ll primo periodico di informazione dedicato completamente al mondo della salute, del welfare e della sanità integrativa.
In evidenza: Emergenza Medici di Famiglia. Nel 2023, per effetto dei pensionamenti , cesseranno di lavorare 45 mila medici.
ll primo periodico di informazione dedicato completamente al mondo della salute, del welfare e della sanità integrativa.
IN EVIDENZA
Dal Venezuela per combattere il cancro infantile: la storia di Javer. Intervista alla Prof.ssa Franca Fagioli dell’Ospedale infantile Regina Margherita della Città della Scienza di Torino.
Il primo periodico di informazione dedicato completamente al mondo della salute, del welfare e della sanità integrativa.
In evidenza: ipoacusia, patologia da non sottovalutare
ll primo periodico di informazione dedicato completamente al mondo della salute, del welfare e della sanità integrativa.
In evidenza: i metalli pesanti negli alimenti possono avere conseguenze negative sulla salute?
ll primo periodico di informazione dedicato completamente al mondo della salute, del welfare e della sanità integrativa.
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IN EVIDENZA
Dal Venezuela per combattere il cancro infantile: la storia di Javer. Intervista alla Prof.ssa Franca Fagioli dell’Ospedale infantile Regina Margherita della Città della Scienza di Torino.
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In evidenza: ipoacusia, patologia da non sottovalutare
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In evidenza: i metalli pesanti negli alimenti possono avere conseguenze negative sulla salute?
ll primo periodico di informazione dedicato completamente al mondo della salute, del welfare e della sanità integrativa.
IN EVIDENZA
Quando l’innovazione e la medicina si incontrano: impianto di una protesi in titanio 3D al Rizzoli di Bologna su una giovane donna
Health Online è la primo periodico di informazione sulla Sanità Integrativa e sulla salute in generale.
In questo numero si parlerà di HELIXAFE, Blue Whale, idrocolonterapia e tanto altro, con attenzione alle dinamiche della sanità pubblica e alla necessità di riccorrere a forme di sanità integrativa per garantire il proprio diritto alle cure
Salute e partecipazione della comunità. Una questione politica - di Angelo S...Giuseppe Fattori
Health and community partecipation. A political issue
“Siamo partiti dal presupposto che scopo della medicina è la difesa della salute, di tutti e di ciascuno: perciò i soggetti del si- stema non possono essere che i cittadini, oggi troppo spesso considerati invece come oggetto passivo della società consumistica anche in questo settore vitale. [...] Questa responsabilizzazione dei cittadini nella ge- stione dei servizi... è insomma l’essenza stessa della democrazia...” (1).
Questo è quanto scriveva oltre quarant’an- ni fa Alessandro Seppilli intravvedendo quel- lo che avrebbe dovuto essere il funziona- mento di un Servizio Sanitario Nazionale (SSN) basato sui principi di “rispetto della dignità e della libertà della persona uma- na... eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio... garantendo la partecipazione dei cittadini” (2).
Con l’obiettivo di analizzare l’evoluzione del concetto e delle pratiche di “partecipazione dei cittadini” a livello nazionale e interna-
zionale, questo articolo ripercorre brevemen- te la storia, il dibattito e le problematiche emerse negli ultimi decenni intorno al tema del coinvolgimento della popolazione nella programmazione e gestione dei servizi pub- blici, arrivando a contestualizzare la situa- zione odierna e le sfide che essa pone alla società tutta.
Similar to Health Online 30 - Marzo/Aprile 2019 (20)
1. marzo/aprile2019-N°30
L’importanza del ruolo
delle società di mutuo
Soccorso in ambito
socio sanitario
Il periodico di informazione sulla Sanità Integrativa
Happy Knee Clinics Italia:
diagnosi e cura di precisione
delle malattie degenerative del ginocchio
Endometriosi, se la conosci...la combatti
La dipendenza da cioccolato
Attualità
Salute
Psicologia
2. “La salute non è tutto
ma senza salute tutto è niente”
Arthur Schopenhauer
3. Progettiamo il futuro della sanità integrativa
La sanità integrativa, cioè le prestazioni sanitarie fornite dagli enti abilitati giuridicamente a svolgere tale attività, rappresenta oggi un sistema
organizzato, legiferato ed impostato di norme e modelli che hanno come unico riferimento la mutualità.
Gli enti che operano la sanità integrativa (Fondi Sanitari, Casse di Assistenza Sanitaria e Società Generali di Mutuo Soccorso) sono disciplinati
da norme istituite nel tempo (nel 1992 quelle per i Fondi Sanitari, nel 1978 quelle per le Casse di Assistenza Sanitaria ed addirittura al 1886,
poi riformulate nel 2012, quelle delle Società Generali di Mutuo Soccorso), hanno valore rappresentativo in quanto enti del terzo settore e
godono di vantaggi fiscali in funzione del fatto che sono enti senza scopo di lucro.
Le aziende per i loro dipendenti, i settori merceologici contrattuali per tutti i loro addetti ma anche individui e famiglie possono rivolgersi
a questi enti per integrare le prestazioni sanitarie fornite dello stato con un duplice risultato: avere la possibilità di costruirsi una protezione
sanitaria adeguata ed alleviare l’impegno economico che lo stato assegna alla sanità pubblica, per destinare maggiori risorse alle fasce
economicamente più deboli della popolazione.
In Italia, quindi, siamo riusciti a preservare il diritto alla salute sancito dalla nostra costituzione creando un modello di integrazione tra sanità
pubblica e sanità integrativa che può essere di esempio per tanti altri paesi, come la sanità pubblica italiana lo è stata per molti anni fino a
che fattori socialmente positivi ma economicamente onerosi, quali l’invecchiamento della popolazione, l’ampliamento della scienza medica
e lo sviluppo tecnologico in campo sanitario, rendessero impossibile sostenere un modello di sanità pubblica che fornisse tutta l’assistenza
possibile per tutti i cittadini.
Senza perdere di vista l’interesse comune dei cittadini, operando per tempo e costruendo norme adeguate nel nostro paese siamo transitati,
senza terremoti economici, sociali e giuridici, da un sistema ad un pilastro ad un sistema a due pilastri, inevitabilmente molto più solido.
Ora che questo passaggio è determinato la “palla” passa agli enti di sanità integrativa che devono, in coerenza con la sanità pubblica,
progettare un futuro che non solo è prossimo ma di fatto è già oggi, avviando processi evolutivi innovativi che contemplino almeno quattro
modelli strutturali da implementare.
Il primo modello da sviluppare riguarda sicuramente la necessità che tutte le aziende e tutti i cittadini vengano edotti sulle opportunità
offerte dalla sanità integrativa e sulla logica sottostante dei principi mutualistici, perché poche ancora sono le informazioni che arrivano ad
aziende e persone sul tema.
Gli enti di sanità integrativa si devono quindi impegnare a comunicare di più, a spiegare ed argomentare con gli strumenti più moderni quali
i social, a portare nelle case delle persone, nelle aziende ed in ogni luogo, tramite professionisti specializzati, la rappresentazione del valore
che una protezione sanitaria integrativa costituisce per ogni individuo, ogni famiglia, ogni dipendente ed anche per ogni azienda, perché un
dipendete sanitariamente protetto è un dipendente più sereno e più produttivo.
Il secondo modello da implementare coinvolge il valore assoluto della prevenzione sanitaria, dove deve necessariamente essere modificato,
soprattutto culturalmente, il paradigma in essere ancora oggi in campo sanitario “soggetto malato-cura”, cioè se sento qualche disturbo
vado dal medico, con il nuovo paradigma “soggetto sano-prevenzione”, nel quale posso pianificare per tempo una serie di controlli sanitari
utili a determinare il fatto che, nei limiti delle conoscenze mediche, potrei evitare di ammalarmi.
Di conseguenza è indispensabile che gli enti di sanità integrativa progettino percorsi di prevenzione, adatti alle diverse tipologie di assistiti
in funzione dello loro caratteristiche, utili ad effettuare controlli periodici funzionali a tenere sotto controlli i parametri medici essenziali che,
sono differenti in funzione di sesso, età, professione, localizzazione geografica, struttura morfologica.
Il terzo modello da realizzare contempla il superamento delle barriere operative esistenti in termini di accessibilità alle cure mediche, per
evitare che gli individui debbano seguire il percorso che vige tutt’ora in campo sanitario, dove, molto frequentemente, orari, tempistiche e
modelli fanno riferimento alle esigenze delle strutture sanitarie, pubbliche o private che siano, ma non alle necessità del cittadino.
In questo caso gli enti di sanità integrativa debbono assolutamente ripensare l’operatività diretta a garantire esami di laboratorio,
approfondimenti diagnostici, visite mediche e percorsi di prevenzione per progettare sistemi nuovi funzionali alle esigenze di ogni singolo
individuo, eliminando gli ostacoli che la liturgia del modello sanitario in essere, vado dal medico-mi prescrive l’esame/la visita-prenoto
l’esame/la visita-vado a ritirare il referto-porto il referto dal medico-mi prescrive la cura-vado in farmacia-acquisto la cura, ancora percorre.
Il quarto modello da ottimizzare concerne il tema della prossimità delle cure mediche, in un sistema dove ancora oggi il percorso geografico, da paese
a paese in provincia e da strada a strada in città, rappresenta una “caccia al tesoro” temporalmente impegnativa e psicologicamente frustrante.
In questo contesto gli enti di sanità integrativa devo dare il via alla creazione di strutture sanitarie leggere, tecnologicamente avanzate e
posizionate nei luoghi di maggiore presenza fisica dei cittadini, per consentire a chiunque di accedere rapidamente a punti salute che
soddisfino con rapidità di esecuzione e velocita di servizio le esigenze sanitarie degli assistiti.
Sicuramente per realizzare questi quattro nuovi modelli di sanità moderna la tecnologia sanitaria garantisce un grande impulso risolutorio tramite
la telemedicina che, con i suoi device sempre più sicuri e precisi e con i suoi strumenti sempre più efficaci ed efficienti, consente di approntare
soluzioni innovative ed operative, che però debbono essere accompagnate da un ridisegno ragionato complessivo del modello funzionale.
Con le norme giuridiche, normative e fiscali vigenti, con l’assoluto valore che il concetto di mutualità rappresenta da sempre nella storia
dell’umanità, con una maggiore conoscenza di tutti delle possibilità di integrazione della protezione sanitaria, con più prevenzione, con
una maggiore accessibilità dei modelli sanitari esistenti e con una maggiore prossimità delle strutture preposte, sicuramente il futuro della
sanità integrativa rappresenterà sempre di più un valore sociale, economico, strutturale ad uso virtuoso di tutti i cittadini nel rispetto della
costituzione e del diritto di ciascuno alla salute.
Milanese, ho maturato un’esperienza
ultraventennale nel settore assicurativo e
finanziario,occupandomi sia dei prodotti che
del marketing e dello sviluppo commerciale,
fino alla direzione di compagnie assicurative,
nazionali ed estere.
Nel 2005 sviluppo un progetto di consulenza
estrategia aziendale che ha consentito di
operare con i maggiori player del settore
assicurativo per realizzare piani strategici di
sviluppo commerciale.
Dal 2009 mi occupo di Sanità Integrativa,
assumendo la carica di Presidente ANSI,
Associazione Nazionale Sanità Integrativa
e Welfare, e contestualmente di Health
HoldingGroup,importanterealtàdelsettore.
Dal 2016 sono presidente di Health Italia, una
delle più grandi realtà nel panorama della
Sanità Integrativa Italiana e società quotata
in Borsa sul mercato AIM Italia.
a cura di Roberto Anzanello
EDITORIALE
5. Health Italia: progetti e iniziative per la gestione
del benessere delle persone06
www.healthonline.it
Happy Knee Clinics Italia: Diagnosi e cura di precisione
delle malattie degenerative del ginocchio08
Stagione dei pollini tra asma e rinite12
22
26
28
16 Amianto, il serial-killer silenzioso continua a uccidere
L’importanza del ruolo delle società di mutuo Soccorso
in ambito socio sanitario
Schiavi delle tecnologie. Aumentano gli hikikomori in Italia
La fisioterapia è il segreto per praticare sport
senza brutte sorprese
Patologie renali croniche: cause e trattamenti
illustrati dal Prof. Francesco Pisani
Il valore del lavoro etico di Be Live:
la storia di Simona
32
l’angolo della poesia
34
38
46
48
42
Endometriosi, se la conosci…la combatti
L’importanza della diagnosi per i tumori femminili
come curare i distrurbi alimentari
flash dal mondo e eccellenze italiane
La dipendenza da cioccolato
52
54
indice
Attualità
Salute
Psicologia
Sport
e benessere
Tecnologia
e salute
Focus attualità
Aziende del Gruppo
Special
In evidenza
6. 06 | Health Online 30
a tutte le sue necessità (come la prenotazione
di una visita medica o di un ricovero, rimborso
etc..), la possibilità di usufruire di un modello di
medicina a distanza, grazie al quale è possibile
effettuare una serie di rilevazioni sanitarie con una
semplice accessibilità e un notevole risparmio di
tempo, nonchè la possibilità di acquistare prodotti
naturali”. I servizi offerti dalla società “sono
finalizzati - ha aggiunto Anzanello - alla gestione
del benessere delle persone tramite un percorso
costituito da sistemi di protezione sanitaria,
modelli di prevenzione e prodotti nutraceutici e
cosmeceutici”.
L’innovazione nelle prestazioni, tramite il passaggio
da una sanità tradizionale alla Telemedicina, è uno
degli obbiettivi al quale sta lavorando Health Italia
con l’intento di spostare il paradigma da soggetto
malato/cura a soggetto sano/prevenzione grazie
alla creazione del modello Health Point S.p.A .
“Il fine – ha affermato il Presidente - è quello di
rappresentare una realtà innovativa nella diffusione
della cultura della prevenzione, attraverso l’offerta
HEALTH ITALIA:
PROGETTI E INIZIATIVE PER LA GESTIONE DEL
BENESSERE DELLE PERSONE
Promozione della Sanità Integrativa e del Welfare
aziendale, assistenza e prestazioni sanitarie
innovative, distribuzione di prodotti nutraceutici e
cosmeceutici, attenzione e impegno nei confronti
dei temi sociali. È questo il modello offerto da
Health Italia, PMI quotata sul mercato AIM Italia
dal febbraio del 2017, una tra le più grandi realtà
indipendenti del mercato italiano della Sanità
Integrativa, che fornisce prodotti innovativi in
grado di migliorare la qualità di vita delle persone
e facilitare l’accessibilità ai servizi sanitari mediante
la divulgazione dei principi mutualistici.
“Health Italia, con oltre 350 mila clienti e una
customer retention superiore al 90% - ha spiegato
il Presidente di Health Italia Roberto Anzanello
- è una società unica nel suo genere sul territorio
italiano in quanto offre alle famiglie e alle aziende
un sistema di welfare aziendale, la promozione
di Enti di Sanità Integrativa (Casse di assistenza
sanitaria, Fondi Sanitari e Società Generali di Mutuo
Soccorso), un’assistenza totale tramite la centrale
salute CoopSalute, in cui l’assistito riceve risposte
Attualità di Nicoletta Mele
7. www.healthonline.it | 07
di servizi sanitari in più modalità, da quella
tradizionale dei centri polispecialistici, a quella più
innovativa delle prestazioni in telemedicina”.
Health Point è una realtà nata da un’idea del
Gruppo Health Italia che offre, attraverso
due canali distinti, una proposta completa di
prodotti e servizi per la cura della persona. Gli
Health Point, definiti Shop Center della Salute
e posizionati in punti significativi di diverse città
italiane, sono centri dedicati alla prevenzione
e al benessere, all’interno dei quali è possibile
sia usufruire di prestazioni sanitarie di prima
diagnostica, con sistemi moderni di medicina a
distanza, sia acquistare i prodotti di nutraceutica,
cosmesi e cosmeceutica dei marchi Health Italia.
Mentre Health Point Medical Care, è un network
di centri medici polispecialistici che erogano
prestazioni di visite specialistiche, ecografie,
indagini diagnostiche, fisioterapia con personale
medico altamente qualificato e strumentazione
all’avanguardia.
“È in atto una diffusione capillare di questo
modello innovativo - ha aggiunto Anzanello - per
sensibilizzare sempre di più l’opinione pubblica nei
confronti della prevenzione abbattendo le barriere
tempistiche e di accessibilità a costi ridotti”.
L’attività di Health Italia non è solo promozione
della Sanità Integrativa e del Welfare aziendale,
assistenza e prestazioni sanitarie innovative, ma anche
attenzione e impegno nei confronti dei temi sociali.
“Il concetto di protezione sanitaria su base
mutualistica da parte degli Enti di Sanità
Integrativa che operano senza scopo di lucro - ha
spiegato il Presidente di Health Italia - deve essere
assunto nella sua accezione più ampia di “diritto
alla salute” come garantito dalla Costituzione
Italiana e non deve limitarsi al semplice diritto alle
cure mediche, ma al più ampio concetto del diritto
alla vita attraverso anche forme di assistenza
sociale dirette e partecipative. È partendo da
questa considerazione che Health Italia, la quale si
occupa integralmente della gestione del processo
del benessere delle persone, si è fatta promotrice
di un’esperienza diretta e partecipativa attraverso
la Fondazione Health Italia.”
La Fondazione è stato il passaggio che ha garantito
l’evidenza di uno scopo sociale reale e concreto
da parte di una delle più grandi realtà presenti sul
panorama della Sanità Integrativa.
“La Fondazione Health Italia - ha affermato
Anzanello - è un ente no-profit impegnato nella
divulgazione dei principi mutualistici e della
solidarietà sociale e promuove iniziative culturali,
educative, formative, di integrazione sociale, di
assistenza sanitaria e la diffusione della cultura.
Con il modello dell’iniziativa “Un aiuto concreto a
portatadiclick”,laFondazionehavolutocoadiuvare
l’impegno degli enti fondatori che destinano una
percentuale dei loro ricavi ai progetti gestiti dalla
fondazione stessa, per gestire iniziative sociali sul
territorio, individuate con criteri basati sull’equità
morale e sul concetto di necessità sociale”.
Tra i progetti della Fondazione Health Italia c’è
Banca delle Visite, una piattaforma web che dona
prestazioni sanitarie a chi non può permettersi
una visita a pagamento - secondo le stime negli
ultimi anni circa 11 milioni di italiani - oppure non
può attendere le lunghe liste d’attesa del Sistema
Sanitario Nazionale. Il concetto è quello del caffè
sospeso applicato alla salute con il contributo
finanziario da parte di liberi cittadini ed aziende.
“L’idea di riprendere una vecchia ma cara
consuetudine napoletana, quale quella del caffè
sospeso - ha concluso Anzanello - ha determinato la
nascita di Banca delle Visite con la “visita sospesa”,
che sta ottenendo un importante successo in
termini di riconoscibilità e di prestazioni erogate”.
I servizi offerti da Health Italia sono finalizzati alla
gestione del processo del benessere delle persone.
“Il nostro impegno, la vostra salute” è lo slogan
dell’unico player quotato al mercato AIM di Borsa
Italiana che vuole consolidare un mercato in forte
crescita per migliorare la qualità e l’accessibilità
dei servizi sanitari e di benefit all’individuo.
8. 08 | Health Online 30
opinion e terapia mirata minimamente-invasiva.
Per Health Online, l’Ing. Francesco Pioppi
Director e Co-fondatore della società di ricerca
ArthoGene™ Deep Medicine e Presidente di
Happy Knee Clinics Italia.
Che cos’è Happy Knee Clinics Italia?
“Dall’esperienza comune con i miei partner e
ricercatori internazionali, maturata nel tempo negli
ambiti dell’assistenza sanitaria e nelle biotecnologie
medicali innovative, nasce Happy Knee Clinics
Italia per inserire nell’ambito nazionale il nostro
peculiare modello di medicina di precisione, in
particolare nella diagnostica di precisione e nelle
tecnologie mediche e chirurgiche minimamente
invasive. Questo continuando a perseguire un
continuo percorso evolutivo che si avvale, fra l’altro,
dell’interazione e lo sviluppo dell’Intelligenza
Artificiale applicata alla medicina. Happy Knee
Clinics ha quindi tra i propri obiettivi la ricerca, la
selezione, la validazione clinica e la precisazione
diagnostica di tecnologie mediche e chirurgiche
innovative minimamente invasive per le patologie
del ginocchio. Le tecnologie sono qualificate
coerentemente alle linee guida nazionali sia per
quanto riguarda la diagnostica per immagini che
nei protocolli clinici più innovativi, in particolare
recependo le più recenti delibere della Regione
Lombardia”.
Quali sono i protocolli?
“Il modello Happy Knee Clinics prevede la
selezione sul territorio delle strutture più idonee
per l’innovazione, la qualità e la sicurezza clinica,
che garantiscano l’applicazione dei Protocolli HKC
per una diagnostica di precisione e il benessere del
paziente. I Protocolli HKC sono strutturati in: visita
clinica ultra-specialistica, Diagnostica avanzata
e di precisione. Successivamente sarà cura dello
specialista selezionare il protocollo terapeutico più
adatto, in un percorso minimamente invasivo per
il trattamento efficace della lesione articolare; un
esempio è abbinare un intervento in artroscopia
HAPPY KNEE CLINICS italia:
DIAGNOSI E CURA DI PRECISIONE DELLE
MALATTIE DEGENERATIVE DEL GINOCCHIO
Per Health Online il Presidente Ing. Francesco Pioppi e i dottori Alberto
Zerbi e Sergio Ortolani
Le patologie degenerative del ginocchio sono
molto frequenti. Con il passare degli anni la libertà
nei movimenti può essere limitata a causa delle
lesioni della cartilagine delle articolazioni dovute
a traumi, patologie o processi degenerativi (usura
naturale che si manifesta solitamente dopo i 60
anni). Oggi, grazie alla ricerca e al progresso della
tecnologia applicata alla medicina anche in campo
ortopedico, si hanno a disposizione degli strumenti
che consentono al paziente una terapia rigenerativa
mirata minimamente invasiva. è l’ortobiologia, una
disciplina della medicina rigenerativa che permette
un nuovo approccio terapeutico finalizzato alla
rigenerazione biologica del tessuto, anziché alla
sua sostituzione per una migliore funzionalità
dell’arto. Una vera e propria rivoluzione in ortopedia
che punta a migliorare il trattamento delle lesioni
muscolo-scheletriche stimolando le risorse naturali
dell’organismo per rigenerare i danni causati da
traumi o malattie.
In questo scenario si colloca Happy Knee Clinics
Italia, il primo modello di ultra-specializzazione
di prevenzione, precisione diagnostica, second-
Attualità di Alessia Elem
Ing. Francesco Pioppi
9. www.healthonline.it | 09
con la terapia staminale. In quest’ottica è stata
implementata la figura del Care-Coordinator
che, oltre a supportare il paziente nelle varie fasi
amministrative del processo diagnostico, clinico e
di follow-up, contribuisce anche a incentivare un
maggior coinvolgimento nelle problematiche del
ginocchio portando il paziente stesso a discutere,
comprendere ed analizzare criticamente le azioni
proposte dal medico curante”.
Da cosa nasce l’idea e perchè?
“Il progetto nasce dalla “mother company”
ArthoGene Deep Medicine Limited con sede a
Londra. La società di ricerca è caratterizzata da un
posizionamento distintivo nel mondo sanitario per
la ricerca, lo sviluppo, la validazione e l’applicazione
di servizi ortopedici ultra-specialistici basati su
tecnologie minimamente invasive d’avanguardia.
Attualmente il Centro di Validazione Diagnostica
e dell’Appropriatezza Terapeutica basata
sull’Intelligenza Artificiale è a Cirencester in UK, ma
è in corso lo studio di fattibilità per un Centro anche
in Italia. I Centri Studi per lo Sviluppo di Tecniche
Chirurgiche basate sull’Ortobiologia e la Medicina
Rigenerativa sono invece a Cirencester UK e in
Italia. Lo scopo è quello di una maggiore diffusione
dei servizi sanitari ultra-specialistici sostenibili dal
punto di vista economico e mirati alla prevenzione
di interventi più costosi e più invasivi mediante
tecnologie basate sulla precisione della diagnosi,
sull’ortobiologia, sull’intelligenza artificiale e sulla
robotica per la riabilitazione”.
Quali sono i centri a cui rivolgersi?
“La città di Milano è la prima area di erogazione del
servizio con confronti operativi nelle problematiche
specifiche con le eccellenze del modello sanitario
lombardo per una maggiore implementazione del
modello Happy Knee Clinics. L’obiettivo è quello di
aprire un centro Happy Knee Clinics in ogni regione
d’Italia e nelle maggiori provincie. Abbiamo
recentemente sviluppato delle sinergie operative
con Mutua Mba, una delle più grandi società di
mutuo soccorso presenti sul panorama della Sanità
Integrativa, per attivare il primo centro HKC a Roma
unitamente ad un network di centri di diagnosi
avanzata”.
Qual è la procedura del modello Happy knee
Clinics?
“Si sviluppa in tre fasi: la visita clinica ultra-
specialistica eseguita da un ortopedico esperto
10. 10 | Health Online 30
nelle tecniche di ortobiologia e medicina
rigenerativa; la Diagnosi Radiologica di Precisione
con algoritmi di Intelligenza Artificiale per analizzare
approfonditamente le immagini (Machine- e Deep-
Learning)edunavisualizzazionedipiùdi150variabili.
Il protocollo di Diagnosi avanzata di precisione
prevede una serie di radiografie di precisione.
Dopo la valutazione diagnostica se dovesse esserci
esito positivo al paziente verrà proposta la Terapia
Rigenerativa mirata minimamente invasiva”.
La fase della diagnosi radiologica di precisione
è quindi molto importante perché consente allo
specialista di valutare se il paziente rientra nei criteri
diinclusioneperuneventualeproceduradiMedicina
Rigenerativa identificandone, nel contempo, quella
più adatta. Il paziente, dopo la valutazione clinica,
si sottoporrà a esami di diagnostica per immagini
che prevedono l’esecuzione di tre proiezioni
radiografiche e di una risonanza magnetica del
ginocchio.
“Sulla base delle immagini acquisite - ha spiegato
il dott. Alberto Zerbi, Responsabile Area
Scientifica Diagnostica per Immagini e Deep-
Learning-Assisted Diagnosis che ha contribuito
a sviluppare il Protocollo Diagnostico del
Ginocchio HKC - il radiologo provvederà a stilare
un referto approfondito, analizzando le variabili
previste dal Protocollo per il Referto Diagnostico
del Ginocchio HKC, che consentono di identificare
e di valutare con precisione eventuali lesioni delle
ossa, dei legamenti, dei menischi e della cartilagine,
quantificandone il grado di degenerazione.
Il radiologo sarà così in grado di fornire un referto
avanzato e di precisione, strumento fondamentale
per raggiungere la migliore integrazione tra i dati
clinici e strumentali per la più precisa, mirata e
personalizzata indicazione terapeutica”.
Nel caso in cui la diagnosi dovesse confermare
delle lesioni e la degenerazione avanzata delle
cartilagini del ginocchio, cosa fare?
Ad oggi i principali interventi proposti sono la
chirurgia artroscopica e protesica ma grazie ai
progressi scientifici che hanno portato l’avvento
della medicina rigenerativa è possibile ricostruire
e rigenerare i tessuti malati o danneggiati senza
ricorrere ad un intervento chirurgico invasivo.
“In generale la Medicina Rigenerativa - ha
puntualizzato il dott. Sergio Ortolani Responsabile
Scientifico Area Clinica HKC - rappresenta
certamente un’opportunità di trattamento, ma fino
ad oggi non essendo regolamentata con protocolli
applicativiprecisicisiaffidavaalla“bestpractice”del
medico curante. I protocolli di Happy Knee Clinics
invece, supportati da un costante avanzamento
della diagnosi di precisione, hanno come obiettivi,
oltre a migliorare la determinazione della patologia
e la valutazione dell’esatto grado di degenerazione
dei tessuti, anche porre il paziente al centro del
percorso diagnostico e terapeutico incentivando un
suo maggior coinvolgimento nelle problematiche
del ginocchio e portando il paziente stesso a
discutere, comprendere ed analizzare criticamente
le azioni proposte dal medico curante”.
Dott. Ortolani, come avviene il trattamento?
“E’ una procedura dalla durata di circa 1 ora e viene
eseguita in anestesia locale. Il trattamento prevede
il prelievo di sangue periferico o di tessuto adiposo
Dott. Alberto Zerbi Dott. Sergio Ortolani
11. www.healthonline.it | 11
che, a seguito di una filtrazione, viene iniettato nel
distretto anatomico affetto da patologia. Il paziente
vienedimessoqualcheoradopoiltrattamentoepuò
tornare alla propria quotidianità immediatamente.
Nella maggior parte dei casi non è prevista una
riabilitazione specifica”.
Quali sono i vantaggi del modello Happy Knee
Clinics?
“Il vantaggio principale della terapia rigenerativa
personalizzata è quello di rimandare il più possibile
l’intervento chirurgico invasivo e l’impianto della
protesi.E’possibileadottareanchepreventivamente
-in special modo con la diagnostica di precisione-
per la “verifica e manutenzione” delle proprie
ginocchia ed è particolarmente indicato per gli
sportivi”.
Ci saranno ulteriori campi di applicazione del
modello Happy Knee Clinics?
“Sì, verranno implementate altre aree articolari
come la caviglia, il gomito, il polso, la spalla, l’anca
e le spine”.
Per le malattie degenerative del ginocchio, e
presto anche per le altre articolazioni del corpo,
l’esattezza diagnostica, i tempi estremamente
rapidi delle soluzioni non invasive selezionate dalla
care coordinator
Ad ogni paziente viene assegnato un Coordinatore,
il CARE COORDINATOR, che seguirà il paziente
nelle varie fasi del processo diagnostico, clinico e
di follow-up.
Il CARE-COORDINATOR non sostituisce il medico,
il professionista sanitario o la struttura, ma si
interpone tra il paziente e l’organizzazione sanitaria
per favorirne l’accessibilità del paziente nelle
diverse dinamiche e percorsi sanitari.
Il CARE-COORDINATOR serve a:
• Comprendere e identificare, assieme al
paziente, in chiave preventiva le singole
necessità e bisogni
• Stabilire con precisione il percorso per
analizzare lo stato di salute del paziente
• Assistere il paziente nel percorso del Protocollo
Happy Knee Clinics indicato dallo specialista
• Favorire la gestione delle visite di Follow-up e
la qualità del percorso
ricerca HCK hanno dato origine al modello Happy
Knee Clinics che rende concretamente possibile il
miglioramento della qualità del vita del paziente,
eliminando il dolore, recuperando la funzionalità
dell’articolazione nonché rimandare nel tempo un
eventuale intervento di chirurgia protesica.
12. 12 | Health Online 30
Occhio al calendario della fioritura, soprattutto se
soggetti ad allergie primaverili. È questo il consiglio
che esperti di allergologia dispensano in vista
della stagione dei pollini che, se da un lato regala
panorami mozzafiato, dall’altra potrebbe scatenare
gravi crisi respiratorie che in alcuni soggetti possono
richiedere addirittura assistenza rianimatoria per
rischio di morte. Quattro italiani su dieci soffrono di
allergie primaverili, con sintomi che iniziano molto
precocemente nel caso di pollinosi da nocciolo
e cipresso, a cui seguono pollinosi ancora più
insidiose come le sensibilizzazioni alle graminacee
e al polline di parietaria. Secondo un’indagine
realizzata dall’Anifa, l’associazione nazionale
dell’industria farmaceutica dell’automedicazione, la
fioritura delle piante rende la primavera la stagione
dei raffreddori: gli starnuti colpiscono un’ampia
fascia di popolazione e per chi è vittima di allergie,
nel periodo di impollinazione, non c’è via di scampo
nell’arco di tutta la giornata. Quest’anno inoltre
la situazione assume contorni più preoccupanti a
causa di temperature elevate mantenute per lunghi
periodi che hanno portato a veri e propri picchi
da record di impollinazione. Diversi studi hanno
dimostrato, inoltre, che l’inquinamento atmosferico
accentua l’insorgenza di allergie e può favorire
l’aumento dei disturbi allergici. Lo sostiene anche il
dottore Beniamino Praticò specialista in malattie
dell’apparato respiratorio e in malattie infettive e
da poco nominato direttore dell’Unità Operativa
di Medicina Interna dell’ospedale Bufalini di
Cesena e del Marconi di Cesenatico.
Dottor Praticò che cosa intende quando parla di
“picchi di polline”?
In questo momento i calendari pollinici dimostrano
che questo è stato un anno eccezionale a causa
delle prolungate temperature al di sopra delle
medie stagionali che hanno portato a picchi
particolarmente elevati di fioritura pollinica.
I pazienti, questa “straordinarietà climatica”,
l’hanno avvertita in maniera decisa grazie all’alta
pressione persistente di fine febbraio. Alta
pressione atmosferica in primavera, inquinamento e
impollinazione vanno sempre più a braccetto: l’alta
pressione atmosferica schiaccia gli strati più bassi
dell’atmosfera provocando un incremento degli
inquinanti (polveri sottili, ozono, ossido nitrico,
CO2) che a loro volta determinano un’incrementata
espressione delle proteine allergeniche di cui sono
costituiti i pollini. Tutto questo genera una maggior
incidenza di disturbi respiratori sia per gli aumentati
livelli di polveri sottili che possono causare malattie
dellevierespiratorieedelsistemacardiocircolatorio,
sia per l’incrementata allergenicità dei pollini che,
nei pazienti sensibilizzati, diventano particolarmente
“aggressivi”.
Pertanto, allergie e inquinamento ambientale
interagiscono?
A febbraio quando c’è stato il picco dell’alta
pressione atmosferica e delle temperature elevate
abbiamo raggiunto in molte città, livelli di Pm10
superiori a 50 mcg per metro cubo. La relazione
fra livelli di inquinamento ambientale da polveri
sottili e incidenza delle malattie dell’apparato
respiratorio, è una delle evidenze più consolidate
degli ultimi decenni. Non è un caso che Greta
Thunberg, la sedicenne attivista svedese per
lo sviluppo sostenibile, si opponga in maniera
decisa nei confronti dell’effetto serra che è causa
dei cambiamenti climatici di cui siamo oggi tutti
testimoni. Questa giovane ragazzina ha richiamato
l’attenzione sul tema della difesa dell’ambiente
consapevole che per garantire un futuro vivibile sul
nostro pianeta sia troppo importante tenere alta
l’attenzione su queste tematiche.
Stagione dei pollini tra asma e rinite
A colloquio con l’allergologo Beniamino Praticò
Attualità di Alessandro Notarnicola
Dott. Beniamino Praticò
13. www.healthonline.it | 13
Quali sono dunque le problematiche respiratorie
con cui devono fare i conti i pazienti?
Oltre a comuni starnuti, naso ostruito con scolo
nasale, occhi rossi, lacrimazione, i pazienti
sperimentano tosse secca e difficoltà a respirare e a
riposare di notte; tali sintomi vengono sperimentati
fino al 30-40% degli italiani. Le riniti, vere e proprie
irritazioni della mucosa, e le congiuntiviti che sono
la causa più frequente di “occhio rosso”, sono il
risultato di un’infiammazione dello strato mucoso
più esterno che riveste sia le cavità nasali sia la sclera
dell’occhio e la superficie interna della palpebra. La
causa, come sottolineavo parlando del legame tra
allergie e inquinamento, può essere ricondotta agli
elevati livelli di Pm10 e/o all’aumentata potenzialità
del potere allergenico dei pollini che sviluppano
livelli elevati di “infiammazione” a livello delle
mucose.
Per quanto riguarda l’asma?
Rispetto ai pazienti rinitici, un numero inferiore di
pazienti, circa il 7% della popolazione, soffre di
asma. Chi presenta un’asma da pollini necessita
di un trattamento farmacologico perché questa
potrebbe essere una patologia con sintomatologia
clinica anche estremamente grave e in alcuni casi
addirittura fatale. Le persone che presentano
sintomi di asma da polline dovrebbero avere
familiarità con i “calendari pollinici”, conoscere
cioè quali sono i periodi di fioritura delle piante a
cui sono allergiche così da evitare il più possibile
di trovarsi esposti ad alte concentrazioni di
pollini nell’aria. Chi è allergico alle graminacee,
ad esempio, dovrà astenersi dal passeggiare
o svolgere attività fisica nei prati, per quanto
possibile, nelle fasi in cui si registra un picco
pollinico.
14. 14 | Health Online 30
Secondo alcuni le allergie andrebbero curate con
pratiche omeopatiche. Lei cosa ne pensa?
In termini di efficacia la terapia farmacologica riesce
ad ottenere un controllo migliore dei sintomi. Molte
cure omeopatiche hanno effetti simili ai farmaci
tradizionali. Non sono contrario all’omeopatia, ma
raccomando sempre che l’obiettivo terapeutico sia
il controllo pieno della sintomatologia.
La ricerca a tal proposito a che punto è arrivata?
Esistonoformepiùgravidiasmachenonrispondono
alle terapie farmacologiche convenzionali. L’asma
graveèunaformachepersuanaturanonrispondead
alcuna cura farmacologica. Da alcuni anni, in questi
casi, abbiamo a disposizione farmaci “biologici”
che attraverso meccanismi immunologici, bloccano
gli anticorpi responsabili dell’allergia o riducono le
cellule del nostro sangue, responsabili di allergie.
Infine, se un bambino presenta allergie come
devono muoversi i genitori?
Nel meccanismo immunoallergico c’è sempre una
componente di tipo genetico/familiare. Uno dei
genitori del piccolo che presenta sintomi di allergia
è necessariamente affetto o “portatore” del gene
che determina problematiche allergologiche. In
questa tipologia di famiglie bisogna sottoporre
il bambino a indagini allergologiche precoci per
ottenere una diagnostica tempestiva. Conoscere il
prima possibile l’assetto immunologico e il livello di
sensibilizzazione del bambino ci permette di attuare
terapie preventive efficaci. Nei pazienti intensamente
sensibilizzati a pollini anche se il piccolo paziente
non manifesta sintomi particolari bisognerebbe
ridurre l’esposizione agli ambienti esterni nei periodi
in cui i calendari pollinici evidenziano picchi elevati
dell’allergene responsabile.
15. www.healthonline.it | 15
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16. 16 | Health Online 30
Amianto, il killer silenzioso continua
a uccidere
Ne parliamo con il prof. Mauro Tognon e il dott. Fabrizio Facchini
Attualità di Marilena Falcone
AMIANTO:
COS’È, DOVE DI TROVA, CHI È A RISCHIO
Amianto, o asbesto, è il nome dato a un gruppo di
mineralifibrosinaturalmentepresentinell’ambiente.
È formato da fibre estremamente sottili e separabili,
inodori e insapori, che non si dissolvono in acqua
né evaporano e sono resistenti a calore, fuoco
e alla degradazione fisica e chimica. Proprio per
queste proprietà all’amianto nell’antichità venivano
addirittura attribuiti poteri magici ed è sempre
stato scavato e utilizzato fino in epoca moderna in
una grande varietà di prodotti, in particolare:
• Materiali da costruzione (isolamenti, mattonelle
e piastrelle per soffitti e pavimentazione,
cartongesso, tegole e cementi)
• Sistemi automobilistici (freni e frizioni)
• Stoffe resistenti al calore
Le fibre possono disperdersi nell’ambiente per
azione degli agenti atmosferici sui depositi naturali
o per usura di prodotti manifatturieri, rimanere
sospese ed essere trasportate da venti o correnti
d’acqua, anche per lunghi periodi di tempo e a
grandi distanze, mantenendosi invariate dal punto
di vista chimico. Se inalate, possono rimanere
intrappolate nei polmoni, accumulandosi nel
tempo.
I minerali di amianto possono quindi essere presenti
ovunque nell’ambiente, sia in forma di depositi
naturali che come contaminanti di altri minerali.
Le zone all’aperto nelle quali si rilevano
concentrazioni di fibre di amianto ritenute
pericolose per l’uomo sono:
• cave o fabbriche di amianto
• vicinanze di edifici contenenti materiali con
amianto in via di demolizione o manutenzione
• aree di smaltimento e stoccaggio non
adeguatamente protette per evitare l’azione
erosiva del vento.
Al chiuso, la pericolosità delle concentrazioni
dipende dall’utilizzo effettuato (isolamento,
pavimentazioni, soffitti o altro) e dalle condizioni di
conservazione dei materiali.
La principale probabilità di esposizione all’amianto
è costituita dall’inalazione delle fibre sospese in
aria, derivanti sia dai depositi naturali sia dall’usura
o dalla manomissione di prodotti manifatturieri;
è minore, ma comunque non trascurabile, in caso
di ingestione; ridotta per via transdermica. Le
categorie maggiormente a rischio sono:
• chi lavora o ha lavorato senza le adeguate
protezioni direttamente con amianto o prodotti
contenenti amianto (minatori, professionisti del
settore edilizio, navale o meccanico e addetti al
trasporto e allo smaltimento)
• responsabili della manutenzione o custodi di
edifici mal conservati
• chiutilizzaprodottiabasedivermicoliteespansa
e talco, inclusa la popolazione generale, a causa
della probabile contaminazione fra minerali
• persone entrate a contatto indiretto con il
minerale, per esempio nel caso di lavaggi
effettuati regolarmente in casa delle tute da
operaio ricoperte delle pericolose polveri, con
inevitabile effetto a catena su familiari e parenti.
In Italia, un sito utile per conoscere le aree a maggior
rischio di contaminazione è quello di Sportello
Amianto, che raccoglie le mappature al momento
disponibili tratte dai dati sinora raccolti dal
censimento tuttora in corso svolto congiuntamente
dalle varie sedi ARPA (Agenzie Regionali per la
Protezione Ambientale), dalle ASL, dalle regioni e
dai comuni.
FONTI:
1.https://geograficamente.wordpress.com/2017/10/12/
lamianto-che-uccide-i-figli-20-30-anni-dopo-a-monfalcone-ce-
un-salto-generazionale-sulle-malattie-da-amianto-dolorosa-
prova-che-gli-errori-del-passato/
2.https://monographs.iarc.fr/wp-content/uploads/2018/06/
mono100C-11.pdf
3. www.sportelloamianto.com
17. www.healthonline.it | 17
“È oramai risaputo che la polvere di amianto è una
delle polveri più pericolose alle quali l’essere umano
possa essere esposto”. Queste parole, espresse
chiaramente nella lettera inviata al colosso Eagle
Picher dall’US Bureau of Mines, all’epoca l’Ufficio
delle Miniere degli Stati Uniti, risalgono addirittura
al 1932.
Eppure, il primo bando al mondo contro l’amianto
avvenne solo nel 1983, in Islanda, e a seguire in
diverse altre nazioni fra cui l’Italia nel 1992. Malgrado
i vari interventi legislativi, a distanza di decenni, cifre
e statistiche sulle morti causate dall’esposizione
all’amianto sono ancora impressionanti ovunque,
non soltanto in quei Paesi nei quali il minerale
continua a essere regolarmente estratto, lavorato e
utilizzato.
Ciò è ben evidenziato nel recentissimo studio
‘Global Asbestos Disaster’, frutto di una
collaborazione internazionale che ha coinvolto
anche l’INAIL. Lo studio mostra chiaramente la
tendenza inarrestabile dei decessi ritenuti correlati
all’amianto anche lì dove da tempo sono state
introdotte normative specifiche, incluse quelle
vòlte a gestirne lo smaltimento: in tutto il mondo,
l’amianto provoca oggi circa 255.000 morti l’anno,
delle quali 233.000 dovute all’esposizione pregressa
per motivi professionali e circa 22.000 per motivi non
direttamente professionali. Dei decessi accertati,
oltre 5.000 avvengono annualmente in Italia (fonte:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29772681).
Sono tanti allora i dubbi che sorgono quando si
parla di “pericolo amianto”.
Quali sono le patologie ad esso correlate?
Chi e dopo quanto tempo dall’esposizione si
ammala?
Qual è il progresso della medicina in termini di
prevenzione, diagnosi e terapie?
Per rispondere a queste domande in occasione della
Giornata Mondiale delle Vittime dell’Amianto che
ricorre il 28 aprile, HealthOnline, il primo magazine
italiano sulla sanità integrativa del gruppo Health
Italia SpA, ha contattato il professor Mauro Tognon
dell’Università degli Studi di Ferrara, ricercatore
della ‘Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro’
(www.airc.it) sul mesotelioma maligno della
pleura, e il dottor Fabrizio Facchini, direttore
del Dipartimento di Pneumologia presso un
ospedale poli-specialistico semi-governativo e
centro di ricerca e insegnamento a Dubai.
Dottor Facchini, iniziamo inquadrando la
situazione dal punto di vista medico: quali sono
le principali patologie dell’apparato respiratorio
legate all’amianto?
L’inalazione della polvere che contiene fibre di
amianto comporta il rischio di sviluppare malattie
sia del polmone che del tessuto che riveste il
polmone chiamato pleura.
In particolare, le particelle della polvere
dell’amianto che raggiungo il polmone vengono
riconosciute dall’organismo come particelle
estranee all’organismo e come tali il sistema di
difesa, chiamato sistema immunitario, cerca di
distruggerle per poterle eliminare. Questa azione
viene frustrata dal fatto che le particelle dell’amianto
sono essenzialmente indistruttibili per il sistema
immunitario. Le cellule deputate a questa azione di
pulizia/distruzione sono principalmente i macrofagi
(letteralmente grandi mangiatori), i quali possono
rimanere nel polmone o migrare verso la superficie
del polmone lungo le autostrade del sistema
immunitario, chiamate vie linfatiche, raggiungendo
la pleura.
Per meccanismi ancora non completamente
conosciuti, in alcune persone la reazione del nostro
sistema immunitario può portare allo sviluppo di
cicatrici che a volte si calcificano sulla superficie del
polmone chiamate placche pleuriche. Le placche
pleuriche non sono pericolose per la salute,
ma rappresentano una caratteristica distintiva
dell’esposizione all’amianto.
Altre volte provocano una reazione della pleura
Dott. Fabrizio Facchini
18. 18 | Health Online 30
che comporta l’accumulo di fluido tra i foglietti
pleurici della parete toracica e quello del polmone,
chiamato effusione pleurica o pleurite effusiva, che
può causare difficoltà respiratoria occupando lo
spazio originariamente occupato dal polmone.
Nel tessuto del polmone, la battaglia contro le
fibre dell’amianto può produrre una reazione
chiamata asbestosi polmonare che, aggravandosi,
gradualmente determina una riduzione delle
capacità respiratorie, la sindrome respiratoria
restrittiva, caratterizzata da affaticamento
respiratorio soprattutto sotto sforzo e che nei casi
più importanti può richiedere la supplementazione
di ossigeno (ossigenoterapia).
Infine il continuo frustrato tentativo di eliminare
le fibre di amianto rischia di indurre danno
delle strutture del DNA cellulare, la molecola
fondamentale per riprodurre le cellule del nostro
organismo e deposito delle nostre caratteristiche
ereditarie. Quando avviene, ciò comporta un
aumentato rischio del tumore maligno del polmone
o carcinoma polmonare, e del tumore maligno della
pleura, o mesotelioma.
Dopo quanto tempo dall’esposizione possono
manifestarsi queste patologie?
Le malattie respiratorie legate all’asbesto
richiedono un tempo lungo di sviluppo, in genere
da 5-6 anni per le patologie benigne (placche
pleuriche) e relativamente benigne (effusione
pleurica), mentre può richiedere sino a circa 15-30
anni per le patologie maligne. Questi tempi sono
inversamente proporzionali all’esposizione, ossia
maggiore è la quantità di fibre respirate, più breve
è il tempo che intercorre tra l’esposizione iniziale
e il riscontro di malattia (effusione polmonare,
asbestosi) o cancro pleuro-polmonari (carcinoma
polmonare e mesotelioma)
Qual è la quantità minima di amianto che, se
inalata, rappresenta un rischio reale per la salute?
Non esiste una soglia di sicurezza, perché anche
poche fibre che raggiungono e permangono nel
polmone o pleura possono innescare i meccanismi
di danno che producono le malattie polmonari.
Tuttavia è certo che maggiore è l’esposizione,
maggiore è il rischio. Si parla sempre di “rischio”
perché nel produrre la malattia certamente
concorrono molti aspetti che con molta probabilità
includono anche una predisposizione genetica.
È vero che i fumatori sono maggiormente
esposti?
Sì, i fumatori sono a maggiore rischio di sviluppare
lesioni e patologie respiratorie legate all’asbesto
perché il fumo di sigaretta danneggia e riduce
l’efficacia del principale e unico sistema di difesa
utile, ossia la rimozione meccanica delle fibre
dell’amianto dal nostro sistema respiratorio tramite
il trasporto verso l’esterno del muco bronchiale da
parte delle cilia bronchiali che rivestono le cellule
delle vie respiratorie, chiamato sistema di trasporto
mucoliare.
Inoltre, la combinazione di fumo di sigaretta ed
esposizione a fibre dell’amianto agisce come
moltiplicatore del rischio di sviluppare carcinoma
del polmone, che aumenta di ben 16 volte rispetto
al solo fumo di sigaretta, se si è esposti a più di
20 sigarette al giorno, e 9 volte più frequente nei
fumatori che consumano meno di venti sigarette al
giorno. In definitiva, se l’esposizione alle “sole fibre
19. www.healthonline.it | 19
dell’amianto” produce un incremento del rischio
del carcinoma del polmone di 6 volte, mentre
l’esposizione al “solo fumo di sigarette” produce
un aumento del rischio di carcinoma polmonare
di 11 volte, la combinazione di esposizione a fibre
dell’amianto e fumo di sigaretta comporta un
aumento del rischio di carcinoma polmonare di ben
59 volte!
Esistono metodologie di prevenzione efficaci?
Come evidenziato all’inizio (riquadro introduttivo),
la migliore prevenzione è quella ambientale, ossia
l’adozione di misure che riducano o aboliscano
l’utilizzo delle fibre dell’amianto nelle manifatture
umane. Purtroppo ad oggi la legislazione
sull’amianto nel mondo è carente in molti paesi;
inoltre l’amianto è ancora consentito in alcuni
prodotti come i freni delle auto e prodotti ignifughi.
In aggiunta, molti capannoni ed edifici privati
e pubblici contengono strutture edilizie con
componenti di amianto, il cui rischio aumenta con
la degradazione nel tempo delle strutture stesse.
Infine l’esposizione si verifica quando si è esposti
a prodotti già presenti nell’ambiente come nei
lavoratori di miniere e gallerie di rocce contenenti
amianto e nei soggetti addetti alla rimozione di
strutture e pannelli contenenti amianto.
Quando si conosce il rischio di esposizione, come
nei lavoratori addetti alla rimozione delle strutture
contenenti amianto, si possono adottare dispositivi
di prevenzione dell’inalazione diretta e di “raccolta”
nei vestiti o superficie del corpo delle fibre, che
rischierebbero altrimenti di essere inalate in tempi
successivi.
Quali sono le terapie attualmente disponibili, e
con quali esiti?
Le patologie benigne, ossia le placche pleuriche,
non richiedono alcun intervento terapeutico. Anche
la stessa effusione polmonare può non necessitare
20. 20 | Health Online 30
di alcuna terapia, perché in genere si auto-risolve
nel giro di alcuni mesi. In casi particolari, quando
la effusione polmonare é quantitativamente
significativa, è possibile aspirare il fluido raccolto
consentendo la ri-espansione polmonare.
L’asbestosi polmonare non ha attualmente alcun
trattamento efficace riconosciuto, ma in genere
il suo decorso è molto lento e le terapie possibili
sono quelle di supporto ai sintomi.
Le malattie tumorali maligne vengono trattate
indipendentemente dal fatto che siano state
causate dall’amianto. Ad oggi il trattamento
chirurgico è limitato, sia nel caso del carcinoma
polmonare che nel caso del mesotelioma, nelle
malattie diagnosticate in fase iniziale o fase
limitata, mentre le forme più avanzate richiedono
un trattamento con radioterapia, chemioterapia o
combinato radio- chemioterapico.
Le ricerche come quelle del professor Tognon
sicuramente portano un contributo importante
sia da un punto di vista di una diagnosi il più
precocemente possibile, che per un miglioramento
dell’efficacia delle terapie disponibili.
Dottor Facchini, un’ultima domanda prima di
passare la parola proprio al professor Tognon: ci
sono situazioni particolari con le quali si è trovato
a contatto nel corso della sua professione di
medico?
Per mia fortuna sono diventato medico, e poi
pneumologo, in un’epoca in cui la legislazione
riconosceva il rischio dei prodotti dell’amianto e ne
aveva fermato l’esposizione.
In ambito sanitario il rischio maggiore lo hanno
corso i colleghi della Medicina del Lavoro, piuttosto
che i pneumologi. Sia per il fatto che spesso hanno
lavorato negli stessi ambienti dei lavoratori esposti
all’amianto, sia per il fatto che le fibre dell’amianto
21. www.healthonline.it | 21
possono essere respirate indirettamente dalle
superficie esposte alla polvere dell’amianto, come i
vestiti e persino barba e capelli dei lavoratori.
In letteratura scientifica sono noti i casi di famigliari
di lavoratori esposti all’amianto che hanno contratto
le malattie respiratorie legate all’amianto avendo
respirato le fibre trasportate dai loro vestiti.
Professor Tognon, passiamo dunque alle
prospettive future: il dottor Facchini ha citato
le sue ricerche come contributo importante per
arrivare a diagnosi precoci e terapie efficaci.
Qual è in tal senso la situazione attuale e cosa si
delinea nel breve, medio e lungo termine?
Relativamente alla diagnosi, ad oggi non ci sono
saggi specifici standardizzati e accettati dai
laboratori che si occupano di verificare l’avvenuta
esposizione da amianto. Tuttavia, l’indagine
lavorativa (anamnesi, ricostruzione dell’attività
svolta dal lavoratore, sopralluoghi nelle aziende o
recupero di documentazione di aziende non più
esistenti, ecc.) è di grande aiuto assieme ad alcuni
dati clinici (esempio placche pleuriche in soggetti
con anamnesi positiva per esposizione ad asbesto).
Ci può essere anche il riscontro di fibre di asbesto in
tessuto polmonare e/o pleurico (ciò, però, richiede
metodiche invasive: biopsia e altro). Quanto alle
terapie, le attuali tecniche chirurgiche hanno fatto
qualche progresso. Ad oggi la prognosi rimane
però drammaticamente infausta.
Le ricerche da noi programmate, assieme ai
colleghi di Medicina del Lavoro e Oncologia,
dovrebbero nel breve futuro consentirci di svelare,
nel siero dei pazienti e dei lavoratori ex-esposti
all’amianto, dei marcatori specifici di malattia e
predittivi di insorgenza del mesotelioma maligno
della pleura. Tali marcatori denominati microRNA
sono dosabili nel siero e potrebbero diventare
delle “spie” che si accendono durante l’insorgenza
e progressione del mesotelioma maligno della
pleura e consentirebbero una diagnosi precoce,
che attualmente non si riesce ad eseguire per
assenza di segni clinici della malattia. Per gli
ex-lavoratori esposti all’amianto tali marcatori
potrebbero aiutare ad individuare quella
percentuale, compresa tra il 1% e 10%, di pazienti in
cui insorgerà il tumore. Questo approccio potrebbe
consentire di monitorare nel tempo gli ex-lavoratori
esposti all’amianto e verificare chi è a rischio di
insorgenza del tumore. Le attuali verifiche basate
su schermografia al torace e spirometria sono poco
Prof. Mauro Tognon
o nulla efficaci nell’identificare l’insorgenza del
tumore.
Per il futuro, con i colleghi patologi generali e
chirurghi toracici, abbiamo proposto una tecnica
chirurgia innovativa che prevede la sperimentazione
nei ratti di una metodica denominata perfusione. In
breve, abbiamo previsto di far circolare nello spazio
pleurico una soluzione fisiologica arricchita di calcio
e chemioterapici. Tale approccio è suggerito dalla
scoperta che le cellule del mesotelioma trattate
con chemioterapici, a causa della carenza del
calcio intracellulare, non vanno in apoptosi, vale a
dire non muoiono. Di recente abbiamo verificato
sperimentalmente che le cellule di mesotelioma
arricchite di calcio e trattate con chemioterapici
vanno in apoptosi. Se questo approccio dovesse
funzionare anche in vivo potremmo trattare i
pazienti affetti da mesotelioma maligno della
pleura con questa metodica innovativa per la cura
di questo tumore, ad oggi ancora fatale.
Un ulteriore approccio lo stiamo sperimentando
con i colleghi farmacologi e patologi clinici sulle
cellule del mesotelioma maligno della pleura con
farmaci/composti innovativi contro specifiche
proteine di membrana. Le loro attività in vitro e nei
roditori hanno dato buoni risultati preliminari.
Nell’attesa quindi che la ricerca porti i risultati
auspicati, ringraziamo il professor Tognon e il
dottor Facchini per la disponibilità nel delineare la
delicata situazione relativa agli effetti sulla salute
dell’amianto per i lettori di Health Online.
22. 22 | Health Online 30
Le Società di mutuo soccorso sono le prime libere
organizzazioni che fin dall’origine, su base volontaria,
hanno creato forme di tutela dei lavoratori e dei
cittadini rappresentando una prima espressione di
welfare generativo e co-partecipato tra i soggetti
coinvolti. Il rapporto tra i soci è regolato da un patto
che definisce vantaggi e obblighi reciproci. Questo
patto, libero e volontario, si chiama mutualità e lo
scambio mutualistico è il mezzo attraverso il quale
operano le società di mutuo soccorso. Il modello
offerto oggi dalle SMS è molto attuale e in forte
crescita anche in ambito socio sanitario in quanto
risponde ai bisogni dei cittadini offrendo servizi
sanitari integrativi del Sistema Sanitario Nazionale
per salvaguardare e migliorare la qualità della vita
degli associati.
In questo contesto è stata presentata, il 10 Aprile,
presso la Camera Dei Deputati, la II Indagine
Nazionale sulle Società di Mutuo Soccorso,
realizzata dall’Associazione Isnet - costituita nel
2007 che dialoga con un network di 1234 enti del
terzo settore con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo
delle imprese sociali - in collaborazione con la
Federazione Italiana della Mutualità Integrativa
L’IMPORTANZA DEL RUOLO DELLE SOCIETà
DI MUTUO SOCCORSO IN AMBITO SOCIO
SANITARIO
L’intervento di Luciano Dragonetti Vice Presidente ANSI
In evidenza di Nicoletta Mele
Volontaria (FIMIV), Confcooperative Sanità e
l’Associazione Nazionale Sanità Integrativa e
Welfare (ANSI) ente no profit, fondato nel 2011 da
alcune primarie società generali di mutuo soccorso
e casse di assistenza sanitaria, come risposta al
bisogno di aggregazione e di rappresentatività nel
settore della sanità integrativa italiana.
La 1a
indagine Nazionale sulle Società di Mutuo
Soccorso è stata realizzata nel luglio del 2016 dove
è stato evidenziato, sulla base di dati qualitativi e
quantitativi raccolti su tutto il territorio, un quadro
delle Società di Mutuo Soccorso moderne in Italia.
Particolare attenzione è stata data ai cambiamenti
generati dalla riforma del 2012; ne è emersa una
realtà viva e variegata, che certamente affonda le sue
radici nel passato ma che guarda al futuro.
Dalla II ricerca Nazionale sulle Società del Mutuo
Soccorso, che ha costituito il primo Panel nazionale
sulle SMS, sono emersi ulteriori dati significativi:
nell’ultimo anno sono state erogate prestazioni e
sussidi socio sanitari e assistenziali ai propri soci
beneficiari per un valore complessivo di 141 milioni
di euro pari al 63,3% dei contributi raccolti; il 42% di
SMS prevedono incrementi della base associativa,
mentre il 61% delle organizzazioni svolge attività
socio sanitaria.
“L’indagine ISNET - ha dichiarato Luciano Dragonetti
Vice presidente ANSI - è la conferma della presenza
sul territorio delle SMS che svolgono funzione di
vicinanza alla persona. Le SMS sono gli unici enti
che garantiscono assistenza per tutta la vita, sono
state il vettore del progresso in una epoca povera di
welfare, povera di previdenza e di diritti costituzionali.
Oggi sono un veicolo di buone abitudini che
fanno riscoprire valori come la partecipazione, la
condivisione, l’appartenenza”.
In questa seconda indagine è anche emerso il
numero crescente di adesioni dei soci, elemento
che come ha spiegato Dragonetti “vuole essere
indicativo rispetto all’importanza che il legislatore
dovrebbe maggiormente riporre verso la mutualità.
Luciano Dragonetti
23. www.healthonline.it | 23
Siamo stati onorati di aver contribuito come ANSI,
in questi due anni, all’indagine vuole essere un
riconoscimento ad una associazione indipendente
che sempre più sta rappresentando i diritti del mutuo
soccorso nazionale”.
Tantiivantaggidellaformulamutualistica“Inassoluto
il primo vantaggio - ha detto il Vice Presidente ANSI
- è l’assenza dei fini di lucro, questo significa che gli
utili che genera la mutua possono essere solo investiti
sui soci o sui servizi per i soci. Non vi è un premio
che si differenzia in base al rischio della persona
(quello anagrafico è il più rilevante) ma un contributo
indipendente ed in cambio una assistenza globale
per la salute e per i bisogni sociali ed assistenziali.
Un altro vantaggio da evidenziare è l’incentivo fiscale
proprio delle mutue, il contrubito è infatti detraibile
per il 19% fino ad un max di € 1.300 annui”.
L’attivitàmutualistica,adifferenzadiquellasvoltadalle
assicurazioni, non ha scopo di lucro - regolamentata
dalla normativa che si fonda sulla legge del 15 Aprile
1886 n°3818 - offre agli aderenti prestazioni mediche
a costi agevolati, agisce in ottica cooperativistica e
mira a salvaguardare la salute e la qualità di vita dei
suoi associati.
La II ricerca realizzata dall’Associazione Isnet,
nell’ambito degli approfondimenti tematici
dell’Osservatorio nazionale sull’impresa sociale,
ha costituito il primo Panel nazionale sulle SMS
che offre la possibilità di fare analisi periodiche
e le verifiche dell’impatto sociale generato, utili
anche per le politiche e le azioni di governo. L’On.
Marialucia Lorefice Presidente della XII Commissione
Affari Sociali alla Camera, ha ricordato che in
Commissione è stata avviata un’indagine conoscitiva
sui Fondi Integrativi al Servizio Sanitario Nazionale
finalizzata ad approfondire la materia al fine di
valutare l’opportunità di un riordino della Sanità
Integrativa. Alla convocazione del 29 gennaio scorso
ha partecipato l’Associazione Nazionale Sanità
Integrativa e Welfare (ANSI) ed ha evidenziato
l’importanza del sistema mutualistico che oggi
sta garantendo prestazioni e servizi sanitari quale
secondo pilastro della sanità italiana, consentendo
alla sanità pubblica di liberare risorse economiche
da destinare alle fasce più deboli della popolazione.
“Aver partecipato all’indagine conoscitiva - ha
concluso Dragonetti - ci ha permesso di contribuire
attivamente, con contenuti concreti frutto del lavoro
quotidiano e della rilevazione costante delle nuove
esigenze della collettività, alla evidenza del valore
sociale e, quindi, della grande importanza che le
società di mutuo soccorso ricoprono per fronteggiare
ogni forma di arretratezza di stato. Le mutue infatti
possono prendersi carico delle esigenze sanitarie
di una persona anche oltre il perimetro del welfare
aziendale, quindi oltre l’attività lavorativa, oltre la
pensione, per tutta la vita. Tutto questo grazie al
principio fondante di una mutua, ovvero l’assenza
dei fini di lucro, l’assenza della selezione del rischio e
l’atteggiamento della collettività (soci, non clienti) a
vantaggio delle esigenze del singolo”.
24. Nessuna distinzione per numero di componenti della famiglia
Nessuna distinzione di età
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26. 26 | Health Online 30
progetto di sensibilizzazione e informazione corretta
sul fenomeno che i media – ma anche i medici -
tendono a confondere con la depressione o con
la dipendenza da Internet. Ne abbiamo parlato
con il professore Elvis Mazzoni, Dipartimento di
Psicologia dell’Università degli studi di Bologna,
che insieme al psicoterapeuta Francesco Rasponi ha
fondato l’associazione “Psichedigitale” per lo studio
dell’interazione tra l’uomo e le tecnologie digitali.
“Cogliendo la gravità del problema abbiamo
avviato a Cesena il Centro d’Ascolto Psichedigitale
che offre ai genitori l’opportunità di un confronto
con professionisti per valutare le modalità di utilizzo
degli strumenti tecnologici (smartphone, tablet,
videogiochi, social) e i fattori personali che ne
favoriscono un uso improprio, un abuso o una vera
e propria dipendenza”. Nel suo primo anno di vita -
spiega Mazzoni - il Centro ha registrato una trentina
di consulenze.
Professore Mazzoni sempre più ragazzi tra gli 11
e i 15 anni diventano smartphone-dipendenti. Ci
sono delle responsabilità?
L’educazione la fa da padrona ed è l’aspetto più
importante su cui riflettere: se i genitori non sono
in grado di far comprendere ai bambini il corretto
utilizzo delle tecnologie loro crederanno che
questi strumenti debbano sempre essere presenti
nella vita in ogni ambito. Il problema sorge quando
i giovanissimi rovesciano quelle che dovrebbero
essere dinamiche di sviluppo e di controllo
proiettandole nella realtà online.
Cosa comporterebbe?
L’aspetto più problematico sarebbe un possibile
ritiro dalla vita sociale quotidiana accompagnato da
un progressivo isolamento. Così facendo le relazioni
sono vissute in maniera immediata e più diretta
senza quella rilevanza che si darebbe alle relazioni
reali che sembrano più complesse. Se chiediamo
a un adulto quanti amici ha nella vita ne conterà
pochissimi. Se rivolgiamo la stessa domanda a un
adolescente tirerà fuori cifre allucinanti.
I ragazzi sono consapevoli di questa dipendenza?
Schiavi delle tecnologie.
Aumentano gli hikikomori in Italia
Il professor Elvis Mazzoni: “Necessaria un’educazione civica dell’online
per arginare l’avanzata”
“Aiuto, mio figlio non esce più di casa”. Sono in
crescita le telefonate di allarme, e non meno di
denuncia, da parte di genitori spaventati dalla
reazione dei propri figli davanti ai variegati canali
digitali. Dal computer alla consolle, per finire sul
display di un comune smartphone, crescono in
Italia gli adolescenti indifferenti alla vita reale e
completamente dipendenti dalla realtà virtuale.
Si tratta degli hikikomori, giovani che smettono
di andare a scuola, non escono di casa (e a volte
nemmeno dalla propria stanza) e rifiutano il contatto
con amici, insegnati e parenti. In altre parole, si
isolano, come descrive bene il termine “stare in
disparte”, traduzione dell’appellativo giapponese
hikikomori.
Essendo un fenomeno dai recenti natali è ancora
difficile capire quanto sia diffuso in Italia. Alcune
stime però riportano almeno 100.000 casi.
Quel che è certo è che gli hikikomori vivono più a
Nord che a Sud, hanno un’età media di 20 anni e
sono perlopiù maschi. Sono questi alcuni dei primi
dati statistici raccolti da Marco Crepaldi, presidente
dell’associazione Hikikomori Italia che si occupa
dello studio del fenomeno e della creazione dei
una rete di conoscenza e supporto. Si tratta di un
Tecnologia e salute di Alessandro Notarnicola
Prof. Elvis Mazzoni
27. www.healthonline.it | 27
Lo sono. Nel corso di un meeting uno di loro ha
affermato di essere orfano di un’educazione civica
alla vita online. Ma insegnanti e genitori non sono
preparati a questa formazione perché hanno vissuto
nella generazione precedente, dove gli smartphone
erano inimmaginabili, pertanto non possiedono un
modello funzionale da proporre.
Cosa si dovrebbe fare?
Non nascondere la polvere sotto il tappeto come
si è sempre fatto ma discuterne. Stanno mancando
la comunicazione e l’interazione. Internet e gli
smartphone possono diventare un pretesto di
comunicazione e di punto di contatto tra genitori
e figli cosicché gli uni possano recuperare e gli altri
possano acquisire consapevolezza colmando quel
gap generazionale.
Un esempio pratico?
Stabilire di comune accordo delle regole sull’utilizzo
di questi strumenti in casa istituendo delle zone
“smartphone free” o “internet free” dove si discute
e basta mettendo da parte la tecnologia. Potrebbe
essere un buon punto di partenza.
Quali sono i numeri per quanto riguarda la vostra
area di studio?
La ricerca, pubblicata alcuni mesi fa e unica nel
suo genere nel panorama europeo dimostra che
sono 346 i casi segnalati dalle scuole nel 2017. 18 in
Emilia Romagna, 97 a Bologna, 68 a Modena e 54
a Reggio Emilia. Sono alunni che non frequentano,
spesso chiusi in casa per motivi psicologici. Ragazzi,
dai 13 ai 16 anni, nella delicata fase di passaggio
dalle medie alle superiori, che rifuggono la vita
sociale privilegiando quella virtuale della Rete.
Pochi sono i casi alla primaria, circa venti, e si tratta
di fobia scolare, condizione che non possiede,
o non possiede ancora, le condizioni per essere
definita come ritiro sociale. Questi dati sono,
tuttavia, sottostimati perché si riferiscono alle sole
segnalazioni dei docenti. Terminando a 16 anni
l’obbligo scolastico, potrebbero esserci ragazzi
ritirati o non iscritti.
28. 28 | Health Online 30
concomitanza con il 99esimo congresso della
Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, in
Italia sono oltre 300.000 gli infortunati che per un
motivo o per l’altro finiscono ogni anno al Pronto
Soccorso per un trauma da sport.
Ma allora, fare sport fa bene o fa male?
Health Online, il primo magazine dedicato alla
sanità integrativa del gruppo Health Italia SpA, lo
ha chiesto al dottor Emiliano Grossi, fisioterapista
e specialista in Rieducazione posturale globale
presso i Centri di Fisioterapia di Roma e Bergamo
FisioClinic, incaricato dal prof. Ph. E. Souchard e
dall’Université de Thérapie Manuelle in Francia
come assistente alla formazione ufficiale italiana
Post-Universitaria in Rpg.
Buongiorno dottore. Facciamo un piccolo passo
indietro: brevemente, può spiegare in cosa
consiste la fisioterapia?
La fisioterapia è una branca della medicina
molto antica che prevede cure di tipo
naturale (“fisio” in greco è per l’appunto
“naturale”), ma che oggi si è molto evoluta in
tanti ambiti oltre il muscoloscheletrico, come
il neurologico, il viscerale, l’urologico, lo
pneumologico, solo per fare alcuni esempi.
In pratica in quasi ogni campo della medicina
moderna può essere previsto un approccio di
cure riabilitative o preventive attraverso l’adeguata
fisioterapia specialistica.
È importantesottolineare, agaranziadellasalutedel
cittadino, la recente istituzione dell’Albo nazionale
a cui tutti i fisioterapisti devono obbligatoriamente
essere iscritti. Oggi questa scienza può essere
praticata esclusivamente da professionisti
che abbiano completato un percorso
universitario o titolo conseguito in tempi
precedenti, solo se reso equipollente e ritenuto
valido per l’iscrizione all’Albo stesso.
Come si inquadra la fisioterapia in relazione alle
attività sportive svolte a diversi livelli nelle varie
fasce di età e capacità fisiche?
Quando penso al mio lavoro mi piace pensare che
sto somministrando al paziente (e allo sportivo)
un farmaco.
È importante scegliere la terapia adatta (in autonomia
La fisioterapia è il segreto per praticare
sport senza brutte sorprese
Incontriamo il dottor Emiliano Grossi, fisioterapista e specialista Rpg
Il 6 aprile si è celebrata la Giornata internazionale
dello sport per lo sviluppo e la pace. La data, scelta
in corrispondenza dell’anniversario dell’apertura
dei primi Giochi Olimpici dell’era moderna ad
Atene nel 1896, ha segnato per molti anche l’arrivo
reale della Primavera e, con essa, del desiderio di
prenderci cura di noi stessi ricominciando magari a
fare un po’ di sport dopo i lunghi mesi di pigrizia
invernale. Forse con qualche esagerazione, se,
come riporta l’ANSA nell’articolo intitolato “L’estate
si avvicina, 6 italiani su 10 ossessionati dallo sport”,
la preoccupazione maggiore di chi si lancia nelle
attività sportive in questo periodo si concentra
due punti: non riuscire a bruciare calorie in eccesso
(33%) e non rimettersi in forma per la fatidica prova
costume (25%). Ciò porterebbe, procede l’articolo,
a un rischio di dipendenza da attività fisica per
le migliaia di sportivi improvvisati che possono
ritrovarsi a praticare attività fisica in modo errato e
senza risultati, ma soprattutto in modo ossessivo.
Non solo. Anche quando non è mosso dalla ricerca
dell’estetica fine a se stessa, ma da quella del
benessere generale accompagnato da un po’ di
movimento all’aperto, il passaggio dalla settimana
bianca sugli sci ai campi di calcetto o allo jogging
nei parchi può essere traumatico. Letteralmente:
secondo lo studio Siot pubblicato nel 2014 in
Sport e benessere di Marilena Falcone
Dott. Emiliano Grossi
29. www.healthonline.it | 29
se è già stata fatta una diagnosi o in equipe con il
medico in caso contrario), ma anche la “posologia” è
fondamentale, ossia la frequenza di sedute.
Quindi, dallo sportivo occasionale a quello che
praticaunaattivitàfisicaconregolarità,daldilettante
al professionista, dal giovanissimo all’anziano
fino a quello con problemi specifici, tutti hanno
potenzialmente bisogno di essere seguiti da un
buonfisioterapista. Certamente, quandomi trovo a
seguire i professionisti dello sport può essere
necessaria una posologia che può arrivare
anche a due sedute al giorno, mentre per
chi svolge attività saltuaria possono bastare
un inquadramento terapeutico e una
supervisione con sedute di una volta a
settimana o meno e un piccolo lavoro di
autogestione a casa. Questa è ovviamente una
generalizzazione perché nella fisioterapia moderna
l’individualizzazione del percorso è un aspetto
fondamentale. Il fisioterapista non solo bravo
tecnicamente, ma preparato scientificamente,
deve ovviamente conoscere le linee guida e sapersi
muovere nell’individualizzare il piano di trattamento
a seconda del caso specifico. La fisioterapia
oggi è una professione altamente scientifica,
in cui comunque la sensibilità, l’attitudine alla
cura - in una parola “l’uomo o la donna dentro il
professionista” – e, non ultima, la mano del
terapista, fanno assolutamente la differenza.
In generale, l’età, diciamo così, più avanzata e
soprattutto la presenza di problematiche specifiche
costituiscono la sfida maggiore. Personalmente
ho avuto grandissime soddisfazioni lavorative
con sportivi professionisti, ma le più
grandi rimangono sempre quelle in cui il tuo
paziente di oltre 80 anni si iscrive alla prossima
maratona. Dove ci sono già problemi di salute
pregressi o età un po’ avanzate è importantissimo
elaborare un piano di trattamento, guidare il
paziente verso uno sport più idoneo alla situazione
specifica o trovare strategie (a volte ausili) per
consentire di svolgere bene l’attività tanto amata
dal paziente e alla quale non vuole rinunciare.
Riscontra invece differenze in termini di trauma o
fastidi riportati da uomini e donne?
Questa è una domanda molto interessante. Un
tempo si aveva questa percezione, ad esempio
che le problematiche della zona lombare
fossero più appannaggio dell’uomo, mentre le
alterazioni di tipo cervicale più delle donne. Di fatto la
situazione è meno marcata di così e mi capita oggi di
leggere dati statistici abbastanza sovrapponibili.
Questo è anche coerente con quello che vedo
nei miei centri di fisioterapia. Che sia un processo
democratico/evolutivo verso la parità dei sessi?
Con l’arrivo della buona stagione si passa dagli
sport invernali a quelli più tipicamente primaverili
ed estivi come calcio, tennis, corsa, nuoto,
camminata veloce solo per citarne alcuni. Nella
sua esperienza, quali sono quelli che richiedono
maggiori precauzioni e che traggono maggior
vantaggio dall’intervento del fisioterapista?
Eliminando i veri e propri traumi da sport (es. cadute
dagli sci) che impongono un percorso fisioterapico
post-traumatico, tutti gli sport, compreso il nuoto,
hanno bisogno di precauzioni ed attenzioni
specifiche. Consiglio sempre di diffidare da
indicazioni del tipo “la fisioterapia non ti serve, vai
a nuoto, vai a camminare, vai in palestra o simili”.
Ovviamente il percorso scelto dipende da intensità,
frequenzaealtriparametri.Un fisioterapista esperto
e specializzato in analisi biomeccanica, miofasciale
e posturale può ottimizzare tanti parametri di uno
sportivo analizzando la situazione di base, il gesto
30. 30 | Health Online 30
che deve compiere e le sollecitazioni specifiche
a cui fisiologicamente va incontro quel soggetto
specifico, con la sua conformazione e unicità. È
come preparare un’auto da corsa ai box: si studia, si
analizzano i problemi e si fanno le giuste modifiche
per far sì che durante la gara possa non solo
rendere al massimo, ma evitare di danneggiarsi! Un
metodo di studio, prevenzione ed ottimizzazione
delle performance sportive è lo SGA (Stretching
Globale Attivo), di cui sono uno dei formatori
ufficiali e che dà al fisioterapista uno strumento per
approcciare tutte le categorie di sportivi anche ad
altissimo livello (è utilizzato nella squadra del Real
Madrid per fare un esempio).
Rimanendo in tema, lei in quali tipologie di
interventi in ambito di prevenzione, cura
e riabilitazione è specializzato?
Ormai più di 20 anni fa, da “semplice” fisioterapista
mi specializzai in un approccio metodologico
rivoluzionario per l’epoca. Tanto rivoluzionario e
innovativo che chi, come me, scelse di dedicare la
propriavitaprofessionale adesso,lofecein virtù degli
straordinari risultati, all’epoca non ancora supportati
da studi scientifici. È stata una scommessa, ed è
stata vincente. Oggi le basi su cui si fonda il
metodo Rpg Souchard (o Gpr Souchard nei Paesi
anglofoni) del cui insegnamento faccio parte, sono
giustificate da principi scientifici largamente
riconosciuti nell’ambito della terapia manuale (una
grande famiglia che racchiude metodi e tecniche
di avanguardia scientifica). Ci sono continuamente
nuove pubblicazioni scientifiche al riguardo e libri
scritti dal prof. Souchard, con cui ho la fortuna di
lavorare costantemente. In particolare, la novità di
quest’anno è stata la pubblicazione della seconda
edizione di Fascial Dysfunction (Handspring
Publishing), libro di enorme successo mondiale
firmato, nella sua prima edizione, da autori del
più alto calibro internazionale. In questa nuova
pubblicazione ho avuto l’onore di scrivere un capitolo
interamente dedicato al metodo Rpg e alle sue basi
scientifiche in terapia manuale, coordinato insieme
agli altri autori dal compianto prof. Chaitow, editor
dell’opera.
Congratulazioni, dottor Grossi. In generale, quali
consigli può rivolgere ai lettori di Health Online
che vogliano approfittare dell’arrivo della buona
stagione per intraprendere una attività sportiva
senza incidenti e quali sono i criteri da adottare
per scegliere le attività più adatte in base a fascia
di età, livello di tonicità e preparazione fisica?
Sicuramente cercare di capire il livello da cui si
parte ed essere molto graduali nell’incremento
dei carichi di lavoro. Prediligere sempre esercizi di
allungamento muscolare e flessibilità, perché oggi
sappiamo che un muscolo tonico funziona bene solo
se è anche elastico. Il rinforzo fine a sé stesso non è
più considerato un parametro da incentivare. Ma la
cosa che più mi sento di consigliare è di cercare un
piccolo cambiamento culturale e di atteggiamento:
non andate dal fisioterapista solo quando vi fate
male o avete un problema! Cosi come sarebbe
consigliabile andare dal dentista a fare dei controlli
PRIMA di avere dei problemi seri, per cui bisogna
poi intervenire, sarebbe bene abbracciare un
criterio di vera “prevenzione fisioterapica”, come
mi piace chiamarla. In questo, noi fisioterapisti
dobbiamo guidare i pazienti in modo che anche
dal momento in cui avranno risolto i loro problemi
con noi, sia questione di buon senso affidarci una
manutenzione programmata, una sorta di tagliando
preventivo, un check-up strutturale (ho pazienti
ormai felici e asintomatici da anni che continuano a
fare manutenzione venendo da me solo ogni 1, 3 o
addirittura 6 mesi per un singolo controllo/seduta).
Per concludere: fare sport fa bene o fa male?
Lo sport fa bene e va sempre incentivato. Come
fisioterapisti abbiamo la responsabilità di guidare i
nostri pazienti verso la forma migliore per le attività
che vogliono o devono svolgere nella vita e nello
sport: questa è la mia visione di Fisioterapia. Questo
per me è RI-Abilitare.
31. www.healthonline.it | 31
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32. 32 | Health Online 30
con una età compresa tra i 35 e 79 anni. Ciò significa
che numerosi individui in Italia sono portatori
di un’insufficienza renale e, la maggior parte
delle volte, non sanno di avere questa patologia.
Purtroppo, è importante sottolineare che i numeri
sono destinati ad aumentare nel tempo soprattutto
a causa dell’invecchiamento della popolazione
considerando che la ridotta funzionalità del rene è
la conseguenza fisiologica del deterioramento nel
tempo dell’organo.
Quindi, tutti coloro che soffrono di insufficienza
renale, possono non rendersi minimamente conto
di questa malattia. L’insufficienza renale cronica
(IRC) infatti, viene considerata ormai tra le patologie
sempre più diffuse e risulta essere la causa di
almeno 2,4 milioni di decessi l’anno (fonte: World
Kidney Day).
Health Online ha intervistato il Prof. Francesco
Pisani, Direttore della U.O.C. Chirurgia Generale
e Trapianti d’Organo a direzione universitaria
presso l’Ospedale San Salvatore de L’Aquila
sull’importanza di tutte quelle cure che riescano
a prevenire il verificarsi di una malattia grave e
duratura nel tempo.
Potrebbe riassumerci l’importanza dei reni?
I reni sono due organi posti ai lati della colonna
vertebrale. Ciascun rene contiene circa un milione
di unità molto specializzate, chiamate nefroni
i quali, a loro volta, sono formati da una parte
filtrante chiamata glomerulo. Qui il sangue viene
filtrato e depurato formandosi, di conseguenza, la
preurina. Il compito principale dei reni è dunque
quello di rimuovere le sostanze tossiche dal nostro
organismo e mantenere l’equilibrio dell’ambiente
interno.
Che cos’è l’insufficienza renale? È possibile
prevenirla?
Si parla di insufficienza renale quando la funzione
dei reni o anche di uno di essi è ridotta. Viene
provocata da numerose cause, tra cui infezioni
delle vie urinarie, calcoli, malformazioni, malattie
ereditarie e glomerulonefriti. Altre volte, invece,
i reni si ammalano a seguito del diabete o della
pressione alta.
Patologie renali croniche:
cause e trattamenti illustrati dal
Prof. Francesco Pisani
Testimonianza di Giuseppe Iacobelli
Come ogni anno e in tutto il mondo, il 14
marzo è stata celebrata la Giornata Mondiale
del Rene con l’obiettivo principale di creare
una forte consapevolezza circa l’assunzione di
comportamenti preventivi, l’insorgenza di fattori
di rischio molto gravi e le abitudini salutari da
adottare durante la patologia ma anche per
evitare che essa stessa si manifesti bruscamente
sconvolgendoci il quotidiano. Si tratta, pertanto, di
un’occasione essenziale per richiamare l’attenzione
su una patologia tanto dimenticata quanto diffusa e
impattante: la Malattia Renale Cronica.
Si definisce Malattia Renale Cronica (MRC) una
condizione di alterata funzione renale che
persiste oltre i tre mesi. È classificata in cinque stadi
di crescente gravità, dove lo stadio 5 corrisponde
alla terapia sostitutiva dialitica o al trapianto di rene.
Le sue dimensioni epidemiche, l’elevato rischio
cardio-vascolare ad essa associato e gli alti costi
sociali ed economici connessi ai trattamenti
sostitutivi, come la dialisi e il trapianto, ne fanno uno
dei principali argomenti nei piani di prevenzione e
di programmazione sanitaria.
Uno studio condotto dalla Società Italiana di
Nefrologia dimostra come la prevalenza della
malattia nel nostro Paese è risultata del 7,5% negli
uomini e del 6,5% nelle donne in una popolazione
Salute di Beatrice Casella
33. www.healthonline.it | 33
È possibile accorgersi quando il rene inizia ad
ammalarsi?
L’insufficienza renale può essere presente senza
sintomi o con alcuni segnali caratteristici come:
l’ipertensione arteriosa, gli edemi, l’astenia, i crampi
muscolari, la dispnea, inappetenza e nausea. Al fine di
verificare se un individuo presenta una malattia renale
cronica e arrivare, successivamente, ad un’effettiva
diagnosi, risultano alquanto necessari l’esame delle
urine, il dosaggio della proteinuria, l’analisi del sangue
specifiche e gli esami radiologici (ecografia, ecocolor
doppler, scintigrafia renale e tac).
Quali sono le possibili cure per una patologia
grave come l’insufficienza renale?
Le conoscenze scientifiche e la pratica clinica
non sono ancora in grado, tutt’oggi, di guarire
le malattie che colpiscono bruscamente i reni
provocando insufficienza renale. Sono però state
dimostrate, a livello scientifico, svariate misure
capaci di ridurre l’evoluzione dell’insufficienza
renale e ad allontanare, nel tempo, il momento in
cui la dialisi diventa indispensabile. Queste misure
riguardano essenzialmente il mantenimento della
pressione arteriosa a livelli normali, l’assunzione
regolare dei farmaci necessari a minimizzare gli
squilibri causati dall’insufficienza renale, i controlli
medici con esami di laboratorio continuativi e uno
stile di vita salutare.
Quale fascia di popolazione risulta essere
maggiormente colpita?
Attualmente, vengono maggiormente colpiti da
un’insufficienza renale cronica Individui di sesso
maschile con un’età leggermente superiore ai 50
anni. La maggior parte di essi, per di più, sono
soliti assumere una cattiva dieta, l’alcool e il fumo
incidendo negativamente, in particolar modo,
sull’ipertensione.
Quali sono, secondo lei, le migliori strade da
intraprendere?
Consiglio, in generale, di effettuare controlli routinari
della funzionalità renale in modo di riuscire ad
intraprendere, nelle tempistiche giuste, una terapia
farmacologia adeguata. In particolare, un lato se così
può essere definito positivo dell’insufficienza cronica
renale, riguarda la possibilità di intraprendere due
strade: la dialisi e il trapianto.
Pertanto, la cura di tutte le malattie croniche si basa
sul rapporto fra la persona ammalata, il medico di
famiglia e il dottore specialista. Allo stesso modo,
chi soffre di insufficienza renale può collaborare
alla gestione della sua malattia se la conosce ed
è consapevole dell’importanza dei consigli e delle
cure che vengono proposti.
Giuseppe Iacobelli, a capo dell’Associazione
Nazionale Trapianti Rene (ANTR) di Latina, ci ha
rilasciato una sua preziosa testimonianza:
“All’età di 25 anni, dopo svariati episodi di
ipertensione ed ematuria, ho scoperto di avere
un rene policistico, la malattia renale ereditaria
più frequente caratterizzata dalla presenza di
numerose cisti che tendono a crescere di volume
e numero.
Man mano che il tessuto renale viene sostituito
da queste cisti, la funzionalità renale cessa
progressivamente.
A 43 anni andai in dialisi e il 14 dicembre del 2004
mi preparai per il trapianto. Da quel momento la
mia vita cambiò in maniera del tutto positiva.
Mi sono sentito di nuovo una persona libera, ho
ricominciato a condurre una vita normale e sono
riuscito a portare avanti la mia più grande passione:
il ciclismo.
Dopo essere stato trapiantato, ad esempio, ho
effettuato un tour di 550 km in bicicletta. Tutto
questo con un rene solo. Posso confermarvi
quindi, che da ben 14 anni vivo benissimo e mi
sono unito con l’Associazione per dimostrare,
con particolare attenzione ai parenti dei soggetti
affetti da tale patologia, che si può uscire vincenti
da un percorso di cure sicuramente complicato e
che deve essere poi seguito costantemente con
una cadenza di 4/5 volte all’anno; ma poi si ritorna
ad essere totalmente liberi”.
Giuseppe Iacobelli
34. 34 | Health Online 30
Endometriosi, se la conosci…
la combatti
Intervista a Jessica Fiorini vice presidente A.P.E.
Salute di Nicoletta Mele
Informare e sensibilizzare l’opinione pubblica per
prevenire le malattie è un atto dovuto e lo è ancor
di più per alcune patologie poco conosciute. è
il caso dell’endometriosi considerata una delle
principali cause di infertilità. L’endometriosi è
una malattia cronica ginecologica dell’età fertile
femminile e si contraddistingue per la presenza
del tessuto che fisiologicamente riveste la parete
interna dell’utero, l’endometrio, in altre parti del
corpo, principalmente a livello di ovaie, tube,
utero, legamenti utero-sacrali, cavo del Douglas,
vescica, retto, ureteri, reni, setto retto-vaginale,
genitali esterni, può trovarsi anche a livello di
ombelico, arti, polmoni. È un tessuto sano ma
impiantato fuori la sua sede normale che, sotto
l’influenza ormonale, subisce delle modificazioni
durante il periodo di ovulazione e mestruale.
È considerata una malattia invalidante che
pregiudica la qualità della vita dal punto di vista
psicologico e sessuale delle donne che ne sono
affette. Purtroppo spesso viene diagnosticata in
uno stato avanzato perché i sintomi, i più comuni
e frequenti come la dismenorrea, il dolore pelvico,
il dolore durante il rapporto sessuale, sono
sottovalutati.
La patologia ha un’incidenza pari al 10% della
Jessica Fiorini
popolazione europea. In Italia si stima che sono
circa 3 milioni le donne che ne sono colpite.
Secondo un recente studio pubblicato su Science
Translational Medicine realizzato da un team di
ricercatori della Michigan State University c’è una
correlazione tra endometriosi e infertilità dovuta
alla carenza di una specifica proteina la HDAC3,
che ha il compito di regolare l’espressione di due
geni, COL1A e COL1A2. Lo studio, dopo aver
analizzato HDAC3 in campioni di endometrio
prelevato da pazienti affette dalla patologia, ha
rilevato che i livelli di questa particolare proteina
sono relativamente bassi, se confrontati con un
gruppo di controllo, e tendono a scendere durante
la progressione della malattia. Gli scienziati hanno
sottolineato come questa scoperta sia un primo
passo nello sviluppo di strategie per trattare
l’infertilità associata all’endometriosi e arrivare
presto a una diagnosi certa e precoce.
Secondo i dati americani, la metà delle donne,
prima di avere una diagnosi certa di endometriosi,
incontra in media 5 ginecologi. La diagnostica per
endometriosi ha fatto passi avanti negli ultimi anni.
Oggi la tendenza, in particolar modo nei centri
specializzati, è di intervenire dopo aver ottenuto,
attraverso l’ecografia e/o la risonanza magnetica
eseguita da un membro del team multidisciplinare
specializzato, un quadro preciso sulla situazione
della localizzazione della patologia, in modo da
rendere l’intervento mirato.
Le cause non sono ancora note e, purtroppo, non
esiste una cura definitiva. Le terapie attualmente
utilizzate sono quella di tipo ormonale, ovvero
la prescrizione della pillola anticoncezionale e
dei farmaci a contenuto di solo progestinico
(pillola progestinica) che inducono uno stato di
pseudogravidanza e pseudomenopausa. L’altra
terapia è quella chirurgica in laporoscopia che
può essere di tipo esplorativo e/o diagnostico
(laparoscopia esplorativa) e di tipo interventistico
(laparoscopia o laparotomia).
è molto importante mantenere alta l’attenzione
dell’opinione pubblica attraverso una maggiore
informazione e conoscenza della malattia.
“Quando è nata l’associazione nel 2005 – ha
spiegato ad Health Online Jessica Fiorini,
35. www.healthonline.it | 35
vice presidente dell’Associazione Progetto
Endometriosi (A.P.E) Onlus – di endometriosi
si parlava veramente poco, oggi per fortuna la
malattia inizia ad essere più conosciuta, o meglio,
se ne sente parlare di più, ma questo non significa
che le persone sappiano in effetti cos’è. Purtroppo
si sentono ancora spesso banalizzazioni del tipo
“basta fare un figlio e passa tutto” e questo
significa che, il lavoro che un’associazione come la
nostra svolge per informare correttamente, serve
ancora. Ogni anno inoltre, grazie ai fondi che
riceviamo con le donazioni del 5X1000 realizziamo
iniziative per far conoscere l’endometriosi al
maggior numero di persone possibili: Convegni
Nazionali, spot informativi, corsi di formazione.
La nostra attività è molteplice: nel 2012 è nato il
progetto ComprendEndo, dedicato alle ragazze
delle scuole superiori. Si tratta di “informazione
precoce” grazie alla quale vengono fornite
le informazioni necessarie per sapere che
l’endometriosi esiste e come riconoscerne i
sintomi. Negli ultimi 2/3 anni, grazie alle volontarie
e agli Istituti che accolgono positivamente il
progetto, abbiamo dato vita a decine di incontri
su tutto il territorio nazionale. Molto importante è
anche la formazione del personale sanitario: dal
2017 abbiamo dato vita a un nuovo progetto di
formazione che si è concretizzato, fino ad ora, con
due corsi interamente finanziati da noi dedicati alla
formazione sulla diagnostica per l’endometriosi
per ginecologi ed ecografisti, e ad un corso il primo
del genere, dedicato a Psicologi e Psicoterapeuti”.
Nelle donne con endometriosi quali sono gli
interventi di supporto efficaci per aiutarle a
migliorare la qualità di vita?
“Il primo grande traguardo per una donna con
endometriosi è ricevere la diagnosi perché questo
è il punto di partenza per potersi prendere cura
di sé.
Scoprire di avere l’endometriosi non è cosa da
poco e ciò che come associazione ci prefiggiamo
di fare, nei limiti dei nostri mezzi e possibilità, è
fornire alle donne tutto il supporto e le informazioni
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necessarie per affrontarla, dall’elenco dei centri
pubblici specializzati, al supporto psicologico
attraverso gli incontri di sostegno, ad informazioni
su ciò che può aiutare a stare meglio ovvero
alimentazione, attività fisica, stile di vita”.
Parlare di endometriosi non solo alle donne ma
anche agli uomini. è importante che anche loro
siano consapevoli della patologia?
“È importantissimo che anche gli uomini abbiamo
una maggiore conoscenza e consapevolezza
perché sono padri, fratelli, compagni, mariti e il
loro ruolo è fondamentale nella vita delle donne.
Spesso gli uomini offrono il loro aiuto e si danno
da fare come possono, questo naturalmente ci
fa molto piacere. Con orgoglio posso dire che,
guardando le bacheche di Facebook, è tanto
l’impegno degli uomini ad invogliare le donne a
partecipare all’evento. Abbiamo così pensato di
creare un “app baloon” da scaricare e stampare,
un’idea vincente perché stanno usando lo
strumento nelle occasioni più disparate e le
immagini circolano sui social network.”
Negli ultimi anni ci sono state delle novità sia dal
punto di vista diagnostico che di assistenza. Nel
2016 in Italia l’endometriosi è stata riconosciuta
come una malattia invalidante e inserita nei Livelli
Essenziali di Assistenza (LEA), ovvero nell’elenco
delle malattie croniche invalidanti che danno
diritto all’esenzione. In sostanza, è stato previsto
un potenziamento delle prestazioni sanitarie e
delle misure di sostegno economico e sociale per
le donne affette da tale patologia.
“I nuovi Livelli Essenziali di Assistenza - ha spiegato
Jessica Fiorini - hanno inserito l’endometriosi
nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti:
questo consente il diritto all’esenzione grazie al
quale le pazienti non dovranno più sostenere le
spese sanitarie delle quali si farà carico il Servizio
Sanitario Nazionale, ma pagheranno solo il ticket.
Per l’endometriosi al terzo o quarto stadio, le
Asl prevedono un’esenzione totale per la sua
cura, anche per quanto riguarda le ecografie e le
visite ginecologiche che in questi casi le donne
effettuano almeno due volte l’anno. Abbiamo
monitorato l’attuazione dal parte delle Regioni, la
Volontarie A.P.E.