Lorenzo D'Emidio- Lavoro sulla Bioarchittetura.pptx
R, Villano . Cenni di storia farmaceutica: secoli. XI-XIII
1. Dal I al X secolo d.C.
Dall’XI al XIII secolo
XIV e XV secolo
XVI secolo
Avanti Cristo
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XIX secolo
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XVII e XVIII secolo
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Dall’XI al XIII secolo
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Raimondo Villano
Cenni di storia della Farmacia
3. Dal I al X secolo d.C.
Dall’XI al XIII secolo
XIV e XV secolo
XVI secolo
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Abstract dal cd rom
di Raimondo Villano
“Il profumo del tempo – Cenni di arte e storia della Farmacia”
Patrocinato da
Accademia Italiana di Storia della Farmacia
Rotary International – Distretto 2100 Italia
607 Mb; 3 directory;
141 files complessivi;
1138 pagine complessive;
36 schede di ipertesto;
895 diapositive; 62 colonne sonore.
EDIZIONI EIDOS - Ottobre 2002
Edizione per GioFil
4. Dal I al X secolo d.C.
Dall’XI al XIII secolo
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Dall’XI al XIII secolo
Intorno al 1080 si ha la prima stesura del manoscritto, pubblicato numerose volte in
seguito, conosciuto come Circa instans, ovvero un commentario all’Antidotario
della Scuola Salernitana realizzato da un altro salernitano, Matteo Plateario.
Diversi fenomeni indipendenti e verificatisi a distanza di tempo l’uno dall’altro,
poi, concorsero in modo determinante all’istituzione di veri e propri esercizi
professionali riconoscibili come precursori delle future farmacie.
Il primo è legato ai Concilio di Reims del 1131 ed al Concilio del Laterano del
1180 che interdirono ai monaci, per motivi esclusivamente religiosi, l’esercizio
della medicina e della farmacia. Tali provvedimenti, intuitivamente, aprirono
ancor più la strada ai laici che, nel giro di un secolo, si impadronirono di tutte le
conoscenze mediche e farmacologiche.
Un altro fenomeno riguarda l’apertura di molti ospedali, dapprima legati ai
monasteri e poi anche laici, che richiedevano l’istituzione di vere e proprie
farmacie con un ipotecario medico-farmacista.
Al tempo delle crociate, poi, il mondo occidentale conobbe le importanti droghe
di origine orientale che avevano contribuito allo sviluppo delle civiltà cinese,
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persiana, mesopotamica ed egizia e questo non solo per ciò che riguarda i
medicamenti. Lo zucchero, la canfora, l’aloe, l’oppio ebbero un’importanza
fondamentale, ma i coloranti, le essenze come muschio e ambra aprirono la strada
a nuovi impieghi ed a nuove specializzazioni. Necessitavano, soprattutto,
sufficienti conoscenze per trattare sostanze dotate di notevole valenza terapeutica,
se impiegate alla giusta dose; contrariamente gli effetti tossici avrebbero potuto
dare risultati letali.
Quest’ultimo fenomeno fu compreso dal genio di Federico II di Svevia,
Imperatore di Germania e Re di Sicilia dal 1212 al 1250, grande statista ed uomo
di cultura, (alla cui Corte raffinata appartenevano numerosi uomini di superiore
levatura e in cui incominciava a farsi strada l’orientamento a migliorare per tutti la
qualità della vita) che con rigidi provvedimenti amministrativi regolò con estrema
precisione l’esercizio professionale della medicina e della farmacia. Federico II
promulgò le Costitutiones a Melfi nel 1240, punto di partenza per la realizzazione
di un vero e proprio servizio farmaceutico, con le quali (Titoli 46 e
47) vietò al medico di fare lo speziale, istituì il ruolo del farmacista, stabilì le
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regole per l’esercizio della farmacia tra cui la proibizione di vendita delle sostanze
velenose, conferì al medico la possibilità di denunziare lo speziale per ogni
inadempienza o inesattezza nella preparazione dei medicamenti e nell’esercizio
della sua professione, fissò il controllo del numero degli esercizi degli speziali in
rapporto al numero di abitanti ed al loro stanziamento, l’ubicazione ed il controllo
delle staciones per l’allestimento e la distribuzione dei farmaci, introdusse la
tariffa dei medicinali, obbligò medici e speziali ad un preciso giuramento con il
quale si sanciva il controllo dell’attività professionale da parte dello Stato
attraverso due ispettori nominati dall’Imperatore.
Agli elementi autoctoni greco-latini ed arabi, dunque, se ne erano aggiunti
importanti altri di provenienza germanica con la calata della dinastia Sveva su
Palermo e la presa di potere del Regno di Sicilia.
Nel 1200 di ipoteche ne esistevano, nei centri maggiori, anche una ogni mille
abitanti circa e non sarebbe stato possibile, pertanto, farle sostentare con i soli
medicamenti che, quando superavano un certo costo, erano privilegio delle
persone abbienti che avessero già soddisfatto i bisogni alimentari. Esse, pertanto,
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erano veri e propri empori ed i farmacisti facevano di tutto: clisterizzavano,
imbalsamavano, sofisticavano droghe, vendevano medicamenti, ma anche frutta,
carni e dolci. Nonostante ciò l’apoteca del farmacista non era umile e dimessa,
come un qualsiasi negozio di alimentari dell’epoca, bensì era sovente dotata di
ricche insegne e di un nome affascinante, erano adorne di artistici arredi in legno
pregiato, preziosi vasi e strumenti (grandi mortai, storte, fornelli, bilance,
alambicchi) e possedevano biblioteche, anche imponenti e non di rado preziose,
che costituivano, tra l’altro, un’attrattiva per gli studiosi. A quel tempo, ricorda il
Momigliano, Dante Alighieri frequentava assiduamente a Firenze la “Farmacia del
Diamante” e si iscrisse alla Corporazione degli Speziali non solo per motivi
politici ma anche per poter godere delle biblioteche delle farmacie dove trovava
libri rarissimi e manoscritti da consultare. Anche Giotto e Botticelli, come è
testimoniato dai documenti riportati, si immatricolarono all’Arte dei Medici e
degli Speziali a Firenze verosimilmente anche per ricavarne la tecnica dei colori.
Sul famoso Campanile di questa città, attribuito a Giotto, si trova un suo
bassorilievo plastico del 1334 raffigurante uno speziale che in un rudimentale
laboratorio, tra vasi di unguenti e droghe, esamina le urine dei pazienti.
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Si tratta, come osserva Carlo Giulio Argan, di un omaggio reso da Giotto all’arte
che lo comprendeva fra i suoi soci.
In molti comuni del nord Italia vi era una certa distribuzione di compiti tra i poteri
costituiti dal Consiglio degli anziani, il Podestà, le Magistrature e la Federazione
delle Arti e Mestieri. Non erano infrequenti le sovrapposizioni ed i conflitti di
potere, ma in genere quest’ultimo organismo, solitamente denominato Mercanzia
o Collegio dei Mercanti, governava l’economia cittadina. In essa confluivano le
forze imprenditoriali e del lavoro libero, mentre i colleghi professionali più alti si
autogovernavano separatamente (medici, notai, giudici, ecc.). Nei primi tempi gli
Statuti o leggi della Mercanzia non facevano distinzione tra le varie categorie
assoggettate; quelle più rappresentate davano più spesso luogo ad interventi e
quelle economicamente più forti occupavano le cariche consolari maggiori. In
questa ottica, le prime regole per gli speziali emesse dalla Mercanzia sono poche:
riguardavano l’obbligo di buona fabbricazione delle candele di cera e di genuinità
delle spezie di importazione (pepe, zafferano, noce moscata, tutte
molto care e necessarie per insaporire e conservare le carni). Per tutti valeva la
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raccomandazione di portare le proprie cause davanti ai Consoli Grandi nonché di
usare sempre pesi e misure esatti. Quando gli aderenti ad un gruppo
sufficientemente uniforme raggiungevano all’interno della federazione una
considerevole consistenza, si organizzavano per acquistare una certa indipendenza,
ottenere l’approvazione degli Statuti dalla suprema autorità dello Stato con il
placet dei Consoli Grandi e delle autorità comunali, nominare i propri
rappresentanti e darsi regole per evitare ogni concorrenza ed attrito fra i soci.
A metà del 1200 fanno così la comparsa gli Statuti dell’Arte degli Speziali italiani,
di cui i più antichi e prestigiosi sono il Capitolare degli Speziali di Venezia del
1258 (emanato dal Doge Zen), lo Statuto dell’Ars Medicorum et Spetiarorum
di Firenze del 1266, gli Statuti di Siena del 1356 ed il Capitolare del Nobile e
salutifero Collegio degli Aromatari di Palermo del 1407, in cui viene sancito
l’obbligo del giuramento per l’esercizio della professione, si impone l’obbligo di
osservanza di un Codice Ufficiale dei medicamenti, si fa divieto di esercitare
l’Arte medica, si vieta la consegna di medicamenti agli ammalati senza licenza
di medico autorizzato, si vieta di dare al paziente medicamenti diversi o di diverso
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dosaggio rispetto a quanto indicato nella ricetta del medico, si prevede la visita
periodica alle spezierie da parte di una commissione mista composta da medici e
speziali, si vieta di dare percentuali al medico in cambio di ottenute prescrizioni.
Ciò nonostante, non pochi medici continuarono a gestire spezierie attraverso
prestanome: l’impiego di capitale in questo settore risultava particolarmente
redditizio in quanto le spezierie, pur essendo in continuo aumento numerico,
trattavano una gran quantità di merci di uso domestico alimentare e materie prime
per gli artigiani (colori, biacche, metalli lavorati, ecc.). Il solenne giuramento
preteso da ognuno che entrasse nell’Arte era denso di severità, in merito
all’osservanza degli Statuti, ma probabilmente l’attività soggetta ad autentico
controllo era soltanto quella relativa alla preparazione dei medicamenti. A Firenze,
in particolare, gli Speziali assunsero una posizione di primo piano fin dalla
fondazione della corporazione. E’ facile intuirne la motivazione politica ancorché
economica: pur essendo istituzioni di classe, le Arti dovevano infatti combattere
direttamente contro la feudalità delle campagne nella logica di quella
contrapposizione guelfo-ghibellina così cruda e violenta come Dante ci ha narrato.
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I sei Consoli eletti in seno alla corporazione semestralmente con parità di diritto
fra le tre sezioni (medici, speziali, merciai) a loro volta eleggevano a Camerlengo
(cassiere) e Notaio due bonos viros di fede guelfa come loro e, inoltre, dodici
Consiglieri in grado di aiutarli a far rispettare la loro suprema autorità. I loro
giudizi potevano aver luogo anche nel Palazzo Comunale, a dimostrazione che il
loro potere per le cose riferite all’Arte era equiparabile a quello dei Reggitori della
Città. Nessuno doveva opporsi alle loro sentenze e l’associato reo di gravi
mancanze poteva anche essere incarcerato. Perché ognuno avesse un ruolo e si
sentisse compartecipe, una quantità di funzioni erano affidate a piccoli gruppi,
assimilabili a commissioni: gli statutari (revisori delle norme), i cercatori (di
inadempienze), i taratori (di bilance), i garbellatori (setacciatori). L’ingresso
nell’Arte costava 4 fiorini d’oro e, tra i vari privilegi, assicurava anche un
soccorso in caso di necessità nonché la presenza di… almeno 18 soci al funerale.
Non essendosi mai verificata, comunque, una vicenda identica nelle tante città
italiane non è possibile delineare un quadro generale di una ideale corporazione
ma solo fissarne i principali cardini comuni a tutte.