo modello da realizzare contempla il superamento delle barriere operative esistenti in termini di accessibilità alle cure mediche, per evitare che gli individui debbano seguire il percorso che vige tutt’ora in campo sanitario, dove, molto frequentemente, orari, tempistiche e modelli fanno riferimento alle esigenze delle strutture sanitarie, pubbliche o private che siano, ma non alle necessità del cittadino. In questo caso gli enti di sanità integrativa debbono assolutamente ripensare l’operatività diretta a garantire esami di laboratorio, approfondimenti diagnostici, visite mediche e percorsi di prevenzione per progettare sistemi nuovi funzionali alle esigenze di ogni singolo individuo, eliminando gli ostacoli che la liturgia del modello sanitario in essere, vado dal medico-mi prescrive l’esame/la visita-prenoto l’esame/la visita-vado a ritirare il referto-porto il referto dal medico-mi prescrive la cura-vado in farmacia-acquisto la cura, ancora percorre. Il quarto modello da ottimizzare concerne il tema della prossimità delle cure mediche, in un sistema dove ancora oggi il percorso geografico, da paese a paese in provincia e da strada a strada in città, rappresenta una “caccia al tesoro” temporalmente impegnativa e psicologicamente frustrante. In questo contesto gli enti di sanità integrativa devo dare il via alla creazione di strutture sanitarie leggere, tecnologicamente avanzate e posizionate nei luoghi di maggiore presenza fisica dei cittadini, per consentire a chiunque di accedere rapidamente a punti salute che soddisfino con rapidità di esecuzione e velocita di servizio le esigenze sanitarie degli assistiti. Sicuramente per realizzare questi quattro nuovi modelli di sanità moderna la tecnologia sanitaria garantisce un grande impulso risolutorio tramite la telemedicina che, con i suoi device sempre più sicuri e precisi e con i suoi strumenti sempre più efficaci ed efficienti, consente di approntare soluzioni innovative ed operative, che però debbono essere accompagnate da un ridisegno ragionato complessivo del modello funzionale. Con le norme giuridiche, normative e fiscali vigenti, con l’assoluto valore che il concetto di mutualità rappresenta da sempre nella storia dell’umanità, con una maggiore conoscenza di tutti delle possibilità di integrazione della protezione sanitaria, con più prevenzione, con una maggiore accessibilità dei modelli sanitari esistenti e con una maggiore prossimità delle strutture preposte, sicuramente il futuro della sanità integrativa rappresenterà sempre di più un valore sociale, economico, strutturale ad uso virtuoso di tutti i cittadini nel rispetto della costituzione e del diritto di ciascuno alla salute. Milanese, ho maturato un’esperienza ultraventennale nel settore assicurativo e finanziario,occupandomi sia dei prodotti che del marketing e dello sviluppo commerciale, fino alla direzione di compagnie assicurative, nazionali ed estere. Nel 2005 sviluppo un progetto di consulenza estrategia aziendale che ha consentito di operare con i maggiori player del settore assicurativo per realizzare piani strategici di sviluppo commerciale. Dal 2009 mi occupo di Sanità Integrativa, assumendo la carica di Presidente ANSI, Associazione Nazionale Sanità Integrativa e Welfare, e contestualmente di Health HoldingGroup,importanterealtàdelsettore. Dal 2016 sono presidente di Health Italia, una delle più grandi realtà nel panorama della Sanità Integrativa Italiana e società quotata in Borsa sul mercato AIM Italia. a cura di Roberto Anzanello EDITORIALE
  • 4. periodico bimestrale di informazione sulla Sanità Integrativa Anno 6° - marzo/aprile 2019 - N°30 Direttore responsabile Nicoletta Mele Direttore editoriale Ing. Roberto Anzanello coordinamento generale Area 51 Srl Comitato di redazione Alessandro Brigato Francesca Diodati Michela Dominicis Giulia Riganelli Hanno collaborato a questo numero Beatrice Casella Alessia Elem Marilena Falcone Giuseppe Iannone Alessandro Notarnicola Direzione e Proprietà Health Italia SpA c/o Palasalute - Via di Santa Cornelia, 9 00060 - Formello (RM) www.healthitalia.it Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte può essere riprodotta in alcun modo senza permesso scritto del direttore editoriale. Articoli, notizie e recensioni firmati o siglati esprimono soltanto l’opinione dell’autore e comportano di conseguenza esclusivamente la sua responsabilità diretta. iscritto presso il Registro Stampa del Tribunale di Tivoli n. 2/2016 - diffusione telematica n.3/2016 - diffusione cartacea 9 maggio 2016 Idea grafica Area 51 Srl impaginazione Giulia Riganelli immagini © AdobeStock Tiratura 103.302 copie Scarica Health Online in versione digitale su www.healthonline.it Se non vuoi perderti neanche una delle prossime uscite contattaci via email a info@healthonline.it e richiedi l’abbonamento gratuito alla rivista, sarà nostra premura inviarti via web ogni uscita. Per la tua pubblicità su Health Online contatta mkt@healthonline.it HEALTH
  • 5. Health Italia: progetti e iniziative per la gestione del benessere delle persone06 www.healthonline.it Happy Knee Clinics Italia: Diagnosi e cura di precisione delle malattie degenerative del ginocchio08 Stagione dei pollini tra asma e rinite12 22 26 28 16 Amianto, il serial-killer silenzioso continua a uccidere L’importanza del ruolo delle società di mutuo Soccorso in ambito socio sanitario Schiavi delle tecnologie. Aumentano gli hikikomori in Italia La fisioterapia è il segreto per praticare sport  senza brutte sorprese  Patologie renali croniche: cause e trattamenti illustrati dal Prof. Francesco Pisani Il valore del lavoro etico di Be Live: la storia di Simona 32 l’angolo della poesia 34 38 46 48 42 Endometriosi, se la conosci…la combatti L’importanza della diagnosi per i tumori femminili come curare i distrurbi alimentari flash dal mondo e eccellenze italiane La dipendenza da cioccolato 52 54 indice Attualità Salute Psicologia Sport e benessere Tecnologia e salute Focus attualità Aziende del Gruppo Special In evidenza
  • 6. 06 | Health Online 30 a tutte le sue necessità (come la prenotazione di una visita medica o di un ricovero, rimborso etc..), la possibilità di usufruire di un modello di medicina a distanza, grazie al quale è possibile effettuare una serie di rilevazioni sanitarie con una semplice accessibilità e un notevole risparmio di tempo, nonchè la possibilità di acquistare prodotti naturali”. I servizi offerti dalla società “sono finalizzati - ha aggiunto Anzanello - alla gestione del benessere delle persone tramite un percorso costituito da sistemi di protezione sanitaria, modelli di prevenzione e prodotti nutraceutici e cosmeceutici”. L’innovazione nelle prestazioni, tramite il passaggio da una sanità tradizionale alla Telemedicina, è uno degli obbiettivi al quale sta lavorando Health Italia con l’intento di spostare il paradigma da soggetto malato/cura a soggetto sano/prevenzione grazie alla creazione del modello Health Point S.p.A . “Il fine – ha affermato il Presidente - è quello di rappresentare una realtà innovativa nella diffusione della cultura della prevenzione, attraverso l’offerta HEALTH ITALIA: PROGETTI E INIZIATIVE PER LA GESTIONE DEL BENESSERE DELLE PERSONE Promozione della Sanità Integrativa e del Welfare aziendale, assistenza e prestazioni sanitarie innovative, distribuzione di prodotti nutraceutici e cosmeceutici, attenzione e impegno nei confronti dei temi sociali. È questo il modello offerto da Health Italia, PMI quotata sul mercato AIM Italia dal febbraio del 2017, una tra le più grandi realtà indipendenti del mercato italiano della Sanità Integrativa, che fornisce prodotti innovativi in grado di migliorare la qualità di vita delle persone e facilitare l’accessibilità ai servizi sanitari mediante la divulgazione dei principi mutualistici. “Health Italia, con oltre 350 mila clienti e una customer retention superiore al 90% - ha spiegato il Presidente di Health Italia Roberto Anzanello - è una società unica nel suo genere sul territorio italiano in quanto offre alle famiglie e alle aziende un sistema di welfare aziendale, la promozione di Enti di Sanità Integrativa (Casse di assistenza sanitaria, Fondi Sanitari e Società Generali di Mutuo Soccorso), un’assistenza totale tramite la centrale salute CoopSalute, in cui l’assistito riceve risposte Attualità di Nicoletta Mele
  • 7. www.healthonline.it | 07 di servizi sanitari in più modalità, da quella tradizionale dei centri polispecialistici, a quella più innovativa delle prestazioni in telemedicina”. Health Point è una realtà nata da un’idea del Gruppo Health Italia che offre, attraverso due canali distinti, una proposta completa di prodotti e servizi per la cura della persona. Gli Health Point, definiti Shop Center della Salute e posizionati in punti significativi di diverse città italiane, sono centri dedicati alla prevenzione e al benessere, all’interno dei quali è possibile sia usufruire di prestazioni sanitarie di prima diagnostica, con sistemi moderni di medicina a distanza, sia acquistare i prodotti di nutraceutica, cosmesi e cosmeceutica dei marchi Health Italia. Mentre Health Point Medical Care, è un network di centri medici polispecialistici che erogano prestazioni di visite specialistiche, ecografie, indagini diagnostiche, fisioterapia con personale medico altamente qualificato e strumentazione all’avanguardia. “È in atto una diffusione capillare di questo modello innovativo - ha aggiunto Anzanello - per sensibilizzare sempre di più l’opinione pubblica nei confronti della prevenzione abbattendo le barriere tempistiche e di accessibilità a costi ridotti”. L’attività di Health Italia non è solo promozione della Sanità Integrativa e del Welfare aziendale, assistenza e prestazioni sanitarie innovative, ma anche attenzione e impegno nei confronti dei temi sociali. “Il concetto di protezione sanitaria su base mutualistica da parte degli Enti di Sanità Integrativa che operano senza scopo di lucro - ha spiegato il Presidente di Health Italia - deve essere assunto nella sua accezione più ampia di “diritto alla salute” come garantito dalla Costituzione Italiana e non deve limitarsi al semplice diritto alle cure mediche, ma al più ampio concetto del diritto alla vita attraverso anche forme di assistenza sociale dirette e partecipative. È partendo da questa considerazione che Health Italia, la quale si occupa integralmente della gestione del processo del benessere delle persone, si è fatta promotrice di un’esperienza diretta e partecipativa attraverso la Fondazione Health Italia.” La Fondazione è stato il passaggio che ha garantito l’evidenza di uno scopo sociale reale e concreto da parte di una delle più grandi realtà presenti sul panorama della Sanità Integrativa. “La Fondazione Health Italia - ha affermato Anzanello - è un ente no-profit impegnato nella divulgazione dei principi mutualistici e della solidarietà sociale e promuove iniziative culturali, educative, formative, di integrazione sociale, di assistenza sanitaria e la diffusione della cultura. Con il modello dell’iniziativa “Un aiuto concreto a portatadiclick”,laFondazionehavolutocoadiuvare l’impegno degli enti fondatori che destinano una percentuale dei loro ricavi ai progetti gestiti dalla fondazione stessa, per gestire iniziative sociali sul territorio, individuate con criteri basati sull’equità morale e sul concetto di necessità sociale”. Tra i progetti della Fondazione Health Italia c’è Banca delle Visite, una piattaforma web che dona prestazioni sanitarie a chi non può permettersi una visita a pagamento - secondo le stime negli ultimi anni circa 11 milioni di italiani - oppure non può attendere le lunghe liste d’attesa del Sistema Sanitario Nazionale. Il concetto è quello del caffè sospeso applicato alla salute con il contributo finanziario da parte di liberi cittadini ed aziende. “L’idea di riprendere una vecchia ma cara consuetudine napoletana, quale quella del caffè sospeso - ha concluso Anzanello - ha determinato la nascita di Banca delle Visite con la “visita sospesa”, che sta ottenendo un importante successo in termini di riconoscibilità e di prestazioni erogate”. I servizi offerti da Health Italia sono finalizzati alla gestione del processo del benessere delle persone. “Il nostro impegno, la vostra salute” è lo slogan dell’unico player quotato al mercato AIM di Borsa Italiana che vuole consolidare un mercato in forte crescita per migliorare la qualità e l’accessibilità dei servizi sanitari e di benefit all’individuo.
  • 8. 08 | Health Online 30 opinion e terapia mirata minimamente-invasiva. Per Health Online, l’Ing. Francesco Pioppi Director e Co-fondatore della società di ricerca ArthoGene™ Deep Medicine e Presidente di Happy Knee Clinics Italia. Che cos’è Happy Knee Clinics Italia? “Dall’esperienza comune con i miei partner e ricercatori internazionali, maturata nel tempo negli ambiti dell’assistenza sanitaria e nelle biotecnologie medicali innovative, nasce Happy Knee Clinics Italia per inserire nell’ambito nazionale il nostro peculiare modello di medicina di precisione, in particolare nella diagnostica di precisione e nelle tecnologie mediche e chirurgiche minimamente invasive. Questo continuando a perseguire un continuo percorso evolutivo che si avvale, fra l’altro, dell’interazione e lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale applicata alla medicina. Happy Knee Clinics ha quindi tra i propri obiettivi la ricerca, la selezione, la validazione clinica e la precisazione diagnostica di tecnologie mediche e chirurgiche innovative minimamente invasive per le patologie del ginocchio. Le tecnologie sono qualificate coerentemente alle linee guida nazionali sia per quanto riguarda la diagnostica per immagini che nei protocolli clinici più innovativi, in particolare recependo le più recenti delibere della Regione Lombardia”. Quali sono i protocolli? “Il modello Happy Knee Clinics prevede la selezione sul territorio delle strutture più idonee per l’innovazione, la qualità e la sicurezza clinica, che garantiscano l’applicazione dei Protocolli HKC per una diagnostica di precisione e il benessere del paziente. I Protocolli HKC sono strutturati in: visita clinica ultra-specialistica, Diagnostica avanzata e di precisione. Successivamente sarà cura dello specialista selezionare il protocollo terapeutico più adatto, in un percorso minimamente invasivo per il trattamento efficace della lesione articolare; un esempio è abbinare un intervento in artroscopia HAPPY KNEE CLINICS italia: DIAGNOSI E CURA DI PRECISIONE DELLE MALATTIE DEGENERATIVE DEL GINOCCHIO Per Health Online il Presidente Ing. Francesco Pioppi e i dottori Alberto Zerbi e Sergio Ortolani Le patologie degenerative del ginocchio sono molto frequenti. Con il passare degli anni la libertà nei movimenti può essere limitata a causa delle lesioni della cartilagine delle articolazioni dovute a traumi, patologie o processi degenerativi (usura naturale che si manifesta solitamente dopo i 60 anni). Oggi, grazie alla ricerca e al progresso della tecnologia applicata alla medicina anche in campo ortopedico, si hanno a disposizione degli strumenti che consentono al paziente una terapia rigenerativa mirata minimamente invasiva. è l’ortobiologia, una disciplina della medicina rigenerativa che permette un nuovo approccio terapeutico finalizzato alla rigenerazione biologica del tessuto, anziché alla sua sostituzione per una migliore funzionalità dell’arto. Una vera e propria rivoluzione in ortopedia che punta a migliorare il trattamento delle lesioni muscolo-scheletriche stimolando le risorse naturali dell’organismo per rigenerare i danni causati da traumi o malattie. In questo scenario si colloca Happy Knee Clinics Italia, il primo modello di ultra-specializzazione di prevenzione, precisione diagnostica, second- Attualità di Alessia Elem Ing. Francesco Pioppi
  • 9. www.healthonline.it | 09 con la terapia staminale. In quest’ottica è stata implementata la figura del Care-Coordinator che, oltre a supportare il paziente nelle varie fasi amministrative del processo diagnostico, clinico e di follow-up, contribuisce anche a incentivare un maggior coinvolgimento nelle problematiche del ginocchio portando il paziente stesso a discutere, comprendere ed analizzare criticamente le azioni proposte dal medico curante”. Da cosa nasce l’idea e perchè? “Il progetto nasce dalla “mother company” ArthoGene Deep Medicine Limited con sede a Londra. La società di ricerca è caratterizzata da un posizionamento distintivo nel mondo sanitario per la ricerca, lo sviluppo, la validazione e l’applicazione di servizi ortopedici ultra-specialistici basati su tecnologie minimamente invasive d’avanguardia. Attualmente il Centro di Validazione Diagnostica e dell’Appropriatezza Terapeutica basata sull’Intelligenza Artificiale è a Cirencester in UK, ma è in corso lo studio di fattibilità per un Centro anche in Italia. I Centri Studi per lo Sviluppo di Tecniche Chirurgiche basate sull’Ortobiologia e la Medicina Rigenerativa sono invece a Cirencester UK e in Italia. Lo scopo è quello di una maggiore diffusione dei servizi sanitari ultra-specialistici sostenibili dal punto di vista economico e mirati alla prevenzione di interventi più costosi e più invasivi mediante tecnologie basate sulla precisione della diagnosi, sull’ortobiologia, sull’intelligenza artificiale e sulla robotica per la riabilitazione”. Quali sono i centri a cui rivolgersi? “La città di Milano è la prima area di erogazione del servizio con confronti operativi nelle problematiche specifiche con le eccellenze del modello sanitario lombardo per una maggiore implementazione del modello Happy Knee Clinics. L’obiettivo è quello di aprire un centro Happy Knee Clinics in ogni regione d’Italia e nelle maggiori provincie. Abbiamo recentemente sviluppato delle sinergie operative con Mutua Mba, una delle più grandi società di mutuo soccorso presenti sul panorama della Sanità Integrativa, per attivare il primo centro HKC a Roma unitamente ad un network di centri di diagnosi avanzata”. Qual è la procedura del modello Happy knee Clinics? “Si sviluppa in tre fasi: la visita clinica ultra- specialistica eseguita da un ortopedico esperto
  • 10. 10 | Health Online 30 nelle tecniche di ortobiologia e medicina rigenerativa; la Diagnosi Radiologica di Precisione con algoritmi di Intelligenza Artificiale per analizzare approfonditamente le immagini (Machine- e Deep- Learning)edunavisualizzazionedipiùdi150variabili. Il protocollo di Diagnosi avanzata di precisione prevede una serie di radiografie di precisione. Dopo la valutazione diagnostica se dovesse esserci esito positivo al paziente verrà proposta la Terapia Rigenerativa mirata minimamente invasiva”. La fase della diagnosi radiologica di precisione è quindi molto importante perché consente allo specialista di valutare se il paziente rientra nei criteri diinclusioneperuneventualeproceduradiMedicina Rigenerativa identificandone, nel contempo, quella più adatta. Il paziente, dopo la valutazione clinica, si sottoporrà a esami di diagnostica per immagini che prevedono l’esecuzione di tre proiezioni radiografiche e di una risonanza magnetica del ginocchio. “Sulla base delle immagini acquisite - ha spiegato il dott. Alberto Zerbi, Responsabile Area Scientifica Diagnostica per Immagini e Deep- Learning-Assisted Diagnosis che ha contribuito a sviluppare il Protocollo Diagnostico del Ginocchio HKC - il radiologo provvederà a stilare un referto approfondito, analizzando le variabili previste dal Protocollo per il Referto Diagnostico del Ginocchio HKC, che consentono di identificare e di valutare con precisione eventuali lesioni delle ossa, dei legamenti, dei menischi e della cartilagine, quantificandone il grado di degenerazione. Il radiologo sarà così in grado di fornire un referto avanzato e di precisione, strumento fondamentale per raggiungere la migliore integrazione tra i dati clinici e strumentali per la più precisa, mirata e personalizzata indicazione terapeutica”. Nel caso in cui la diagnosi dovesse confermare delle lesioni e la degenerazione avanzata delle cartilagini del ginocchio, cosa fare? Ad oggi i principali interventi proposti sono la chirurgia artroscopica e protesica ma grazie ai progressi scientifici che hanno portato l’avvento della medicina rigenerativa è possibile ricostruire e rigenerare i tessuti malati o danneggiati senza ricorrere ad un intervento chirurgico invasivo. “In generale la Medicina Rigenerativa - ha puntualizzato il dott. Sergio Ortolani Responsabile Scientifico Area Clinica HKC - rappresenta certamente un’opportunità di trattamento, ma fino ad oggi non essendo regolamentata con protocolli applicativiprecisicisiaffidavaalla“bestpractice”del medico curante. I protocolli di Happy Knee Clinics invece, supportati da un costante avanzamento della diagnosi di precisione, hanno come obiettivi, oltre a migliorare la determinazione della patologia e la valutazione dell’esatto grado di degenerazione dei tessuti, anche porre il paziente al centro del percorso diagnostico e terapeutico incentivando un suo maggior coinvolgimento nelle problematiche del ginocchio e portando il paziente stesso a discutere, comprendere ed analizzare criticamente le azioni proposte dal medico curante”. Dott. Ortolani, come avviene il trattamento? “E’ una procedura dalla durata di circa 1 ora e viene eseguita in anestesia locale. Il trattamento prevede il prelievo di sangue periferico o di tessuto adiposo Dott. Alberto Zerbi Dott. Sergio Ortolani
  • 11. www.healthonline.it | 11 che, a seguito di una filtrazione, viene iniettato nel distretto anatomico affetto da patologia. Il paziente vienedimessoqualcheoradopoiltrattamentoepuò tornare alla propria quotidianità immediatamente. Nella maggior parte dei casi non è prevista una riabilitazione specifica”. Quali sono i vantaggi del modello Happy Knee Clinics? “Il vantaggio principale della terapia rigenerativa personalizzata è quello di rimandare il più possibile l’intervento chirurgico invasivo e l’impianto della protesi.E’possibileadottareanchepreventivamente -in special modo con la diagnostica di precisione- per la “verifica e manutenzione” delle proprie ginocchia ed è particolarmente indicato per gli sportivi”. Ci saranno ulteriori campi di applicazione del modello Happy Knee Clinics? “Sì, verranno implementate altre aree articolari come la caviglia, il gomito, il polso, la spalla, l’anca e le spine”. Per le malattie degenerative del ginocchio, e presto anche per le altre articolazioni del corpo, l’esattezza diagnostica, i tempi estremamente rapidi delle soluzioni non invasive selezionate dalla care coordinator Ad ogni paziente viene assegnato un Coordinatore, il CARE COORDINATOR, che seguirà il paziente nelle varie fasi del processo diagnostico, clinico e di follow-up. Il CARE-COORDINATOR non sostituisce il medico, il professionista sanitario o la struttura, ma si interpone tra il paziente e l’organizzazione sanitaria per favorirne l’accessibilità del paziente nelle diverse dinamiche e percorsi sanitari. Il CARE-COORDINATOR serve a: • Comprendere e identificare, assieme al paziente, in chiave preventiva le singole necessità e bisogni • Stabilire con precisione il percorso per analizzare lo stato di salute del paziente • Assistere il paziente nel percorso del Protocollo Happy Knee Clinics indicato dallo specialista • Favorire la gestione delle visite di Follow-up e la qualità del percorso ricerca HCK hanno dato origine al modello Happy Knee Clinics che rende concretamente possibile il miglioramento della qualità del vita del paziente, eliminando il dolore, recuperando la funzionalità dell’articolazione nonché rimandare nel tempo un eventuale intervento di chirurgia protesica.
  • 12. 12 | Health Online 30 Occhio al calendario della fioritura, soprattutto se soggetti ad allergie primaverili. È questo il consiglio che esperti di allergologia dispensano in vista della stagione dei pollini che, se da un lato regala panorami mozzafiato, dall’altra potrebbe scatenare gravi crisi respiratorie che in alcuni soggetti possono richiedere addirittura assistenza rianimatoria per rischio di morte. Quattro italiani su dieci soffrono di allergie primaverili, con sintomi che iniziano molto precocemente nel caso di pollinosi da nocciolo e cipresso, a cui seguono pollinosi ancora più insidiose come le sensibilizzazioni alle graminacee e al polline di parietaria. Secondo un’indagine realizzata dall’Anifa, l’associazione nazionale dell’industria farmaceutica dell’automedicazione, la fioritura delle piante rende la primavera la stagione dei raffreddori: gli starnuti colpiscono un’ampia fascia di popolazione e per chi è vittima di allergie, nel periodo di impollinazione, non c’è via di scampo nell’arco di tutta la giornata. Quest’anno inoltre la situazione assume contorni più preoccupanti a causa di temperature elevate mantenute per lunghi periodi che hanno portato a veri e propri picchi da record di impollinazione. Diversi studi hanno dimostrato, inoltre, che l’inquinamento atmosferico accentua l’insorgenza di allergie e può favorire l’aumento dei disturbi allergici. Lo sostiene anche il dottore Beniamino Praticò specialista in malattie dell’apparato respiratorio e in malattie infettive e da poco nominato direttore dell’Unità Operativa di Medicina Interna dell’ospedale Bufalini di Cesena e del Marconi di Cesenatico. Dottor Praticò che cosa intende quando parla di “picchi di polline”? In questo momento i calendari pollinici dimostrano che questo è stato un anno eccezionale a causa delle prolungate temperature al di sopra delle medie stagionali che hanno portato a picchi particolarmente elevati di fioritura pollinica. I pazienti, questa “straordinarietà climatica”, l’hanno avvertita in maniera decisa grazie all’alta pressione persistente di fine febbraio. Alta pressione atmosferica in primavera, inquinamento e impollinazione vanno sempre più a braccetto: l’alta pressione atmosferica schiaccia gli strati più bassi dell’atmosfera provocando un incremento degli inquinanti (polveri sottili, ozono, ossido nitrico, CO2) che a loro volta determinano un’incrementata espressione delle proteine allergeniche di cui sono costituiti i pollini. Tutto questo genera una maggior incidenza di disturbi respiratori sia per gli aumentati livelli di polveri sottili che possono causare malattie dellevierespiratorieedelsistemacardiocircolatorio, sia per l’incrementata allergenicità dei pollini che, nei pazienti sensibilizzati, diventano particolarmente “aggressivi”. Pertanto, allergie e inquinamento ambientale interagiscono? A febbraio quando c’è stato il picco dell’alta pressione atmosferica e delle temperature elevate abbiamo raggiunto in molte città, livelli di Pm10 superiori a 50 mcg per metro cubo. La relazione fra livelli di inquinamento ambientale da polveri sottili e incidenza delle malattie dell’apparato respiratorio, è una delle evidenze più consolidate degli ultimi decenni. Non è un caso che Greta Thunberg, la sedicenne attivista svedese per lo sviluppo sostenibile, si opponga in maniera decisa nei confronti dell’effetto serra che è causa dei cambiamenti climatici di cui siamo oggi tutti testimoni. Questa giovane ragazzina ha richiamato l’attenzione sul tema della difesa dell’ambiente consapevole che per garantire un futuro vivibile sul nostro pianeta sia troppo importante tenere alta l’attenzione su queste tematiche. Stagione dei pollini tra asma e rinite A colloquio con l’allergologo Beniamino Praticò Attualità di Alessandro Notarnicola Dott. Beniamino Praticò
  • 13. www.healthonline.it | 13 Quali sono dunque le problematiche respiratorie con cui devono fare i conti i pazienti? Oltre a comuni starnuti, naso ostruito con scolo nasale, occhi rossi, lacrimazione, i pazienti sperimentano tosse secca e difficoltà a respirare e a riposare di notte; tali sintomi vengono sperimentati fino al 30-40% degli italiani. Le riniti, vere e proprie irritazioni della mucosa, e le congiuntiviti che sono la causa più frequente di “occhio rosso”, sono il risultato di un’infiammazione dello strato mucoso più esterno che riveste sia le cavità nasali sia la sclera dell’occhio e la superficie interna della palpebra. La causa, come sottolineavo parlando del legame tra allergie e inquinamento, può essere ricondotta agli elevati livelli di Pm10 e/o all’aumentata potenzialità del potere allergenico dei pollini che sviluppano livelli elevati di “infiammazione” a livello delle mucose. Per quanto riguarda l’asma? Rispetto ai pazienti rinitici, un numero inferiore di pazienti, circa il 7% della popolazione, soffre di asma. Chi presenta un’asma da pollini necessita di un trattamento farmacologico perché questa potrebbe essere una patologia con sintomatologia clinica anche estremamente grave e in alcuni casi addirittura fatale. Le persone che presentano sintomi di asma da polline dovrebbero avere familiarità con i “calendari pollinici”, conoscere cioè quali sono i periodi di fioritura delle piante a cui sono allergiche così da evitare il più possibile di trovarsi esposti ad alte concentrazioni di pollini nell’aria. Chi è allergico alle graminacee, ad esempio, dovrà astenersi dal passeggiare o svolgere attività fisica nei prati, per quanto possibile, nelle fasi in cui si registra un picco pollinico.
  • 14. 14 | Health Online 30 Secondo alcuni le allergie andrebbero curate con pratiche omeopatiche. Lei cosa ne pensa? In termini di efficacia la terapia farmacologica riesce ad ottenere un controllo migliore dei sintomi. Molte cure omeopatiche hanno effetti simili ai farmaci tradizionali. Non sono contrario all’omeopatia, ma raccomando sempre che l’obiettivo terapeutico sia il controllo pieno della sintomatologia. La ricerca a tal proposito a che punto è arrivata? Esistonoformepiùgravidiasmachenonrispondono alle terapie farmacologiche convenzionali. L’asma graveèunaformachepersuanaturanonrispondead alcuna cura farmacologica. Da alcuni anni, in questi casi, abbiamo a disposizione farmaci “biologici” che attraverso meccanismi immunologici, bloccano gli anticorpi responsabili dell’allergia o riducono le cellule del nostro sangue, responsabili di allergie. Infine, se un bambino presenta allergie come devono muoversi i genitori? Nel meccanismo immunoallergico c’è sempre una componente di tipo genetico/familiare. Uno dei genitori del piccolo che presenta sintomi di allergia è necessariamente affetto o “portatore” del gene che determina problematiche allergologiche. In questa tipologia di famiglie bisogna sottoporre il bambino a indagini allergologiche precoci per ottenere una diagnostica tempestiva. Conoscere il prima possibile l’assetto immunologico e il livello di sensibilizzazione del bambino ci permette di attuare terapie preventive efficaci. Nei pazienti intensamente sensibilizzati a pollini anche se il piccolo paziente non manifesta sintomi particolari bisognerebbe ridurre l’esposizione agli ambienti esterni nei periodi in cui i calendari pollinici evidenziano picchi elevati dell’allergene responsabile.
  • 15. www.healthonline.it | 15 Health Italia S.p.A. nasce dalla volontà di alcuni imprenditori fortemente convinti che la salute e il benessere della persona siano diritti fondamentali da tutelare e promuovere. è un player di riferimento nella promozione di soluzioni di sanità integrativa e sostitutiva, nell’erogazione di servizi amministrativi, liquidativi, informatici e consulenziali a Fondi Sanitari, Casse di Assistenza Sanitaria e Società di Mutuo Soccorso. La creazione di un sistema in grado di fornire servizi a 360° in questo ambito, ha permesso a Health Italia di diventare una delle più grandi realtà indipendenti operanti nel mercato italiano dell’assistenza sanitaria e, integrando l’offerta di piani sanitari e servizi assistenziali con programmi di flexible benefit, di rivolgersi al mercato con un approccio completo al welfare aziendale. Health Italia S.p.A. c/o Palasalute - Via di Santa Cornelia, 9 | 00060| Formello (RM) | info@healthitalia.it | www.healthitalia.it Società quotata sul mercato AIM ITALIA e iscritta alla sezione speciale “PMI innovativa” del Registro delle Imprese “La salute è la più grande forza di un popolo civile”
  • 16. 16 | Health Online 30 Amianto, il killer silenzioso continua a uccidere Ne parliamo con il prof. Mauro Tognon e il dott. Fabrizio Facchini Attualità di Marilena Falcone AMIANTO: COS’È, DOVE DI TROVA, CHI È A RISCHIO Amianto, o asbesto, è il nome dato a un gruppo di mineralifibrosinaturalmentepresentinell’ambiente. È formato da fibre estremamente sottili e separabili, inodori e insapori, che non si dissolvono in acqua né evaporano e sono resistenti a calore, fuoco e alla degradazione fisica e chimica. Proprio per queste proprietà all’amianto nell’antichità venivano addirittura attribuiti poteri magici ed è sempre stato scavato e utilizzato fino in epoca moderna in una grande varietà di prodotti, in particolare: • Materiali da costruzione (isolamenti, mattonelle e piastrelle per soffitti e pavimentazione, cartongesso, tegole e cementi) • Sistemi automobilistici (freni e frizioni) • Stoffe resistenti al calore Le fibre possono disperdersi nell’ambiente per azione degli agenti atmosferici sui depositi naturali o per usura di prodotti manifatturieri, rimanere sospese ed essere trasportate da venti o correnti d’acqua, anche per lunghi periodi di tempo e a grandi distanze, mantenendosi invariate dal punto di vista chimico. Se inalate, possono rimanere intrappolate nei polmoni, accumulandosi nel tempo. I minerali di amianto possono quindi essere presenti ovunque nell’ambiente, sia in forma di depositi naturali che come contaminanti di altri minerali. Le zone all’aperto nelle quali si rilevano concentrazioni di fibre di amianto ritenute pericolose per l’uomo sono: • cave o fabbriche di amianto • vicinanze di edifici contenenti materiali con amianto in via di demolizione o manutenzione • aree di smaltimento e stoccaggio non adeguatamente protette per evitare l’azione erosiva del vento. Al chiuso, la pericolosità delle concentrazioni dipende dall’utilizzo effettuato (isolamento, pavimentazioni, soffitti o altro) e dalle condizioni di conservazione dei materiali. La principale probabilità di esposizione all’amianto è costituita dall’inalazione delle fibre sospese in aria, derivanti sia dai depositi naturali sia dall’usura o dalla manomissione di prodotti manifatturieri; è minore, ma comunque non trascurabile, in caso di ingestione; ridotta per via transdermica. Le categorie maggiormente a rischio sono: • chi lavora o ha lavorato senza le adeguate protezioni direttamente con amianto o prodotti contenenti amianto (minatori, professionisti del settore edilizio, navale o meccanico e addetti al trasporto e allo smaltimento) • responsabili della manutenzione o custodi di edifici mal conservati • chiutilizzaprodottiabasedivermicoliteespansa e talco, inclusa la popolazione generale, a causa della probabile contaminazione fra minerali • persone entrate a contatto indiretto con il minerale, per esempio nel caso di lavaggi effettuati regolarmente in casa delle tute da operaio ricoperte delle pericolose polveri, con inevitabile effetto a catena su familiari e parenti. In Italia, un sito utile per conoscere le aree a maggior rischio di contaminazione è quello di Sportello Amianto, che raccoglie le mappature al momento disponibili tratte dai dati sinora raccolti dal censimento tuttora in corso svolto congiuntamente dalle varie sedi ARPA (Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale), dalle ASL, dalle regioni e dai comuni. FONTI: 1.https://geograficamente.wordpress.com/2017/10/12/ lamianto-che-uccide-i-figli-20-30-anni-dopo-a-monfalcone-ce- un-salto-generazionale-sulle-malattie-da-amianto-dolorosa- prova-che-gli-errori-del-passato/ 2.https://monographs.iarc.fr/wp-content/uploads/2018/06/ mono100C-11.pdf 3. www.sportelloamianto.com
  • 17. www.healthonline.it | 17 “È oramai risaputo che la polvere di amianto è una delle polveri più pericolose alle quali l’essere umano possa essere esposto”. Queste parole, espresse chiaramente nella lettera inviata al colosso Eagle Picher dall’US Bureau of Mines, all’epoca l’Ufficio delle Miniere degli Stati Uniti, risalgono addirittura al 1932. Eppure, il primo bando al mondo contro l’amianto avvenne solo nel 1983, in Islanda, e a seguire in diverse altre nazioni fra cui l’Italia nel 1992. Malgrado i vari interventi legislativi, a distanza di decenni, cifre e statistiche sulle morti causate dall’esposizione all’amianto sono ancora impressionanti ovunque, non soltanto in quei Paesi nei quali il minerale continua a essere regolarmente estratto, lavorato e utilizzato. Ciò è ben evidenziato nel recentissimo studio ‘Global Asbestos Disaster’, frutto di una collaborazione internazionale che ha coinvolto anche l’INAIL. Lo studio mostra chiaramente la tendenza inarrestabile dei decessi ritenuti correlati all’amianto anche lì dove da tempo sono state introdotte normative specifiche, incluse quelle vòlte a gestirne lo smaltimento: in tutto il mondo, l’amianto provoca oggi circa 255.000 morti l’anno, delle quali 233.000 dovute all’esposizione pregressa per motivi professionali e circa 22.000 per motivi non direttamente professionali. Dei decessi accertati, oltre 5.000 avvengono annualmente in Italia (fonte: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29772681). Sono tanti allora i dubbi che sorgono quando si parla di “pericolo amianto”. Quali sono le patologie ad esso correlate? Chi e dopo quanto tempo dall’esposizione si ammala? Qual è il progresso della medicina in termini di prevenzione, diagnosi e terapie? Per rispondere a queste domande in occasione della Giornata Mondiale delle Vittime dell’Amianto che ricorre il 28 aprile, HealthOnline, il primo magazine italiano sulla sanità integrativa del gruppo Health Italia SpA, ha contattato il professor Mauro Tognon dell’Università degli Studi di Ferrara, ricercatore della ‘Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro’ (www.airc.it) sul mesotelioma maligno della pleura, e il dottor Fabrizio Facchini, direttore del Dipartimento di Pneumologia presso un ospedale poli-specialistico semi-governativo e centro di ricerca e insegnamento a Dubai. Dottor Facchini, iniziamo inquadrando la situazione dal punto di vista medico: quali sono le principali patologie dell’apparato respiratorio legate all’amianto? L’inalazione della polvere che contiene fibre di amianto comporta il rischio di sviluppare malattie sia del polmone che del tessuto che riveste il polmone chiamato pleura. In particolare, le particelle della polvere dell’amianto che raggiungo il polmone vengono riconosciute dall’organismo come particelle estranee all’organismo e come tali il sistema di difesa, chiamato sistema immunitario, cerca di distruggerle per poterle eliminare. Questa azione viene frustrata dal fatto che le particelle dell’amianto sono essenzialmente indistruttibili per il sistema immunitario. Le cellule deputate a questa azione di pulizia/distruzione sono principalmente i macrofagi (letteralmente grandi mangiatori), i quali possono rimanere nel polmone o migrare verso la superficie del polmone lungo le autostrade del sistema immunitario, chiamate vie linfatiche, raggiungendo la pleura. Per meccanismi ancora non completamente conosciuti, in alcune persone la reazione del nostro sistema immunitario può portare allo sviluppo di cicatrici che a volte si calcificano sulla superficie del polmone chiamate placche pleuriche. Le placche pleuriche non sono pericolose per la salute, ma rappresentano una caratteristica distintiva dell’esposizione all’amianto. Altre volte provocano una reazione della pleura Dott. Fabrizio Facchini
  • 18. 18 | Health Online 30 che comporta l’accumulo di fluido tra i foglietti pleurici della parete toracica e quello del polmone, chiamato effusione pleurica o pleurite effusiva, che può causare difficoltà respiratoria occupando lo spazio originariamente occupato dal polmone. Nel tessuto del polmone, la battaglia contro le fibre dell’amianto può produrre una reazione chiamata asbestosi polmonare che, aggravandosi, gradualmente determina una riduzione delle capacità respiratorie, la sindrome respiratoria restrittiva, caratterizzata da affaticamento respiratorio soprattutto sotto sforzo e che nei casi più importanti può richiedere la supplementazione di ossigeno (ossigenoterapia). Infine il continuo frustrato tentativo di eliminare le fibre di amianto rischia di indurre danno delle strutture del DNA cellulare, la molecola fondamentale per riprodurre le cellule del nostro organismo e deposito delle nostre caratteristiche ereditarie. Quando avviene, ciò comporta un aumentato rischio del tumore maligno del polmone o carcinoma polmonare, e del tumore maligno della pleura, o mesotelioma. Dopo quanto tempo dall’esposizione possono manifestarsi queste patologie? Le malattie respiratorie legate all’asbesto richiedono un tempo lungo di sviluppo, in genere da 5-6 anni per le patologie benigne (placche pleuriche) e relativamente benigne (effusione pleurica), mentre può richiedere sino a circa 15-30 anni per le patologie maligne. Questi tempi sono inversamente proporzionali all’esposizione, ossia maggiore è la quantità di fibre respirate, più breve è il tempo che intercorre tra l’esposizione iniziale e il riscontro di malattia (effusione polmonare, asbestosi) o cancro pleuro-polmonari (carcinoma polmonare e mesotelioma) Qual è la quantità minima di amianto che, se inalata, rappresenta un rischio reale per la salute? Non esiste una soglia di sicurezza, perché anche poche fibre che raggiungono e permangono nel polmone o pleura possono innescare i meccanismi di danno che producono le malattie polmonari. Tuttavia è certo che maggiore è l’esposizione, maggiore è il rischio. Si parla sempre di “rischio” perché nel produrre la malattia certamente concorrono molti aspetti che con molta probabilità includono anche una predisposizione genetica. È vero che i fumatori sono maggiormente esposti? Sì, i fumatori sono a maggiore rischio di sviluppare lesioni e patologie respiratorie legate all’asbesto perché il fumo di sigaretta danneggia e riduce l’efficacia del principale e unico sistema di difesa utile, ossia la rimozione meccanica delle fibre dell’amianto dal nostro sistema respiratorio tramite il trasporto verso l’esterno del muco bronchiale da parte delle cilia bronchiali che rivestono le cellule delle vie respiratorie, chiamato sistema di trasporto mucoliare. Inoltre, la combinazione di fumo di sigaretta ed esposizione a fibre dell’amianto agisce come moltiplicatore del rischio di sviluppare carcinoma del polmone, che aumenta di ben 16 volte rispetto al solo fumo di sigaretta, se si è esposti a più di 20 sigarette al giorno, e 9 volte più frequente nei fumatori che consumano meno di venti sigarette al giorno. In definitiva, se l’esposizione alle “sole fibre
  • 19. www.healthonline.it | 19 dell’amianto” produce un incremento del rischio del carcinoma del polmone di 6 volte, mentre l’esposizione al “solo fumo di sigarette” produce un aumento del rischio di carcinoma polmonare di 11 volte, la combinazione di esposizione a fibre dell’amianto e fumo di sigaretta comporta un aumento del rischio di carcinoma polmonare di ben 59 volte! Esistono metodologie di prevenzione efficaci? Come evidenziato all’inizio (riquadro introduttivo), la migliore prevenzione è quella ambientale, ossia l’adozione di misure che riducano o aboliscano l’utilizzo delle fibre dell’amianto nelle manifatture umane. Purtroppo ad oggi la legislazione sull’amianto nel mondo è carente in molti paesi; inoltre l’amianto è ancora consentito in alcuni prodotti come i freni delle auto e prodotti ignifughi. In aggiunta, molti capannoni ed edifici privati e pubblici contengono strutture edilizie con componenti di amianto, il cui rischio aumenta con la degradazione nel tempo delle strutture stesse. Infine l’esposizione si verifica quando si è esposti a prodotti già presenti nell’ambiente come nei lavoratori di miniere e gallerie di rocce contenenti amianto e nei soggetti addetti alla rimozione di strutture e pannelli contenenti amianto. Quando si conosce il rischio di esposizione, come nei lavoratori addetti alla rimozione delle strutture contenenti amianto, si possono adottare dispositivi di prevenzione dell’inalazione diretta e di “raccolta” nei vestiti o superficie del corpo delle fibre, che rischierebbero altrimenti di essere inalate in tempi successivi. Quali sono le terapie attualmente disponibili, e con quali esiti? Le patologie benigne, ossia le placche pleuriche, non richiedono alcun intervento terapeutico. Anche la stessa effusione polmonare può non necessitare
  • 20. 20 | Health Online 30 di alcuna terapia, perché in genere si auto-risolve nel giro di alcuni mesi. In casi particolari, quando la effusione polmonare é quantitativamente significativa, è possibile aspirare il fluido raccolto consentendo la ri-espansione polmonare. L’asbestosi polmonare non ha attualmente alcun trattamento efficace riconosciuto, ma in genere il suo decorso è molto lento e le terapie possibili sono quelle di supporto ai sintomi. Le malattie tumorali maligne vengono trattate indipendentemente dal fatto che siano state causate dall’amianto. Ad oggi il trattamento chirurgico è limitato, sia nel caso del carcinoma polmonare che nel caso del mesotelioma, nelle malattie diagnosticate in fase iniziale o fase limitata, mentre le forme più avanzate richiedono un trattamento con radioterapia, chemioterapia o combinato radio- chemioterapico. Le ricerche come quelle del professor Tognon sicuramente portano un contributo importante sia da un punto di vista di una diagnosi il più precocemente possibile, che per un miglioramento dell’efficacia delle terapie disponibili. Dottor Facchini, un’ultima domanda prima di passare la parola proprio al professor Tognon: ci sono situazioni particolari con le quali si è trovato a contatto nel corso della sua professione di medico? Per mia fortuna sono diventato medico, e poi pneumologo, in un’epoca in cui la legislazione riconosceva il rischio dei prodotti dell’amianto e ne aveva fermato l’esposizione. In ambito sanitario il rischio maggiore lo hanno corso i colleghi della Medicina del Lavoro, piuttosto che i pneumologi. Sia per il fatto che spesso hanno lavorato negli stessi ambienti dei lavoratori esposti all’amianto, sia per il fatto che le fibre dell’amianto
  • 21. www.healthonline.it | 21 possono essere respirate indirettamente dalle superficie esposte alla polvere dell’amianto, come i vestiti e persino barba e capelli dei lavoratori. In letteratura scientifica sono noti i casi di famigliari di lavoratori esposti all’amianto che hanno contratto le malattie respiratorie legate all’amianto avendo respirato le fibre trasportate dai loro vestiti. Professor Tognon, passiamo dunque alle prospettive future: il dottor Facchini ha citato le sue ricerche come contributo importante per arrivare a diagnosi precoci e terapie efficaci. Qual è in tal senso la situazione attuale e cosa si delinea nel breve, medio e lungo termine? Relativamente alla diagnosi, ad oggi non ci sono saggi specifici standardizzati e accettati dai laboratori che si occupano di verificare l’avvenuta esposizione da amianto. Tuttavia, l’indagine lavorativa (anamnesi, ricostruzione dell’attività svolta dal lavoratore, sopralluoghi nelle aziende o recupero di documentazione di aziende non più esistenti, ecc.) è di grande aiuto assieme ad alcuni dati clinici (esempio placche pleuriche in soggetti con anamnesi positiva per esposizione ad asbesto). Ci può essere anche il riscontro di fibre di asbesto in tessuto polmonare e/o pleurico (ciò, però, richiede metodiche invasive: biopsia e altro). Quanto alle terapie, le attuali tecniche chirurgiche hanno fatto qualche progresso. Ad oggi la prognosi rimane però drammaticamente infausta. Le ricerche da noi programmate, assieme ai colleghi di Medicina del Lavoro e Oncologia, dovrebbero nel breve futuro consentirci di svelare, nel siero dei pazienti e dei lavoratori ex-esposti all’amianto, dei marcatori specifici di malattia e predittivi di insorgenza del mesotelioma maligno della pleura. Tali marcatori denominati microRNA sono dosabili nel siero e potrebbero diventare delle “spie” che si accendono durante l’insorgenza e progressione del mesotelioma maligno della pleura e consentirebbero una diagnosi precoce, che attualmente non si riesce ad eseguire per assenza di segni clinici della malattia. Per gli ex-lavoratori esposti all’amianto tali marcatori potrebbero aiutare ad individuare quella percentuale, compresa tra il 1% e 10%, di pazienti in cui insorgerà il tumore. Questo approccio potrebbe consentire di monitorare nel tempo gli ex-lavoratori esposti all’amianto e verificare chi è a rischio di insorgenza del tumore. Le attuali verifiche basate su schermografia al torace e spirometria sono poco Prof. Mauro Tognon o nulla efficaci nell’identificare l’insorgenza del tumore. Per il futuro, con i colleghi patologi generali e chirurghi toracici, abbiamo proposto una tecnica chirurgia innovativa che prevede la sperimentazione nei ratti di una metodica denominata perfusione. In breve, abbiamo previsto di far circolare nello spazio pleurico una soluzione fisiologica arricchita di calcio e chemioterapici. Tale approccio è suggerito dalla scoperta che le cellule del mesotelioma trattate con chemioterapici, a causa della carenza del calcio intracellulare, non vanno in apoptosi, vale a dire non muoiono. Di recente abbiamo verificato sperimentalmente che le cellule di mesotelioma arricchite di calcio e trattate con chemioterapici vanno in apoptosi. Se questo approccio dovesse funzionare anche in vivo potremmo trattare i pazienti affetti da mesotelioma maligno della pleura con questa metodica innovativa per la cura di questo tumore, ad oggi ancora fatale. Un ulteriore approccio lo stiamo sperimentando con i colleghi farmacologi e patologi clinici sulle cellule del mesotelioma maligno della pleura con farmaci/composti innovativi contro specifiche proteine di membrana. Le loro attività in vitro e nei roditori hanno dato buoni risultati preliminari. Nell’attesa quindi che la ricerca porti i risultati auspicati, ringraziamo il professor Tognon e il dottor Facchini per la disponibilità nel delineare la delicata situazione relativa agli effetti sulla salute dell’amianto per i lettori di Health Online.
  • 22. 22 | Health Online 30 Le Società di mutuo soccorso sono le prime libere organizzazioni che fin dall’origine, su base volontaria, hanno creato forme di tutela dei lavoratori e dei cittadini rappresentando una prima espressione di welfare generativo e co-partecipato tra i soggetti coinvolti. Il rapporto tra i soci è regolato da un patto che definisce vantaggi e obblighi reciproci. Questo patto, libero e volontario, si chiama mutualità e lo scambio mutualistico è il mezzo attraverso il quale operano le società di mutuo soccorso. Il modello offerto oggi dalle SMS è molto attuale e in forte crescita anche in ambito socio sanitario in quanto risponde ai bisogni dei cittadini offrendo servizi sanitari integrativi del Sistema Sanitario Nazionale per salvaguardare e migliorare la qualità della vita degli associati. In questo contesto è stata presentata, il 10 Aprile, presso la Camera Dei Deputati, la II Indagine Nazionale sulle Società di Mutuo Soccorso, realizzata dall’Associazione Isnet - costituita nel 2007 che dialoga con un network di 1234 enti del terzo settore con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo delle imprese sociali - in collaborazione con la Federazione Italiana della Mutualità Integrativa L’IMPORTANZA DEL RUOLO DELLE SOCIETà DI MUTUO SOCCORSO IN AMBITO SOCIO SANITARIO L’intervento di Luciano Dragonetti Vice Presidente ANSI In evidenza di Nicoletta Mele Volontaria (FIMIV), Confcooperative Sanità e l’Associazione Nazionale Sanità Integrativa e Welfare (ANSI) ente no profit, fondato nel 2011 da alcune primarie società generali di mutuo soccorso e casse di assistenza sanitaria, come risposta al bisogno di aggregazione e di rappresentatività nel settore della sanità integrativa italiana. La 1a indagine Nazionale sulle Società di Mutuo Soccorso è stata realizzata nel luglio del 2016 dove è stato evidenziato, sulla base di dati qualitativi e quantitativi raccolti su tutto il territorio, un quadro delle Società di Mutuo Soccorso moderne in Italia. Particolare attenzione è stata data ai cambiamenti generati dalla riforma del 2012; ne è emersa una realtà viva e variegata, che certamente affonda le sue radici nel passato ma che guarda al futuro. Dalla II ricerca Nazionale sulle Società del Mutuo Soccorso, che ha costituito il primo Panel nazionale sulle SMS, sono emersi ulteriori dati significativi: nell’ultimo anno sono state erogate prestazioni e sussidi socio sanitari e assistenziali ai propri soci beneficiari per un valore complessivo di 141 milioni di euro pari al 63,3% dei contributi raccolti; il 42% di SMS prevedono incrementi della base associativa, mentre il 61% delle organizzazioni svolge attività socio sanitaria. “L’indagine ISNET - ha dichiarato Luciano Dragonetti Vice presidente ANSI - è la conferma della presenza sul territorio delle SMS che svolgono funzione di vicinanza alla persona. Le SMS sono gli unici enti che garantiscono assistenza per tutta la vita, sono state il vettore del progresso in una epoca povera di welfare, povera di previdenza e di diritti costituzionali. Oggi sono un veicolo di buone abitudini che fanno riscoprire valori come la partecipazione, la condivisione, l’appartenenza”. In questa seconda indagine è anche emerso il numero crescente di adesioni dei soci, elemento che come ha spiegato Dragonetti “vuole essere indicativo rispetto all’importanza che il legislatore dovrebbe maggiormente riporre verso la mutualità. Luciano Dragonetti
  • 23. www.healthonline.it | 23 Siamo stati onorati di aver contribuito come ANSI, in questi due anni, all’indagine vuole essere un riconoscimento ad una associazione indipendente che sempre più sta rappresentando i diritti del mutuo soccorso nazionale”. Tantiivantaggidellaformulamutualistica“Inassoluto il primo vantaggio - ha detto il Vice Presidente ANSI - è l’assenza dei fini di lucro, questo significa che gli utili che genera la mutua possono essere solo investiti sui soci o sui servizi per i soci. Non vi è un premio che si differenzia in base al rischio della persona (quello anagrafico è il più rilevante) ma un contributo indipendente ed in cambio una assistenza globale per la salute e per i bisogni sociali ed assistenziali. Un altro vantaggio da evidenziare è l’incentivo fiscale proprio delle mutue, il contrubito è infatti detraibile per il 19% fino ad un max di € 1.300 annui”. L’attivitàmutualistica,adifferenzadiquellasvoltadalle assicurazioni, non ha scopo di lucro - regolamentata dalla normativa che si fonda sulla legge del 15 Aprile 1886 n°3818 - offre agli aderenti prestazioni mediche a costi agevolati, agisce in ottica cooperativistica e mira a salvaguardare la salute e la qualità di vita dei suoi associati. La II ricerca realizzata dall’Associazione Isnet, nell’ambito degli approfondimenti tematici dell’Osservatorio nazionale sull’impresa sociale, ha costituito il primo Panel nazionale sulle SMS che offre la possibilità di fare analisi periodiche e le verifiche dell’impatto sociale generato, utili anche per le politiche e le azioni di governo. L’On. Marialucia Lorefice Presidente della XII Commissione Affari Sociali alla Camera, ha ricordato che in Commissione è stata avviata un’indagine conoscitiva sui Fondi Integrativi al Servizio Sanitario Nazionale finalizzata ad approfondire la materia al fine di valutare l’opportunità di un riordino della Sanità Integrativa. Alla convocazione del 29 gennaio scorso ha partecipato l’Associazione Nazionale Sanità Integrativa e Welfare (ANSI) ed ha evidenziato l’importanza del sistema mutualistico che oggi sta garantendo prestazioni e servizi sanitari quale secondo pilastro della sanità italiana, consentendo alla sanità pubblica di liberare risorse economiche da destinare alle fasce più deboli della popolazione. “Aver partecipato all’indagine conoscitiva - ha concluso Dragonetti - ci ha permesso di contribuire attivamente, con contenuti concreti frutto del lavoro quotidiano e della rilevazione costante delle nuove esigenze della collettività, alla evidenza del valore sociale e, quindi, della grande importanza che le società di mutuo soccorso ricoprono per fronteggiare ogni forma di arretratezza di stato. Le mutue infatti possono prendersi carico delle esigenze sanitarie di una persona anche oltre il perimetro del welfare aziendale, quindi oltre l’attività lavorativa, oltre la pensione, per tutta la vita. Tutto questo grazie al principio fondante di una mutua, ovvero l’assenza dei fini di lucro, l’assenza della selezione del rischio e l’atteggiamento della collettività (soci, non clienti) a vantaggio delle esigenze del singolo”.
  • 24. Nessuna distinzione per numero di componenti della famiglia Nessuna distinzione di età Sussidi per Single o Nucleo familiare Detraibilità fiscale (Art. 15 TUIR) Nessuna disdetta all’associato Durata del rapporto associativo illimitata Soci e non “numeri” perché abbiamo scelto mba? rimborso interventialta diagnostica assistenza rimborso ticket conservazione cellule staminali visite specialistichesussidi per tutti check up Mutua MBA è da sempre impegnata nell’assistenza sanitaria integrativa e rappresenta l’innovazione, il dinamismo e la qualità nella mutualità italiana ponendosi come “supplemento” alle carenze, ad oggi evidenti, del Servizio Sanitario Nazionale. Vanta un costante incremento del numero di Soci Promotori e propone numerose combinazioni assistenziali che offrono un’ampia gamma di prestazioni sanitarie a costi agevolati per oltre 350.000 assistiti, tra famiglie e nuclei. Mutua MBA c/o Palasalute - Via di Santa Cornelia, 9 - 00060 - Formello (RM) Tel. +39 06 90198060 - Fax +39 06 61568364 www.mbamutua.org integratori alimentari
  • 25. www.healthonline.it | 25 Microbiologicamente controllati no cessori di formaldeide no parabeni no paraffina no oli minerali no ogm no sls no sles Sulla tua pelle l’essenza della bellezza Health Pharma SpA Sede legale: Via San Quirino, 48 | 39100 Bolzano - Sede operativa: Via di Santa Cornelia, 9 | 00060 Formello (RM)
  • 26. 26 | Health Online 30 progetto di sensibilizzazione e informazione corretta sul fenomeno che i media – ma anche i medici - tendono a confondere con la depressione o con la dipendenza da Internet. Ne abbiamo parlato con il professore Elvis Mazzoni, Dipartimento di Psicologia dell’Università degli studi di Bologna, che insieme al psicoterapeuta Francesco Rasponi ha fondato l’associazione “Psichedigitale” per lo studio dell’interazione tra l’uomo e le tecnologie digitali. “Cogliendo la gravità del problema abbiamo avviato a Cesena il Centro d’Ascolto Psichedigitale che offre ai genitori l’opportunità di un confronto con professionisti per valutare le modalità di utilizzo degli strumenti tecnologici (smartphone, tablet, videogiochi, social) e i fattori personali che ne favoriscono un uso improprio, un abuso o una vera e propria dipendenza”. Nel suo primo anno di vita - spiega Mazzoni - il Centro ha registrato una trentina di consulenze. Professore Mazzoni sempre più ragazzi tra gli 11 e i 15 anni diventano smartphone-dipendenti. Ci sono delle responsabilità? L’educazione la fa da padrona ed è l’aspetto più importante su cui riflettere: se i genitori non sono in grado di far comprendere ai bambini il corretto utilizzo delle tecnologie loro crederanno che questi strumenti debbano sempre essere presenti nella vita in ogni ambito. Il problema sorge quando i giovanissimi rovesciano quelle che dovrebbero essere dinamiche di sviluppo e di controllo proiettandole nella realtà online. Cosa comporterebbe? L’aspetto più problematico sarebbe un possibile ritiro dalla vita sociale quotidiana accompagnato da un progressivo isolamento. Così facendo le relazioni sono vissute in maniera immediata e più diretta senza quella rilevanza che si darebbe alle relazioni reali che sembrano più complesse. Se chiediamo a un adulto quanti amici ha nella vita ne conterà pochissimi. Se rivolgiamo la stessa domanda a un adolescente tirerà fuori cifre allucinanti. I ragazzi sono consapevoli di questa dipendenza? Schiavi delle tecnologie. Aumentano gli hikikomori in Italia Il professor Elvis Mazzoni: “Necessaria un’educazione civica dell’online per arginare l’avanzata” “Aiuto, mio figlio non esce più di casa”. Sono in crescita le telefonate di allarme, e non meno di denuncia, da parte di genitori spaventati dalla reazione dei propri figli davanti ai variegati canali digitali. Dal computer alla consolle, per finire sul display di un comune smartphone, crescono in Italia gli adolescenti indifferenti alla vita reale e completamente dipendenti dalla realtà virtuale. Si tratta degli hikikomori, giovani che smettono di andare a scuola, non escono di casa (e a volte nemmeno dalla propria stanza) e rifiutano il contatto con amici, insegnati e parenti. In altre parole, si isolano, come descrive bene il termine “stare in disparte”, traduzione dell’appellativo giapponese hikikomori. Essendo un fenomeno dai recenti natali è ancora difficile capire quanto sia diffuso in Italia. Alcune stime però riportano almeno 100.000 casi. Quel che è certo è che gli hikikomori vivono più a Nord che a Sud, hanno un’età media di 20 anni e sono perlopiù maschi. Sono questi alcuni dei primi dati statistici raccolti da Marco Crepaldi, presidente dell’associazione Hikikomori Italia che si occupa dello studio del fenomeno e della creazione dei una rete di conoscenza e supporto. Si tratta di un Tecnologia e salute di Alessandro Notarnicola Prof. Elvis Mazzoni
  • 27. www.healthonline.it | 27 Lo sono. Nel corso di un meeting uno di loro ha affermato di essere orfano di un’educazione civica alla vita online. Ma insegnanti e genitori non sono preparati a questa formazione perché hanno vissuto nella generazione precedente, dove gli smartphone erano inimmaginabili, pertanto non possiedono un modello funzionale da proporre. Cosa si dovrebbe fare? Non nascondere la polvere sotto il tappeto come si è sempre fatto ma discuterne. Stanno mancando la comunicazione e l’interazione. Internet e gli smartphone possono diventare un pretesto di comunicazione e di punto di contatto tra genitori e figli cosicché gli uni possano recuperare e gli altri possano acquisire consapevolezza colmando quel gap generazionale. Un esempio pratico? Stabilire di comune accordo delle regole sull’utilizzo di questi strumenti in casa istituendo delle zone “smartphone free” o “internet free” dove si discute e basta mettendo da parte la tecnologia. Potrebbe essere un buon punto di partenza. Quali sono i numeri per quanto riguarda la vostra area di studio? La ricerca, pubblicata alcuni mesi fa e unica nel suo genere nel panorama europeo dimostra che sono 346 i casi segnalati dalle scuole nel 2017. 18 in Emilia Romagna, 97 a Bologna, 68 a Modena e 54 a Reggio Emilia. Sono alunni che non frequentano, spesso chiusi in casa per motivi psicologici. Ragazzi, dai 13 ai 16 anni, nella delicata fase di passaggio dalle medie alle superiori, che rifuggono la vita sociale privilegiando quella virtuale della Rete. Pochi sono i casi alla primaria, circa venti, e si tratta di fobia scolare, condizione che non possiede, o non possiede ancora, le condizioni per essere definita come ritiro sociale. Questi dati sono, tuttavia, sottostimati perché si riferiscono alle sole segnalazioni dei docenti. Terminando a 16 anni l’obbligo scolastico, potrebbero esserci ragazzi ritirati o non iscritti.
  • 28. 28 | Health Online 30 concomitanza con il 99esimo congresso della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, in Italia sono oltre 300.000 gli infortunati che per un motivo o per l’altro finiscono ogni anno al Pronto Soccorso per un trauma da sport. Ma allora, fare sport fa bene o fa male? Health Online, il primo magazine dedicato alla sanità integrativa del gruppo Health Italia SpA, lo ha chiesto al dottor Emiliano Grossi, fisioterapista e specialista in Rieducazione posturale globale presso i Centri di Fisioterapia di Roma e Bergamo FisioClinic, incaricato dal prof. Ph. E. Souchard e dall’Université de Thérapie Manuelle in Francia come assistente alla formazione ufficiale italiana Post-Universitaria in Rpg. Buongiorno dottore. Facciamo un piccolo passo indietro: brevemente, può spiegare in cosa consiste la fisioterapia? La fisioterapia è una branca della medicina molto antica che prevede cure di tipo naturale (“fisio” in greco è per l’appunto “naturale”), ma che oggi si è molto evoluta in tanti ambiti oltre il muscoloscheletrico, come il neurologico, il viscerale, l’urologico, lo pneumologico, solo per fare alcuni esempi. In pratica in quasi ogni campo della medicina moderna può essere previsto un approccio di cure riabilitative o preventive attraverso l’adeguata fisioterapia specialistica. È importantesottolineare, agaranziadellasalutedel cittadino, la recente istituzione dell’Albo nazionale a cui tutti i fisioterapisti devono obbligatoriamente essere iscritti.  Oggi questa scienza può essere praticata esclusivamente da professionisti che abbiano completato un percorso universitario o titolo conseguito in tempi precedenti, solo se reso equipollente e ritenuto valido per l’iscrizione all’Albo stesso.  Come si inquadra la fisioterapia in relazione alle attività sportive svolte a diversi livelli nelle varie fasce di età e capacità fisiche? Quando penso al mio lavoro mi piace pensare che sto somministrando al paziente (e allo sportivo) un farmaco. È importante scegliere la terapia adatta (in autonomia La fisioterapia è il segreto per praticare sport senza brutte sorprese Incontriamo il dottor Emiliano Grossi, fisioterapista e specialista Rpg Il 6 aprile si è celebrata la Giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e la pace. La data, scelta in corrispondenza dell’anniversario dell’apertura dei primi Giochi Olimpici dell’era moderna ad Atene nel 1896, ha segnato per molti anche l’arrivo reale della Primavera e, con essa, del desiderio di prenderci cura di noi stessi ricominciando magari a fare un po’ di sport dopo i lunghi mesi di pigrizia invernale. Forse con qualche esagerazione, se, come riporta l’ANSA nell’articolo intitolato “L’estate si avvicina, 6 italiani su 10 ossessionati dallo sport”, la preoccupazione maggiore di chi si lancia nelle attività sportive in questo periodo si concentra due punti: non riuscire a bruciare calorie in eccesso (33%) e non rimettersi in forma per la fatidica prova costume (25%). Ciò porterebbe, procede l’articolo, a un rischio di dipendenza da attività fisica per le migliaia di sportivi improvvisati che possono ritrovarsi a praticare attività fisica in modo errato e senza risultati, ma soprattutto in modo ossessivo. Non solo. Anche quando non è mosso dalla ricerca dell’estetica fine a se stessa, ma da quella del benessere generale accompagnato da un po’ di movimento all’aperto, il passaggio dalla settimana bianca sugli sci ai campi di calcetto o allo jogging nei parchi può essere traumatico. Letteralmente: secondo lo studio Siot pubblicato nel 2014 in Sport e benessere di Marilena Falcone Dott. Emiliano Grossi
  • 29. www.healthonline.it | 29 se è già stata fatta una diagnosi o in equipe con il medico in caso contrario), ma anche la “posologia” è fondamentale, ossia la frequenza di sedute. Quindi, dallo sportivo occasionale a quello che praticaunaattivitàfisicaconregolarità,daldilettante al professionista, dal giovanissimo all’anziano fino a quello con problemi specifici, tutti hanno potenzialmente bisogno di essere seguiti da un buonfisioterapista. Certamente, quandomi trovo a seguire i professionisti dello sport può essere necessaria una posologia che può arrivare anche a due sedute al giorno, mentre per chi svolge attività saltuaria possono bastare un inquadramento terapeutico e una supervisione con sedute di una volta a settimana o meno e un piccolo lavoro di autogestione a casa. Questa è ovviamente una generalizzazione perché nella fisioterapia moderna l’individualizzazione del percorso è un aspetto fondamentale. Il fisioterapista non solo bravo tecnicamente, ma preparato scientificamente, deve ovviamente conoscere le linee guida e sapersi muovere nell’individualizzare il piano di trattamento a seconda del caso specifico. La fisioterapia oggi è una professione altamente scientifica, in cui comunque la sensibilità, l’attitudine alla cura - in una parola “l’uomo o la donna dentro il professionista” – e, non ultima, la mano del terapista, fanno assolutamente la differenza.  In generale, l’età, diciamo così, più avanzata e soprattutto la presenza di problematiche specifiche costituiscono la sfida maggiore. Personalmente ho avuto grandissime soddisfazioni lavorative con sportivi professionisti, ma le più grandi rimangono sempre quelle in cui il tuo paziente di oltre 80 anni si iscrive alla prossima maratona. Dove ci sono già problemi di salute pregressi o età un po’ avanzate è importantissimo elaborare un piano di trattamento, guidare il paziente verso uno sport più idoneo alla situazione specifica o trovare strategie (a volte ausili) per consentire di svolgere bene l’attività tanto amata dal paziente e alla quale non vuole rinunciare.  Riscontra invece differenze in termini di trauma o fastidi riportati da uomini e donne?  Questa è una domanda molto interessante. Un tempo si aveva questa percezione, ad esempio che le problematiche della zona lombare fossero più appannaggio dell’uomo, mentre le alterazioni di tipo cervicale più delle donne. Di fatto la situazione è meno marcata di così e mi capita oggi di leggere dati statistici abbastanza sovrapponibili. Questo è anche coerente con quello che vedo nei miei centri di fisioterapia. Che sia un processo democratico/evolutivo verso la parità dei sessi?  Con l’arrivo della buona stagione si passa dagli sport invernali a quelli più tipicamente primaverili ed estivi come calcio, tennis, corsa, nuoto, camminata veloce solo per citarne alcuni. Nella sua esperienza, quali sono quelli che richiedono maggiori precauzioni e che traggono maggior vantaggio dall’intervento del fisioterapista?  Eliminando i veri e propri traumi da sport (es. cadute dagli sci) che impongono un percorso fisioterapico post-traumatico, tutti gli sport, compreso il nuoto, hanno bisogno di precauzioni ed attenzioni specifiche. Consiglio sempre di diffidare da indicazioni del tipo “la fisioterapia non ti serve, vai a nuoto, vai a camminare, vai in palestra o simili”. Ovviamente il percorso scelto dipende da intensità, frequenzaealtriparametri.Un fisioterapista esperto e specializzato in analisi biomeccanica, miofasciale e posturale può ottimizzare tanti parametri di uno sportivo analizzando la situazione di base, il gesto
  • 30. 30 | Health Online 30 che deve compiere e le sollecitazioni specifiche a cui fisiologicamente va incontro quel soggetto specifico, con la sua conformazione e unicità. È come preparare un’auto da corsa ai box: si studia, si analizzano i problemi e si fanno le giuste modifiche per far sì che durante la gara possa non solo rendere al massimo, ma evitare di danneggiarsi! Un metodo di studio, prevenzione ed ottimizzazione delle performance sportive è lo SGA (Stretching Globale Attivo), di cui sono uno dei formatori ufficiali e che dà al fisioterapista uno strumento per approcciare tutte le categorie di sportivi anche ad altissimo livello (è utilizzato nella squadra del Real Madrid per fare un esempio).  Rimanendo in tema, lei in quali tipologie di interventi in ambito di prevenzione, cura e riabilitazione è specializzato? Ormai più di 20 anni fa, da “semplice” fisioterapista mi specializzai in un approccio metodologico rivoluzionario per l’epoca. Tanto rivoluzionario e innovativo che chi, come me, scelse di dedicare la propriavitaprofessionale adesso,lofecein virtù degli straordinari risultati, all’epoca non ancora supportati da studi scientifici. È stata una scommessa, ed è stata vincente. Oggi le basi su cui si fonda il metodo Rpg Souchard (o Gpr Souchard nei Paesi anglofoni) del cui insegnamento faccio parte, sono giustificate da principi scientifici largamente riconosciuti nell’ambito della terapia manuale (una grande famiglia che racchiude metodi e tecniche di avanguardia scientifica). Ci sono continuamente nuove pubblicazioni scientifiche al riguardo e libri scritti dal prof. Souchard, con cui ho la fortuna di lavorare costantemente. In particolare, la novità di quest’anno è stata la pubblicazione della seconda edizione di Fascial Dysfunction (Handspring Publishing), libro di enorme successo mondiale firmato, nella sua prima edizione, da autori del più alto calibro internazionale. In questa nuova pubblicazione ho avuto l’onore di scrivere un capitolo interamente dedicato al metodo Rpg e alle sue basi scientifiche in terapia manuale, coordinato insieme agli altri autori dal compianto prof. Chaitow, editor dell’opera.  Congratulazioni, dottor Grossi. In generale, quali consigli può rivolgere ai lettori di Health Online che vogliano approfittare dell’arrivo della buona stagione per intraprendere una attività sportiva senza incidenti e quali sono i criteri da adottare per scegliere le attività più adatte in base a fascia di età, livello di tonicità e preparazione fisica?  Sicuramente cercare di capire il livello da cui si parte ed essere molto graduali nell’incremento dei carichi di lavoro. Prediligere sempre esercizi di allungamento muscolare e flessibilità, perché oggi sappiamo che un muscolo tonico funziona bene solo se è anche elastico. Il rinforzo fine a sé stesso non è più considerato un parametro da incentivare. Ma la cosa che più mi sento di consigliare è di cercare un piccolo cambiamento culturale e di atteggiamento: non andate dal fisioterapista solo quando vi fate male o avete un problema! Cosi come sarebbe consigliabile andare dal dentista a fare dei controlli PRIMA di avere dei problemi seri, per cui bisogna poi intervenire, sarebbe bene abbracciare un criterio di vera “prevenzione fisioterapica”, come mi piace chiamarla. In questo, noi fisioterapisti dobbiamo guidare i pazienti in modo che anche dal momento in cui avranno risolto i loro problemi con noi, sia questione di buon senso affidarci una manutenzione programmata, una sorta di tagliando preventivo, un check-up strutturale (ho pazienti ormai felici e asintomatici da anni che continuano a fare manutenzione venendo da me solo ogni 1, 3 o addirittura 6 mesi per un singolo controllo/seduta).  Per concludere: fare sport fa bene o fa male? Lo sport fa bene e va sempre incentivato. Come fisioterapisti abbiamo la responsabilità di guidare i nostri pazienti verso la forma migliore per le attività che vogliono o devono svolgere nella vita e nello sport: questa è la mia visione di Fisioterapia. Questo per me è RI-Abilitare. 
  • 31. www.healthonline.it | 31 unaRegala a chi non se lo può permettere. NON PER NOI M A PER GLI ALTR I La Banca delle Visite È un progetto di INTESTATARIO: Fondazione Health Italia IBAN: IT14U0335901600100000140646
  • 32. 32 | Health Online 30 con una età compresa tra i 35 e 79 anni. Ciò significa che numerosi individui in Italia sono portatori di un’insufficienza renale e, la maggior parte delle volte, non sanno di avere questa patologia. Purtroppo, è importante sottolineare che i numeri sono destinati ad aumentare nel tempo soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione considerando che la ridotta funzionalità del rene è la conseguenza fisiologica del deterioramento nel tempo dell’organo. Quindi, tutti coloro che soffrono di insufficienza renale, possono non rendersi minimamente conto di questa malattia. L’insufficienza renale cronica (IRC) infatti, viene considerata ormai tra le patologie sempre più diffuse e risulta essere la causa di almeno 2,4 milioni di decessi l’anno (fonte: World Kidney Day). Health Online ha intervistato il Prof. Francesco Pisani, Direttore della U.O.C. Chirurgia Generale e Trapianti d’Organo a direzione universitaria presso l’Ospedale San Salvatore de L’Aquila sull’importanza di tutte quelle cure che riescano a prevenire il verificarsi di una malattia grave e duratura nel tempo. Potrebbe riassumerci l’importanza dei reni? I reni sono due organi posti ai lati della colonna vertebrale. Ciascun rene contiene circa un milione di unità molto specializzate, chiamate nefroni i quali, a loro volta, sono formati da una parte filtrante chiamata glomerulo. Qui il sangue viene filtrato e depurato formandosi, di conseguenza, la preurina. Il compito principale dei reni è dunque quello di rimuovere le sostanze tossiche dal nostro organismo e mantenere l’equilibrio dell’ambiente interno. Che cos’è l’insufficienza renale? È possibile prevenirla? Si parla di insufficienza renale quando la funzione dei reni o anche di uno di essi è ridotta. Viene provocata da numerose cause, tra cui infezioni delle vie urinarie, calcoli, malformazioni, malattie ereditarie e glomerulonefriti. Altre volte, invece, i reni si ammalano a seguito del diabete o della pressione alta. Patologie renali croniche: cause e trattamenti illustrati dal Prof. Francesco Pisani Testimonianza di Giuseppe Iacobelli Come ogni anno e in tutto il mondo, il 14 marzo è stata celebrata la Giornata Mondiale del Rene con l’obiettivo principale di creare una forte consapevolezza circa l’assunzione di comportamenti preventivi, l’insorgenza di fattori di rischio molto gravi e le abitudini salutari da adottare durante la patologia ma anche per evitare che essa stessa si manifesti bruscamente sconvolgendoci il quotidiano. Si tratta, pertanto, di un’occasione essenziale per richiamare l’attenzione su una patologia tanto dimenticata quanto diffusa e impattante: la Malattia Renale Cronica. Si definisce Malattia Renale Cronica (MRC) una condizione di alterata funzione renale che persiste oltre i tre mesi. È classificata in cinque stadi di crescente gravità, dove lo stadio 5 corrisponde alla terapia sostitutiva dialitica o al trapianto di rene. Le sue dimensioni epidemiche, l’elevato rischio cardio-vascolare ad essa associato e gli alti costi sociali ed economici connessi ai trattamenti sostitutivi, come la dialisi e il trapianto, ne fanno uno dei principali argomenti nei piani di prevenzione e di programmazione sanitaria. Uno studio condotto dalla Società Italiana di Nefrologia dimostra come la prevalenza della malattia nel nostro Paese è risultata del 7,5% negli uomini e del 6,5% nelle donne in una popolazione Salute di Beatrice Casella
  • 33. www.healthonline.it | 33 È possibile accorgersi quando il rene inizia ad ammalarsi? L’insufficienza renale può essere presente senza sintomi o con alcuni segnali caratteristici come: l’ipertensione arteriosa, gli edemi, l’astenia, i crampi muscolari, la dispnea, inappetenza e nausea. Al fine di verificare se un individuo presenta una malattia renale cronica e arrivare, successivamente, ad un’effettiva diagnosi, risultano alquanto necessari l’esame delle urine, il dosaggio della proteinuria, l’analisi del sangue specifiche e gli esami radiologici (ecografia, ecocolor doppler, scintigrafia renale e tac). Quali sono le possibili cure per una patologia grave come l’insufficienza renale? Le conoscenze scientifiche e la pratica clinica non sono ancora in grado, tutt’oggi, di guarire le malattie che colpiscono bruscamente i reni provocando insufficienza renale. Sono però state dimostrate, a livello scientifico, svariate misure capaci di ridurre l’evoluzione dell’insufficienza renale e ad allontanare, nel tempo, il momento in cui la dialisi diventa indispensabile. Queste misure riguardano essenzialmente il mantenimento della pressione arteriosa a livelli normali, l’assunzione regolare dei farmaci necessari a minimizzare gli squilibri causati dall’insufficienza renale, i controlli medici con esami di laboratorio continuativi e uno stile di vita salutare. Quale fascia di popolazione risulta essere maggiormente colpita? Attualmente, vengono maggiormente colpiti da un’insufficienza renale cronica Individui di sesso maschile con un’età leggermente superiore ai 50 anni. La maggior parte di essi, per di più, sono soliti assumere una cattiva dieta, l’alcool e il fumo incidendo negativamente, in particolar modo, sull’ipertensione. Quali sono, secondo lei, le migliori strade da intraprendere? Consiglio, in generale, di effettuare controlli routinari della funzionalità renale in modo di riuscire ad intraprendere, nelle tempistiche giuste, una terapia farmacologia adeguata. In particolare, un lato se così può essere definito positivo dell’insufficienza cronica renale, riguarda la possibilità di intraprendere due strade: la dialisi e il trapianto. Pertanto, la cura di tutte le malattie croniche si basa sul rapporto fra la persona ammalata, il medico di famiglia e il dottore specialista. Allo stesso modo, chi soffre di insufficienza renale può collaborare alla gestione della sua malattia se la conosce ed è consapevole dell’importanza dei consigli e delle cure che vengono proposti. Giuseppe Iacobelli, a capo dell’Associazione Nazionale Trapianti Rene (ANTR) di Latina, ci ha rilasciato una sua preziosa testimonianza: “All’età di 25 anni, dopo svariati episodi di ipertensione ed ematuria, ho scoperto di avere un rene policistico, la malattia renale ereditaria più frequente caratterizzata dalla presenza di numerose cisti che tendono a crescere di volume e numero. Man mano che il tessuto renale viene sostituito da queste cisti, la funzionalità renale cessa progressivamente. A 43 anni andai in dialisi e il 14 dicembre del 2004 mi preparai per il trapianto. Da quel momento la mia vita cambiò in maniera del tutto positiva. Mi sono sentito di nuovo una persona libera, ho ricominciato a condurre una vita normale e sono riuscito a portare avanti la mia più grande passione: il ciclismo. Dopo essere stato trapiantato, ad esempio, ho effettuato un tour di 550 km in bicicletta. Tutto questo con un rene solo. Posso confermarvi quindi, che da ben 14 anni vivo benissimo e mi sono unito con l’Associazione per dimostrare, con particolare attenzione ai parenti dei soggetti affetti da tale patologia, che si può uscire vincenti da un percorso di cure sicuramente complicato e che deve essere poi seguito costantemente con una cadenza di 4/5 volte all’anno; ma poi si ritorna ad essere totalmente liberi”. Giuseppe Iacobelli
  • 34. 34 | Health Online 30 Endometriosi, se la conosci… la combatti Intervista a Jessica Fiorini vice presidente A.P.E. Salute di Nicoletta Mele Informare e sensibilizzare l’opinione pubblica per prevenire le malattie è un atto dovuto e lo è ancor di più per alcune patologie poco conosciute. è il caso dell’endometriosi considerata una delle principali cause di infertilità. L’endometriosi è una malattia cronica ginecologica dell’età fertile femminile e si contraddistingue per la presenza del tessuto che fisiologicamente riveste la parete interna dell’utero, l’endometrio, in altre parti del corpo, principalmente a livello di ovaie, tube, utero, legamenti utero-sacrali, cavo del Douglas, vescica, retto, ureteri, reni, setto retto-vaginale, genitali esterni, può trovarsi anche a livello di ombelico, arti, polmoni. È un tessuto sano ma impiantato fuori la sua sede normale che, sotto l’influenza ormonale, subisce delle modificazioni durante il periodo di ovulazione e mestruale. È considerata una malattia invalidante che pregiudica la qualità della vita dal punto di vista psicologico e sessuale delle donne che ne sono affette. Purtroppo spesso viene diagnosticata in uno stato avanzato perché i sintomi, i più comuni e frequenti come la dismenorrea, il dolore pelvico, il dolore durante il rapporto sessuale, sono sottovalutati. La patologia ha un’incidenza pari al 10% della Jessica Fiorini popolazione europea. In Italia si stima che sono circa 3 milioni le donne che ne sono colpite. Secondo un recente studio pubblicato su Science Translational Medicine realizzato da un team di ricercatori della Michigan State University c’è una correlazione tra endometriosi e infertilità dovuta alla carenza di una specifica proteina la HDAC3, che ha il compito di regolare l’espressione di due geni, COL1A e COL1A2. Lo studio, dopo aver analizzato HDAC3 in campioni di endometrio prelevato da pazienti affette dalla patologia, ha rilevato che i livelli di questa particolare proteina sono relativamente bassi, se confrontati con un gruppo di controllo, e tendono a scendere durante la progressione della malattia. Gli scienziati hanno sottolineato come questa scoperta sia un primo passo nello sviluppo di strategie per trattare l’infertilità associata all’endometriosi e arrivare presto a una diagnosi certa e precoce. Secondo i dati americani, la metà delle donne, prima di avere una diagnosi certa di endometriosi, incontra in media 5 ginecologi. La diagnostica per endometriosi ha fatto passi avanti negli ultimi anni. Oggi la tendenza, in particolar modo nei centri specializzati, è di intervenire dopo aver ottenuto, attraverso l’ecografia e/o la risonanza magnetica eseguita da un membro del team multidisciplinare specializzato, un quadro preciso sulla situazione della localizzazione della patologia, in modo da rendere l’intervento mirato. Le cause non sono ancora note e, purtroppo, non esiste una cura definitiva. Le terapie attualmente utilizzate sono quella di tipo ormonale, ovvero la prescrizione della pillola anticoncezionale e dei farmaci a contenuto di solo progestinico (pillola progestinica) che inducono uno stato di pseudogravidanza e pseudomenopausa. L’altra terapia è quella chirurgica in laporoscopia che può essere di tipo esplorativo e/o diagnostico (laparoscopia esplorativa) e di tipo interventistico (laparoscopia o laparotomia). è molto importante mantenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica attraverso una maggiore informazione e conoscenza della malattia. “Quando è nata l’associazione nel 2005 – ha spiegato ad Health Online Jessica Fiorini,
  • 35. www.healthonline.it | 35 vice presidente dell’Associazione Progetto Endometriosi (A.P.E) Onlus – di endometriosi si parlava veramente poco, oggi per fortuna la malattia inizia ad essere più conosciuta, o meglio, se ne sente parlare di più, ma questo non significa che le persone sappiano in effetti cos’è. Purtroppo si sentono ancora spesso banalizzazioni del tipo “basta fare un figlio e passa tutto” e questo significa che, il lavoro che un’associazione come la nostra svolge per informare correttamente, serve ancora. Ogni anno inoltre, grazie ai fondi che riceviamo con le donazioni del 5X1000 realizziamo iniziative per far conoscere l’endometriosi al maggior numero di persone possibili: Convegni Nazionali, spot informativi, corsi di formazione. La nostra attività è molteplice: nel 2012 è nato il progetto ComprendEndo, dedicato alle ragazze delle scuole superiori. Si tratta di “informazione precoce” grazie alla quale vengono fornite le informazioni necessarie per sapere che l’endometriosi esiste e come riconoscerne i sintomi. Negli ultimi 2/3 anni, grazie alle volontarie e agli Istituti che accolgono positivamente il progetto, abbiamo dato vita a decine di incontri su tutto il territorio nazionale. Molto importante è anche la formazione del personale sanitario: dal 2017 abbiamo dato vita a un nuovo progetto di formazione che si è concretizzato, fino ad ora, con due corsi interamente finanziati da noi dedicati alla formazione sulla diagnostica per l’endometriosi per ginecologi ed ecografisti, e ad un corso il primo del genere, dedicato a Psicologi e Psicoterapeuti”. Nelle donne con endometriosi quali sono gli interventi di supporto efficaci per aiutarle a migliorare la qualità di vita? “Il primo grande traguardo per una donna con endometriosi è ricevere la diagnosi perché questo è il punto di partenza per potersi prendere cura di sé. Scoprire di avere l’endometriosi non è cosa da poco e ciò che come associazione ci prefiggiamo di fare, nei limiti dei nostri mezzi e possibilità, è fornire alle donne tutto il supporto e le informazioni
  • 36. 36 | Health Online 30 necessarie per affrontarla, dall’elenco dei centri pubblici specializzati, al supporto psicologico attraverso gli incontri di sostegno, ad informazioni su ciò che può aiutare a stare meglio ovvero alimentazione, attività fisica, stile di vita”. Parlare di endometriosi non solo alle donne ma anche agli uomini. è importante che anche loro siano consapevoli della patologia? “È importantissimo che anche gli uomini abbiamo una maggiore conoscenza e consapevolezza perché sono padri, fratelli, compagni, mariti e il loro ruolo è fondamentale nella vita delle donne. Spesso gli uomini offrono il loro aiuto e si danno da fare come possono, questo naturalmente ci fa molto piacere. Con orgoglio posso dire che, guardando le bacheche di Facebook, è tanto l’impegno degli uomini ad invogliare le donne a partecipare all’evento. Abbiamo così pensato di creare un “app baloon” da scaricare e stampare, un’idea vincente perché stanno usando lo strumento nelle occasioni più disparate e le immagini circolano sui social network.” Negli ultimi anni ci sono state delle novità sia dal punto di vista diagnostico che di assistenza. Nel 2016 in Italia l’endometriosi è stata riconosciuta come una malattia invalidante e inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ovvero nell’elenco delle malattie croniche invalidanti che danno diritto all’esenzione. In sostanza, è stato previsto un potenziamento delle prestazioni sanitarie e delle misure di sostegno economico e sociale per le donne affette da tale patologia. “I nuovi Livelli Essenziali di Assistenza - ha spiegato Jessica Fiorini - hanno inserito l’endometriosi nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti: questo consente il diritto all’esenzione grazie al quale le pazienti non dovranno più sostenere le spese sanitarie delle quali si farà carico il Servizio Sanitario Nazionale, ma pagheranno solo il ticket. Per l’endometriosi al terzo o quarto stadio, le Asl prevedono un’esenzione totale per la sua cura, anche per quanto riguarda le ecografie e le visite ginecologiche che in questi casi le donne effettuano almeno due volte l’anno. Abbiamo monitorato l’attuazione dal parte delle Regioni, la Volontarie A.P.E.