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L’influenza della logica curricolare e della logica
bio-medica dell’OMS sulla via italiana
dell’integrazione
In Italia l’integrazione scolastica degli alunni disabili ha posto le
sue basi nella Legge n. 118/1971.
Il concetto di integrazione e la definitiva abolizione delle classi
differenziali, però, sono stati sanciti con la Legge n. 517/1977
(art. 2 e 7) che ha previsto forme di integrazione e di sostegno a
favore degli alunni portatori di handicaps all’interno delle classi
ordinarie. La successiva legge-quadro (n. 104/1992) ha
precisato le modalità di attuazione dell’integrazione scolastica
(artt. 12-17). Nel sistema scolastico italiano gli anni successivi
sono stati attraversati dall’ampio ed articolato discorso
dell’autonomia scolastica (D.P.R. n. 275/1999) ed il tema
dell’integrazione ha trovato posto in questo nuovo quadro.
Parallelamente a livello internazionale, per opera
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, a partire dal
1970 sono state precisate le categorie diagnostiche per
classificare le malattie ed i problemi correlati alla salute
(International ClassificationofDiseases - ICD). L’OMS ha
offerto la sua interpretazione più esaustiva del concetto
di disabilità nel 2001 con l’International
ClassificationofFunctioning, Disability and Health (ICF),
che ha superato la precedente classificazione del 1980
(International ClassificationofImpairments, Disabilities
and Handicaps - ICIDH).
Questo “clima” socio-culturale ha certamente fatto sentire la sua
determinante influenza nel percorso di integrazione in Italia, il quale ha
assunto delle caratteristiche specifiche proprio in seguito ai vari
passaggi delle normative nazionali ed alle diverse “chiavi di lettura”
internazionali proposte dell’OMS. Dato che nei confronti della via
italiana dell’integrazione scolastica è stato decisivo il condizionamento
delle leggi e delle classificazioni dell’OMS, non è fuori luogo, per
meglio cogliere i suoi “pregi” ed i suoi “difetti”, chiedersi quali sono state
le “logiche” sottostanti che hanno percorso la nostra storia ed hanno
influenzato profondamente il sistema scolastico italiano. In base alla
sua parabola evolutiva, si può dire che il “volto” dell’integrazione
scolastica italiana è stato condizionato in modo profondo da due
logiche: quella curricolare (a) e quella bio-medica (b).
L’influenza della “logica curricolare”. La tappa
decisiva e basilare che ha segnato il vero inizio
dell’integrazione delle persone disabili nella scuola
ordinaria è legata alla Legge n. 517/1977, la quale è
passata alla storia per l’abolizione delle classi di
aggiornamento e le classi differenziali (art. 7) e per
l’attuazione di forme di integrazione a favore degli
alunni portatori di handicaps con la prestazione di
insegnanti specializzati (art. 2 ed anche 7)
Questa legge è spesso riferita quasi
esclusivamente al tema dell’integrazione, in
realtà dovrebbe essere considerata più
come un tassello della riforma scolastica
che ha coinvolto il sistema formale di
istruzione italiano. Essa infatti ha gettato le
basi per una nuova impostazione
pedagogica dell’istruzione nelle scuole di
tutti.
Come è stato giustamente sottolineato, due sono
principalmente le dimensioni innovative: la prima è connessa alla
programmazione educativa (art. 2., comma 1 e art. 7, comma 1)
e la seconda alla valutazione, con l’introduzione delle schede di
valutazione e l’abolizione delle votazioni numeriche.
Indubbiamente l’abolizione delle classi differenziali, la
promozione di attività integrative e l’introduzione della figura
dell’insegnante specializzato, nonché del servizio socio-psico-
pedagogico, costituiscono degli elementi basilari del processo di
integrazione previsto dalla Legge n. 517/1977.
Però è necessario cogliere anche l’ampia portata del discorso sulla
programmazione, che è legato all’azione collegiale degli insegnanti ed
alla valutazione. Non a caso la Legge n. 517/1977 non è una specifica
legge connessa alla disabilità, ma è una legge che contiene, come dice
il titolo stesso, le norme sulla valutazione in risposta ai problemi legati
alla democratizzazione dell’istruzione nella scuola di tutti. E’ stato
proprio nel periodo dell’emanazione della Legge n. 517/1977, negli
anni Settanta del secolo scorso, che si sono diffuse in Italia le teorie
curricolari. Con la scuola di massa, in effetti, l’esigenza di predisporre
offerte formative e culturali comuni ha condotto a riesaminare i criteri
della valutazione, con tutto quello che questo comportava sia sul piano
della programmazione educativa che sul piano organizzativo-didattico.
Le forme tradizionali di esame, di misurazione e di
valutazione delle acquisizioni insegnate, e di
conseguenza della didattica, mostravano sempre più
i propri limiti e furono considerate inadeguate. Non a
caso si svilupparono in Italia i nuovi modelli di
didattica e di valutazione collegate alle esperienze
americane del MasteryLearning, che si fondavano
sul concetto di individualizzazione
dell’insegnamento.
La Legge n. 517/1977 fu una norma che ufficializzò
la metodologia allora ritenuta più innovativa, il
MasteryLearning, che rappresentava in maniera
paradigmatica l’individualizzazione applicata alla
didattica per obiettivi. Alcuni passaggi di questa
legge rappresentavano persino delle vere e proprie
suggestioni anticipatrici dello scenario, allora ancora
lontano, relativo all’autonomia scolastica prevista dal
D.P.R. n. 275/99.
Basta leggere l’articolo 7 della Legge n. 517 relativo
alle cosiddette 160 ore all’interno delle quali si
potevano scomporre le classi e organizzare i ragazzi
non in base all’età anagrafica ma in base ai loro
bisogni formativi, predisponendo gruppi di studenti
fondati su diversi criteri, quali gli interessi, le difficoltà
degli allievi o le loro eccellenze, gli stili cognitivi,
ecc.. il tutto anche in una prospettiva di lavoro
interdisciplinare.
Questo “clima” socio-culturale ha certamente fatto sentire la sua
determinante influenza nel percorso di integrazione in Italia, il quale ha
assunto delle caratteristiche specifiche proprio in seguito ai vari
passaggi delle normative nazionali ed alle diverse “chiavi di lettura”
internazionali proposte dell’OMS. Dato che nei confronti della via
italiana dell’integrazione scolastica è stato decisivo il condizionamento
delle leggi e delle classificazioni dell’OMS, non è fuori luogo, per
meglio cogliere i suoi “pregi” ed i suoi “difetti”, chiedersi quali sono state
le “logiche” sottostanti che hanno percorso la nostra storia ed hanno
influenzato profondamente il sistema scolastico italiano. In base alla
sua parabola evolutiva, si può dire che il “volto” dell’integrazione
scolastica italiana è stato condizionato in modo profondo da due
logiche: quella curricolare (a) e quella bio-medica (b).
Veniva così confermato, anche
terminologicamente (piano educativo
individualizzato), che lo scenario educativo-
didattico in cui si muoveva la Legge-quadro
ed il successivo Atto d’indirizzo (D.P.R.
24/2/1994) era quello della programmazione
curricolare con al centro
l’individualizzazione, facendo sentire
notevolmente le sue influenze fino a noi.
Era sì in gioco un’impostazione individualizzata, ma sempre
rispetto ad un’impostazione curricolare, ossia rivolta
all’acquisizione di conoscenze e di contenuti disciplinari
razionalmente organizzati. Lo scopo dell’azione didattica
rimaneva l’apprendimento disciplinare, anche se era necessario
metterlo in rapporto alle capacità dello studente disabile ed alle
aspettative di sviluppo che si potevano ragionevolmente porre.
Cosa ben diversa dalla promozione della crescita della persona
e dallo sviluppo delle sue capacità in competenze personali
tramite saperi disciplinari acquisiti secondo una prospettiva di
personalizzazione.
Del resto non bisogna dimenticare che la
logica della personalizzazione, con tutto
quello che comportava da un punto di vista
epistemologico e pedagogico-didattico-
organizzativo, avrebbe fatto la sua
comparsa nella normativa italiana solo nel
decennio successivo alla legge-quadro, con
la Legge n. 53/2003 ed i suoi Decreti
attuativi.
La logica della programmazione curricolare è ravvisabile
anche nella separatezza degli obiettivi da mettere a
fuoco e da perseguire nelle diverse aree della Diagnosi
Funzionale prevista dall’Atto di Indirizzo e nel Profilo
Dinamico Funzionale. Infatti i parametri cognitivo,
affettivo-relazionale, linguistico-comunicazionale,
sensoriale, motorioprassico, neuropsicologico,
autonomia ed apprendimento, vengono esposti ed
elencati separatamente, senza neppure ipotizzare di
attuare ad un certo punto anche un’organica lettura
unitaria.
In base a questa logica, nel Profilo Dinamico
Funzionale si dovrebbero dapprima isolare
le diverse aree e poi individuare
settorialmente i possibili sviluppi e gli spazi
di miglioramento, il tutto in modo slegato e
non connesso. Alla fine del percorso si può
avere un’artificiosa valutazione sommativa.
E’ proprio questa la prospettiva della
programmazione curricolare che collegava
l’apprendimento disciplinare dell’alunno con
l’azione esterna del docente, il quale
programmava in modo aprioristico le fasi e
gli stadi di insegnamento e nel fare ciò
distingueva e separava le diverse aree di
intervento, per poi operare in modo
sommativo al termine del percorso.
Tutto ciò a discapito dell’unità della persona che non è
fatta “a compartimenti” e che elabora in modo esclusivo
ed unico le informazioni e le acquisizioni, in un processo
di co-costruzione con l’insegnante in cui lo studente
gioca un ruolo determinante e strategico nello sviluppo
delle proprie conoscenze, abilità e competenze. In base
a tutto quanto fin qui detto, è chiaro come i segni
dell’influenza della logica curricolare e del principio di
individualizzazione siano ben evidenti nella normativa
che ha contraddistinto in modo originale e peculiare la
via italiana dell’integrazione.

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  • 1. L’influenza della logica curricolare e della logica bio-medica dell’OMS sulla via italiana dell’integrazione In Italia l’integrazione scolastica degli alunni disabili ha posto le sue basi nella Legge n. 118/1971. Il concetto di integrazione e la definitiva abolizione delle classi differenziali, però, sono stati sanciti con la Legge n. 517/1977 (art. 2 e 7) che ha previsto forme di integrazione e di sostegno a favore degli alunni portatori di handicaps all’interno delle classi ordinarie. La successiva legge-quadro (n. 104/1992) ha precisato le modalità di attuazione dell’integrazione scolastica (artt. 12-17). Nel sistema scolastico italiano gli anni successivi sono stati attraversati dall’ampio ed articolato discorso dell’autonomia scolastica (D.P.R. n. 275/1999) ed il tema dell’integrazione ha trovato posto in questo nuovo quadro.
  • 2. Parallelamente a livello internazionale, per opera dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, a partire dal 1970 sono state precisate le categorie diagnostiche per classificare le malattie ed i problemi correlati alla salute (International ClassificationofDiseases - ICD). L’OMS ha offerto la sua interpretazione più esaustiva del concetto di disabilità nel 2001 con l’International ClassificationofFunctioning, Disability and Health (ICF), che ha superato la precedente classificazione del 1980 (International ClassificationofImpairments, Disabilities and Handicaps - ICIDH).
  • 3. Questo “clima” socio-culturale ha certamente fatto sentire la sua determinante influenza nel percorso di integrazione in Italia, il quale ha assunto delle caratteristiche specifiche proprio in seguito ai vari passaggi delle normative nazionali ed alle diverse “chiavi di lettura” internazionali proposte dell’OMS. Dato che nei confronti della via italiana dell’integrazione scolastica è stato decisivo il condizionamento delle leggi e delle classificazioni dell’OMS, non è fuori luogo, per meglio cogliere i suoi “pregi” ed i suoi “difetti”, chiedersi quali sono state le “logiche” sottostanti che hanno percorso la nostra storia ed hanno influenzato profondamente il sistema scolastico italiano. In base alla sua parabola evolutiva, si può dire che il “volto” dell’integrazione scolastica italiana è stato condizionato in modo profondo da due logiche: quella curricolare (a) e quella bio-medica (b).
  • 4. L’influenza della “logica curricolare”. La tappa decisiva e basilare che ha segnato il vero inizio dell’integrazione delle persone disabili nella scuola ordinaria è legata alla Legge n. 517/1977, la quale è passata alla storia per l’abolizione delle classi di aggiornamento e le classi differenziali (art. 7) e per l’attuazione di forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicaps con la prestazione di insegnanti specializzati (art. 2 ed anche 7)
  • 5. Questa legge è spesso riferita quasi esclusivamente al tema dell’integrazione, in realtà dovrebbe essere considerata più come un tassello della riforma scolastica che ha coinvolto il sistema formale di istruzione italiano. Essa infatti ha gettato le basi per una nuova impostazione pedagogica dell’istruzione nelle scuole di tutti.
  • 6. Come è stato giustamente sottolineato, due sono principalmente le dimensioni innovative: la prima è connessa alla programmazione educativa (art. 2., comma 1 e art. 7, comma 1) e la seconda alla valutazione, con l’introduzione delle schede di valutazione e l’abolizione delle votazioni numeriche. Indubbiamente l’abolizione delle classi differenziali, la promozione di attività integrative e l’introduzione della figura dell’insegnante specializzato, nonché del servizio socio-psico- pedagogico, costituiscono degli elementi basilari del processo di integrazione previsto dalla Legge n. 517/1977.
  • 7. Però è necessario cogliere anche l’ampia portata del discorso sulla programmazione, che è legato all’azione collegiale degli insegnanti ed alla valutazione. Non a caso la Legge n. 517/1977 non è una specifica legge connessa alla disabilità, ma è una legge che contiene, come dice il titolo stesso, le norme sulla valutazione in risposta ai problemi legati alla democratizzazione dell’istruzione nella scuola di tutti. E’ stato proprio nel periodo dell’emanazione della Legge n. 517/1977, negli anni Settanta del secolo scorso, che si sono diffuse in Italia le teorie curricolari. Con la scuola di massa, in effetti, l’esigenza di predisporre offerte formative e culturali comuni ha condotto a riesaminare i criteri della valutazione, con tutto quello che questo comportava sia sul piano della programmazione educativa che sul piano organizzativo-didattico.
  • 8. Le forme tradizionali di esame, di misurazione e di valutazione delle acquisizioni insegnate, e di conseguenza della didattica, mostravano sempre più i propri limiti e furono considerate inadeguate. Non a caso si svilupparono in Italia i nuovi modelli di didattica e di valutazione collegate alle esperienze americane del MasteryLearning, che si fondavano sul concetto di individualizzazione dell’insegnamento.
  • 9. La Legge n. 517/1977 fu una norma che ufficializzò la metodologia allora ritenuta più innovativa, il MasteryLearning, che rappresentava in maniera paradigmatica l’individualizzazione applicata alla didattica per obiettivi. Alcuni passaggi di questa legge rappresentavano persino delle vere e proprie suggestioni anticipatrici dello scenario, allora ancora lontano, relativo all’autonomia scolastica prevista dal D.P.R. n. 275/99.
  • 10. Basta leggere l’articolo 7 della Legge n. 517 relativo alle cosiddette 160 ore all’interno delle quali si potevano scomporre le classi e organizzare i ragazzi non in base all’età anagrafica ma in base ai loro bisogni formativi, predisponendo gruppi di studenti fondati su diversi criteri, quali gli interessi, le difficoltà degli allievi o le loro eccellenze, gli stili cognitivi, ecc.. il tutto anche in una prospettiva di lavoro interdisciplinare.
  • 11. Questo “clima” socio-culturale ha certamente fatto sentire la sua determinante influenza nel percorso di integrazione in Italia, il quale ha assunto delle caratteristiche specifiche proprio in seguito ai vari passaggi delle normative nazionali ed alle diverse “chiavi di lettura” internazionali proposte dell’OMS. Dato che nei confronti della via italiana dell’integrazione scolastica è stato decisivo il condizionamento delle leggi e delle classificazioni dell’OMS, non è fuori luogo, per meglio cogliere i suoi “pregi” ed i suoi “difetti”, chiedersi quali sono state le “logiche” sottostanti che hanno percorso la nostra storia ed hanno influenzato profondamente il sistema scolastico italiano. In base alla sua parabola evolutiva, si può dire che il “volto” dell’integrazione scolastica italiana è stato condizionato in modo profondo da due logiche: quella curricolare (a) e quella bio-medica (b).
  • 12. Veniva così confermato, anche terminologicamente (piano educativo individualizzato), che lo scenario educativo- didattico in cui si muoveva la Legge-quadro ed il successivo Atto d’indirizzo (D.P.R. 24/2/1994) era quello della programmazione curricolare con al centro l’individualizzazione, facendo sentire notevolmente le sue influenze fino a noi.
  • 13. Era sì in gioco un’impostazione individualizzata, ma sempre rispetto ad un’impostazione curricolare, ossia rivolta all’acquisizione di conoscenze e di contenuti disciplinari razionalmente organizzati. Lo scopo dell’azione didattica rimaneva l’apprendimento disciplinare, anche se era necessario metterlo in rapporto alle capacità dello studente disabile ed alle aspettative di sviluppo che si potevano ragionevolmente porre. Cosa ben diversa dalla promozione della crescita della persona e dallo sviluppo delle sue capacità in competenze personali tramite saperi disciplinari acquisiti secondo una prospettiva di personalizzazione.
  • 14. Del resto non bisogna dimenticare che la logica della personalizzazione, con tutto quello che comportava da un punto di vista epistemologico e pedagogico-didattico- organizzativo, avrebbe fatto la sua comparsa nella normativa italiana solo nel decennio successivo alla legge-quadro, con la Legge n. 53/2003 ed i suoi Decreti attuativi.
  • 15. La logica della programmazione curricolare è ravvisabile anche nella separatezza degli obiettivi da mettere a fuoco e da perseguire nelle diverse aree della Diagnosi Funzionale prevista dall’Atto di Indirizzo e nel Profilo Dinamico Funzionale. Infatti i parametri cognitivo, affettivo-relazionale, linguistico-comunicazionale, sensoriale, motorioprassico, neuropsicologico, autonomia ed apprendimento, vengono esposti ed elencati separatamente, senza neppure ipotizzare di attuare ad un certo punto anche un’organica lettura unitaria.
  • 16. In base a questa logica, nel Profilo Dinamico Funzionale si dovrebbero dapprima isolare le diverse aree e poi individuare settorialmente i possibili sviluppi e gli spazi di miglioramento, il tutto in modo slegato e non connesso. Alla fine del percorso si può avere un’artificiosa valutazione sommativa.
  • 17. E’ proprio questa la prospettiva della programmazione curricolare che collegava l’apprendimento disciplinare dell’alunno con l’azione esterna del docente, il quale programmava in modo aprioristico le fasi e gli stadi di insegnamento e nel fare ciò distingueva e separava le diverse aree di intervento, per poi operare in modo sommativo al termine del percorso.
  • 18. Tutto ciò a discapito dell’unità della persona che non è fatta “a compartimenti” e che elabora in modo esclusivo ed unico le informazioni e le acquisizioni, in un processo di co-costruzione con l’insegnante in cui lo studente gioca un ruolo determinante e strategico nello sviluppo delle proprie conoscenze, abilità e competenze. In base a tutto quanto fin qui detto, è chiaro come i segni dell’influenza della logica curricolare e del principio di individualizzazione siano ben evidenti nella normativa che ha contraddistinto in modo originale e peculiare la via italiana dell’integrazione.