1. La nuova contabilità e
l’armonizzazione contabile
ANTONIO MISIANI
Deputato – Commissione bilancio Camera
Milano, 1° dicembre 2014
2. Le criticità della contabilità pubblica
La contabilità vigente non svolge correttamente la propria
funzione conoscitiva
E’ caratterizzata dall’adozione di:
• Una pluralità di sistemi contabili e schemi di bilancio
• Princìpi contabili non uniformi
Non appare in grado di misurare i debiti delle pubbliche
amministrazioni (→procedura di infrazione UE sul ritardo
dei pagamenti delle PA)
Rende complicata la confrontabilità e l’aggregabilità dei
bilanci e rendiconti dei diversi settori delle pubbliche
amministrazioni
3. L’armonizzazione contabile: obiettivi
Maggiore trasparenza della finanza pubblica, a vantaggio
dei cittadini e dei vari portatori di interessi, attraverso:
• Definizione di regole contabili uniformi e di un comune
piano dei conti integrato nella PA
• Adozione di nuovi principi concernenti la contabilità
finanziaria (competenza finanziaria «potenziata»)
• Affiancamento, a fini conoscitivi, al sistema di contabilità
finanziaria di un sistema di contabilità economico-
patrimoniale
• Adozione di un bilancio che consolidi i conti delle aziende
e delle società controllate e partecipate
• Raccordabilità dei sistemi contabili e degli schemi di
bilancio degli enti territoriali con quelli adottati in ambito
europeo
4. L’evoluzione normativa
• Art. 2, Legge 42/2009 (Delega sul federalismo
fiscale)
• Legge 196/2009 (Riforma della contabilità pubblica)
• D.Lgs. 118/2011 (Disposizioni in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di
bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro
organismi)
• DPCM 28 dicembre 2011 (Sperimentazione della
disciplina dei sistemi contabili), aggiornato con
DPCM 25 maggio 2012
• D.Lgs. 126/2014 (Disposizioni integrative e correttive
del D.Lgs. 118/2011)
5. L’armonizzazione negli enti territoriali
• In attuazione della delega prevista dall’art. 2 della Legge
42/2009 la riforma contabile degli enti territoriali è stata
definita attraverso un procedimento legislativo «bottom
up», caratterizzato da:
1. Definizione preliminare dei contenuti generali della riforma
(D.Lgs. 118/2011), destinati ad essere verificati ed integrati a
seguito di una sperimentazione;
2. Definizione di una disciplina provvisoria (DPCM 28 dicembre
2011), oggetto di sperimentazione avviata il 1° gennaio 2012
coinvolgendo un centinaio di enti e, in attuazione dell’art. 9 del
DL 102/2013, estesa a ulteriori 350 enti nell’esercizio 2014
3. Definizione della disciplina definitiva della riforma, sulla base dei
risultati della sperimentazione, attraverso il D.Lgs. 126/2014
6. Enti locali: il percorso
Anno 2015
• Adozione del principio della competenza finanziaria potenziata
• Riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi al 1° gennaio 2015
• Adozione parziale del principio della programmazione (eccetto DUP)
• Redazione dei vecchi schemi di bilancio a fini autorizzatori
• Redazione dei nuovi schemi di bilancio (per missioni e programmi) a fini
conoscitivi
Anno 2016
• Redazione dei nuovi schemi di bilancio (per missioni e programmi) a fini
autorizzatori
• Adozione del piano dei conti integrato
• Codifica della transazione elementare
• Applicazione del principio della contabilità economico-patrimoniale
• Adozione nuovo regime variazioni di bilancio
• Adozione del DUP (Documento Unico di Programmazione)
• Redazione del bilancio consolidato
Anno 2017
• Sostituzione delle codifiche Siope con i codici del piano dei conti integrato
7. Le criticità: 1) Il Fondo crediti di dubbia esigibilità
• L’accantonamento nella spesa del bilancio di previsione di
un Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE) risponde alla
necessità di evitare che gli enti possano effettuare spese
esigibili nell’esercizio finanziate da entrate che non
saranno incassate nel corso del medesimo esercizio
• La riforma prevede una certa gradualità: nel 2015
consente di accantonare un FCDE pari al 50% di quello
previsto a regime e nel 2016 pari al 75%
• Ciò nonostante, l’impatto dell’accantonamento del FCDE
è pesante: 2,25 md nel 2015 secondo il MEF (2,8 md
secondo l’ANCI), che il DDL di stabilità 2015 inserisce nel
saldo valido ai fini del patto interno di stabilità
8. Le criticità: 2) il riaccertamento dei residui
• Secondo la Corte dei Conti al 31.12.2013 i residui attivi erano pari a
59,3 md (comuni); 13,2 md (province) e 106,2 md (regioni)
• Per «fare pulizia» dei residui attivi e dei risultati di amministrazione al
31.12.2014 la riforma chiede agli enti, nell’ambito del riaccertamento
straordinario dei residui, di cancellare i residui attivi che non
corrispondono a obbligazioni giuridiche perfezionate a favore
dell’ente e di accantonare una quota del risultato di amministrazione,
di importo pari ai crediti di dubbia e difficile esazione
• Entrambe le operazioni comportano il rischio di emersione di un
rilevante disavanzo di amministrazione
• Al fine di rendere sostenibile la copertura di tale disavanzo la riforma
consente il ripiano in 10 esercizi e secondo modalità «straordinarie»
da definire con un decreto del MEF.
• Tempi e modalità di copertura verranno individuati in via definitiva con
un DPCM sulla base dei risultati effettivi del riaccertamento
straordinario
9. Il disegno di legge di stabilità 2015 (1)
• Un emendamento approvato in Commissione bilancio
Camera ha introdotto (art. 2, comma 199) una maggiore
gradualità per gli enti locali nell’applicazione delle
disposizioni riguardanti l’accantonamento al FCDE Nel
2015 si scenderà dal 50% ad almeno il 36% (55% per gli
enti locali che hanno partecipato alla sperimentazione)
• Nel 2016 lo stanziamento dovrà essere pari ad almeno il
55% (anziché 75%), nel 2017 ad almeno il 70%, nel 2018
ad almeno l’85% e dal 2019 (anziché dal 2017) il 100%
• Nel 2015 l’impatto scende da 2,25 md a 1,889 md (di cui
1,75 md per i comuni e 139 mln per le province)
10. Il disegno di legge di stabilità 2015 (2)
• Un emendamento approvato in Commissione bilancio Camera
ha introdotto (art. 2, comma 213) alcune modifiche alla
disciplina in tema di copertura dell’eventuale disavanzo di
amministrazione accertato all’1.1.2015 in conseguenza del
riaccertamento straordinario dei residui
• Si prevede, in particolare, che i tempi di copertura del maggiore
disavanzo siano definiti con decreto del MEF (anziché DPCM)
secondo modalità differenziate in considerazione dell’entità del
fenomeno e della dimensione demografica e di bilancio dei
singoli enti
• Nelle more del decreto del MEF l’eventuale maggior disavanzo
è ripianato in non più di 30 esercizi a quote costanti (anziché
per una quota pari almeno al 10 per cento all’anno)