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EMPIRISMO INGLESE
L'empirismo (dal greco ἐμπειρία, empeirìa), è la corrente filosofica, nata nella
seconda metà del Seicento in Inghilterra, secondo cui la conoscenza umana deriva
esclusivamente dai sensi o dall'esperienza. I maggiori esponenti dell'empirismo anglo-
sassone furono John Locke, George Berkeley, e David Hume: costoro negavano che gli
esseri umani avessero idee innate, o che qualcosa fosse conoscibile a prescindere
dall'esperienza. L'empirismo si sviluppò in contrapposizione al razionalismo, corrente
filosofica il cui esponente principale è stato Cartesio. Secondo i razionalisti, la filosofia
dovrebbe essere condotta tramite l'introspezione e il ragionamento deduttivo a priori.
Secondo gli empiristi, invece, si considera alla base del metodo scientifico l'idea che le
nostre teorie dovrebbero essere fondate sull'osservazione del mondo piuttosto che
sull'intuito o sulla fede. In senso lato, oggi per empirismo si intende un approccio
pratico e sperimentale alla conoscenza, basato sulla ricerca e su un modo di
procedere a posteriori, preferiti alla pura logica deduttiva. In questo senso possono
essere fatti rientrare nella corrente empirista anche Aristotele, Tommaso d'Aquino,
Roger Bacon, Thomas Hobbes, e l'induttivista Francesco Bacone.
EMPIRISMO INGLESE
JOHN LOCKE
1632-1704
JOHN LOCKE NASCE A WRINGTON, VICINO A BOSTON (INGHILTERRA). DIVENTA
PROFESSORE DI GRECO E DI RETORICA AD OXFORD, MENTRE COME AUTODIDATTA SI
INTERESSA DI ANATOMIA, FISIOLOGIA E FISICA, TANTO DA ESSERE
CHIAMATO DOTTORE SENZA PERALTRO ESSERLO. NEL 1667 ABBANDONA L'INSEGNAMENTO
AD OXFORD (REPUTAVA L'INSEGNAMENTO RICEVUTO PAROLE OSCURE E INUTILI RICERCHE).
VIAGGIA IN FRANCIA E CONOSCE COSÌ GLI AMBIENTI CARTESIANI.
OPERE PRINCIPALI: LETTERA SULLA TOLLERANZA (1659); SAGGIO SULL'INTELLETTO
UMANO (1690); TRATTATI SUL GOVERNO CIVILE (1690); PENSIERI
SULL'EDUCAZIONE (1693); RAGIONEVOLEZZA DEL CRISTIANESIMO QUALE RISULTA DALLE
SCRITTURE (1695)
TABULA RASA
Analogamente a Leibniz, anche Locke muove una polemica nei confronti del pensiero
cartesiano: mentre Leibniz aveva attaccato il meccanicismo, Locke ne critica l'idea di
innatismo (l'innatismo sosteneva che fossero innate quelle verità che avevano il carattere
dell'evidenza, che fossero chiare e distinte, immediatamente percepibili, per il fatto di
essere evidenti per tutti gli uomini, queste capacità innate dovevano essere universali).
Secondo Locke nulla fa pensare che esistano idee innate nella mente degli uomini,
anzi, portando come esempio quello dei bambini, che non hanno in sé alcuna idea
strutturata di Dio, nessuna nozione innata di logica, di geometria e di matematica
universale, Locke afferma che la mente umana nasce vuota e priva di ogni
conoscenza; all'origine, la mente è una tabula rasa, una tavola ancora da incidere.
Se la mente nasce priva di ogni conoscenza, è l'esperienza che fa durante lo svolgersi
della vita che la riempie di nozioni. Tutto ciò che apprendiamo è dunque frutto della
nostra esperienza.
TABULA RASA
Altra considerazione a favore della tesi di Locke è l'evidente inesistenza di principi
universalmente accettati e validi. Nulla è accettato universalmente giusto dagli uomini,
vi sono al mondo differenze enormi di giudizio etico, legate ai diversi costumi appresi
nell'ambito delle diverse società, in campo accademico e scientifico nulla vi è di
indiscusso: la scienza è lotta di tesi opposte, la stessa esperienza empirica dimostra
che tutto deve essere scoperto e nulla di ciò che conosciamo è conosciuto a priori.
Locke è considerato uno dei massimi esponenti dell'empirismo inglese, una corrente
filosofica nata dal diffondersi del metodo sperimentale proposto dalla rivoluzione
scientifica. Secondo l'empirismo i dati della certezza epistemica erano da ricavare
dall'osservazione dei fenomeni reali: analogamente alla scienza fisica, anche la
filosofia doveva attenersi alla critica dei fatti e delle sensazioni tratte dalla
percezione immediata.
PERCEZIONI SEMPLICI E PERCEZIONI COMPLESSE
Da buon empirista, Locke sostiene che tutto ciò che la mente produce è una
elaborazione di percezioni esterne, non esistono quindi idee direttamente
prodotte dalla mente ma solamente la rielaborazione di esperienze
percettive. Nulla vi è nell'intelletto che prima non vi sia stato nella
percezione.
Si delinea così una gerarchia delle percezioni: esse entrano nella mente dalle
più semplici, e queste percezioni semplici servono poi da base alle percezioni
più complesse, in un continuo e progressivo lavoro di accumulo e affinamento.
Analogamente esistono qualità della percezione primarie e qualità
secondarie. Le qualità primarie sono le percezioni oggettive che coincidono con
la materia estesa cartesiana: la forma, il numero, l'estensione nello spazio.
Quelle secondarie sono le impressioni soggettive che riceviamo da un oggetto: il
gusto, il colore, la consistenza.
EMPIRISMO INGLESE
GEORGE BERKELEY
1685-1753
BERKELEY NACQUE A THOMASTOWN, IN IRLANDA. FU NOMINATO PRETE ANGLICANO NEL
1710 E VESCOVO ANGLICANO 1734. IN GIOVENTÙ, COME CAPPELLANO DI FAMIGLIE
NOBILI, VIAGGIÒ IN ITALIA E IN FRANCIA.
OPERE PRINCIPALI: SAGGIO PER UNA NUOVA TEORIA DELLA VISIONE (1709); TRATTATO DEI
PRINCIPI DELLA CONOSCENZA UMANA (1710); HYLAS E PHILONOUS (1713); ALCIFRONE O
IL FILOSOFO MINUTO (1732)
L'IMMATERIALISMO
La tesi principale della filosofia di Berkeley porta alle estreme conseguenza
l'assunto dell'empirismo per cui i soli fatti considerabili sono quelli che
percepiamo con i sensi: Berkeley afferma quindi che non esiste il mondo
percepito in sé, ma solo la percezione.
Facendo sua la tesi dell'empirismo a proposito della precedenza delle
percezioni rispetto alle idee, Berkeley afferma che se nulla vi è nell'intelletto che
prima non vi sia stato nella percezione allora tutto il mondo fisico non esiste se non
nella percezione, tutto è frutto della percezione. Per Berkeley solamente ciò che
viene percepito (o che percepisce) esiste, la sua massima è esse est percipi
(essere è essere percepito).
L'IMMATERIALISMO
Dunque il mondo della materia non esiste, è lo spirito umano che lo edifica
attraverso la percezione e lo rende reale (del resto non c'è differenza tra
materia e spirito perché le due entità coincidono). Questa visione prende il
nome di immaterialismo, in quanto nega l'esistenza distinta della materia e la
lega alla qualità della percezione soggettiva.
Berkeley afferma che anche l'estensione cartesiana della materia non è una
qualità oggettiva ma è una qualità soggettiva: la percezione della grandezza
di un oggetto appare distorta e conseguente alla dimensione del soggetto che
la percepisce (per cui per un acaro un sasso è una montagna, per un gigante è un
granello di sabbia). L'estensione stessa, in quanto giudizio soggettivo, esiste solo
nella mente (posto che i giudizi oggettivi siano universalmente condivisi dalla
totalità dei soggetti).
EMPIRISMO INGLESE
DAVID HUME
1711-1776
HUME NASCE AD EDIMBURGO. È TALMENTE ATTRATTO DALLA FILOSOFIA CHE DECIDE DI STUDIARLA ANCHE
CONTRO IL VOLERE DEL PADRE, CHE GLI AVEVA IMPOSTO LO STUDIO DEL DIRITTO. GIÀ A DICIOTT'ANNI
SVILUPPA I CONCETTI BASE DEL SUO PENSIERO, MA STUDIA COSÌ INTENSAMENTE CHE DEVE PAGARE IL
PREZZO A TANTO IMPEGNO CON UNA LUNGA FASE DI DEPRESSIONE. MALGRADO CIÒ NON RIUSCIRÀ AD
ENTRARE NEI CIRCOLI ACCADEMICI DEL PAESE, SPAVENTATI DALL'ESTREMO SCETTICISMO DELLE SUE TESI.
VIAGGIA IN FRANCIA DOVE DIVIENE SEGRETARIO DELL'AMBASCIATORE INGLESE ED ENTRA IN CONTATTO
CON I CIRCOLI ILLUMINISTI. SCRIVE ANCHE UNA MONUMENTALE STORIA DELL'INGHILTERRA, DALLA QUALE
TRARRÀ QUELLA FAMA CHE NON RIUSCÌ A RAGGIUNGERE CON IL SUO LAVORO FILOSOFICO.
OPERE PRINCIPALI: SAGGI MORALI E POLITICI (1742); DIALOGHI SULLA RELIGIONE
NATURALE (1751); STORIA NATURALE DELLA RELIGIONE (1754); RICERCA SULL'INTELLETTO UMANO (1748-
1759)
IMPRESSIONE E IDEA
Analizzando il rapporto tra pensiero e realtà materiale, Hume afferma che
esistono nella mente due forme di rappresentazione dei fenomeni: l'impressione
e l'idea. L'impressione è la sensazione immediata e intensa che proviamo di
fronte a un fenomeno; l'idea è il ricordo, molto più blando ed elaborato,
dello stesso fenomeno. L'impressione viene quindi a configurarsi come
elemento emotivo-irrazionale, mentre l'idea si configura come immagine
razionale e sedimentata, racchiusa nel "sistema-memoria", dell'impressione.
Tanto le idee quanto le impressioni possono essere semplici o complesse: quelle
semplici sono le rappresentazioni che riguardano un aspetto semplice e
immediatamente percepibile della realtà, le sue qualità primarie; quelle
complesse sono le rappresentazioni che elaborano e uniscono più
rappresentazioni semplici.
IMPRESSIONE E IDEA
Esempio: L'idea di un limone è una rappresentazione complessa in quanto unisce un
certo numero di idee semplici quali il colore giallo, la forma, il profumo e la polpa.
La stessa cosa vale per le impressioni. L'impressione complessa è l'impressione
immediata che riceviamo dalla vista di un limone, nel suo complesso, l'impressione
semplice si riferisce alle singole qualità del limone: l'impressione che ci viene dal
suo colore, dal suo profumo, dalla sua polpa, dalla sua forma
Come si può notare, la filosofia di Hume si attiene ad una visione
scrupolosamente empirica della realtà, per cui oggetto dell'indagine filosofica
sono le sole percezioni immediate e verificabili: attorno ad esse, e a nessun
altro dato, si svolge l'analisi dei fenomeni che accadono nella realtà, percepita
con semplicità ed immediatezza dai sensi.
NON ESISTE ALCUNA SOSTANZA
Che cos'è la sostanza? Esiste veramente qualcosa di necessariamente esistente anche se
non percepibile? Esista qualcosa che sia in sé e per sé?
Sempre nell'ambito della sua visione empirica, Hume sostiene che è impossibile
affermare l'esistenza di una sostanza sottostante alla percezione: può esistere in
realtà un insieme di qualità semplici che unite compongono il concetto di una sostanza
particolare. Cosa significa? Il fatto che un insieme di qualità semplici delle cose sia
riassunta in una parola che le indichi unitariamente non vuol dire che esista un'unica
qualità preesistente a quell'insieme di percezioni (il fatto che percepiamo il cane come
insieme di certe qualità semplici non significa che esista a priori la sostanza cane).
Non c'è nulla sotto l'insieme di certe qualità che faccia supporre l'esistenza certa di
una sostanza causa di tali qualità (il cane è l'insieme di certe qualità, come la qualità di
avere quattro zampe, una coda e un muso più o meno allungato, è questo insieme che lo
fa essere cane e non una sostanza anteriore alla percezione di tali qualità).
NON ESISTE ALCUNA SOSTANZA
Ciò che critica Hume è quindi la possibilità platonica e aristotelica che esistano
non solo oggetti immutabili, che trascendono il mondo sensibile e che sono
rappresentazioni ideali di una certa cosa (simili a matrici), ma che la stessa
sostanza delle cose, percepita come cosa a sé, possa esistere aldilà della
contingenza particolare delle cose stesse.
Da tutto questo deriva poi che l'io, la mente pensante, non esiste in quanto
sostanza ma in quanto flusso di percezioni, ovvero la mente non sarebbe
altro che un insieme di elaborazioni e riflessioni che si succedono continuamente
e velocissimamente una dopo l'altra, senza interruzioni.
NON ESISTE ALCUNA SOSTANZA
Tale visione va quindi contro all'affermazione cartesiana della res
cogitans come sostanza. Hume sembra negare, in tutta la sua filosofia, che la
sostanza sia qualcosa di esistente "in sé" e "a sé": in realtà, sostiene sempre
Hume, le cose hanno già una loro contingenza specifica che le fa essere ciò
che sono, hanno già un loro significato, senza il bisogno di attribuire loro altre
qualità che non siano già quelle evidenti alla percezione.
LA CRITICA AL RAPPORTO CAUSA/EFFETTO
La tesi più celebre della filosofia di Hume è la critica al rapporto di
causa/effetto che lega gli eventi tra loro. Hume afferma che non vi sono
abbastanza elementi per cui si può dire che un certo evento sia seguito
sempre da determinate conseguenze, ovvero non esiste certezza che da una
certa causa possa derivare necessariamente un certo effetto.
Il rapporto causa-effetto ci dice che ad una certa azione corrisponde una certa
conseguenza, come, ad esempio, il fatto che una palla di biliardo ne tocchi
un'altra implica che la seconda cominci a muoversi. Se osserviamo il
comportamento delle palle da biliardo per la prima volta, senza sapere nulla
delle leggi della fisica e senza mai avere sperimentato un'esperienza del
genere, difficilmente sapremo predire ciò che succederà.
LA CRITICA AL RAPPORTO CAUSA/EFFETTO
Hume sostiene allora che l'esistenza di un rapporto causale tra la causa e
l'effetto, non ci viene dalla prova che tale rapporto esiste realmente, ma
solamente dall'abitudine di notare sempre le stesse conseguenze abbinate a
certe azioni.
L'abitudine è allora la tendenza della psiche umana a individuare
indebitamente leggi di regolarità in rapporto ad eventi che si ripetono con
una certa costanza. L'uomo si lascia guidare nell'acquisizione delle sue
certezze dall'abitudine, dalla naturale tendenza di considerare la ripetizione
di un evento come regola universale.
LA CRITICA AL RAPPORTO CAUSA/EFFETTO
Ad esempio, finché due palle da biliardo, scontrandosi, produrranno il moto di una
di esse, l'uomo tenderà a pensare che esiste una legge che lega tra loro gli eventi
dell'urto e del moto successivo; in realtà nulla esclude che, anche dopo miliardi di
possibilità, le palle si rifiutino di muoversi
Tale visione risulta una tra le più radicali forme di scetticismo attorno alle leggi
razionali della natura, una forma di scetticismo che verrà ripresa in epoca
moderna da Popper per formulare la sua critica al metodo induttivo.

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  • 1. EMPIRISMO INGLESE L'empirismo (dal greco ἐμπειρία, empeirìa), è la corrente filosofica, nata nella seconda metà del Seicento in Inghilterra, secondo cui la conoscenza umana deriva esclusivamente dai sensi o dall'esperienza. I maggiori esponenti dell'empirismo anglo- sassone furono John Locke, George Berkeley, e David Hume: costoro negavano che gli esseri umani avessero idee innate, o che qualcosa fosse conoscibile a prescindere dall'esperienza. L'empirismo si sviluppò in contrapposizione al razionalismo, corrente filosofica il cui esponente principale è stato Cartesio. Secondo i razionalisti, la filosofia dovrebbe essere condotta tramite l'introspezione e il ragionamento deduttivo a priori. Secondo gli empiristi, invece, si considera alla base del metodo scientifico l'idea che le nostre teorie dovrebbero essere fondate sull'osservazione del mondo piuttosto che sull'intuito o sulla fede. In senso lato, oggi per empirismo si intende un approccio pratico e sperimentale alla conoscenza, basato sulla ricerca e su un modo di procedere a posteriori, preferiti alla pura logica deduttiva. In questo senso possono essere fatti rientrare nella corrente empirista anche Aristotele, Tommaso d'Aquino, Roger Bacon, Thomas Hobbes, e l'induttivista Francesco Bacone.
  • 2. EMPIRISMO INGLESE JOHN LOCKE 1632-1704 JOHN LOCKE NASCE A WRINGTON, VICINO A BOSTON (INGHILTERRA). DIVENTA PROFESSORE DI GRECO E DI RETORICA AD OXFORD, MENTRE COME AUTODIDATTA SI INTERESSA DI ANATOMIA, FISIOLOGIA E FISICA, TANTO DA ESSERE CHIAMATO DOTTORE SENZA PERALTRO ESSERLO. NEL 1667 ABBANDONA L'INSEGNAMENTO AD OXFORD (REPUTAVA L'INSEGNAMENTO RICEVUTO PAROLE OSCURE E INUTILI RICERCHE). VIAGGIA IN FRANCIA E CONOSCE COSÌ GLI AMBIENTI CARTESIANI. OPERE PRINCIPALI: LETTERA SULLA TOLLERANZA (1659); SAGGIO SULL'INTELLETTO UMANO (1690); TRATTATI SUL GOVERNO CIVILE (1690); PENSIERI SULL'EDUCAZIONE (1693); RAGIONEVOLEZZA DEL CRISTIANESIMO QUALE RISULTA DALLE SCRITTURE (1695)
  • 3. TABULA RASA Analogamente a Leibniz, anche Locke muove una polemica nei confronti del pensiero cartesiano: mentre Leibniz aveva attaccato il meccanicismo, Locke ne critica l'idea di innatismo (l'innatismo sosteneva che fossero innate quelle verità che avevano il carattere dell'evidenza, che fossero chiare e distinte, immediatamente percepibili, per il fatto di essere evidenti per tutti gli uomini, queste capacità innate dovevano essere universali). Secondo Locke nulla fa pensare che esistano idee innate nella mente degli uomini, anzi, portando come esempio quello dei bambini, che non hanno in sé alcuna idea strutturata di Dio, nessuna nozione innata di logica, di geometria e di matematica universale, Locke afferma che la mente umana nasce vuota e priva di ogni conoscenza; all'origine, la mente è una tabula rasa, una tavola ancora da incidere. Se la mente nasce priva di ogni conoscenza, è l'esperienza che fa durante lo svolgersi della vita che la riempie di nozioni. Tutto ciò che apprendiamo è dunque frutto della nostra esperienza.
  • 4. TABULA RASA Altra considerazione a favore della tesi di Locke è l'evidente inesistenza di principi universalmente accettati e validi. Nulla è accettato universalmente giusto dagli uomini, vi sono al mondo differenze enormi di giudizio etico, legate ai diversi costumi appresi nell'ambito delle diverse società, in campo accademico e scientifico nulla vi è di indiscusso: la scienza è lotta di tesi opposte, la stessa esperienza empirica dimostra che tutto deve essere scoperto e nulla di ciò che conosciamo è conosciuto a priori. Locke è considerato uno dei massimi esponenti dell'empirismo inglese, una corrente filosofica nata dal diffondersi del metodo sperimentale proposto dalla rivoluzione scientifica. Secondo l'empirismo i dati della certezza epistemica erano da ricavare dall'osservazione dei fenomeni reali: analogamente alla scienza fisica, anche la filosofia doveva attenersi alla critica dei fatti e delle sensazioni tratte dalla percezione immediata.
  • 5. PERCEZIONI SEMPLICI E PERCEZIONI COMPLESSE Da buon empirista, Locke sostiene che tutto ciò che la mente produce è una elaborazione di percezioni esterne, non esistono quindi idee direttamente prodotte dalla mente ma solamente la rielaborazione di esperienze percettive. Nulla vi è nell'intelletto che prima non vi sia stato nella percezione. Si delinea così una gerarchia delle percezioni: esse entrano nella mente dalle più semplici, e queste percezioni semplici servono poi da base alle percezioni più complesse, in un continuo e progressivo lavoro di accumulo e affinamento. Analogamente esistono qualità della percezione primarie e qualità secondarie. Le qualità primarie sono le percezioni oggettive che coincidono con la materia estesa cartesiana: la forma, il numero, l'estensione nello spazio. Quelle secondarie sono le impressioni soggettive che riceviamo da un oggetto: il gusto, il colore, la consistenza.
  • 6. EMPIRISMO INGLESE GEORGE BERKELEY 1685-1753 BERKELEY NACQUE A THOMASTOWN, IN IRLANDA. FU NOMINATO PRETE ANGLICANO NEL 1710 E VESCOVO ANGLICANO 1734. IN GIOVENTÙ, COME CAPPELLANO DI FAMIGLIE NOBILI, VIAGGIÒ IN ITALIA E IN FRANCIA. OPERE PRINCIPALI: SAGGIO PER UNA NUOVA TEORIA DELLA VISIONE (1709); TRATTATO DEI PRINCIPI DELLA CONOSCENZA UMANA (1710); HYLAS E PHILONOUS (1713); ALCIFRONE O IL FILOSOFO MINUTO (1732)
  • 7. L'IMMATERIALISMO La tesi principale della filosofia di Berkeley porta alle estreme conseguenza l'assunto dell'empirismo per cui i soli fatti considerabili sono quelli che percepiamo con i sensi: Berkeley afferma quindi che non esiste il mondo percepito in sé, ma solo la percezione. Facendo sua la tesi dell'empirismo a proposito della precedenza delle percezioni rispetto alle idee, Berkeley afferma che se nulla vi è nell'intelletto che prima non vi sia stato nella percezione allora tutto il mondo fisico non esiste se non nella percezione, tutto è frutto della percezione. Per Berkeley solamente ciò che viene percepito (o che percepisce) esiste, la sua massima è esse est percipi (essere è essere percepito).
  • 8. L'IMMATERIALISMO Dunque il mondo della materia non esiste, è lo spirito umano che lo edifica attraverso la percezione e lo rende reale (del resto non c'è differenza tra materia e spirito perché le due entità coincidono). Questa visione prende il nome di immaterialismo, in quanto nega l'esistenza distinta della materia e la lega alla qualità della percezione soggettiva. Berkeley afferma che anche l'estensione cartesiana della materia non è una qualità oggettiva ma è una qualità soggettiva: la percezione della grandezza di un oggetto appare distorta e conseguente alla dimensione del soggetto che la percepisce (per cui per un acaro un sasso è una montagna, per un gigante è un granello di sabbia). L'estensione stessa, in quanto giudizio soggettivo, esiste solo nella mente (posto che i giudizi oggettivi siano universalmente condivisi dalla totalità dei soggetti).
  • 9. EMPIRISMO INGLESE DAVID HUME 1711-1776 HUME NASCE AD EDIMBURGO. È TALMENTE ATTRATTO DALLA FILOSOFIA CHE DECIDE DI STUDIARLA ANCHE CONTRO IL VOLERE DEL PADRE, CHE GLI AVEVA IMPOSTO LO STUDIO DEL DIRITTO. GIÀ A DICIOTT'ANNI SVILUPPA I CONCETTI BASE DEL SUO PENSIERO, MA STUDIA COSÌ INTENSAMENTE CHE DEVE PAGARE IL PREZZO A TANTO IMPEGNO CON UNA LUNGA FASE DI DEPRESSIONE. MALGRADO CIÒ NON RIUSCIRÀ AD ENTRARE NEI CIRCOLI ACCADEMICI DEL PAESE, SPAVENTATI DALL'ESTREMO SCETTICISMO DELLE SUE TESI. VIAGGIA IN FRANCIA DOVE DIVIENE SEGRETARIO DELL'AMBASCIATORE INGLESE ED ENTRA IN CONTATTO CON I CIRCOLI ILLUMINISTI. SCRIVE ANCHE UNA MONUMENTALE STORIA DELL'INGHILTERRA, DALLA QUALE TRARRÀ QUELLA FAMA CHE NON RIUSCÌ A RAGGIUNGERE CON IL SUO LAVORO FILOSOFICO. OPERE PRINCIPALI: SAGGI MORALI E POLITICI (1742); DIALOGHI SULLA RELIGIONE NATURALE (1751); STORIA NATURALE DELLA RELIGIONE (1754); RICERCA SULL'INTELLETTO UMANO (1748- 1759)
  • 10. IMPRESSIONE E IDEA Analizzando il rapporto tra pensiero e realtà materiale, Hume afferma che esistono nella mente due forme di rappresentazione dei fenomeni: l'impressione e l'idea. L'impressione è la sensazione immediata e intensa che proviamo di fronte a un fenomeno; l'idea è il ricordo, molto più blando ed elaborato, dello stesso fenomeno. L'impressione viene quindi a configurarsi come elemento emotivo-irrazionale, mentre l'idea si configura come immagine razionale e sedimentata, racchiusa nel "sistema-memoria", dell'impressione. Tanto le idee quanto le impressioni possono essere semplici o complesse: quelle semplici sono le rappresentazioni che riguardano un aspetto semplice e immediatamente percepibile della realtà, le sue qualità primarie; quelle complesse sono le rappresentazioni che elaborano e uniscono più rappresentazioni semplici.
  • 11. IMPRESSIONE E IDEA Esempio: L'idea di un limone è una rappresentazione complessa in quanto unisce un certo numero di idee semplici quali il colore giallo, la forma, il profumo e la polpa. La stessa cosa vale per le impressioni. L'impressione complessa è l'impressione immediata che riceviamo dalla vista di un limone, nel suo complesso, l'impressione semplice si riferisce alle singole qualità del limone: l'impressione che ci viene dal suo colore, dal suo profumo, dalla sua polpa, dalla sua forma Come si può notare, la filosofia di Hume si attiene ad una visione scrupolosamente empirica della realtà, per cui oggetto dell'indagine filosofica sono le sole percezioni immediate e verificabili: attorno ad esse, e a nessun altro dato, si svolge l'analisi dei fenomeni che accadono nella realtà, percepita con semplicità ed immediatezza dai sensi.
  • 12. NON ESISTE ALCUNA SOSTANZA Che cos'è la sostanza? Esiste veramente qualcosa di necessariamente esistente anche se non percepibile? Esista qualcosa che sia in sé e per sé? Sempre nell'ambito della sua visione empirica, Hume sostiene che è impossibile affermare l'esistenza di una sostanza sottostante alla percezione: può esistere in realtà un insieme di qualità semplici che unite compongono il concetto di una sostanza particolare. Cosa significa? Il fatto che un insieme di qualità semplici delle cose sia riassunta in una parola che le indichi unitariamente non vuol dire che esista un'unica qualità preesistente a quell'insieme di percezioni (il fatto che percepiamo il cane come insieme di certe qualità semplici non significa che esista a priori la sostanza cane). Non c'è nulla sotto l'insieme di certe qualità che faccia supporre l'esistenza certa di una sostanza causa di tali qualità (il cane è l'insieme di certe qualità, come la qualità di avere quattro zampe, una coda e un muso più o meno allungato, è questo insieme che lo fa essere cane e non una sostanza anteriore alla percezione di tali qualità).
  • 13. NON ESISTE ALCUNA SOSTANZA Ciò che critica Hume è quindi la possibilità platonica e aristotelica che esistano non solo oggetti immutabili, che trascendono il mondo sensibile e che sono rappresentazioni ideali di una certa cosa (simili a matrici), ma che la stessa sostanza delle cose, percepita come cosa a sé, possa esistere aldilà della contingenza particolare delle cose stesse. Da tutto questo deriva poi che l'io, la mente pensante, non esiste in quanto sostanza ma in quanto flusso di percezioni, ovvero la mente non sarebbe altro che un insieme di elaborazioni e riflessioni che si succedono continuamente e velocissimamente una dopo l'altra, senza interruzioni.
  • 14. NON ESISTE ALCUNA SOSTANZA Tale visione va quindi contro all'affermazione cartesiana della res cogitans come sostanza. Hume sembra negare, in tutta la sua filosofia, che la sostanza sia qualcosa di esistente "in sé" e "a sé": in realtà, sostiene sempre Hume, le cose hanno già una loro contingenza specifica che le fa essere ciò che sono, hanno già un loro significato, senza il bisogno di attribuire loro altre qualità che non siano già quelle evidenti alla percezione.
  • 15. LA CRITICA AL RAPPORTO CAUSA/EFFETTO La tesi più celebre della filosofia di Hume è la critica al rapporto di causa/effetto che lega gli eventi tra loro. Hume afferma che non vi sono abbastanza elementi per cui si può dire che un certo evento sia seguito sempre da determinate conseguenze, ovvero non esiste certezza che da una certa causa possa derivare necessariamente un certo effetto. Il rapporto causa-effetto ci dice che ad una certa azione corrisponde una certa conseguenza, come, ad esempio, il fatto che una palla di biliardo ne tocchi un'altra implica che la seconda cominci a muoversi. Se osserviamo il comportamento delle palle da biliardo per la prima volta, senza sapere nulla delle leggi della fisica e senza mai avere sperimentato un'esperienza del genere, difficilmente sapremo predire ciò che succederà.
  • 16. LA CRITICA AL RAPPORTO CAUSA/EFFETTO Hume sostiene allora che l'esistenza di un rapporto causale tra la causa e l'effetto, non ci viene dalla prova che tale rapporto esiste realmente, ma solamente dall'abitudine di notare sempre le stesse conseguenze abbinate a certe azioni. L'abitudine è allora la tendenza della psiche umana a individuare indebitamente leggi di regolarità in rapporto ad eventi che si ripetono con una certa costanza. L'uomo si lascia guidare nell'acquisizione delle sue certezze dall'abitudine, dalla naturale tendenza di considerare la ripetizione di un evento come regola universale.
  • 17. LA CRITICA AL RAPPORTO CAUSA/EFFETTO Ad esempio, finché due palle da biliardo, scontrandosi, produrranno il moto di una di esse, l'uomo tenderà a pensare che esiste una legge che lega tra loro gli eventi dell'urto e del moto successivo; in realtà nulla esclude che, anche dopo miliardi di possibilità, le palle si rifiutino di muoversi Tale visione risulta una tra le più radicali forme di scetticismo attorno alle leggi razionali della natura, una forma di scetticismo che verrà ripresa in epoca moderna da Popper per formulare la sua critica al metodo induttivo.