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Destinations
& TourismRivista di Destination Management e Marketing
comunicazione social marketing destination
Web Marketing Promocommercializzazione prodotto
strategia promozione formazione management
n. 26/ maggio 2015
DESTINATION
MANAGEMENT
Obiettivo 2015: la
customer experience
DESTINATION
MARKETING
Le inesplorate potenzialità
del content marketing
FOCUS
La promozione turistica
funziona ancora?
Visita il blog di Four Tourism: www.fourtourismblog.it
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La formazione Four Tourism 2015
Sommario
Destination Management
Obiettivo 2015: la customer experience
Destination Marketing
Le inesplorate potenzialità del content
marketing
Focus
La promozione turistica funziona
ancora?
Four Tourism Srl
Corso Ciriè 21
10152 Torino
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Obiettivo 2015: la customer experience
Destination Management
di Bruno Bertero
L’importanza strategica di sviluppare una cultura customer
friendly
Nel mercato attuale, dove purtroppo, la prenota-
zione e la commercializzazione dei servizi turistici,
degli hotel e di conseguenza delle destinazioni non
è in mano agli operatori ma in quelle degli interme-
diari online, ossia le detestate, ma necessarie OTA,
il turista e la sua esperienza sono sempre più un
fattore essenziale per il turismo.
Inoltre, con il potere che è passato in modo inesora-
bile nelle mani dei viaggiatori, con il crescere delle
loro aspettative ed esigenze e con un’offerta sem-
pre più massiccia e competitiva, la ‘customer expe-
rience’ è l’unica arma – o quanto meno la più
importante - in mano alle destinazioni e alle aziende
turistiche per soddisfare al meglio la domanda e
facilitare così il processo di fidelizzazione e di attac-
camento al brand.
Ed è per questo che deve diventare il focus di ogni
DMO e azienda turistica.
Riuscire a fornire un’eccellente ‘customer expe-
rience’ è infatti complesso ed è il risultato di un
processo articolato in cui intervengono diversi attori,
in momenti differenti per raggiungere lo stesso risul-
tato, ossia la massima soddisfazione del cliente.
La custormer experience non è soltanto il servizio
che il cliente troverà nella destinazione né le sue
attrattive e neppure le offerte degli operatori.
Si tratta qualcosa di più complesso e completo che
deve iniziare già nei canali di promozione e pro-
mocommercializzazione: deve essere infatti per-
cepita dal turista prima del suo arrivo sul territorio.
La customer experience è il vantaggio competitivo
su cui la destinazione (oppure un hotel o un b&b)
deve far leva per spingere il cliente a sceglierla
rispetto ad un’altra.
Secondo uno studio, ‘Digital Trends 2015’, condotto
da Econsultancy in partnership con Adobe, è pro-
prio la customer experience l’imperativo indiscusso
del 2015, cui fanno seguito, il content marketing, il
mobìle, la personalizzazione, la raccolta dati, il so-
cial, la gestione di campagne multichannel, i video,
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e, in ultima istanza, i servizi di geolocalizzazione.
Anzi, non solo si tratta di una priorità ma ben il 78%
degli intervistati lo considera l’elemento di differen-
ziazione su cui puntare per posizionarsi con succes-
so sul mercato.
Le domande che oggi bisogna porsi sono “Cosa
posso offrire di speciale?”, “Quale è la mia differen-
za rispetto ai competitor?”, ossia trasferire agli utenti
– ovviamente online - l’esperienza che potranno
vivere.
Seppur è vero che il marketing è cambiato radical-
mente e che attirare i turisti e vendere il prodotto è
complesso, il digital marketing è decisamente e-
sploso, passando da essere un ramo secondario
della comunicazione a svolgere invece un ruolo
centrale, vera e propria cabina di regia delle attività
di management delle destinazioni e delle aziende
turistiche.
Non a caso, secondo il sondaggio, solo più il 5%
degli intervistati afferma che il digital occupa uno
spazio a sé stante all’interno dell’organizzazioni, a
conferma che oggi deve essere presente in modo
trasversale a tutti i settori (43%).
Inoltre, è in crescita il numero di coloro – oltre il 69%
- che intendono nel 2015 incrementarne l’uso, unita-
mente ai social, al mobìle, al content e alla perso-
nalizzazione.
In generale, da un punto di vista geografico, al di là
delle piccole differenze, la customer experience si
aggiudica un ruolo centrale in tutto il mondo, non
solo per il 2015 ma anche in una visione di medio-
lungo termine.
Nello specifico, nella tabella a seguire, si possono
vedere le priorità per il 2015, suddivise per le aree
principali: Usa, Europa e Asia.
Tutto deve ruotare intorno alla customer expe-
rience: gli altri fattori sono solo strumenti funzionali
per raggiungere un unico obiettivo, ossia la soddis-
fazione del cliente.
Questo significa innanzitutto rivedere la propria or-
ganizzazione interna, al fine di riuscire a creare una
perfetta sinergia tra tutti gli elementi strategici, oltre
che adottare una visione a lungo termine.
Purtroppo gli operatori e le destinazioni troppo spes-
so la danno per scontata e soprattutto la considera-
no qualcosa che si consuma solo nel momento in
cui il turista arriva in loco mentre in realtà deve
essere percepibile nel momento stesso in cui egli,
cercando in rete, si imbatte per la prima volta nella
destinazione o azienda turistica.
Sviluppare una cultura customer-friendly
Fornire e comunicare un’esperienza unica significa
innovare, integrare le nuove tecnologie digitali con
quelle tradizionali e acquisire nuove competenze.
Questo per molte destinazioni e aziende turistiche
significa ricreare se stesse, in toto, perché molto
spesso sono ancora legate ad un modus operandi
che vede ogni dipartimento seguire la propria strada
e lavorare in modo autonomo, a compartimenti sta-
gni.
Mentre la customer experience si ottiene solo quan-
do tutti gli elementi lavorano all’unisono e nella
stessa direzione.
Tabella 1: Le priorità per il 2015, divise per aree geografiche
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L’interrelazione, la sinergia, è la premessa che sta
alla base del successo: ma per ottenerla in molti
territori bisogna proprio effettuare un cambiamento
culturale.
È necessario adottare una visione unica, condivisa
non solo all’interno della DMO ma da tutti gli opera-
tori e stakeholder del territorio. In questo modo, si
possono focalizzare tutte le risorse e gli sforzi nella
stessa direzione, dalle attività quotidiane ai servizi,
fino ad arrivare alle risorse economiche, tutti ele-
menti indispensabili per raggiungere gli obiettivi pre-
posti.
Se quindi il prodotto e i servizi dovranno essere
ovviamente altamente competitivi (e per il 28% degli
intervistati rappresentano ancora il fattore chiave)
tuttavia il vero valore aggiunto, da oggi al 2020, sarà
dato proprio dalla customer experience che, secon-
do il 44%, costituirà il vero elemento di differenzia-
zione sul mercato.
Obiettivo sarà quindi facilitare l’accesso alle infor-
mazioni, rendendolo facile e divertente, fornire va-
lore e qualità, dalla prima all’ultima fase del viaggio.
Solo il 5% considera ancora il prezzo l’elemento
nevralgico su cui far leva per differenziarsi.
Definire la strategia corretta è quindi molto impor-
tante ma ancora di più è che sia condivisa da tutti gli
attori del territorio, dagli operatori agli stakeholder
fino ai residenti, perché solo così se ne può ga-
rantire la reale applicazione, sviluppo e successo.
È quindi fondamentale che sia innanzitutto compre-
sa e approvata, meglio ancora se partecipata, coin-
volgendo nel processo di definizione i soggetti
interessati.
Una customer experience soddisfacente non deve
essere solo l’obiettivo dell’area marketing ma deve
essere un intento comune, oltre che per gli attori del
territorio, anche per tutte le aree del management e
come tale deve essere percepito: prodotto, promo-
zione, comunicazione, accoglienza turistica devono
lavorare insieme.
Oggi, non basta essere “un territorio accogliente” o
avere delle risorse o attrattive di rilievo per definirsi
una destinazione turistica. Svilupparsi in ottica turi-
stica, significa effettuare gli interventi necessari per
creare e a rafforzare la propria personalità, comuni-
cando l’esperienza che il turista potrà vivere sul
territorio.
Non si tratta sicuramente di un obiettivo semplice,
ma neanche impossibile o troppo costoso, e soprat-
tutto i risultati sono veramente significativi e dimo-
strano che è il modo migliore di operare.
Purtroppo, non è facile cambiare, riuscire ad uscire
dagli schemi, mutare visione; tuttavia, si tratta di
un’operazione necessaria: bisogna abbandonare
approcci locali e endogeni, e mettersi nei panni del
turista. Questo cambiamento culturale comporta
anche inevitabilmente con sé la necessità di speri-
mentare e innovare e probabilmente anche di
sbagliare, tutti step indispensabili e funzionali alla
crescita.
Per costruire una buona customer experience tutti
gli elementi sono ugualmente importanti e necessa-
ri: perché si tratta di qualcosa che inizia nel momen-
to stesso in cui una persona ha il primo contatto con
il brand, per esempio vede una pubblicità, e non si
conclude mai (o per lo meno non dovrebbe con-
cludersi mai!).
.
Ovviamente poi ci sono alcuni aspetti che possono
essere identificati come essenziali in questo pro-
cesso: gli intervistati mettono al primo posto la
personalizzazione (33%), il valore della proposta
(29%), la coerenza del messaggio in tutti i canali
(12%), la sicurezza e l’affidabililtà (10%), il diverti-
mento e la soddisfazione (7%), la velocità nei tempi
di risposta (5%), il fatto che sia mobìle friendly (4%).
Nonostante, adesso, sia all’ultimo posto il mobìle
potrà e dovrà diventare un elemento centrale del
digital marketing.
La customer experience è
prima di tutto un fattore
strettamente legato alla
strategia ma anche alla
cultura interna della
destinazione o dell’azienda
turistica
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faticosa e problematica.
Memorabilità: assicurare un’esperienza unica, sod-
disfacente e divertente è altresì importante e con-
sente di costruire un forte legame con i clienti,
legandoli in maniera indissolubile al brand.
Mobìle friendly: in un contesto, dove il mobìle sta
crescendo vertiginosamente, diventa ancora più
imperativo offrire al cliente un’esperienza multichan-
nel puntando sulla personalizzazione e sul targeting
nelle diverse piattaforme.
Andiamo a vedere da più vicino, uno per uno, questi
fattori:
Personalizzazione: come già detto più volte, il
turista cerca prodotti il più possibile su misura, e
quindi la personalizzazione è un elemento
fondamentale. E la grande quantità di dati che oggi
si possono raccogliere grazie agli strumenti
disponibili sul mercato, ne facilita l’utilizzo.
Valore: si tratta di un fattore dato dal rapporto
qualità/prezzo ma non solo. Molto spesso infatti è
determinato dalla percezione del mercato, ossia
dalla somma di benefit che effettivamente i turisti
ricevono (tipologia di soggiorno, albergo, servizi) e
dalla loro personale sensazione in merito, frutto di
fattori immateriali e intangibili.
Coerenza del messaggio: i turisti vogliano sapere
cosa aspettarsi. La coerenza dei messaggi veicolati
permette quindi loro di sapere a cosa andranno
incontro, facendoli sentire sufficientemente sicuri e
soddisfatti. Ovviamente, allo stesso tempo ciascun
media e canale ha proprie caratteristiche e quindi
farà leva su determinati aspetti più che su altri ma
di fondo il concetto deve essere sempre lo stesso.
Sicurezza e velocità: sono due fattori che
costituiscono la base di una buona customer
experience e che non dovrebbero essere messi
nemmeno in discussione: nessun turista oggi infatti
ripeterebbe un’esperienza che si è rivelata lenta,
Tabella 2: I fattori individuati come rilevanti per fornire una buona customer experience
Non c’è quindi più nessun dubbio: il marketing di-
venta sempre più personale e la personalizzazione
deve essere a tutti i livelli e riguardare ogni canale.
Anzi, secondo un sondaggio, condotto sempre da
Adobe, la personalizzazione rappresenta la più im-
portante opportunità a disposizione delle destina-
zioni e aziende per assicurarsi che gli sforzi e le
risorse investite nel marketing producano risultati.
Un altro sondaggio condotto da Econsultancy di-
mostra che in media la personalizzazione
dell’esperienza turistica procura un incremento delle
vendite di circa il +14%.
Non a caso, è diventata un fattore di grande impor-
tanza per le aziende che desiderano migliorare
l’esperienza complessiva dei propri clienti, che infatti
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mettono al primo posto, tra gli obiettivi primari del
2015, una forte attenzione alla targetizzazione
(30%), l’ottimizzazione dei contenuti (29%) e il so-
cial media engagement (27%), tutti elementi che
insieme concorrono a fornire la migliore customer
experience possibile.
Inoltre, la personalizzazione sta diventando sempre
più un fattore trasversale e un elemento di conti-
nuità, che deve essere presente in tutte le diversi
fasi del viaggio, dalla fase del ‘dreaming’ ossia
dell’ispirazione, all’ultima dello ‘sharing’, ovvero la
condivisione. E ugualmente ben 2 aziende su 5
concordano sull’importanza che sia effettiva e
uguale su tutti i canali utilizzati.
Ciò implica necessariamente un attento uso di tutte
le informazioni e di tutti i dati a disposizione, raccolti
attraverso le diverse fonti e canali, sia online sia
offline, in modo tale da riuscire ad ottenere un profilo
il più possibile dettagliato e preciso del proprio cli-
ente.
Il potere infatti lo hanno i turisti: le destinazioni e le
aziende hanno semplicemente fatto fatica (e molte
la stanno ancora facendo) ad accettare questo fatto.
Per avere successo, soprattutto nel turismo, non
bisogna dimenticarsi che si sta verificando un pro-
fondo cambiamento e spostamento dalla brand ex-
perience alla customer experience, e sicuramente la
personalizzazione giocherà un ruolo decisivo in
questo passaggio.
Essa infatti è strettamente collegata alla customer
experience: quando infatti si dà alle persone esatta-
mente quello di cui hanno bisogno, quando ne han-
no bisogno, sicuramente non potranno far a meno
di sentirsi soddisfatte e di legarsi al brand.
Ed è per questo che comunque la gestione di azioni
multichannel e il targeting sono obiettivi che le
aziende segnalano come prioritari nel 2015 così
come nel 2020.
Le azioni multi-channel
Il vantaggio effettivo di un approccio cross-channel
è che consente di connettere ed incrociare tutte le
informazioni raccolte sia online sia offline, oltre ad
essere in grado di tracciare i diversi movimenti dei
clienti attraverso i differenti canali, potendone così
monitorare le abitudini e le preferenze
Cross-channel, multichannel e omnichannel sono
tutti termini che devono diventare di uso comune e
che devono essere la base di ogni strategia, cam-
pagna, promozione ed offerta lanciata dalle destina-
zioni e dalle aziende turistiche.
Tuttavia, la gestione di campagne multichannel non
risulta essere tra le priorità del 2015 degli intervista-
ti, posizionandosi solo al 5° posto (22%), dopo la
personalizzazione (30%), l’ottimizzazione dei conte-
nuti (29%), il social media engagement (27%) e la
costruzione del brand (24%).
Per fortuna, in un’ottica di medio-lungo termine, la
situazione sembra ribaltarsi e ben il 70% degli in-
tervistati dichiara che nei prossimi 5 anni sarà una
priorità assoluta, seguita dall’importanza di diffon-
dere un messaggio coerente (66%).
Come mai questa reticenza?
Sembrerebbe infatti che monitorare il comportamen-
to dei consumatori e raccogliere i dati rappresenti
ancora una vera difficoltà per le aziende, fino a
diventare un vero e proprio ostacolo quando si tratta
di mettere insieme l’online e l’offline.
Sicuramente questo rappresenta un forte limite,
soprattutto perché per fornire una customer experi-
ence soddisfacente la raccolta e il confronto dei dati
è essenziale così come il monitoraggio del percorso
di acquisto del cliente.
Conoscere i propri clienti
Nonostante le informazioni siano una componente
essenziale del digital marketing (e forse ne rappre-
Oggi, la personalizzazione è
un fattore sempre più
trasversale e un elemento di
continuità che deve essere
presente in tutte le diversi
fasi del viaggio, dalla fase
del ‘dreaming’, ossia
dell’ispirazione, all’ultimo
dello ‘sharing’, ovvero la
condivisione
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senti addirittura uno dei valori aggiunti) e nono–
stante molte destinazioni e aziende hanno fatto
significativi passi in questa direzione, la capacità di
connettere i dati online e offline risulta essere una
priorità solo per il 12% degli intervistati.
La raccolta dei dati online e offline per migliorare le
proprie strategie di marketing riuscirà a diventare
quindi parte integrante delle attività oppure rimarrà
sempre un’occupazione secondaria? Come si può
pensare di offrire un’eccellente customer experi-
ence, di puntare sulla personalizzazione, se non si
conoscono i propri clienti?
La cosa sorprendente è che quasi tutti i partecipanti
al sondaggio hanno affermato di essere dotati degli
strumenti (da Analitycs in avanti), per raccogliere i
dati e per analizzarli; quindi sicuramente non si può
imputare questa inibizione a carenze infrastrutturali
o di sistema.
L’impressione è che le destinazioni siano sedute su
una montagna di dati, incapaci di trasformarli in
informazioni utili. Molto spesso questa incapacità
viene imputata ad un’impostazione strutturale, di
sistema che spesso non favorisce lo sviluppo di un
approccio innovativo e propositivo.
Si sa che la tecnologia serve solo laddove c’è poi
una struttura collaborativa alle spalle in grado di
supportarla: bisogna quindi che le destinazioni e le
aziende si rendano conto dell’importanza di trasfor-
mare i dati in informazioni e di come queste possa-
no svolgere un ruolo essenziale se integrate
nell’elaborazione delle strategie stesse.
Ma un’altra volta ci troviamo di fronte alla necessità
di introdurre un cambiamento culturale che consen-
ta di adottare un approccio innovativo alla cui base
ci deve essere la comprensione degli effettivi bene-
fici che un tale orientamento può apportare.
Se finora quindi i dati, soprattutto le statistiche, sono
stati utilizzati per lo più per ragioni tattiche e opera-
tive, d’ora in poi dovranno essere usati per impo-
stare il lavoro strategico.
In questo modo, la customer experience può di-
ventare un obiettivo concreto e non solo un’utopia.
Il Roi: una lotta senza fine
La misurazione è un imperativo del marketing sia
che si tratti di monitorare il comportamento dei pro-
pri clienti, l’andamento di una campagna, il livello di
engagement o soprattutto il ritorno sugli investimen-
ti, ossia il ROI.
Tuttavia, dal sondaggio emerge una certa difficoltà
degli intervistati a misurare l’impatto effettivo delle
proprie azioni attraverso i diversi canali, sia online
sia offline.
Il Roi delle attività promozionali offline è comprensi-
bilmente più difficile da misurare così come confer-
ma ben il 22% mentre quello delle campagne digitali
è più facilmente quantificabille, dato che ogni azione
svolta sul web dagli utenti è tracciata e visibile e
quindi può essere calcolata.
La capacità di tracciare e di capire il comportamento
dei clienti offline e online attraverso i diversi canali e
strumenti rappresenta un’importante occasione per
le destinazioni e le aziende turistiche che non deve
assolutamente andare persa.
Apparentemente può sembrare complesso o diffi-
cile, ma in realtà non è cosi! Basta sapere interpre-
tare i dati e trarne le dovute conseguenze.
Una maggiore capacità di misurare e analizzare tutti
i dati disponibili consente infatti di migliorare anche
l’andamento delle attività svolte e di intervenire lad-
dove le strategie evidenziano delle carenze.
Non ci sono più dubbi: se la customer experience è
l’obiettivo, essa può essere raggiunta solo attraver-
so la personalizzazione, e questa a sua volta può
avvenire solo grazie alla raccolta e all’analisi dei dati
e delle informazioni disponibili, online e offline.
Alle destinazioni e alle aziende turistiche non resta
quindi che utilizzare gli strumenti a loro disposizione
per comprendere cosa si aspettano i turisti, qual è
la loro percezione, al fine di offrire loro la migliore
esperienza possibile.
E questo significa solo una cosa: conoscere la pro-
pria destination reputation. Soltanto così infatti si è
in grado di capire dove si è forti, in quali mercati o
quali prodotti hanno reali potenzialità.
Ma soprattutto in questo modo si può dare al proprio
utente ciò che vuole e si aspetta, oltre che utilizzarlo
per la promozione della propria destinazione o
dell’azienda turistica.
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Le inesplorate potenzialità del content marketing
Destination Marketing
I siti delle destinazioni, degli Enti Turistici nazionali
così come anche degli alberghi, spesso sono ineffi-
caci perché non evidenziano ciò che veramente li
contraddistingue, non mostrano ciò che realmente
di fatto li rende dei luoghi unici e memorabili.
Tendono a focalizzarsi più su stereotipi già fatti, per
lo più banali e comuni, enfatizzandoli al limite del
credibile, al fine di vendere, utilizzando toni iperboli-
ci e clichè.
In pratica, continuano a dire e comunicare sempre
le stesse cose senza tenere conto che oggi il turista
è invece sempre più alla ricerca di esperienze
nuove e nuovi stimoli.
E così facendo spesso trascurano di inserire le
informazioni utili ai turisti, quelle che realmente essi
cercano e di cui hanno bisogno e che si aspettereb-
bero di trovare sui siti di riferimento.
In linea generale, si può affermare senza dubbio
che l’intera industria turistica sottovaluti ancora
’importanza dei contenuti online e ne sfrutti solo in
minima parte le grandi potenzialità. Purtroppo si
continua a investire in campagne di adwords su
Google o in campagne display, quando invece i
motori di ricerca premiano proprio i contenuti attualiz-
zati e nuovi.
Ed è un grave errore, in quanto si tratta veramente
di un’occasione unica per le destinazioni e le
aziende turistiche: ciò che oggi conta è infatti essere
in grado di fornire ai viaggiatori contenuti utili e
accattivanti che siano di reale aiuto nelle diverse
fasi del processo decisionale di acquisto, dal mo-
mento dell’ispirazione alla ricerca, dalla prenotazi-
one alla condivisione finale.
Le persone amano sognare le vacanze: e se una
volta erano i media offline, le riviste, i cataloghi o le
brochure ad ispirare i turisti, oggi con il web e il web
2.0 questa funzione è affidata ai contenuti online.
Errori da non fare nell’era del web 2.0
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Ogni brand deve essere flessibile per riuscire a
cambiare e adattarsi: è necessario adottare una
cultura volta all’innovazione, abbandonando antichi
schemi e dinamiche, integrando l’esperienza
digitale a tutti i livelli del proprio business
(dall’informazione e accoglienza turistica alla pre-
sentazione dei proprio prodotti, dalla prenotazione e
acquisto online alla fornitura di servizi e informazioni
aggiuntive, fino alla condivisione e alla fidelizzazio-
ne dell’utente).
Il futuro dell’industria turistica è inevitabilmente lega-
to ai progressi e agli sviluppi del mondo digitale ed
è bene che le destinazioni se ne rendano conto e lo
accettino il prima possibile, abbandonando reti-
cenze e riserbi.
In un mondo, come quello del web 2.0, che ha
consentito e permesso l’esplosione e la diffusione
esponenziale dei contenuti, più che mai si fa neces-
saria la presenza, soprattutto nei territori e nelle
destinazioni, di un soggetto che li raccolga, determi-
nandone l’effettivo valore.
E questo vuol dire che le destinazioni e le aziende
turistiche devono scendere in campo e far sentire la
propria voce.
Stiamo vivendo un epoca in cui se la maggior parte
dell’industria turistica ha riconosciuto la grande op-
portunità offerta dal mondo digitale, tuttavia, ancora
non ne ha compreso bene le dinamiche, ignorando
che in sé e per sé i contenuti online, se non organiz-
zati, valgono poco o addirittura possono essere
controproducenti.
Ciò significa che tutta l’informazione che si produce
in rete in merito a una destinazione, ossia le recen-
sioni, i commenti, le immagini, le foto, i video, i blog
dei singoli utenti, deve essere sfruttato dalla DMO
stessa per promuoversi. La comunicazione sia po-
sitiva sia negativa presente in rete non deve essere
subita ma va gestita!
Le persone hanno bisogno di percepire e sentire
una presenza autorevole, che li guidi nella ricerca e
consultazione dei materiali online, aiutandoli nella
selezione, e agevolandoli nella comprensione.
Non a caso, questo è il motivo per cui gli esperti e
gli influencer godono sempre più del favore della
rete, proprio per la loro autorevolezza.
Senz’altro, quindi costruire relazioni con questi
personaggi è fondamentale perché permette di dare
maggiore credibilità e veridicità ai propri contenuti
online.
La fase di ispirazione è la fase più lunga di tutto il
processo di acquisto: uno studio recente ha eviden-
ziato che un turista inglese effettua in media 12
ricerche online, visita 22 siti e impiega ben 29 giorni
dalla prima ricerca alla transazione finale.
Lo studio rivela inoltre che anche per un viaggio di
sole 4 ore, gli utenti riescono a trascorrere addirittu-
ra 42 ore online, di cui 18,5, quasi la metà, la
spendono per ispirarsi e per sognare. Non a caso,
la disponibilità di contenuti gratis online in grado di
rispondere a questa esigenza, è cresciuta in modo
esponenziale. Il 68% dei turisti inizia le proprie
ricerche online ancora prima di aver deciso come e
dove andare; il 42% invece usa lo smartphone o il
tablet per cercare informazioni mentre già si trova in
vacanza.
Questi cambiamenti sicuramente sono dovuti anche
al peso sempre maggiore dei social media, che
hanno aperto un canale di comunicazione diretto
con le destinazioni e hanno anche permesso di
sviluppare interazioni con altri utenti.
Ma cosa devono fare quindi le destinazioni e le
aziende turistiche? Come devono costruire i propri
contenuti online?
Spesso il grave errore di molte destinazioni risiede
nel voler vendersi a tutti, di voler soddisfare tutte le
esigenze, mentre oggi ciò che conta è sapere ri-
spondere bene ai bisogni di una precisa fetta di
mercato. I servizi e i prodotti turistici devono essere
sempre più personalizzati, geolocalizzati e segmen-
tati per interessi, e ciò sicuramente non può che
incidere ed avere delle ripercussioni per i brand che
operano nel mondo del turismo, portando senz’altro
ad una selezione.
Oggi, comunicare il proprio brand attraverso i canali
digitali, evidenziando i valori ‘core’ della destina-
zione, quelli veri, in modo tale che il turista li abbia
ben presenti in ogni fase del processo di acquisto,
dall’ispirazione alla ricerca, dalla prenotazione al
consumo, fino alla condivisione, facilitando la cos-
truzione di relazioni con i turisti e le interazioni tra gli
utenti, è diventato fondamentale per la sopravviven-
za di qualsiasi realtà turistica.
Le sfide di sicuro non mancano e impongono di
adottare un approccio innovativo, completo, ‘olisti-
co’ del destination management, in grado di fornire
un reale valore ed efficacia al brand.
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Tuttavia, non basta: sono le destinazioni e le
aziende stesse a dover mettere ordine nell’universo
della rete, facendosi sentire.
Questo significa quindi rispondere alle recensioni,
pubblicare contenuti che implicitamente forniscono
le informazioni più ricercate, in grado di fugare i
dubbi più comuni e sentiti. In poche parole, significa
creare contenuti trasparenti, veri, autorevoli, con
forti agganci al locale e possibilmente crearli e dif-
fonderli, utilizzando le tecniche dello storytelling.
Ma questo spesso non avviene: se infatti, ormai le
destinazioni e le aziende turistiche si adoperano per
essere presenti online, tuttavia esiste ancora una
certa reticenza verso alcuni tipi di contenuti.
Per fare un esempio, spesso le destinazioni o le
aziende si occupano di avere un sito performante,
di attivare quanti più canali social possibili, di orga-
nizzare blogtrip o altro per dimostrare al mercato di
essere social, 2.0, di essere in linea con le loro
esigenze. E poi però sottovalutano totalmente
l’importanza delle recensioni.
Spesso accade di andare a consultare online i com-
menti presenti in merito ad una certa attrattiva o un
albergo e trovarvi di tutto: dal giudizio entusiasta a
quello più insoddisfatto e deluso, passando per
altrettante opinioni irrilevanti e mediocri. E ovvia-
mente, nel bene e nel male, quasi tutte senza replica.
Le recensioni sono utili ma sicuramente il fatto che
non possano essere verificate e comprovate rappre-
senta un forte limite. Quando poi sono centinaia,
migliaia, contenenti un mix di affermazioni favorevoli
e ostili, allora spesso rischiano di diventare un vero
e proprio problema, in quanto più che essere di
aiuto a chi le consulta rischiano solo di creare più
dubbi e più confusione. Tanto rumore che invece di
facilitare il turista indeciso semplicemente lo con-
fonde, turbandolo. È bene quindi fermarsi a riflettere
un momento: si parla sempre di ‘buzz’, di
chiacchericcio…ma è questo quello che serve?
Assolutamente, no. Il risultato infatti è che il turista,
se non trova ciò che cerca oppure se ciò che cerca
lo confonde, ritorna al punto di partenza, ossia al
motore di ricerca, ed inizi ad effettuare ulteriori
indagini, per trovare una fonte in grado di fornirgli un
resoconto istruttivo, ricco di informazioni e affidabile.
Qualcosa in grado di fornire un reale feedback di
quello che effettivamente la destinazione offre.
Oggi nell’era dei social media offrire un cattivo
servizio ai clienti e non far nulla per rimediare è
molto pericoloso così come lasciare che commenti
e opinioni pretestuose o sfalsate rimangano online
senza risposta.
Con il web 2.0, si è infatti sempre sotto i riflettori:
ignorare quindi ciò che gli utenti dicono significa
ignorare la propria reputazione.
E sicuramente trascurare i propri canali, non essere
attivi e non rispondere vuol dire proprio questo.
Viviamo in un’era in cui la trasparenza e l’onestà
sono valori essenziali. Spesso però sui portali delle
destinazioni o delle aziende questo aspetto non
trapela. Ci si perde dietro a parole altosonanti e ad
effetto che però non dicono nulla, non spiegano, non
danno informazioni: mancano quei suggerimenti e
quegli spunti che traducano le emozioni in espe-
rienze concrete.
Un contenuto imparziale, obiettivo, in grado di evi-
denziare e evocare la naturale bellezza di un luogo
(e soprattutto di spiegarla: cos’è che lo rende così
bello e unico?) è in sé così efficace che sicuramente
i turisti non chiederebbero altro, se ci fosse.
Ma purtroppo raramente è così.
Le persone amano, cercano e vogliono contenuti
utili, istruttivi, ricchi di informazioni ma tuttavia è
difficile trovare materiale di questo tipo in rete, e in
particolare proprio sui siti di riferimento, dove in-
vece ci si aspetterebbe di trovarli.
C’è una bella differenza tra dire “Grazie alla sua
Oggi, per rispondere alle
esigenze dei turisti, le
destinazioni e le aziende
devono creare contenuti
trasparenti, veri, autorevoli,
con forti
agganci al locale e
possibilmente crearli e
diffonderli utilizzando le
tecniche dello storytelling
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Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015
www.fourtourism.it
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atmosfera unica, dove il tempo sembra essersi
fermato, questo luogo è l’ideale per chi desidera
trascorrere un soggiorno all’insegna del relax” e
invece affermare, contestualizzando, “Un piccolo
agriturismo, tra le vigne e i campi di girasole, dove
potrete gustare il migliore vino di tutta la regione,
fatto da noi, seguendo le antiche tradizioni”.
La seconda affermazione ha un significato, fornisce
delle informazioni, offre degli spunti reali.
E proprio qui sta la chiave: perché quando si danno
alle persone delle informazioni semplici e concrete,
vere, esse sono molto più inclini ad apprezzarle, e a
fidarsi.
E ancora una volta, la chiave risiede nella persona-
lizzazione e nella raccolta dei dati che devono prop-
rio essere utilizzati per riuscire a garantire ai turisti
la migliore esperienza possibile, elaborando mes-
saggi su misura e localizzati.
Tuttavia, questo implica necessariamente un cam-
biamento di prospettiva, anzi un cambiamento cultu-
rale.
Le destinazioni devono cambiare le modalità di
produzione dei loro contenuti online proprio per
cambiare il modo in cui si presentano sul mercato e
di conseguenza influenzare la percezione della do-
manda stessa.
Non si tratta di un’impresa facile perché significa
trasformare il modus operandi di una DMO o di
un’azienda, abituata ad impostare il lavoro in un
determinato modo.
Tuttavia, si tratta di un cambiamento necessario: ciò
che le destinazioni e le aziende offrono non è quello
che i turisti vogliono, anche se viene diffuso via web
e sui canali social, ossia sui canali oggi più utilizzati
dai turisti.
Dal loro punta di vista, essi sono subissati di mate-
riali e si sentono confusi. È necessario trovare il
modo di parlare con loro, uno ad uno, raccontando
storie differenti in grado di catturare il singolo inte-
resse di ognuno.
Ed eccoci quindi ad un altro punto focale, ossia lo
storytelling.
Si perché le persone amano le storie. Alla base di
ogni comunicazione c’è una storia, fin dai tempi più
antichi, fin da quando le persone, la sera, si
sedevano intorno ad un fuoco. Senza una storia, un
contenuto è semplicemente un insieme di parole:
non cattura l’immaginazione e sicuramente non sti-
mola i turisti a spendere. E la cosa più sorprendente
è che il mondo del turismo è pieno di storie che
aspettano solo di essere raccontate.
E i turisti non vogliono altro: vogliono sentire e
leggere le storie di turisti come loro che raccontano
la propria esperienza.
In pratica, meno linguaggio formale ed impersonale
e più implicazione, sensazioni ed emozioni.
E il ritorno è notevole, non solo in termini di conver-
sioni, ma soprattutto di fidelizzazione.
In questo modo, infatti, si crea un legame con il
brand che porta il turista a scegliere la destinazione
e soprattutto a ritornarci perché è stata in grado di
dargli ciò di cui aveva bisogno, dall’inizio alla fine,
fornendogli il giusto contenuto, ossia una storia, con
il giusto tono, ossia genuino, local e autorevole, nel
momento in cui ne aveva bisogno, e attraverso i
canali a lui più affini.
Lo storytelling focalizzato sui turisti conferisce auto-
revolezza alla destinazione e di conseguenza dà
un’idea di trasparenza, onestà e affidabilità.
Non a caso, i contenuti di qualità, autorevoli e locali,
diffusi attraverso la tecnica dello storytelling sono
destinati a rappresentare il futuro del content mar-
keting nel turismo.
Il turismo è esotico, coinvolgente, accattivante. Ed è
per questo che le destinazioni e le aziende turi-
stiche devono raccontare grandi storie: proprio per-
ché per sua natura si tratta di un tema che ben si
presta ad essere raccontato.
E questo rappresenta già un gran vantaggio.
Le destinazioni e le aziende turistiche devono quindi
focalizzarsi sui turisti, sulle loro esigenze, e fornire
loro i contenuti di cui hanno bisogno.
Il ciclo di acquisto di un viaggio può essere anche
molto lungo, ed è necessario essere sempre pre-
senti, in ogni fase, fornendo agli utenti materiale di
qualità.
Il successo del content marketing dipende dalla
capacità di sapere usare e sviluppare i propri valori
per raccontare online la storia del proprio brand, del
proprio territorio.
E non dimenticarsi che, se ben fatto, non c’è niente
infatti di più social del turismo.
Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015
www.fourtourism.it
12
La promozione turistica funziona ancora?
Focus
Se l’obiettivo sono i Millennial, la risposta è no!
Chi sono i millenial?
Può piacere o no, ma di fatto sono i turisti di oggi e
anche quelli di domani. Basta guardare con atten-
zione una coda di viaggiatori pronti a prendere un
volo per rendersi conto che la maggioranza hanno
tra i 20 e i 35 anni. Per queste persone il viaggio e
la vacanza, seppur breve, è qualcosa di diverso
rispetto a ciò che rap-presentava per le generazioni
precendenti, come quella X o i baby boomers.
Ma chi sono esattamente?
Se non siete già impazziti per cercare di capirlo, vi
aiuterà sapere che secondo diversi studi e ricerche
non si fidano dei brand che si rivolgono a loro in
modo diretto e frontale.
Ma non solo: non si fidano delle pubblicità né dei
testimonial, anzi ben il 68% dichiara di non apprez-
zarne l’uso strumentale e fittizio. Potremmo pensare
sare di trovarci di fronte ad un turista difficile, ma in
realtà non è così!
Basta infatti sapere cosa gli interessa, come si
muove, cosa vuole, e soprattutto comprendere che
non è solo “low cost”.
In poche parole, i millennial sono immuni alle tec-
niche tradizionali del marketing turistico.
Quindi, cosa bisogna fare per interagire con questo
segmento che rappresenta il 27% della popolazione
mondiale e che, secondo la Future Foundation,
costituisce una porzione di mercato di assoluto in-
teresse per le destinazioni e le aziende turistiche sia
perché in costante aumento sia perché si tratta di un
pubblico sempre più influente?
Cosa possono e devono fare le destinazioni e le
aziende turistiche per non passare inosservate e
riuscire a catturare l’attenzione di questa importante
nicchia?
Innanzitutto, è fondamentale conoscerli e capire
quali sono i fattori che li stimolano all’acquisto; fatto
questo, non resta che mettersi in contatto con loro,
Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015
www.fourtourism.it
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introducendosi piano piano nei canali che utilizzano
e di cui si fidano.
Ma chi sono dunque i millenial?
I millennial sono ricercatori
Se ancora le generazioni passate accettavano i
claim e gli slogan pubblicitari utilizzati dai brand
turistici nelle loro campagne, o quanto meno li tolle-
ravano, i millennial invece non ne vogliono sapere:
vogliono prove e conferme e quindi cercano in rete
dimostrazioni, rassicurazioni e garanzie anche da
parte di persone che non conoscono direttamente.
Sono quindi dei grandi ricercatori: sondano il web
alla ricerca di opinioni, commenti e pareri di amici,
familiari, conoscenti e utenti di cui si fidano per
raccogliere informazioni, dettagli e racconti, in meri-
to ai prodotti di loro interesse per verificare se sono
in linea con le loro aspettative e i loro gusti.
La maggior parte delle ricerche le effettuano da
mobìle: in media lo consultano ben 43 volte al gior-
no.
Anche quando si trovano nella destinazione, fanno
continuamente ricerche di ogni tipo per trovare re-
censioni e raccomandazioni in merito ai servizi offer-
ti e alle esperienze da provare, cercando le offerte
più convenienti e il miglior rapporto qualità/prezzo.
Anche se comunque, sono disposti a pagare il va-
lore di un’esperienza unica.
Il ruolo dei social media
Anche i social media svolgono un ruolo importante
nel processo di acquisto.
Per il 93% dei millennial, le raccomandazioni di
amici e familiari sono molto importanti e sono in
grado di influenzare le loro decisioni.
L’89% si fida più di queste raccomandazioni che di
quello detto dalle destinazioni stesse. Ma questa
non è una novità: anche se si tratta di un numero
sempre più massiccio e significativo.
E non c’è da stupirsi quindi che il 38% dei millennial
affermi che, dovendo scegliere, si fidano in misura
maggiore di quei brand che fanno social advertising.
Ma anche in questo caso, i millennial hanno le idee
chiare: non vogliono interagire ed essere contattati
da un brand, da un’istituzione, ma vogliono parlare
con una persona vera, in carne e ossa.
E questo dimostra ancora una volta, come le comu-
ni logiche del marketing e dell’adv nel web 2.0
vengano meno.
E che se da una parte c’è sempre un maggiore
utilizzo del web, e i turisti sono sempre più autonomi
e indipendenti nel costruirsi la propria vacanza,
dall’altra in realtà poi necessitano di identificare la
destinazione con una persona fisica, con qualcuno
che ci metta la faccia, e che ne rappresenti il lato
umano.
Mark W. Schaefer, l’autore di ‘Return on Influence’,
sul giornale Strategic Direction spiega:
“Le persone sono stufe di essere bombardate dalla
pubblicità, sono stufe di essere vendute e raggirate
(perché è così che si sentono).
Hanno bisogno di essere assistite e cercano altre
persone in grado di guidarle e aiutarle a risparmiare
tempo, denaro e a soddisfare le loro esigenze,
facendoli divertire.
I social media non sono un canale B2B e neanche
B2C ma P2P, ossia da persona a persona.
È infatti difficile riuscire a costruire una relazione tra
una persona e il logo di una destinazione o di un
albergo”.
Oggi, se da una parte c’è
sempre un maggiore utilizzo
del web e i turisti sono
sempre più autonomi e
indipendenti nel costruirsi la
propria vacanza, dall’altra
poi necessitano di
identificare la destinazione
con una persona fisica, con
qualcuno che ci metta la
faccia, e ne rappresenti il
volto umano
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Per questo, la maggior parte dei millennial ricerca
informazioni e soprattutto vuole che queste infor-
mazioni siano date dalle persone e dalle community
di cui si fidano.
E c’è un gruppo di cui si fidano più di tutti – più
anche degli amici e della famiglia.
Di chi si tratta?
I millennial si fidano degli “esperti”
In un recente studio condotto da Nielsen, è stato
analizzato il comportamento di 900 consumatori
durante il processo decisionale volto all’acquisto.
A loro disposizione, avevano tre differenti fonti: gli
esperti; le destinazione e i contenuti da esse prodot-
ti; e le recensioni di altri consumatori.
Di questi 900, ben l’85% si è rivolto ad un esperto
durante la fase di ricerca e il 69% ha consultato un
esperto, chiedendone l’opinione anche prima di
effettuare la prenotazione o l’acquisto; inoltre, il 67%
afferma che l’approvazione di una persona impar-
ziale, come un esperto, aumenta la probabilità di
effettuare l’acquisto.
In altre parole, se da una parte, la grande disponibi-
lità di informazioni in rete ha reso i millennial diffi-
denti verso le destinazioni e le aziende turistiche,
dall’altra, ha creato anche le condizioni per lo svilup-
po di community di esperti, advocates e promotori
disinteressati cui potersi rivolgere per raccogliere
informazioni e commenti pertinenti e imparziali.
Anzi, il web e il web 2.0 hanno proprio amplificato il
potere di queste persone, trasformandole in veri e
propri influencer. E i millennial sono arrivati a fidarsi
più di loro che dei brand e anche della propria
famiglia e dei propri amici.
Creare engagement con gli esperti
Se quindi gli esperti e gli advocates sono la chiave
di accesso per raggiungere i millennial, come pos-
sono le destinazioni sfruttare questa influenza ed
entrare a loro volta in contatto con loro?
La risposta sta nella strategia social adottata.
Daniel Newman, autore di The Millenial CEO e The
new rules of customer engagement, si chiede:
“È meglio trovare un influencer che può mettere in
contatto il brand con 20 o 30 persone veramente
significative per il brand stesso, oppure è più impor-
tante ottenere 10000 visualizzazioni della pagina,
seppure di persone scarsamente interessate al
brand?”
La risposta è ovvia: per entrare in contatto con
questa importante fetta di mercato le destinazioni
devono quindi prima entrare in contatto e creare
engagement con gli esperti.
Se fatto nel modo corretto, non solo questo approc-
cio consentirà alle destinazioni di incrementare le
proprie conversioni, ma soprattutto permetterà di
rassicurare i millennial, convincendoli così a fidarsi
del brand.
Non bisogna dimenticare che però gli influencer non
sono soltanto i blogger ma anche i turisti ‘normali’:
per tanto, ancora una volta, è importante conoscere
e gestire la propria reputazione che di fatto è l’arma
con la quale dobbiamo competere nel mercato.
Per tanto, la raccomandazione di Four Tourism, è
semplice: i millenial sono il futuro del turismo.
E per riuscire a trasformarli nei nostri turisti è impor-
tante capire cosa cercano e come lo cercano.
E in parte sicuramente qui lo abbiamo visto.
Ora, non resta che…agire!
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  • 1. Destinations & TourismRivista di Destination Management e Marketing comunicazione social marketing destination Web Marketing Promocommercializzazione prodotto strategia promozione formazione management n. 26/ maggio 2015 DESTINATION MANAGEMENT Obiettivo 2015: la customer experience DESTINATION MARKETING Le inesplorate potenzialità del content marketing FOCUS La promozione turistica funziona ancora? Visita il blog di Four Tourism: www.fourtourismblog.it
  • 2. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 1 La formazione Four Tourism 2015 Sommario Destination Management Obiettivo 2015: la customer experience Destination Marketing Le inesplorate potenzialità del content marketing Focus La promozione turistica funziona ancora? Four Tourism Srl Corso Ciriè 21 10152 Torino Tel. +39 011 4407078 info@fourtourism.it www.fourtourism.it www.fourtourismblog.it
  • 3. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 2 Obiettivo 2015: la customer experience Destination Management di Bruno Bertero L’importanza strategica di sviluppare una cultura customer friendly Nel mercato attuale, dove purtroppo, la prenota- zione e la commercializzazione dei servizi turistici, degli hotel e di conseguenza delle destinazioni non è in mano agli operatori ma in quelle degli interme- diari online, ossia le detestate, ma necessarie OTA, il turista e la sua esperienza sono sempre più un fattore essenziale per il turismo. Inoltre, con il potere che è passato in modo inesora- bile nelle mani dei viaggiatori, con il crescere delle loro aspettative ed esigenze e con un’offerta sem- pre più massiccia e competitiva, la ‘customer expe- rience’ è l’unica arma – o quanto meno la più importante - in mano alle destinazioni e alle aziende turistiche per soddisfare al meglio la domanda e facilitare così il processo di fidelizzazione e di attac- camento al brand. Ed è per questo che deve diventare il focus di ogni DMO e azienda turistica. Riuscire a fornire un’eccellente ‘customer expe- rience’ è infatti complesso ed è il risultato di un processo articolato in cui intervengono diversi attori, in momenti differenti per raggiungere lo stesso risul- tato, ossia la massima soddisfazione del cliente. La custormer experience non è soltanto il servizio che il cliente troverà nella destinazione né le sue attrattive e neppure le offerte degli operatori. Si tratta qualcosa di più complesso e completo che deve iniziare già nei canali di promozione e pro- mocommercializzazione: deve essere infatti per- cepita dal turista prima del suo arrivo sul territorio. La customer experience è il vantaggio competitivo su cui la destinazione (oppure un hotel o un b&b) deve far leva per spingere il cliente a sceglierla rispetto ad un’altra. Secondo uno studio, ‘Digital Trends 2015’, condotto da Econsultancy in partnership con Adobe, è pro- prio la customer experience l’imperativo indiscusso del 2015, cui fanno seguito, il content marketing, il mobìle, la personalizzazione, la raccolta dati, il so- cial, la gestione di campagne multichannel, i video,
  • 4. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 3 e, in ultima istanza, i servizi di geolocalizzazione. Anzi, non solo si tratta di una priorità ma ben il 78% degli intervistati lo considera l’elemento di differen- ziazione su cui puntare per posizionarsi con succes- so sul mercato. Le domande che oggi bisogna porsi sono “Cosa posso offrire di speciale?”, “Quale è la mia differen- za rispetto ai competitor?”, ossia trasferire agli utenti – ovviamente online - l’esperienza che potranno vivere. Seppur è vero che il marketing è cambiato radical- mente e che attirare i turisti e vendere il prodotto è complesso, il digital marketing è decisamente e- sploso, passando da essere un ramo secondario della comunicazione a svolgere invece un ruolo centrale, vera e propria cabina di regia delle attività di management delle destinazioni e delle aziende turistiche. Non a caso, secondo il sondaggio, solo più il 5% degli intervistati afferma che il digital occupa uno spazio a sé stante all’interno dell’organizzazioni, a conferma che oggi deve essere presente in modo trasversale a tutti i settori (43%). Inoltre, è in crescita il numero di coloro – oltre il 69% - che intendono nel 2015 incrementarne l’uso, unita- mente ai social, al mobìle, al content e alla perso- nalizzazione. In generale, da un punto di vista geografico, al di là delle piccole differenze, la customer experience si aggiudica un ruolo centrale in tutto il mondo, non solo per il 2015 ma anche in una visione di medio- lungo termine. Nello specifico, nella tabella a seguire, si possono vedere le priorità per il 2015, suddivise per le aree principali: Usa, Europa e Asia. Tutto deve ruotare intorno alla customer expe- rience: gli altri fattori sono solo strumenti funzionali per raggiungere un unico obiettivo, ossia la soddis- fazione del cliente. Questo significa innanzitutto rivedere la propria or- ganizzazione interna, al fine di riuscire a creare una perfetta sinergia tra tutti gli elementi strategici, oltre che adottare una visione a lungo termine. Purtroppo gli operatori e le destinazioni troppo spes- so la danno per scontata e soprattutto la considera- no qualcosa che si consuma solo nel momento in cui il turista arriva in loco mentre in realtà deve essere percepibile nel momento stesso in cui egli, cercando in rete, si imbatte per la prima volta nella destinazione o azienda turistica. Sviluppare una cultura customer-friendly Fornire e comunicare un’esperienza unica significa innovare, integrare le nuove tecnologie digitali con quelle tradizionali e acquisire nuove competenze. Questo per molte destinazioni e aziende turistiche significa ricreare se stesse, in toto, perché molto spesso sono ancora legate ad un modus operandi che vede ogni dipartimento seguire la propria strada e lavorare in modo autonomo, a compartimenti sta- gni. Mentre la customer experience si ottiene solo quan- do tutti gli elementi lavorano all’unisono e nella stessa direzione. Tabella 1: Le priorità per il 2015, divise per aree geografiche
  • 5. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 4 L’interrelazione, la sinergia, è la premessa che sta alla base del successo: ma per ottenerla in molti territori bisogna proprio effettuare un cambiamento culturale. È necessario adottare una visione unica, condivisa non solo all’interno della DMO ma da tutti gli opera- tori e stakeholder del territorio. In questo modo, si possono focalizzare tutte le risorse e gli sforzi nella stessa direzione, dalle attività quotidiane ai servizi, fino ad arrivare alle risorse economiche, tutti ele- menti indispensabili per raggiungere gli obiettivi pre- posti. Se quindi il prodotto e i servizi dovranno essere ovviamente altamente competitivi (e per il 28% degli intervistati rappresentano ancora il fattore chiave) tuttavia il vero valore aggiunto, da oggi al 2020, sarà dato proprio dalla customer experience che, secon- do il 44%, costituirà il vero elemento di differenzia- zione sul mercato. Obiettivo sarà quindi facilitare l’accesso alle infor- mazioni, rendendolo facile e divertente, fornire va- lore e qualità, dalla prima all’ultima fase del viaggio. Solo il 5% considera ancora il prezzo l’elemento nevralgico su cui far leva per differenziarsi. Definire la strategia corretta è quindi molto impor- tante ma ancora di più è che sia condivisa da tutti gli attori del territorio, dagli operatori agli stakeholder fino ai residenti, perché solo così se ne può ga- rantire la reale applicazione, sviluppo e successo. È quindi fondamentale che sia innanzitutto compre- sa e approvata, meglio ancora se partecipata, coin- volgendo nel processo di definizione i soggetti interessati. Una customer experience soddisfacente non deve essere solo l’obiettivo dell’area marketing ma deve essere un intento comune, oltre che per gli attori del territorio, anche per tutte le aree del management e come tale deve essere percepito: prodotto, promo- zione, comunicazione, accoglienza turistica devono lavorare insieme. Oggi, non basta essere “un territorio accogliente” o avere delle risorse o attrattive di rilievo per definirsi una destinazione turistica. Svilupparsi in ottica turi- stica, significa effettuare gli interventi necessari per creare e a rafforzare la propria personalità, comuni- cando l’esperienza che il turista potrà vivere sul territorio. Non si tratta sicuramente di un obiettivo semplice, ma neanche impossibile o troppo costoso, e soprat- tutto i risultati sono veramente significativi e dimo- strano che è il modo migliore di operare. Purtroppo, non è facile cambiare, riuscire ad uscire dagli schemi, mutare visione; tuttavia, si tratta di un’operazione necessaria: bisogna abbandonare approcci locali e endogeni, e mettersi nei panni del turista. Questo cambiamento culturale comporta anche inevitabilmente con sé la necessità di speri- mentare e innovare e probabilmente anche di sbagliare, tutti step indispensabili e funzionali alla crescita. Per costruire una buona customer experience tutti gli elementi sono ugualmente importanti e necessa- ri: perché si tratta di qualcosa che inizia nel momen- to stesso in cui una persona ha il primo contatto con il brand, per esempio vede una pubblicità, e non si conclude mai (o per lo meno non dovrebbe con- cludersi mai!). . Ovviamente poi ci sono alcuni aspetti che possono essere identificati come essenziali in questo pro- cesso: gli intervistati mettono al primo posto la personalizzazione (33%), il valore della proposta (29%), la coerenza del messaggio in tutti i canali (12%), la sicurezza e l’affidabililtà (10%), il diverti- mento e la soddisfazione (7%), la velocità nei tempi di risposta (5%), il fatto che sia mobìle friendly (4%). Nonostante, adesso, sia all’ultimo posto il mobìle potrà e dovrà diventare un elemento centrale del digital marketing. La customer experience è prima di tutto un fattore strettamente legato alla strategia ma anche alla cultura interna della destinazione o dell’azienda turistica
  • 6. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 5 faticosa e problematica. Memorabilità: assicurare un’esperienza unica, sod- disfacente e divertente è altresì importante e con- sente di costruire un forte legame con i clienti, legandoli in maniera indissolubile al brand. Mobìle friendly: in un contesto, dove il mobìle sta crescendo vertiginosamente, diventa ancora più imperativo offrire al cliente un’esperienza multichan- nel puntando sulla personalizzazione e sul targeting nelle diverse piattaforme. Andiamo a vedere da più vicino, uno per uno, questi fattori: Personalizzazione: come già detto più volte, il turista cerca prodotti il più possibile su misura, e quindi la personalizzazione è un elemento fondamentale. E la grande quantità di dati che oggi si possono raccogliere grazie agli strumenti disponibili sul mercato, ne facilita l’utilizzo. Valore: si tratta di un fattore dato dal rapporto qualità/prezzo ma non solo. Molto spesso infatti è determinato dalla percezione del mercato, ossia dalla somma di benefit che effettivamente i turisti ricevono (tipologia di soggiorno, albergo, servizi) e dalla loro personale sensazione in merito, frutto di fattori immateriali e intangibili. Coerenza del messaggio: i turisti vogliano sapere cosa aspettarsi. La coerenza dei messaggi veicolati permette quindi loro di sapere a cosa andranno incontro, facendoli sentire sufficientemente sicuri e soddisfatti. Ovviamente, allo stesso tempo ciascun media e canale ha proprie caratteristiche e quindi farà leva su determinati aspetti più che su altri ma di fondo il concetto deve essere sempre lo stesso. Sicurezza e velocità: sono due fattori che costituiscono la base di una buona customer experience e che non dovrebbero essere messi nemmeno in discussione: nessun turista oggi infatti ripeterebbe un’esperienza che si è rivelata lenta, Tabella 2: I fattori individuati come rilevanti per fornire una buona customer experience Non c’è quindi più nessun dubbio: il marketing di- venta sempre più personale e la personalizzazione deve essere a tutti i livelli e riguardare ogni canale. Anzi, secondo un sondaggio, condotto sempre da Adobe, la personalizzazione rappresenta la più im- portante opportunità a disposizione delle destina- zioni e aziende per assicurarsi che gli sforzi e le risorse investite nel marketing producano risultati. Un altro sondaggio condotto da Econsultancy di- mostra che in media la personalizzazione dell’esperienza turistica procura un incremento delle vendite di circa il +14%. Non a caso, è diventata un fattore di grande impor- tanza per le aziende che desiderano migliorare l’esperienza complessiva dei propri clienti, che infatti
  • 7. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 6 mettono al primo posto, tra gli obiettivi primari del 2015, una forte attenzione alla targetizzazione (30%), l’ottimizzazione dei contenuti (29%) e il so- cial media engagement (27%), tutti elementi che insieme concorrono a fornire la migliore customer experience possibile. Inoltre, la personalizzazione sta diventando sempre più un fattore trasversale e un elemento di conti- nuità, che deve essere presente in tutte le diversi fasi del viaggio, dalla fase del ‘dreaming’ ossia dell’ispirazione, all’ultima dello ‘sharing’, ovvero la condivisione. E ugualmente ben 2 aziende su 5 concordano sull’importanza che sia effettiva e uguale su tutti i canali utilizzati. Ciò implica necessariamente un attento uso di tutte le informazioni e di tutti i dati a disposizione, raccolti attraverso le diverse fonti e canali, sia online sia offline, in modo tale da riuscire ad ottenere un profilo il più possibile dettagliato e preciso del proprio cli- ente. Il potere infatti lo hanno i turisti: le destinazioni e le aziende hanno semplicemente fatto fatica (e molte la stanno ancora facendo) ad accettare questo fatto. Per avere successo, soprattutto nel turismo, non bisogna dimenticarsi che si sta verificando un pro- fondo cambiamento e spostamento dalla brand ex- perience alla customer experience, e sicuramente la personalizzazione giocherà un ruolo decisivo in questo passaggio. Essa infatti è strettamente collegata alla customer experience: quando infatti si dà alle persone esatta- mente quello di cui hanno bisogno, quando ne han- no bisogno, sicuramente non potranno far a meno di sentirsi soddisfatte e di legarsi al brand. Ed è per questo che comunque la gestione di azioni multichannel e il targeting sono obiettivi che le aziende segnalano come prioritari nel 2015 così come nel 2020. Le azioni multi-channel Il vantaggio effettivo di un approccio cross-channel è che consente di connettere ed incrociare tutte le informazioni raccolte sia online sia offline, oltre ad essere in grado di tracciare i diversi movimenti dei clienti attraverso i differenti canali, potendone così monitorare le abitudini e le preferenze Cross-channel, multichannel e omnichannel sono tutti termini che devono diventare di uso comune e che devono essere la base di ogni strategia, cam- pagna, promozione ed offerta lanciata dalle destina- zioni e dalle aziende turistiche. Tuttavia, la gestione di campagne multichannel non risulta essere tra le priorità del 2015 degli intervista- ti, posizionandosi solo al 5° posto (22%), dopo la personalizzazione (30%), l’ottimizzazione dei conte- nuti (29%), il social media engagement (27%) e la costruzione del brand (24%). Per fortuna, in un’ottica di medio-lungo termine, la situazione sembra ribaltarsi e ben il 70% degli in- tervistati dichiara che nei prossimi 5 anni sarà una priorità assoluta, seguita dall’importanza di diffon- dere un messaggio coerente (66%). Come mai questa reticenza? Sembrerebbe infatti che monitorare il comportamen- to dei consumatori e raccogliere i dati rappresenti ancora una vera difficoltà per le aziende, fino a diventare un vero e proprio ostacolo quando si tratta di mettere insieme l’online e l’offline. Sicuramente questo rappresenta un forte limite, soprattutto perché per fornire una customer experi- ence soddisfacente la raccolta e il confronto dei dati è essenziale così come il monitoraggio del percorso di acquisto del cliente. Conoscere i propri clienti Nonostante le informazioni siano una componente essenziale del digital marketing (e forse ne rappre- Oggi, la personalizzazione è un fattore sempre più trasversale e un elemento di continuità che deve essere presente in tutte le diversi fasi del viaggio, dalla fase del ‘dreaming’, ossia dell’ispirazione, all’ultimo dello ‘sharing’, ovvero la condivisione <
  • 8. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 7 senti addirittura uno dei valori aggiunti) e nono– stante molte destinazioni e aziende hanno fatto significativi passi in questa direzione, la capacità di connettere i dati online e offline risulta essere una priorità solo per il 12% degli intervistati. La raccolta dei dati online e offline per migliorare le proprie strategie di marketing riuscirà a diventare quindi parte integrante delle attività oppure rimarrà sempre un’occupazione secondaria? Come si può pensare di offrire un’eccellente customer experi- ence, di puntare sulla personalizzazione, se non si conoscono i propri clienti? La cosa sorprendente è che quasi tutti i partecipanti al sondaggio hanno affermato di essere dotati degli strumenti (da Analitycs in avanti), per raccogliere i dati e per analizzarli; quindi sicuramente non si può imputare questa inibizione a carenze infrastrutturali o di sistema. L’impressione è che le destinazioni siano sedute su una montagna di dati, incapaci di trasformarli in informazioni utili. Molto spesso questa incapacità viene imputata ad un’impostazione strutturale, di sistema che spesso non favorisce lo sviluppo di un approccio innovativo e propositivo. Si sa che la tecnologia serve solo laddove c’è poi una struttura collaborativa alle spalle in grado di supportarla: bisogna quindi che le destinazioni e le aziende si rendano conto dell’importanza di trasfor- mare i dati in informazioni e di come queste possa- no svolgere un ruolo essenziale se integrate nell’elaborazione delle strategie stesse. Ma un’altra volta ci troviamo di fronte alla necessità di introdurre un cambiamento culturale che consen- ta di adottare un approccio innovativo alla cui base ci deve essere la comprensione degli effettivi bene- fici che un tale orientamento può apportare. Se finora quindi i dati, soprattutto le statistiche, sono stati utilizzati per lo più per ragioni tattiche e opera- tive, d’ora in poi dovranno essere usati per impo- stare il lavoro strategico. In questo modo, la customer experience può di- ventare un obiettivo concreto e non solo un’utopia. Il Roi: una lotta senza fine La misurazione è un imperativo del marketing sia che si tratti di monitorare il comportamento dei pro- pri clienti, l’andamento di una campagna, il livello di engagement o soprattutto il ritorno sugli investimen- ti, ossia il ROI. Tuttavia, dal sondaggio emerge una certa difficoltà degli intervistati a misurare l’impatto effettivo delle proprie azioni attraverso i diversi canali, sia online sia offline. Il Roi delle attività promozionali offline è comprensi- bilmente più difficile da misurare così come confer- ma ben il 22% mentre quello delle campagne digitali è più facilmente quantificabille, dato che ogni azione svolta sul web dagli utenti è tracciata e visibile e quindi può essere calcolata. La capacità di tracciare e di capire il comportamento dei clienti offline e online attraverso i diversi canali e strumenti rappresenta un’importante occasione per le destinazioni e le aziende turistiche che non deve assolutamente andare persa. Apparentemente può sembrare complesso o diffi- cile, ma in realtà non è cosi! Basta sapere interpre- tare i dati e trarne le dovute conseguenze. Una maggiore capacità di misurare e analizzare tutti i dati disponibili consente infatti di migliorare anche l’andamento delle attività svolte e di intervenire lad- dove le strategie evidenziano delle carenze. Non ci sono più dubbi: se la customer experience è l’obiettivo, essa può essere raggiunta solo attraver- so la personalizzazione, e questa a sua volta può avvenire solo grazie alla raccolta e all’analisi dei dati e delle informazioni disponibili, online e offline. Alle destinazioni e alle aziende turistiche non resta quindi che utilizzare gli strumenti a loro disposizione per comprendere cosa si aspettano i turisti, qual è la loro percezione, al fine di offrire loro la migliore esperienza possibile. E questo significa solo una cosa: conoscere la pro- pria destination reputation. Soltanto così infatti si è in grado di capire dove si è forti, in quali mercati o quali prodotti hanno reali potenzialità. Ma soprattutto in questo modo si può dare al proprio utente ciò che vuole e si aspetta, oltre che utilizzarlo per la promozione della propria destinazione o dell’azienda turistica.
  • 9. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 8 Le inesplorate potenzialità del content marketing Destination Marketing I siti delle destinazioni, degli Enti Turistici nazionali così come anche degli alberghi, spesso sono ineffi- caci perché non evidenziano ciò che veramente li contraddistingue, non mostrano ciò che realmente di fatto li rende dei luoghi unici e memorabili. Tendono a focalizzarsi più su stereotipi già fatti, per lo più banali e comuni, enfatizzandoli al limite del credibile, al fine di vendere, utilizzando toni iperboli- ci e clichè. In pratica, continuano a dire e comunicare sempre le stesse cose senza tenere conto che oggi il turista è invece sempre più alla ricerca di esperienze nuove e nuovi stimoli. E così facendo spesso trascurano di inserire le informazioni utili ai turisti, quelle che realmente essi cercano e di cui hanno bisogno e che si aspettereb- bero di trovare sui siti di riferimento. In linea generale, si può affermare senza dubbio che l’intera industria turistica sottovaluti ancora ’importanza dei contenuti online e ne sfrutti solo in minima parte le grandi potenzialità. Purtroppo si continua a investire in campagne di adwords su Google o in campagne display, quando invece i motori di ricerca premiano proprio i contenuti attualiz- zati e nuovi. Ed è un grave errore, in quanto si tratta veramente di un’occasione unica per le destinazioni e le aziende turistiche: ciò che oggi conta è infatti essere in grado di fornire ai viaggiatori contenuti utili e accattivanti che siano di reale aiuto nelle diverse fasi del processo decisionale di acquisto, dal mo- mento dell’ispirazione alla ricerca, dalla prenotazi- one alla condivisione finale. Le persone amano sognare le vacanze: e se una volta erano i media offline, le riviste, i cataloghi o le brochure ad ispirare i turisti, oggi con il web e il web 2.0 questa funzione è affidata ai contenuti online. Errori da non fare nell’era del web 2.0
  • 10. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 9 Ogni brand deve essere flessibile per riuscire a cambiare e adattarsi: è necessario adottare una cultura volta all’innovazione, abbandonando antichi schemi e dinamiche, integrando l’esperienza digitale a tutti i livelli del proprio business (dall’informazione e accoglienza turistica alla pre- sentazione dei proprio prodotti, dalla prenotazione e acquisto online alla fornitura di servizi e informazioni aggiuntive, fino alla condivisione e alla fidelizzazio- ne dell’utente). Il futuro dell’industria turistica è inevitabilmente lega- to ai progressi e agli sviluppi del mondo digitale ed è bene che le destinazioni se ne rendano conto e lo accettino il prima possibile, abbandonando reti- cenze e riserbi. In un mondo, come quello del web 2.0, che ha consentito e permesso l’esplosione e la diffusione esponenziale dei contenuti, più che mai si fa neces- saria la presenza, soprattutto nei territori e nelle destinazioni, di un soggetto che li raccolga, determi- nandone l’effettivo valore. E questo vuol dire che le destinazioni e le aziende turistiche devono scendere in campo e far sentire la propria voce. Stiamo vivendo un epoca in cui se la maggior parte dell’industria turistica ha riconosciuto la grande op- portunità offerta dal mondo digitale, tuttavia, ancora non ne ha compreso bene le dinamiche, ignorando che in sé e per sé i contenuti online, se non organiz- zati, valgono poco o addirittura possono essere controproducenti. Ciò significa che tutta l’informazione che si produce in rete in merito a una destinazione, ossia le recen- sioni, i commenti, le immagini, le foto, i video, i blog dei singoli utenti, deve essere sfruttato dalla DMO stessa per promuoversi. La comunicazione sia po- sitiva sia negativa presente in rete non deve essere subita ma va gestita! Le persone hanno bisogno di percepire e sentire una presenza autorevole, che li guidi nella ricerca e consultazione dei materiali online, aiutandoli nella selezione, e agevolandoli nella comprensione. Non a caso, questo è il motivo per cui gli esperti e gli influencer godono sempre più del favore della rete, proprio per la loro autorevolezza. Senz’altro, quindi costruire relazioni con questi personaggi è fondamentale perché permette di dare maggiore credibilità e veridicità ai propri contenuti online. La fase di ispirazione è la fase più lunga di tutto il processo di acquisto: uno studio recente ha eviden- ziato che un turista inglese effettua in media 12 ricerche online, visita 22 siti e impiega ben 29 giorni dalla prima ricerca alla transazione finale. Lo studio rivela inoltre che anche per un viaggio di sole 4 ore, gli utenti riescono a trascorrere addirittu- ra 42 ore online, di cui 18,5, quasi la metà, la spendono per ispirarsi e per sognare. Non a caso, la disponibilità di contenuti gratis online in grado di rispondere a questa esigenza, è cresciuta in modo esponenziale. Il 68% dei turisti inizia le proprie ricerche online ancora prima di aver deciso come e dove andare; il 42% invece usa lo smartphone o il tablet per cercare informazioni mentre già si trova in vacanza. Questi cambiamenti sicuramente sono dovuti anche al peso sempre maggiore dei social media, che hanno aperto un canale di comunicazione diretto con le destinazioni e hanno anche permesso di sviluppare interazioni con altri utenti. Ma cosa devono fare quindi le destinazioni e le aziende turistiche? Come devono costruire i propri contenuti online? Spesso il grave errore di molte destinazioni risiede nel voler vendersi a tutti, di voler soddisfare tutte le esigenze, mentre oggi ciò che conta è sapere ri- spondere bene ai bisogni di una precisa fetta di mercato. I servizi e i prodotti turistici devono essere sempre più personalizzati, geolocalizzati e segmen- tati per interessi, e ciò sicuramente non può che incidere ed avere delle ripercussioni per i brand che operano nel mondo del turismo, portando senz’altro ad una selezione. Oggi, comunicare il proprio brand attraverso i canali digitali, evidenziando i valori ‘core’ della destina- zione, quelli veri, in modo tale che il turista li abbia ben presenti in ogni fase del processo di acquisto, dall’ispirazione alla ricerca, dalla prenotazione al consumo, fino alla condivisione, facilitando la cos- truzione di relazioni con i turisti e le interazioni tra gli utenti, è diventato fondamentale per la sopravviven- za di qualsiasi realtà turistica. Le sfide di sicuro non mancano e impongono di adottare un approccio innovativo, completo, ‘olisti- co’ del destination management, in grado di fornire un reale valore ed efficacia al brand.
  • 11. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 10 Tuttavia, non basta: sono le destinazioni e le aziende stesse a dover mettere ordine nell’universo della rete, facendosi sentire. Questo significa quindi rispondere alle recensioni, pubblicare contenuti che implicitamente forniscono le informazioni più ricercate, in grado di fugare i dubbi più comuni e sentiti. In poche parole, significa creare contenuti trasparenti, veri, autorevoli, con forti agganci al locale e possibilmente crearli e dif- fonderli, utilizzando le tecniche dello storytelling. Ma questo spesso non avviene: se infatti, ormai le destinazioni e le aziende turistiche si adoperano per essere presenti online, tuttavia esiste ancora una certa reticenza verso alcuni tipi di contenuti. Per fare un esempio, spesso le destinazioni o le aziende si occupano di avere un sito performante, di attivare quanti più canali social possibili, di orga- nizzare blogtrip o altro per dimostrare al mercato di essere social, 2.0, di essere in linea con le loro esigenze. E poi però sottovalutano totalmente l’importanza delle recensioni. Spesso accade di andare a consultare online i com- menti presenti in merito ad una certa attrattiva o un albergo e trovarvi di tutto: dal giudizio entusiasta a quello più insoddisfatto e deluso, passando per altrettante opinioni irrilevanti e mediocri. E ovvia- mente, nel bene e nel male, quasi tutte senza replica. Le recensioni sono utili ma sicuramente il fatto che non possano essere verificate e comprovate rappre- senta un forte limite. Quando poi sono centinaia, migliaia, contenenti un mix di affermazioni favorevoli e ostili, allora spesso rischiano di diventare un vero e proprio problema, in quanto più che essere di aiuto a chi le consulta rischiano solo di creare più dubbi e più confusione. Tanto rumore che invece di facilitare il turista indeciso semplicemente lo con- fonde, turbandolo. È bene quindi fermarsi a riflettere un momento: si parla sempre di ‘buzz’, di chiacchericcio…ma è questo quello che serve? Assolutamente, no. Il risultato infatti è che il turista, se non trova ciò che cerca oppure se ciò che cerca lo confonde, ritorna al punto di partenza, ossia al motore di ricerca, ed inizi ad effettuare ulteriori indagini, per trovare una fonte in grado di fornirgli un resoconto istruttivo, ricco di informazioni e affidabile. Qualcosa in grado di fornire un reale feedback di quello che effettivamente la destinazione offre. Oggi nell’era dei social media offrire un cattivo servizio ai clienti e non far nulla per rimediare è molto pericoloso così come lasciare che commenti e opinioni pretestuose o sfalsate rimangano online senza risposta. Con il web 2.0, si è infatti sempre sotto i riflettori: ignorare quindi ciò che gli utenti dicono significa ignorare la propria reputazione. E sicuramente trascurare i propri canali, non essere attivi e non rispondere vuol dire proprio questo. Viviamo in un’era in cui la trasparenza e l’onestà sono valori essenziali. Spesso però sui portali delle destinazioni o delle aziende questo aspetto non trapela. Ci si perde dietro a parole altosonanti e ad effetto che però non dicono nulla, non spiegano, non danno informazioni: mancano quei suggerimenti e quegli spunti che traducano le emozioni in espe- rienze concrete. Un contenuto imparziale, obiettivo, in grado di evi- denziare e evocare la naturale bellezza di un luogo (e soprattutto di spiegarla: cos’è che lo rende così bello e unico?) è in sé così efficace che sicuramente i turisti non chiederebbero altro, se ci fosse. Ma purtroppo raramente è così. Le persone amano, cercano e vogliono contenuti utili, istruttivi, ricchi di informazioni ma tuttavia è difficile trovare materiale di questo tipo in rete, e in particolare proprio sui siti di riferimento, dove in- vece ci si aspetterebbe di trovarli. C’è una bella differenza tra dire “Grazie alla sua Oggi, per rispondere alle esigenze dei turisti, le destinazioni e le aziende devono creare contenuti trasparenti, veri, autorevoli, con forti agganci al locale e possibilmente crearli e diffonderli utilizzando le tecniche dello storytelling <
  • 12. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 11 atmosfera unica, dove il tempo sembra essersi fermato, questo luogo è l’ideale per chi desidera trascorrere un soggiorno all’insegna del relax” e invece affermare, contestualizzando, “Un piccolo agriturismo, tra le vigne e i campi di girasole, dove potrete gustare il migliore vino di tutta la regione, fatto da noi, seguendo le antiche tradizioni”. La seconda affermazione ha un significato, fornisce delle informazioni, offre degli spunti reali. E proprio qui sta la chiave: perché quando si danno alle persone delle informazioni semplici e concrete, vere, esse sono molto più inclini ad apprezzarle, e a fidarsi. E ancora una volta, la chiave risiede nella persona- lizzazione e nella raccolta dei dati che devono prop- rio essere utilizzati per riuscire a garantire ai turisti la migliore esperienza possibile, elaborando mes- saggi su misura e localizzati. Tuttavia, questo implica necessariamente un cam- biamento di prospettiva, anzi un cambiamento cultu- rale. Le destinazioni devono cambiare le modalità di produzione dei loro contenuti online proprio per cambiare il modo in cui si presentano sul mercato e di conseguenza influenzare la percezione della do- manda stessa. Non si tratta di un’impresa facile perché significa trasformare il modus operandi di una DMO o di un’azienda, abituata ad impostare il lavoro in un determinato modo. Tuttavia, si tratta di un cambiamento necessario: ciò che le destinazioni e le aziende offrono non è quello che i turisti vogliono, anche se viene diffuso via web e sui canali social, ossia sui canali oggi più utilizzati dai turisti. Dal loro punta di vista, essi sono subissati di mate- riali e si sentono confusi. È necessario trovare il modo di parlare con loro, uno ad uno, raccontando storie differenti in grado di catturare il singolo inte- resse di ognuno. Ed eccoci quindi ad un altro punto focale, ossia lo storytelling. Si perché le persone amano le storie. Alla base di ogni comunicazione c’è una storia, fin dai tempi più antichi, fin da quando le persone, la sera, si sedevano intorno ad un fuoco. Senza una storia, un contenuto è semplicemente un insieme di parole: non cattura l’immaginazione e sicuramente non sti- mola i turisti a spendere. E la cosa più sorprendente è che il mondo del turismo è pieno di storie che aspettano solo di essere raccontate. E i turisti non vogliono altro: vogliono sentire e leggere le storie di turisti come loro che raccontano la propria esperienza. In pratica, meno linguaggio formale ed impersonale e più implicazione, sensazioni ed emozioni. E il ritorno è notevole, non solo in termini di conver- sioni, ma soprattutto di fidelizzazione. In questo modo, infatti, si crea un legame con il brand che porta il turista a scegliere la destinazione e soprattutto a ritornarci perché è stata in grado di dargli ciò di cui aveva bisogno, dall’inizio alla fine, fornendogli il giusto contenuto, ossia una storia, con il giusto tono, ossia genuino, local e autorevole, nel momento in cui ne aveva bisogno, e attraverso i canali a lui più affini. Lo storytelling focalizzato sui turisti conferisce auto- revolezza alla destinazione e di conseguenza dà un’idea di trasparenza, onestà e affidabilità. Non a caso, i contenuti di qualità, autorevoli e locali, diffusi attraverso la tecnica dello storytelling sono destinati a rappresentare il futuro del content mar- keting nel turismo. Il turismo è esotico, coinvolgente, accattivante. Ed è per questo che le destinazioni e le aziende turi- stiche devono raccontare grandi storie: proprio per- ché per sua natura si tratta di un tema che ben si presta ad essere raccontato. E questo rappresenta già un gran vantaggio. Le destinazioni e le aziende turistiche devono quindi focalizzarsi sui turisti, sulle loro esigenze, e fornire loro i contenuti di cui hanno bisogno. Il ciclo di acquisto di un viaggio può essere anche molto lungo, ed è necessario essere sempre pre- senti, in ogni fase, fornendo agli utenti materiale di qualità. Il successo del content marketing dipende dalla capacità di sapere usare e sviluppare i propri valori per raccontare online la storia del proprio brand, del proprio territorio. E non dimenticarsi che, se ben fatto, non c’è niente infatti di più social del turismo.
  • 13. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 12 La promozione turistica funziona ancora? Focus Se l’obiettivo sono i Millennial, la risposta è no! Chi sono i millenial? Può piacere o no, ma di fatto sono i turisti di oggi e anche quelli di domani. Basta guardare con atten- zione una coda di viaggiatori pronti a prendere un volo per rendersi conto che la maggioranza hanno tra i 20 e i 35 anni. Per queste persone il viaggio e la vacanza, seppur breve, è qualcosa di diverso rispetto a ciò che rap-presentava per le generazioni precendenti, come quella X o i baby boomers. Ma chi sono esattamente? Se non siete già impazziti per cercare di capirlo, vi aiuterà sapere che secondo diversi studi e ricerche non si fidano dei brand che si rivolgono a loro in modo diretto e frontale. Ma non solo: non si fidano delle pubblicità né dei testimonial, anzi ben il 68% dichiara di non apprez- zarne l’uso strumentale e fittizio. Potremmo pensare sare di trovarci di fronte ad un turista difficile, ma in realtà non è così! Basta infatti sapere cosa gli interessa, come si muove, cosa vuole, e soprattutto comprendere che non è solo “low cost”. In poche parole, i millennial sono immuni alle tec- niche tradizionali del marketing turistico. Quindi, cosa bisogna fare per interagire con questo segmento che rappresenta il 27% della popolazione mondiale e che, secondo la Future Foundation, costituisce una porzione di mercato di assoluto in- teresse per le destinazioni e le aziende turistiche sia perché in costante aumento sia perché si tratta di un pubblico sempre più influente? Cosa possono e devono fare le destinazioni e le aziende turistiche per non passare inosservate e riuscire a catturare l’attenzione di questa importante nicchia? Innanzitutto, è fondamentale conoscerli e capire quali sono i fattori che li stimolano all’acquisto; fatto questo, non resta che mettersi in contatto con loro,
  • 14. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 13 introducendosi piano piano nei canali che utilizzano e di cui si fidano. Ma chi sono dunque i millenial? I millennial sono ricercatori Se ancora le generazioni passate accettavano i claim e gli slogan pubblicitari utilizzati dai brand turistici nelle loro campagne, o quanto meno li tolle- ravano, i millennial invece non ne vogliono sapere: vogliono prove e conferme e quindi cercano in rete dimostrazioni, rassicurazioni e garanzie anche da parte di persone che non conoscono direttamente. Sono quindi dei grandi ricercatori: sondano il web alla ricerca di opinioni, commenti e pareri di amici, familiari, conoscenti e utenti di cui si fidano per raccogliere informazioni, dettagli e racconti, in meri- to ai prodotti di loro interesse per verificare se sono in linea con le loro aspettative e i loro gusti. La maggior parte delle ricerche le effettuano da mobìle: in media lo consultano ben 43 volte al gior- no. Anche quando si trovano nella destinazione, fanno continuamente ricerche di ogni tipo per trovare re- censioni e raccomandazioni in merito ai servizi offer- ti e alle esperienze da provare, cercando le offerte più convenienti e il miglior rapporto qualità/prezzo. Anche se comunque, sono disposti a pagare il va- lore di un’esperienza unica. Il ruolo dei social media Anche i social media svolgono un ruolo importante nel processo di acquisto. Per il 93% dei millennial, le raccomandazioni di amici e familiari sono molto importanti e sono in grado di influenzare le loro decisioni. L’89% si fida più di queste raccomandazioni che di quello detto dalle destinazioni stesse. Ma questa non è una novità: anche se si tratta di un numero sempre più massiccio e significativo. E non c’è da stupirsi quindi che il 38% dei millennial affermi che, dovendo scegliere, si fidano in misura maggiore di quei brand che fanno social advertising. Ma anche in questo caso, i millennial hanno le idee chiare: non vogliono interagire ed essere contattati da un brand, da un’istituzione, ma vogliono parlare con una persona vera, in carne e ossa. E questo dimostra ancora una volta, come le comu- ni logiche del marketing e dell’adv nel web 2.0 vengano meno. E che se da una parte c’è sempre un maggiore utilizzo del web, e i turisti sono sempre più autonomi e indipendenti nel costruirsi la propria vacanza, dall’altra in realtà poi necessitano di identificare la destinazione con una persona fisica, con qualcuno che ci metta la faccia, e che ne rappresenti il lato umano. Mark W. Schaefer, l’autore di ‘Return on Influence’, sul giornale Strategic Direction spiega: “Le persone sono stufe di essere bombardate dalla pubblicità, sono stufe di essere vendute e raggirate (perché è così che si sentono). Hanno bisogno di essere assistite e cercano altre persone in grado di guidarle e aiutarle a risparmiare tempo, denaro e a soddisfare le loro esigenze, facendoli divertire. I social media non sono un canale B2B e neanche B2C ma P2P, ossia da persona a persona. È infatti difficile riuscire a costruire una relazione tra una persona e il logo di una destinazione o di un albergo”. Oggi, se da una parte c’è sempre un maggiore utilizzo del web e i turisti sono sempre più autonomi e indipendenti nel costruirsi la propria vacanza, dall’altra poi necessitano di identificare la destinazione con una persona fisica, con qualcuno che ci metta la faccia, e ne rappresenti il volto umano <
  • 15. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 14 Per questo, la maggior parte dei millennial ricerca informazioni e soprattutto vuole che queste infor- mazioni siano date dalle persone e dalle community di cui si fidano. E c’è un gruppo di cui si fidano più di tutti – più anche degli amici e della famiglia. Di chi si tratta? I millennial si fidano degli “esperti” In un recente studio condotto da Nielsen, è stato analizzato il comportamento di 900 consumatori durante il processo decisionale volto all’acquisto. A loro disposizione, avevano tre differenti fonti: gli esperti; le destinazione e i contenuti da esse prodot- ti; e le recensioni di altri consumatori. Di questi 900, ben l’85% si è rivolto ad un esperto durante la fase di ricerca e il 69% ha consultato un esperto, chiedendone l’opinione anche prima di effettuare la prenotazione o l’acquisto; inoltre, il 67% afferma che l’approvazione di una persona impar- ziale, come un esperto, aumenta la probabilità di effettuare l’acquisto. In altre parole, se da una parte, la grande disponibi- lità di informazioni in rete ha reso i millennial diffi- denti verso le destinazioni e le aziende turistiche, dall’altra, ha creato anche le condizioni per lo svilup- po di community di esperti, advocates e promotori disinteressati cui potersi rivolgere per raccogliere informazioni e commenti pertinenti e imparziali. Anzi, il web e il web 2.0 hanno proprio amplificato il potere di queste persone, trasformandole in veri e propri influencer. E i millennial sono arrivati a fidarsi più di loro che dei brand e anche della propria famiglia e dei propri amici. Creare engagement con gli esperti Se quindi gli esperti e gli advocates sono la chiave di accesso per raggiungere i millennial, come pos- sono le destinazioni sfruttare questa influenza ed entrare a loro volta in contatto con loro? La risposta sta nella strategia social adottata. Daniel Newman, autore di The Millenial CEO e The new rules of customer engagement, si chiede: “È meglio trovare un influencer che può mettere in contatto il brand con 20 o 30 persone veramente significative per il brand stesso, oppure è più impor- tante ottenere 10000 visualizzazioni della pagina, seppure di persone scarsamente interessate al brand?” La risposta è ovvia: per entrare in contatto con questa importante fetta di mercato le destinazioni devono quindi prima entrare in contatto e creare engagement con gli esperti. Se fatto nel modo corretto, non solo questo approc- cio consentirà alle destinazioni di incrementare le proprie conversioni, ma soprattutto permetterà di rassicurare i millennial, convincendoli così a fidarsi del brand. Non bisogna dimenticare che però gli influencer non sono soltanto i blogger ma anche i turisti ‘normali’: per tanto, ancora una volta, è importante conoscere e gestire la propria reputazione che di fatto è l’arma con la quale dobbiamo competere nel mercato. Per tanto, la raccomandazione di Four Tourism, è semplice: i millenial sono il futuro del turismo. E per riuscire a trasformarli nei nostri turisti è impor- tante capire cosa cercano e come lo cercano. E in parte sicuramente qui lo abbiamo visto. Ora, non resta che…agire!
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  • 17. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 16 16 - 18 giugno
  • 18. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 17 O N D E M A N D
  • 19. Destinations & Tourism n° 26| maggio 2015 www.fourtourism.it 18 26-m arzo 28-29 aprile 20-21 m aggio O N D E M A N D
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