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Mutazioni del lavoro e
impatto sulle
diseguaglianze
F. Della Ratta, N. Pannuzi, F. Pintaldi, A. Sabbatini
Istat-Inapp
30.11-1.12//2021
Nel corso degli anni si sono sviluppate nuove
forme di partecipazione al mercato del lavoro, che
anche le classificazioni statistiche hanno seguito:
lavoratori a termine:
le prime stime confrontabili sul tempo determinato agli inizi degli anni 90,
pari al 7%
part time (involontario):
le prime stime confrontabili sul PT agli inizi degli anni 2000 pari al 12,7%
(6,2%)
collaboratori nel contesto del lavoro non
dipendente:
le prime stime confrontabili agli inizi degli anni 2000 pari allo 2,2%
2
Cosa è cambiato dalla fine degli anni ‘70
 maschile (solo 1/3 donne)
 a tempo pieno
 se dipendente, a tempo indeterminato
Occupazione fine anni ‘70
Cosa ci dicono i numeri
3
La classificazione ICSE-18-A non è ancora stata adottata per le statistiche a livello europeo, tuttavia alcune
figure possono essere approssimate in maniera soddisfacente utilizzando le stime della Rilevazione sulle
forze di lavoro:
Lavoratori non dipendenti (22,5% degli occupati)
Datori di lavoro (5,9%)
Autonomi puri senza dipendenti (13,1%)
Dependent contractor (1,8%)
Coadiuvanti familiari (1,7%)
Lavoratori dipendenti (77,5%)
Lavoratori permanenti (full time o part-time) (65,8%)
Lavoratori a termine con contratto superiore a 6 mesi (5,9%)
Lavoratori a termine con contratto fino a 6 mesi (5,2%)
Apprendisti (0,6%)
La molteplicità dei profili e anche la
distinzione molto più fluida rispetto al
passato tra lavoro dipendente e non
dipendente ha determinato che i
lavoratori dipendenti cosiddetti standard
(a tempo indeterminato e full time) siano
ormai solo il 54% dell’occupazione totale,
a cui si aggiungono i lavoratori non
dipendenti «tradizionali» (imprenditori,
liberi professionisti e lavoratori autonomi)
che rappresentano meno del 20%
dell’occupazione totale.
Vulnerabilità
4
In ognuna di queste categorie, possono essere individuate sotto categorie di lavoratori che
presentano elementi di vulnerabilità per mancanza di:
regolarità del rapporto di lavoro - il lavoro irregolare o parzialmente irregolare
copertura assicurativa - alcuni contratti non prevedono contributi assicurativi obbligatori oppure
prevedono coperture solamente per rischi specifici
requisiti assicurativi minimi - percorsi professionali altamente frammentati e irregolari rischiano di
non permettere il raggiungimento di tali requisiti
riconoscimento di periodi di contribuzione - i lavoratori con contratti a tempo determinato o
autonomi hanno spesso difficoltà quando cambiano lavoro
livelli inadeguati di protezione sociale - il livello delle prestazioni sociali presente e futuro
potrebbe non tutelarli dal rischio di esclusione sociale
Alcune esemplificazioni: tempo determinato, intermittenti, in somministrazione, in part-time
involontario, autonomi «deboli», dependent contractor, su piattaforme digitali
(Brunetti, Inapp - 2021)
I lavoratori a tempo determinato
5
Nel 2020 sono 2 milioni 675 mila i lavoratori con un
contratto a tempo determinato, un valore inferiore
agli oltre 3 milioni registrati nel biennio 2018-2019 a
causa degli effetti sull’occupazione del covid19.
I contratti a tempo determinato rappresentano quasi
l’80% delle attivazioni di nuovi rapporti di lavoro e
oltre i tre quarti delle cessazioni, con una progressiva
diminuzione delle trasformazioni a tempo
indeterminato.
Circa un terzo delle posizioni lavorative attivate a
tempo determinato prevedono una durata fino a 30
giorni (un decimo un solo giorno), un ulteriore terzo
da due a sei mesi e meno di 1 su 10 è superiore
all’anno.
Fonte: Mlps, Comunicazioni obbligatorie
CONTRATTI A TERMINE ATTIVATI PER DURATA
PREVISTA
I lavoratori a tempo determinato
6
La retribuzione dei lavoratori a tempo
determinato è più bassa di quella dei
lavoratori a tempo indeterminato sia
perché lavorano meno (il numero medio
di settimane lavorate equivale a circa 28
settimane annue, con un divario rispetto
ai lavoratori a tempo indeterminato di
circa 17 settimane) sia perché vengono
retribuiti meno: la retribuzione mediana
dei lavoratori a tempo determinato è
inferiore del 15% rispetto a quella dei
lavoratori a tempo indeterminato.
Fonte: RACLI
I lavoratori intermittenti, in somministrazione
7
Il lavoro a chiamata (intermittente) e quello in
somministrazione sono tipologie contrattuali
caratterizzate da una forte componente di
stagionalità e, soprattutto per gli intermittenti, da
un’intensità lavorativa decisamente ridotta rispetto
alle forme di lavoro standard
Queste figure lavorative hanno risentito più di altre
degli effetti dovuti all’emergenza sanitaria, in
particolare gli intermittenti
Secondo gli ultimi dati, i lavoratori in
somministrazione sono 435 mila e il numero medio
delle giornate retribuite si attesta a 22,3
Il numero di lavoratori intermittenti è pari a 187 mila
unità e hanno svolto in media 10,6 giornate
retribuite al mese
-80
-60
-40
-20
0
20
40
60
80
100
I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II
2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021
Lavoratori in somministrazione
Lavoratori a chiamata (intermittente)
LAVORATORI SOMMINISTRATI E A CHIAMATA
variazioni tendenziali percentuali
Fonte: Inps, Uniemens
Lavoratori in part-time involontario
8
….tra questi il 65% - per un totale di 2 milioni 735 mila
lavoratori- è in part time involontario, valore in progressivo
aumento dagli inizi degli anni 2000.
I lavoratori in part time nel 2020
sono 3 milioni 516 mila, in
leggero calo rispetto al biennio
precedente….
Fonte: RACLI
Fonte: RFL
Il lavoro non dipendente
9
A partire dai primi anni 2000 si assiste a una
progressiva erosione del lavoro autonomo (-17,5%
dal 2004), che tuttavia non ha caratterizzato i liberi
professionisti senza dipendenti che aumentano di
quasi il 30%.
Nel 2020, i lavoratori non dipendenti sono 5 milioni
158 mila (erano oltre 6 milioni e 200 mila nel 2004).
Si osserva inoltre un sensibile aumento della polarizzazione dei redditi: tra il 2014 e il 2019, i professionisti
con cassa si caratterizzano per un reddito medio in crescita (+4,4%), mentre per i professionisti iscritti alla
gestione è in calo (-10%).
Nel 2019 il reddito medio degli iscritti alle casse - 35.557 euro - è più che doppio di quello degli iscritti alla
gestione separata Inps, pari a 15.364 euro.
Calano gli imprenditori, che rappresentano ormai solo il
5% dei non dipendenti, calano i lavoratori in proprio,
soprattutto se senza dipendenti (agricoltori, artigiani,
commercianti), così come diminuiscono fortemente gli
altri non dipendenti (coadiuvanti, collaboratori e soci di
cooperativa). Fonte: RFL
Dependent contractors
10
Occupati formalmente autonomi ma vincolati da rapporti di subordinazione con un’altra unità
economica che ne limita l’accesso al mercato o l’autonomia organizzativa.
Si tratta di lavoratori che spesso lavorano con un cliente principale rispetto al quale è possibile
rintracciare elementi di dipendenza organizzativa (luogo, orari, strumenti di lavoro) o di dipendenza
economica (tariffe, accesso al mercato), con conseguenti rischi di fragilità economica.
Nel 2020 si trovavano in questa condizione 415 mila occupati, composto per il 25% da collaboratori,
per il 41% da lavoratori in proprio e per il 34% da liberi professionisti.
Le professioni più frequenti non sono quelle tipiche del lavoro indipendente, ma configurano
piuttosto una esternalizzazione di funzioni marginali o collaterali della produzione che permette di
scaricare su questi lavoratori una parte dei rischi di impresa (operatori di call center, venditori a
domicilio, addetti alle consegne, conduttori di mezzi pesanti).
I lavoratori sulle piattaforme
11
Con la diffusione dei dispositivi digitali e delle diverse forme di connettività, il lavoro tramite piattaforma ha
incluso anche tipologie a bassa qualificazione, spesso relative a servizi che richiedono la presenza in loco
del prestatore di lavoro (i cosiddetti riders che tuttavia costituiscono una quota residuale del lavoro tramite
piattaforma).
Il fenomeno del lavoro tramite piattaforma è ancora poco noto, molto eterogeneo e relativamente raro. Le
statistiche disponibili conducono a risultati diversi e difficilmente comparabili anche per la mancanza di un
quadro definitorio e classificatorio in grado di governarne le complessità.
Nel 2019 dalla RFL si stima che hanno lavorato come attività principale per una piattaforma digitale lo
0,13% degli occupati (29.218 individui, valore presumibilmente in aumento), più in particolare lo 0,2% dei
lavoratori a tempo determinato, lo 0,7% dei collaboratori e la stessa percentuale dei lavoratori autonomi –
liberi professionisti e lavoratori in proprio – senza dipendenti.
Nella maggior parte degli studi sul tema si sostiene che si tratti spesso di attività lavorative non prevalenti
svolte al fine di integrare il reddito e preferite, da alcune categorie di lavoratori, per il loro elevato grado di
flessibilità. In realtà, in diversi casi il lavoro tramite piattaforma costituisce l’occupazione principale e quindi
l’unica fonte di reddito di lavoratori.
I lavoratori sulle piattaforme
12
L’aspetto più discusso riguarda lo stato occupazionale poco chiaro dei lavoratori della piattaforma e
la connessa mancanza di tutele (condizioni lavorative, compresi i periodi di preavviso, retribuzione
minima, salute e sicurezza, ma anche protezione sociale o accesso alla rappresentanza). Ciò è
particolarmente vero quando la piattaforma gestisce lavoratori formalmente autonomi, ma ne
determina l'organizzazione e le condizioni di lavoro, anche in termini di orari.
Tra gli aspetti salienti del funzionamento delle piattaforme digitali c’è l’utilizzo di algoritmi che
governano e organizzano il lavoro, determinano le modalità di assegnazione dei compiti di lavoro -
anche sulla base di valutazione automatiche delle prestazioni - sono poco trasparenti e possono
avere un impatto forte sulla qualità del lavoro.
Le implicazioni economiche e sociali di lungo termine per i lavoratori delle piattaforme non sono al
momento prevedibili così come non è chiaro il rapporto tra questa tipologia di organizzazione del
lavoro e il lavoro sommerso, anche in relazione al carattere internazionale dello svolgimento
dell’attività lavorativa.
Caratteristiche
13
Il lavoro a tempo determinato è più diffuso tra i giovani (under35 sono il 52%, contro il 18% dei
permanenti), nel Mezzogiorno (34% vs 24%), tra le donne (46% vs 45%), tra gli stranieri (16% vs 11)
e tra i meno istruiti (32% vs 28%). Tali categorie mostrano livelli retributivi sistematicamente più bassi
degli altri lavoratori a tempo determinato.
Il tempo parziale involontario è più diffuso tra i giovani (un terzo contro un quinto degli occupati a
tempo pieno), nel Mezzogiorno (32% vs 26%), tra le donne (69% vs 35%), gli stranieri (18% vs 9%) e
i meno istruiti (36% vs 29%). Tali categorie mostrano livelli retributivi sistematicamente più bassi degli
altri lavoratori a tempo parziale involontario.
Se tra i datori di lavoro e gli autonomi “puri” sono preponderanti gli uomini, tra i dependent contractor
vi è una maggiore presenza di giovani (26,4% a fronte del 10,0% tra i datori di lavoro e del 15,5% degli
autonomi “puri”), di donne (38,3% in confronto al 25,0 e 30,7% degli altri autonomi), ma anche di
lavoratori residenti al Nord con un medio-alto titolo di studio (la licenza media caratterizza il 22%
rispetto al 35,2 e 30,3%).
Rispetto agli altri lavoratori, i lavoratori tramite piattaforma digitale sono più spesso uomini (62,0%
contro 57,7%), più spesso giovani (35,9% contro 22,2%) e più istruiti (54,6% con il diploma e 29,7%
con la laurea rispetto al 46,1%e 23,6%).
Contesto familiare dei lavoratori a tempo determinato
14
Circa il 39% dei dipendenti a termine sono giovani ancora nella famiglia di origine, il 36,3% sono genitori e
l’11,5% sono persone che vivono da sole
Tipologia familiare
totale
famiglie
famiglie
unipersonali
coppie
senza
figli
coppie
con figli
monogenitore altre
famiglie
pluricom
ponenti
persona
sola fino
a 34 anni
persona
sola 35
anni o
più
madre padre
totale famiglie 18.813 801 3.605 2.741 8.512 1.776 356 1.021
famiglie con 1 occupato 8.863 612 2.626 926 3.091 1.001 200 407
permanente/autonomo full-time 6.792 422 2.118 716 2.430 658 162 287
permanente/autonomo part-time 1.062 59 306 128 280 212 18 60
a termine/collaboratore full-time 709 95 137 59 285 77 14 42
a termine/collaboratore part-time 300 37 65 23 96 55 6 18
famiglie con 2 o più occupati 6.339 .. .. 1.094 4.556 252 76 361
tutti permanenti/autonomi 4.736 .. .. 899 3.405 138 44 250
permanenti/autonomi e a termine/collaboratori 1.476 .. .. 177 1.070 103 30 97
tutti a termine/collaboratori 126 .. .. 18 81 11 2 14
16,5% 8% 7,3%
Famiglie con almeno un componente tra i 15 e i 64 anni
grazie
NICOLETTA PANNUZI
Dirigente di ricerca | Istat
nicoletta.pannuzi@istat.it
per l’attenzione

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14a Conferenza Nazionale di Statistica

  • 1. Mutazioni del lavoro e impatto sulle diseguaglianze F. Della Ratta, N. Pannuzi, F. Pintaldi, A. Sabbatini Istat-Inapp 30.11-1.12//2021
  • 2. Nel corso degli anni si sono sviluppate nuove forme di partecipazione al mercato del lavoro, che anche le classificazioni statistiche hanno seguito: lavoratori a termine: le prime stime confrontabili sul tempo determinato agli inizi degli anni 90, pari al 7% part time (involontario): le prime stime confrontabili sul PT agli inizi degli anni 2000 pari al 12,7% (6,2%) collaboratori nel contesto del lavoro non dipendente: le prime stime confrontabili agli inizi degli anni 2000 pari allo 2,2% 2 Cosa è cambiato dalla fine degli anni ‘70  maschile (solo 1/3 donne)  a tempo pieno  se dipendente, a tempo indeterminato Occupazione fine anni ‘70
  • 3. Cosa ci dicono i numeri 3 La classificazione ICSE-18-A non è ancora stata adottata per le statistiche a livello europeo, tuttavia alcune figure possono essere approssimate in maniera soddisfacente utilizzando le stime della Rilevazione sulle forze di lavoro: Lavoratori non dipendenti (22,5% degli occupati) Datori di lavoro (5,9%) Autonomi puri senza dipendenti (13,1%) Dependent contractor (1,8%) Coadiuvanti familiari (1,7%) Lavoratori dipendenti (77,5%) Lavoratori permanenti (full time o part-time) (65,8%) Lavoratori a termine con contratto superiore a 6 mesi (5,9%) Lavoratori a termine con contratto fino a 6 mesi (5,2%) Apprendisti (0,6%) La molteplicità dei profili e anche la distinzione molto più fluida rispetto al passato tra lavoro dipendente e non dipendente ha determinato che i lavoratori dipendenti cosiddetti standard (a tempo indeterminato e full time) siano ormai solo il 54% dell’occupazione totale, a cui si aggiungono i lavoratori non dipendenti «tradizionali» (imprenditori, liberi professionisti e lavoratori autonomi) che rappresentano meno del 20% dell’occupazione totale.
  • 4. Vulnerabilità 4 In ognuna di queste categorie, possono essere individuate sotto categorie di lavoratori che presentano elementi di vulnerabilità per mancanza di: regolarità del rapporto di lavoro - il lavoro irregolare o parzialmente irregolare copertura assicurativa - alcuni contratti non prevedono contributi assicurativi obbligatori oppure prevedono coperture solamente per rischi specifici requisiti assicurativi minimi - percorsi professionali altamente frammentati e irregolari rischiano di non permettere il raggiungimento di tali requisiti riconoscimento di periodi di contribuzione - i lavoratori con contratti a tempo determinato o autonomi hanno spesso difficoltà quando cambiano lavoro livelli inadeguati di protezione sociale - il livello delle prestazioni sociali presente e futuro potrebbe non tutelarli dal rischio di esclusione sociale Alcune esemplificazioni: tempo determinato, intermittenti, in somministrazione, in part-time involontario, autonomi «deboli», dependent contractor, su piattaforme digitali (Brunetti, Inapp - 2021)
  • 5. I lavoratori a tempo determinato 5 Nel 2020 sono 2 milioni 675 mila i lavoratori con un contratto a tempo determinato, un valore inferiore agli oltre 3 milioni registrati nel biennio 2018-2019 a causa degli effetti sull’occupazione del covid19. I contratti a tempo determinato rappresentano quasi l’80% delle attivazioni di nuovi rapporti di lavoro e oltre i tre quarti delle cessazioni, con una progressiva diminuzione delle trasformazioni a tempo indeterminato. Circa un terzo delle posizioni lavorative attivate a tempo determinato prevedono una durata fino a 30 giorni (un decimo un solo giorno), un ulteriore terzo da due a sei mesi e meno di 1 su 10 è superiore all’anno. Fonte: Mlps, Comunicazioni obbligatorie CONTRATTI A TERMINE ATTIVATI PER DURATA PREVISTA
  • 6. I lavoratori a tempo determinato 6 La retribuzione dei lavoratori a tempo determinato è più bassa di quella dei lavoratori a tempo indeterminato sia perché lavorano meno (il numero medio di settimane lavorate equivale a circa 28 settimane annue, con un divario rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato di circa 17 settimane) sia perché vengono retribuiti meno: la retribuzione mediana dei lavoratori a tempo determinato è inferiore del 15% rispetto a quella dei lavoratori a tempo indeterminato. Fonte: RACLI
  • 7. I lavoratori intermittenti, in somministrazione 7 Il lavoro a chiamata (intermittente) e quello in somministrazione sono tipologie contrattuali caratterizzate da una forte componente di stagionalità e, soprattutto per gli intermittenti, da un’intensità lavorativa decisamente ridotta rispetto alle forme di lavoro standard Queste figure lavorative hanno risentito più di altre degli effetti dovuti all’emergenza sanitaria, in particolare gli intermittenti Secondo gli ultimi dati, i lavoratori in somministrazione sono 435 mila e il numero medio delle giornate retribuite si attesta a 22,3 Il numero di lavoratori intermittenti è pari a 187 mila unità e hanno svolto in media 10,6 giornate retribuite al mese -80 -60 -40 -20 0 20 40 60 80 100 I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 Lavoratori in somministrazione Lavoratori a chiamata (intermittente) LAVORATORI SOMMINISTRATI E A CHIAMATA variazioni tendenziali percentuali Fonte: Inps, Uniemens
  • 8. Lavoratori in part-time involontario 8 ….tra questi il 65% - per un totale di 2 milioni 735 mila lavoratori- è in part time involontario, valore in progressivo aumento dagli inizi degli anni 2000. I lavoratori in part time nel 2020 sono 3 milioni 516 mila, in leggero calo rispetto al biennio precedente…. Fonte: RACLI Fonte: RFL
  • 9. Il lavoro non dipendente 9 A partire dai primi anni 2000 si assiste a una progressiva erosione del lavoro autonomo (-17,5% dal 2004), che tuttavia non ha caratterizzato i liberi professionisti senza dipendenti che aumentano di quasi il 30%. Nel 2020, i lavoratori non dipendenti sono 5 milioni 158 mila (erano oltre 6 milioni e 200 mila nel 2004). Si osserva inoltre un sensibile aumento della polarizzazione dei redditi: tra il 2014 e il 2019, i professionisti con cassa si caratterizzano per un reddito medio in crescita (+4,4%), mentre per i professionisti iscritti alla gestione è in calo (-10%). Nel 2019 il reddito medio degli iscritti alle casse - 35.557 euro - è più che doppio di quello degli iscritti alla gestione separata Inps, pari a 15.364 euro. Calano gli imprenditori, che rappresentano ormai solo il 5% dei non dipendenti, calano i lavoratori in proprio, soprattutto se senza dipendenti (agricoltori, artigiani, commercianti), così come diminuiscono fortemente gli altri non dipendenti (coadiuvanti, collaboratori e soci di cooperativa). Fonte: RFL
  • 10. Dependent contractors 10 Occupati formalmente autonomi ma vincolati da rapporti di subordinazione con un’altra unità economica che ne limita l’accesso al mercato o l’autonomia organizzativa. Si tratta di lavoratori che spesso lavorano con un cliente principale rispetto al quale è possibile rintracciare elementi di dipendenza organizzativa (luogo, orari, strumenti di lavoro) o di dipendenza economica (tariffe, accesso al mercato), con conseguenti rischi di fragilità economica. Nel 2020 si trovavano in questa condizione 415 mila occupati, composto per il 25% da collaboratori, per il 41% da lavoratori in proprio e per il 34% da liberi professionisti. Le professioni più frequenti non sono quelle tipiche del lavoro indipendente, ma configurano piuttosto una esternalizzazione di funzioni marginali o collaterali della produzione che permette di scaricare su questi lavoratori una parte dei rischi di impresa (operatori di call center, venditori a domicilio, addetti alle consegne, conduttori di mezzi pesanti).
  • 11. I lavoratori sulle piattaforme 11 Con la diffusione dei dispositivi digitali e delle diverse forme di connettività, il lavoro tramite piattaforma ha incluso anche tipologie a bassa qualificazione, spesso relative a servizi che richiedono la presenza in loco del prestatore di lavoro (i cosiddetti riders che tuttavia costituiscono una quota residuale del lavoro tramite piattaforma). Il fenomeno del lavoro tramite piattaforma è ancora poco noto, molto eterogeneo e relativamente raro. Le statistiche disponibili conducono a risultati diversi e difficilmente comparabili anche per la mancanza di un quadro definitorio e classificatorio in grado di governarne le complessità. Nel 2019 dalla RFL si stima che hanno lavorato come attività principale per una piattaforma digitale lo 0,13% degli occupati (29.218 individui, valore presumibilmente in aumento), più in particolare lo 0,2% dei lavoratori a tempo determinato, lo 0,7% dei collaboratori e la stessa percentuale dei lavoratori autonomi – liberi professionisti e lavoratori in proprio – senza dipendenti. Nella maggior parte degli studi sul tema si sostiene che si tratti spesso di attività lavorative non prevalenti svolte al fine di integrare il reddito e preferite, da alcune categorie di lavoratori, per il loro elevato grado di flessibilità. In realtà, in diversi casi il lavoro tramite piattaforma costituisce l’occupazione principale e quindi l’unica fonte di reddito di lavoratori.
  • 12. I lavoratori sulle piattaforme 12 L’aspetto più discusso riguarda lo stato occupazionale poco chiaro dei lavoratori della piattaforma e la connessa mancanza di tutele (condizioni lavorative, compresi i periodi di preavviso, retribuzione minima, salute e sicurezza, ma anche protezione sociale o accesso alla rappresentanza). Ciò è particolarmente vero quando la piattaforma gestisce lavoratori formalmente autonomi, ma ne determina l'organizzazione e le condizioni di lavoro, anche in termini di orari. Tra gli aspetti salienti del funzionamento delle piattaforme digitali c’è l’utilizzo di algoritmi che governano e organizzano il lavoro, determinano le modalità di assegnazione dei compiti di lavoro - anche sulla base di valutazione automatiche delle prestazioni - sono poco trasparenti e possono avere un impatto forte sulla qualità del lavoro. Le implicazioni economiche e sociali di lungo termine per i lavoratori delle piattaforme non sono al momento prevedibili così come non è chiaro il rapporto tra questa tipologia di organizzazione del lavoro e il lavoro sommerso, anche in relazione al carattere internazionale dello svolgimento dell’attività lavorativa.
  • 13. Caratteristiche 13 Il lavoro a tempo determinato è più diffuso tra i giovani (under35 sono il 52%, contro il 18% dei permanenti), nel Mezzogiorno (34% vs 24%), tra le donne (46% vs 45%), tra gli stranieri (16% vs 11) e tra i meno istruiti (32% vs 28%). Tali categorie mostrano livelli retributivi sistematicamente più bassi degli altri lavoratori a tempo determinato. Il tempo parziale involontario è più diffuso tra i giovani (un terzo contro un quinto degli occupati a tempo pieno), nel Mezzogiorno (32% vs 26%), tra le donne (69% vs 35%), gli stranieri (18% vs 9%) e i meno istruiti (36% vs 29%). Tali categorie mostrano livelli retributivi sistematicamente più bassi degli altri lavoratori a tempo parziale involontario. Se tra i datori di lavoro e gli autonomi “puri” sono preponderanti gli uomini, tra i dependent contractor vi è una maggiore presenza di giovani (26,4% a fronte del 10,0% tra i datori di lavoro e del 15,5% degli autonomi “puri”), di donne (38,3% in confronto al 25,0 e 30,7% degli altri autonomi), ma anche di lavoratori residenti al Nord con un medio-alto titolo di studio (la licenza media caratterizza il 22% rispetto al 35,2 e 30,3%). Rispetto agli altri lavoratori, i lavoratori tramite piattaforma digitale sono più spesso uomini (62,0% contro 57,7%), più spesso giovani (35,9% contro 22,2%) e più istruiti (54,6% con il diploma e 29,7% con la laurea rispetto al 46,1%e 23,6%).
  • 14. Contesto familiare dei lavoratori a tempo determinato 14 Circa il 39% dei dipendenti a termine sono giovani ancora nella famiglia di origine, il 36,3% sono genitori e l’11,5% sono persone che vivono da sole Tipologia familiare totale famiglie famiglie unipersonali coppie senza figli coppie con figli monogenitore altre famiglie pluricom ponenti persona sola fino a 34 anni persona sola 35 anni o più madre padre totale famiglie 18.813 801 3.605 2.741 8.512 1.776 356 1.021 famiglie con 1 occupato 8.863 612 2.626 926 3.091 1.001 200 407 permanente/autonomo full-time 6.792 422 2.118 716 2.430 658 162 287 permanente/autonomo part-time 1.062 59 306 128 280 212 18 60 a termine/collaboratore full-time 709 95 137 59 285 77 14 42 a termine/collaboratore part-time 300 37 65 23 96 55 6 18 famiglie con 2 o più occupati 6.339 .. .. 1.094 4.556 252 76 361 tutti permanenti/autonomi 4.736 .. .. 899 3.405 138 44 250 permanenti/autonomi e a termine/collaboratori 1.476 .. .. 177 1.070 103 30 97 tutti a termine/collaboratori 126 .. .. 18 81 11 2 14 16,5% 8% 7,3% Famiglie con almeno un componente tra i 15 e i 64 anni
  • 15. grazie NICOLETTA PANNUZI Dirigente di ricerca | Istat nicoletta.pannuzi@istat.it per l’attenzione